La mia strada

di Padfoot_07
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alaska ***
Capitolo 2: *** Ricordandomi ***
Capitolo 3: *** Conoscenze ***
Capitolo 4: *** Occhi ***
Capitolo 5: *** Fiamme ***
Capitolo 6: *** Tornare ***
Capitolo 7: *** Mente ***
Capitolo 8: *** Solo ***



Capitolo 1
*** Alaska ***


Alaska

E.J. POV -Alaska-

Ci sono vuoti nella mia memoria, vuoti che non riesco a colmare.

Quella parte mancante di me, è la più ingombrante nella mia coscienza.

E' come tentare di afferrare il fumo.

Mentre mi sembra di averlo afferrato, mi sfugge dalle mani.

La mia vita non è sempre stata quella di adesso.

Gli unici ricordi che ho della mia prima infanzia, sono un dolore bruciante e poi nella luce più accecante dei volti, dei volti familiari... poi il buio.

Da lì in poi tutto ciò che ricordo è la mia vita quì, a Denali...

Ero seduto sul ghiaccio a gambe incrociate ad osservare il sole sorgere mentre una striscia di un rosa carico attraversava il cielo. L' aurora in Alaska era uno spettacolo sempre unico ed emozionante non ci si poteva abituare.

Erano quelli i momenti che più amavo della giornata, quelli in cui potevo starmene per conto mio, immobile come il ghiaccio che mi circondava.

Sentivo la mente confusa, e la causa era riposta nella mia tasca.

C'infilai una mano, e ne estrassi un pezzetto di carta, stropicciato e ammorbidito dalle tente volte in cui l'avevo maneggiato. Mi sdraiai ad occhi chiusi sulla neve, il freddo non mi toccava, era a malapena percepibile dalla mia pelle, e pensai alle circostanze in cui il passato era tornato a bussare alla mia porta.

Cercavo, nello studio di Elazar, un romanzo di Stevenson che doveva prestarmi.

Mi aveva detto di averlo messo a vista, ma dopo un'accurata ispezione della scrivania e delle altre superfici, non l'avevo trovato.

Cercai sotto fogli e scartoffie, quando, spostando il porta penne di pelle e argento dello zio, notai un pezzetto di carta spuntare. Quello che vidi mi lasciò immobile e pietrificato, intrappolato da un misto di emozioni.

Era un nome, seguito da un numero telefonico.

Niente di strano, se il nome non fosse stato: Cullen.

Cullen era il mio cognome, il cognome della mia famiglia, quella famiglia che non avevo mai conosciuto.

Non capivo come mai avere tra le mani quelle informazioni mi sconvolgesse tanto. Sapevo solo che in tutti quegl'anni non avevo mai cercato un contatto con loro, ma non avevo mai avuto tra le mani la possibilità concreta di farlo, di trovarli.

La mia famiglia mi aveva accolto quando avevo solo pochi anni e mi aveva tirato su proprio come fossi figlio loro, di tutti loro... zia Carmen, zio Elazar, zia Kate e zia Tanya. Avevo un altra zia Irina, ma di lei sapevo poco o niente, erano rare le occasioni in cui veniva a trovarci e per il poco tempo che restava da noi pareva sempre assente e triste.

Eravamo una famiglia fuori dall' ordinario, ma d' altronde cosa nella mia vita non lo era?

Ricordavo che da bambino avevo più volte chiesto alla zia Tanya dei mie genitori biologici ed ogni volta lei pazientemente mi spiegava che appena nato ero stato male e che loro non potevano prendersi cura di me nelle condizioni in cui ero. Non avevo indagato oltre, capivo che la mettevano a disagio quelle domande, leggevo oltre il suo sorriso e vedevo che ci stava male a rispondermi, intuivo che non poteva o non voleva spiegarmi la verità nei dettagli ed io non volevo che lei interpretasse il mio interesse verso la mia famiglia d' origine come una mancanza d' affetto nei confronti suoi e degli zii.. Prima o poi l' avrei scoperta la verità, ne ero certo.

"...Eddy!" l' eco di una voce mi raggiunse ed aprii gli occhi.

"Eddy, tesoro, è ora di andare a caccia"

Era la voce di mia zia Tanya che mi arrivava trillando alle orecchie. Evidentemente mi stava già da un pò chiamando dato il tono impaziente della voce. Mi alzai veloce e presi a correre verso casa alla massima velocità.

Zia Tanya era per me a tutti gli effetti "la mamma", non che volessi meno bene agli altri, semplicemnete era lei quella che fin da subito era stata la figura che si rapportava a me in modo materno. Zia Carmen era quella che mi viziava, il mio porto sicuro ogni qual volta ne avevo bisogno. Zio Elazar d' altra parte era una sorta di padre\nonno\maestro era l' unica figura maschile in casa mia e fin da piccolo ricordo quanto mi sembrasse grande ed imponente, forse all' apparenza sembrava un po burbero, ma la sua era solo fatica ad esternare i propri sentimenti, era un pilastro, un punto di riferimento per me. Zia Kate invece era la mia compagna di giochi preferita, aveva la pazienza e la furbizia giusta per intrattenermi sempre, non sò come avrei fatto a sopravvivere alla monotonia di questi luoghi se non ci fosse stata lei!

Ricordavo perfettamente ogni giorno della mia infanzia-lampo, avevo sei anni ma ne dimostravo già 16-17, e certamente è stata una stagione felice della mia esistenza, piena d' amore e di persone che mi amavano.

Tuttavia mi capitava di sentire dentro di me come un vuoto, come se mi mancasse un pezzo, come quando abbiamo la sensazione fastidiosa di scordare qualcosa di estremamente importante. Ricordava che da bambino avevo più volte chiesto alla zia Tanya edi mie genitori biologici ed ogni volta lei pazientemente mi spiegava che appena nato ero stato male e che loro non potevano prendersi cura di me nelle condizioni in cui ero. Non avevo indagato oltre, capivo che la mettevano a disagio quelle domande, leggevo oltre il suo sorriso e vedevo che ci stava male a rispondermi, intuivo che non poteva o non voleva spiegarmi la verità nei dettagli ed io non volevo che lei interpretasse il mio interesse verso la mia famiglia d' origine come una mancanza d' affetto nei confronti suoi e degli zii.. Prima o poi l' avrei scoperta la verità, ne ero certo.

Quando cominciai a scorgere casa mia in lontananza rallentai e m' incamminai a passo umano verso la porta d' ingresso dove mi aspettava zia Tanya. O-oh... l' espressione spazientita ed il modo in cui riavviò stizzita i lunghi boccoli biondo\ramato erano il campanello d' allerme che l' avevo fatta innervosire col mio ritardo.

"Edward! Ma che fine hai fatto! E' tardissimo non possiamo rischiare di cacciare negli orari di punta.

Potremmo rischiare di incontrare quelche essere umano!" Rieccola in versione mamma chioccia, sembrava un normale pendolare che si preoccupa del traffico al ritorno dal lavoro invece di un vampiro a caccia.Non sopportavo quando mi chiamava Edward, in primis perchè utilizzava il mio nome per intero solo quando ero nei guai ed in secondo luogo perchè mi dava un senso di antico. Per questo preferivo mi chiamassero Eddy, era molto più giovanile e diretto.

Edward Jacob Masen Cullen, quello ea il mio nome completo. Tuttavia non era importante per me, sapevo solo che anche mio padre si chiamava Edward, non sapevo perchè mi avevano dato come secondo nome Jacob, non avevo incontrato mai nessun Masen e nessun Cullen.Il mio nome era in sostanza tutto ciò che sapevo di certo sui miei parenti d' origine.

"E corri di sopra a metterti qualcosa di asciutto e più pratico!" disse imperiosa.

Gettai uno sguardo ai miei vestiti. Si decisamente la neve mi aveva inzuppato il jeans e la camicia. Sospirai " Certo zia faccio in un secondo".

Lei mi sorrise e mi scompigliò affettuosamente i capelli con una mano."Ziaaa" protestai entrando in casa.. Certi parenti non perdono mai l' abitudine per certi gesti d' affetto, anche se ormai dimostri, come me, una certa età.

Mi sfilai la camicia mentre entravo nella mia camera, afferrai degli abiti puliti e comodi dall' armadio a muro e mi diressi in bagno dove gettai la camicia asieme ai jeans nel cesto della biancheria sporca. Afferrai un asciugamano e mi frizionai i capelli anch' essi inzuppati. Mi concedetti un attimo allo specchio. Il mio aspetto non mi dispiaceva ma mi era indifferente. Nella mia famiglia la bellezza era qualcosa di scontato e sinceramente non m' interessava fare colpo sulle persone, anzi troppe attenzioni mi mettevano in soggezione, mi disturbavano.

I capelli castano scuro mi ricadevano scomposti sul volto, anche se distrattamente sembravano definiti ad arte quindi li lasciai al naturale. I miei lineamenti erano belli come quelli dei miei familiari, ma non gli somigliavo per tratti somatici. Soprattutto per gli occhi. I miei erano grandi e verdi,

un verde brillante,

diversissimo dall' oro degli occhi dei miei zii...

Forse prorpio in quell'istante, mentre fissavo il riflesso ricambiare il mio sguardo... la decisione arrivò. Chiara e semplice nella sua ovvietà. Avrei trovato il modo di vederli, i Cullen.

Lo stesso vuoto che mi portavo dentro sembrò darmi una via d'uscita. Io non sapevo chi ero, da dove venivo.

L'avrei fatto, avrei visto coloro che mi avevano dato la vita, avrei tentato di capire. Forse ero in cerca di cose nemmeno concrete, forse sarei incappato in delusioni, ma dovevo farlo. Per me.

"Edward!" lo strillo acuto di mia zia mi rimbombò fastidioso nelle orecchie! Possibile che la sua voce fosse capace di penetratmi nel cervello.

"Arrivo... arrivo!" le risposi scocciato di rimando. Mi vestii in fretta e mi precipitai di sotto, pronto ad iniziare un' altra tranquilla, assurda giornata.

Circa un mese dopo…

Camminavo lungo un sentiero sterrato. Alberi e cespugli dall' aspetto curato costeggiavano ambo i lati della stradina che mi conduceva verso una villa immersa nel buio, ma illuminata dalla luce che filtrava fuori attraverso le ampie vetrate.

Casa Cullen.

Erano anni che pensavo a quel momento, che mi chiedevo come sarebbe stato. Una parte me pensava, in verità, che non avrei mai trovato il coraggio per fare ciò che stavo facendo.

Desideravo intensamente conoscere la mia famiglia. Non perchè mi mancasse affetto o cose del genere. Io avevo bisogno di conoscere chi mi aveva dato la vita, il mio sangue. Sapere qualcosa di più su di loro, mi avrebbe aiutato a capire meglio chi ero io. Erano il pezzo mancante nel puzzle della mia vita, ero alla ricerca di risposte e speravo che loro potessero darmene.

Presi un bel respiro, stetti attento ad alzare il mio scudo, cosicchè non potessero leggere nei miei pensieri più di quanto io volessi rivelargli. Zia Tanya mi aveva parlato diverse volte dei miei genitori, sotto mia richiesta, mi aveva detto anni prima che nella mia famiglia d' origine, così come nella loro, non ero il solo a possedere delle abilità particolari. Mio padre poteva leggere il pensero, mentre mia madre poteva, come me, produrre uno scudo in grado di proteggersi dall' aggressione di poteri mentali.

Non sapevo cosa aspettarmi dall' incontro con loro. Scacciai indietro quei pensieri, prima che m' immobilizzassero le gambe.

Passo dopo passo giunsi ai ggradini d' ingresso. Dentro casa i rumori cessarono, evidentemente si erano accorti della mia presenza. Non potevo più fare marcia indietro ormai, e non volevo certo fare la figura dell' intruso, ragion per cui mi affrettai a raggiungere la porta di legno massiccio e suonai il campanello.

"Mamma vado io" sentii una voce squillante dall' interno. Subito dopo la porta si aprì con uno scatto riversando sull' uscio di casa la luce ed il calore dell' interno.

Mi ritrovai a fissare gli occhi in quelli castani di una ragazza, su per giù della mia età. Il volto bello e pallido era incorniciato da lungh capelli rossi e perfettamente abboccolati. Mi fissava con aria interrogativa al di sotto delle lunghe ciglia.

"Ciao... ehm, chi sei?" mi salutò incerta.

Bella domanda, chi ero? O almeno chi ero per lei? Non ero sicuro di riuscire a rispondere, sapevo solo che nel momento in cui aveva apero la porta e mi aveva fissato negli occhi, mi ero sentito a casa. Intero, come quando una cosa che per tanto tempo hai cercato di ricordare ti torna alla memoria in un lampo. Sentii che quella ragazze era legata a me in qualche maniera, ne ero certo.

"Hey!" mi chiamò "tutto bene? "

La mia faccia non doveva avere proprio una bella cera in effetti, se apparivo anche solo per metà come mi sentivo dentro.

Avevo trattenuto il respiro, me ne resi conto solo quando dovetti prendere aria per rispondere.

Proprio quando lo stavo per fare, però, un' altra figura apparve accanto a quella della ragazza. Un ragazzo alto e smilzo, molto simile alla ragazza tranne che per gli occhi, che lui possedeva castano-dorati.

"Chi è Ness?" chiese il giovane.

"Non lo sò papà" rispose lei. Papà??? Ma se dimostravano la stessa età? L' uomo si voltò verso di me ed io alzai lo sguardo ad incontrare il suo...

Fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Non riesco a spiegare la sensazione provocatami da quell' incontro. Non so nemmeno se per me fu così intenso grazie alle mie doti sovrannaturali, o qualunque ragazzo avrebbe avuto la stessa reazione, ma avvertii indubbiamete, che quell' uomo non mi era estraneo, non era nuovo lo sguardo che mi rivolgeva. Era solo una sensazione, qualcosa rilegato nell' angolo più remoto della mia memoria infantile, dove tutto era un confuso miscuglio di figure di suoni e di profumi.

Ma io sapevo perfettamente chi era quel ragazzo, non avevo dubbi al riguardo.

Contrariamente ad ogni mia aspettativa, un senso profondo di disgusto mi invase. Dopo aver desiderato quell' incontro per tanto tempo, sentii che era troppo per me, non ero capace di affrontare mio padre, nè mia madre, nè chiunque altro. Mi sentivo soffocato, più che timore di non essere accettato, ora provavo intolleranza. Non sapevo perchè mi avevano mandato via, ma un sentimento irragionevole ed orgoglioso o forse solo dannatamente capriccioso, mi impediva di mettere le cose in prospettiva, come le avevo sempre viste.

Loro mia vevano abbandonato.

Si, certo, almeno non mi avevano lasciato sui gradini di una chiesa o di un orfanotrofio,ma non mi avevano tenuto con loro. Ed il solo fatto che non fossero poveri, apparentemente infelici e tormentati o sul letto di morte, mi faceva arrabbiare da morire. Perchè solo in uno di questi casi sarebbe stato accettabile, per me, che mi avessero dato via.

Tutto ciò mi era passato nella mente in un attimo e la ragazza, insieme a suo padre, non osai pensare "mio padre", mi fissavano ancora.

Il ragazzo mi restituiva uno sguardo sconcertato, anche se non tanto quanto il mio.

"Chi sei?" ripetè la domanda già fatta dalla figlia.

Per te non sono nessuno. Pensai amaramente nella mia mente, mi voltai, incapace di reggere quello sguardo dorato ancora per un attimo di più, e presi a scendere i gradini per tornare da dove ero venuto. Vigliacco! Dissi a me stesso. Ma che diritto avevo ora di tornare nelle loro vite? Ed ancora di più, che diritto avevano loro di conoscere me? Se mi avessero voluto mi avrebbero cercato loro prima, per la miseria!

Stavo per tornare tra le tenebre, quando una mano gelida e ferma mi afferrò un braccio. Mi voltai perplesso ed infastidito, assottigliando lo sguardo. Mi ritrovai a pochi centimetri dal volto pallido del ragazzo.

"Hey, ti spiacerebbe rispondere?" disse osservandomi circospetto.

Altra pugnalata, dritta al cuore.

"Nessuno." sputai fuori amaramente "Per voi, sono nessuno" Volevo capisse, volevo che si rendesse conto di chi aveva di fronte. Ma non speravo in un abbraccio, in quel momento non l' avrei nemmeno accettato, sicuramente!

Ebbi la soddisfazione di vedere mio padre sbarrare gli occhi, come avesse visto un fantasma...

E forse in quel momento ero solo quello per lui. Un fantasma del passato.

Strattonai il braccio dalla sua stretta, ormai inerme, e mi dileguai nella notte.

Ciao, sono Syria, l'autrice di qst ff ;D Se ti va alla fine di un cap, lascia un commento. Nel bene o nel male, è il vostro parere, il vostro supporto, oltre all'idea dell'autore, che manda avanti una storia!!

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Capitolo 2
*** Ricordandomi ***


POV. Edward

Me ne stavo immobile assorto a fissare il punto in cui il ragazzo era scomparso. Molto velocemente, come il guizzo di un lampo, nella notte stellata, si era dileguato tra le felci del giardino. Afferrargli il braccio aveva portato con sè una stranissima emozione. La sua vicinanza aveva prodotto in me un calore intenso all' altezza del cuore, quasi di sollievo, come se un masso invisibile, che non credevo di avere, nel petto, fosse improvvisamente scomparso.

Era inspiegabile, ma quell' incontro mi aveva messo addosso una sensazione strana. Forse per la sua apparizione improvvisa, o forse per come repentinamente era scappato via. Sapevo soltanto che sotto c' era dell' altro.

Non sapevo cosa però.

Mi avviai verso casa con passi lenti e misurati, ripensando a quel ragazzo.

" Papà tutto bene?" mi chiamò Nessie. Incrociai il suo sguardo preoccupato e le sorrisi. Non voloevo che avvertisse la mia ansia, non volevo che si preoccupasse.

"Niente tesoro, non ti preoccupare" la rassicurai entrando in casa e baciandole una mano candida. Renesmee mi sorrise sollevata di rimando. Adorava quel gesto. Diceva sempre che il baciamano era la cosa più dolce ed elegante di questo mondo, un uso d' altri tempi. E Nessie era fiera del fatto che il suo papà le dedicasse quel gesto affettuoso e tanto tenero. Certo era cresciuta tantissimo, e presto sarebbe arrivato il giorno in cui proprio con un baciamano, avrei messo la mia bambina nelle mani di un altro uomo, e poco importava che l' uomo in questione fosse per me quasi un figlio ormai.

Quel pensiero mi stizziva terribilmente. Renesmee era parte di me, come sua madre, e Jacob, per quanto l' amasse, ed imprinting o meno, rimaneva per me, niente di meno che un ladro.

Entrai in salotto con Renesmee che mi camminava tranquilla al fianco. Col tempo aveva preso un pò il portamento di Alice nel camminare, sembrava danzasse, e la zia ne era molto fiera.

Il salotto era vuoto, sentii Bella in cucina con Esme, probabilmente stavano preparando qualcosa da mangiare per Nessie. Alice era in sala da pranzo insieme a Jasper, e Carlisle non era ancora rientrato dall' ospedale.

Probabilmente nessuno si era nemmeno accorto del nostro visitatore, presi com' erano dalle loro faccende.

Pensai vagamente a quanto la casa sembrasse più tranquilla da quando Emmet era partito con Rosalie per la loro ennesima luna di miele.

Ormai era impensabile ciascun componente della mia famiglia. Ognuno era un tassello essenziale del mosaico. Soprattutto quando davanti a te vedi dispiegarsi l' eternità, è forte il bisogno di qualcosa e qualcuno a cui tornare, su cui contare. Nessuno è fatto per stare da solo, nemmeno noi.

"Mamma è in cucina con nonna" fece Renesmee notando il soggiorno vuoto.

"Si" concordai io.

"Renesmee, vado in studio a fare delle ricerche. Dì alla mamma che vi raggiungo subito."

Non sò perchè, ma Nessie mi rivolse uno sguardo strano. Come sapesse che le nascondevo qualcosa. Assurdamente mia figlia sembrava aver ereditato dalle madre lo stesso sesto senso per le situazioni. Era sveglia, davvero.

"Ok pà" mi rispose. E si dileguò in cucina in un turbinio di boccoli bronzei.

Mi sentivo ancora turbato a causa del ragazzo misterioso che ci aveva fatto visita. In parte mi dicevo che forse la mia era una curiosità dovuta alla paura che potesse rappresentare un pericolo per la mia famiglia. Ma in realtà non era quello.

Cosa poteva spingere un vampiro nomade, magari solo un curioso, a fare visita alla mia famiglia e poi scappare via così. La cosa non aveva senso. E poi le sue parole…

Sapevo, per certo, che non era lì per farci del male. Anzi, non sò per quale ragione, il suo sguardo mi aveva fatto sentire in colpa. La cosa che più mi aveva turbato erano stati i suoi occhi. Mi fissava con un’ espressione addolorata ed insieme adirata, come se gli stessi infliggendo chissà quale pena. Era molto strano.

Per di più, molte cose non quadravano.

La pelle era stata calda al mio tatto, la carnagione però era pallida e non era fragile come quella umana. Era stato molto veloce, aggrazziato nei movimenti, elegante come i vampiri della mia famiglia, ma i suoi occhi erano verdi, di un verde smeraldo intenso e brillante. Forse i suoi occhi mi avevano colpito ancora più di tutto il resto. Erano accesi da una luce davvero particolare, come un diamante, un prisma colpito da un fascio di luce. La sofferenza di quegli occhi risvegliava contro ogni logica il mio lato protettivo. Qualcosa dentro di me si era agitato nel momento in cui avevo ritrovato quegli smeraldi. Un momento...

Un lampo di comprensione mi attraversò i pensieri e mi lasciò agghiacciato. I miei occhi si spalancarono di più nel buio delle scale, mentre la conclusione a cui ero arrivato mi si schiaffava in faccia con la forza di uno tsunami.

Quegli occhi, verdissimi, dal taglio molto particolare e profondo, riportarono alla luce un immagine, come la tirassero fuori da un lato della mia mente dove mi obbligavo da tanto a non guardare.

Solo una persona possedeva quegli occhi, oltre a me quando non ero ancora un vampiro, ma quella persona non esisteva più da molti anni ormai.

Mi fiondai su per le scale che rimanevano ed entrai nello studio di Carlisle, frugando tra le varie cartelle mediche, fogli e documenti.

Trovai presto quel che cercavo. La cartellina con tutti i documenti ed il certificato di nascita di Renesmee. Mi soffermai a guardare i dati di mia figlia. 2 kili e 50 grammi, la misura dell’ altezza, la circonferenza del capo, era davvero piccola, ricordai. E poi un altro dato… gemella.

Sotto il suo un altro certificato, quello di mio figlio. E dopo quello un altro... quello che ne affermava la scomparsa a circa un anno e mezzo dallla nascita. Non ero nemmeno mai riuscito ad aprirlo quel documento. L'aveva conservato Carlisle. Era più piccolo di Nessie. Ricordavo tutto di quella notte, la notte in cui venne alla luce…

Flash back.

Le immagini di quella notte erano molto vivide nella mia memoria.

"Come stà?" mi chiesi a Carlisle concitato. Mi soffermai ad ascoltare il battito di Bella farsi più intenso, la vita batteva sempre più forte in lei, in attesa di lasciarla per sempre. La trasformazione stava iniziando.

"Il veleno è già in circolo" mi rassicurò" hai fatto un ottimo lavoro " Senrii la sua mano poggiarmisi su una spalla.

"Il bambino come stà?" mi chiese- cos' è?- aggiunse mentalmente, con una punta d’ansia.

"La bambina" lo corressi con uno spiraglio di felicità attraverso il dolore che mi bruciava dentro, e la preoccupazione di quel momento.

"Stà benissimo. E' sana e bellissima" dissi con un sorriso involontario al ricordo del viso della bambina. Non mi capacitavo ancora a pensare che fosse la “mia” bambina.

L' orgoglio perchè era anche da me che quella creatura era venuta al mondo. Da sempre avevo pensato di distruggere e contaminare ciò che toccavo. Ora qvevo la ripèrova che almeno una cosa buona e giusta ero riuscito a generarla. "Bellissima come sua madre..." aggiunsi gettando uno sguardo triste a Bella inerme sul lettino.

Improvvisamente nel silenzio della stanza fummo entrambi distratti da un rumore inaspettato proveniente da Bella. Come un gorgoglio, un brontolio proveniente dal suo ventre gonfio.

Carlisle si avvicinò circospetto, tastando delicatamente la pancia straziata di Bella. Un altro movimento ci fece sussultare.

I movimenti si fecero sempre più intensi squotendo il corpo inerme di Bella.

Vidi Carlisle agire velocemente, mentre ancora io mi sentivo disorientato. Cosa stava accadendo ancora? raggelai nel momento in cui vidi Carlisle agile e professioale infilare una mano nello squarcio lasciato dai miei denti nella membrana che aveva avvolto Renesmee e l' aria mi si arrestò di blocco nei polmoni quando vidi cosa ne estraeva... un corpicino minuscolo, più piccolo di Renesmee se ne stava tremante tra le mani di mio padre.

Un bambino... cosa???

Come???

Come avevo fatto a non accorgermi che i bambini erano due e non uno? E perchèse n' era stato tanto immobile ed inerme? Stava bene? Sentii la preoccupazione per questo bambino inaspettato, ancora sconosciuto farsi strada prepotentemente dentro di me.

"Carlisle" soffiai tra le labbra scioccato non sapendo bene cosa dire. Era possibile per un vampiro cadere in stato di shock? Per la mia esperienza... assolutamente si!

Mi avvicinai piano a mio padre che reggeva tra le braccia quel piccolo esserino ricoperto di sangue. Sentivo Carlisle controllare mentalmente il bambino ed esaminarlo sotto il profilo medico.

"Edward" mi chiamò mio padre "direi che sei doppiamente padre oggi. Complimenti, è un bel maschietto!" fece con un sossriso, sconvolto, ma mai quanto me.

Osservai il bambino, era assolutamente bellissimo. Sotto il sangue riconoscevo nel colore dei suoi capelli quello di Bella. Il visino era tondo e perfetto, era stupendo come sua sorella. Mi sentii stravolto e stupito oltre ogni immaginazione all' idea che tanta bellezza e tanta perfezione immacolata potessero essere anche merito mio.

Carlisle avvolse il bambino in un asciugamano asciutto e me lo posò tra le braccia. Al contatto con le mie braccia il piccolo aprì gli occhi, lentamente, come insonnolitò rivelando due occhioni di un verde smeraldo luminoso e familiare.

Anche Carlisle si avvicinò stupito alla vista degli occhi di mio figlio. Mi sentii invadere il petto da un piacevole calore...

"Ha i tuoi occhi" mi fece notare mio padre

" i tuoi occhi da umano" e mi sorrise.

Forse era vero... non era perduta tutta la mia umanità...

Quella stessa notte, osservavo mio padre chino sul corpicino di mio figlio.

Dopo aver controllato Renesmee era passato a visitare anche lui. A differenza della sorella, lo stress del parto gli aveva alzato un po troppo la temperatura. Non si lamentava della febbre, come avrebbe fatto un qualsiasi bambino, ma sembrava sopportare in silenzio, con una consapevolazzatroppo adulta.

Mi ricordò la madre, la mia Bella. Il suo masochismo sembrava passare al bambino, forse era un fattore genetico.

“Edward” mi chiamò Carlisle “la temperatura non è molto alta, stà tranquillo. Entro domattina starà benissimo.”

"Shh buono Edward" mi voltai verso Carlise stranito, pensando si riferisse a me. In realtà era chino sulla culla riscaldata, e tentava di aprire gentilmente con un dito le piccole labbra a forma di cuore del bambino, per fargli inghiottire della medicina. Mio padre percependo il mio sguardo si voltò verso di me con aria di scuse.

“ Non è questo il nome del bambino?” fece dubbioso “ Ho sentito te e Bella dire che se fosse stato maschio l’ avreste chiamato Edward, no?”

Era vero. Me n’ ero quasi dimenticato. Bella voleva che nostro figlio portasse il mio nome. Un nodo di commozione mi serrò la gola. Mi avvicinai alla culla anch’ io.

Quel corpicino così piccolo e perfetto mi fece una tenerezza assurda. Allungai una mano, cauto, ancora di più di come lo ero stato con Bella, e gli scostai dalla fronte un ciuffo ribelle dei suoi folti capelli scuri. Erano esattamente del colore e della qualità di quelli della madre. La sua pelle era molto pallida, ma meno della mia.

“Si hai ragione” risposi “Edward Jacob Cullen, per l’esattezza” precisai.

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Capitolo 3
*** Conoscenze ***


POV. EJ

Correvo tra gli alberi. I rami e gli arbusti mi sfilavano sulla pelle. Era una sensazione piacevole.

L’aria fredda della notte sembrava un balsamo sulle nuove ferite che aveva aperto quel viaggio appena iniziato.

Imrovvisamente sentii il cellulare vibrare nella tasca dei jeans. Lo afferrai velocemente, rallentando di poco la corsa e lessi il numero sul display.

Era zia Tanya. Ancora.

Rifiutai la chiamata e spensi il cellulare.

Mi stavo comportando male anche con lei, e lo sapevo. Riuscivo sempre a fare del male alle persone che meno lo meritavano.

Pensavo che per lei fosse meglio pensare che la mia fuga improvvisata da casa fosse solo una stupida ribellione adolescenziale.

Non volevo sapesse che il motivo che mi aveva spinto ad andarmene fosse che volevo mettermi sulle traccie della mia famiglia. Non lo meritava, né lei né gli zii.

Questa mia smania di partire, che già esisteva in me da tempo, era traboccata qualche settimana addietro.

Tra la mia famiglia e quella che Elazar chiamava la famiglia di Carlisle, sapevo non correva buon sangue. Qualcosa era successo tra tutti loro diversi anni prima, e qualcosa mi dava la sgradevole sensazione che il motivo del litigio fosse legato a me.

Inizialmente non mi ero mai dato la pena di chiedere troppo. Ero un bambino, sebbene più intelligente della media.

Mi era stato detto che i Cullen non si potevano prendere cura di me, che avevo bisogno di cure che loro non avrebbero potuto darmi e dell’aria aperta che poteva offrirmi Denali, per questo, ero stato affidato a loro. Quella risposta non mi era mai bastata, ma ero sempre stato orgoglioso e il fatto che non mi volessero o che comunque in sei anni non mi avessero mai cercato, era sempre bastato come motivo per eliminarli a mia volta dalla mia vita.

Col tempo mi ero accorto che non ero capace di lasciarmi le cose alle spalle. Mi guardavo allo specchio e mi chiedevo da dove venissero i miei occhi, se qualcuno aveva i miei stessi tratti somatici, i miei capelli, i miei lineamenti.

Avevo una famiglia che mi amava e che amavo. E questo forse a chiunque altro sarebbe bastato per vivere bene. Ma a me no. Io dovevo sapere. Solo così potervo liberarmi dal tormento che mi faceva sentire isolato e solo.

Speravo che i miei zii non venissero a cercarmi. Avevo bisogno di tempo da solo, per riflettere e ritrovarmi.

Mentre ormai camminavo mi accorsi di tonfi sordi, come di zampe che battevano sul suolo.

All’inizio pensai ad un animale selvatico e provai l’impulso di scagliarmici contro, più che per sete, per sfogare un po’ di tensione. Ma poi qualcosa nell’odore di quella bestia mi fece fermare ed arricciare il naso per il disgusto.

L’animale, un lupo enorme e rossiccio, puntò le zampe al suolo fermandosi a qualche metro di distanza da me. Annusò l’aria, poi tornò tra le felci e dopo qualche secondo al suo posto ne riemerse un ragazzo, come se il lupo fosse andato a chiamarlo. Chissà se quella bestia enorme era rimasta tra i cespugli a spiarci, o pronta ad attraccarmi alle spalle. Saggiai l’aria, ma era pulita, niente mi suggeriva altre presenze oltre a me e a quello strano ragazzo che girava nei boschi di notte. Strano come me, certo, ma io normale proprio non ero. Aveva lineamenti come quelli degli indiani d’america, meno marcati di quelli tradizionali però, era alto, davvero molto alto, muscoloso ma non tarchiato, e dalla pelle ramata.

Sicuramente uno di quei tipi ribelli che piacciono alle ragazze.

Tuttavia c'era qualcosa che stonava con questa analisi a pelle del "tipo". Qualcosa nel suo viso o nel sorriso che mi rivolgeva sembrava totalmente inadatto. Era un sorriso troppo aperto, un espressione troppo da ragazzino per appartenere a quell’armadio a due ante.

Chiunque fosse, rimanevo guardingo, anche se non sembrava pericoloso, o almeno, intenzionato ad attaccarmi.

“Chi sei?” chiesi. Anche le mie orecchie si stupirono di quanto suonassero aggressive e ruvide le mie parole.

“Hey hey calma ragazzino” fece il ragazzo portando una mano davanti a sé, come si fa per calmare gli animali.

In risposta sentii un ringhio furibondo risuonare dal mio petto e tra i denti.

Colsi un baleno negli occhi scuri, certamente quel suono aveva poco d’umano. Lo vidi squadrarmi in modo nuovo, come se mi stesse valutando.

Il ragazzo mi stava di fronte e mi guardava con occhi circospetti. Il petto si alzava e abbassava ancora sollecitato dalla corsa con cui era arrivato nella radura.

"Cosa sei?" soffiò.

Notai il brusco cambiamento d'atteggiamento di fronte alla mia natura vampiresca. Fece un passo avanti per osservarmi meglio alla luce tenue della luna.

Al suo passo verso di me, fui investito da un'odore pungente che mi fece pizzicare le narici e che mi trasmetteva uno strano senso d'allerta. Il ragazzo parve avvertire anche questo mio cambiamento d'umore, ed arrestò la sua avanzata.

"Sei un amico dei Cullen?" chiese

"Non direi" sorrisi amaro. La risposta m'era scattata automatica.

"E allora chi saresti? Un nomade?"

Ma cosa gl'importava di me? Perchè un ragazzo, seppur di due metri, gironzolava nei pressi di una casa di vampiri, e colmo dei colmi: sapendo benissimo della loro natura.

Era venuto lì per suicidarsi? Bah...

Avanzai andandogli incontro, vidi i suoi muscoli irrigidirsi per la tensione, ma non si mosse.

Quando mi trovai quasi di fronte avrei giurato di vedere un accenno di movimento, quasi volesse attaccarmi, ma non lo fece, buon per lui. Ed io non ero abituato ad attaccare prede umane.

L'oltrepassai lasciandolo interdetto e per la seconda volta nel giro di dieci minuti fui afferrato e trattenuto per il medesimo braccio.

La presa del ragazzo era sorprendentemente forte e la cosa mi colse impreparato. Non capivo...

"Ma come...?" feci confuso

Il ragazzo mi guardò alzando un sopracciglio "Pensi di essere l'unico personaggio da fiaba nel bosco dei Cento Acri?" fece sarcastico.

Continuavo a non capire.

"Hai presente il lupo di prima?" mi domandò laciandomi il braccio "beh..." ed allargò le braccia con gesto eloquente.

"Quindi vuoi dirmi che sei..."

"Un mutaforma" mi anticipò "si"

Era la prima volta che incontravo qualcuno di un'altra specie che non fosse ne umana ne vampiresca.

"Beh, vedo che ti ho bloccato almeno, ma non mi hai ancora risposto"

Lo soppesai con lo sguardo. In fin dei conti qualcosa in me, non credeva che quel tizio costituisse un serio pericolo per me, e poi ero stato io a partire in maniera sgarbata nei suoi confronti.

Quindi senza pensarci "Edward" risposi "ma se non ti dispiace, preferisco Eddie"

Il ragazzo storse il naso.

"Cosa c'è?" chiesi.

"Oh, niente figurati. E' che non ho mai avuto molta simpatia per gli Edward" fece con un mezzo ghigno.

Dato che continuavo a fissarlo aggiunse "Io sono Jacob Black, piacere di conoscerti".

Edward POV

Il suono acuto del campanello d’ingresso mi riscosse.

Probabilmente era Jacob venuto a trovare Renesmee. Se fossi stato più vigile, forse avrei fatto caso al fatto che Jake non era solito fare tante cerimonie prima di entrare in casa, ma nel mio cervello vorticavano tanti e confusi pensieri.

Non riuscivo a smettere di pensare a quel ragazzo dall’aspetto tanto familiare. Mi sentivo a un passo dall’ovvietà, ma non riuscivo a trovare il coraggio di crederci. L’unica spiegazione era che quel ragazzo fosse… ma quell’ipotesi mi dava troppo orrore. Non poteva essere così.

Il campanello incalzava, e io mi avviai alla porta stranito, ma fui preceduto da Bella. Si voltò a con un sorriso avviandosi ad aprire. Ma quella non era una serata come le altre. Ed ancora una volta accadde qualcosa di inaspettato.

Ebbi appena modo di percepire un odore conosciuto, al posto di quello di Jacob, e del fatto che chiunque fosse la persona fuori, non era umana; che vidi Bella farsi da parte con un balzo, mentre la porta veniva letteralmente scardinata da… Tanya.

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Capitolo 4
*** Occhi ***


Edward POV

La comparsa di Tanya mi aveva lasciato completamente basito. Una parte di me scattò immediatamente all’erta, timorosa del motivo di quell’irruzione tarda a casa nostra.

Osservavo il volto di Tanya pallido più del consueto, gli occhi sbarrati e le narici leggermente dilatate. Sembrava all’erta mentre faceva scattare lo sguardo intorno a se, come in cerca di qualcosa.

Vidi Bella immobilizzata come me dallo stupore, accucciarsi davanti la porta antistante alla cucina. Anche il mio primo istinto era quello di proteggere Renesmee che si trovava in quella stanza con Esme.

Poi Tanya parlò, il tono di voce fuori controllo rimbombò nell’ampio salone “Ditemi dov’è?” ci ringhiò contro.

La mia reazione al pericolo fu istantanea, anche se non ce n’era più bisdogno, d’istinto mi parai tra Bella, quindi anche Nessie, e Tanya.

“Tanya calmati” le intimai portando le mani in avanti, come si fa per calmare una belva feroce.

In tutta risposta scoprì i denti in un ringhio orrendo e gutturale “dov’è il ragazzo? So che è qui! DIMMI DOV’E’!!”

Il ragazzo…

quel ragazzo? E perchè Tanya lo ceracava? Per quale motivo saperlo lì con noi l’aveva ridotta in quello stato? Tanya sapeva benissimo che non era nelle noste abitudini essere agressivi con chi s’imbatteva in noi. Perché tutta quella rabbia disperata, tutto quell’astio. Nemmeno con James, Victoria e Laurent eravamo partiti per attaccare di nostra iniziativa… Laurent… fu come un fulmine, qualcosa che scatta. La risposta balzò in cima alla mia coscienza galleggiando in superficie sul turbine di pensieri.

Improvvisamente, la consapevolezza che cercavo, prese il posto della titubanza. Ebbi il coraggio di guardare in faccia la realtà. Vidi come un lampo, come se tutte le scene alle quali cercavo di dare un senso mi scorressero davanti. Come se tutti i dettagli s’incasellassero al giusto posto, dando un senso all’insieme.

Renesmee, EJ… Irina… Laurent… i Volturi… i gemelli… il clan di denali… EJ… la visione… il dolore… EJ...

E quel ragazzo, quel ragazzo dallo sguardo familiare, quel ragazzo che era esattamente come sarebbe potuto essere mio figlio.

Decisi in un istante, nemmeno lo spazio di un respiro. Scansai Tanya e corsi alle sue spalle.

Sentii il frusciare delle foglie dietro di me, cosciente che Tanya mi stesse seguendo. Ma non importava, non era importante cosa volesse lei al momento. Dovevo trovare il ragazzo, avere delle risposte.

Lo sentìì, lo percepii insieme all’odore di Jacob.

“Jake!” ringhiai “Jacob, non lasciarlo andare”sperai che mi sentisse “Non fargli del male” aggiunsi di riflesso.

I pensieri di Jacob, ormai così riconoscibili per me, data la vicinanza di quegl’anni, mi arrivarono chiari. Aveva capito. Sentii i tonfi di quattro paia di zampe, seguite da quelli più leggeri che seguivano la mutazione in umani. Seth e Embry, dall’odore.

Stavano puntando verso la villa, e con loro quasi nascosto dai loro odori forti e fastidiosi, c’era la fragranza più dolce del ragazzo, la mia mente si rifiutava ancora di definirlo in modo più specifico.

Benchè ormai i dubbi fossero pochi, e il mio cuore mi pregasse di credere all’evidenza dei fatti, implorasse di tornare vivo dopo anni in cui una parte era morto con mio figlio, non riuscivo a lasciarmi andare. Poteva un cuore a pezzi spezzarsi ancora? Se avessi sbagliato, la delusione non sapevo se l’avrei retta.

Puntai nuovamente verso casa, parallelamente ai lupi, ad un paio di chilometri da me.

Tanya alla mia sinistra rimase indietro davanti al mio cambio di direzione, ma puntò rapida al mio inseguimento.

In meno di un minuto, eravamo tutti lì. Tanya appena spuntata dietro di me dal bosco, Bella, Esme sull’uscio di casa, Renesmee dietro di lei che tentava di sbirciare dietro le braccia protettive della nonna,

Alice e Jasper, e, stattonato da Jacob, Embry e Seth, c’era lui…

Si scrollò di dosso le braccia dei ragazzi, a mento alto, con aria di sfida, guardandosi intorno.

Quando i suoi occhi si posarono su Tanya, ebbe un sussulto.

A scuotermi però fu un altro suono, un rantolo, più che un ringhio, proveniva dalla mia Bella; il dolore intenso era come un’agonia, una maschera sul suo viso.

Bella POV

Confusione. Non riuscivo a dare un senso a quello che accadeva intorno a me.

L’arrivo di Tanya, in quelle condizioni… L’accenno a “quel ragazzo…”.

La reazione di Edward. Non ero nemmeno riuscita a seguirlo, intorpidita dalla sorpresa, in cerca di un senso in quello che mi circondava. L’odore di Edward si riavvicinava, e col suo, anche quello di Jake, e Seth e Embry, insieme a Tanya, e ad un odore strano, dolce e diverso da tutti noi. Qualcosa di familiare ma lontano nella memoria.

Non sarei mai riuscita a capire cosa accadeva, ma improvvisamente accadde qualcosa, l’unica cosa capace di far passare tutti gli interrogativi in secondo piano. L’unica capace di svuotarli d senso.

Lo vidi.

Un ragazzo alto, dall’incarnato chiaro, ma non pallido, e liscio; anzi le guancie erano accese. Nonostante fosse molto alto, il viso strabiliante era quello di un ragazzo all’incirca sui sedici anni.

I capelli mi erano familiari, erano dell’esatto colore e consistenza dei miei, così come le labbra, il labbro superiore era leggermene più pieno dell’altro; ma il naso dritto e la forma del viso erano di Edward. Per non parlare dello sguardo.

Sopra ogni cosa gl’occhi furono una sorpresa. Verde chiaro, proprio come li ricordavo nel viso del bimbo che da tanto tempo abitava solo i miei ricordi. Ora, nel volto del giovane uomo che era diventato, avevano accentuato il taglio allungato, sotto le sopracciglia scure.

Contemplavo, attraverso di lui, gl’occhi di Edward così come dovevano essere stati prima della trasformazione, così come non avevo mai potuto conoscerli, ne erano la replica esatta.

Fissava con espressione ansiosa tutti noi, come se lottasse contro la voglia di tornare indietro.

Percepivo Edward al mio fanco immobile e teso come lo dovevo essere io.

Eravamo di fronte a nostro figlio, e lo palesava la lampante somiglianza, ma fondamentalmente gli eravamo sconosciuti.

Mi sentii mancare, per quanto il mio fisico non risentisse dei dolori dell’anima. Gli occhi fastidiosamente asciutti.

“Tesoro vieni avanti” fu la voce di Tanya a risvegliarmi. Sentii un ringhio cavernoso nascermi nel petto. Non erano le parole, ne il “tesoro”, quanto il tono materno che aveva usato per rivolgersi a lui a farmi male.

Angolino dell'autrice: un grazie grande quanto una casa (di qll a più piani, cn giardino e piscina, s'intende) a tutti coloro che hanno letto, messo la storia tra le preferite-seguite; e ancor più a chi ha lasciato 1 commento. Siete preziosi!! Grazie ai vostri pareri una storia, un autore, può sempre migliorare. Quindi sentitevi liberi di dire la vostra, nel bene o nel male, anche due parole in croce. Mi portano a dedicarmi cn molto + zelo ai capitoli che seguono ;D Grazie mille ancora a tutti. Vi aspetto per il pross cap! Syria

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Capitolo 5
*** Fiamme ***


Eccomi, ce l'ho fatta ;D Gran parte di questo capitolo sarà un flash back nella mente di Bella. Vi riporterà all'ultimo giorno di EJ con la sua famiglia, e al giorno della sua scomparsa. Non vi darà tutte le risposte, ma è un inizio per capire ;)

Bella POV

Il mio EJ. Mio figlio.

Sentivo una bolla di emozioni gonfiarmisi nel petto.

Non riuscivo a concepire l’idea di posare lo sguardo sul mio bambino. Lo riconoscevo, era lì, ero certa che fosse lui, tuttavia non lo conoscevo. Il ragazzo che avevo davanti mi era sconosciuto, nonostante il mio cuore l’avesse riconosciuto dal primo istante.

Mentre una parte di me era come risvegliata, tornata alla vita dopo un lunghissimo e straziante letargo, l’altra si sentiva morire. Dov’era stato in tutti quegl’anni? Chi me l’aveva portato via? L’idea intollerabile che un'altra donna, un altro essere si fosse preso cura di quello che era mio, della mia carne, del mio sangue, mi bruciava dentro.

Quel dolore poteva essere tenuto sotto controllo, solo dall’emozione più forte di tutte, quella di avere davanti agl’occhi il mio EJ; quella di vedersi avverare ciò che credevo impossibile. EJ era lì, era vivo. Il mio dolore non contava quanto quella consapevolezza.

Da sei anni non mi sentivo come in quel momento, da sei anni non sentivo che la mia famiglia, la mia vita era tutta lì.

L’ultimo giorno col mio bambino… e il giorno in cui avevamo perso EJ, erano stati impressi a fuoco nella mia memoria, a forza di aggrapparmici per la volontà di non dimenticare…

Flash Back

Erano le prime luci dell' alba e con un sorriso mi rigirai tra le braccia di mio marito per guardare negli occhi il mio miracolo personale, dopo una notte "non proprio tranquilla".

"Ciao amore" mi soffiò tra i capelli sfiorandomi con le labbra tiepide la fronte. Impressionante come il contatto più innocente, scatenasse in me un' ondata di brividi in tutto il corpo.

Essere diventata vampira non mi aveva privata di certe sensazioni, tutt' altro, le aveva amplificate, grazie ai mieie sensi sovrasviluppati.

Mi sforzai di tirare indietro il mio scudo perchè Edward potesse leggere nella mia mente come la sua vicinanza mi facesse sentire . Non appena riuscì a percepire la mia mente, sussultò. Era ancora strano per lui avere accesso ai miei pensieri, ma non appena tutta la valanga di emozioni che provavo giunse a lui, mi sorrise sereno e malizioso.

"Anche per me è la stessa cosa" mi sussurrò piano " la notte non è lunga mai abbastanza amore mio" il suo respiro sulle labbra prima di imprigionarle in un bacio mozzafiato.

Quello che prima era iniziato come un bacio dolce e tenerò, si trasformò, ben presto, in qualcosa di molto più passionale, le nostre mani cominciavano ad esplorare i corpi che conoscevamo ormai alla perfezione; sentivo le mani bollenti di mi marito lasciare scariche elettriche al loro passaggio. Improvvisamente però Edward si immobilizzò ed ignorando le mie proteste ed i miei tentativi di tenerlo stretto contro di me, si scostò gentilmente con un sorrisetto di scuse. "I bambini. Si sono svegliati." disse solo, e si ricompose posandomi un veloce bacio sulla fronte.

Alzai gli occhi al cielo soffiando scherzosamente"piccoli guastafeste", ma erano i nostri adorabili guastafeste. Mi aprii in un grande sorriso pronta ad accoglierli.

La porta si spalancò e due furie formato mignon si fiondarono sul lettone tra di noi. Avevano solo un anno e poco più di vita, ma il loro ritmo di crescita non era ordinario, come niente nella nostra vita d'altra parte. Erano svegli, ed erano la mia vita.

"Mamma, mamma. Oggi andiamo dal nonno vero?" trillò allegra Nessie con la sua voce scampanellante.

"Ma certo tesoro, l' abbiamo promesso al nonno, e voi due avete promesso a me e vostro padre che sarete buoni ed ascolterete il nonno e Sue." le ricordai sfiorandole con un dito la punta del nasino.

"Certo mamma, non preoccuparti. Ci penserò io a badare a lei" mi assicurò EJ con un espressione seria buffissima.

"Guarda che non sei più grande di me! Posso badare a me stessa da sola" lo rimbeccò Nessie mettendo il broncio.

"Si che lo sono invece" insistette EJ.

"Siamo gemelli zuccone! Non puoi essere più grande di me!" ribattè Ness conrariata.

"Si che lo sono ti dico! Non lo sai che tra gemelli quello che nasce dopo è quello che si è formato prima tra i due?!" le fece notare il fratello.

"Non ti sopporto quando fai così!" si arrabbiò Nessie mettendosi in ginocchio sul letto e scostandosi stizzita dei boccoli ribelli dal viso.

"Quando? Quando ho ragione?" la provocò EJ, portandosi all' altezza della sorella.

"Hey hey hey" li richiamò Edward " Se cominciate a litigare da adesso stiamo messi proprio bene"li rimproverò serio. Edward non si arrabbiava mai con loro due, e dunque il suo cipiglio arrabbiato faceva molto più scena del mio.

"Nonononono okay la smettiamo vero EJ?" fece Nessie allarmata, saltando in braccio al padre, che l' accolse tra le sue braccia con un sorriso.

"EJ?" lo esortò con un occhiata invitandolo ad assentire "non vuoi andare dal nonno?" soffiò a mezza voce.

EJ sbuffò "Certo che voglio. Okay, pace." fece alzando gli occhi al cielo con un sorriso.

"Bravi i miei cuccioli" feci stringendo a me EJ, e scostandogli dalla fronte un ciuffo dei suoi folti capelli scuri, così simili ai miei da umana.

"Mami" mi chiamò EJ.

"Si tesoro"

"Perché non possiamo venire con voi a caccia." Chiese

“noi adoriamo nonno Charlie però ci chiedevamo perchè questa volta dobbiamo stare a casa" completò Nessie per lui col broncio. Era una cosa che facevano spesso. Si dice che i gemelli siano uniti da un legame speciale, beh, per i miei figli questo legame era più sviluppato del consueto.

Fu Edward a prendere la situazione in mano guardando entrambi i bambini " Non possiamo portarvi con noi, perchè ci allontaneremo parecchio stavolta, e tu e Nessie siete ancora troppo piccoli per sopportare un viaggio del genere" spiegò ragionevole. "Ed ora su andiamo a prepararci" li esortò prendendo entrambi sottobraccio come fossero stati due sacchi di patate, portandoli a velocità inumana verso la loro cameretta.

Sentii le loro risate cristalline unite a quelle di mio marito nella stanza accanto. Non potei fare a meno di sorridere a mia volta, se la mia famiglia era felice, tutto il mondo girava nel verso giusto. Mi vestii rapida, jeans e maglietta e mi diressi anche io in camera dei bambini. Era uno spettacolo vedere Edward nelle vesti di padre.

Sembrava nato per esserlo. Non l' avevo mai visto preda del panico dei genitori novelli con il primo figlio. Lui sapeva esattamente come comportarsi, ed era il loro eroe.

Quandro entrai nella cameretta, Ness mi corse incontro saltandomi in braccio. Era vestita di tutto punto, ed era incantevole, nel suo vestitino verde foglia che faceva risaltare la sua pelle d' avorio ed i suoi boccoli ramati. Sembrava una bambola di porcellana. "Ma che belle che siamo" le sussurrai stringendola a me. Nessie mi portò una mano sulla guancia per mostrarmi che quel vestitino era un regalo di Alice. Renesmee amava farsi strapazzare dalle zie, per la gioia di Alice, non aveva mai mostrato la mia stessa insofferenza verso la moda. Le schioccai un bacio sulla guancia paffuta e, sistemandomi meglio Nessie sul fianco, mi avvicinai ad Edward che stava finendo di pettinare EJ.

"Basta papà!" si lagnava il mio ometto lottando contro il pettine e contro mio marito che tentava in tutti i modi di tenerlo fermo. "Un attimo di pazienza EJ!" sbottò Edward "Se non stai fermo asseconderò la scelta di zia Alice" lo minacciò. EJ sbarrò gli occhi allarmato e stette fermo, cosicchè il padre potè finire di prepararlo. "Cosa ha scelto Alice?" chiesi curiosa. Edward mi indicò con un sorrisetto un completo che sembrava quasi da cerimonia per quanto era elegante, ma formato bambino, con tanto di papillon.

Risi anch'io alla vista di quegl'abiti, ed EJ mi guardò contrariato. "Si, ridete pure. Tanto io quelle cose ridicole non le metterò MAI!" fece incrociando le braccia al petto.

Infatti indossava un paio di semplici jeans ed una magliettina a maniche lunghe blu scuro. Edward adorava fargli mettere vestiti di quel colore, a parte gli occhi che erano del padre, EJ aveva i miei stessi colori, nei capelli e nel colore della pelle, leggermente più scuro di quello della sorella. Nessie invece aveva sempre avuto, al contrario, i colori del padre, tranne che per gli occhi, cioccolata come i miei lo erano stati. Erano stupendi, belli, se possibile, più del padre.

"Ok, pronto!" annunciò mio marito lasciando andare EJ. "Pronti, lavati e pettinati."

"Ok andiamo a fare colazione." annunciai.

"Mamma non ho fame!" protestò EJ. "Non cominciare, non puoi digiunare. Sù!" lo presi per mano. Tra i suoi brontolii.

"Edward, vai a vestirti. Non voglio fare tardi come al solito." Edward mi baciò veloce sulle labbra. "Agli ordini signora Cullen"

Venti minuti dopo eravamo tutti pronti sull' uscio di casa.

Edward teneva con una sola mano le borse con l' occorrente per i bambini. Controllammo di avere tutto e ci incamminammo verso villa Cullen.

EJ e Nessie trotterellavano felici davanti a noi, elettrizzati.

D' altra parte io non potevo fare a meno di sentirmi agitata. Mi sentivo inquieta, non avevo mai lasciato soli per tanto i miei bambini.

Edward mi prese una mano e se la portò alle labbra, baciandone il palmo in un gesto d' altri tempi. "Cosa c' è che non va Bella?" mi chiese preoccupato dal mio mutismo.

"Niente, non preoccuparti" lo rassicurai sfiorandogli una guancia. "Sono solo un pò ansiosa all' idea di lasciare i bambini" confessai, non potevo avere segreti con lui, ormai mi leggeva dentro, meglio che se avesse potuto leggermi nel pensiero.

"E' normale amore. Tutte le madri sono ansiose quando si tratta dei loro bambini. E' nella loro natura" mi sorrise "anche a me mancheranno terribilemnte, ma vedrai che andrà tutto bene." disse rassicurante, e mi baciò, spazzando via da me l' angoscia.

Quando arrivammo fuori la villa trovammo tutti i Cullen già pronti per partire. Notai Alice storcere il naso infastidita alla vista dell' abbigliamento del mio EJ ed Edward rise notando la direzione del mio sguardo. "Alice è un tantino contrariata dal senso della moda di nostro figlio." sogghignò.

"Finalmente! Pensavamo di dover aspettare la prossima stagione" ci schernì Emmett, beccandosi una sonora gomitata da Rosalie.

Provaci tu a tenere a bada questi due" lo sfidai io, indicando i miei piccoli che intanto gli erano saltati addosso, impazienti di giocare col loro "zio orso" Emmett era proprio un bambinone, ed i bambini adoravano giocare con lui. Alice li fissò sbiancando, se possibile, ancora di più.

"I vestiti!" sbraitò mentre il fratello si rotolava nell' erba con i nipoti. Alice prese EJ e lo sollevò dal prato, mentre Rose afferrò Nessie. Erano uno spettacolo dolcissimo, tutti nella mia famigli avrebbero dato la vita per i figli miei e di Edward, i bambini erano una boccata d' aria fresca, una gioia per tutta la famiglia, che se li spupazzava e li viziava a più non posso.

Dopo che Ness e EJ ebbero salutato tutti e dopo che la nonna gli ebbe infilato in mano una merendina al cioccolato a testa, sotto il mio sguardo contrariato. -"Oh Bella, sono la nonna! Lasciameli viziare un pò" si era giustificata con un sorriso"-, io ed Edward portammo i bambini da Charlie.Lui fu ben felice del nostro arrivo, non vedeva davvero l' ora di passare qualche giorno con i suoi nipotini, d'altronde crescevano a vista d' occhio ed ogni momento con loro era importante. Non volevo nemmeno pensare a tutti i cambiamenti che avrei trovato al mio ritorno.

"Edward! Renesmee!" accolse mio padre i bambini, che si erano fiondati fuori dall' auto non appena questa si era fermata. Ecco una cosa che adoravo. Mio padre era uno dei pochi che chiamava i bambini con i loro nomi! Questo perchè la mia famiglia non aveva potuto influenzarlo come avevano fatto cn me ed Edward!

I bambini gli volarono tra le braccia e lui se li strapazzò per bene.

Appena spenta l' auto io ed Edward li seguimmo, portando le loro valigie.

"Bella! Piccola come stai?" mi accolse felice. "Edward tutto bene?"

"Ciao papà" lo salutai io.

"Si Charlie tutto benissimo" rispose Edward. "Grazie ancora per tenerci i bambini per questo finesettimana" fece Edward

"Aaaah, non dirlo nemmeno per scherzo! Sono i miei nipoti! Possono stare quì quanto e quando vogliono"sorrise.

"Mmm, Bella ma mangiano abbastanza? Li vedo troppo magri questi piccoli" sbottò contrariato esaminandoli con cura. Sbuffai.

"Papà mangiano abbastanza, te lo assicuro! Non sono denutriti!" mi scocciava, sapevo di cosa avevano bisogno i miei bambini!

Ma Charlie ormai non mi ascoltava più.

"Non vi preoccupate ora il nonno vi porta a mangiare qualcosa di buono" gli assicurò.

"Papà, Sue?" Chiesi. Mi terrorizzava la cucina di mio padre e pensavo che quello di cucinare fosse compito di Sue. Sue si era sposata con Charlie e vivevano assieme da quando i figli di lei erano partiti, insieme al loro alfa. A Jacob, pensai con una stretta al cuore.

"Sue è andata a far la spesa per stasera!" mi rassicurò Charlie, ridestandomi dai ricordi. Dopo aver posato le valigie in casa, io ed Edward ci avvicinammo ai bambini per salutarli. Charlie si fece da parte andando a portare le valigie dei bambini nella mia vecchia camera, dove aveva stipato due lettini.

Strinsi a me i piccoli insieme affondando il viso nei loro capelli e li tenni stretti a me, per un minuto buono. Era dolore fisico stargli lontana. Poi fu il turno di Edward, li strinse in abbraccio e li baciò sulle guancie sussurrandogli "fate i bravi".

"Vi vogliamo bene" feci io accarezzando il capo dei piccoli. Nessie, aveva i lucciconi agli occhi e tirò su col naso, EJ, tentava di fare il duro ma lo vedevo che tratteneva le lacrime. Mi fecero una stretta al cuore. "Per qualunque cosa, il nonno ha il nostro numero" disse loro Edward.

Un ultimo bacio e salutato Charlie partimmo. Edward mi strinse la mano ed insieme raggiungemmo la nostra famiglia.

Monti Appalachi...

Secondo giorno di caccia. La caccia continuava profiqua. Eravamo stati fortunati, molti animali selvatici si concentravano su questi monti.

Se tutto andava bene, saremmo tornati a casa prima del previsto, così avremmo potuto riabbracciare EJ e Nessie al più presto. Mi mancavano terribilmente ed anche ad Edward. Sapevo quanto costava anche a lui non poter vegliare su di loro. Eravamo troppo tesi, ma dopotutto all' anagrafe i bambini avevano appena un anno e mezzo, anche se ne dimostravano quattro .

D' un tratto Edward che correva al mio fianco si arrestò di botto.

“Edward! Cosa c’ è?!” urlai agghiacciata. Alice si teneva la testa tra le mani sconvolta.

"Edward si voltò a guardarmi col terrore negli occhi. Un ringhio furibondo gli squarciò il petto, mi sentii afferrare il braccio e trascinare nella corsa. “Edward! Parla, dimmi che è successo!” Lo implorai fuori di me.

“Non lo so” rispose frustrato senza guardarmi “andrà tutto bene Bella, te lo prometto.”

La nostra corsa prosegii sino alla macchina. Lì Edward mi lasciò andare la mano e si avvicinò al cofano della volvo per prendere dei vestiti puliti per entrambi.

Il panico si faceva sempre più strada dentro di me, solo una cosa poteva scatenare quella reazion: i nostri figli erano in pericolo. "Edward si tratta dei bambini vero? Cosa è successo? Mi stai spaventando!" urlai angosciata "Cos' ha visto Alice?" "Un incidente" ammise rabbioso "ha visto un incidente" fece lanciandomi i miei vestiti. Mi sentii paralizzata dall' orrore, nella mia mente vorticavano solo parole ed immagini sconnesse... EJ... Nessie... Incidente... Charlie...

Non avvertivo più niente intorno a me, mi sentivo vacillare, andare in pezzi. D' un tratto le mani ferme di Edward mi strinsero il viso e mi costrinsero a fissare gli occhi nei suoi. "Bella, vadrai che staranno bene. EJ e Renesmee sono forti, ma devi restare lucida, dobbiamo andare da loro" mi sussurrò concitato.

Quelle parole unite allo sguardo di mio marito mi ridestarono. Dovevo raggiungere i miei bambini, sentivo il bisogno di saperli al sicuro, tra le mie braccia. Mi cambiai alla svelta e partimmo a tutta velocità dirigendoci verso casa. Edward aveva estratto il cellulare dalla tasca dei pantaloni e lo vidi comporre fulmineo il numero di Charlie. Non rispondeva.

Ringhiò e chiuse la comunicazione rischiando di frantumare il telefono tra le mani. Io me ne stavo pietrificata, schiacciata contro il sedile dell' auto. Nemmeno il più veloce tra i mezzi sarebbe stato abbastanza veloce. Ogni minuto era un' agonia. Poco più di un'ora dopo eravamo a Forks, sulla strada per la casa di Charlie trovammo una sorpresa terribile. Ci congelammo entrambi davanti allo scenario che ci siparava davanti.

La macchina di Charlie, distrutta e in fiamme sull' asfalto. Accanto alla carcassa dell' auto la polizia faceva il suo lavoro. Non c' erano ambulanze, cosa che mi spaventò ancora di più.

L' odore di sangue però c' era ed era insistente. "Cosa diamine..." imprecò Edward, fermando l' auto.

Ci avvicinammo, a piedi, alla polizia. Mi portai istintivamente la mano davanti la bocca shockata. "Hey fermi, non potete stare quì" ci richiamò un agente.

"Dove li avete portati?" ruggì Edward, molto poco gentilmente. Evidentemente gli aveva già letto nella mente quello che era successo.

"Lei chi è?" Chiese l' agente sospettoso.

"Sono il padre dei bambini!" Urlò in faccia all' agente. Quello rimase spiazzato un istante, ma Edward aveva probabilmente già letto nella sua mente dov'erano, perchè si gelò al mio fianco. Una statua d’orrore e strazio. Sentii solo vagamente le parole dell’agente “…quando siamo arrivati la bambina e l’uomo erano sulla strada svenuti, l’auto era in fiamme, sono all’ospedale di Forks. Dicono che con loro c'era un altro bambino, ma l’auto era in fiamme e non c’era traccia di lui. Non siamo riusciti ad estrarlo dalla vettura… mi dispiace…” le parole erano solo un sottofondo al nulla che aveva occupato il mio cuore. I miei bambini erano forti, ma non avevamo mai saputo quanto… e mentre osservavo le fiamme, i ricordi di Victoria, di James, e degl’altri vampiri che erano finiti nel fuoco, bruciarono anche me. Se c'era un modo per annientarci, quello era il fuoco...

Più tardi.

“Jazz vieni qui a sentire!” il vocione di Emmett chiamò il fratello.

Stava chino sul marciapiede al limite della carreggiata, coi sensi affilati.

Jasper si avvicinò circospetto al forte odore di sangue. Il sangue di Charlie.

La situazione era strana…

“La senti anche tu vero?” chiese Emmett.

“La scia è forte e mista all’odore di uno di noi” confermò il biondo.

“Ma è strano! Che ci faceva un vampiro da queste parti? E poi perché avrebbe dovuto trascinare il corpo di Charlie da qui all’auto? E’ molto più logico il contrario, no?”

“Le traccie di sangue iniziano qui” fece Emmett indicando un punto del vialetto.

“Quindi se è cosi…”

“Significa che qualcuno ha ataccato Charlie prima che salisse in auto con i bambini” finì Jasper per lui.

“Si ma l’auto? E’ distrutta! Chi era alla guida?” fece Emmett.

Angolo dell'autrice: Piccola parentesi va al fatto che in qst storia l'imprinting tra Nessie e Jacob è avvenuta non alla nascita dei bimbi, ma alcuni anni dopo.dato che nella mia mente c'è tutto un prequel sul primo incontro tra Nessie e Jake, che forse 1 gg sarà pubblicato in appendice a qst storia ;D Spero di non essermi dilungata troppo,ma era importante che sapeste "cosa accadde" almeno dal punto di vista dei Cullen, prima di sapere quello che realmente successe. Grazie alle meravigliose persone che si fermano a commentare ogni capitolo!! E grazie a chi ha aggiunto la storia nelle seguite-preferite, e segue... qnd vi va, fatemi sapere anke la vostra! Buona lettura a tutti ;D Syria

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Capitolo 6
*** Tornare ***


EJ POV

Ero nei guai! Quel ragazzo del cavolo, quel Jacob, mi aveva letteralmente trascinato di peso indietro alla casa. Lui e quegl’altri due spuntati dal nulla.

Non avevo potuto oppormi.

Contro uno, magari anche due, avrei potuto farcela. Ma mi avevano incastrato trovandosi in netta maggioranza.

Probabilmente il destino si era accanito contro di me, e qualunque cosa facessi, sentivo che non ci sarebbe mai stato un limite al peggio. Non bastava lo shock d’essere riuscito a fare quello che aspettavo da anni, non bastava la rabbia che mi era bruciata dentro , inaspattata e rancorosa, quando avevo incrociato i due miei “parenti biologici”, e non bastava nemmeno che mi crogiolassi nei sensi di colpa per quanto stavo facendo preoccupare mia zia; ci mancava anche un tizio mutaforma che pareva incaricato dal mio sadico destino, a rigettarmi nel tormento alla presenza di quelle persone, quei Cullen.

Mi scrollai con vemenza di dosso le braccia dei tre ragazzi. Con mia sopresa non si opposero e mi mollarono.

La rabbia si congelò in me, però, nel momento in cui mi accorsi di una presenza inaspettata, ne sentii l’odore ancora prima di vederla.

Mia zia Tanya mi fissava sconvolta, con gl’occhi spaventati. Era stravolta.

Non potei fare a meno di sentirmi malissimo. Mi resi conto che la colpa era la mia se si trovava in quello stato. Doveva essere un colpo tremendo per lei, non solo la mia fuga da casa, ma anche l’aver scoperto ciò che l’aveva causata. Me ne vergognai enormemente.

Vedermi lì con i Cullen, doveva farla soffrire, e mi sentii un ingrato.

Cosa diamine mi era passato per la mente di andare a cercare le persone che se n’erano fregate di me?

Non ne valeva la pena. Non se il prezzo era fare del male a chi invece mi aveva accolto ed amato.

Abbassai lo sguardo, dimentico della presenza delle altre nove persone stipate sulla veranda della casa, incapace di sostenere lo sguardo di zia Tanya.

“Tesoro, vieni avanti” sentii mia zia rivolgersi a me.

Alzai di scatto lo sguardo. Non erano parole adirate o di rimprovero le sue. La guardai stranito, incredulo.

Avvertii un'altra cosa inaspettata. Un ringhio. Un basso e feroce verso, simile ad un rantolo, per il retrogusto sofferente che ne percepivo.

Proveniva da una donna, la vampira che stava giusto al lato del ragazzo dai capelli di bronzo che mi aveva bloccato sul vialetto di casa. Alta e flessuosa, senza dubbio bellissima anche per gli standard vampirici, con lunghi capelli scuri. Il viso mi colpì però molto più del resto, era la visione più stupefacente e straziante immaginabile.

Per un secondo mi smarrii. Sentii come se il respiro mi fosse tenuto bloccato in un riflesso involontario. Mi resi conto della stretta alla bocca dello stomaco che mi dava il guardarla. Nell’istante in cui avevo incrociato i suoi occhi, l’aria notturna pareva essersi sospesa, un filo diretto univa i nostri sguardi, mentre persino la natura stava muta intorno a noi.

Era una sensazione strana, come tornare a casa. Sentivo qualcosa sciogliersi dentro di me, ed era una sensazione piacevole quanto dolorosa.

Il dolore che pervadeva ogni tratto di quel bel viso, risvegliava lo stesso, come un eco, in me.

“Eddie” la voce di zia Tanya spezzò l’incantesimo. E il mio sguardo scattò nella sua direzione. Aveva notato la direzione che aveva seguito i miei occhi, e ne pareva preoccupata.

Mi sentivo confuso. Dentro di me c’erano troppe nuove sensazioni, nuove o vecchie tornate a galla.

Non ne ero certo.

“Amore andiamo via” mi tese la mano. La mano di mia zia era tesa, un muto invito ad accettarla, un ancora di salvezza per fuggire via da quella confusione.

Mi ero già sporto verso di lei, quando il ragazzo che avevo conosciuto prima, mi sbarrò la strada, lo sguardo rivolto a zia Tanya.

“No, tu non vai da nessuna parte”gridò. Non potevo vederlo, ma la voce era palesemente pregna di rabbia.

Agii d’istinto e con una spallata spostai il ragazzo da mia zia.

“Edward” gemette la donna mora scattando al suo fianco. Edward?

Mi parai davanti a mia zia mostrando i denti. Calcolavo in fretta le nostre possibilità di fuga, ma erano davvero scarse.

“Stò bene Bella, tranquilla” mormorò il ragazzo “Tanya” chiamò controllando la voce, benchè la rabbia ribollisse ancora sotto la superficie “non vogliamo farvi del male, ma non intendo permettere che vi allontaniate senza prima dirci cosa sta succedendo!” sbottò.

Il silenzio seguì quelle parole. Mia zia mi fissava tormentata.

Edward puntò gli occhi nei miei “E’ lui?” la domanda era per mia zia, ma lui fissava me . “Tanya… “ripetè serrando gli occhi, le mascelle contratte “E’ LUI??” e stavolta non si curò di moderare i toni

“E’ IL NOSTRO EJ?”

Allora mi avevano riconosciuto? Ma cosa significava la loro reazione. Cosa ha il diritto di provare una famiglia che ti ha abbandonato?

EJ… era così che mi avevano chiamato? Era una sensazione stranissima, una parte di me riconosceva quel nome come il mio, anche se mi era estraneo.

Sentivo lo sguardo addosso di tutti, mentre guardavano da me a mia zia. Io osservavo lei, in cerca di muto soccorso.

Improvvisamente, mentre mi osservava, qualcosa cambiò in mia zia Tanya, vidi il tormento divenire risoluzione. Che avesse trovato il modo di andare via…?

“Beh, VOSTRO non so dirti, caro Edward” gli rispose piccata “sai meglio di me che la vera famiglia è quella che ti alleva, non per forza quella che ti genera” si voltò verso di me e mi si accostò fino a sfiorarmi la spalla destra con una mano “Eddie…”sottolineò il mio nome, il soprannome che lei mi aveva dato “E’mio figlio. A tutti gli effetti”

Vidi tutti i presenti sbarrare gli occhi, sconcertati.

Bella POV

Colpita e affondata. Sentivo un fischio sordo nelle orecchie. Non potevo svenire, ma ne sentivo lo smarrimento.

Cosa c’entrava Tanya? Cosa significava che era come un figlio per lei?

EJ era vivo, e mi era stato sottratto.

Ed era stata prorpio lei, proprio una di coloro che consideravamo amici. Ci aveva traditi. Mi aveva tolto mio figlio. Parte del mio cuore. Ora il bambino a cui avevo pensato ogni ora, ogni minuto, della sua assenza, era lì, era vivo. Non posso descrivere quella gioia profonda nel sapere che mio figlio non era scomparso, che potevo riabbracciarlo, che potevo toccarlo, guardare avidamente il suo viso. Ma insieme alla gioia più grande, la rabbia più grande. Quel nuovo sentimento mi lambiva ad ondate, accecandomi e focalizzando la mia attenzione solo sulla mia preda: Tanya.

Angolo dell’autrice:

salve!! Scusate il ritardo, ho studiato molto questo finesettimana

In realtà questo capitolo è solo una parte di quello abbozato a mano, ma ho pensato di postarlo per non protrarre l’attesa eccessivamente, nei prossimi giorni aggiungerò il resto. State tranquilli, Bella non sbranerà Tanya, deve ancora dare mooooooooooolte spiegazioni ai nostri Cullen. Vi anticipo solo un pezzettino

POV Renesmee ;) :

[-EJ- pensai intensamente il suo nome, come per riempirmi la mente della consapevoleza della sua reale esistenza. I suoi occhi verdissimi scattarono nei miei. Sobbalzai sotto il suo sguardo allibito.

“Come?” chiese. Mi aveva… aveva… aveva sentito i miei pensieri? Senza che nemmeno lo toccassi…

Stare lì alla sua presenza mi dava una sensazione stranissima. Volevo essere felice di averlo lì, lo volevo con tutta me stessa. Ma non ero capace di rendere le cose facili. Sentivo un rifiuto, la consapevolezza della lontananza che era tra me e lui. Perché ero così dannatamente egoista e capricciosa?

La situazione peggiore non era certo la mia. Avrei perso quell’occasione per un’infantilismo del genere? La mia mente ne era cosciente, ma non riuscivo a superarlo.

Non sapevo accettarlo.]

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Capitolo 7
*** Mente ***


EJ POV

“Zia spiegami” mi voltai verso di lei con lo sguardo corrucciato. Non ero decisamente un tipo paziente, e altra sensazione spiacevole: mi ero sentito trattato da oggetto. Era come se la zia volesse marcare il territorio. Ma non ne aveva bisogno, cosa temeva? Era una madre per me, i Cullen non avrebbero minato il nostro rapporto.

Lei non pareva pensarla alla stassa maniera. Mostrava un ghigno di sfida verso i vampiri e mutaforma che ci circondavano.

Un ringhio bestiale mi scosse nuovamente. La vampira bellissima e mora, “Bella” era stata chiamata, sembrava in preda ad una furia smodata. Omicida.

Avrei dovuto esserne spaventato, ma non provavo paura. Mi chiesi il perché, ma la risposta non esisteva.

Ancora una volta, erano le mie sensazioni a guidarmi. La mia parte razionale mi faceva notare, fastidiosamente, che quelle sensazioni un giorno o l’altro, mi avrebbero pure portato in guai seri.

Zia Tanya strinse forte la mia spalla e mi spinse dietro le sue spalle, parandosi tra me e gl’altri.

“Và Eddie. SCAPPA!” mi soffiò a mezza bocca, voltando appena il capo verso di me.

“Zia cosa dici?” sbottai paralizzato. Io. Lasciarla sola, lì. Come poteva pensare che sarei fuggito come un coniglio?

Tanya sapeva quanto fossi cocciuito, non si aspettava certo una mia facile accondiscendenza.

“Eddie, tesoro” il suo tono si fece implorante “fallo per me ok? Ti fidi di me?”

Boccheggiai, certo che mi fidavo, ma quelle non erano richieste sensate.

“Ti prego, so quello che faccio. Devi avere fiducia in me” adesso era quasi del tutto volta a me, con una mano carezzò dolcemente una mia guancia.

Non sapevo che fare. Poi un lampo. Qualcosa di incredibilmente veloce e forte aveva strappato mia zia dal suolo. Un albero era stato abbattuto , mentre Bella, la vapira che tanto mi turbava, la teneva ferma, bloccata per il collo. I canini ad un soffio dalla sua giugulare.

“No” il mio non fu il solo grido che udii. Edward aveva afferrato saldamente la vampira e la trascinava via. Gentilezza e decisione. Sembrava volessere proteggere lei, lei che aveva attaccato, da qualcosa.

Mi scagliai a mia volta da Tanya, sorreggendola. Appurato che stesse bene, i voltai adirato a fronteggiare colei che aveva attaccato.

Cosa diamine avevamo fatto di male, per essere trattati a quel modo?

Non erano forse loro in difetto con me?

“No amore, non così” le sussurrava concitato Edward. “Deve spiegarci, dobbiamo sapere.”

Ma Bella si dimenava, nella chiara dimostrazione di quanto poco le interessasse in quel frangente sentire delle spiegazioni.

“Bella, fallo per lui. Pensa ad EJ. Lui ha il diritto di sapere.” Quelle parole parvero agire dove il resto aveva fallito.

Bella smise di dimenarsi, ma il suo sguardo restava micidiale e puntato su mia zia.

“Cosa volete da noi?” sentii il petto vibrare la mia collera.

“E’ stato un mio errore venire qui. Non sapevo cosa speravo mai di trovare.” Sfuriai “ e adesso attaccate l’unica persona che in sei anni si sia mai curata di me come una madre!”

L a vampira mora, Bella, emise un verso strano, come un singhiozzo.

“EJ” mi parlò Edward, con insopportabile tono pacato e ragionevole “Tanya non è tua madre!” ora era astioso.

“Per quanto possa averti raggirato, non puoi pensare che siamo noi a volerti fare del male”

Guardai quel ragazzo dritto negl’occhi. Sentivo la rabbia invadermi, e il mio viso sicuramente rifletteva quell’astio. Come osava?

“Nessuno mi ha mai raggirato! Se c’è qualcuno che si è preso gioco di me siete stati voi!” era il momento di sputare tutto fuori. Non riuscivo a contenere tutto quello che sentivo, le emozioni mi sopraffacevano. Sarebbero esplose comunque.

“In tutti questi anni, mi sono chiesto perché mi aveste abbandonato. Ho provato persino PENA per voi. Perché qualcosa di tremendo ed irreversibile solamente, avrebbe potuto indurre qualcuno ad abbandonare un figlio!” il mio sguardo bruciava in quello di Edwrad. Mi guardava sofferente. E quell’atteggiamento disarmate mi stizziva ancor di più. Che diritto aveva di mostrarsi vulnerabile quando volevo soltanto colpire con le mie parole, col mio risentimento, col mio dolore?

I miei occhi scivolarono in quelli della donna accanto a lui, mano nella mano. Si davano forza a vicenza.

“E invece siete qui, siete vivi, al sicuro e senza un problema al mondo. Senza un dolore” la mia voce si stava incrinando. Con un movimento secco, voltai il capo fissando un punto del terriccio umino alla mia destra. Dovevo mantenere la voce e i pensieri lucidi.

“Io vi odio” non lo urlai. La mia collera non aveva preso quella via. Era un freddo glaciale e vuoto quello che aveva stretto il mio cuore. La mia era una costatazione, una delusione. Odiavo quelle persone.

Mi voltai svelto. Per fuggire via, lontano da loro, lontano da quella sofferenza. Lontano dalle domande, e lontano da me”

“Eddie…” una voce. Una scossa elettrica dritta al mio cuore. Mi passò da parte a parte. Non avevo mai versato lacrime negl’anni passati. Non mi aprivo facilmente a quel genere di emzioni, ma ora sentivo qualcosa formarsi nel mio petto.

Un groppo, difficile da sciogliere.

“E’ così che ti chiamano, vero?” Mi voltai rigido. Il mio cervello voleva comandarmi di continuare a camminare. Ma in quella voce non c’era malvagità, non c’era aggressività. Non potevo deludere quella voce.

I miei occhi incrociarono i suoi, con timore. Topazio legato allo smeraldo. Strizzai gl’occhi confuso, non volevo sentire le sue parole. Ma non potevo farne a meno.

La donna, si fece avanti, era vicina, molto vicina a me. Sentivo ondate provenire da lei, come percepissi il desiderio che aveva di annullare le distanze e avere un contatto con me.

“Non capisco nemmeno io tutto quello che sta accadendo. Ma una cosa è certa.” Taque.

Alzai lo sguardo, evidentementa aspettava la guardassi negl’occhi, suoi erano grandi e sinceri “Tu sei mio figlio. Il mio EJ. E sono sei anni che non speravo più di poterti riavere”

Arretrai di qualche passo, cercavo la menzogna in quello sguardo limpido. Ma o era un’ottima attrice, oppure… non capivo.

“Sta lontana da lui” zia Tanya si frappose fra me e Bella.

Si voltò a me, prendendomi il viso tra le mani”non credergli tesoro. Ti prego, andiamo” ma non riuscivo a fare un passo. I miei occhi vagavano veloci da Bella a zia Tanya e contrario.

Strizzai gl’occhi.

Non sapevo cosa pensare, volevo capire. Qual’era la verità? Di chi fidarmi?

Il mio cervello lavorava velocissimo. Domande su domande. Il male alla testa cresceva sempre più. Mi portai le mani alle tempie, e poi accadde…

Una fitta tremenda mi attraversò la mente.

-Non può sapere la verità. Devo portarlo via. Non deve sapere-

E poi altri pensieri, confusi. Volti spaventati e pensieri concitati.

Bella, pericolosamente vicino a Tanya, aveva sfiorato un mio braccio. –che ti succede?- chiese, la voce leggermente ovattata.

“Non lo so” risposi con l’affanno. Il capo chino e gli occhi ancora ben serrati.

“Cosa?”

“Non so che succede!” sbottai. “Ma cosa…? Io non ho parlato.”

Sbarrai gli occhi. Edward era ad un passo da noi. Tutti erano in allerta.

Anche i vampiri che non avevano aperto bocca fino a quel momento.

E poi un’altra voce. Quella ragazza. Quella che era stata la prima che avessi incontrato lì. Si fece avanti. La vampira che le aveva fatto scudo fino a quel mentre, aveva la guardia bassa, e lei sgusciò facilmente dalle sue spalle.

Mi guardava con quegl’occhi, grandi e marroni. Marrone chiaro, cioccolato.

Registrai in tutto quel trambusto che non era la prima volra che mi scrutavano preoccupati quella sera. Erano gli stessi di Bella.

Stessa forma, stessa espressione disarmante. Solo il colore li differiva.

Un’altra fitta mi costrinse a serrare gl’occhi. Percepii la sua voce, lontana, ma chiara.

-EJ-

La guardai, le labbra serrate. Nessuno si era voltato verso di lei, dunque non aveva parlato.

Non a voce. Ma cosa stava succedendo?

Come potevo sentirli in quel modo?

POV Renesmee:

-EJ- pensai intensamente il suo nome, come per riempirmi la mente della consapevoleza della sua reale esistenza. I suoi occhi verdissimi scattarono nei miei. Sobbalzai sotto il suo sguardo allibito.

“Come?” chiese. Mi aveva… aveva… aveva sentito i miei pensieri? Senza che nemmeno lo toccassi…

Stare lì alla sua presenza mi dava una sensazione stranissima. Volevo essere felice di averlo lì, lo volevo con tutta me stessa. Ma non ero capace di rendere le cose facili. Sentivo un rifiuto, la consapevolezza della lontananza che era tra me e lui. Perché ero così dannatamente egoista e capricciosa?

La situazione peggiore non era certo la mia. Avrei perso quell’occasione per un’infantilismo del genere? La mia mente ne era cosciente, ma non riuscivo a superarlo.

Non sapevo accettarlo.

Ciao!! Scusate l’attesa. Il Natale alle porte, impegni ed esami, mi assorbono un pochetto ;) Fatemi sapere cosa pensate di questo nuovo cap!! Grazie sempre ai “fedelissimi” che non mi fanno mancare mai il loro sostegno!! Baciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Syria

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Capitolo 8
*** Solo ***


EJ POV

Avevo nuovamente chinato il capo.

La testa mi scoppiava, un brusio di sottofondo mi disturbava. Non avevo mai provato tanto dolore per qualcosa da molto tempo. Il male arrivava a fitte, togliendomi lucidità.

Sapevo di avere probabilmente gli occhi di tutti puntati addosso, e la cosa mi disturbava.

Dovevo essere un bersaglio facile in quel momento.

Percepivo voci ora più chiaramente ora meno.

“BASTA” urlai. Volevo che quel bisbigliare molesto cessasse, volevo un attimo di tregua.

Alzai lo sguardo, ma mi trovai ad un palmo dal viso terrorizzato di Bella. Non era la persona che cercavo.Tendeva una mano verso di me.

La scansai, e voltandomi un poco, allungai il braccio verso Tanya.

“Zia…” ansimai, il respiro mi si mozzava a tratti “cosa mi sta succedendo?”

“Che gli state facendo?” gridò lei adirata

Ringhi feroci seguirono quell’affermazione.

“Come osi pensare che attaccheremmo mai nostro figlio!” sbraitò Bella ferita. Mi fissava dolente, si torceva la mano che le avevo respinto, come scottata.

“Eddie” mi chiamò mia zia “cosa senti?” Tanya mi prese il viso tra le mani, carezzanmdomi ansiosamente la fronte.

“Non lo so… “ mii affannai alla ricerca delle parole per spiegare quello che provavo. Ma il dolore rendeva tutto più difficile “sento delle fitte alla testa. E la cosa peggiore è questo brusio continuo che mi martella. Queste voci…”

“Voci?” era stato Edward a parlare. Mi fissava con occhi sbarrati. Guardai verso di lui, ma lui distolse lo sguardo dal mio, e si voltò verso un altro di loro.

Un vampiro alto e biondo, forse dimostrava qualche anno in più degl’altri ragazzi, ma probabilmente era solamente un‘impressione data dal suo sguardo, più grande dei venti e passa anni che dimostrava esteriormente.

“E’ possibile Carlisle?” chiese Edward.

Carlisle non parlò, ma gli rivolse uno sguardo intenso. Mi si avvicinò con passo sicuro.

Alzò una mano a placare Tanya, che stranamente non si oppose quando lui mi si chinò davanti toccandomi una spalla.

“Spiegami precisamente come avverti queste voci.” Mi chiese parlando per la prima volta.

Aveva un tono tranquillizzante, e… professionale. Come fosse abituato a quel genere di indagine.

Nonostante la strana situazione in cui mi trovavo (le persone che avrei dovuto evitare come la peste s’interessavano alla mia salute) riflettei scegliendo le parole con cura, abbassando lo sguardo contrito.

“Le sento rimbombare nella mente. Sono indistinte, ma alcune sembrano arrivare a tratti più chiare.”

Non disse nulla, ma nei suoi occhi mi parve di cogliere un lampo di comprensione. Ma forse era solo un'allucinazione dovuta al mal di testa.

“EJ…”iniziò, ma s’interruppe “scusami, volevo dire, Eddie” si corresse

“Prova a concentrarti su una sola voce. Prova a riconoscere la mia”

Chiuse la bocca ma non spostò lo sguardo dai miei occhi.

Come potevo ascoltare la sua voce, se stava zitto. “Mi prendi in giro?” diedi voce ai miei dubbi, infastidito. Non era il momento di scherzare.

“Fa come ti dico, per favore” mi chiese gentile. Sembrava serio. Provai a sentire la sua voce, ma c’era il solito brusio…

Improvvisamente, la colsi. La sua voce, la voce di quel Carlisle. La bocca era serrata, ma mano a mano che mi concentravo sulla sua, le altre voci si affievolivano.

-Eddie, mi senti? Puoi sentirmi? Dimmi si, quando ci sei-

“Si” risposi stranito.

Ebbe un sussulto. E rivolse un sorriso strano ad Edward.

“Temo che sia proprio come credi Edward” Stava ridendo?

“Io invece non riesco a sentire lui” ribattè Edward infastidito. “Prima ha risposto ad un tuo pensiero?” chiese rivolto a Bella. Lei annuì, anch’ella sorpresa.

-Possibile che la storia si ripeta?-

“Quale storia?” chiesi rivolto ad Edward. Lui in risposta mi fissò a bocca aperta.

Ma un’altra fitta spostò l’attenzione sulla voce di mia zia.

Non avevo mai colto la sua voce tanto astiosa. Era gongolante, nonostante il mio stato, era felice. I suoi occhi fissavano soddisfatti il volto ferito di Bella.

-Te l’ho portato via alla fine. L‘avevo giurato cara la mia Bella. Mi sarei presa tutto ciò che spettava a me. Tutto ciò che mi avevi rubato, quello che mi spettava di diritto. Per colpa tua, e dei tuoi amici cani, mia sorella è stata bandita dalla famiglia. La vendetta va presa con pazienza. Ed io ho saputo aspettare. Ed ora il tuo “amato bambino” ti odia, vi odia tutti.-

Il terrore mi congelò. Fissavo mia zia come se non l’avessi mai vista prima. Cosa significavano quelle parole? Erano reali?

Era sempre stata una madre per me. Amorevole, gentile, attenta. Zia Tanya era buona, come potevo credere a quello che avevo sentito. Come potevo credere che fossere sue le parole velenose che avevo udito?

Io la conoscevo.

Ci doveva essere un errore. Ma mentre cercavo scappatoie, sentivo un vuoto freddo prendermi a poco a poco. Mi divorava un pezzo alla volta, e lasciava il nulla.

Era come se fossi rimasto solo. La mia unica alleata, quella che era stata mia madre, chi era? Quanti gesti e quante carezze erano state sincere? E quanto aveva finto? Tutti i miei ricordi sembravano trascinarsi nel fango, e sporcarsi.

Mi accorsi che solo Edward stava impalato quanto me.

Carlisle stava continuando la sua “diagnosi” ingnaro del tumulto che era in me, rideva apertamente.

“Pare che EJ sia come te, e possa leggere qualsiasi mente.”fece rivolto ad Edward, senza guardarlo. “A differenza tua, però, anche quella della madre. Quindi ne deduco che possa passare qualsiasi scudo. Ma la sua di mente è ermetica come quella di Bella.”spiegò

“Un po’ come Nessie che può entrare nella mente di chiunque per mostrargli i suoi pensieri” disse accennado alla ragazza dai capelli di rame che avevo sentito prima ”può farlo anche lui, ma entrando per leggerli.”

Quell’atmosfera ilare non riuscivo a tollerarla. Ribollivo “Basta! Smettetela di parlare di me come una cavia da laboratorio. Chi siete per pensare di conoscermi, di capire qualcosa di me.” Sbottai rabbioso “Io non sono come voi!

E non ho bisogno delle vostre spiegazioni. Non voglio avere niente in comune né con TE!” urlai in faccia ad Edward “né con te” mi voltai di scatto verso Bella “né con questa Nessie”. Ma lei non la guardai, mi era sembrata troppo indifesa e spaventata, e nemmeno in preda a quella collera bestiale sarei riuscito a prendermela con qualcuno tanto disarmante.

Mia zia Tanya era impietrita come gl’altri.

-Quindi può sentirmi? Cosa? Ha ascoltato…- ora era panico.

“Si, posso!” sputai le parole con tutta la forza che sentivo ancora. Sapevo che il dolore avrebbe prevalso presto sulla rabbia, ma cercai di non piegarmi e di fronteggiare quella donna che mi aveva cresciuto. VOLEVO trovare la via d’uscita nei suoi occhi. Forse una spiegazione sensata c’era. Qualcosa che spiegasse quello che mi era parso di capire, che la giustificasse ai miei occhi. Non so Tanya cosa vi lesse. Ma d’un tratto una consapevolezza nuova si fece spazio nei suoi occhi.

-Eddie, pensa a tutto quello che ho fatto per te. Dammi tempo, non seguirmi. Capirai.-

Feci appena in tempo a cogliere quel pensiero, che cogliendo tutti, me per primo, di sorpresa, mi si avvicinò fulminea. Tutto quello che sentii fu un dolore sordo alla nuca, poi il buio.

Bella POV

Ormai stava quasi albeggiando. Stavo seduta sul divano candido del salotto, e tenevo tra le mani la cornice che di solito era posata sul tavolino lì di fianco.

La foto ritraeva un bimbo sui due anni all’incirca, il visetto tondo illuminato da un sorriso contento. I capelli scompigliati dal vento costiero, sopra due occhietti vispi e verdissimi.

Era il mio EJ, infagottato nel suo maglioncino chiaro sulla siaggia di isola Esme. Era bellissimo.

Eravamo stati lì per il primo anniversario di matrimonio mio e di Edward. Tutta la famiglia si era offerta di tenere i bambini per lasciarci liberi di goderci quel viaggio, ma avevamo deciso di portarli con noi. Dopotutto quello era il luogo in cui erano stati concepiti, un luogo magico, che volevamo goderci coi nostri figli.

Se avessi potuto versare lacrime, a quell’ora il vetro ne sarebbe stato inondato. Riconoscevo in lui il bambino che amavo, e sentivo lo slancio naturale d’avvicinarmi a lui, ma qualcosa me lo impediva.

La paura di sbagliare, la paura del suo rifiuto. Non l’avrei sopportato. Ma che torti potevo dargli. Se c’era una vittima in tutta quella faccenda, era EJ.

La vista di EJ disteso sul divano inerme, mi tranciò il respiro.

Mi gettai sulle ginocchia accanto a lui, e presi con attenzione una sua mano tra le mie. Non avrei mai osato quel gesto se fosse stato sveglio. Ma il respiro era lento e regolare. Il colpo di… Tanya, non riuscivo nemmeno a pensarla senza una rabbia cieca, l’aveva tramortito. Secondo Casrlisle, l’intensità doveva essere stata notevole. Ma sembrava come se avesse coscientemente dosato la forza, come se quello di tramortirlo fosse stata un’azione già collaudata. Nessie era cresciuta protetta da noi tutti, quindi non sapevamo cosa sarebbe accaduto in caso di incidenti. Ma evidentemente Tanya sapeva quello che faceva.

La mano era tiepida, ma più fredda di quella di Nessie.

Scrutai il suo viso, carezzandolo con mani ansiose. Mentre il ricordo delle mani di quella bestia su mio figlio, mi lambivano le viscere.

Sentii i passi di Edward e Carlisle dietro di me ma non mi voltai.

Edward si abbassò all’altro lato del divano, dove era disteso EJ.

I suoi occhi e la sua espressione erano la rappresentazione più viva dell’agonia che avessi mai visto.

Posò una mano tra i capelli scuri del figlio, e lui voltò il capo come a voler prolungare il contatto con la sua mano.

Mi venne un nodo alla gola a quella vista. Come avremmo mai potuto mettere le cose a posto. EJ ce l’aveva con noi. E non potevo biasimarlo.

Incrociammo i nostri sguardi per un attimo, ero stata una stupida a concentrarmi solo su di me quando dovevo capire benissimo che non ero la sola a soffrire ed a stare in ansia per tutta quella situazione, Edward soffriva come me. Era solo che, per lui, mi sembrava fosse sempre più facile che per me mantenere la calma.

“Cosa ti hanno fatto” sussurrò con il dolore che pervadeva ogni parola, e sapevo che non si riferiva solo all’attacco di Tanya.

Ritornai a guardare EJ.

Teneva la fronte corrugata e di tanto in tanto rabbrividiva in preda a nuove ondate di dolore.

Avvicinai il mio viso al suo, posando una guancia sulla sua e lasciandogli un bacio sulla tempia.

“Amore mio, mi dispiace così tanto” sentivo la mia voce rotta dal pianto invisibile che mi segnava l’anima.

Carlisle si avvicinò a noi e mi posò una mano sulla spalla. Non riuscii a voltare del tutto il capo verso di lui, i miei occhi erano legati ad EJ, ma avevo anche bisogno di informazioni.

Regalino. Questa è la foto incorniciata di EJ che guarda Bella ;)

Ciao bella gente!! Ci tenevo tanto a darvi un nuovo cap prima del nuovo anno, quindi eccomi… alle 01:21 a postare!! Spero che il cap sia accolto positivamente, e spero di leggere i vostri sempre graditi commentini!! Buon Capodanno a tutti! Un bacio, Syria!

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