Il marinaretto in congedo e il ninfomane pronto a farselo.

di MrBadGuy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 10/02/1976 h: 00:03 ***
Capitolo 2: *** Hey, Big Spender (spend a little time with me). ***
Capitolo 3: *** The Hero(es). ***
Capitolo 4: *** Wanna try? ***
Capitolo 5: *** Montagne Verdi ***
Capitolo 6: *** Your Kind of Lover ***
Capitolo 7: *** I've Just Seen a Face ***
Capitolo 8: *** 14/05/1976 ***
Capitolo 9: *** The Winner Takes it All. ***
Capitolo 10: *** 17/07/1976. ***
Capitolo 11: *** 1984. ***
Capitolo 12: *** We can't do a Tango Just for Two ***
Capitolo 13: *** Black in Red. ***
Capitolo 14: *** What it Takes. ***



Capitolo 1
*** 10/02/1976 h: 00:03 ***


10/02/1976
Ore: 00.03
 
(David).
 
La notte era appena iniziata e la serata al club era già un mortorio,ed era strano, siccome era considerato
uno dei night club d'élite. 
Non ballava nessuno, non che a me piacesse farlo, ma non era pensabile tirare avanti un'intera notte senza
ballerini e ballerine da guardare. Ci rimaneva solo l'alcool e le sigaretta, non troppo sano.
La mia combriccola e io sedevamo sempre allo stesso tavolo, all'angolo della sala, a pochi passi dal bancone.
Il vantaggio, da quella posizione, era che si poteva benissimo vedere chi entrava o prendere una birra senza fare troppi metri.
"Mi sto addormentando!" ridacchiai nell'orecchio dell'amico che era alla mia destra.
A un certo punto qualcosa si smosse.
La porta del club si aprì con un rumore sordo.
Entrò un ragazzo sulla ventina d'anni, scese le scale lentamente, godendosi tutti gli sguardi.
Con la mano sinistra scorreva il corrimano con fare aristocratico, notai subito le unghie: smalto nero?!
Era seguito da un paio di uomini, ma rimanevano in ombra per colpa del suo aspetto e del suo comportamento
alquanto da "star". 
Non mi sarei stupito se ci fossero stati anche dei fuochi d'artificio, oltre ai vestiti appariscenti
e agli stivali con il tacco.
I nostri sguardi si incrociarono per un secondo.
"Lo riconosci, David?" mi chiesero i miei amici, quasi in visibilio, avendo capito di chi si trattava.
Non badai troppo a quello che mi avevan chiesto, ero troppo preso dal catalogare il mio nuovo incontro.
Dividevo le persone in varie categorie: normali, stravaganti e decisamente stravaganti.
"Freddie Mercury" sentii vociare alle mie spalle.
Appunto, quel Freddie Mercury, entrava decisamente nella terza, il che non vuol dire che io non lo ammirassi, 
anzi, era una delle persone con cui avrei fatto volentieri una chiacchierata.
Lo stimavo, tutto sommato; viveva se stesso senza timore di ciò che gli altri avrebbero potuto dire, ci 
vuole parecchio coraggio.
Mi alzai.
"Hey David- mi richiamò una ragazza del gruppo -è risaputo che non vuole fare autografi mentre è nei club", 
mi girai lentamente e la guardai negli occhi sorridendo "ti sembro uno che chiede un autografo?".
Lentamente mi avvicinai al bancone, una volta arrivato ci poggiai sopra il bicchiere da cui avevo sorseggiato 
una birra. Dopo avermi guardato per un minuto intero, da dietro i suoi amici, il cantante uscì dal suo 
guscio e mi si avvicinò.
Lo sapevo, io non avevo bisogno di chiedere, ottenevo la compagnia di chiunque, con un solo sguardo.
 
 
(Freddie).
"Oh tesoro- ridacchiai all'entrata del pub, rivolgendomi a Phoebe -non ci metteremo troppo, oggi non è proprio
nottata!". Buttai la sigaretta a terra e guardai il buttafuori, non ci fu bisogno di farmi riconoscere, ci
aprì la porta prima di subito. 
Scesi le scale lentamente, calandomi nel "Freddie pubblico". Era tempo di mettere su la maschera da quello che i giornalisti e i fans volevano vedere.
Poco prima di avvicinarmi al bancone mi guardai attorno: poche persone in pista, tante ai tavoli.
Sforzai gli occhi per intravedere in un angolo, dove vi era un gruppo numeroso di ragazzi: incrociai, per un momento, due occhi. Due pezzi di ghiaccio.
Mi sedei al bancone, parlando con degli amici e con Peter.
Dopo pochi minuti vidi "Mr occhi di ghiacchio" avvicinarsi. Non sembrava una persona comune.
Per intenderci: era proprio un bel figo.
Colsi l'attimo e mi alzai. Camminavo lentamente verso di lui, a ogni passo sembrava più bello, la pelle perfetta,
la carne chiara che si contrapponeva a perfezione con le labbra rosee e carnose.
"Prendi qualcosa?" mi chiese, lanciando un sorriso smagliante. Aveva dei denti incredibilmente bianchi e dritti.
"Solo se paghi tu, tesoro", gli risposi, appoggiando il gomito sul bancone, "e così- sorrisi e gli gurdai le piastrine che teneva al collo
-sei un marinaretto in congedo, eh?", avevo una gran voglia di giocare con lui, volevo vedere se riusciva a tenermi testa.
I pappamolli non fanno assolutamente per me. 
Mi guardò negli occhi, e, non vorrei essere banale, ma mi girò la testa.
Non ho idea di come...Di come descrivere quegli occhi, spero vi basti sapere che erano la cosa più bella mai vista in vita mia.
Erano bianchi, né una tonalità di colore in più né una in meno.
Bianchi.
Mi guardò con aria di sfida e poi si avvicinò al mio orecchio, poi ridacchiò "Perché vuoi trovare il tempo per una scopata?".
Mi spiazzò completamente, non me l'aspettavo proprio.
 
 
 
David stava tornando a casa con il sentore di amarezza e di alcool in bocca.
"Quanto era insopportabile quella checca che faceva la primadonna" pensò, con le mani in tasca.
Accese una sigaretta. 
 

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Capitolo 2
*** Hey, Big Spender (spend a little time with me). ***


Nel momento in cui sei entrato nel locale/
David fece la sua entrata nel night club.
Indovinate chi c'era, per puro caso?
Freddie lo guardò compiaciuto. I suoi amici scrutarono prima il viso del cantante e poi l'oggetto del suo interesse.
 
ho notato come fossi un uomo distinto/
nonostante non fosse mai stato in quel club si muoveva con aria disinvolta, come se tutti fossero suoi amici.
Le donne sedute al bancone girarono lentamente la testa verso di lui, una a una. Lui passò loro vicino.
"Hey bello, mi piaciono i tuoi capelli" esclamò ad alta voce una di loro, sfiorandogli la spalla con la punta delle mani.
"Hey cowboy, vuoi ballare? Una ballatina non ti farà male" gli sussurrò una alzandosi in piedi.
Rispondendo con un sorriso di chi la sapeva lunga, prese uno sgabello e si sedette fra tutte quelle signorine ansiose di conoscerlo.
 
un vero Spendaccione, piacente, cosi' raffinato/
"Cosa vogliono che offra, queste belle signorine?" chiese poi, guardando negli occhi ognuna delle ragazze. 
Prese un pacchetto di sigarette dalla tasca e le offrì. Come non diventare pazza, o pazzo, di lui?
Freddie si gustò la scena da lontano, poi diede una gomitata a Phoebe "A quello una ripassatina gliela darei, per quanto possa essere
stronzetto, il problema è che non è omosessuale" poi sospirò.
 
Di', non vorresti sapere che succede nella mia mente?!/
"Freddie- esclamò Wayne, ignorando cosa lui e Phoebe si fossero appena detti-a quel ragazzo che ti mangi con lo sguardo piace l'asta?" 
poi lanciò uno sguardo malizioso verso David, che in quel momento si girò, come se avesse captato la conversazione.
Freddie distolse subito lo sguardo e lo affondò negli occhi del suo compagno di birra "Lo chiedi a me, mio caro? Non ne ho idea" ridacchiò disinvolto,
si sarebbe divertito a vedere Wayne, che per di più era uno dei suoi ex amanti, essere rifiutato da quel ragazzo.
Uno dei suoi soliti giochetti da farabutto.
 
allora fammi arrivare subito al punto/
"Io ci provo" esclamò l'amico di Freddie, alzandosi.
David aveva continuato a guardarli ridacchiando fra sé e sé.
Freddie osservò la scena da lontano, David sorrideva e teneva la sigaretta fra le labbra. Si passò una mano fra i capelli e quando Wayne gli
si avvicinò, gli sorrise. 
Wayne gli chiese qualcosa, ma il volume della musica era troppo alto, così dovette parlargli all'orecchio, approfittandone,
poggiò la guancia su quella di David, che non si scostò di un millimetro.
 
io non stappo la mia bottiglia per qualunque uomo vedo/
David sorrise, alzò un sopracciglio. A Freddie parve capire quello che chiese a Wayne, era qualcosa tipo "Quindi mi stai chiedendo se sono gay?", ne fu
certo quando vide il suo amico boccheggiare. 
David si alzò in piedi, era più alto di quanto il frontman si ricordasse, poi pensò "solo questione di zatteroni...".
Dopo avergli fatto un sorriso cordiale, David declinò con fare diplomatico tutte le offerte del suo spasimante.
 
hey! Spendaccione/
Dopo aver pagato il conto David risalì lentamente le scale, e, una volta arrivato in cima, guardò verso Freddie.
Tutti al suo tavolo se ne accorsero. Tranne lui.
 
Spendi un po' di tempo con me/
Quando Freddie alzò la testa, richiamato dai suoi amici, era troppo tardi, David era già uscito.
Si alzò in piedi, ascoltando, per un momento, l'istinto di seguirlo.
Per un attimo rimase fermo, con le mani appoggiate sul tavolo, si chiede il perché di tutto quell'interesse.
Quello lì era solo uno smorfiosetto che si credeva una Beauty Queen.
"Andasse a fottersi...Io l'avrei fatto volentieri, però!".
"Dai, Freddie- lo scosse uno dei suoi amici -Facciamoci una pista e non pensiamoci più".
La serata finì, come sempre, in uno sballo.
 
 
 
 
Nota dell'autore:
la canzone a cui mi sono ispirata è "Big Spender" la conoscete no?
Riproposta dai Queen a Wembley, nel 1986, mi ha colpito particolarmente come Freddie l'ha interpretata.

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Capitolo 3
*** The Hero(es). ***


(David)
Lasciai il night club con aria soddisfatta, e, per festeggiare, mi accesi una bella sigaretta.
Camminavo guardando le stelle, ah-ah, stelle, le luci delle città illuminavano le strade ma spegnevano il cielo.
Quella sera avevo deciso di lasciare la moto in garage, lo facevo spesso, se temevo di ubriacarmi. 
C'erano due possibilità, quando mi ubriacavo: mi svegliavo a casa mia con qualche ragazza nel letto, o nel letto di qualche ragazza.
Quello che non volevo era svegliarmi in un letto d'ospedale, o non risvegliarmi più.
"Non avrei potuto sentire più la voce celestiale della Regina" pensai, come se fosse un flash improvviso.
Momento di silenzio generale.
Le macchine si erano fermate, assieme agli schiamazzi dei ragazzi che uscivano da bar, pub, night club.
Avevo il respiro sempre più corto; buttai la sigaretta e mi cercai nelle tasche.
A ogni secondo la ricerca diventava sempre più frenetica, poi lo trovai.
L'inalatore che mi salvava migliaia di volte la vita.
"Due respiri profondi e via" pensai, guardandolo.
Mi appoggiai per un attimo al muro. Me lo misi in bocca e inspirai profondamente.
Sorridendo, guardai il mozzicone di sigaretta ormai spento "Bastarde, proprio a un asmatico cronico dovevate piacere da impazzire?".
Risatina nervosa, non collegata all'attacco improvviso d'asma, non collegata alla strana richiesta del ragazzo nel night club, ma al
pensiero che avevo fatto, quello rivolto a Freddie.
Perché nascondeva tanti ragionamenti inconsci, "magari me ne sono innamorato e non me sono accorto".
Ancora?
"Ascolta attentamente, Generale- cominciai a dire a me stesso -Devi smetterla di pensare queste autentiche cazz..."
"Bellezza, passi qui tutta sola?" chiese una voce impostata ma incredibilmente losca.
 
 
Per un momento David si sentì disorientato. Poi individuò la fonte della misteriosa voce.
Era a pochi metri da lui, sulla parte opposta della strada.
Si fermò ad ascoltare come evolvesse la situazione... "Hey, lasciami stare, porco!- un momento di silenzio -AIUTO! AIUTO!".
Senza chiederselo due volte attraversò la strada con una camminata agile e veloce, rischiò di finire sotto una macchina, che con
fare starnazzante si allontanò.
"Hey, tu" esclamò ad alta voce, distraendo improvvisamente il mal intenzionato "Allora, lasci stare la signorina oppure devo costringerti?"
"E come?" rispose quello, beffardo, ignorando che David fosse una macchina per uccidere, perfettamente collaudata.
Entrambi sorrisero, David amava le sfide.
"Va bene", sussurrò, stringendo il coltello in una mano, lo mise ben in vista, il ladro tirò fuori una pistola.
David non si mosse di un centimentro, non cambiò espressione. Sembrava che gli stessero puntando verso il petto una pistola ad acqua.
Lasciò improvvisamente la stretta attorno al suo coltello, lo lasciò cadere a terra, poi, con aria da "grande maestro di combattimenti"
disse all'uomo queste esatte parole: "combatti da uomo, senza armi". 
Il ladro lasciò andare la ragazza, sbattendola a terra con violenza "A te ci penso dopo, passerina".
"Passerina" si ripeté in testa David, ancor più voglioso di sfondare il cranio con il pugno, a quello stronzo.
Dall'altra parte della strada, però, qualcuno lo chiamo con fervore "David!". Era Freddie, alla fine si era deciso a seguirlo.
"Oh, non ora- pensò David, girato verso di lui -però, vestito così sta maledett...".
Percepì una botta secca proprio sulla guancia, indietreggiò stordito per un momento. Sentì Freddie che, preoccupato, dall'altra parte della 
strada l'aveva richiamato. Cominciava a percepire un notevole dolore anche sulla lingua, doveva essersela morsa.
Di fatti cominciò a sentire più liquidi del normale all'interno della bocca.
Un altro pugno diretto sulle labbra.
Ebbe come l'impessione che il suo vecchio generale fosse lì, a guardarlo, con aria delusa "Recluta numero 1947, chi ti ha dato la 
medaglia all'onore e conseguentemente la carica di generale, DEI CANI?
SE NON VUOI ESSERE APERTO IN DUE MUOVI QUEI CAZZO DI PUGNI E FATTI VALERE!
NON STARAI DIVENTANDO MICA UNA MEZZA CHECCA PACIFISTA, NO?"
Con uno scatto felino, David si lanciò verso il suo avversario, gli tirò un pugno diretto sul naso, con tutta la forza che aveva in corpo.
La ragazza era corsa via, così il nostro Generale si sentiva un po' sollevato.
Ma il viso e le labbra gli pulsavano da morire, siccome il suo avversario era KO, si prese la libertà di poggiarsi al muro per riposarsi.
Stava perdendo un bel po' di sangue, la vista gli si stava offuscando.
Freddie non c'era più dall'altra parte della strada, forse se l'era sognato, come il suo vecchio Generale. 
In quel momento gli sarebbe servito, però.
Chiuse un momento gli occhi.
 
 
(Freddie)
Dopo aver assistito attonito alla scena, attraversai la strada e i misi accanto a David.
Non avevo idea di cosa fare, lo tenevo stretto fra le braccia, si allontanava dal mondo reale sempre di più, perdeva conoscenza progressivamente.
Dopo un paio di minuti Phoebe mi raggiunse.
Mi ritrovava sempre al posto giusto, al momento giusto.
"Che facciamo?" mi chiese, guardandomi negli occhi "lui è svenuto, sta' tranquillo- poi volse lo sguardo verso il ladro -ma se l'ha ammazzato?
Non voglio avere rogne".
Lo guardai e con fare isterico esclamai "dobbiamo portarlo a casa!".

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Capitolo 4
*** Wanna try? ***


13/02/1976                 01:35
(Freddie)
Mentre Phoebe asciugava il sangue dal viso del ragazzo steso sul divano, guardavo la scena dalla poltrona vicino al camino, che avevo fatto accendere
per avere un po' di calore in più. Per me, più caldo c'era e meglio mi sentivo.
Mi ero tolto i vestiti per uscire e li avevo subito ordinato di lavare, erano impregnati di sangue, indossavo pantaloni della tuta e maglione. Una cosa tranquilla.
"Credo sia meglio togliergli la camicia" azzardai, siccome la frase mi sembrò molto stupida aggiunsi "oppure gli si sporcherà".
"Fallo tu, vado un momento in bagno", Phoebe mi sorrise e si alzò. Non speravo che se ne andasse, però, meglio così.
Slacciai il primo bottone.
Il secondo, il terzo.
Gli guardai il petto, aveva i muscoli rilassati, ma anche in quella condizione sembravano incredibilmente possenti.
Il quarto.
Cominciai a vedere un primo accenno di addominali.
Il quinto.
Eccoli, semplicemente perfetti.
Ci passai delicatamente sopra, temendo di svegliarlo, tutto sommato, godendomi la consistenza di ciò che toccavo.
Su, giù, su e giù, arrivai con la mano fino al bottone dei jeans, e poi la tolsi.
Posai a terra la camicia, che profumava di pulito misto a colonia.
Presi il fazzoletto con cui Phoebe gli stava tamponando il labbro e continuai il lavoro.
All'improvviso aprì gli occhi.
Sobbalzai all'indietro, per un momento mi vergognai perché mi aveva scoperto senza la maschera che usavo per le persone poco conosciute.
Quella che i miei fans conoscevano bene: da sbruffone, da uno alla quale non fregava nulla.
Non fingevo, ed ero molto più vulnerabile.
Fece uno sguardo confuso.
Mi sentii molto imbarazzato, ma finsi di essere completamente a mio agio "Tesoro, non sapevo che te le facessi dare di santa ragione", 
ridacchiai. "Io non sapevo che approfittassi delle persone svenute per stuprarle" esclamò, ancora confuso.
"Ti dispiace?" risposi avvicinandomi al suo viso, toccando il mio naso col suo, "Dovrebbe?" rispose lui, guardandomi negli occhi.
Il sangue mi si stava gelando nelle vene, cercai, comunque, di non darlo a vedere.
Si alzò in piedi e si guardò attorno. Mi sentii fiero del mio gusto nell'arredamento, avevo passato mesi e mesi guardando i cataloghi
di aste e negozi. Il risulato era una casa degna di un premio no... "Agghindata bene, questa bettola, eh?!" esclamò lui, sopprimendo una risata.
"Sono curioso di vedere la tua" sbuffai io, scocciato. 
Non rispose, se non con un sorriso.
Mi avvicinai al tavolino su cui avevamo posato i suoi effetti personali "Qui c'è il tuo portafoglio e le tue chiavi di casa, abbiamo pensato che 
saresti stato più comodo, senza averli nelle tasche" gli dissi, senza un particolare tono nella voce.
Mi girai e lo vidi annuire.
"Ti chiamo un taxi per tornare a casa" esordì Phoebe sulla soglia del salone "Oh, non vi preoccupate, tornerò a casa a piedi, sono sicuro che
per questa sera il Karma non se la prenderà più con me", rispose lui, mettendosi le chiavi in tasca.
Lo accompagnai fino alla porta, cosa che non ero solito fare con gli altri ospiti.
"Allora grazie, Freddie" sussurrò lui, fra i denti, come gli dispiacesse ammettere che si era sbagliato sul mio conto, poi mi tese una mano e aggiunse:
"non so davvero come sdebitarmi, con te".
Invece io sapevo come. 
"mangiamoci qualcosa assieme, domani, per pranzo sono libero" gli risposi io, lasciando che la sua mano grande e maschile si chiudesse sulla mia, che mi 
scaldasse, dalle punte delle dita fino a quelle dei capelli.
Ovviamente non mi sarei accontentato di un pranzetto assieme, speravo in una merenda a base di baguette.
"Domani, allora- sorrise -ti passo a prendere qui, okay?"
"Okay, mio caro".
"Hey, bellezza- esclamò lui dopo essersi allontanato un paio di metri- non sapevo portassi anche dei vestiti normali". 
Si allontanò ridendo.

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Capitolo 5
*** Montagne Verdi ***


Nonostante non avesse idea di cosa gli prendesse, David si preparò minuziosamente per il pranzo con Freddie.
Appena entrò in garage, si guardò attorno: quella moto sembrava così misera, per un'occasione del genere. 
Prese un casco e se lo infilò in testa, l'altro se lo allacciò al braccio, per portarlo a Freddie.
In pochi minuti fu sul luogo dell'appuntamento, scese dalla moto, tranquillamente camminò fino alla porta di ingresso, prima che potesse suonare la porta si 
aprì, lui e Freddie si trovarono a pochi centimetri l'un dall'altro.
"Buongiorno anche a te, tesoro!" esclamò Freddie, con un sorriso compiaciuto sulle labbra, che scomparse appena vide la moto accostata al marciapiede, non lontano.
"è una moto, non l'Apollo 13" scherzò David, mettendogli una mano sulla spalla.
Freddie non disse null'altro, finquando David montò in sella e gli passò il casco: capì che stava dicendo sul serio, "almeno vai piano?" gli chiese, montando,
con una goffagine indescrivibile, dietro David, che si girò "non ti si scompiglieranno i peli del petto, giuro".
Mise in moto e non mantenne la sua promessa: l'acceleratore gli sembrava di burro. 
Appena fermi al semaforo, un dubbio assalì il povero passeggero, che sentiva il fiato mozzato e lo stomaco rigirato "Hey, ma dove andiamo?", ma non ottenne una risposta.
Dopo venti minuti di viaggio, che a Freddie sembrarono interminabili, David si fermò.
Freddie si guardò attorno, non rimanere a bocca aperta fu difficile.
Che posto incantevole, non sembrava di essere in Inghilterra, ma su una delle colline verdi della Toscana. Freddie rimase esterrefatto, alla vista di tutta quella natura
incontaminata. Gli ricordava le passeggiate nel verde che faceva da ragazzino, contornato da fiori gialli e rossi.
"Perché qui, David?" gli chiese, seguendo con gli occhi la linea sottilissima che spaziava fra terra e cielo.
"Mi ci portava mia mamma, oggi che è il mio compleanno volevo mostrartelo, nonostante non abbia alcuna particolarità" abbozzò un sorriso "Comunque, se ci rimettiamo in 
sella ora e rientriamo in strada potremo arrivare al ristorante in perfetto orario".
"è il tuo compleanno?" chiese sorpreso Freddie "e passi il tempo con me, invece che con i tuoi genitori?" gli chiese, con voce limpida e sincera, lo sguardo del 
suo interlocutore si incupii "Quando tuo padre uccide tua madre, non hai più molta voglia di passare del tempo con lui".
Il freddo calò su di loro, in tutti i sensi, perché Freddie quasi tremava, talmente la temperatura era bassa.
Nessuno dei due sapeva cosa dire.
David si avvicinò a Freddie e gli mise un braccio attorno alle spalle "Lascia perdere, è storia vecchia, ormai".
Non disse nient'altro.
"Fermiamoci qua, al diavolo il ristorante" propose il cantante, prendendo entambe le mani di David, stringendole, sorridendogli entusiasta. David non si aspettava 
minimamente di trovarsi davanti a quel tipo di Freddie, era diverso da quando aveva fatto la sua entrata da Regina, nel locale.
Nessun tono da snob, nessuna frase enigmatica.
Stavano camminando nell'erba alta, quando a un tratto, Freddie incespicò sulle proprie gambe e cadde a terra, portando con sé David.
Divertito dalla scena, il biondo rise "Tutto okay?".
Freddie, che sottostava al suo corpo possente, non poteva lamentarsi "Non potrebbe andare meglio, tesoro", lo tirò bruscamente a sé.

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Capitolo 6
*** Your Kind of Lover ***



(Freddie)
Non posso davvero credere che sia vero
Sei il mio amante ideale/
Mentre la lingua di David si faceva spazio fra le mie labbra, con fare delicato ma deciso, mi lasciai sfuggire un sospiro, mi sistemai meglio sotto di lui.
I nostri corpi aderivano l'un l'altro, erano come due pezzi di puzzle, che aspettavano solo di combaciare perfettamente.

(...)Voglio un po' di sentimento
Un raggio di sole nella mia vita/
Non era solo il suo corpo a brillare alla luce del giorno, ma qualunque cosa, attorno a David, era investita da un'aurea celestiale.
Sicuramente, se avessi lasciato che lui entrasse nella mia vita, non avrei più passato serate ad annoiarmi al tavolo di un pub con i soliti amici.
Avrebbe guidato anche me nella sua perfezione.


(...)Entra semplicemente nel mio cuore
Vieni un po' più vicino/
Si lasciò stringere ancora un po', ormai soltanto i vestiti dividevano i nostri corpi.
Presto non ci sarebbero stati neanche quelli, di mezzo.


Lascia che ti mostri ciò che posso fare
posso essere il tuo amante ideale/
Gli infilai le mani appena sotto alla maglione notai, con la punta delle dita, che i suoi pantaloni avevano un taglio molto più basso rispetto a quelli che andavano di moda a quel tempo.
Potei finalmente toccare con mano, senza timore, quel fascio di muscoli nascosto dalla lana calda, lo feci sussultare, poi abbassò le sue labbra candide sul mio collo.


(...)Parliamo dell'amore nel modo giusto
Non parliamo di fare cose sbagliate/
Non avrei sbagliato una virgola con lui.
Nient'altro che amore puro, sincero. Nessun tradimento, nessun pugnale dritto nella schiena.
Non era certamente nella mia natura, ma con lui mi sarei impegnato.


(...)Proprio ora un po' di felicità ci vorrebbe
Entra semplicemente nel mio cuore
Vieni un po' più vicino/
Sentivo il suo cuore pompare, attraverso il suo petto, su cui la mia mano era giunta.
Tutto il suo busto era contratto in un'unica massa di pietra, a parte la sua mano, che si era andata a posare sulla mia coscia, appoggiata sul suo fianco.

(…) Lascia che ti mostri ciò che posso fare
posso essere il tuo amante ideale/
Bruscamente invertii le posizioni, mi misi a cavalcioni sul suo bacino, lo baciai nuovamente, con quanta più passione avevo in corpo.
Gli poggiai le mani sui fianchi, giocai con i passanti della cintura, con il bottone dei jeans e poi con la zip.
Lo sentì respirare più lentamente, più profondamente, una volta messa una mano su di lui, si morse le labbra e mi guardò negli occhi.
In viso aveva stampato un sorriso malizioso.

(...)Lascia che ti mostri ciò che posso fare
posso essere il tuo amante ideale.

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Capitolo 7
*** I've Just Seen a Face ***



Premetto: il colpo di scena tanto promesso è nella prossima scena.
Cioè, non vi aspettate Arnold Schwarzenegger che esce nudo dalla torta di compleanno di qualcuno, non è nulla di speciale, ma sarà qualcosa di diverso.
Soprattutto sarà l'ultimo capitolo, tesori.
Per ora godetevi questo, che non mi sembra tanto male!
Enjoy it!
MrB.




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(Freddie)
“Andiamocene in un posto più comodo” aveva sussurrato, gli occhi espressivi mi avevano implorato, avevano una luce innocente, premurosa.
Io in silenzio lo seguii fino a casa sua.


David si era addormentato accanto a me, il suo braccio possente e anche abbastanza pesante mi stringeva a sé, quasi ad attestare che io ero roba sua.
Riuscii a spostarlo e mi alzai dal soffice letto su cui ci eravamo consumati.
Mi guardai attorno.
Nella sua stanza non c'era nulla di particolarmente interessante, a parte lui, ovviamente; la camera era formale, non c'era nulla che avrebbe potuto dirmi chi in realtà fosse l'uomo sdraiato nel letto, sotto al piumone caldo e impregnato di un profumo eccitante, capace di far girare la testa.
L'unica cosa che al tempo sapevo era che era riuscito a entrare nelle mie mutande con l'abilità e la velocità di una pornostar.
Prima di uscire allo scoperto, cercai qualcosa da mettermi addosso, e, siccome le mie mutande erano completamente strappate, fui costretto a indossare i boxer di David.
Terribilmente scomodi.
Dopo essermi infilato la maglietta e i pantaloni uscii dalla camera, socchiudendomi la porta alle spalle.
La casa di David era davvero molto più grande di quanto mi aspettassi, soprattutto per una persona sola.
Scesi le scale di legno scuro.
All'improvviso la porta d'ingresso si aprì.
No, no, no!
Una persona sconosciuta non poteva vedermi in quella condizione, con i capelli arruffati e con indosso una maglietta di due taglie in più!
Non mi mossi, non ce l'avrei fatta a risalire tutte le scale in pochi secondi.
Guardai la figura bionda chiudersi la porta alle spalle, poi si girò verso di me.
Ci guardammo entrambi allibiti.
Io perché non avevo idea di essere visto da qualcuno, lei perché non si aspettava di vedere me.
Ovviamente, fui io a parlare per primo, mascherando tutto l'imbarazzo, come riuscivo a fare benissimo “Tu saresti una David in miniatura?” le chiesi, sorridendole, era evidentemente sua sorella, quei tratti li avrei riconosciuti ovunque.
Sbatté gli occhi perplessa, poi venne verso di me e tese la mano, sorridendomi “Chiamami pure Anthea. È strano vedere un uomo invece che una donna, qui, lo sai?” ridacchiò amichevolmente e poi posò con noncuranza la borsa a terra
“Che intendi?”
“Spesso a scendere quelle scale è una ragazza tutte curve” concluse, con una punta di gelosia.
E così il marinaretto era un playboy, eh?
Decisi che avrei indagato.
Si era seduta con me sul divano, mi aveva offerto una tazza di tè, sembrava mi avesse letto nel pensiero.
Che avesse le stesse abilità di suo fratello: gentilezza, elegante e intelligenza? Una donna da sposare, insomma.
“E così tuo fratello ha tante donne, eh?”
“David ne ha troppe” mi guardò negli occhi, erano verdi e carismatici
“Ah, be', comunque, prima aveva bevuto troppo e allora l'ho accompagnato a casa” mentii, cercando di parlare con tono quasi indifferente, illudendomi che la mia scusa aveva un qualche appiglio per reggersi in piedi
“Oh sì, ceerto” rise lei, sorseggiando la bevanda dal suo bicchiere.
Avvertimmo entrambi una nuova presenza, troppo magnetica per passare indisturbata “Che ci fai tu a casa a quest'ora?
Pensavo dormissi dalle tue amichette tutte casa, Chiesa e vibratori” chiese David, che era uscito dalla camera da letto con addosso soltanto un paio di boxer, per di più uguali a quelli che gli avevo rubato mezzora prima
“Non ti vergogni a girare mezzo nudo con degli ospiti?” lo prese in giro lei, senza lasciarsi turbare dalla situazione.
David fece spallucce e si mise seduto vicino a me, si versò un po' di tè.
“Freddie mi ha detto che hai bevuto molto. A che club siete andati per divertirvi così tanto?” sbiancai, ero sicuro che David non avrebbe capito di cosa stesse parlando la sorella, siccome era di mia invenzione, disinvolto com'era, però, alzò un sopracciglio e sorrise rilassato
“Al solito, all'Heaven. Stavo proprio fuori, ma lui mi ha riaccompagnato a casa”.
Mi lasciai andare un sospiro di sollievo.

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Capitolo 8
*** 14/05/1976 ***


14/05/1976.

 

 

(Freddie)
David sedeva vicino a me, nel nostro prato, uno vicino all'altro ci studiavamo in silenzio, “Credo che sia ora di smettere di vederci”.

Da quando ero tornato dal tuor, quelle parole erano diventate la mia più recondita paura, ero consapevole di aver ferito l'uomo che mi sedeva accanto, con una sigaretta infilata fra le labbra.
Che ti prende, ora?” cercai di darmi un tono, nonostante tutta l'energia negativa emanata David annullasse tutti i miei pensieri, misi in atto tutti i tentativi possibili per sembrare una Regina anche in quella situazione,
Che cosa mi dovrebbe prendere?” ringhiò lui, avvicinandosi abbastanza da farmi sentire il suo respiro bollente sulle guance,
Non usare i tuoi cazzo di modi da militare con me!”
Io non voglio più vederti”
E allora comincia a toglierti dal cazzo, no?”.
Mi alzai di scatto e cominciai a camminare a passi decisi verso la strada asfaltata, immaginai che il mio ex non volesse accompagnarmi a casa con la sua fottuta moto, era rimasto seduto sull'erba a rovinarsi un altro po' i polmoni con le sue fottute Marlboro Rosse.
Guardai con diffidenza l'asfalto, poi gli zatteroni che avevo ai piedi.
Non sarei tornato a casa con le caviglie integre.
Mi girai, per volgere un ultimo, lontano, sguardo alla persona che con solo una frase mi aveva privato della mia voglia di reagire.
Fosse stato qualcun altro gli avrei tirato un pugno sugli incisivi.
Ma quello era David... Tutto sommato...

Era a un metro da me.
Perché mi fai questo?”
Ero pronto ad amare senza inibizioni. Poi tu...” il suo sguardo la collera gli deformava il viso in un'espressione che mi inquietava, si mordeva il labbro inferiore, che mentre chiedeva pietà non poteva fare a meno di sanguinare
David, è passato! È inutile consumarsi dalla rabbia per un errore...”
QUESTO VALE PER TE!”.
Li scoppiò.
Tutta la compostezza e la freddezza glaciale erano scomparse.
Questo vale solo per te” mormorò, trattenendo a stento delle lacrime, che erano sul punto di inumidirgli il viso.
Rimasi spiazzato dopo aver realizzato che quell'uomo fosse una persona e non un Cyborg, mi ero quasi abituato ai suoi comportamenti freddi, distaccati. Mi piacevano da morire; non avevo idea di come sarei andato avanti senza essi.
Sapevo cosa cercava David: le mie scuse, voleva vedermi strisciare per ottenere la sua tanto agognata assoluzione, voleva semplicemente riparare ai danni che avevo procurato al suo ego, scopando con un altro.
Non gliel'avrei data vinta, per una volta volevo essere io a dirigere la baracca con tutti i suoi burattini, fra cui, per di più rintravo io (e il mio sedere). Piantai i miei occhi scuri nei suoi, privi di qualunque colore.
Prima che me ne potessi rendere conto nei suoi occhi era calato di nuovo quel velo di freddezza che mi faceva sciogliere e rabbrividire allo stesso tempo.
Mi incamminai svogliatamente verso casa, ogni passo mi allontanava da David, ma mi avvicinava al calore confortante di casa mia.

 

 

(David)

Lo guardavo allontanarsi con le mani contratte, il corpo irrigidito.

Una lacrima e un sorriso si impossessarono del mio viso.
Avevo perso l'amante e l'amico più valido del mondo.
Non avrei più sofferto però.
Se proprio mi fossi dovuto legare a qualcuno, durante i miei anni d'oro, l'avrei dovuto avere sotto il mio controllo. 
 

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Capitolo 9
*** The Winner Takes it All. ***


"...e così sono dovuto tornare a casa da solo, a piedi, perché mi sono rifiutato di risalire in moto con quello, dopo averlo lasciato" Freddie non riusciva a raccontare la verità su quanto accaduto con David.
"ma sentilo- una risata giunse dall'alto, cupa, arrabbiata - la mia prima impressione era proprio azzeccata: nella tua bocca ci stanno meglio i caz..." David non concluse la frase perché fu raggiunto al bancone da una ragazza.
"che ci fai tu qui?" chiese il cantante, senza dare spago alla presenza della ragazza dai capelli corvino

"potrei farti la stessa domanda" entrambi rimasero sconvolti dalla calma con cui David aveva chiuso il discorso, girandosi poi di spalle mentre ancorava a sé la ragazza che gli stava accanto.

 

Cosa vuoi bere?” David fece scorrere le punta delle dita sulla spalla scoperta di Manuela, una vecchia amica. Sul seno abbondante si apriva una scollatura a V, che non lasciava nulla all'immaginazione, ma il ragazzo teneva con maestria gli occhi impiantati in quelli cobalto della ragazza, studiando ogni sua emozione.

Da quando era stato con Freddie, suo primo uomo e ultimo, aveva perso il controllo che aveva nelle persone, aveva avuto l'impressione che esse potessero soggiogarlo.

Da quando si era staccato da lui aveva ripreso il controllo di sé e del suo ego.

Dopo essere usciti di qui che ti va di fare?” sussurrò la ragazza, dopo aver stretto le braccia lisce attorno al collo cereo e profumato del suo accompagnatore

Tutto quel che vuoi, piccola”.

 

Anche quella notte David fece successo.

Si portò a casa Manuela, che, dopo due carezze e qualche bacio si era lasciata sovrastare dal corpo muscoloso e impetuoso del suo focoso amante, che non aspettava altro che scaricare tutte le sue frustrazioni con una bella...

 

Eccone un'altra” mugugnò Anthea sentendo delle voci dalla stanza di suo fratello, confinante alla sua “Ringrazio Dio per non essere rientrata troppo presto anche oggi. Amen” più che per qualunque altra cosa, quel pensiero le inondò la mente per rabbia e gelosia.

Sfogliò il libro distrattamente, incentrata sui ruomori che giungevano dalla stanza accanto, seppur li sentisse a malapena le trapanavano il cervello.

 

Entrò nella camera dalle pareti giallo crema bruscamente, i suoi capelli biondo platino controluce sembravano un ammasso di fili bianchi.

Un urletto uscì di Manuela, che tentò di coprire le sue nudità velocemente, pensando che a essere fosse un uomo.

Che cazzo ti è venuto in mente?” esclamò David mettendo una mano davanti agli occhi, per la troppa luce, penetrata nella stanza

Che cosa cazzo è venuto in mente a te! Vieni qui fuori, io e te dobbiamo parlare!” la ragazza strinse i pugni, chiudendo la porta bruscamente.

Aspettò che suo fratello si mise i boxer e che uscisse dalla stanza, non appena se lo trovò davanti la biondina gli tirò un pugno sul pettorale sinistro, ma non lo smosse neanche di un millimetro.

Dov'è Freddie?”

Se lo vuoi tanto vedere ti do il suo numero”

Io voglio vederlo insieme a te”;

la loro discussione era un'insieme di ringhi, che a Manuela giungevano ovattati, ma pieni di rabbia.

Anthea non riusciva a spiegarsi perché David, che aveva sempre affrontato il mondo con una freddezza che sembrava essere distribuita a ogni generale, avesse lasciato l'unica persona che sembrava avesse spezzato quella lastra di ghiaccio...

Io... Pensavo che fra te e Freddie ci fosse qualcosa. Qualcosa di vero” e qui la discussione finì.

David, addolorato al ricordo di quello che gli aveva fatto Freddie, rientrò in camera da letto, guardò Manuela e le sorrise, “Ci andiamo a fare un giro?”.

Mentre rientrava urtò Anthea, che cadde a terra.

Ti odio, Dave! TI ODIO!”.


David rientrò a sera inoltrata.

Si sarebbe fatto un giro con qualche ragazza anche quella sera, ma l'unica con cui voleva stare veramente era sua sorella, alla quale doveva delle scuse e delle spiegazioni.

La trovò sdraiata sul divano, avvolta in una coperta.

Fammi spazio, bimba”, l'albino prese un lembo della coperta e se lo posò sopra al corpo, poggiò la testa sul grembo morbido di sua sorella,

Ahiah!”

Ch...Che c'è?”

La gamba, ti ci sei poggiato sopra”.

David tolse velocemente la mano dal ginocchio di Anthea e la guardò “Quando sei caduta ti sei fatta male, non è vero?”, lei annuì silenziosamente.

La biondina fermò la mano di suo fratello mentre le alzava il pantalone per esaminare la zona dolorante da vicino, “sto bene, ho solo preso una botta”

Mi perdoni, vero?”

No, David, assolutamente no”.

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Capitolo 10
*** 17/07/1976. ***


(David).

Londra è enorme, si sa.
Quindi, per me, dimenticare Freddie era stato facile... Più o meno.
Non l'avevo più incontrato da quando avevo smesso di frequentare i locali particolari.
A parte una volta, quella volta.
Quale credi sia il regalo più adatto alla mia amica, tesoro?” Manuela aveva nelle mani due libri, due raccolte di poesie, Ungaretti e Montale;
"Come possono piacerle autori così diversi?”, se ne avesse dovuto scegliere uno a me, sarei stato contento se avesse optato per Ungaretti, l'ermetismo mi aveva sempre affascinato molto.
Ah, piccola nota: con Manuela mi ci ero fidanzato. In lei avevo visto qualcosa di più che una ragazza da una notte e via, una bionda senza cervello: lei... Era lei.
Forse mi ero innamorato, per davvero.
Avevo deciso di mettere la testa a posto e con lei mi trovavo molto bene: bellissima ragazza, dolce e intelligente; se proprio qualcuno avesse dovuto accalappiarmi, lei sarebbe stata perfetta.
Deciso il regalo, uscii a fumarmi una sigaretta, mentre Manuela era immersa in una fila interminabile, avrei fatto in tempo a finire e a tornare dentro per farle compagnia.
Ci trovammo l'uno davanti all'altro, “Quale oscura magia è, questa?” mi chiesi, corrugando la fronte, cercando di mettere a fuoco Freddie.
Questa te la sei tenuta per più di una notte, cos'è, l'hai addomesticata?” gli occhi dal taglio orientale si strinsero fino a diventare due fessure, io sorrisi e feci spallucce,
Non tutte le persone del globo mettono a disposizione i propri buchi a più persone in contemporanea, ed è per questo che si crea un legame stabile.”
Non tutti hanno necessità di ficcare le proprie sporgenze persino nelle toppe delle chiavi” concluse lui, dandomi le spalle, volgendo a me la parte migliore di sé: quel suo bel cu...
David, cazzo, ti eri promesso di non pensarci.
Senti, Dave, ma chi è quello? Ogni volta che vi incontrate sputate veleno”.Forse avrei dovuto accennarle qualcosa della mia esperienza... Meglio di no, decisamente meglio di no.
Le ho fregato la ragazza al liceo” mentii sorridendo, senza alcun pudore; le poggiai un braccio attorno alle spalle e continuammo a camminare.
Io, nel frattempo, pensavo a Freddie. Non era stato affatto salutare incontrarlo.

 

(Freddie).
Dico, io, come si è permetto di affermare una cosa del genere?
Mi ha dato della puttana!
A ME: FREDDIE MERCURY!
Sconcertante, quando lui è il gigolò più conosciuto di tutto il Regno Unito e dintorni... Spero che un giorno di questi lo metta sotto una macchina, un tir, o un treno.
Non lo voglio più vedere, non lo sopporto.
Perché sì, sarà anche bellissimo, maledettamente bello e affascinante e... Freddie, cazzo, ti eri giurato che non avresti più pensato a lui in un qualunque modo benevolo. 
Eppure, più che sembrare arrabbiato è... ferito. So cosa vuole da me: delle fottute scuse per quel che ho fatto. Vuole vedermi strisciare, morire ai suoi piedi per poi ottenere il perdono. Quando poi, per di più, me lo concederebbe anche senza troppe scene, se non fosse così orgoglioso... Non gliene frega niente che io sia andato a letto con qualcun altro.”.
Per la prima volta Freddie pensò seriamente a tutto quello che era successo, non era davanti a una bottiglia di Vodka, non davanti a uno spinello. La unica compagnia, in quel momento era lo specchio di casa sua, era seduto sul letto e guardava la propria immagina riflessa.
Si sentiva bellissimo.
Poco gli importava, se aveva chiuso con quello stronzetto per sempre: il giorno dopo sarebbe partito per una tournée e non avrebbe avuto tempo di pensare a David, sarebbe stato un miracolo se fosse riuscito a ritagliare un po' di tempo per una bevuta.
Forse avrebbe immaginato il viso dell'albino mentre, davanti al pubblico, cantava “Love of My Life” o canzoni del genere.
Sicuramente avrebbe sentito quel nodo nel mezzo del petto, come tutte le volte, del resto.








Mi dispiace di avervi detto una cazzata tre capitoli fa, del tipo “il prossimo è l'ultimo” niente paura, ragazzi, ne ho in mente altri, per cui, non siamo ancora vicini alla fine :'D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ragazze (siccome di ragazzi, qui, non se ne vedono). Aggiornerò presto, ;) ho già l'altro capitolo a metà!
MrB.

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Capitolo 11
*** 1984. ***


1984.

 

Ero felice di andare a trovare dei vecchi amici a Montreux, Svizzera.

Quando salii sull'aereo, mi accomodai vicino al finestrino, adoravo guardare giù, il panorama, mentre leggevo un libro di Stephen King, il mio scrittore preferito.

Quella volta mi ero portato dietro “Shining” libro letto e riletto, di fatti, la copertina cominciava a essere notevolmente rovinata.

Wendy Torrance indugiò indecisa al centro della stanza a contemplare il figlio, che era caduto in un sonno profondo. Da una mezz'ora i rumori erano cessati. Tutti, di colpo. L'ascensore, la festa, lo sbatacchiare delle porte che si aprivano e si chiudevano. Anziché tranquillizzarla, quel fatto rendeva ancora più acuta la tensione che le si era andata accumulando dentro; era come una quiete malefica prima dell'ultimo brutale impeto della bufera”.*

Avrei potuto chiudere il libro e recitarlo a memoria.

 

Lo zio David!!” la piccola Martha mi saltò in braccio, anzi, ormai non era più tanto piccola, l'ultima volta che si era arrampicata sulle mie spalle pesava meno di venti chili...

Per essere una ragazzina della sua età, pesava più del dovuto

Ciao Marth, come stai, piccola peste?” essere socievole con i bambini era più difficile di quanto ricordassi;

Io tutto bene, ti stavamo aspettando!”, alzai un sopracciglio alla -Ma non mi dire?- e mi sforzai di continuare a sorridere.

I ragazzini non mi piacevano per niente.

David, che bello rivederti” la mora Jane, la mia vecchia compagna di banco, mi abbracciò, aveva lo stesso profumo di quando eravamo colleghi di studio;

Anche a me fa molto piacere incontrarvi di nuovo!” le presi una mano per allontanarla da me per guardarla integralmente, “Stai benissimo” e lei mi strinse di nuovo, poi salutai suoi marito.

Non sembrava felice di essersi goduto quella scena.

Harold”

David Bowie” inscenai un sorriso smagliante.

 

Casa loro era così accogliente e graziosa.

La piccola sala da pranzo era scaldata da un camino e resa più comoda da due divani rivestiti da un tessuto dalla trama incrociata.

David, la casa è sempre la stessa e anche la camera per gli ospiti, vuoi comunque che ti ci accompagni?”

Oh, no, tranquilla Jane, faccio da me”, detto ciò salii le scale scricchiolanti in legno e trovai subito la porta della stanza in cui dovevo alloggiare.

Entrai.

Notai con piacevole sorpresa che era stata rinnovata, le pareti erano di un color pesca leggero, le tende erano in tinta. Mi lanciai sopra al letto e abbracciai il cuscino.

Mi assalì una gran voglia di dormire.

 

Scesi le scale grattandomi la nuca, “Scusate ragazzi, ero esausto”

Tranquillo Dave, avevamo immaginato e ti abbiamo lasciato riposare. Tanto, delle due settimane che devi rimanere qui, un paio d'ore in meno non ci cambiano nulla!”

Harold era seduto sul divano con un mucchio di scartoffie fra le mani, Jane accanto a lui leggeva un libro; mi sedetti sulla poltrona antistante al sofà e incrociai le braccia “Stasera che si fa? Usciamo?”.

Loro si guardarono e poi scoppiarono a ridere:

David, quasi temevo che non me l'avresti chiesto” Jane chiuse il libro e si sporse verso di me, “Sai, non siamo due tipi notturni”.

 

 

Maledetto quando mi sono messo la giacca di pelle” borbottavo fra i denti, il freddo filtrava attraverso i miei vestiti senza problema alcuno. Una camicia, un maglione e una giacca di pelle non erano abbastanza pesanti in Svizzera? Mi infilai nel primo bar in cui non c'era una fila tremenda e andai al bancone,“Il cocktail migliore della casa”, sorrisi alla barista.

Hey bello, mi piacciono i tuoi capelli”

Hey cowboy, ti va di ballare? Una ballatina non ti farà male”**, mi guardai attorno e due ragazze mi sorridevano, due sgabelli più in là. Offrii loro un giro e mi avvicinai, cavandomela nella loro lingua.

 

Hey Big Spender, Spend a Little Time with ME.

Dopo aver bevuto il mio drink e essermi divertito a chiacchierare con un paio di ragazze lasciai il night, deciso a tornare a casa; per la prima volta da solo.

Sentii dire da lontano, “Ho dimenticato la giacca al tavolo, torno subito”, un uomo dai capelli scuri e la giacca nera veniva nella mia direzione.

Cosa? No, non ero in grado di...

David? Cos'è, ora lavori su un marciapiede diverso?”, lo humor era sempre lo stesso, ma lui era maledettamente differente.

Se non avessi sentito la sua voce, se non avessi comprato i vinili dei Queen e visto lì com'era cambiato, non l'avrei riconosciuto: vestiti normali e capelli corti.

Scarpe da ginnastica.

Dov'erano finiti gli zatteroni che tanto amava?

In foto era molto diverso rispetto alla realtà.

In carne e ossa era molto...

Più bello.

Metti giù le armi Mercury, vengo in pace”

In pace, tu, che parolone”, incrociò le braccia

Tranquillo, non ti mettere sulla difensiva, ti ho perdonato”.

Ci sorridemmo.

Credo che sia meglio che io entri a prendere la mia giacca”, mi oltrepassò senza dire altro, io nel frattempo mi avvicinai ai suoi amici:

Mi ha detto di dirvi che potete anche andare avanti, viene a bere qualcosa con me”, sfoggiai l'espressione più convincente di cui ero capace, e, un po' per gli alcolici ingurgitati, un po' per la stanchezza, i suoi amici non fecero una piega.

Si incamminarono leggermente barcollanti e girarono l'angolo.

 

 









 

*Mi piacerebbe farvi credere di essere io l'artefice di quelle frasi, ma non sono abbastanza geniale. Tutti i diritti sono di Stephen King, uomo che io venero e che sempre venererò.

 

** ”Big spender” citazione della canzone e del capitolo due.

 

MrB. sclera:

ringrazio tutte voi per aver letto fino all'undicesimo capitolo questa fan fiction, sto facendo vari progetti per varie statue di bronzo, perché non posso permettermi altro. (Quella di Cath sarà la più grande;
mentre la Mido ha vinto un giro sulla giostra del GIGIONE -lei capirà-; 

BlueJayWay avrà il suo premio quando verrà a trovarmi a casa mia -ho ben impacchettato George Harrison, dopo aver viaggiato nel tempo-;
Frankie... Frankie tu cosa vuoi? O.O).
Per tutte le altre... Grazie!
MrB.

 

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Capitolo 12
*** We can't do a Tango Just for Two ***


(David).
Lo aspettai pazientemente nel posto in cui ci eravamo congedati.
“Dove sono?” mi chiese, guardandosi attorno; avevo capito benissimo a cosa, o meglio, a chi si riferisse, ma se glielo avessi lasciato intendere, il mio piano sarebbe andato al diavolo.
“Chi?”chiesi, accendendomi una sigaretta, anche lui ne sfilò una dal mio pacchetto e l'accese contro la punta rovente della mia.
Colonia.
Aveva lo stesso profumo della volta in cui...


(Freddie).
Mi fissava con quegli occhi di ghiaccio.
C'era un velo di sofferenza e di vuoto che offuscava la solita luce che gli faceva brillare le pupille, mancava la passione, l'amore.
Dovevo smetterla di bere, mi stavo addirittura intenerendo nei confronti di una persona che mi aveva ferito tremendamente, per cui io non provavo alcun sentimento.
Mai l'avevo provato.
“Dove vuoi arrivare?” tagliai corto,
“Dove devi arrivare? Ti accompagno fino a casa”
“è stato un piacere rivederti, Dave, ma ora devo proprio andare. Ci vediamo”.
L'avrei fatto soffrire, e, se ci fosse stata una possibilità per cui mi sarei concesso a lui ancora una volta, gliela avrei fatta sudare. Il fatto che fosse bello non giustificava la sua bastardaggine.
Mi incamminai, non mi girai per guardarlo negli occhi in cerca di una scusa per poi correre fra le sue braccia, non lo volli guardare in viso, perché ero consapevole che probabilmente non avrei potuto resistere.
Anche se mi sarebbe piaciuto godermi la sua espressione spiazzata: avevo smontato il grande adone, l'avevo lasciato di stucco; “Aspetta” aveva tentato lui, ma non lo ascoltai.
Gliela avevo fatta pagare con qualche anno di ritardo, ma il mio ego ne era completamente e ugualmente rigenerato.
Parentesi David Bowie?
Chiusa.


(David).
Non potevo crederci, come poteva essere possibile una cosa del genere? Freddie mi avevo piantato lì
come un fottuto albero, cazzo!
L'umore mi era sceso sotto le suole delle scarpe, con una velocità incredibile.
La situazione era stata talmente traumatica che persino il mio ego ne aveva risentito.
Mi morsi il labro inferiore e calcai gli occhiali da sole sul naso, nonostante fosse notte fonda.


Mi chiusi la porta di casa alle spalle, cercando di essere il più silenzioso possibile,
“Ciao zio David!!!”
“Tu che ci fai, sveglia, a quest'ora?” chiesi alla ragazzina, cercando l'inalatore, la voce di quella mocciosa era talmente acuta da farmi venire gli attacchi d'asma.
(O forse era per via di quel che era successo con Freddie, furbone?).
Martha teneva stretto nella mano sinistra un bicchiere verde chiaro marchiato Coca Cola, un biscotto al cioccolato nella destra, era in piedi sotto all'arco a sesto ribassato dopo cui si accedeva alla cucina; Jane si affacciò dal lato destro.
Che cazzo di ora era?
“...Potreste mettermi a conoscenza dell'orario, gentilmente?”
“Sono le sei e un quarto, oggi dobbiamo andare al parco naturalistico per la visita delle otto, ricordi?”
“Ah” esclamai, piuttosto spiazzato
“Ma se non te la senti... Non sarai mica stato in giro fino a ora?”.
Sorrisi sornione e mentre sopprimevo uno sbadiglio mi passai una mano fra i capelli, “Io? No! Ho smesso con le nottate completamente in bianco, in genere torno verso le due, dormo un po' e poi per smaltire quello che ho bevuto vado a farmi una corsetta alle cinque e mezza”, mentii talmente spudoratamente che quasi speravo che non mi credesse, mi desse una pacca sulla schiena assicurandomi di non preoccuparmi e mi mandasse a letto,
“Ma sei in jeans!”
“Corro in modo piuttosto particolare!”
(Seh, dietro a Freddie Mercury).

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Capitolo 13
*** Black in Red. ***



"E questo è il nostro esemplare più giovane di lupo bianco", spiegava la guida in inglese, (per mia fortuna, la signorina parlava perfettamente la mia lingua; era già piuttosto difficile non addormentarsi seguendo il filo del discorso, figuriamoci senza capire un'acca).
"Hai visto Dave? È meraviglioso" Jane si aggrappò a me, chiudendo il mio braccio fra le sue,
"Sì, è davvero molto simpatico" commentai, cercando di tenere aperti gli occhi.
Finalmente varcammo la porta che divideva il parco dalla città, "Mamma, papà! Possiamo fermarci a mangiare fuori?", piagnucolò la ragazzina, ma brutta maledetta palla di grasso rompic...
"Certo che possiamo, tesoro", rispose il padre sorridendo amorevolmente alla bambina.
Dovevo svegliarmi.
Ed effettivamente qualcosa che mi fece svegliare successe.
"Bellezza, non hai capito un cazzo di niente di quello che intendo!", Freddie gesticolava teatralmente, come al solito, davanti a un suo amico, che aveva un'aria rassegnata.
Per un attimo gli occhi scuri e profondi del cantante si incastrarono nei miei, non riuscivo a distogliere lo sguardo, mentre lui puntò il suo altrove senza problemi.
"Torno subito" mormorai staccandomi dal mio gruppo, raggiunsi Freddie con passo spedito, gli afferrai il polso: "Freddie!", lui si irrigidì, si girò verso di me e mi salutò con un "Ciao" quasi sommesso.
Cercò di mantenere un certo tono: "Dimmi", tagliò corto incrociando le braccia.
Non sapevo cos'altro dirgli, non ricordavo nemmeno il motivo per cui mi ero avvicinato a lui!
Forse sapevo che mi sarebbe bastato toccarlo, sfior...
Non perché mi piacesse!!!
Anzi! La mia intenzione era quella di fargliela pagare per quanto accaduto anni prima.
(Certo Dave, ceeerto).
Ma non perché mi interessasse parlare di nuovo con lui...
Almeno credevo.
"David stai bene?" mi chiese, corrugando le sopracciglia con un filo di preoccupazione, "Dolcezza, ho da fare, sbrigati!",
"stasera, al locale di ieri, alle dieci" azzardai mordendomi le labbra.
Mi guardò negli occhi, poi scosse la testa, "Non lo so. Stasera voglio rimaner..."
"Va bene, ci vediamo da te!" arrivato a quel punto avrei potuto trionfare, o venire umiliato del tutto.
Alzò un sopracciglio quasi divertito, "E che cosa faremmo, stasera?"
"Una bella serata a base di tutto quello che vuoi"
"Affare fatto!".
Mi tirò fuori una mano dalla tasca e ci scrisse sopra delle lettere grandi e chiare: ce l'avevo fatta. Avevo il suo indirizzo.
Tornai da Jane e il resto della famiglia, mi guardarono allibiti, in coro esclamarono "ma quello era... Freddie Mercury!"
"Lo conosci?"
"Da quando?"
"È simpatico??".
"Veramente... Gli ho chiesto solo un autografo e ci ho fatto quattro chiacchiere..." sorrisi, sperando che non mi avessero chiesto di mostrargli la fottuta firma.
Non volevo che venissero a conoscenza di tutto. I segreti, come quello che provavo per lui, che forse lui ricambiava, non vanno rivelati, perché perdono il loro velo di fascino e di perversione.
O forse non volevo che si pensasse avessi a che fare con una primadonna del genere.
(Non cercare scuse David, sappiamo tutti che ti piace!".





Sto aggiornando mentre il professore di storia spiega non so che cosa, ma ho appena realizzato che le dieci pagine che ha assegnato le dovrò studiare da sola.
Ne è valsa la pena!
Allora, il prossimo capitolo che posterò sarà un MM con tante porcate.
Ragazzé preparatevi ahahahah
Grazie per aver letto fino a qui.
MrB.

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Capitolo 14
*** What it Takes. ***



(Freddie).
Qualcuno bussò alla porta e mi fiondai ad aprire, non perché speravo che fosse David, ma perché far aspettare le persone al freddo e sull'uscio non era buona educazione.
(Che sorpresa meravigliosa...).
“Ciao” esordì l'albino appoggiandosi allo stipite della porta, con le braccia incrociate, un sopracciglio alzato.
Una zaffata di profumo mi raggiunse in pochi secondi, mi perforò le narici.
Che caldo, che faceva, quella sera.
Lo feci accomodare con un cenno silenzioso all'interno, solo allora gli risposi:
“Ciao, ti trovo bene”
“Ci siamo visti poche ore fa, non è che io sia cambiato molto...”
“Hai ragione, ma non ho avuto l'occasione di chiedertelo, quando ci siamo incontrati, prima”
“Se la metti così anche io ti trovo splendido”.
Si sfilò la giacca di pelle e ne rivestì la spalliera di una sedia che era accanto al tavolo di marmo ovale del salone.
Ci sedemmo sul divano ed ebbi l'occasione di studiare David di nuovo, in tutti i suoi particolari; l'abat-jour in stile vittoriano gli illuminava il viso pallido e riempiva con la luce quelle lievi avvallature che il tempo aveva creato sul viso. Anche per lui il tempo era passato.
La barba, volutamente incolta, ma omogenea e comunque piuttosto corta, gli donava quel pizzico di maturità e di intellettualità che di certo non mi lasciavano impassibile.
Sentivo già la patta dei pantaloni tirare.
Mi venne voglia di baciare quel collo muscoloso e profumato.
Avrei resistito: non dovevo e non potevo dargliela vinta così. Doveva cedere per primo.
Per una volta, non volevo che pensasse di essere irresistibile, e, tutto sommato, se ero ancora vestito e composto, non lo era, no?
Non proferiva parola, mi lasciava alle mie fantasie sessuali, lasciava che la mia mente vagasse senza fine, giochicchiava con la cucitura dei jeans all'altezza del ginocchio.
Non potei fare a meno di notare la scollatura a V, che scopriva la trachea, e, purtroppo, più giù di lì non andava. Avrei voluto vedere di più, con un'occhiata un po' più audace e un po' di immaginazione riuscì a vedere la forma del petto e degli addominali attraverso la trama non troppo spessa del maglioncino.
Dovevo smetterla di fissarlo, anche perché David se n'era accorto e mi osservava con aria divertita, si godeva la mia espressione, non oso immaginare quale fosse.
“Posso offrirti qualcosa?” cercai di non balbettare, imbarazzato com'ero non sapevo neanche che fare
“Quel che vuoi bere tu è ok”, mi alzai dal divano e lui mi imitò, si avvicinò lentamente sorridendo in modo piuttosto bastardo e pervertito, io mi allontanai,
“Albino, sta' buono, che sono fidanzato!” lo intimai, ridendo.
Ridacchiò divertito.
David mi stringeva possessivamente mentre fumavo una sigaretta, come un Cerbero.
Non che non gli assomigliasse: gli occhi di ghiaccio, i muscoli che componevano il suo corpo perennemente tesi, ansiosi di attaccare, le zanne scintillanti pronte a mordere.
“Mangi con me, stasera, vero?”, mi guardò speranzoso, con un'espressione che più che farlo sembrare un cane a tre teste, mi ricordava un lemure
“Io...”
“Non era una richiesta vera e propria, era un ordine” ridacchiò.
Si appoggiò su di me per prendere la cornetta del telefono, collocato sul comodino dalla mia parte di letto...
(Che stupido, già gli avevo assegnato un posto fisso nel mio letto matrimoniale... Forse correvo un po' troppo).


“Ricordami perché stiamo andando a piedi!” esclamai, congelando
“Perché devi smaltire quella ciccia che hai sui fianchi” mi rispose lui, ridendo.
Mi fermai nel mezzo del marciapiede.
Lo guardai dall'alto in basso, sfortunatamente non trovai alcuna imperfezione fisica da rimbeccargli;
“Io cosa?”
“Dai, sto scherzando!” mi rassicurò lui, stringendomi a sé,
“Meglio per te, Mr. Olympia!”
“No, i Mr. Olympia hanno il pisello essiccato per via degli steroidi. Penso che di me tu possa affermare il contrario, no?”.
Nel momento in cui ci guardammo negli occhi non riuscimmo a trattenere le risate e ci appoggiammo uno sull'altro per non cadere a terra in preda al divertimento.
“Più che altro, com'è che hai così tanto freddo? Prima stavi sul palco semi nudo a qualunque ora di qualunque giorno e ora per un po' di vento tremi?”
“Sul palco...”
“Sì, sì, ci sono le luci e corri da una parte all'altra!” mi azzittì lui, togliendosi il giaccone di pelle per poi farmelo infilare.
Mi prese la mano, mentre passavamo fra la gente.
Non la lasciò neanche arrivati al ristorante.
Quando ci eravamo seduti al tavolo, uno davanti all'altro, aveva infilato le sue dita fra le mie e se le era portate davanti agli occhi. Le esaminava in silenzio.
“Quando fai così sembri quasi autistico” sorrisi e lui non poté fare a meno di distrarsi dalla sua fonte principale di interesse,
“Sì! Ho capito, hai bisogno di più attenzioni” rispose, poggiando la mia mano sul tavolo, coprendola poi con la sua.
Usciti dal ristorante la notte era ancora giovane, quindi decidemmo di passeggiare un po'.
La strada era bagnata, evidentemente mentre noi eravamo al chiuso era piovuto; l'aria era pregna di umidità e la temperatura era decisamente più alta, ma non mi tolsi la giacca di David dalle spalle.
“Che ne pensi di... Di occupare il lato sinistro del mio letto matrimoniale per molto tempo?” sussurrai nell'orecchio di David stretto a me in un abbraccio
“Per molto tempo no” si allontanò leggermente da me, quel che bastava per guardarmi negli occhi; mi sentii mancare: no? Che intendeva con quel per molto tempo no?
“Però sono disposto ad accettare un per sempre” aggiunse, dopo avermi risollevato lo sguardo con pollice e indice.
“Per sempre” sussurrai, con le labbra inumidite, che sfioravano le sue, divaricate e in attesa di un bacio; gli occhi socchiusi lasciavano tutto il piacere agli altri sensi del corpo; il respiro rallentato.
Lui annuì lentamente mentre intersecava le dita della mano alle mie, “Ti amo”.
Due parole che mi fecero tremare, dette da lui.










è stato un parto luuuungo e doloroso ma ce l'ho fatta!
Innanzitutto, voglio ringraziare tutte le ragazze -alcune in particolare- che hanno seguito questa storia...
Finalmente sono riuscita a concluderla, devo dire la verità: era un po' che avevo scritto questo capitolo, ma all'inizio non mi convinceva; dopo una riletta e un'aggiustata sono riuscita a creare qualcosa che si adattasse al film mentale che mi ero precedentemente creata!
Questa storia ha migliorato molto la mia scrittura, a distanza di quasi un anno posso dire di essere cambiata molto...
Non rimarrò assente ancora per molto dalla sezione, penso che a breve comincerò a pubblicare una nuova fic, che sarà il sequel di una delle mie meravigliose collaborazioni con la Cath.
Grazie di nuovo;
MrB.

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