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Autore: Padfoot_07    27/11/2011    5 recensioni
La storia di un nuovo personaggio, oltre a quelli che conosciamo. Post BD. Il suo nome: EJ Cullen.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Alaska

E.J. POV -Alaska-

Ci sono vuoti nella mia memoria, vuoti che non riesco a colmare.

Quella parte mancante di me, è la più ingombrante nella mia coscienza.

E' come tentare di afferrare il fumo.

Mentre mi sembra di averlo afferrato, mi sfugge dalle mani.

La mia vita non è sempre stata quella di adesso.

Gli unici ricordi che ho della mia prima infanzia, sono un dolore bruciante e poi nella luce più accecante dei volti, dei volti familiari... poi il buio.

Da lì in poi tutto ciò che ricordo è la mia vita quì, a Denali...

Ero seduto sul ghiaccio a gambe incrociate ad osservare il sole sorgere mentre una striscia di un rosa carico attraversava il cielo. L' aurora in Alaska era uno spettacolo sempre unico ed emozionante non ci si poteva abituare.

Erano quelli i momenti che più amavo della giornata, quelli in cui potevo starmene per conto mio, immobile come il ghiaccio che mi circondava.

Sentivo la mente confusa, e la causa era riposta nella mia tasca.

C'infilai una mano, e ne estrassi un pezzetto di carta, stropicciato e ammorbidito dalle tente volte in cui l'avevo maneggiato. Mi sdraiai ad occhi chiusi sulla neve, il freddo non mi toccava, era a malapena percepibile dalla mia pelle, e pensai alle circostanze in cui il passato era tornato a bussare alla mia porta.

Cercavo, nello studio di Elazar, un romanzo di Stevenson che doveva prestarmi.

Mi aveva detto di averlo messo a vista, ma dopo un'accurata ispezione della scrivania e delle altre superfici, non l'avevo trovato.

Cercai sotto fogli e scartoffie, quando, spostando il porta penne di pelle e argento dello zio, notai un pezzetto di carta spuntare. Quello che vidi mi lasciò immobile e pietrificato, intrappolato da un misto di emozioni.

Era un nome, seguito da un numero telefonico.

Niente di strano, se il nome non fosse stato: Cullen.

Cullen era il mio cognome, il cognome della mia famiglia, quella famiglia che non avevo mai conosciuto.

Non capivo come mai avere tra le mani quelle informazioni mi sconvolgesse tanto. Sapevo solo che in tutti quegl'anni non avevo mai cercato un contatto con loro, ma non avevo mai avuto tra le mani la possibilità concreta di farlo, di trovarli.

La mia famiglia mi aveva accolto quando avevo solo pochi anni e mi aveva tirato su proprio come fossi figlio loro, di tutti loro... zia Carmen, zio Elazar, zia Kate e zia Tanya. Avevo un altra zia Irina, ma di lei sapevo poco o niente, erano rare le occasioni in cui veniva a trovarci e per il poco tempo che restava da noi pareva sempre assente e triste.

Eravamo una famiglia fuori dall' ordinario, ma d' altronde cosa nella mia vita non lo era?

Ricordavo che da bambino avevo più volte chiesto alla zia Tanya dei mie genitori biologici ed ogni volta lei pazientemente mi spiegava che appena nato ero stato male e che loro non potevano prendersi cura di me nelle condizioni in cui ero. Non avevo indagato oltre, capivo che la mettevano a disagio quelle domande, leggevo oltre il suo sorriso e vedevo che ci stava male a rispondermi, intuivo che non poteva o non voleva spiegarmi la verità nei dettagli ed io non volevo che lei interpretasse il mio interesse verso la mia famiglia d' origine come una mancanza d' affetto nei confronti suoi e degli zii.. Prima o poi l' avrei scoperta la verità, ne ero certo.

"...Eddy!" l' eco di una voce mi raggiunse ed aprii gli occhi.

"Eddy, tesoro, è ora di andare a caccia"

Era la voce di mia zia Tanya che mi arrivava trillando alle orecchie. Evidentemente mi stava già da un pò chiamando dato il tono impaziente della voce. Mi alzai veloce e presi a correre verso casa alla massima velocità.

Zia Tanya era per me a tutti gli effetti "la mamma", non che volessi meno bene agli altri, semplicemnete era lei quella che fin da subito era stata la figura che si rapportava a me in modo materno. Zia Carmen era quella che mi viziava, il mio porto sicuro ogni qual volta ne avevo bisogno. Zio Elazar d' altra parte era una sorta di padre\nonno\maestro era l' unica figura maschile in casa mia e fin da piccolo ricordo quanto mi sembrasse grande ed imponente, forse all' apparenza sembrava un po burbero, ma la sua era solo fatica ad esternare i propri sentimenti, era un pilastro, un punto di riferimento per me. Zia Kate invece era la mia compagna di giochi preferita, aveva la pazienza e la furbizia giusta per intrattenermi sempre, non sò come avrei fatto a sopravvivere alla monotonia di questi luoghi se non ci fosse stata lei!

Ricordavo perfettamente ogni giorno della mia infanzia-lampo, avevo sei anni ma ne dimostravo già 16-17, e certamente è stata una stagione felice della mia esistenza, piena d' amore e di persone che mi amavano.

Tuttavia mi capitava di sentire dentro di me come un vuoto, come se mi mancasse un pezzo, come quando abbiamo la sensazione fastidiosa di scordare qualcosa di estremamente importante. Ricordava che da bambino avevo più volte chiesto alla zia Tanya edi mie genitori biologici ed ogni volta lei pazientemente mi spiegava che appena nato ero stato male e che loro non potevano prendersi cura di me nelle condizioni in cui ero. Non avevo indagato oltre, capivo che la mettevano a disagio quelle domande, leggevo oltre il suo sorriso e vedevo che ci stava male a rispondermi, intuivo che non poteva o non voleva spiegarmi la verità nei dettagli ed io non volevo che lei interpretasse il mio interesse verso la mia famiglia d' origine come una mancanza d' affetto nei confronti suoi e degli zii.. Prima o poi l' avrei scoperta la verità, ne ero certo.

Quando cominciai a scorgere casa mia in lontananza rallentai e m' incamminai a passo umano verso la porta d' ingresso dove mi aspettava zia Tanya. O-oh... l' espressione spazientita ed il modo in cui riavviò stizzita i lunghi boccoli biondo\ramato erano il campanello d' allerme che l' avevo fatta innervosire col mio ritardo.

"Edward! Ma che fine hai fatto! E' tardissimo non possiamo rischiare di cacciare negli orari di punta.

Potremmo rischiare di incontrare quelche essere umano!" Rieccola in versione mamma chioccia, sembrava un normale pendolare che si preoccupa del traffico al ritorno dal lavoro invece di un vampiro a caccia.Non sopportavo quando mi chiamava Edward, in primis perchè utilizzava il mio nome per intero solo quando ero nei guai ed in secondo luogo perchè mi dava un senso di antico. Per questo preferivo mi chiamassero Eddy, era molto più giovanile e diretto.

Edward Jacob Masen Cullen, quello ea il mio nome completo. Tuttavia non era importante per me, sapevo solo che anche mio padre si chiamava Edward, non sapevo perchè mi avevano dato come secondo nome Jacob, non avevo incontrato mai nessun Masen e nessun Cullen.Il mio nome era in sostanza tutto ciò che sapevo di certo sui miei parenti d' origine.

"E corri di sopra a metterti qualcosa di asciutto e più pratico!" disse imperiosa.

Gettai uno sguardo ai miei vestiti. Si decisamente la neve mi aveva inzuppato il jeans e la camicia. Sospirai " Certo zia faccio in un secondo".

Lei mi sorrise e mi scompigliò affettuosamente i capelli con una mano."Ziaaa" protestai entrando in casa.. Certi parenti non perdono mai l' abitudine per certi gesti d' affetto, anche se ormai dimostri, come me, una certa età.

Mi sfilai la camicia mentre entravo nella mia camera, afferrai degli abiti puliti e comodi dall' armadio a muro e mi diressi in bagno dove gettai la camicia asieme ai jeans nel cesto della biancheria sporca. Afferrai un asciugamano e mi frizionai i capelli anch' essi inzuppati. Mi concedetti un attimo allo specchio. Il mio aspetto non mi dispiaceva ma mi era indifferente. Nella mia famiglia la bellezza era qualcosa di scontato e sinceramente non m' interessava fare colpo sulle persone, anzi troppe attenzioni mi mettevano in soggezione, mi disturbavano.

I capelli castano scuro mi ricadevano scomposti sul volto, anche se distrattamente sembravano definiti ad arte quindi li lasciai al naturale. I miei lineamenti erano belli come quelli dei miei familiari, ma non gli somigliavo per tratti somatici. Soprattutto per gli occhi. I miei erano grandi e verdi,

un verde brillante,

diversissimo dall' oro degli occhi dei miei zii...

Forse prorpio in quell'istante, mentre fissavo il riflesso ricambiare il mio sguardo... la decisione arrivò. Chiara e semplice nella sua ovvietà. Avrei trovato il modo di vederli, i Cullen.

Lo stesso vuoto che mi portavo dentro sembrò darmi una via d'uscita. Io non sapevo chi ero, da dove venivo.

L'avrei fatto, avrei visto coloro che mi avevano dato la vita, avrei tentato di capire. Forse ero in cerca di cose nemmeno concrete, forse sarei incappato in delusioni, ma dovevo farlo. Per me.

"Edward!" lo strillo acuto di mia zia mi rimbombò fastidioso nelle orecchie! Possibile che la sua voce fosse capace di penetratmi nel cervello.

"Arrivo... arrivo!" le risposi scocciato di rimando. Mi vestii in fretta e mi precipitai di sotto, pronto ad iniziare un' altra tranquilla, assurda giornata.

Circa un mese dopo…

Camminavo lungo un sentiero sterrato. Alberi e cespugli dall' aspetto curato costeggiavano ambo i lati della stradina che mi conduceva verso una villa immersa nel buio, ma illuminata dalla luce che filtrava fuori attraverso le ampie vetrate.

Casa Cullen.

Erano anni che pensavo a quel momento, che mi chiedevo come sarebbe stato. Una parte me pensava, in verità, che non avrei mai trovato il coraggio per fare ciò che stavo facendo.

Desideravo intensamente conoscere la mia famiglia. Non perchè mi mancasse affetto o cose del genere. Io avevo bisogno di conoscere chi mi aveva dato la vita, il mio sangue. Sapere qualcosa di più su di loro, mi avrebbe aiutato a capire meglio chi ero io. Erano il pezzo mancante nel puzzle della mia vita, ero alla ricerca di risposte e speravo che loro potessero darmene.

Presi un bel respiro, stetti attento ad alzare il mio scudo, cosicchè non potessero leggere nei miei pensieri più di quanto io volessi rivelargli. Zia Tanya mi aveva parlato diverse volte dei miei genitori, sotto mia richiesta, mi aveva detto anni prima che nella mia famiglia d' origine, così come nella loro, non ero il solo a possedere delle abilità particolari. Mio padre poteva leggere il pensero, mentre mia madre poteva, come me, produrre uno scudo in grado di proteggersi dall' aggressione di poteri mentali.

Non sapevo cosa aspettarmi dall' incontro con loro. Scacciai indietro quei pensieri, prima che m' immobilizzassero le gambe.

Passo dopo passo giunsi ai ggradini d' ingresso. Dentro casa i rumori cessarono, evidentemente si erano accorti della mia presenza. Non potevo più fare marcia indietro ormai, e non volevo certo fare la figura dell' intruso, ragion per cui mi affrettai a raggiungere la porta di legno massiccio e suonai il campanello.

"Mamma vado io" sentii una voce squillante dall' interno. Subito dopo la porta si aprì con uno scatto riversando sull' uscio di casa la luce ed il calore dell' interno.

Mi ritrovai a fissare gli occhi in quelli castani di una ragazza, su per giù della mia età. Il volto bello e pallido era incorniciato da lungh capelli rossi e perfettamente abboccolati. Mi fissava con aria interrogativa al di sotto delle lunghe ciglia.

"Ciao... ehm, chi sei?" mi salutò incerta.

Bella domanda, chi ero? O almeno chi ero per lei? Non ero sicuro di riuscire a rispondere, sapevo solo che nel momento in cui aveva apero la porta e mi aveva fissato negli occhi, mi ero sentito a casa. Intero, come quando una cosa che per tanto tempo hai cercato di ricordare ti torna alla memoria in un lampo. Sentii che quella ragazze era legata a me in qualche maniera, ne ero certo.

"Hey!" mi chiamò "tutto bene? "

La mia faccia non doveva avere proprio una bella cera in effetti, se apparivo anche solo per metà come mi sentivo dentro.

Avevo trattenuto il respiro, me ne resi conto solo quando dovetti prendere aria per rispondere.

Proprio quando lo stavo per fare, però, un' altra figura apparve accanto a quella della ragazza. Un ragazzo alto e smilzo, molto simile alla ragazza tranne che per gli occhi, che lui possedeva castano-dorati.

"Chi è Ness?" chiese il giovane.

"Non lo sò papà" rispose lei. Papà??? Ma se dimostravano la stessa età? L' uomo si voltò verso di me ed io alzai lo sguardo ad incontrare il suo...

Fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Non riesco a spiegare la sensazione provocatami da quell' incontro. Non so nemmeno se per me fu così intenso grazie alle mie doti sovrannaturali, o qualunque ragazzo avrebbe avuto la stessa reazione, ma avvertii indubbiamete, che quell' uomo non mi era estraneo, non era nuovo lo sguardo che mi rivolgeva. Era solo una sensazione, qualcosa rilegato nell' angolo più remoto della mia memoria infantile, dove tutto era un confuso miscuglio di figure di suoni e di profumi.

Ma io sapevo perfettamente chi era quel ragazzo, non avevo dubbi al riguardo.

Contrariamente ad ogni mia aspettativa, un senso profondo di disgusto mi invase. Dopo aver desiderato quell' incontro per tanto tempo, sentii che era troppo per me, non ero capace di affrontare mio padre, nè mia madre, nè chiunque altro. Mi sentivo soffocato, più che timore di non essere accettato, ora provavo intolleranza. Non sapevo perchè mi avevano mandato via, ma un sentimento irragionevole ed orgoglioso o forse solo dannatamente capriccioso, mi impediva di mettere le cose in prospettiva, come le avevo sempre viste.

Loro mia vevano abbandonato.

Si, certo, almeno non mi avevano lasciato sui gradini di una chiesa o di un orfanotrofio,ma non mi avevano tenuto con loro. Ed il solo fatto che non fossero poveri, apparentemente infelici e tormentati o sul letto di morte, mi faceva arrabbiare da morire. Perchè solo in uno di questi casi sarebbe stato accettabile, per me, che mi avessero dato via.

Tutto ciò mi era passato nella mente in un attimo e la ragazza, insieme a suo padre, non osai pensare "mio padre", mi fissavano ancora.

Il ragazzo mi restituiva uno sguardo sconcertato, anche se non tanto quanto il mio.

"Chi sei?" ripetè la domanda già fatta dalla figlia.

Per te non sono nessuno. Pensai amaramente nella mia mente, mi voltai, incapace di reggere quello sguardo dorato ancora per un attimo di più, e presi a scendere i gradini per tornare da dove ero venuto. Vigliacco! Dissi a me stesso. Ma che diritto avevo ora di tornare nelle loro vite? Ed ancora di più, che diritto avevano loro di conoscere me? Se mi avessero voluto mi avrebbero cercato loro prima, per la miseria!

Stavo per tornare tra le tenebre, quando una mano gelida e ferma mi afferrò un braccio. Mi voltai perplesso ed infastidito, assottigliando lo sguardo. Mi ritrovai a pochi centimetri dal volto pallido del ragazzo.

"Hey, ti spiacerebbe rispondere?" disse osservandomi circospetto.

Altra pugnalata, dritta al cuore.

"Nessuno." sputai fuori amaramente "Per voi, sono nessuno" Volevo capisse, volevo che si rendesse conto di chi aveva di fronte. Ma non speravo in un abbraccio, in quel momento non l' avrei nemmeno accettato, sicuramente!

Ebbi la soddisfazione di vedere mio padre sbarrare gli occhi, come avesse visto un fantasma...

E forse in quel momento ero solo quello per lui. Un fantasma del passato.

Strattonai il braccio dalla sua stretta, ormai inerme, e mi dileguai nella notte.

Ciao, sono Syria, l'autrice di qst ff ;D Se ti va alla fine di un cap, lascia un commento. Nel bene o nel male, è il vostro parere, il vostro supporto, oltre all'idea dell'autore, che manda avanti una storia!!

  
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