Witch Twins - Streghe Gemelle

di Eredel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Halloween, parte 1 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Halloween, parte 2 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Halloween, parte 3 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Halloween, parte 4 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


È tutto bianco. O meglio, bianco azzurro…no,no, bianco…bianco…

…bianco luce? Esiste un colore del genere? Non è la prima volta che lo vedo. Sono stata qui anche altre volte, ma ogni volta questa luminosità mi spiazza e mi lascia senza parole, penetrando persino nei miei pensieri.

Le altre persone che vedo qui non sembrano sconvolte quanto me. Sarà perché evidentemente non sono umane. Sarà perché non sono stati portati qui contro la loro volontà.

Dentro di me sento un turbine di sentimenti che non mi lascia quieta. Rabbia, rancore, delusione, determinazione, dolore…tanto dolore…Tutto ciò che provo la luce di questo edificio sta cercando di contrastarlo, ma è difficile se i sentimenti negativi in me sono così tanti.

Che buffo. Sono l’opposto di lei, ma d’altronde io non sono lei, anche se da lei sono nata. Com’è che si chiamano quei sosia cattivi delle persone? Doppelgänger? Una cosa del genere…

Io sono quella cattiva?

Pensarlo mi fa stare male. È così però che ci hanno trattato, me e le mie amiche. Come le sosia cattive.

Ma è cattivo desiderare un’esistenza propria? È cattivo desiderare amore?

Socchiudo gli occhi per cercare di vedere i visi familiari intorno a me: tutto ciò che possiedo per davvero è l’affetto di queste creature a me simili. Siamo così diverse, eppure dietro quei volti rubati si nascondono le stesse sofferenze che sto provando io. Non è abbastanza per provare che siamo VIVE? Quante volte abbiamo cercato di spiegarlo a loro? Quante volte si sono rifiutate di vedere cosa avevano tra le mani?

Cerco di osservarle, adesso, mentre si avvicinano timorose all’Oracolo, bisbigliando tra loro preoccupate. Finalmente, finalmente si sono accorte del loro errore! Ma scoprirlo non mi dà nessuna soddisfazione.

La voce dell’Oracolo spezza il silenzio.

-Silenzio, Guardiane! In questa vicenda delle Gocce Astrali vi siete comportate da immature…e io sono molto deluso. Vi avevo offerto il mio soccorso, ma avete preferito ignorare il mio messaggio. E ora che è troppo tardi per porre rimedio, correte qui a elemosinare il mio aiuto! Se non fossero coinvolte altre persone, meritereste di essere lasciate ad annaspare nei vostri guai!-

Sussulto di sorpresa, non tanto perché loro sono state rimproverate, ma per come l’Oracolo si è riferito a noi. "Persone".

La mia gratitudine viene interrotta da un’altra voce, la mia stessa voce, pronunciata da un’altra persona. Lei.

-Non vorrei giustificarmi ma…-

-È esattamente quello che stai facendo, Will. Non voglio sentire altro. Non è ignorando le regole che si risolvono i problemi.-

L’Oracolo si volta verso di noi, indicandoci con un ampio gesto della mano. Sento il mio cuore battere forte sotto il suo sguardo.

-Le Gocce Astrali sono sotto la vostra responsabilità. La loro esistenza dipende da voi, così come la loro incolumità.-

Sono quasi sul punto di piangere. Esistenza…

-Avete ragione Oracolo, ma vi prego di ascoltarci!-

Di nuovo lei. Ha ancora altro da dire?! Mentre parla sento che il turbine di sentimenti si è ingrandito e rafforzato, e sta spazzando via tutto dentro di me. Lascia dietro solo desolazione e rabbia.

-Le Gocce Astrali si sono…ribellate! Hanno tentato di rubarci la nostra vita!-

-La loro vita, Oracolo…-

Non sono riuscita a trattenermi. Questa è la MIA, MIA voce che parla! Con un balzo mi sono portata davanti a lei, che ha il mio stesso volto, solo più maturo, e l’ho indicata con forza, ho indicato quel corpo dotato di ali come se con esso volessi indicare tutta quell’esistenza che a noi è riservata solo a metà.

-Questo è tutto quello che abbiamo! La vita di qualcun altro!-

Sto buttando fuori tutto quello che mi tengo dentro da mesi, e non riesco più a frenare le parole. Anzi, non voglio proprio frenarle.

-Ci hanno creato per le loro necessità e ci hanno dato un cuore perché questo serviva a loro…Ma ora abbiamo sogni e desideri, e soffriamo…e vogliamo vivere. Non avremo mai una famiglia come quella che hanno loro! Noi abbiamo solo…noi. E non possiamo più tornare indietro!-

Ero partita così carica, ora la tristezza sta prendendo il sopravvento. So che la nostra condizione non è colpa di nessuno. Siamo nate così. Siamo così. Guardo le mie amiche, compagne, gemelle in sostanza e non nel corpo. Nei loro occhi ci sono le stesse parole che sento io. Allora vado avanti a parlare, anche se ora è più difficile.

-Vi chiediamo di lasciarci andare! Permetteteci di diventare quello che vogliamo essere!-

Non ce la faccio a trattenerle, alla fine so che le lacrime scenderanno.

-Permetteteci di scegliere.-

Sì, stanno scendendo ora. Piango, piango fuori tutto il mio dolore mentre mi sento riempire di speranza. Sto pregando.

Sto ancora pregando, quando la risposta dell’Oracolo mi giunge prima attraverso lo sguardo che attraverso le parole.

-Nessun umano avrebbe potuto trovare parole più sincere. Dunque io vi concedo di scegliere…-

Non respiro. Non ci credo. Noi potremo…

-…Ma sta solo alle Guardiane darvi la libertà!-

Gemo involontariamente dentro di me. Siamo a un passo dal realizzare il nostro più grande sogno. Le uniche che possono impedircelo sono quelle che ce l’hanno impedito finora. Ma va’?! Tuttavia qualcosa negli occhi di lei mi fa sperare ancora. In fondo abbiamo condiviso ricordi e pensieri, anche non tutti erano piacevoli. In fondo, molto in fondo, so che sente anche lei il filo che ci unisce.

È solo questo pensiero che mi fa sussurrare con tutta la speranza cui mi aggrappo ancora.

-Vi prego…-

Non oso alzare lo sguardo. Ho paura che facendolo determinerei l’esito sbagliato. Ma le sento agitate e anche un po’ turbate. Confabulano tra loro parole che io non riesco a sentire e mi mettono ancora più ansia.

Infine con la coda dell’occhio vedo lei avanzare, e guardandola mi manca il fiato. Ora riesco a vedere la sua vera essenza. Chissà perché con la sua cocciutaggine l’ha nascosta, per tutto questo tempo. Cosa voleva fare, sembrare più forte? Ma non ha capito che la sua più grande forza è nella comprensione, in quello sguardo che ora me la rende cara quanto una sorella maggiore?

-A nome di tutte noi, vi chiedo scusa. Abbiamo agito con leggerezza, ma non era nostra intenzione farvi del male. Vi sciogliamo da ogni impegno!-

Le ultime parole quasi non le sento, sono completamente coperte dalle mie urla di gioia, le mie e quelle delle mie amiche. Ci abbracciamo, non ho mai sentito una felicità così profonda quanto ora. È come se si fossero spalancate mille porte davanti a noi, come se improvvisamente fossero crollate le mura che ci imprigionavano e ora siamo libere, libere! Infinito è l’orizzonte che ci aspetta…

Nell’euforia, mi ritrovo ad abbracciare persino lei.

-Grazie!-

Con questo abbraccio ci diciamo addio, ma ti ringrazierò sempre.

Qualcuno batte le mani.

-Il saggio Tibor mi ha ricordato che è tempo per le Guardiane di tornare a casa. E per le Gocce Astrali di cominciare la loro nuova vita.-

Mi batte fortissimo il cuore!

-Partirete subito e nessuno conoscerà le vostre destinazioni…nemmeno le Guardiane! Ma vi chiedo un impegno solenne! Ci ritroveremo qui, tra un po’ di tempo! E per ricordarvelo…-

Ora che succede? Un raggio luminoso parte dalle dita dell’Oracolo, si dirama in cinque filamenti. Uno si dirige verso di me! Ma è delicato, quasi fumo…con una spirale si appoggia sulla mia spalla sinistra. Ah! Lo sento penetrare nella pelle! Cos’è? Non riesco ad aspettare che svanisca la luce, mi abbasso la maglia per mettere a nudo la pelle segnata.

C’è un simbolo…sembra…una specie di falce di luna con dentro una stella…

Anche le mie amiche ne hanno ricevuto uno!

-Quando sarà il momento di tornare, quel segno si illuminerà! Solo allora deciderete se la vostra scelta è definitiva!-

Che strano…mi sento come sollevare…istintivamente porto in alto le braccia e chiudo gli occhi. Mi sembra di dissolvermi, attraverso le palpebre è tutto così luminoso! Le parole dell’Oracolo mi giungono da molto lontano, ma sono ancora chiare.

-Andate ora…Avete una vita nuova, e un nuovo aspetto, per aiutarvi mentre sarete là fuori…Non sentirete più parlare delle Guardiane e nessuno vi verrà a cercare. Questo è l’impegno di Kandrakar.-

Ora sto cadendo…ma è piacevole, c’è in me uno strano torpore, e calma…mi sto addormentando…

Talia aprì gli occhi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Talia aprì gli occhi. Si chiese se la voce del sogno avesse parlato di nuovo e se la cosa l’avesse svegliata, dato che nel sogno sembrava che si fosse appena addormentata…
…Sogno. Già, che sogno stava facendo?
Sbatté più volte le palpebre, infastidita. Che importanza aveva, bastava tornare a dormire! Si girò nel letto, tirandosi le coperte fino al mento, e il suo mugolio di piacere fu soffocato solo dal suo sbadiglio. La stanza era ancora buia, ed era silenziosa. Aggrottò la fronte. Se c’era silenzio, perché lei sentiva rumore?
Con un sobbalzo si riscosse dagli incoerenti pensieri mattutini e si ricordò di aver puntato la radio sveglia. Altro che voce del sogno! Chissà per quanto aveva parlato il presentatore radio, prima che lei se ne accorgesse! Gettò da un lato le lenzuola e saltò giù dal letto per trovare i vestiti. A tentoni, nel buio, afferrò il paio di jeans e la maglietta che aveva lasciato (vedi: gettato) la sera prima sulla poltroncina mezza rotta della sua stanza. Beh, in teoria la camera non era solo sua, si ricordò mentre urtava con forza un paio di anfibi. A quel rumore qualcuno bofonchiò dall’altro letto.
-Svegliati, Ione!- sussurrò disperata.
La figura nel groviglio di lenzuola grugnì di nuovo, stavolta per comporre un suono più o meno articolato che avrebbe voluto dire: -Che ore sono?-
-È lunedì!- rispose perentoria Talia, come se l’altra le avesse chiesto non l’ora ma il giorno. In effetti, per quanto riguardava loro due, "lunedì" voleva dire "alzarsi un’ora prima rispetto alle altre ragazze dell’orfanotrofio per arrivare in classe a un orario decente."
La regola l’avevano stabilita solo per il lunedì. Perché quell’anno a scuola il lunedì mattina iniziava con la professoressa Leench, e sia Talia che Ione sapevano che da loro non avrebbe tollerato ritardi.
Quella è già tanto che tollera che respiriamo! Ma perché ce l’ha tanto con noi?!
Comunque la risposta di Talia parve ottenere risultati più della radio sveglia: dal grumo di coperte uscì un braccio magrolino a stiracchiarsi e affiorarono pian piano ciocche ribelli di capelli rossi.
A proposito di capelli.
-Ti precedo!- avvisò prima di uscire dalla stanza e dirigersi verso il bagno. Quando fu arrivata, poté finalmente accendere la luce.
Beh, i suoi lunghi capelli biondo paglia erano un disastro, davano l’idea di un fienile rivoltato. Con un grosso sospiro, si armò di pettine e pazienza e cominciò a districare i nodi.
Aveva quasi finito la treccia quando comparve Ione sulla porta. Sembrava uno zombie con la testa in fiamme. Peggio del peggio, era ancora in pigiama.
Talia gemette.
-Che ci fai ancora vestita così?!-
Ione mugolò qualcosa che suonava come "doccia". Fu per pura volontà che l’amica non strillò.
-Doccia? Doccia?! Ma non dovevi farla ieri sera dopo di me?!-
Scrollata di spalle da parte della rossa.
Talia si aggrappò con forza a tutte le briciole di autocontrollo che le rimanevano e la spinse nella prima cabina doccia. Poi aprì il rubinetto con una mano mentre con l’altra chiudeva velocemente la porta.
-CHE ACCIDENTI FAI, È, GHIACCIATA!!!-
Sospirò. Perlomeno si era svegliata.

***

L’auto si fermò davanti al cancello della scuola superiore Voltaire. La ragazza seduta sul sedile posteriore schizzò fuori con un’energia invidiabile di primo mattino: non erano neanche le 7.30.
-Sbrigati, sbrigati!- esclamò all’uomo alla guida. Questi scese con più fatica, ma in un attimo fu accanto alla sua protetta. Lei già stava sbirciando all’interno del cortile quadrato: posta al centro faceva la sua bella figura l’imponente statua bianca del pensatore francese, che aveva dato il nome alla scuola. Si riuscivano a vedere il campo da pallavolo e quello di atletica sulla sinistra, mentre molto più a destra, circondati da dei sottili alberelli, c’erano dei posti macchina riservati ai professori. Il vialetto circondava tutto il cortile correndo sotto ai portici; su di esso si affacciavano le classi al piano terra, mentre per accedere ai laboratori di scienze, lingua e informatica, nonché alla biblioteca, al bar e alle altre classi, bisognava salire le scale fino al primo piano.
Ma la ragazza e il suo accompagnatore non si sarebbero fermati che al secondo piano, agli uffici di segreteria. Era lì che accettavano le nuove iscrizioni.
-Andiamo?-
La ragazza annuì decisa.

***

-Non mi piace.-
Il signor Fyfield alzò lo sguardo dal suo giornale.
-Che hai detto, tesoro?-
Sua figlia aveva un’espressione imbronciata e preoccupata allo stesso tempo: si mordeva le labbra carnose coi denti bianchi e le sopracciglia scure erano aggrottate; gli occhi grandi e castani non lo fissavano, ma erano rivolti alla tazza di caffelatte che stringeva tra le mani. Il signor Fyfield si perse un momento a riflettere sulla bellezza del contrasto di quei toni, il bianco della tazza, il colore del caffelatte e della mani di Shara. Con quella bella tinta calda che aveva la sua pelle, si sarebbe potuto dire che Shara fosse nata da quella bevanda dolceamara.
Lei lo riscosse dai suoi pensieri.
-Papà, il tempo! È bruttissimo, il cielo è così nuvoloso!-
Lei lo chiamava "papà", e lui ne era più che felice, anche se non erano veramente padre e figlia. No, era anche evidente a guardarli: il signor Fyfield e sua moglie erano i tipici americani, lui biondo, un po’ stempiato, con gli occhi verde azzurro e un fisico da giocatore di football, lei castana, ancora atletica nonostante i quarant’anni, sorridente e pragmatica. Se una coppia simile avesse potuto avere figli loro, non avrebbero certo avuto i tratti mediorientali di Shara. Lei era stata un piccolo miracolo. Tredici anni prima, Mike Fyfield, come primario dell’unità medica di soccorso dell’esercito americano, si trovava in Iran quando scoppiò uno dei tanti attentati che avevano sconvolto quella zona. Un’intera zona di Theran era stata rasa al suolo. Negozi, case distrutte bruciavano ancora, quando arrivò con la sua squadra. A terra era pieno di cadaveri e feriti, pieni di ustioni terribili. In tutto quel caos, mentre dirigeva le operazioni, determinato a salvare ogni vita in pericolo, sentì piangere un bambino da dentro una casa in fiamme. Non pensò neanche, si gettò a cercarlo mettendo a repentaglio se stesso. Uscì tra le grida di sollievo dei suoi colleghi, tenendo tra le braccia un fagottino. Quella era Shara. Sembrava che non fosse sopravvissuto nessuno dei suoi cari, e nessuno si fece vivo nei giorni seguenti al campo per venirla a prendere. Di fatto, la bambina era già stata adottata dai medici americani, anche se, ufficialmente, aveva acquisito la cittadinanza americana solo un anno dopo: Mike Fyfield e sua moglie Liza, dopo una serie di peripezie burocratiche, ne erano diventati i genitori. Ricevettero la notizia lo stesso giorno in cui Shara era stata salvata, il 1 dicembre. Decisero che da allora avrebbero festeggiato il compleanno di Shara il primo di dicembre.
Da allora non le avevano fatto mancare nulla, era loro figlia e per lei volevano solo felicità. Ora però Shara non era felice, e suo padre aveva un’idea del perché.
-Davvero è solo per il brutto tempo che hai quella faccia?-
Negli occhi della ragazza ci fu un guizzo indispettito.
-Pensavo solo…è un brutto giorno, per cominciare a frequentare una scuola nuova.-
Il signor Fyfield sospirò. Ne avevano già parlato. Prima Shara frequentava una scuola pubblica, pure abbastanza lontana da casa, ma da quell’anno avevano deciso di iscriverla a un liceo privato, più vicino, più sicuro e con ottimi sbocchi per il college. Il vero motivo però era la preoccupazione di Mike e Liza per Shara che, malgrado non lo ammettesse, era stata presa di mira da alcuni bulli razzisti. Non volevano che accadesse di nuovo, quindi, ecco l’iscrizione al liceo Voltaire! Il signor Fyfield pensava che Shara fosse contraria solo perché non le piaceva il fatto che, essendo privato, gli altri studenti sarebbero stati un po’ snob.
Meglio snob che teppisti, rifletté. La sua opinione non sarebbe cambiata e nemmeno la sua decisione.
-Ti piacerà la nuova scuola, Shara. Fidati di me. Ora finisci il tuo caffelatte e andiamo, che siamo già in ritardo.-

***

Ritardo.
Quella parola riecheggiava nelle orecchie di Naide con lo stesso ritmo del ticchettio delle lancette dell’orologio. E, come non faceva caso a quelle, Naide aveva imparato a ignorare anche quella vocina fastidiosa. Aveva imparato a ignorare molte cose. Gli sguardi che le lanciavano gli altri, per esempio. L’invidia, il desiderio, la sorpresa, la gelosia che avvertiva non le facevano più ne caldo né freddo. Anche il rimprovero negli occhi del custode che le apriva il cancello la lasciò indifferente. Scivolò nel cortile della scuola a passi tranquilli e con la stessa calma si diresse verso l’aula di Storia. Dal cielo cominciarono a cadere delle goccioline rade e sottili, ma lei non ci fece caso, anche perché stava camminando sotto il portico. Una volta arrivata, aprì la porta senza bussare e rispose all’espressione attonita della professoressa Bloomfield con una voce neutra e distaccata.
-Scusi il ritardo, professoressa. Mi sono svegliata tardi.-
Senza aspettare una replica, andò a sedersi a uno dei banchi in prima fila (gli unici, come ogni inizio anno, a rimanere vuoti).
-Persino il primo giorno di scuola, signorina Millet? Da domani ricordi alla sua sveglia che non siamo più in vacanza!-
-Senz’altro.-
Naide avvertì quasi un brivido. Sapeva che nessuno aveva davvero ascoltato la battuta stentata della professoressa. Sapeva cosa pensavano di lei. I sussurri che udì, o che pensò di udire, alle sue spalle le diedero solo la conferma.
-Chi si crede di essere, quella?! Sempre con quella faccia da snob!-
-Si comporta da superiore solo perché suo padre è il proprietario della scuola, e poi è francese!-
E questo che c’entra?
-Crederà di poter comandare tutti a bacchetta, grazie a babbino..-
L’improvviso dolore che sentì al petto le rammentò perché aveva deciso di ignorare tutto quello che veniva detto di lei. Dissimulò il disagio e la sofferenza alla perfezione, ma, dentro, l’amarezza rimase.
Non era stato sempre così. Era felice, prima…ma da due anni andava avanti con questa situazione, sentiva pesantezza nel cuore, d’altronde non aveva nessuno con cui confidarsi. Aveva tanti vestiti e da piccola aveva ricevuto tanti giocattoli, prendeva lezioni di piano e canto, faceva parte della squadra di nuoto sincronizzato della città, era bella e slanciata e tutti l’ammiravano. Ma in realtà sentiva che non aveva niente, perché da due anni sentiva mancare le cose più importanti.
Solo due anni prima aveva scoperto di essere stata adottata, e non lo aveva detto a nessuno, neanche ai suoi genitori adottivi, che glielo tenevano ancora nascosto. Non aveva nessuno con cui confidarsi.
Non aveva amiche.
Bussarono alla porta.

 

 

Spero che i primi due capitoli vi siano piaciuti! Beh il prologo è più o meno la versione introspettiva romanzata dell'episodio nel fumetto...
Ora che ci penso, avrei potuto scegliere tantissime altre destinazioni per le Gocce! Aaah, mi piacerebbe leggere una fanfic dove l'Oracolo non le ha mandate sulla Terra ma su un altro mondo! *^* Per ora le Gocce (ormai chiamiamole Twins XD) che sono nate nella mia mente sono umane, poi magari si vedrà...
Avete indovinato chi è la Goccia di chi?^^
Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate voi! Ditemi magari dove le avreste mandate voi! *^* (N.B. La terza Twins che appare, al secondo paragrafo, non dico ancora chi è e da vove viene...eheh arà una sorpresa! Continuate a leggermi! >.< Arigatou!!!)

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Il liceo Voltaire era stato fondato nel 1940 da un eminente professore della Sorbonne di Parigi, che era fuggito insieme alla sua famiglia e ad alcuni colleghi quando aveva presagito il disastro della Seconda Guerra Mondiale; così come avevano fatto molti altri intellettuali europei dell’epoca, il professor Millet era emigrato in America e si era ricostruito una vita nella cittadina di Hopesville. La scuola aveva offerto lavoro e rifugio a molti suoi conterranei e aveva prosperato sotto la guida dei suoi discendenti; dalla fine del dopoguerra, si era aperta a tutti coloro che desideravano dare un’ottima istruzione ai loro figli.
Tutto questo Wei An lo sapeva già. Tibor non l’avrebbe fatta uscire di casa senza darle tutte le informazioni possibili, era così puntiglioso! Ma la ragazza aveva ascoltato lo stesso, pazientemente, il discorso del preside Chastant. Quando aveva – finalmente! - terminato, le aveva porto la sua tabella degli orari e lei aveva dovuto sforzarsi per non strappargliela di mano. 
Mentre poi stava uscendo, calma nei limiti del possibile, dalla presidenza insieme al suo accompagnatore, aveva incrociato altre due persone che stavano entrando. Era bastato uno scambio d’occhiate con la ragazza mediorientale perché le si accendesse di nuovo l’interesse.
Cos’era quella sensazione? Aveva avvertito che anche l’altra era rimasta…come dire…sorpresa?
Purtroppo non Wei An non aveva potuto fermarsi ad ascoltare, aveva solo sentito il preside esclamare: -Siete leggermente in ritardo, signor Fyfield! Mi toccherà spiegare tutto di nuovo!- e dal suo tono giulivo aveva intuito che non ne vedeva l’ora. 
Fy…field…giusto?
Wei An si era segnata mentalmente quel nome. A quanto pare, la ricerca era iniziata prima del previsto.
-Ciao, Tibor! Ci vediamo per pranzo!- aveva esclamato quando il suo accompagnatore si era dovuto accomiatare. Era poi stata scortata da una bidella taciturna fino alla porta dell’aula di Storia.
Ora si trovava lì davanti, eccitata. Tantissime cose sarebbero cambiate nel momento in cui la porta sarebbe stata aperta. Non si poteva più tornare indietro, ma non era spaventata. Era l’inizio, o meglio…un nuovo inizio. 
Bussò.
Scocciata, da dentro una voce sbuffò: -Avanti..!-
La bidella la precedette, spalancando la soglia e spingendola dentro senza troppi complimenti. Poi chiuse la porta alle sue spalle, lasciandole l’imbarazzante compito di presentarsi davanti a venti facce sconosciute che la fissavano perplesse. Avvampò.
-Oh…eh…sssalve?! Sono..ehm…una nuova studentessa! Mi…mi chiamo Wei An, Li Wei An. Ehm, Li è il mio cognome. So che ci si potrebbe confondere, perché nomi e cognomi cinesi si somigliano un po’ tutti e…- 
Penoso! Cosa stava facendo?! Era così agitata da non riuscire a frenare il fiume di parole che le usciva dalla bocca! Ma il silenzio e gli sguardi tutti puntati su di lei non facevano che peggiorare la situazione. Per smaltire l’imbarazzo, riusciva solo a passarsi una mano tra i capelli, irrigidita com’era.
Sembrerà che ho le pulci così, grandioso!
-Ehm, signorina Li, giusto? La ringrazio, può sedersi adesso.- 
Wei An arrossì ancora di più. Desiderosa di sprofondare, fece un goffo inchino che scatenò diverse risatine e cercò con gli occhi un banco libero.
Là! In prima fila, di fianco a quella ragazza dai capelli castani…
Oh?
Di nuovo quella sensazione!
Questa volta non aveva intenzione di perdersela. Si sedette senza esitare accanto alla ragazza.
-Ciao!- sussurrò. –Come ti chiami?-
Si chiese se ricevere un’occhiata storta come quella fosse normale. 
Naide invece si domandò che cosa avesse di strano quella nuova, improbabile, compagna di banco. Di solito nessuno le si rivolgeva con tanta disinvoltura.
Mah, forse in Cina sono così di carattere…ha detto di essere cinese, giusto?
Si chiese anche come mai una ragazza cinese si iscrivesse a quel liceo. Erano pochi gli stranieri che lo facevano.
Beh, in fondo io sono francese d’origine…
E poi perché da quando era entrata aveva quella strana sensazione?
Come se l’avessi già vista da qualche parte, ma non ricordo dove.
 -Non…me lo vuoi dire?-
Naide si voltò ancora a guardarla, osservandola bene: capelli corvini, naso piccolo, piatto ma non troppo, nerissimi occhi a mandorla che spiccavano sopra gli zigomi alti e rotondi, sopracciglia sottili e fronte alta.
Abbastanza ordinaria come orientale, se non fosse per quella pettinatura assurda.
In effetti Wei An portava i capelli intorno al volto e alle orecchie corti, che arrivavano solo fino al collo, ma aveva lasciato che le due ciocche che incorniciavano il viso un poco tondeggiante crescessero fino al petto. Non solo, ovviamente, altrimenti non sarebbe stata tanto assurda. Il resto dei suoi capelli era raccolto in una coda che arrivava fino al sedere. Pensò che sarebbe stato uno spettacolo vederli sciolti, quei capelli neri e lisci come la seta, dai vaghi riflessi blu…
-Naide.-
-Come, scusa?-
-Naide. È il mio nome. Me l’hai chiesto tu, no?-
Rimase sorpresa nel vedere quelle labbra esili aprirsi in un meraviglioso e caldo sorriso. 

***

Ione era irritata e brontolava dal suo banco con un’espressione corrucciata e le braccia conserte.
-Andiamo, ti ho già chiesto scusa!-
Non si voltò neanche verso Talia, che occupava il banco accanto al suo.
-Mi hai gettato nella doccia. Vestita. Con l’acqua ghiacciata.- ribatté.
-Non avevo scelta! Non è colpa mia se tu eri ancora in pigiama!-
L’acida risposta di Ione fu interrotta dall’arrivo della professoressa Leench con le fotocopie. Aveva deciso di iniziare l’anno con una bella spiegazione di geometria che ovviamente non era presente sui loro libri di testo, quindi stava facendo il giro tra i banchi distribuendo schede piene di disegni incomprensibili. Porgendo a Talia e Ione le loro, intimò il silenzio con un’occhiataccia degna della Gorgone Medusa. La rossa si azzardò ad aprire bocca solo quando la prof diede loro le spalle.
-Faremo i conti dopo.- bofonchiò. 
La giornata non era iniziata nel modo migliore e non aveva l’aria di migliorare, pensò inoltre gettando un’occhiata al foglio.
Matematica in prima ora, il primo giorno di scuola! Vogliono farci morire?!
-Ughh…sto per vomitare!- mormorò Talia fissando il suo, in chiaro accordo con la sua amica.
La Leench era una delle persone più noiose che Ione avesse mai conosciuto. Parlava, parlava, parlava…peccato che Ione non riuscisse a memorizzare il benché minimo niente, anzi, stava per usare il banco come cuscino… 
Si stava per chiedere che senso avesse alzarsi prima, se tanto poi sarebbe stata ripresa comunque perché si addormentava in classe, quando bussarono alla porta.
-Permesso? Chiedo scusa per il ritardo. Sono nuova, sono arrivata solo adesso. Mi chiamo Fyfield Sharazad…ehm…piacere?-
Tre cose colpirono Ione con una forza tale da risvegliarla del tutto: primo, il fatto che la ragazza si chiamasse come la narratrice di "Le Mille e Una Notte" era curioso e indicava che sicuramente non era americana (come accertò guardandola in viso); secondo, la voce esitante indicava al tempo stesso che era timida e che non si era preparata affatto una presentazione, ma questa sua timidezza aveva qualcosa di scioccamente familiare; e, soprattutto, terzo, ebbe la nitida sensazione di conoscerla…in pratica da sempre. 
-Ione?- la chiamò Talia –Hai idea di dove posso aver già visto questa tizia? Mi ricorda qualcuno, ma non saprei dirti chi!-
L’amica si voltò stupita a fissarla. Allora non era solo lei ad avere questa sensazione! Eppure era la prima volta che la incontravano, per quanto andasse indietro con la memoria, non rammentava di averla mai incrociata da nessuna parte…Capelli lunghi mossi e neri, occhi dorati, viso tondo dalle guance piene e morbide, bocca a cuore schiusa in un sorriso timido.
Pelle color caffelatte, abbastanza formosa, non troppo alta., aggiunse mentalmente mentre la guardava sedersi.
No. 
Se l’avesse già vista in giro prima, se ne sarebbe ricordata, a Hopesville non erano tanti gli stranieri. Pensandoci e ripensandoci, non le veniva in mente niente. Eppure…
-Signorina Heathrow!-
-Eh? Cosa?- esclamò Ione alzando di scatto la testa. La Leench la fissava con un misto di disgusto e diabolica soddisfazione. Rabbrividì istintivamente.
-Stavo giusto dicendo alla vostra nuova compagna che ho esaurito le fotocopie. Saresti gentile a cederle la tua e seguire con la signorina Road, ma dato che ti vedo già poco incline a prendere appunti, forse sarebbe molto meglio se tu stessa ti spostassi qui davanti insieme alla tua scheda…-
Ione ingoiò il boccone amaro insieme a una serie di insulti che avrebbe volentieri rivolto alla Perfidia. Era tornata dell’idea che la mattina poteva solo peggiorare.
Rassegnata, prese le sue cose e si allontanò dal banco, salutando Talia con un cenno abbacchiato.
Odiava il primo banco. Alzarsi prima quel lunedì aveva avuto senso solo per scegliersi il posto in fondo all’aula. E ora…si ritrovava catapultata sotto lo sguardo beffardo della Leench senza neanche poter fare un commento a fior di labbra! 
Che noiaaaaa…
-Scusa se te lo chiedo ma…tu frequenti il pub "L’Arpa"?-
Ione sgranò gli occhi verso la sua nuova compagna di banco.
-Scusa?-
-Cioè, no…nel senso…-
Era uno strano modo di iniziare una conversazione. Ione poteva vedere quanto fosse costato alla ragazza porre quella domanda, perché era talmente rossa in viso, il che era strano, perché se uno ha la pelle scura il rossore di solito si vede pure poco!…forse era importante?
-No…non lo frequento, anche se ammetto che non mi dispiacerebbe vedere com’è dentro. Scommetto che si ascolta della buona musica.- sorrise, un po’ incerta, per spezzare la tensione.
Shara rimase un po’ sorpresa. Non si sarebbe stupita a vederla al bancone del pub, con i suoi anfibi neri, tutti cinghie e stringhe, i polsini a quadretti rossi, i tre orecchini ad anello all’orecchio sinistro e i capelli rossi cortissimi e spettinati. Era un tipo singolare, non sapeva dove altro potesse averla vista se non nel pub irlandese all’angolo della sua via. 
Ma lei non lo frequentava.
-Uhm…allora…il circolo militare fuori città?
-Militare? No, sono allergica alle regole.-
-Il parchetto degli skaters vicino al centro?-
-Non so usare lo skate..-
-Corso di danza orientale?!- buttò fuori, alla disperata. Non le veniva in mente altro.
-Cosa?!- Ione scoppiò a ridere. Fu impossibilitata a parlare per trenta secondi, nei quali si dimenò sulla sedia per non cadere e batté silenziosamente il pugno sul tavolo per frenare le risa. Shara diventava ogni secondo più rossa.
–Mi ci vedi davvero, a fare una cosa del genere?- riuscì infine a dire la rossa.
-Beh…-
Avevo finito le idee! 
-Signorina Heathrow! Non solo non ascolti le mie lezioni, ma ti permetti anche di disturbarle? Fatti beccare un’altra volta a parlare e dovrai passare il primo pomeriggio dell’anno scolastico in punizione!-
Shara si morse la lingua. Quella donna era spaventosa! Ma perché nelle scuole private avevano il vizio di chiamare gli studenti con "Signor" e "Signorina"? Che angoscia!
Per dieci minuti buoni non riuscì a spiccicare parola. Sentiva addosso lo sguardo infuocato della Leench. Solo appena dopo che la professoressa si fu voltata, sussurrò piena di rammarico: -Scusami per prima!!!-
L’altra scosse la testa, apparentemente per nulla toccata dalla minaccia ricevuta.
-Na, non ti preoccupare, non è colpa tua. Comunque, avrebbe urlato "Signorina Heathrow!" anche se fosse scoppiato un incendio in corridoio.- 
Shara non poté trattenere un sorriso. Poi le balenò un'altra idea.
-Heathrow…è il nome di un aeroporto, giusto?-
-Mh? Sì…di Londra.-
-Ah, bello! Sei inglese allora?-
Stavolta l’altra restò un attimo in silenzio prima di rispondere. Nonostante il tono calmo, aveva una sfumatura più cupa.
-Non lo so. Porto il nome di un aeroporto perché i miei genitori sono probabilmente morti nell’incidente del volo Heathrow-Los Angeles. Hanno trovato solo me sul luogo dell’incidente, a dieci chilometri dalla costa, al largo di Boston.-
Shara ammutolì. Aveva decisamente toccato un tasto sbagliato. 
Ione rimase in silenzio. Perché aveva detto quelle cose a quella ragazza appena conosciuta? Che era orfana lo sapevano tutti, ma di questi dettagli lei non parlava mai con nessuno, al di fuori di Talia. Chi era questa tizia per spingerla a confidarsi? Forse era perché non lo capiva che aveva pure usato un tono brusco. Era infastidita. Da se stessa.
Shara passò gli ultimi minuti della lezione a cercare un modo per rimediare. Lo trovò solo al suono della campanella.
-Ah! Trovato!- esclamò, voltandosi verso Ione, che era già in piedi.
-Sabato sei stata al "Platinum"!- 
Il "Platinum" era il negozio di dischi, strumenti musicali, dvd e libri più grande della città. Punk, rockettari e giovani band emergenti ne frequentavano attivamente il baretto. Lei era andata lì sabato per comprare il regalo di compleanno di suo cugino, forse l’aveva intravista…
-No. Non di recente.-
A Ione era tornato il sorriso, queste domande la divertivano.
A Shara invece no. Quella strana sensazione era così pressante! Non era neanche riuscita a concentrarsi sulla lezione, invece di solito lei era sempre attenta! Perché sentiva di dover trovare una risposta a tutti i costi?
Mugolò con le mani nei capelli.
-Uff. Ma allora dov’è che ti ho già visto…?!-
Ione la fissò sbalordita, ma prima che potesse elaborare una risposta, fu trascinata fuori dalla classe dalla calca di studenti. 

***

Appena suonò la campanella una decina di studenti si tuffarono sul banco di Wei An.
-Ciao! Ti chiami Wei An, giusto? Ma sei cinese?-
-Ma il cinese lo sai scrivere davvero? Mi dici qualcosa?-
Naide arricciò il naso, quasi disgustata dalla stupidità che trasudava da quelle domande. I suoi compagni di scuola avevano trovato il loro nuovo giocattolino e il fatto che fosse straniera rendeva tutto più divertente, per loro. 
Non che ci fosse qualcosa di male nel mostrare interesse. Però, quando era successo a lei, Naide aveva sofferto l’abbandono a causa del fatto che non era riuscita a mantenere viva la loro attenzione, o qualcosa del genere. Forse erano le voci che già giravano ad aver allontanato quegli "amici".
Ma chissà, magari Wei An avrebbe avuto più fortuna di lei, aveva un bel caratterino vispo che la rendeva simpatica a tutti…non avrebbe avuto bisogno di una amica come lei
…Perché stava così male se pensava che anche quella sconosciuta l’avrebbe abbandonata? Dopo solo un’ora passata accanto a lei non potevano considerarsi "amiche", o no? Eppure, sentiva di non poterla considerare più nemmeno una sconosciuta.
Forse non lo è mai stata. 
Che pensieri assurdi! Scosse la testa. Era ora di metterli da parte, la ragazza nuova non sarebbe stata diversa dai suoi compagni, rifletté mentre si alzava e riponeva il libro nella tracolla.
-Senti, non hai bisogno di stare vicino a quella lì, se vuoi possiamo spostare un banco dalla prima fila all’ultima, così ti metti di fianco a noi!-
Frecciatina velenosa. Naide si impose di ignorarla.
-Perché mai? Naide è gentile e simpatica, non mi trovo male qui.-
Naide sbarrò gli occhi, sorpresa. Sapeva di non essere "simpatica", tuttavia sentiva sincerità nell’affermazione di Wei An e non un’adulazione da lecchina.
Forse le sto simpatica davvero. 
Perché un pensiero del genere la riempiva di una meravigliata felicità?
-Ah! A proposito, Naide!-
Quando la strana ragazza orientale si voltò verso di lei, apparentemente ignara dell’effetto shock che avevano avuto le sue parole sui compagni, Naide non era ancora riuscita a ritrovare la sua espressione impassibile. Era rimasta lì, con lo sguardo perso e le guance arrossate.
-Mi accompagni all’armadietto? Non ho mai capito come funzioni questa cosa. Devo lasciare lì tutti i libri? Per sicurezza li ho portati tutti!- aggiunse alzando con fare significativo lo zainetto che, Naide lo notò solo ora, sembrava sul punto di scoppiare. 
Trattenne a stento una risata.
-Pfh…d’accordo, ti aiuto.-
Uscendo, passarono accanto agli studenti e le sembrò di udire: -Hai visto, Miss Snob ha sorriso!-, ma gli altri commenti furono coperti dalla voce vivace di Wei An.
-Ah, e poi mi devi spiegare come si apre il lucchetto. Ci vuole una combinazione? Nel caso non la troviamo ho comunque dietro il piede di porco.-
Questa volta non riuscì a trattenersi. Naide rise apertamente. 

***

-Un cappuccino, per favore. Con mooooolto zucchero.- ordinò Talia all’addetto del bar della scuola.
-Difficile il primo giorno, eh?- commentò questi con un sorriso, porgendole la sua tazza.
-Come sempre, del resto.- rispose lei. Afferrò un altro paio di bustine di zucchero e si diresse col cappuccino al tavolo dove la stava aspettando Ione. Che si stava abbuffando con una brioche al cioccolato, per completare il pranzo.
-Mi chiedo come fai a mangiare così tanto senza ingrassare.- sospirò Talia.
-Forse nella mia vita precedente ero un asceta che non mangiava mai, quindi ora devo compensare.- ribatté l’altra a bocca piena.
Talia rise. 
-E questa da dove ti è venuta?-
Ione scrollò le spalle.
-Tu non sei messa meglio di me. Per quanto ti riguarda, dovrei chiedermi come fai a non essere diabetica con tutto quello zucchero.-
Talia abbassò istintivamente lo sguardo verso ciò che rimaneva delle quattro bustine di zucchero versate nel cappuccino. Scrollò le spalle anche lei, mentre continuava a mescolare.
-Forse nella mia vita precedente ero un cocainomane e ora mi è rimasta la fissa delle sostanze bianche.- 
Ione emise uno sbuffo divertito.
-Sei sicura di non esserlo ancora? Devo controllare che quello sia veramente zucchero?!-
-Smettila!- sbottò Talia in una risata –E poi lo sai che preferisco quello di canna allo zucchero bianco, i tuoi sospetti sono bocciati.-
L’altra non smise di sghignazzare.
-A-ah. Di canna, eh?-
Le loro risate si sentirono anche dall’altro lato del bar.
Shara, che stava arrivando in quel momento dal corridoio, sentendo le voci alzò lo sguardo e le vide da lontano.  
Che buffo. Come aveva fatto a riconoscere così alla svelta la risata di quella ragazza coi capelli rossi? Si insultò mentalmente ancora una volta per non averle chiesto il nome. Per di più la lezione dopo, Storia, che avevano sempre in comune, non era riuscita a sedersi vicino.
Una conversazione normale sarebbe iniziata con un semplice "Come ti chiami". Perché accidenti tra tutte le domande che le ho fatto non ho pensato anche a quella?!
Come se non bastasse, per colpa della pessima gaffe, non era riuscita a concentrarsi su nessuna lezione, quel mattino. Si biasimò: lei di solito era sempre attenta, anche se non interveniva molto. Prendeva sempre appunti sui quali poi riusciva a studiare bene e per meno tempo rispetto agli altri, in vista dei test.
-Ehi!- 
Non si voltò neanche per vedere chi l’aveva chiamata. Sapeva già chi era: il secondo motivo per cui non era riuscita a seguire Geografia.
Era la ragazza orientale che aveva incrociato nell’ufficio del direttore; per qualche oscuro motivo l’aveva fissata per tutta la lezione! Si allontanò a grandi passi, relegando in un angolino della mente il fatto che quella ragazza le dava la stessa sensazione che le aveva dato l’altra.
Un problema alla volta, per piacere!
Essersi appena trasferita in una nuova scuola, riconoscere una ragazza che non aveva mai visto prima, scappare da un’altra non conoscente e mangiare il pranzo tutta sola in cortile, cercare le parole per rimediare al suo madornale errore della prima ora…Tutti insieme erano troppi da affrontare per una mente ordinata e razionale come la sua. Senza contare che l’ultimo era quello che l’affliggeva di più, perché sapeva quanto può far male sentirsi soli; lei stessa, ogni tanto, provava quel dolore, come sentirsi incompleti…Ma era difficile trovare le parole giuste se doveva scappare metà del tempo! 
Cercò di confondersi tra la folla del bar mentre si avvicinava alla ragazza rossa. Ora o mai più. In qualche modo, decise, sarebbe riuscita a chiederle scusa.
Un’azione temeraria da parte sua, che progettava sempre tutto nei dettagli. Però era troppo tardi per tirarsi indietro, ormai era arrivata al tavolo e la rossa era pure da sola, dato che l’amica con cui stava parlando si stava allontantan…
Ah!
Di nuovo! Anche quella tizia l’aveva già incontrata?
Non. Pensarci. Adesso.
Solo il pensiero che ci fosse in giro l’ennesima "s-conosciuta" la mandava in panico. Prese un grosso respiro e affrontò la ragazza che si voltò verso di lei. I suoi occhi bruni la riconobbero subito con un guizzo. 
-Ehilà!-
Shara aprì la bocca, poi la richiuse. Quanto avrebbe voluto anche lei essere così disinvolta! Scosse la testa, rassegnata.
-Senti, volevo chiederti scusa per…quella domanda che ti ho fatto prima. In effetti, per tutte…- aggiunse arrossendo. Si rese improvvisamente conto di quanto potesse esserle sembrata inopportuna e invadente. 
-E…e…Oh, insomma!- si sedette sulla sedia vuota, sotto lo sguardo basito ma attento dell’altra.
-Volevo solo dirti che mi dispiace per averti fatto ricordare una cosa triste. Quando parla, la gente non si rende conto che le parole possono ferire in profondità, anche se in superficie non si vede. Ho fatto questi ragionamenti per molto tempo. A volte la gente fa allusioni senza accorgersi di averle fatte, come per sottolineare che tu sei diversa, a volte lo fa di proposito. In ogni caso, tu soffri comunque, no? Ho pensato queste cose a lungo, ed è per questo che mi dispiace ancora di più per quello che ho detto. Anch’io…sono orfana anche io. I miei genitori adottivi sono americani, mi hanno salvato la vita in Iraq quando non avevo neanche un anno. Quindi anche io posso capire come ti senti. Mi dispiace davvero.-
Infine tacque. Si sorprese di se stessa, quel fiume di parole era uscito praticamente da solo. Tuttavia non era riuscita a guardare l’altra negli occhi un attimo solo; aveva parlato sempre a capo chino, si vedeva che era arrossita solo dalla punta delle orecchie. 
Ione si meravigliò che una ragazza con la pelle così scura riuscisse ad arrossire così bene.
Per il resto era rimasta ammutolita. Come poteva quella ragazza sconosciuta dare voce a tanti suoi pensieri inespressi, che giacevano sul fondo del suo inconscio e che riusciva a sfogare unicamente trasformandoli in musica con la sua chitarra?
-Ah…senti…-
Era lei che parlava?
-Non…non ti devi preoccupare di questo. Io non me la sono presa…beh un po’, ma certo dopo un discorso profondo come questo, come faccio a tenerti ancora il muso?! E per quanto riguarda le altre domande, io mi stavo divertendo!- ridacchiò per sciogliere la tensione e scacciare via l’ansia da quella ragazza. Funzionò, perché Shara alzò esitante gli occhi. 
-Comunque, io sono Ione. Piacere di conoscerti, Sharazad.- aggiunse, tendendole la mano. L’altra la strinse, piena di sollievo e di gratitudine.
-Chiamami Shara.-
-Ehiii! Ti ho trovata finalmente!- urlò una ragazza orientale che sgomitava tra la folla per arrivare fino a loro.
Shara trasalì e, prima che Ione potesse chiederle qualcosa, fuggì lesta con un: - Grazie di tutto! Scusa, ma devo proprio scappare! Ci vediamo a lezione!-
In tre secondi era già dall’altro capo del corridoio, con la ragazza asiatica che continuava a chiamarla invano. 
-Certo che questa scuola si sta riempiendo di gente strana, uh?- commentò Ione osservandola.
Talia si avvicinò al tavolino, annuendo.
-Ah, ma eri qui? Dov’eri finita?-
-Non ci vuole una scienza a pagare un cappuccino, solo che quando sono tornata non mi andava di interrompere la tua amica!- replicò.
-Ah…hai origliato!- sogghignò Ione.
-No!- sbuffò Talia –Però non ho potuto fare a meno di ascoltare.-
-Ma…hai preso dell’altro zucchero!-
La biondina guardò la bustina con aria colpevole. 
-Quel discorso mi ha messo un po’ tristezza…non so, non proprio…però ha smosso qualcosa dentro di me. È difficile da spiegare…-
Ione annuì. Non c’era bisogno, provava esattamente la stessa cosa.
L’amica sbuffò, abbandonandosi sulla sedia.
-Beh, ritornando alle tue pillole di filosofia di prima, direi che devo cambiare teoria. Nella mia vita precedente ero una ragazza che affogava i dispiaceri della solitudine ingozzandosi di roba dolce.-
La rossa sorrise dolcemente, comprensiva.
-Ma non è lo stesso anche adesso?-
Ma da adesso non sarò più sola.
Talia non seppe da dove era uscito quel pensiero, né da dove derivava tutta quella certezza che lo permeava. Però ci credette con tutta se stessa. 




 

Tutto questo Wei An lo sapeva già. Tibor non l’avrebbe fatta uscire di casa senza darle tutte le informazioni possibili, era così puntiglioso! Ma la ragazza aveva ascoltato lo stesso, pazientemente, il discorso del preside Chastant. Quando aveva – finalmente! - terminato, le aveva porto la sua tabella degli orari e lei aveva dovuto sforzarsi per non strappargliela di mano.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Talia aprì la porta dell’aula e tirò un sospiro di sollievo: la prof non era ancora arrivata. In fondo era risaputo che la Dartle era ritardataria di natura.
Fece un cenno a Ione ed oltrepassò di poco la soglia, cercando un posto libero. In realtà gli altri studenti erano tutti in piedi, in gruppetti, a ridere e a sperare insieme di allungare la pausa pranzo di almeno un’altra mezzora. Nella folla, le parve di scorgere la ragazza asiatica che aveva rincorso Shara al bar. Talia non poté fare a meno di chiedersi se Shara fosse riuscita a defilarsi.
Osservando meglio la ragazza, Talia ebbe un tuffo al cuore.
 Ecco un’altra tipa strana.
Aveva appena formulato il pensiero che quella si girò e la guardò fisso negli occhi. Sussultarono entrambe in un riflesso incondizionato, poi l’orientale aprì la bocca in un largo sorriso e fece per avvicinarsi. Talia capì perché Shara si era data tanta pena per scappare: la sicurezza che mostrava quella ragazza, paragonata alla sua incertezza momentanea, la sconcertava.
In questa scuola sta davvero succedendo qualcosa di strano, rifletté. Com’è che le sembrava di aver già visto sia Shara che questa tizia? E perché quest’ultima era così determinata a parlare con entrambe?
Si accorse di essere praticamente ancora sulla porta quando una voce alle sue spalle, dal vago accento francese, la fece voltare.
-Vorrei entrare, se non ti dispiace.-
La ragazza che aveva parlato era alta, slanciata, dai capelli castani portati a caschetto molto curati; gli occhi azzurro ghiaccio facevano un bel contrasto ma c’era armonia sul suo viso ovale, tutto sembrava della giusta proporzione e simmetria. La sua pelle non aveva nulla da invidiare a quella delle bambole di porcellana: era del tutto senza imperfezioni, e Talia provò un pizzico di vergogna per le lentiggini che a lei inondavano le guance. Non di meno, quella ragazza…era proprio come Shara e quella orientale un po’ stramba che sembrava essere l’unica a capire cosa stesse succedendo.
 Shara arrivò in quel momento. Quello che scorse sull’entrata della classe bastò a farle accelerare il battito cardiaco: Ione e la sua amica, davanti a loro la cinese che si avvicinava, alle loro spalle l’ennesima persona che sentiva di aver già conosciuto, in qualche modo.
Era arrivata a quota quattro. Era decisamente troppo.
Con un gemito, si accasciò a terra.

***

Quello che accadde dopo fu un po’ confuso. La Dartle arrivò proprio nel momento in cui Shara perdeva conoscenza e cacciò un urlo tale da far precipitare in corridoio tutto il resto della classe. Per un momento i presenti dovettero chiedersi di chi prendersi cura per prima, poi la professoressa di Inglese riuscì in qualche modo a ricomporsi.
-Che è successo, signorina Millet?- domandò con voce ancora tremante.
-Non saprei, professoressa.-
 -Sarà stato un calo di pressione, o forse l’emozione. È il suo primo giorno al Voltaire.- intervenne Ione. Si sentiva in qualche modo responsabile per quella ragazza stesa a terra.
-Oh.- fece la Dartle –Oh, capisco…-
Talia accorse con una bustina di zucchero, una di quelle di riserva che teneva nella tasca dello zainetto, e una bottiglietta d’acqua. Ione l’aiutò a farne mandare giù un po’ a Shara, intanto che la Dartle si rendeva finalmente utile sospingendo gli altri studenti in classe.
-Via, via, lasciatele spazio per respirare…Serve qualcuno che l’accompagni in infermeria…-
-Io! Posso andare io?-
Talia alzò un attimo gli occhi, per vedere la ragazza orientale che si sbracciava. La Dartle la guardò dubbiosa.
-Ma tu…sei l’altra ragazza nuova, vero? Li Wei An, se non sbaglio.- aggiunse controllando il registro.
-Non credo che tu sappia dov’è l’infermeria. Mi sento più sicura a mandare un altro tuo compagno.-
La Dartle aveva tanti difetti, rifletté Talia, ma certo aveva una gran memoria per i nomi e le facce. Qualità che al momento presente la ragazza le invidiava da morire, mentre si chiedeva come faceva l’espressione sconsolata di quella Wei An a sembrarle così familiare.
-Signorina Millet, ci pensi tu? Appena si alza, accompagnala tu.- 
Detto ciò spinse i suoi alunni dentro l’aula, più decisa stavolta, come se dando quell’ordine pacato avesse ristabilito la propria dignità d’insegnante. Talia e Ione non poterono che seguirla, ma prima Talia si premurò di lasciare alla ragazza che sembrava una modella la bottiglietta e lo zucchero rimasto; dopodiché la porta si chiuse, lasciando Naide e Shara da sole in corridoio.

*** 

Shara aprì gli occhi. Si sentiva proprio stanca, e aveva male alla testa. Si accorse di essere sdraiata; quando provò a mettersi a sedere una mano gentile ma ferma glielo impedì.
-Resta giù. Adesso è meglio che ti riposi un po’.-
Shara spostò lo sguardo dal soffitto alla ragazza che si sporgeva su di lei. Un viso ovale e delicato, incorniciato da un caschetto castano. Shara credeva che gli occhi di ghiaccio fossero costantemente freddissimi e severi, ma forse gli occhi azzurri di quella ragazza facevano eccezione: non aveva mai visto quella strana luce in un paio d’occhi così chiari.
O forse sì?
La sensazione e il ricordo del motivo per cui era svenuta la investirono di nuovo e Shara fu sul punto di svenire un’altra volta.
-Ehi, ehi! Non fare scherzi, prendi un po’ questo!-
La ragazza si costrinse a ingoiare lo zucchero che l’altra le porgeva insieme a un bicchier d’acqua. Dopo che l’ebbe svuotato, Shara scorse da dietro le tende non tirate che circondavano il letto la sua soccorritrice alzarsi e riempirlo da un rubinetto dall’altra parte della stanza bianca.
-Dove siamo?- riuscì a dire con voce roca.
-In infermeria. Credevi che ti avessi rapita?-
 Shara la guardò incuriosita, cercando di scacciare il terrore che la prendeva ogni volta insieme a quella strana sensazione. Si era accorta in quel momento che la ragazza aveva una piacevole "r" moscia.
-Sei svenuta davanti alla classe di inglese, ricordi? Ti ho dovuta più o meno trascinare per il corridoio. Meno male che la bidella e il custode mi hanno aiutata, perché per arrivare fin qui avrei dovuto prendere le scale.-
Shara arrossì. Sapeva di non essere esattamente leggera.
-Ah…g-già, è vero…scusami..-
Quel giorno non ne imbroccava una giusta. Tuttavia lo sguardo di quella ragazza era sì un po’ seccato, ma rivelava anche sincera preoccupazione.
 -Comunque, io sono Naide.- disse tendendole la mano. Shara la strinse, accennando un sorriso incerto.
-Shara.-
Naide sentì un brivido correrle lungo la schiena, quando le loro mani si toccarono. Ad un tratto quel giorno le sembrò meraviglioso: era l’inizio di ben due amicizie? Per lei, che non ne aveva mai avute?
O forse sì?, si chiese. Era una strana sensazione, che provava sia nei riguardi di Wei An, che di Shara, che di quelle due ragazze davanti alla porta dell’aula di Inglese, con cui comunque non aveva mai parlato prima di quel pomeriggio! Aveva come l’impressione di averle già conosciute, in un’altra vita forse…Oltretutto, parlare con queste tizie si rivelava semplicissimo, naturale. Riusciva a esprimersi in maniera spontanea, senza dover né fingere di essere più forte né ignorare le emozioni le trasmettevano. C’era un sentimento nuovo che stava nascendo dentro di lei, e scioglieva quel ghiaccio che aveva sempre ricoperto il suo sguardo.
 -Naide, sei qui?-
Lupus in Fabula!, pensò, scorgendo la sua nuova amica orientale fare capolino dalla porta dell’infermeria.
-Ehi.- salutò –Ma la Dartle non ti aveva detto di rimanere in classe?-
-Sì ma sono passati venti minuti da quando me l’ha detto…e poi ho usato la scusa del bagno! Si fa così, no?- aggiunse l’altra orgogliosa, come se aspettasse dei complimenti per essersi ricordata di usare una trovata tanto comune. Naide trattenne a stento una risata.
-Come stai?- si rivolse poi Wei An alla ragazza stesa sul lettino. Naide si accorse in quel momento che era impallidita all’improvviso.
-Oh! Ti stai per sentire male di nuovo?- intervenne preoccupata.
La risposta non fu quella che si aspettava.
-Voi…voi vi conoscete?-
Non da molto…pensò mentre scambiava un’occhiata con Wei An.
-Sì.-
 Naide si sorprese di se stessa. Nonostante il pensiero, le parole che le erano uscite inavvertitamente dalla bocca le sentiva vere.
Wei An si avvicinò a Shara con un sorriso contrito.
-Ciao. Scusami se ti ho rincorso tutto il pomeriggio, è solo che…ho saputo che eri nuova anche tu e volevo fare la tua conoscenza. Mi chiamo Wei An, piacere.-
Di fronte alla parole così ad un tratto pompose dell’orientale Naide alzò un sopracciglio, ma quando fece anche l’inchino non riuscì a non scoppiare a ridere.
Dapprima Wei An la guardò sorpresa, poi la sua espressione si ammorbidì nel solito sorriso spensierato. La risata ebbe un miracoloso effetto domino, perché neanche Shara alla fine riuscì a trattenersi e sciolse la tensione nel riso.
Delle voci giunsero da dietro la porta.
 -Sei sicura di quello che fai? Se ci becca la bidellarpia siamo nei guai!-
-Insomma, voglio solo vedere come sta! E la lezione di oggi è decisamente inutile, è iniziata troppo tardi, in mezzora non riuscirà a spiegare niente.-
Le proprietarie delle voci sbucarono furtive dal corridoio ed entrarono in infermeria appiattendosi al muro. Mentre si scrutavano attorno come in una parodia di un film di agenti segreti, Naide riconobbe in loro le due ragazze che aveva incrociato davanti all’aula e il suo cuore fece un balzo involontario. Per la prima volta da quando era iniziata quella giornata provò una sorta di timore.
Ma cosa sta succedendo?
Non appena scorsero il gruppetto, i loro occhi ebbero un guizzo, come se le avessero riconosciute, e si fecero avanti. Naide notò che Shara era impallidita di nuovo.
 -Phew!- esordì la rossa appoggiandosi al lettino –È stata dura convincere la Dartle a farci andare a cercare Wei An in due!-
-Oh?- L’interessata intervenne, con una voce e un’espressione delusa. Non si diede neanche pena di chiedere come conoscesse il suo nome, e Naide la invidiò per questa naturalezza.
-Come ha capito che non ero in bagno?-
-Sei stata fuori più di un quarto d’ora!- ribatté Ione squadrandola divertita.
Naide batté le palpebre sorpresa. La sua sorpresa aumentò quando si scoprì a intervenire nel dialogo.
-Eppure è stata qui non più di cinque minuti.-
-Ehm!- Wei An arrossì: -Mi sono persa.-
 Per la terza volta in un’ora Naide dovette soffocare le risa, mentre la tizia dai capelli rossi non si poneva affatto questo problema. Naide osservò il suo profilo, affilato nonostante il viso minuto, mentre rideva e provò un’assurda scintilla di nostalgia. La rossa notò il suo sguardo e si voltò verso di lei. I suoi occhi bruni ebbero un altro guizzo e le sopracciglia lunghe e sottili si corrugarono.
-Ah…- esordì –Tu sei Millet…Naide Millet, vero? La figlia del proprietario.-
Naide si irrigidì immediatamente. Lo sapeva, le voci delle malelingue avrebbero rovinato tutto anche questa volta.
 -Sì.- rispose con un tono gelido, sulla difensiva –E allora?-
L’altra scosse le spalle, un po’ a disagio, dedusse, dato che si passava una mano tra i capelli corti e scompigliati, ma non smise di fissarla interessata.
-No, niente. È da quando sono arrivata l’anno scorso che sento parlare di te ma non ti ho mai vista..-
La bruna sentiva il cuore in gola. Ecco che arriva…
-…Insomma…È un po’ come una leggenda, no? Cioè. Ne senti tanto parlare però non lo hai mai visto.
Come Babbo Natale, no?-
Scese un improvviso silenzio. La maschera gelida e impassibile che Naide si era ricostruita in un attimo crollò miseramente e lasciò il posto a un’espressione completamente sconcertata.
-Come…?-
Prima che potesse fermarsi scoppiò a ridere, ma forte. Non aveva mai riso tanto in vita sua, forse perché a nessuno le era mai venuto in mente di paragonarla a Babbo Natale. Rise tanto che le vennero le lacrime agli occhi. Si sentiva leggerissima, come se qualcuno le avesse tolto un peso dal cuore. L’espressione sorpresa che aveva l’altra non l’aiutò certo a smettere.
 La ragazza che non aveva ancora parlato rise anche lei scuotendo la testa, poi si avvicinò alla testata del letto e porse la mano a Shara.
-Noi non ci siamo ancora presentate…Piacere, io sono Talia.-
Shara la osservò attentamente prima di stringerle la mano e presentarsi a sua volta. Tra tutte quelle tipe strambe, questa forse era quella che le dava la sensazione più forte, o forse era solo l’effetto di vederle lì tutte insieme, quattro sconosciute che si preoccupavano per lei.
Talia aveva il viso ovale, spruzzato da graziose lentiggini, un naso dritto e sopracciglia arcuate semi nascoste dalla frangia biondo paglia. Portava i capelli lunghi raccolti in una spessa treccia, un po’ spettinata, che le ricadeva sulla schiena. La cosa più meravigliosa erano però gli occhi blu, blu come il cielo notturno.
 Faceva un bel contrasto con la sua amica Ione, un tipino dall’aria decisamente ribelle!
-Ehi! E a me non ti presenti?- intervenne Wei An, che aveva riacquistato il suo larghissimo sorriso eccitato. Ma questa volta c’era qualcosa di diverso, perché lo sguardo dell’orientale brillava di una luce strana, quasi…commozione. Forse, rifletté Shara, lei non era l’unica ad avvertire quella strana sensazione.
-Insomma! Cos’è questa confusione in infermeria?! Tornate subito alle vostre classi!-
Le ragazze sobbalzarono tutte insieme quando una bidella bionda, bassotta e con gli occhi che mandavano fuoco e fiamme apparve alle loro spalle sbraitando. Wei An la riconobbe subito come la bidella che l’aveva accompagnata alla lezione della prima ora, mentre Talia e Ione la identificarono subito con il nome in codice di bidellarpia. Furono salvate solo dal suono della campanella. 

***

Da quel primo, stranissimo giorno di scuola, le cinque ragazze formarono un gruppo sempre più compatto. Sembrava che nei loro incontri ci fosse qualcosa di inevitabile, come se fossero decisi dal Fato. Solo Wei An avvertiva quella sensazione come naturale, anzi, forse sapeva anche da cos’era causata, ma nessuna delle altre ebbe mai il coraggio di iniziare l’argomento e l’orientale si guardava bene dallo spiegarlo di sua iniziativa. I suoi occhi dicevano che nascondeva qualcosa, ma le altre erano troppo impegnate a spiegarle come funzionava la vita in America per poter indagare. In effetti, Wei An a volte sembrava arrivare da un altro pianeta, piuttosto che dalla Cina.
 Senza che ci fu bisogno di tanto, tra le ragazze si era creato un legame solido, che né Talia né Ione, che, essendo le uniche della loro età all’orfanotrofio, avevano fatto affidamento sempre e solo l’una sull’altra, né Shara, che ora si svegliava ogni giorno eccitata all’idea di frequentare quella scuola che all’inizio le piaceva così poco, né Naide, che finalmente si scioglieva dalla sua solitudine e sentiva ogni giorno di più di avere finalmente un posto suo, né Wei An, avevano mai avuto.
Erano diventate un normale gruppo di amiche di 14 anni. Normale, almeno, fino a quella notte di circa un mese dopo.



 

Ehilà!!! Eccomi tornata! Scusate un po’ per il ritardo (periodo esami sigh sigh sigh) e per lo stringatissimo riassunto dell’ultimo paragrafo, ma mi rendo conto di non avere il dono della sintesi (se per un giorno solo ho impiegato due capitoli interi…) e voglio entrare subito nel vivo dell’azione! Come vi sono sembrate le Twins finora? ^^ Avete capito qualcosa di più su di loro? Ahaha devo ammettere che un po’ di cose le "scopro" anch’io poco a poco ^^ questi personaggi si stanno muovendo un po’ per gli affari loro nella mia fantasia, scrivere di loro è un po’ come vederle crescere… *^* (ma sono normale?! XD) Aaaah non vedo l’ora di svelare l’arcano mistero di "quella sensazione"!!! Il prossimo capitolo mi divertirò tantissimo e spero anche voi! A settimana prossima (spero!)!!! 

 

 



 

Da quel primo, stranissimo giorno di scuola, le cinque ragazze formarono un gruppo sempre più compatto. Sembrava che nei loro incontri ci fosse qualcosa di inevitabile, come se fossero decisi dal Fato. Solo Wei An avvertiva quella sensazione come naturale, anzi, forse sapeva anche da cos’era causata, ma nessuna delle altre ebbe mai il coraggio di iniziare l’argomento e l’orientale si guardava bene dallo spiegarlo di sua iniziativa. I suoi occhi dicevano che nascondeva qualcosa, ma le altre erano troppo impegnate a spiegarle come funzionava la vita in America per poter indagare. In effetti, Wei An a volte sembrava arrivare da un altro pianeta, piuttosto che dalla Cina. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

O forse sì?

La sensazione e il ricordo del motivo per cui era svenuta la investirono di nuovo e Shara fu sul punto di svenire un’altra volta.

-Ehi, ehi! Non fare scherzi, prendi un po’ questo!-

La ragazza si costrinse a ingoiare lo zucchero che l’altra le porgeva insieme a un bicchier d’acqua. Dopo che l’ebbe svuotato, Shara scorse da dietro le tende non tirate che circondavano il letto la sua soccorritrice alzarsi e riempirlo da un rubinetto dall’altra parte della stanza bianca.

-Dove siamo?- riuscì a dire con voce roca.

-In infermeria. Credevi che ti avessi rapita?- 

 


**** 

 

 

Talia alzò un attimo gli occhi, per vedere la ragazza orientale che si sbracciava. La Dartle la guardò dubbiosa.

-Ma tu…sei l’altra ragazza nuova, vero? Li Wei An, se non sbaglio.- aggiunse controllando il registro.

-Non credo che tu sappia dov’è l’infermeria. Mi sento più sicura a mandare un altro tuo compagno.-

La Dartle aveva tanti difetti, rifletté Talia, ma certo aveva una gran memoria per i nomi e le facce. Qualità che al momento presente la ragazza le invidiava da morire, mentre si chiedeva come faceva l’espressione sconsolata di quella Wei An a sembrarle così familiare.

-Signorina Millet, ci pensi tu? Appena si alza, accompagnala tu.- 

 

 



 

Quello che accadde dopo fu un po’ confuso. La Dartle arrivò proprio nel momento in cui Shara perdeva conoscenza e cacciò un urlo tale da far precipitare in corridoio tutto il resto della classe. Per un momento i presenti dovettero chiedersi di chi prendersi cura per prima, poi la professoressa di Inglese riuscì in qualche modo a ricomporsi.

-Che è successo, signorina Millet?- domandò con voce ancora tremante.

-Non saprei, professoressa.- 

 


****** 

 



 

La ragazza che aveva parlato era alta, slanciata, dai capelli castani portati a caschetto molto curati; gli occhi azzurro ghiaccio facevano un bel contrasto ma c’era armonia sul suo viso ovale, tutto sembrava della giusta proporzione e simmetria. La sua pelle non aveva nulla da invidiare a quella delle bambole di porcellana: era del tutto senza imperfezioni, e Talia provò un pizzico di vergogna per le lentiggini che a lei inondavano le guance. Non di meno, quella ragazza…era proprio come Shara e quella orientale un po’ stramba che sembrava essere l’unica a capire cosa stesse succedendo.

Shara arrivò in quel momento. Quello che scorse sull’entrata della classe bastò a farle accelerare il battito cardiaco: Ione e la sua amica, davanti a loro la cinese che si avvicinava, alle loro spalle l’ennesima persona che sentiva di aver già conosciuto, in qualche modo.

Era arrivata a quota quattro. Era decisamente troppo.

Con un gemito, si accasciò a terra. 

 

 

Da quel primo, stranissimo giorno di scuola, le cinque ragazze formarono un gruppo sempre più compatto. Sembrava che nei loro incontri ci fosse qualcosa di inevitabile, come se fossero decisi dal Fato. Solo Wei An avvertiva quella sensazione come naturale, anzi, forse sapeva anche da cos’era causata, ma nessuna delle altre ebbe mai il coraggio di iniziare l’argomento e l’orientale si guardava bene dallo spiegarlo di sua iniziativa. I suoi occhi dicevano che nascondeva qualcosa, ma le altre erano troppo impegnate a spiegarle come funzionava la vita in America per poter indagare. In effetti, Wei An a volte sembrava arrivare da un altro pianeta, piuttosto che dalla Cina. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Halloween, parte 1 ***


Venerdì. Venerdì 31 ottobre.
Halloween.
Talia chiuse gli occhi per assaporare meglio quella parola, mentre tornava verso l’Istituto "Speranza", dove abitava insieme a Ione. Le strade erano deserte e il cielo tinto già dei colori dell’imbrunire: anche se erano appena le cinque e mezza, le giornate si stavano accorciando, ma a Talia non dispiaceva, c’era un’aria…magica, intorno. Il vento che sospingeva le foglie sembrava sussurrare formule misteriose, le vie silenziose parevano in attesa. E le stelle, le stelle erano la cosa più bella da osservare la sera! Spesso Talia saliva sul terrazzetto sopra la camera sua e di Ione mentre quest’ultima si ascoltava la musica a tutto volume. Entrambe avevano i loro spazi e momenti privatissimi, che per tacito accordo non erano mai stati violati: quando saliva sul tetto a contemplare le stelle Talia preferiva essere da sola, proprio come Ione aveva bisogno di solitudine per scrivere i testi delle sue canzoni.
Inspirò forte e sorrise alla prima stella della sera.
Arrivata alla portineria, incrociò Marylin, la loro tutrice più giovane. Marylin aveva circa trent’anni, corti capelli biondi arruffati e sempre un sorriso cordiale, che, alla vista di Talia, si allargò.
-Ciao Talia! Pronta per stasera vero?-
Talia si bloccò sulla porta.
-Ma avevi detto che quest’anno avresti portato tu in giro Herm, Dakota e Vir!-
Hermes, Dakota e Viridiana erano tre trovatelli dell’istituto che frequentavano ancora le elementari; ogni anno, ad Halloween, erano Ione e Talia a portarli in giro per il quartiere a fare "dolcetto o scherzetto", perché loro erano le maggiori di età e solitamente le tutrici dovevano restare a casa a occuparsi dei bimbi. Questa volta però Marylin aveva promesso che ci avrebbe pensato lei, mentre a badare ai più piccoli sarebbe stata Cathrine, l’altra tutrice (nonché sua sorella), cosicché Talia e Ione sarebbero state libere di andare alla festa della scuola.
 Marylin rise, scuotendo la testa.
-Ma no, ma no, che hai capito! Intendo dire per il party! Tu e Ione siete pronte?-
Talia tirò un sospiro di sollievo e alzò la busta della spesa che teneva in mano con fare significativo. Marylin la guardò con desiderio, mordendosi il labbro.
-Ooh, non avete proprio intenzione di dirmi da cosa vi vestirete vero? Uff, immagino che vi vedrò più tardi, stasera.-
Detto questo, si voltò e la salutò con un cenno allegro e una strizzatina d’occhio.
Neanche a farlo apposta, nell’atrio comparve Cathrine.
 Le due sorelle non aveva nulla in comune tra loro, tranne la pettinatura (anche se la maggiore era bruna), la gentilezza e la passione per i nomi fuori dal normale. Erano fermamente convinte che ogni bambino dovesse avere un nome che lo rispecchiasse e che fosse solo suo; per questo, quando venivano affidati allo "Speranza" dei neonati, Mary e Cath passavano la notte in bianco a scegliere, più maniacali di una vera coppia di genitori.
Per inciso, Talia Road aveva ricevuto quel nome perché era stata trovata sulla soglia dell’istituto, sotto un cielo stellato, mentre Ione si chiamava così per via dei suoi capelli, così rossi da sembrare elettrici.
Cathrine la bloccò nell’ingresso, le labbra sottili strette e la faccia stravolta, che in quel momento la faceva sembrare più vecchia di quanto non fosse in realtà. Si avviò a passo deciso verso Talia e le porse un biberon vuoto.
 -Ti prego, vammelo a riempire. Non posso allontanarmi per cinque minuti che già Anastasia ha morso l’orecchio di Nives, che sta gridando come una pazza, e devo cambiare il pannolino a Giulio per la terza volta in un’ora!-
La ragazza annuì comprensiva. Cathrine era severa, ma si faceva sempre in quattro per tutti e in quel momento Talia provò compassione per quel compito ingrato.
-Vuoi che ti mandi giù Melanie o Sarabi?-
-Sì, per favore. Tu e Ione sbrigatevi, tra poco vi preparo la cena.-
Alla porta della sua camera, bussò tre volte ed entrò senza aspettare la risposta. Ione le fu praticamente addosso.
 -Le hai trovate??-
-Certo! Sono passata mentre tornavo dalla vecchietta.- La "vecchietta" era l’anziana pensionata con cui Talia passava qualche pomeriggio a settimana, aiutandola a fare la spesa e simili, per conto dell’associazione di volontariato locale.
Ione le strappò di mano la busta e tirò fuori con un gridolino di gioia due bella paia d’ali, una da pipistrello e l’altra da angelo. Non erano tanto grandi, ma facevano comunque il loro effetto, considerando che per comprarle avevano dovuto usare i loro risparmi.
-I costumi?-
Ione indicò orgogliosa con la mano i vestiti che aveva disposto ordinatamente sul letto.
-Saremo un fantastico duo di diavoletto e angioletto!- sogghignò –Per di più stasera prevedono che faccia abbastanza caldo, anche se è autunno. Potremo andare in giro per la scuola tranquillamente in canottiera, a mostrare a tutti le nostre bellissime voglie!-
 Talia scosse la testa divertita, Ione si era proprio esaltata. Dovette però convenire che l’idea delle voglie era buona: chissà perché, avevano entrambe una voglia strana sulla spalla sinistra, un altro motivo che le aveva rese unite già da piccole.
Con quei costumi sarebbero sembrati tatuaggi fatti per l’occasione.
–Non vedo l’ora di trovare la nostra vittima!-
-Beh, possiamo provare con Wei An, ma non credo che capirebbe il senso…Naide ci manderebbe a quel paese…però credo che con Shara ci divertiremo parecchio!- rifletté con lo stesso ghigno dell’amica, che esclamò: -E poi il diavoletto sarei io? Sei proprio malefica, con quel faccino d’angelo inganni tutti!-
Talia provò a ribattere: -Non è vero…io non ho chiuso una bambina in un ascensore guasto! Ti ricordi di quella ragazzina montata, in seconda media? Aveva incominciato a prendermi in giro e a rubarmi le penne e tu hai fatto in modo che rimanesse chiusa in ascensore durante un blackout! Quello non me lo dimenticherò mai!-
-Non sapevo che ci fosse un blackout, avevamo solo litigato prima che entrasse in ascensore e d’un tratto le luci sono sparite…-
 -Allora perché ho la sensazione che tu c’entrassi comunque?-
Ione non lo sapeva, né voleva ammettere che persino lei si sentiva responsabile di quanto successo quella volta: era stato come se fosse stata lei a spegnere le luci…nel momento in cui avevano cominciato a sfavillare, aveva sentito un pizzicore sulla spalla sinistra.
Ignorò il disagio e sbottò: -Tu invece mi devi ancora spiegare come accidenti hai fatto a non essere scoperta quella volta alle elementari nell’ufficio del preside! Eri entrata di nascosto per cambiare il mio voto in un’interrogazione e ad un tratto è entrato il direttore…Me lo ricordo bene, ero fuori a guardare! A un certo punto il preside è uscito scappando!-
-Beh, tu non hai visto da dentro! È stato spaventoso! È sceso il buio completo e ho pure intravisto dei pipistrelli!-
-Me lo dici ogni volta, ma continuo a non capire come possa essere successo. E tu?-
Neanche Talia lo sapeva, ma non voleva ripensare a quel momento: prima la paura di essere colta in flagrante, poi una sensazione come di una puntura sulla spalla sinistra, e subito intorno a lei era scesa la notte. Rabbrividì, quella sì che era una storia da Halloween.
-Ma che c’entra adesso?- sbuffò –Cominciamo a prepararci!-

*** 

-Sei pronta, tesoro?- domandò la voce di sua madre dal corridoio.
Naide si diede un’altra occhiata allo specchio del suo tavolino da toilette: gli occhi azzurri erano truccati impeccabilmente con l’eyeliner nero e l’ombretto glitterato grigio perla. Il rossetto rosso scuro le definiva le labbra alla perfezione e due orecchini d’argento, che avevano l’aria di essere molto antichi, le pendevano ai lati del bel viso ovale.
Aveva sempre mal sopportato Halloween. Le piaceva essere elegante, ma l’idea di doversi vestire bene perché doveva la metteva a disagio. Creava un divario insanabile tra lei e le altre ragazze della sua età.
 Perché i suoi genitori non capivano che lei voleva solo essere normale? Avere amiche e divertirsi come tutti gli adolescenti, andare al fastfood il sabato pomeriggio e a ballare la sera?
Sospirò. Quell’anno però Halloween sarebbe stato diverso. Quell’anno lo avrebbe festeggiato con delle amiche vere, cui non importava se era vestita bene o male o quanto bene suo padre potesse parlare di loro con il preside. Sulle sue labbra affiorò il sorriso e lei lo rimirò nello specchio. Alle sue spalle vide sua madre entrare nella stanza.
-Sei pronta, Naide?- ripeté. La donna che chiamava sua madre aveva lunghi capelli mossi, castani, ma di una tonalità più scura dei suoi, un volto spigoloso e bello su cui brillavano intensi gli occhi acquamarina, e un fisico asciutto ma che non mancava di curve. Era una bella donna, ma in quel momento Naide, confrontando il suo volto e il proprio allo specchio, capì quanto poco si somigliassero.
-Sì.- rispose, senza riuscire a nascondere l’improvviso sconforto. La donna le fu subito vicina.
-Che succede, cherie? Cosa c’è che non va?-
-No…nulla, mamma. Sto bene.-
 In quel momento si sentiva ferire da tanta dolcezza. Si era improvvisamente ricordata di come aveva scoperto di essere stata adottata.
Non sapeva com’era successo. Ma ora le sembrava di avere come un déjà vu: sua madre che entrava, lo specchio, loro due che parlavano, e quando la donna era uscita e le aveva lanciato un ultimo sguardo, Naide lo aveva come trapassato con il pensiero e si era trovata nei ricordi della donna: Dauphine Millet si trovava con suo marito a Parigi, quando ancora non si erano trasferiti, e passeggiava sulla riva della Senna. Ad un tratto, dal nulla, avevano sentito piangere e avevano notato quella bambina trascinata dai flutti…aveva una voglia su una spalla, come un simbolo…il signor Millet aveva nuotato per cinque minuti buoni prima di riuscire a portarla a riva. Con la benevolenza del comune di Parigi, erano riusciti ad adottarla, e la signora aveva deciso di chiamarla Naide, come le Neiadi, le ninfe dei fiumi. Allora Naide era uscita dal ricordo ed era ripiombata nella sua stanza, nella stessa posizione di prima se non fosse per quel dolore alla spalla sinistra, e la donna non si era accorta di nulla. Aveva pensato che fosse uno scherzo della stanchezza, ma non poteva negare di sentire di aver visto solo la verità. Però come lo avrebbe spiegato? Non le avrebbe creduto nessuno, e quindi lei non ne aveva fatto parola ad anima viva. Da allora tuttavia le sembrava di poter capire se una persona mentiva o no…inutile dire che si era allontanata da tutte le vecchie, false amicizie.
Ora però ne aveva trovate di vere. E dal profondo del suo cuore sentiva che erano sincere.
Per questo si permise di sorridere al suo riflesso e a quello di sua madre.
-Sto bene. Sto andando a una festa!-

*** 

Perché io?! Perché a me?!, pensava Shara al colmo dell’imbarazzo, mentre si specchiava nel lungo specchio a muro di sua madre. Liza Fyfield si affannava attorno a lei, eccitata come una bambina.
-Guarda, Shara! Non trovi che questo sia stupendo? Ha anche le perline!- esclamò facendo tintinnare davanti al suo naso un gonnellino egiziano viola, molto corto, con attaccate alle frange placchette di metallo dorate.
Shara gemette. Sua madre si era messa in testa di farla vestire da danzatrice araba, ma non sembrava capire quanto potesse essere imbarazzante per una liceale.
Ovviamente, sua madre fraintese il suo gemito.
 -È un colore troppo scuro, dici? Hai ragione, forse fa a pugni con il top rosso…-
-Mamma…- provò a interromperla la ragazza, senza grandi risultati.
-Ora che mi ci fai pensare, a te non piacciono i colori bui, vero? In effetti i colori caldi ti stanno molto meglio…Oh, ricordo quando ci siamo trasferiti in questa casa, tre anni fa! Quando ti ho lasciato mi pareva che la tua camera avesse i muri verde scuro, ma al mio ritorno erano arancio!-
Liza Fyfield rise, come se il misterioso accaduto fosse assolutamente normale e causato solo da una sua sbadataggine.
Shara, al contrario, non rise affatto.
Lei ricordava benissimo cos’era successo. Era rimasta da sola in quella stanza dalle pareti che sembravano coperte di muffa, quella fredda stanza. Aveva pensato "Che colore orribile!", aveva pensato che quella camera era gelida. Tuttavia c’era una bella e grande porta finestra rivolta a est, che dava su un piccolo balconcino, e un bel letto grande, dall’aria morbida e la testata d’oro finto elaborata che gli dava un’aria principesca. Peccato che il colore delle lenzuola fosse in tema con le pareti. Aveva pensato "Se cambiassero i colori, questa stanza sarebbe bellissima e più calda."
Allora forse la sua vista aveva cominciato a sfocarsi, no, era la stanza che si stava…sciogliendo?! Sulla spalla sinistra aveva sentito una forte pressione…poi in un battito di ciglia la camera era diventata esattamente come voleva lei. Shara quel giorno rischiò di svenire sul serio per la prima volta.
-Shara?-
 La ragazza si accorse in quel momento che sua madre aveva smesso di parlare e aspettava una risposta. In mano teneva un paio di pantaloni arabi, con il cavallo basso e fasce elastiche sgargianti alla vita e alle caviglie, decorate con dischetti dorati che pendevano e scintillavano alla luce. Era di un bell’arancione, come le zucche di Halloween.
Sua madre sorrideva dolcemente.
-Li ho presi oggi…speravo che ti sarebbero piaciuti.-
Shara era rimasta senza fiato, balbettava ringraziamenti incoerenti. La signora Fyfield fu soddisfatta dell’opera e ricominciò con le proposte d’abbigliamento.
-Ovviamente dovrai metterti delle cavigliere sopra i sandali sai? Ah, non ti preoccupare, al tg hanno detto che ci sarà un bel clima tiepido stasera…Però per andare vuoi portarti lo stesso il coprispalle? Anche se sarà un peccato, nascondere quella tua meravigliosa voglia sulla spalla…- 

*** Inspirò. Espirò. Inspirò di nuovo, le mani, appoggiate una sopra l’altra con i palmi verso l’alto, si sollevarono al livello del plesso solare. Allora espirò, abbassandole e appoggiandole sulle cosce.
Wei An si stava concentrando nella posizione del loto. Teneva gli occhi chiusi, la fronte ampia era rilassata e sulla bocca si intravedeva l’ombra di un sorriso.
La porta scorrevole della palestrina si aprì e comparve il volto barbuto del suo tutore.
-Wei An? Ma tu non dovevi andare a una festa, stasera?-
-Certo.- rispose la ragazza, senza scomporsi e senza aprire gli occhi.
-Mi sto preparando.-
-E vai così?- domando poi l’uomo, squadrando il kimono da combattimento a mezze maniche che indossava.
 A questo punto Wei An si rialzò con grazia, senza appoggiare le mani a terra, e si voltò verso di lui sorridente. La seta bianco perlaceo della veste scintillò.
-Oggi è Halloween, Tibor.-
Il vecchio spalancò gli occhi sorpreso, poi si fece estremamente serio.
-Oggi..- mormorò.
-Proprio oggi! Te n’eri dimenticato?- lo canzonò lei con alcuna malizia nella voce allegra, mentre si sistemava il grosso fiocco di seta che pendeva sul fianco sinistro e si allacciava gli ultimi bottoni dell’allacciatura del kimono, che tagliava in diagonale la camicia, finendo sull’angolo destro. I bordi e i bottoni, fatti di seta annodata, erano turchesi, come il fiocco e l’elsa della spada cinese che Wei An portava al fianco. Tibor la notò in quel momento. Esitò prima di parlare.
-Te la lasceranno portare dentro?-
-Lo spero! In fondo è solo da allenamento, non è affilata…ma oggi preferisco non andare disarmata comunque.-
 Gli rivolse un sorriso spensierato e lui non poté fare a meno di preoccuparsi per quella ragazzina esile, generosa e cristallina. Erano tredici anni che gli era stata affidata perché la crescesse con un compito…ma ora che quel giorno era arrivato, dovette trattenersi dal dirle di non andare. Invece, rispose: -Stai attenta, mi raccomando.-
-Lo sarò, Tibor.-
La ragazza fece il saluto, inchinandosi leggermente e portando davanti al viso il pugno destro chiuso contro il palmo dell’altra mano. Quando si chinò, i suoi lunghi capelli corvini scivolarono dalla spalla sinistra, e il vecchio sobbalzò.
-Wei An! Hai tagliato una manica del kimono!- esclamò indignato. Lei sogghignò mentre lo superava di corsa, diretta verso la porta principale. Sulla soglia, prima di uscire, si voltò verso di lui: i suoi occhi brillavano, come la runa incisa sulla sua spalla sinistra.




 

Fatto anche questoooo no, in realtà doveva essere più lungo, ma sono sotto esami e quindi l’ho tagliato a metà, sigh. Farò il capitolo "Halloween – Parte 1" e "Halloween – Parte 2", ma no mi odierete, verooo??? ^^’’
Eeeeeh, finalmente si inizia a parlare un po’ di magia! Fatemi sapere se avete avuto un’intuizione riguardo ai poteri delle Twins! Il loro compito non sarà così facile da capire adesso, forse si capirà di più nella seconda parte di "Halloween", ed è proprio per questo che voglio impegnarmi a scriverla…e mi sono presa una settimana in più…
Ci vediamo al prossimo chapter, ahahahaha!!

*** 

 

 

 


 

*** 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inspirò forte e sorrise alla prima stella della sera.

Arrivata alla portineria, incrociò Marylin, la loro tutrice più giovane. Marylin aveva circa trent’anni, corti capelli biondi arruffati e sempre un sorriso cordiale, che, alla vista di Talia, si allargò.

-Ciao Talia! Pronta per stasera vero?-

Talia si bloccò sulla porta.

-Ma avevi detto che quest’anno avresti portato tu in giro Herm, Dakota e Vir!-

Hermes, Dakota e Viridiana erano tre trovatelli dell’istituto che frequentavano ancora le elementari; ogni anno, ad Halloween, erano Ione e Talia a portarli in giro per il quartiere a fare "dolcetto o scherzetto", perché loro erano le più grandi e solitamente le tutrici dovevano restare a casa a occuparsi dei più piccoli. Questa volta però Marylin aveva promesso che ci avrebbe pensato lei, mentre a badare ai bimbi sarebbe stata Cathrine, l’altra tutrice (nonché sua sorella), cosicché Talia e Ione sarebbero state libere di andare alla festa della scuola. 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Halloween, parte 2 ***


Chiedo SCUSISSIMAAAAA la tecnologia mi odia e ogni tantoi trova il modo di dimostrarmelo -.- in poche parole, per un po' sono rimasta senza computer e senza storia...sig sig perdonate la mia assenza!!
In questo capitolo finalmente si movimenteranno un po' le cose! Spero vi piaccia...




La festa era iniziata: ragazze e ragazzi tra i 13 e i 18 anni si scatenavano in mezzo alla palestra al ritmo di una canzone di Karmilla, mentre i più timidi si rintanavano a ridosso dei muri e dei tavoli del buffet parlottando tra loro…o meglio, provandoci, perché Karmilla urlava talmente tanto che era impossibile capire una sola parola. I più furbi di loro andavano fuori, nel cortile, dove l’atmosfera era più rilassata e forse anche più adatta al tema della festa: zucche intagliate da ghigni vari e perfidi erano appoggiate dovunque ci fosse una superficie rialzata; le candele al loro interno rendevano superflua qualsiasi altra luce. Gli addetti alla scenografia si erano ammazzati di lavoro nelle ultime settimane per creare le decorazioni da appendere in tutta la scuola, ma ne era valsa la pena, perché il sangue sui muri del portico, la tomba posta sotto la statua di Voltaire e lo scheletro dell’impiccato appeso al canestro in palestra sembravano proprio veri. Il meglio era stato proprio all’inizio, quando il ragazzo nascosto dentro la “bara” del pensatore francese stava pronto a balzare sui nuovi arrivati. Ora, a festa ben avviata, era seduto lì accanto a ridere e scherzare con alcuni amici, ma le attrattive non erano finite: lungo tutto il portico, che circondava il cortile ma che a un certo punto si biforcava per girare attorno alla palestra, c’era una bella atmosfera romantica per le coppiette, nonostante i ragni di gomma penzolanti dalle ragnatele finte; il giardino dietro alla palestra era silenzioso e quieto e poteva diventare il territorio migliore per gli scherzi… o il luogo di dolci appuntamenti al buio, se non si faceva troppo caso al pupazzo “cadavere” dietro il cespuglio e alle lapidi di polistirolo disseminate qua e là; sulle pareti delle scale che conducevano ai piani superiori, oltre a ragnatele a profusione e zucche, erano state dipinte le ombre dei pipistrelli (“Con colori ad acqua!” avevano assicurato gli scenografi allo scettico  preside) ed erano stati posizionati cartelli coperti di sangue finto che indicavano in quali zone era possibile andare. Infatti tutti i laboratori, le aule e la biblioteca erano chiusi, ma era rimasto aperto il bar, decorato allo stesso modo della palestra, solo in modo meno esagerato. Era proprio in palestra che gli studenti incaricati avevano dato il meglio di sé: luci stroboscopiche, festoni a forma di zucche e pipistrelli e scheletrini, sagome di cadaveri segnate sul pavimento con lo scotch bianco come nei migliori telefilm del crimine, tovaglie rigorosamente arancio e nere e il palco montato sul fondo, che sotto all’impiccato dava l’idea di essere un vero patibolo. Gli addetti alla musica non erano stati da meno, anzi, forse avevano peccato di eccesso di zelo, grazie alle grosse casse poste ai quattro angoli e al Dj nella sua “cabina” semicoperta dalla facciata di piccolo mausoleo disegnata su cartone. Quando doveva fare gli annunci il ragazzo, vestito da zombi, si sporgeva dalla finestrella con il microfono, piuttosto esaltato.  
Inutile dire che la palestra era affollatissima ed era rimasto pochissimo spazio libero, benché fosse piuttosto grande. Ione riuscì  a fatica a oltrepassare il muro umano tra lei e il buffet, e dire che era pure uno stecchino! Concentrata, afferrò un paio di focaccine e panini, dopo essersi infilata in bocca una generosa manciata di pop corn; quindi, si preparò a riaffrontare la marea di gente per uscire. Non fece neanche lo sforzo di trattenere gli insulti a quelli che le urtavano le sue preziosissime ali, tanto con quella musica così alta, chi poteva sentire? Perlomeno si sfogava un po’.
Arrivò da Talia con la faccia un tantino stravolta e l’amica non poté che scoppiare a ridere. Ione la guardò torva mentre le piantava in mano la sua parte del bottino (immeritato) e cominciava a ingurgitare la sua. Tra un boccone e l’altro, si allontanarono dall’entrata della palestra.
-Che fine ha fatto Shara?-
-Non lo so.  È sparita appena sei entrata…ho provato a cercarla, ma senza successo. Magari- aggiunse Talia, con una voce cadaverica –è stata rapita da un fantasmaaa!-
Ione alzò un sopracciglio davanti all’esibizione della biondina, ma ghignò lo stesso.
-Accidenti, ha davvero così tanta paura degli scherzi che possiamo farle da sparire? Forse è meglio lasciarla un po’ tranquilla…Talia, siamo così terribili?-
-Lo scopriremo presto! Ho appena visto Naide!-
Le due si sbracciarono verso la loro nuova potenziale vittima con un gran sorriso. Alla luce sinistra delle zucche, i simboli sulle loro spalle scintillarono vividi.

***

Shara era corsa via non appena Talia si era voltata. Ora si appoggiava alla parete delle scale, sconvolta e senza fiato.
Quelle due…come facevano a essere così tranquille (per modo di dire)? Come se non bastasse, era pure Halloween! Non che Shara fosse superstiziosa, ma era davvero…facilmente impressionabile, ecco. Nell’ultimo mese aveva imparato a non fare più caso a quella strana sensazione che le diceva “Ma io queste ragazze le conosco da molto, molto più tempo!” e che la inquietava e rassicurava al tempo stesso…ma quando è troppo, è troppo! Chiuse gli occhi per calmarsi e reclinò la testa indietro, appoggiandosi al muro e respirando forte.
Le aveva trovate subito, davanti al cancello della scuola, decorato da teschietti che dondolavano al vento e che l’avevano fatta rabbrividire. Si stava bene, nonostante fosse fine ottobre, ma se tirava aria faceva freddino. Mentre aspettavano di entrare, Shara aveva un giubbotto, Talia e Ione le loro giacche. Le due amiche non avevano mascherato la loro eccitazione e la loro gran voglia di fare scherzi, e già Shara aveva cominciato a preoccuparsi…una volta all’interno, però, al riparo dal vento freddo e tra il calore della palestra e delle zucche, aveva cominciato a sentirsi davvero male. Perché le due ragazze avevano tolto le loro giacche, svelando per intero i loro costumi. Inizialmente Shara non si era accorta di nulla, anzi, li aveva ammirati e aveva fatto pure i complimenti per come si erano coordinate: indossavano entrambe pantaloncini corti, canottiera e scaldamuscoli alle braccia e collant a righe bicolori, ma, mentre su Ione i colori prevalenti erano rosso e nero, per Talia erano azzurro e bianco; la rossa aveva un paio d’ali da pipistrello, portate a zainetto, e la bionda un paio da angioletto. Quando l’una si infilò il cerchietto con le corna da diavolo, l’altra si mise l’aureola fatta con dei fili d’oro (ricavati probabilmente da un addobbo natalizio, ma faceva comunque un bell’effetto). E, tadaaan!, ecco il “mitico duo degli scherzetti di Halloween”, contraddistinto dal ghigno eccitato sul viso.
Shara non aveva neanche finito di pensare “Ma non siamo un po’ troppo cresciute per queste cose?” che le aveva notate: sulla spalla sinistra di entrambe le sue amiche, c’era una voglia, diversa ma insieme simile alla sua. Vedendole, per un lungo attimo aveva smesso di ricevere ossigeno al cervello. Si era come impiantata a fissarle, mentre cercava con tutto il cuore di convincersi che non era possibile, mentre cercava con tutto il cuore di sopprimere sempre la stessa sensazione misteriosa e inquietante, ripresentatasi improvvisamente più forte di prima.
Perché anche quelle voglie le risultavano così familiari? Era la prima volta che le due le svelavano! Shara tremava, sentiva le gambe molli ed era impallidita. Aveva capito che se sarebbe rimasta con loro un attimo di più sarebbe svenuta, o avrebbe vomitato…nel dubbio, aveva scelto di darsi alla fuga.
Ora, lì, appoggiata alla parete, si era calmata un poco ma non aveva smesso di tremare. Con una mano stringeva convulsamente la spalla sinistra, dove la sua voglia, quello strano triangolo con un baffo sotto, era ancora nascosta dal coprispalle.
Magari sono solo coincidenze. Che vuoi che sia? In fondo non è poi così strano avere una voglia sulla spalla.
Sì ma in tre? Nello stesso punto?
Piantala di fare l’isterica! Ragiona…non c’è nulla di paranormale in questa storia!
Nulla?
No, nulla, non preoccuparti…Sono io che mi devo preoccupare! Questa storia mi sta facendo impazzire, mi sono anche messa a parlare da sola!!!
-Shara? Stai bene?-
Shara riaprì gli occhi e si drizzò subito verso chi aveva parlato: Wei An la stava fissando perplessa. In un primo momento la ragazza iraniana sobbalzò, perché Wei An, che già aveva la pelle pallida, vestita con quel kimono bianco luccicante le era parsa un fantasma. Appena la riconobbe tirò un sospiro di sollievo.
-Mi hai fatto prendere un colpo!-
-Perché? È successo qualcosa?-
-Beh…- Shara si chiese se l’inusuale nota d’ansia che sentiva nella voce della sua amica non fosse solo la sua immaginazione.
-…No, non proprio. È solo una serata da brividi, tutto qui.- rispose infine. Wei An sorrise un po’ incerta, il che non era da lei.
-Va bene…Se hai paura, conta pure su di me! E ora andiamo dalle altre, insieme la paura si affronta meglio!- Così dicendo, le tese la mano e a quel movimento, i suoi lunghi capelli neri scivolarono via dalla spalla sinistra…
Shara rimase impietrita. Una voglia…
La ragazza asiatica si accorse del suo turbamento, ma non ne sembrò sorpresa né ritirò la mano. Anzi, la guardò fissa negli occhi dorati, seria come non l’aveva mai vista.
-Shara, ti fidi di me?-
Fidati, ti prego, come facevamo allora!
La seconda frase Wei An non l’aveva pronunciata, ma a Shara sembrò di leggerla nel suo sguardo nerissimo. Vi lesse una forte nostalgia…e un affetto che sembrava assurdo per quel poco tempo che si conoscevano. O era solo una sua impressione? Quello che era certo era che Wei An sprizzava determinazione da tutti i pori.
Esitante, accettò la mano.

***

-…Ma come vi siete conciate?!- chiese Naide alzando scettica un sopracciglio.
-Come ti permetti! Insultare la nostra magnifica tenuta!- sbottò Ione.
Talia guardò le due amiche bisticciare con un sorriso. Una volta aveva letto da qualche parte che se due persone litigano, è perché si conoscono bene…questa piccola rivalità che c’era tra Ione e Naide non era solo il segno che erano effettivamente l’una l’opposto dell’altra, ma anche la dimostrazione che in un solo mese erano riuscite a costruire un’amicizia profonda, che guarda al di là delle differenze.
Sembra che si conoscano da una vita!
Scrollò le spalle a quel pensiero improvviso, ormai ci aveva fatto l’abitudine a quella sensazione.
Ad un tratto un brivido freddo le corse sulla schiena. Si riscosse dai pensieri e si guardò attorno, all’erta. Era tutto normale, eppure…le sembrava che ci fosse qualcosa di strano…
-…E comunque, come mai arrivi qui solo a quest’ora? È tardi, sai?-
Naide sbuffò, incrociando le braccia snelle.
-Mio padre mi ha chiamato nell’ufficio del preside, almeno in queste occasioni formali vuole andarlo a salutare in pompa magna, con tutta la famiglia.-
Ione strabuzzò gli occhi, l’idea di un incontro così noioso con l’esaltato preside Chastant la faceva inorridire.
-Uggh…che roba lunga! È quasi mezzanotte!-
Quasi mezzanotte?!
Quella frase fece rabbrividire di nuovo Talia, senza che lei riuscisse a capirne il motivo. Lasciò di nuovo vagare lo sguardo intorno, apprensiva. Non c’era niente di anormale. Gli altri studenti intorno a lei ridevano in gruppetti, passeggiavano, ballavano al ritmo della musica che proveniva dalla palestra. Ora che ci prestava orecchio, però, notò che non era più Karmilla a cantare, al suo posto era stata messa un’inquietante musica goth. L’aria non si era fatta più fredda? Le candele nelle zucche, che prima davano un calore piacevole, ora illuminavano solo ghigni malefici, facendoli sembrare vivi. Ovunque si voltasse, Talia vedeva zucche che la fissavano crudeli. I movimenti delle ombre la riempivano d’ansia.
-Hai visto Wei An, per caso? Noi ancora no…-
-Sì, sono venuta insieme a lei, ma poi l’ho lasciata prima di entrare in ufficio, non potevo certo costringerla a restare…almeno lei doveva godersi la festa!-
Le altre sembravano non essersi accorte di nulla. Sentiva la voce tranquilla di Naide rispondere a quella irrequieta di Ione…Se loro non sentivano il pericolo, allora doveva essere Talia a proteggerle. Lei era responsabile. Non sapeva perché pensava questo. Semplicemente era così.
Spostò la sua attenzione sulle sue amiche, seria. Sì, le avrebbe protette, il motivo non importava.
Il suo sguardo cadde sulla spalla sinistra di Naide. Si intravedeva appena, ma sotto la manica a sbuffo trasparente, decorata in ricami di pizzo nero, c’era…
Una voglia!
Ione doveva aver notato la stessa cosa, perché esclamò: -Ehi! Ci hai copiato l’idea! Ti sei fatta un tatuaggio sulla spalla?-
La ragazza la fulminò con gli occhi di ghiaccio. –Io non mi faccio tatuaggi, soprattutto finti! Questa è una voglia.-
-Che vuoi dire? Guarda che anche le nostre sono voglie!- protestò l’altra con forza, ma la voce tradì inquietudine, riflessa dalla sua espressione quando si voltò verso Talia. Perché si voltava verso di lei? Come se lei avesse tutte le risposte?
Talia si fece ancora più seria. Nel vento, sentiva fremere la notte. Qualcosa, di sicuro, stava per succedere. Mancava poco a mezzanotte…
-Ragazze!- chiamò la voce familiare di Wei An. Si avvicinava correndo, trascinandosi dietro una pallidissima Shara. Immediatamente Talia si preoccupò. Non solo Shara sembrava sul punto di svenire, anche il sorriso di Wei An aveva qualcosa di diverso.
-Mi accompagnate su al bar? Ho fame e non credo che sia rimasto qualcosa al banchetto.-
Anche la voce non era la stessa spensierata di sempre.
-Eh? Al bar? Ma tra poco è mezzanotte, e poi il cibo al bar si paga mentre il banchetto è gratis..-
-Ione, non solo riesci a ingozzarti con qualsiasi tipo di cibo, sei pure tirchia!-
Talia lanciò un’occhiata di sbieco a Naide. Aveva fatto quella frecciatina unicamente per spezzare la tensione, si vedeva che anche lei avvertiva che c’era qualcosa che non andava. Fissava con intensità la ragazza asiatica…poi prese Ione per un braccio e se la tirò dietro, chiamando le altre:
-Beh, allora andiamo?-
Talia capì subito: non era un pensiero che arrivava dalla logica, ma sentiva che Wei An le stava proteggendo. Dentro sarebbero state più al sicuro che fuori, e questa era una certezza che la invase, mentre gettava uno sguardo alle stelle prima di seguire le sue amiche a perdifiato sulle scale.
-Naide, smettila di tirare! Uffa, ragazze, ma ragioniamo, a mezzanotte ci si trova tutti in palestra, che senso ha salire, non ci sarà nessuno! E PERCHÉ ACCIDENTI STIAMO CORRENDO??-
Nessuno prestò attenzione alle urla di Ione, neanche quando Wei An svoltò in un corridoio vuoto e buio, non segnalato dai cartelli. Ione smise di urlare.
-Ma…ma…non stavamo andando al bar?- chiese però allarmata.
-Smettila una buona volta di lamentarti! Seguici e stai zitta!- sbottò Naide spazientita ma con una voce che rivelava quanto fosse spaventata in realtà. Non riusciva a correre, il lungo vestito nero di foggia ottocentesca era semplice per i canoni dell’epoca cui era ispirato, ma non facilitava certo i movimenti.
Wei An si fermò solo quando raggiunse un’aula con la porta lasciata per sbaglio aperta, anche se Talia sospettava che il “per sbaglio” fosse dovuto a quei minuti in cui l’orientale era rimasta da sola. Doveva aver forzato lei la serratura, altrimenti non si sarebbe diretta verso quella classe con altrettanta sicurezza. Una volta entrate, chiuse la porta alle sue spalle.
-INSOMMA, MI VOLETE SPIEGARE CHE CAVOLO SUCCEDE?!- sbraitò Ione. Wei An si voltò a fronteggiare le amiche, la schiena appoggiata alla porta chiusa. Alla luce fiochissima delle stelle che proveniva da fuori si intravedeva il suo viso, e nessuna delle ragazze lo aveva mai visto così serio.
-Probabilmente adesso non crederete a ciò che vi sto per dire- disse –ma siamo in pericolo.-
A quelle parole Talia sentì una stretta sul braccio, ma prima di trasalire per niente si accorse che era solo Shara, che si era aggrappata a lei con un’espressione terrorizzata sul bel viso scuro.
Perché si aggrappava proprio a lei per trovare conforto?
-A-aspetta un momento! In pericolo…perché? Qual è il problema?-
Ione aveva ripreso a fare domande, ma la sua voce tremava. Wei An rispose togliendosi dalla spalla sinistra delle ciocche di capelli, e prima ancora che la scoprisse del tutto, Talia aveva già intuito cosa vi avrebbero scorto. Tuttavia non riuscì a trattenere un sussulto, come le altre.
-Questi simboli- spiegò infatti l’orientale –non sono delle normali voglie. Sono un dono e un pegno che ci ha dato l’Oracolo quando siamo state liberate.-
Oracolo? Quella parola suonava arcana, misteriosa…e allo stesso tempo familiare.
Liberate…liberate da cosa? Da chi?
I pensieri erano confusi, scissi e mescolati tra dubbio e comprensione.
C’è qualcosa che dovrei ricordare…
-Sono il simbolo dei poteri che ci sono stati concessi.-
Poteri?
Improvvisamente nella mente di Talia passò un flash, il ricordo di un ufficio che in un attimo diventava buio, come in piena notte.
-Po-poteri? Ma che stai dicendo?- balbettò Ione. Talia osservò le sue amiche: erano sconvolte, come lei, ma ognuna aveva una reazione diversa. Shara era ammutolita e stringeva convulsamente il suo braccio, facendole pure un po’ male; la rossa apriva e chiudeva la bocca, senza sapere bene cosa dire, le sopracciglia corrugate e ogni singola fibra del suo corpo che esprimeva rifiuto; Naide fissava intensamente la ragazza asiatica, scioccata…anzi, no, sul suo volto si alternavano incredulità, fiducia, comprensione e dubbio, così velocemente che era come se si fossero fuse tutte insieme. Infine sussurrò, scuotendo la testa: -Non è possibile…tu…stai dicendo la verità..?-
Wei An annuì.
-Ma…ma…- l’affermazione dell’amica sembrava aver peggiorato le cose. Le guancie di Naide si arrossarono per la sua irritazione.
-Ma allora sei pazza! Questa…questa non può essere la verità!…Eppure…perché sento che lo è?-
L’ultima frase l’aveva rivolta solo a se stessa, ma in quel silenzio sepolcrale che si era creato l’avevano sentita tutte.
-Adesso basta!- sbottò infatti Ione –Siete pazze tutte e due! Questo scherzo è anche durato fin troppo e oltretutto non fa affatto ridere!-
-Ma non capisci?!-
Talia si sorprese di sé. Non era da lei alzare la voce a quel modo, ma percepiva, attraverso il buio, che il pericolo si stava avvicinando, e che tempo da perdere non ce n’era.
-Non lo senti? C’è qualcosa di…malvagio, qui intorno! E se non c’è ora, ci sarà tra poco!-
Si voltò verso Wei An, ignorando le proteste dell’amica.
-Cosa dobbiamo fare? Cosa sta succedendo veramente?-
L’altra ricambiò seria lo sguardo.
-La mezzanotte di Halloween è un momento magico: appena scocca, il divario tra il nostro mondo e quello degli spiriti si assottiglia, come nei sogni. È raro che in realtà accada qualcosa, perché i confini tra un mondo e l’altro sono sorvegliati, ma dei demoni sono sfuggiti al controllo. Non si sa chi sono né chi li comanda. Stanotte questi demoni arriveranno fin qui…e noi dobbiamo essere pronte ad affrontarli.-
Seguì un lungo silenzio. Dopo vari sforzi, finalmente Ione riuscì a parlare.
-Come..co…che?!-
-Vi ho portate fin qui perché gli altri non devono essere coinvolti. Quelle cose le possiamo vedere solo noi, che abbiamo il potere, gli altri non possono difendersi.-
-Un momento…intendi dire che..-
-Sì, Talia. I demoni inseguiranno noi.-
-Perché proprio noi?- gemette Shara.
-Noi abbiamo il potere. Loro lo vogliono. Semplice. Con i nostri poteri sarebbero in grado di attraversare il confine quando desiderano.-
-Questo è un bel guaio.-
-Ma come faremo ad affrontarli, Wei An?-
Stavolta sul viso dell’orientale comparve un sorriso dolce, mentre sfiorava con le dita il proprio simbolo.
-Ognuna di noi ha il suo potere. Trovatelo dentro di voi, affidatevi ad esso e riuscirete ad usarlo.-
Per un attimo sembrò voler aggiungere qualcos’altro, ma ad un tratto, da qualche parte nella città, suonarono forte i rintocchi di un campanile.
-È scoccata la mezzanotte! È…-
La ragazza non riuscì a finire la frase: una scossa di terremoto le fece cadere tutte a terra e si udì nell’aria qualcosa di simile a un tuono.
-È iniziata! VIA! FUORI DI QUI!- urlò Wei An, spalancando la porta e gettandosi fuori. Ione la seguì in un riflesso incondizionato, mentre Talia trascinava fuori Shara, con Naide alle calcagna. Un attimo dopo sentirono come un ruggito alle loro spalle, ma Naide fu svelta a chiudere la porta con un calcio.
-Wei An!- urlò. L’orientale era già alla fine del corridoio, ma si voltò nella corsa: -Correte! Separiamoci, così li confondiamo!- Detto questo afferrò la mano di Ione e sparì dietro l’angolo. Talia si affrettò a fare lo stesso con Shara non appena vide fremere la porta della classe, e si lanciò dalla parte opposta.
-Dove vuoi andare?-
-Non lo so, Naide! Ma penso sia meglio allontanarci dal cortile. Se cercano noi, non devono essere coinvolti gli altri.-
-E quindi la fine del ratto dovremmo farla noi? Non mi pare un ragionamento sensato!-
-Per di qua…si arriva alla biblioteca!- le interruppe la voce flebile di Shara.
Talia sentiva l’adrenalina attraversare come un fiume in piena ogni fibra del suo corpo, eppure la sua mente in quel momento ragionò freddamente.
-Seminiamoli tra gli scaffali, poi usciamo!- urlò mentre spalancava le porte della biblioteca con un calcio. Dentro, era buio completo, ma non si fermarono per decidere da che parte andare, perché sentivano che qualcosa le seguiva; per di più, Talia, in qualche modo che ancora le era sconosciuto, vedeva. Quell’oscurità per lei non era tale, sapeva esattamente dove erano collocati gli oggetti e gli ostacoli e sceglieva la via più facile per le sue amiche, svoltando prima a sinistra, poi a destra tra gli enormi scaffali…
Che siano questi i miei “poteri”?
Mancava poco, di fronte a loro ormai avevano di nuovo l’uscita.
Sì, ci siamo quasi…
Un rumore tremendo, seguito dal barcollio dello scaffale alla loro sinistra, fece sobbalzare Shara, che istintivamente staccò la propria mano da quella di Talia. Poi avvertì un colpo all’altezza dello stomaco,e il dolore quasi non la fece rendere conto del fatto che veniva scaraventata verso il muro insieme a Naide. Il rumore assordante dello scaffale che crollava a terra coprì le urla di Talia, e la polvere nascose Naide e Shara alla sua vista. Erano state separate.
-Shara! Naide! Mi sentite?- Talia cercò di scavalcare la massa confusa di legno e libri davanti a lei, ma qualcosa la afferrò da dietro e la lanciò dalla parte opposta, mentre qualcos’altro troneggiava sopra le sue amiche, stese a terra. Naide aprì gli occhi, ringraziando di essere ancora viva dopo una batosta del genere, ma appena vide la cosa che la sovrastava desiderò con tutto il cuore di richiuderli: la scarsa luce proveniente dalla porta alle sue spalle lasciava intravedere un gigante nero, con braccia che sembravano due sequoie e il collo taurino; in effetti, guardandolo meglio, Naide si accorse che aveva proprio la testa di un toro.
Un…Minotauro?!
L’essere alzò di nuovo un braccio, ma prima che potesse schiantarlo su di loro Naide afferrò la sua amica per le spalle e la trascinò via dalla traiettoria. Il braccio le mancò di un pelo, mentre affondava nel pavimento come fosse burro, alzando altra polvere e calcinacci con un rumore terribile.
-Shara…ti prego Shara, riprenditi!- sussurrò rivolta all’amica, disperata.
Talia, Ione, Wei An, dove siete?


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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Halloween, parte 3 ***


Wei An aveva appena svoltato nell’altro corridoio quando un’ombra strisciante apparve quattro passi più avanti, ma la ragazza la schivò con un agile salto, tirando Ione per un braccio.
La rossa non smetteva un attimo di parlare.
- Ahi! Mi hai fatto male! Che succede? Cos’è quella roba per terra?! Attenta ce n’è un’altra! Ahia! Mi hai fatto male di nuovo! Non potresti stare più attenta? Smettila di tirarmi! Cosa facciamo adesso? Perché ci siamo fermate? Quelle cose sono ancora…-
-Ione!- la interruppe l’orientale –Stai un attimo zitta?-
Ione non fece in tempo a protestare, perché dal soffitto calò un’altra ombra, grossa e dall’aria muscolosa. Dalla mandibola sporgente spuntavano due lunghe zanne e teneva tra le mani scagliose un forcone.
L’Oni [N.d.A.: diavolo dei racconti popolari giapponesi] bloccava loro la strada, alla fine del corridoio. Ione si voltò subito per tornare indietro, ma il pavimento alle loro spalle ora era coperto per intero di ombre, tanto che sembrava che a terra fosse colato del petrolio.
-Wei An- chiamò con voce tremante. –Che facciamo adesso?-
Wei An aveva un’espressione calma, anche se seria e concentrata.
-Adesso- rispose –tu devi fare silenzio.- Detto questo, chiuse gli occhi e si sedette a terra con le gambe incrociate.
-Ma che..-
Ione si zittì immediatamente, ma solo perché aveva visto l’amica prendere in mano la spada che teneva al fianco e estrarla dal fodero, lenta, come un rito. Non poté però trattenere un gemito quando vide l’orco delle favole asiatiche correre verso di loro. Wei An non si scompose: con la stessa calma e la stessa regolarità nel respiro, passò due dita della mano sinistra sul piatto della lama, dall’elsa fino alla punta, inspirando a fondo. La runa sulla sua spalla s’illuminò.
L’Oni era ora di fronte a loro, e teneva puntato il forcone su Wei An. Con un urlo disumano, lo abbassò…
Ci fu un guizzo di luce, così rapido che Ione a malapena se ne accorse, e il mostro fu sbalzato indietro, con le braccia ancora alzate e una ferita profonda sul suo petto. Dalla ferita sgorgava una sostanza scura, a metà tra il liquido e il gas.
Wei An non gli diede il tempo di riprendersi. Si lanciò verso di lui e cominciò ad attaccare, mentre il mostro si difendeva a stento con l’asta del forcone, ululando e cercando di azzannarla. Ma la ragazza era agile e aggraziata come una ballerina, e schivava le sue zanne ogni volta, o le parava con la sua lama. Non aveva tanta forza come il mostro, ma era abile a usare la sua stessa forza contro di lui, tornando sempre in vantaggio. Si abbassava, schivava, stoccava. Si alzava con un giro su se stessa, la lama argentea che disegnava un cerchio attorno a lei, seguito dagli sbuffi nauseanti della sostanza nera che colava di nuovo, e di nuovo. Infine balzava, e si appoggiava con un piede alla spalla del mostro, compiva un salto mortale e atterrava alle sue spalle per colpirlo. All’ultima sequenza il demone fu troppo lento, e la spada di Wei An affondò nel suo ventre, facendolo dissolvere un una nuvola nera, che si disperse nell’aria.
La ragazza orientale rinfoderò la spada e si voltò verso una basita Ione.
Wei An si godette il momento.
-Forte, eh?-
-Tu…cosa…ma chi sei tu?!-  esclamò l’amica.
-Questo è il mio potere: sono una combattente del Qi [N.d.A. si pronuncia più o meno “tsì” e nella cultura cinese indica (per farla breve) il soffio vitale, l’energia interiore]!-
La spiegazione non ebbe però l’effetto desiderato. La rossa la squadrò con un’aria ancora più interrogativa.
-Ehm…salute!- rispose infatti, come se l’altra avesse appena starnutito.
Wei An decise di ignorare il sarcasmo e spiegarsi meglio.
-Le semplici Arti Marziali non servono a niente contro mostri che vengono dai sogni, ma utilizzando la mia forza interiore, ovvero il mio Qi , posso combatterli ugualmente. Infatti prima ho coperto la lama della mia spada col Qi, altrimenti non gli avrei fatto neanche un graffio. Oltretutto, è solo una lama da allenamento…- Per dimostrarlo, la ragazza vibrò una stoccata che fece ondeggiare la punta della spada a pochi centimetri dal naso di Ione con un sonoro “ciak!” e che per poco non le fece anche venire i capelli bianchi dallo spavento.
-Visto?- riprese, tranquilla –È flessibile, non taglia davvero. Non è affatto pericolosa.-
Inutile dire che Ione fosse di un altro parere, ma l’amica confuse la sua espressione per meraviglia.
-Lo so, sono un fenomeno!-
-Sì, ma da baraccone! Non dovresti prendere loro, invece di puntare la tua cosa su di me??- sbottò Ione appena in tempo, per poi buttarsi sulla sua amica un attimo prima che un’enorme mano viscida si richiudesse su di lei.
-Da dove è sbucata quella cosa?- esclamò Wei An da terra.
-Da quel muro dietro di te, fenomeno!-
Non era il momento di protestare, e Wei An lo sapeva. Era stata incauta, rifletté mentre osservava  la mano nera e oleosa che rientrava nella parete.
Dove colpirà adesso?, si chiese.
Ione avvertì un fremito. Dentro di lei. Era una specie di brivido che partiva dalla spalla sinistra, un pizzicore vago che la metteva a disagio ma che la manteneva allerta. Anche prima di vedere la mano lo aveva sentito, e ancora prima di scontrarsi con l’Oni, e prima del terremoto…Ora che lo provava di nuovo, aveva ancora paura, ma sapeva anche più o meno cosa aspettarsi. Era come se percepisse un’anomalia intorno a lei, e più era vicina, più la voglia bruciava…
Con la coda dell’occhio vide Wei An chiudere gli occhi e inspirare a fondo, come aveva fatto poco prima. Non sapendo cos’altro fare, decise di imitarla e cercò di concentrarsi sul proprio respiro e su quella sensazione.
Ok. Questa storia dei poteri e dei mostri dalle altre dimensioni è da psicopatici, ma ci credo. Ci devo credere! Voglio uscire viva da qui, sono troppo giovane per morire e soprattutto non ho mai suonato a un concerto dal vivo! E poi che razza di fine è morire a scuola prima del weekend? Che fregatura!..No aspetta Ione, concentrati…concentrati…
La ragazza stringeva i pugni allo spasmo, tanto da tremare. Aveva il battito del cuore a mille e un gran mal di testa, sentiva caldissimo. Stringeva anche gli occhi, per non vedere quella massa di ombra nera come il petrolio che invadeva il pavimento del corridoio davanti a lei. Sentiva che era quello il mostro da affrontare, ma questo sembrava potersi espandere e cambiare forma in ogni momento, senza contare che poteva pure attraversare i muri!
Concentrati, concentrati! Ci devo credere, anzi, no, ci vogliocredere!
Ione spalancò gli occhi, in un impeto di rabbia. Una scossa più forte…stava per attaccare!
Ma il mare d’ombra davanti a lei non si era mosso di un centimetro.
E se…
Fece appena in tempo a buttarsi dall’altra parte che la mano nera spuntò fuori dal pavimento, ma fu con un secondo di troppo che spostò Wei An dalla traiettoria. L’amica lanciò un urlo, tenendosi il braccio dove le unghie della mano l’avevano quasi afferrata. Si appoggiò al muro tremante: un lungo taglio partiva dalla spalla fino al gomito, e sulle sue dita colava il suo sangue, insieme a un residuo di sostanza nerastra.
-Wei An!- gridò Ione atterrita: l’amica era pallidissima. L’aiutò a sedersi mentre l’altra le rispondeva con un gemito. –Scusa Ione…-
-Ma che ti scusi a fare, stupida! Sono io che mi devo scusare, se ti avessi presa prima…-
-No…è che credo che questa roba nera mi abbia bloccato il Qi. Non ti posso più proteggere…-
Le parole dell’amica gelarono Ione. Per un attimo fu come se tutti i suoi pensieri fossero un grosso foglio completamente bianco, poi l’urgenza del presente e l’adrenalina la fecero tornare in sé. Solo che quelle parole continuavano a rimbombarle nella testa, mentre la compagna, insieme al suo Qi, sembrava star perdendo anche conoscenza.
Non ti posso più proteggere…
Di nuovo Ione sentì quel fremito alla spalla, ma non provò più paura. In lei si era accesa una strana determinazione. Si voltò con calma, ma dallo sguardo si leggeva chiaramente quanto fosse furibonda.
Quella nuova determinazione non crollò neanche quando vide che le ombre si erano raggruppate tutte insieme, in un grumo grosso e alto due metri che la sovrastava. Dai suoi lati sbucarono due mani enormi, come quella che aveva ferito Wei An. Il pizzicore sulla spalla aumentò, ma Ione questa volta aveva deciso di affrontare il problema invece di fuggire.
-Senti un po’, budino.- esordì, gelida -Tu e i tuoi amici mi avete rovinato una delle serate più divertenti dell’anno, e passi. Ma nessuno può permettersi di toccare le mie amiche…-
La lampada della luce al neon sfrigolò. La cosa fece per allungare una mano mostruosa verso la ragazza, ma una pioggia di scintille lo fece esitare. Provò di nuovo, con più impeto.
-…e se prima ero solo arrabbiata, ora sono davvero furiosa!- urlò Ione, fermando la mano con un solo braccio. Le scintille cadevano copiose dalla lampada. La runa sulla sua spalla si illuminò.
Ione sentiva un calore e una forza improvvisi, il corpo era invaso da un’energia mai avuta prima. Non si era mai sentita tanto forte. Non faceva alcuno sforzo a trattenere il braccio enorme di quella cosa! Aveva la sensazione di avere la testa dentro un palloncino, in balia della corrente elettrica: euforia, rabbia, paura e determinazione si fondevano tutte insieme…erano troppo per poterle sopportare a lungo…Ione non sapeva con esattezza quello che stava facendo, ma seguì l’istinto: appoggiò entrambe le mani sul braccio mostruoso e desiderò lasciare andare tutta quell’energia accumulata. Bastò un battito di ciglia. L’essere nero si disgregò sotto i suoi occhi, senza emettere un suono, attraversato da migliaia di scintille azzurrine e rossastre.
Così com’era venuta, la forza la lasciò all’improvviso e Ione si ritrovò in ginocchio a respirare affannosamente.
-E’ finita…- gemette. Ma cosa ho fatto? E come ho fatto?
Scosse la testa, prima di cercare risposte doveva occuparsi della sua amica. Si voltò a fatica verso di lei.
-Wei An, stai bene?-
L’orientale era accasciata su un fianco, ma sul viso pallido era disegnato un debole sorriso.
-Brava Ione, ce l’hai fatta…-
La rossa ricambiò il sorriso un po’ incerta.
Prima che potesse decidere il da farsi, le pareti tremarono e udirono un tonfo sordo dall’altra parte del corridoio.
Le ragazze sussultarono ed esclamarono nello stesso momento i nomi delle loro amiche.
Non era affatto finita.
 
***
 
Shara non avrebbe voluto svegliarsi mai più, se svegliarsi significava ripiombare in quell’incubo assurdo. Le doleva dappertutto e faticava ancora a respirare. Tutti i suoni le arrivavano come da molto lontano…forse era morta davvero…
-Shara…ti prego Shara, riprenditi!-
Naide?
La voce della sua amica era disperata. Proprio Naide, che sembrava così brava a mantenere sempre il controllo?!
Al fondo della sua coscienza arrivarono altri rumori, attutiti, rimbombanti, ma l’urlo di Naide lo sentì forte e chiaro. Era un urlo di dolore.
Certo, ora che si ricordava, Naide era stata sbalzata via insieme a lei, erano finite entrambe contro il muro. Sei lei non riusciva nemmeno a muoversi, Naide non doveva essere messa tanto meglio.
Un altro tonfo, e un altro grido spaventato. Perché questo le era sembrato più lontano?
Shara avvertì una stilettata di dolore al petto che non aveva niente a che fare con le ferite, quando capì. Naide si stava allontanando per evitare che la cosa – qualunque cosa fosse – se la prendesse con lei, che era in parte priva di sensi.
E lei rimaneva lì?
Qualcosa cominciò a turbinare dentro il suo stomaco, come una fiamma, guidato da un sentimento strano, che andava salendo verso il petto, le spalle, la fronte. La spalla sinistra bruciava terribilmente, ma non faceva male, anzi. Non era un fuoco che bruciava, era un tepore piacevole che scacciava via il dolore. Iniziò subito a respirare meglio, prendendo profonde boccate d’aria. Aprì gli occhi: si trovava ancora nella biblioteca…o in quello che ne restava. Voltandosi, vide che il muro alle sue spalle era ridotto in macerie, e nel corridoio…
La sua amica era a terra, che gattonava, strisciava e rotolava per sfuggire ai colpi della clava nera di…un minotauro?!
Naide stava facendo del suo meglio per ignorare il dolore che si espandeva dallo stomaco e dalla gamba in tutto il resto del corpo. Non era stata abbastanza veloce a schivare quella mazza, soprattutto perché era inciampata nelle macerie del muro, che le avevano pure stracciato la gonna e praticato un lungo taglio dal ginocchio in giù. Strinse i denti mentre si lanciava alla sua destra, verso il corridoio per l’aula di musica. Doveva allontanarsi il più possibile dalla biblioteca, dove aveva lasciato Shara.
Andiamo, resisti! Ignoralo! Hai sempre ignorato tutti e tutto, ora non ce la fai anche con un semplice taglietto?
No, non ce la faceva. Non bastavano le parole a convincere le sue gambe a muoversi più velocemente.
La terra tremò, facendole perdere l’equilibrio. Era il mostro che si avvicinava a grandi passi. Non aveva neanche raggiunto l’angolo…
-Naide!-
Quel richiamo la fece voltare di scatto, e la scorse: Shara si era svegliata e correva verso di lei, fuori dalla biblioteca…
…sotto gli occhi del Minotauro. Naide spalancò gli occhi per l’orrore. Dietro alla sua amica che si avvicinava, vedeva il corpo ingombrante del Minotauro e la sua clava alzata, pronta a colpire.
-SHARA, STA’ GIÙ!- urlò, con tutti il fiato che aveva in gola, mentre distendeva le braccia davanti a sé. Shara si gettò a terra accanto a lei, coprendosi la testa.
In quel gesto che le era venuto così spontaneo, sentì una fitta alla spalla sinistra. Poi non ebbe tempo di pensarci, perché ci fu solo il rumore assordante di qualcosa che si rompeva, e subito una pioggia di detriti cadde addosso alle due ragazze spaventate. Il mostro grugnì, ma qualcosa lo aveva sbalzato indietro, perché ci fu un secondo tonfo e la terra tremò di nuovo. Naide si azzardò ad aprire gli occhi. Il Minotauro era davvero stato lanciato dalla parte opposta del corridoio. Ma chi era stato?
Shara tossì la polvere delle macerie che avevano addosso. Poi la guardò interrogativa.
-Cosa…cosa ci ha protette? Perché non siamo state colpite?-
-Che dici? Con quel colpo ha centrato il muro..- rispose Naide, ma immediatamente si bloccò: non c’era un muro, lì in mezzo al corridoio, anche se lei aveva desiderato con disperazione che ci fosse, per farsi da scudo…
-Stai bene?- le chiese di nuovo Shara. La ragazza si riscosse.
-Io sì…tu, piuttosto! Non eri svenuta?-
Shara si torse le mani. –Sì, però…non so come spiegarti, ma…aspetta, ma tu sei ferita!- esclamò. Il sangue che usciva dal taglio imbrattava tutto il pavimento, Shara si chiedeva come avesse fatto a non notarlo prima. Una strana sicurezza si impadronì di lei.
-Stai ferma e avvicinati.- disse poi con un tono autorevole. Naide era troppo sbalordita per obbiettare. Quella che aveva davanti agli occhi era sempre la dolce, timida e fifona Shara? Shara stessa era stupita, ma aveva la certezza che quella era una cosa che solo lei, lei e nessun altro, poteva fare: guarire la sua amica, esattamente come aveva fatto con se stessa pochi attimi prima. Non sapeva come fare, sapeva solo che lo poteva fare.
Inspirò profondamente e appoggiò le mani sul taglio; i palmi erano bollenti, ma il loro calore non era nocivo, era lo stesso calore che le turbinava dentro e che abbracciava la spalla con sopra quella voglia magnifica. Mentre sentiva che il suo potere di guarigione stava operando, si sentì in pace con se stessa. Distese tutti i muscoli, spianò la fronte, e chiuse gli occhi.
Naide fece lo stesso. Quel tepore dolce che penetrava nella sua ferita era un balsamo, non solo per i graffi, le botte e i lividi su tutto il suo corpo, ma anche per il dolore che covava dentro di sé, quel timore di non essere accettata per come era che la accompagnava da sempre. Respirò profondamente, accogliendo quella sensazione di pace. Se il suo mondo interiore fino ad allora era stato una foresta di montagna, intricata e ripida, ora le appariva come una distesa regolare, aperta e tranquilla. Tutto le apparve chiaro. Sondò a fondo se stessa, e finalmente capì quale mai fosse il suo potere, come facesse a indovinare i pensieri altrui, come sentiva se le stavano mentendo, persino seppe come era apparso dal nulla quel muro… soprattutto, capì che da sola non sarebbe mai riuscita a comprendere. Certo, c’era ancora una moltitudine di cose da scoprire, la distesa, per quanto regolare, era pur sempre una pianura immensa!, ma in quel momento Shara le aveva donato la pace per trovare se stessa.
Un trotto, accompagnato dalle vibrazioni del pavimento, le distrassero e sciolsero il contatto. Aprendo gli occhi nello stesso momento, videro il Minotauro correre verso di loro.
Ma ora Naide aveva una mezza idea di cosa fare.
-Non hai più il potere di farmi paura, ombra!- esclamò puntando repentina una mano contro di lui. Dal nulla, in un battito di ciglia, comparve una parete di rovi e spine che circondava il mostro. O meglio, dire che era apparsa non è esatto: era come se fosse sempre stata lì ma solo ora l’avessero notata, esattamente come quel muro poco prima…
Quei rovi erano talmente intricati che sembravano un labirinto, e senza che nessuno potesse accorgersene stavano crescendo e diventavano più alti ogni secondo; proprio come accade alle cose nei sogni, cambiava senza che fosse possibile rendersene conto. Non importava quanto il Minotauro grugnisse, scalpitasse e menasse colpi con la sua clava: i viticci spinosi si stringevano sempre più e per ogni ramo spezzato altri due prendevano il suo posto. In breve ne fu sopraffatto, e scomparve in una nuvola di strano fumo nero con un muggito. I rovi scomparvero con lui, nello stesso modo con cui erano apparsi.
Naide si accasciò a terra. Si sentiva stanchissima…aveva mal di testa, e non aveva voglia di pensare a niente, soprattutto non voleva pensare a quanto fosse assurdo tutto ciò, la sua parte razionale non l’avrebbe di certo ringraziata. Per ora le bastava sapere di essere viva…Ebbe un tuffo al cuore quando sentì rumore di passi, ma fu sollevata dalla voce di Shara che esclamava i nomi di Ione e di Wei An.
-Ragazze, state bene?- domandò subito la rossa.
-Noi adesso sì…non so ancora come facciamo a essere vive ma…-
La risposta di Shara venne troncata dalle due amiche, che si accasciarono a terra con un sospiro di sollievo.
-Ione, non è ancora finita..- sussurrò Wei An con voce flebile.
-Stai zitta, ti prego! Fammi riprendere fiato, ok? E’ incredibile che io non sia ancora schizzata con tutto questo! E parlare non ti farà star meglio…-
La voce inquieta di Ione fece sorridere Naide. La ragazza straparlava come al solito, segno che quindi stava bene. Tuttavia Wei An non sembrava molto in forma, quindi per l’apprensione si costrinse a rialzarsi e a verificare. Barcollò verso le amiche.
-Wei An, sei pallidissima!- esclamò spaventata. Non sapeva come facesse Ione a starsene stravaccata così, ma poi intuì che la ragazza era stravolta e stanca almeno quanto lei.
-Shara, dammi una mano!- chiamò, sapendo che Shara avrebbe potuto aiutarla…ma quando la scrutò da vicino, ebbe la bruttissima sensazione che neanche lei stesse troppo bene…
Ci siamo tutte sforzate troppo,capì. Aveva ragione; per di più, al contrario delle altre, Shara aveva usato il suo potere per la prima volta non solo su se stessa, ma anche per curare Naide, quindi era doppiamente stanca. Stava in piedi per pura forza di volontà, non sapeva se sarebbe riuscita a guarire una terza persona quella sera.
-Naide..- chiamò Wei An, distogliendola dai suoi pensieri. –Dov’è Talia?-
Era vero, Talia ancora mancava all’appello. A Naide si strinse il cuore, ricordandosi che erano state separate nella biblioteca, ma non sapeva cosa le fosse successo…
Stranamente, quando ad un tratto tutto attorno a lei divenne buio e si sentì sovrastata da una potenza molto al di là delle sue sole forze, quello divenne l’ultimo dei suoi problemi. Si ritrovò ad urlare insieme alle sue amiche. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Halloween, parte 4 ***


Talia era ancora dentro la biblioteca, alle prese con un’enorme ombra che non la faceva passare. Non riusciva a vederla con precisione, diversamente da tutto ciò che la circondava, e questo le metteva maggiore ansia. Cercava in tutti i modi di raggiungere l’uscita per aiutare le sue amiche, ma dovunque si voltasse aveva davanti questo muro d’ombra nera, e per quanto si convincesse di averlo aggirato, non riusciva liberarsene.
Perché? Ero convinta di riuscire a vedere al buio, cos’è questa cosa che mi blocca?
Il pavimento tremava e, lontane, udiva le grida di Naide. L’inquietudine e la paura crescevano.
Ecco! Forse ci sono… pensò appena girò l’angolo della libreria. Ad un tratto non vide più nulla, era tutto completamente nero. No, non ce l’aveva fatta.
-Sono stanco di giocare, ragazzina. Perché non mi fai vedere di cosa sei capace?-
A quelle parole, sussurrate come se chi avesse parlato le fosse a un soffio, Talia rabbrividì. Erano parole roche e distanti, ma allo stesso tempo vicinissime.
-Chi…chi sei?- riuscì a dire con voce tremante.
-Chi sono non ha alcuna importanza… a meno che tu non riesca a darmi un motivo valido per non ucciderti subito.-
-Fammi uscire di qui!-
Talia cercò di spingere via quell’ombra, ma era come affondare le mani nel vuoto. Apparentemente, di fronte a lei non c’era nulla. Nulla…
-Risposta sbagliata.-
La paura divenne ben presto terrore. La ragazza sentiva i brividi salirle dalla punta delle dita, sapeva che non stava toccando niente, eppure le sue mani erano diventate improvvisamente fredde, e il freddo si allungava lungo le sue braccia come se avesse dei tentacoli invisibili.
Fammi uscire… pensò disperata, il suo corpo tremava, di freddo, di paura. Ma prima che la morsa del gelo potesse toccarle le spalle, ritrovò la forza d’animo per arretrare e tirare via le mani da quella massa buia. Come se fosse rientrata in una stanza calda, il freddo sparì. Solo, le aveva lasciato le mani tremanti, ma non era sicura che non stesse ancora tremando dallo spavento.
Cercò di farsi coraggio sfregandosi le braccia e si voltò, verso dove poteva ancora vedere. Lì, sembrava che non ci fosse nulla di strano, certo, le librerie rimaste in piedi erano in disordine e quelle cadute a terra erano semi distrutte, ma di quel terrore atavico e istintivo che aveva appena provato non c’era traccia. Forse si era sognata tutto, a volte l’agitazione può fare brutti scherzi.
Devo trovare le altre!, si disse. Ricominciò a correre per cercare un passaggio, ma di nuovo, svoltato l’angolo, trovò il buio completo a sbarrarle la strada.
Fece un salto indietro per lo spavento.
-Forse non mi sono spiegato, ragazzina. Non ho voglia di giocare! Faresti bene a mostrarmi subito i tuoi poteri, se li sai usare. Altrimenti ti ucciderò senza neanche darti la possibilità di difenderti!-
Talia urlò, ma il muro nero che aveva davanti inghiottì il suo grido con la sua avanzata. Senza neanche pensarci due volte, la ragazza girò i tacchi e fuggì. Stavolta non stava neanche pensando all’uscita, il pensiero primario era allontanarsi da quella cosa. Non aveva mai corso così veloce in vita sua, se era per questo, neanche pensava di essere così brava: l’adrenalina le aveva messo le ali ai piedi, ogni ostacolo che trovava lo saltava senza degnarlo di una seconda occhiata e senza rallentare la sua folle corsa. Ma era certa che i suoi fantomatici “poteri” in questo caso non c’entrassero niente, era solo la paura che la spingeva così al margine delle sue potenzialità.
O almeno, questo era quello che avrebbe pensato se fosse stata lucida e tranquilla.
Questo è un incubo!, era la sola frase di senso compiuto che il suo cervello si permetteva di esprimere, in mezzo a quel tumulto di emozioni nella sua testa. Era stremata. Sentiva il gelo dell’ombra pizzicarle il collo, ma la sua resistenza stava raggiungendo il limite. Non aveva più fiato, sentiva il cuore in gola e le gambe le cedevano. Per di più, da quando aveva iniziato a correre, non era avanzata di un metro verso l’uscita.
Basta… non ce la faccio più…
Si fermò, accasciandosi con le spalle al muro. Era in trappola.
I suoi occhi erano offuscati dalla stanchezza e dalle lacrime, ma non poté fare a meno di notare che l’ombra l’aveva completamente circondata. Non aveva più la forza neanche per mettersi a piangere, anche se avrebbe voluto.
-Guardati… sei solo una lepre che sa solo scappare.-
Di nuovo quella voce, fredda e malvagia, come quell’oscurità da cui non filtrava alcuna luce.
Luce…
-È tutta qui la tua arte? Non ti è servita a molto, anche le lepri prima o poi si arrendono al cacciatore…-
La sua arte? I suoi poteri? Chissà se davvero ce li aveva… l’unica cosa cui riusciva a pensare al riguardo era quel lontano giorno delle elementari, quando era scesa la notte nell’ufficio del preside… oppure il fatto di poter vedere al buio, ma dentro quell’ombra così fitta non ce la faceva comunque. Era di luce che aveva bisogno, non di notte!
-…per ora mi accontenterò del tuo misero potere, poi cercherò le tue amiche, che soccomberanno dopo di te…-
Talia spalancò gli occhi con un sobbalzo. Le sue amiche! Ione, Naide, Wei An, Shara…che fine avevano fatto? Stavano bene?
Un improvviso senso di responsabilità le invase il cuore. Ricordò le proprie riflessioni di quella sera, prima che scoccasse la mezzanotte, quelle riflessioni che aveva fatto sotto il cielo stellato.
Io le proteggerò. Non mi importa come.
Quel desiderio, in tutto quel mare confuso di emozioni che l’avvolgeva, era chiaro come una stella.
Io le proteggerò.
Avvertì un pizzicore alla spalla sinistra, che si propagò a tutto il resto del corpo come una miccia accesa da una scintilla.
Poi le venne un’idea strana.
Se questo desiderio è così luminoso da scacciare la mia paura, trapasserà anche queste tenebre?
Il muro d’ombra le era a una spanna, ma questa volta non esitò né cercò di allontanarsi, bensì vi si gettò dentro.
 
***
Shara aprì gli occhi di scatto, spinta da un inspiegabile senso di angoscia. Sbatté le palpebre, guardandosi intorno: scale mobili, grandi scaffali, un sacco di gente.
Un centro commerciale? Si trovava al centro di una sala molto ampia, le persone le passavano accanto senza neanche notarla. Era confusa, non ricordava come fosse arrivata lì, ma si rassicurò quando si accorse che c’era Naide al suo fianco. Solo, questa Naide aveva qualcosa di…diverso? Quanto diverso? Non riusciva a ricordare.
All’improvviso si avvicinò un uomo, dall’impermeabile chiaro e la barba sfatta.
-Scusate! Vi spiacerebbe seguirmi, per favore?-
-Come, prego?- rispose Naide.
-Sorveglianza! Avete sottratto i vestiti che indossate, signorina!-
Shara ebbe un colpo, in effetti i vestiti che indossava la sua amica avevano tutta l’aria di essere nuovissimi, anzi, avevano su ancora il cartellino. Le parole uscirono da sole dalla sua bocca.
-Un attimo! Noi stavamo tornando alla sfilata, per restituirli!-
E’ vero… ora ricordo, c’era una sfilata…
-E’ vero, dovete crederle! Non avevo alcuna intenzione di rubarli! Io..- si difese Naide, ma l’uomo la interruppe: -Okay, okay! Chiarirete la cosa con il direttore! Ora seguitemi tutt’e due senza fare storie!-
Accidenti… Sembrava che il sorvegliante volesse concludere il discorso al più presto, forse aveva già deciso che erano entrambe delle ladre. Sapevo che entrare qui non sarebbe stata una buona idea, in particolare quella ridicola sfilata! Tutto ciò le avrebbe messe in vista, ora erano nei guai. Loro non ci avrebbero messo molto a ritrovarle…
Loro…
Cos’era quella paura, quell’ansia? Da chi stavano fuggendo? Shara si sentiva molto confusa. Guardava in basso, cercando di riordinare i pensieri, mentre seguiva l’uomo. Sul pavimento lucidissimo e pulitissimo del centro commerciale vedeva riflesso il proprio viso…
Il mioviso?!
C’era qualcosa che non andava. Lei non era così. Non portava gli occhiali. Non aveva i capelli corti. La pelle era sì scura, ma le fattezze del viso non erano le sue! Ma allora perché era così familiare quel volto? Perché inconsciamente lo riconosceva come suo?
Il cuore le batteva talmente forte che temeva potesse scoppiare.
Peggio del peggio, si accorse troppo tardi di quello che stava succedendo. Era tutto confuso, come un sogno.
-Andiamo! Su forza! Seguitemi!- chiamava l’uomo. Aveva una voce arrabbiata, e le afferrò la mano  con forza.
-Ahi! Così mi fate male al polso!-
-Dove… dove ci state portando?- chiese Naide. Non erano più nel centro, erano nel parcheggio.
-Voi non siete un agente del Reedrose, vero?-
-Che intuito! Mi chiedevo quando ci saresti arrivata, ragazzina! E ora dentro l’auto! Senza fare storie!- aggiunse, spingendo Shara per la testa, costringendola a infilarsi dentro una macchina.
Naide la raggiunse dopo un attimo, anche lei spintonata dal falso poliziotto. Cominciarono a gridare.
-Aiuto! Aiuto!!-
L’uomo, seduto al volante, si voltò verso di loro con un ghigno.
-Ancora non lo avete capito? Quaggiù nessuno vi può sentire!- Il viso dell’uomo perse consistenza, divenne sfocato, tutto si scuriva… ora al posto dell’uomo c’era una massa di buio densa e compatta, tanto oscura da non potervi vedere attraverso.
-Nessuno!-
Shara urlò di nuovo.
 
***
 
Ione sbarrò gli occhi e arretrò con uno scatto, aspettandosi come di venire colpita da qualcosa. Nulla. Si guardò intorno e si accorse di trovarsi dentro un cespuglio.
Come ci sono finita qua dentro?
Un sospiro accanto a lei la fece sobbalzare, poi si rese conto che era solo Wei An.
Ma… era davvero Wei An? Benché fosse una ragazza orientale, non ne aveva gli stessi tratti del viso.  Eppure, era certa che fosse lei!
La sua amica guardava verso una casa di mattoni rossi, con un’espressione preoccupata ma risoluta.
-Eccola là! Il cane da guardia!- disse. Attraverso la finestra, anche Ione vide un’ombra… ebbe all’improvviso paura. Paura di essere scoperte. Di essere catturate. Di essere assorbite, di nuovo…
Assorbite… da chi? Non riusciva a ricordarlo.
-Le nostre compagne sono là dentro, sole… disperate… abbandonate…-
-Io abbandonerei te, se potessi…- la interruppe Ione. Non le piaceva quel modo drammatico di esprimere la situazione, era vero, le loro amiche erano in pericolo, si ricordava una cosa del genere, ma se Wei An parlava così la faceva agitare ancora di più!
-Ma visto che non posso, sarà meglio se ci diamo una mossa!- aggiunse uscendo furtivamente dal cespuglio. Non importava la paura, aveva deciso: la priorità era salvare le loro amiche.
-Perfetto!- sussurrò Wei An di rimando. -Il piano è questo, allora… una di noi potrebbe fare da esca, sacrificandosi per salvare le altre!-
Il solito piano strampalato di Wei An, dichiarato come se fosse formidabile. La ragazza non si smentiva mai.
-Interessante!- brontolò Ione, affacciandosi come l’amica alla finestra per sbirciare dentro. –C’è un piano di riserva?-
L’amica sbuffò, risentita.
-No, non c’è! Ma puoi sempre farti venire in mente qualcosa tu, genio!-
-Eh già! Così se, va storto, potrai sempre dare la colpa a me!- ironizzò Ione. Si sedette accanto alla sua amica, ma prima di allontanarsi dalla finestra scorse nel vetro il suo riflesso…
Da quando in qua ho gli occhi blu?! Gli occhi non erano il solo particolare strano, tutto il suo viso era diverso da come se lo ricordava! Eppure, sapeva benissimo che era il suo viso.
Poi dalla sua bocca uscirono parole che neanche lei capì del tutto.
-Bisognerebbe distrarre Orube! Finché c’è lei in casa, non riusciremo a liberare le altre!-
Orube…la cacciatrice… Chi era, chi era? Ione non ricordava bene… tutto ciò che rimaneva era l’idea di un grosso felino dagli occhi dorati, e la paura di essere scoperte.
-Se uscisse e restasse fuori per un po’, noi avremmo il tempo per entrare, liberarle e scappare!-
-Beh, se non vuole uscire, possiamo sempre stanarla noi!- esclamò Ione. Le era venuta una bella idea.
-Un bel fuoco dovrebbe funzionare!-
Come in un sogno, il cespuglio di fianco a loro prese fuoco, ce l’avevano fatta, ora si alzava fumo dal cespuglio… ma non andava dalla parte giusta, il vento lo spingeva verso di loro. Ione si sentì addosso una tremenda puzza di bruciato, e il fumo la soffocava… le era entrato negli occhi, non vedeva bene, aveva paura che da un momento all’altro la cacciatrice sbucasse fuori a prenderle. Poi il fumo si fece improvvisamente più scuro, tanto scuro, fino a trasformarsi in una massa di buio nera e compatta, che rideva, incomprensibilmente rideva, con una voce roca e malvagia.
 
***
 
Naide si dibatté tenendo ancora gli occhi chiusi. Poi si azzardò a riaprirli. Si trovava in una camera piuttosto squallida: c’erano solo un letto, e uno specchio. Le lenzuola del letto avevano colori dal gusto discutibile, lo specchio era rotto, l’intonaco della parete veniva via, il riscaldamento non funzionava e lei, se ne rese conto solo ora, indossava abiti leggeri. Soprattutto, che ci faceva legata?
Un leggero rumore la fece voltare. Shara –era Shara, vero?- aveva un pezzo di vetro in mano e sembrava indaffarata a tagliare le corde che anche a lei stringevano i polsi.
Ora ricordava, erano state fatte prigioniere da un uomo che sperava di ricevere un riscatto dalla sua famiglia..
la miafamiglia?
C’era qualcosa che non andava. Però era forte il sentimento di paura. Quell’uomo, fuori da quella stanza, la spaventava, e ancora di più la atterriva l’idea che presto loro si sarebbero accorte di dove si trovavano.
Loro chi? C’era qualcuno che le inseguiva, ma non ricordava chi fosse, né perché.
Shara si liberò e le passò il pezzo di vetro. Mentre si accingeva a tagliare le proprie corde,  il suo riflesso nel frammento di specchio catturò la sua attenzione.
Ma come..?
Era lei, quella?
Si voltò di nuovo, verso lo specchio rotto alla sua sinistra: non se lo era immaginata, il riflesso le diceva che era bionda! Ma lei non lo era… o forse sì? Benché lo specchio fosse rotto, Naide non aveva dubbi sul fatto che quella fosse la propria immagine.
Scosse la testa, confusa, e finì di recidere le corde. L’importante ora era fuggire, perciò seguì Shara fuori dalla finestra. Lì, appiattite con la schiena al muro, cominciarono a camminare sul cornicione.
Il vento soffiava forte, molto forte, ed erano a diversi piani di altezza.
-Ripensandoci, forse la mia non è stata una grande idea!- ammise Shara, tremando da capo a piedi mentre gettava un’occhiata terrorizzata a terra.
Anche Naide era terrorizzata, ma doveva far coraggio alla sua amica, in qualche modo. Adottò un tono falsamente spavaldo e disse: -Parli dell’idea di uscire dalla finestra o di quella di salire sul cornicione?- Mentre parlava cercava di avvicinarsi, ma le scarpe che indossava erano nuove e pure dotate di tacco, e l’edificio parecchio fatiscente… Mise un piede in fallo, si sbilanciò, e per un secondo lunghissimo cercò invano di riacquistare l’equilibrio con le braccia, ma un pezzo del cornicione volò giù verso l’abisso, come in un incubo non c’era più nulla sotto di lei, solo buio… una massa di buio densa e compatta che stava per inghiottirla.
 
***
 
Wei An gemette. Non voleva aprire gli occhi, aveva paura di quello che avrebbe visto. La spalla le faceva male. Troppo male… doveva almeno verificare in che condizioni fosse, così si costrinse a socchiudere gli occhi.
Intorno a lei non c’era nulla. Nulla.
E’ vero... sono nel Limbo. Era così che lei e le sue amiche avevano deciso di chiamare il non-luogo dove finivano, quando loro le riassorbivano. Lì non potevano dormire, non potevano sognare. Potevano solo stare ferme e sveglie, e sentirsi immensamente sole, perché non potevano in alcun modo comunicare tra loro.
Eppure, in qualche modo Wei An si rendeva conto che quello, adesso, era un sogno. Ma la spalla le doleva troppo, era difficile rimanere lucida. La sua coscienza le scivolava via…
Perché sentiva dolore alla spalla? Come si era fatta male? Non ricordava.
Ma aveva importanza? La sua padrona non se ne sarebbe preoccupata di certo, almeno finché fosse rimasta nel Limbo. Wei An si trovò a sperare che lei la tirasse fuori al più presto, che la usasse, anche se di solito era una cosa che le dava fastidio. Ma no, aveva troppo bisogno di uscire da lì, da quel luogo piatto e grigio dove non poteva sognare e neanche avere un nome.
Si alzò a fatica. Non c’era luce. Quella desolazione la faceva stare male. Non si vedeva che grigio a perdita d’occhio, ma la sensazione era quella claustrofobica di starsene in un luogo stretto e chiuso. Troppo stretto per contenere la sua voglia di vivere.
La sua padrona, lei, non la sentiva? Per quanto gridasse, lei non la sentiva mai.
Tacque e si risedette. All’improvviso, fu invasa da una profonda tristezza. La sua vita era legata a decisioni altrui, le sue non avevano peso. Non poteva essere libera, come avrebbe voluto. Wei An continuava tuttavia a sperare, la sua era una fragile speranza che somigliava più a una preghiera, quando pensava alle sue amiche. Loro le davano la forza di sperare. Aveva il terrore di vedere infrante le sue preghiere, i sogni che non poteva fare in quel luogo se non a occhi aperti. Quella speranza era la sua luce.
Ma al momento non c’era luce. Il grigio del Limbo assumeva toni sempre più scuri, tingendo il suo sogno coi colori dell’incubo, assumendo la forma delle sue paure: un buio denso e compatto che l’avrebbe assorbita, questa volta per sempre.
Troppo debole per muoversi, troppo triste per gridare, Wei An chinò rassegnata il capo mentre vedeva la sua speranza spegnersi.
 
***
 
Dove sono?
Talia vagava nel buio più completo. Non vedeva nulla, neanche gli altri sensi erano un granché utili. C’era silenzio, un silenzio assordante nelle sue orecchie. Però, poteva percepire qualcosa. C’erano delle voci che risuonavano ai margini della sua mente.
-Un attimo! Noi stavamo tornando alla sfilata, per restituirli!-
-È vero, dovete crederle! Non avevo alcuna intenzione di rubarli! Io..-
Shara? Naide? Per quanto girasse intorno, delle sue amiche non trovava traccia.
-Le nostre compagne sono là dentro, sole… disperate… abbandonate…-
Questa era Wei An che parlava?
Le nostre compagne…Dove sono? Dove siete? si chiedeva Talia. Sembrava che non ci fosse via d’uscita da quel buio. Sconfortata, si mise a correre. Le doveva trovare. Sapeva che erano in pericolo. Ma dov’erano?! Era frustrante poterle sentire senza poterle raggiungere! Avrebbe solo ascoltato la loro paura, come stava facendo adesso, senza riuscire a intervenire, ad aiutarle in alcun modo?
A un certo punto Talia sentì Naide e Shara urlare, e le si gelò il sangue nelle vene. Qualcosa nel buio rideva, no, era il buio stesso a ridere, con quella voce che le aveva fatto udire poco prima.
-Vattene da loro! Vattene! Lasciale stare!- gridò, ma ebbe l’impressione che le sue fossero parole al vento. Sempre più frustrata, serrò i pugni.
-Non vi lascerò andare. Mi servite. Non posso credere che degli oggettiinutili come voi abbiano dei poteri, ma rimedierò a quest’errore. Vi userò bene, non ti preoccupare!- rise ancora l’oscurità, ma stavolta era rivolta a lei. –Saprò usare io i poteri che voi non sapete neanche di possedere!-
Usare…usare…oggetti…
Quelle parole rimbombarono tra i pensieri, ora furenti, di Talia. Il tono, il modo con cui le aveva apostrofate, accendeva in lei uno spirito combattivo tanto forte che non credeva di avere.
Come si permetteva? Loro erano persone! Era stufa di essere considerata un oggetto da usare e poi buttare via! Lei era una persona, non poteva ignorare così i suoi sentimenti! Troppo a lungo questo era già stato fatto. Stava a lei decidere della propria vita.
Non ricordava quando di preciso, ma aveva la sensazione di essere già stata usata abbastanza. E ora non ne era più il tempo. Non era più tempo di vivere con la paura di venire riassorbite, o di essere sole in un mondo ostile e sconosciuto. Per quanto fosse difficile vivere e prendere decisioni, lei e le sue amiche ora erano libere, e insieme avrebbero affrontato qualunque cosa.
Ad un tratto, qualcosa si accese in lei, e si rifletté con un bagliore sulla sua spalla sinistra. La sua runa si illuminò di una luce potente, chiara, come quella delle stelle. La luce dentro di lei si espanse, trovò via d’uscita anche sulle sue mani: tra i palmi Talia teneva una luce bianca e purissima. Era tanta…si allargava sempre di più, mentre lei pensava alle sue amiche. A un secondo grido di Shara, la luce esplose, e quando Talia aprì gli occhi si ritrovò in un parcheggio.
Che ci faccio qui?!
Poi vide le sue amiche dentro un’auto, e l’ombra che dal posto del conducente si espandeva verso di loro. Senza pensarci due volte, si gettò sul cofano, guidata dalla luce di stella che teneva ancora tra le mani. La sbatté con forza sul parabrezza; non sapeva bene cosa aspettarsi, ma poi vide la luce passare attraverso il vetro e illuminare l’abitacolo, dissipando l’ombra come l’alba con la notte.
Nella sua mente Talia udì un grido soffocato di rabbia, ma non fece in tempo a pensare che la luce esplose di nuovo, stavolta portandola in quello che sembrava un giardino in fiamme. Il fumo era ovunque, e aveva quella tonalità scura e impenetrabile dell’ombra. Il buio stavolta cercò di fermarla, il fumo si avvicinava in spire insidiose che pareva volessero strangolarla, ma la luce le teneva lontane. Si addentrò in quella nebbia scura che sapeva di bruciato, guidata sempre da quella speranza luminosa. Udì Ione tossire, e si mosse in quella direzione. Lì il muro del buio e del fumo sembrava più compatto, non poteva passarvi attraverso. Allora la luce si allargò, dividendosi in tanti raggi sottili che penetrarono la coltre scura come i raggi del sole trapassano le nuvole dopo il temporale.
Ancora una volta, il buio gridò senza poterla fermare, perché ora la luce l’aveva portata da un’altra parte, in un altro sogno.
Quando aprì gli occhi, Talia fu presa da paura, forse adesso non avrebbe fatto in tempo: Naide stava cadendo dalla finestra di un palazzo, dentro quel buio. Ma non poteva esitare proprio ora. Si fidò del suo potere, e del suo desiderio di salvarla.
Si buttò. La sensazione di vertigine le strinse lo stomaco, ma avvicinò i gomiti al corpo per poter accelerare la caduta. Sprofondò nel buio nello stesso momento di Naide, e non appena le sue mani furono a contatto con quel nero freddo, la luce cancellò l’oscurità, esplodendo come una stella quando nasce, e portando Talia nell’ultimo sogno.
Qua non c’era buio, anzi, non c’era proprio nulla, e Talia esitò, non sapendo bene cosa fare. Poi qualcosa dentro di lei riconobbe quel posto, e si spaventò tanto che la luce tra le sue mani per un attimo vacillò. Non lo ricordava bene, sapeva solo che non avrebbe voluto mai più trovarsi lì. Poi però vide in lontananza Wei An, e si riscosse. Adesso non aveva importanza quel luogo, e il perché la facesse stare così male. Contava solo salvare la sua amica, che aveva l’aria di soffrire molto. Cercò di raggiungerla, ma per quanto corresse, non riusciva ad avvicinarsi.
-Wei An! Wei An!- la chiamò, ma l’amica non la sentiva. Di fronte a lei c’era il buio, e lei era sola e indifesa, anzi, sembrava essersi arresa.
-Wei An!- chiamò di nuovo, sgolandosi, inutilmente.
-Non ti può sentire. Questo è il suo sogno, e anche se finora sei stata brava a ficcanasare nei sogni delle tue amiche, lei non la potrai salvare. Se non c’è più la speranza di uscire dall’incubo, la partita è persa…-
Il buio stavolta aveva una voce non rabbiosa, ma beffarda. Si stava prendendo la rivincita.
Non poteva finire così. Wei An aveva davvero perso la speranza?
-Wei An! Non arrenderti!- urlò di nuovo. –Ci sono qui io! Ti sei dimenticata di noi?-
-Sciocca, non può sentirti..-
-Hai dimenticato quello che ci hai detto? Ci hai detto di affidarci al nostro potere, e sai cosa ho scoperto?-
Provò di nuovo a correre verso di lei, schivando un tentacolo d’ombra apparso all’improvviso.
-Ho scoperto che se non abbiamo fiducia le une nelle altre non funzionano! Se non avessi avuto il desiderio di salvarvi, adesso non ti avrei trovato! Wei An! Rispondi!-
Non riusciva a raggiungerla, cominciava a sentirsi davvero stanca.
-Wei An..- sussurrò. Si fermò, e chiuse gli occhi. Come poteva far arrivare le sue parole alla sua amica? La risposta le bruciava tra le mani.
Ancora una volta, guidata solo dal suo desiderio di aiutare le sue amiche, si fidò del suo potere e tese le braccia verso Wei An: la sfera luminosa che le ardeva tra i palmi si allungò, trasformandosi in un lungo nastro bianco e lucente, che si distese, posando un’estremità ai piedi della ragazza orientale.
Wei An sbatté le palpebre. Cos’era quella luce davanti ai suoi occhi?
Alzò lo sguardo, seguendola.
All’altro capo del nastro, vide Talia, che le sorrideva. Vestiva ancora il suo costume di Halloween, e mai come allora a Wei An apparve più appropriato: i capelli biondi rilucevano grazie alla luce che teneva tra le mani, gli occhi blu notte erano un cielo stellato, e nonostante fosse chiaramente sporca di polvere e calcinacci, e le ali si fossero un po’ rovinate, Talia sembrava un angelo. Finalmente udì le sue parole.
-Andiamocene via, Wei An. Insieme.-
La ragazza spalancò gli occhi, commossa. Avrebbe voluto mettersi a piangere. Le parole di Talia erano come una risposta alla sua preghiera, la luce che teneva tra le mani era il sentiero che le indicava l’uscita dall’oscurità della paura. La speranza dentro di lei si riaccese, e le ridiede la forza di alzarsi. Camminò verso Talia seguendo il nastro, e le prese le mani, rispondendo al sorriso.
-Lo sapevo, Talia. Tu sei la luce che ci aiuta a non perderci nei nostri sogni.- sussurrò, mentre la luce sgretolava il grigio cupo di quell’incubo.
 
***
Talia aprì gli occhi, e tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto di trovarsi nel corridoio davanti alla biblioteca, a scuola; soprattutto, si sentì sollevata nel vedere che le sue amiche erano tutte davanti a lei, e stavano tutte bene. Erano sveglie, anche se un po’ frastornate.
-Avete vinto questa battaglia, ma non finisce qui!-
Talia sobbalzò mentre si voltava di scatto, per un attimo aveva sperato di non dover più risentire quella voce e invece il buio era ancora dietro di lei!
Adesso però aveva la forma di un piccolo tornado, e sembrava che si stesse pian piano dissipando, da solo.
-Ci rivedremo…streghe!- disse prima di svanire del tutto.
Talia rimase in silenzio, stupefatta. Non poteva crederci, era davvero tutto finito? Si scambiò delle occhiate con le sue amiche e si accorse che la stavano fissando tutte con un misto di incredulità e gratitudine, e la cosa la spiazzò tanto da ammutolirla. Rimase così, imbarazzata, finché Shara non si alzò per abbracciarla, imitata subito dalle altre. Stavano piangendo.
-Grazie!-
Nemmeno lei a questo punto poté trattenere le lacrime che aveva tenuto dentro per tutta sera. In qualche modo, si sentì finalmente a casa.
Un tossicchio discreto si intromise nel loro abbraccio. Talia aprì gli occhi e vide un vecchio, in piedi di fronte a loro, che le osservava a braccia conserte. Aveva una barba lunghissima, tanto lunga da toccare terra.
-Tibor!- esclamò Wei An con gioia. Per quanto riguarda le altre, erano tutte convinte di aver già visto quell’uomo. Ma dove? Dove potevano aver visto un tipo tanto strambo? Ma la serata era già stata troppo movimentata, nessuna di loro aveva la forza di porsi altre domande. Erano troppo stanche e provate.
Wei An si staccò dalle sue amiche e raggiunse il vecchio barcollando.
-Ce l’abbiamo fatta! Hai visto? Siamo state brave eh?- esultò, ma il vecchio non la fece finire e con una forza che nessuno gli avrebbe mai sospettato la prese in braccio.
-Sei ferita. Andiamo a casa.- dichiarò con calma perentoria, ignorando le proteste della ragazza. Poi si voltò verso le altre, che erano rimaste a fissarlo allibite.
-Tornate a casa anche voi. Non sarà una buona idea farsi trovare al centro di questo disastro.-
In effetti, come poterono verificare guardandosi intorno, sembrava che fosse passato di lì un cataclisma. Dovevano allontanarsi da lì al più presto, se non volevano ritrovarsi a dover dare imbarazzanti spiegazioni.
-Mi sembra assurdo!- sbottò infine Ione mentre scendevano le scale di corsa, alle calcagna del vecchio barbuto. –Abbiamo appena salvato come minimo cento persone e adesso dobbiamo pure evitare la furia dei prof! Ma insomma, abbiamo salvato pure loro! Un po’ di gratitudine!-
-Non possiamo raccontarlo a nessuno, Ione. Chi ci crederebbe?- ribatté Naide.
-Appunto! Non è irritante?- rispose la rossa a tono.
Talia sorrise. Le cose avevano ripreso il giusto corso, più o meno.
Riuscirono a raggiungere il cancello senza che nessuno le degnasse di uno sguardo, erano tutti ancora sconvolti per quello che chiamarono un “terremoto”. Una volta fuori, il vecchio tirò fuori la chiave di una macchina e schiacciò il pulsante che apriva le portiere. Subito una macchina nera, lunga ed elegante, accese le frecce con un “bip” sommesso.
Ione rimase a bocca aperta.
-Accidenti!- esclamò eccitata.
-Un momento!- fece invece Talia, bloccando l’uomo per un braccio.
-Cos’è successo esattamente stasera? Non potete andarvene via così! Vogliamo delle spiegazioni!-
Il vecchio la guardò. Aveva uno sguardo antico, autoritario e saggio. La ragazza non poté evitare di sentirsi in soggezione, ma sostenne lo sguardo risoluta. Non si aspettava che il vecchio le avrebbe risposto in quel modo.
-Mi sembra chiaro. Trovatevi domani a quest’orario a questo indirizzo.- disse porgendole un biglietto. Le altre si sporsero subito da dietro le sue spalle per osservarlo.
-A domani.- salutò, prima di chiudere le portiere e partire. Le ragazze erano troppo stupefatte per fermarlo. Tra le loro mani adesso c’era un elaborato biglietto da visita, l’unica risposta alle loro domande.
 
 
Ciao a tutti! Puff puff! Ce l’ho fatta a pubblicarlo, finalmente! Questo capitolo chiude la serie di “Halloween”… diciamo che se fosse un fumetto avrei terminato il primo numero O.o ehm ehm!
Adesso credo che sia un po’ più chiaro “chi” sia “chi”! Vi piacciono i poteri che hanno le Twins (se se n’è capito qualcosa…le spiegazioni tutte nel prossimo capitolo! ^^)? So che ancora non si capisce come faccia Wei An a sapere già tutto, ma pazientate ancora un po’ >.< Purtroppo mi sa che non riuscirò a pubblicare che una volta al mese, ma vi assicuro che dalla prossima volta tutto acquisirà un senso ^^’’
Un grazie grazissime a MaxT che recensisce sempre, puntualissimo! Scusa se ti ho fatto aspettare tanto!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***





Lewis Avenue, 104.
La casa, o meglio, la villa, si ergeva in tutta la sua magnificenza da dietro il cancello in ferro battuto. A bocca aperta, Talia e Ione si appoggiarono alle sbarre del cancello nero per poter sbirciare dentro.
Il cortile era grande, l’erba del prato tagliata alla perfezione era attraversata da due sentieri di ghiaia, uno, più sottile, che andava dalla porticina del cancello fino alla porta d’entrata, l’altro, più ampio, era quello che conduceva la limousine al suo garage. La villa era un edificio squadrato, di tre piani più forse un solaio, costituito da un blocco centrale decorato da colonne all’ingresso e un altro blocco per lato; l’insieme era armonico e aveva un non so che di nobiliare. Le pareti erano bianche, pulite, con le finestre disposte in modo regolare.
Ovviamente, era enorme.
-Accidenti!- esalò Ione, con gli occhi spalancati per lo stupore. Mai avrebbero creduto che la loro amica Wei An vivesse in un posto simile!
In effetti, ragionò la sua compagna, prima della sera precedente, di Wei An non sapevano quasi nulla, neanche che avesse un tutore barbuto di nome Tibor. -La nostra amica ha Babbo Natale come maggiordomo!- aveva sospirato Ione una volta che lei e Talia erano tornate a casa, dopo gli eventi sconvolgenti della notte. Talia aveva preferito non fare commenti, si era infilata sotto le lenzuola senza però riuscire a prendere sonno. Aveva ripensato alle cose che aveva rivelato Wei An, ai mostri che avevano dovuto affrontare, all’ombra, al buio, alla paura provata; a parole che al momento non avevano ancora un senso.
Oracolo… chi, cosa è mai? Da cosa ci ha liberate?
E ora si trovava lì davanti, davanti a quella casa incredibile, armata solo di un biglietto da visita e del suo desiderio di ricevere risposte.
Con il cuore in gola, né lei né Ione avevano il coraggio di suonare il campanello. Per tacito accordo, avevano deciso di aspettare le altre.
Un rumore di passi nel silenzio della strada vuota, sulle piastrelle linde del marciapiede, le avvertì dell’arrivo di Naide. La ragazza aveva un paio di pantaloni scuri, stivaletti eleganti con un poco di tacco e un cappotto chiaro, dall’aria morbida e calda: quella mattina, al contrario della sera precedente, il tempo era tornato del consueto freddo autunnale.
-Ciao.- salutò, -Sono in ritardo?-
-No, anche noi siamo arrivate adesso.- rispose Talia, prima che Ione la interrompesse.
-Come sei arrivata? Non avevi il biglietto e ieri non ti sei neanche segnata il nome della via!-
Naide scrollò le spalle.
-A piedi. Conosco questa strada, casa mia non è tanto lontana da qui.-
Silenzio. La risposta di Naide aveva avuto il fantastico effetto di ammutolire la rossa, che si era sentita improvvisamente come uno di quei personaggi dei fumetti con la nuvoletta di pioggia in testa. Non c’erano dubbi sul fatto che Naide avesse un tenore di vita del tutto diverso dal loro, era piuttosto ovvio che abitasse nel quartiere residenziale, mentre loro per arrivare fin lì avevano dovuto cambiare due autobus.
Talia trattenne un sorrisetto quando notò la faccia pietrificata di Ione. Beh, te la sei cercata!, ridacchiò tra sé e sé.
-Ragazze!-
Si voltarono tutte per accogliere l’arrivo di Shara, che correva sbracciandosi verso di loro, mentre la macchina rossa di suo padre si allontanava.
Ora c’erano tutte. Si guardarono negli occhi risolute, poi Talia allungò un dito verso il pulsante del citofono e schiacciò.
-Sì?- rispose dall’altoparlante la voce roca del vecchio Tibor. Le ragazze si sentirono subito in soggezione, in realtà avevano tutte sperato che a rispondere sarebbe stata Wei An.
-Ehm…-
Incerta, Talia non sapeva cosa dire. Perché non si erano preparate niente?!
-S-siamo le amiche di Wei An… quelle di…- Quelle di ieri sera, stava per dire, ma il vecchio non la lasciò finire.
-Ovviamente, entrate, che ci fate lì impalate?-
Si erano aspettate come minimo un interrogatorio, data la visibile ricchezza della villa avevano pensato che i controlli sarebbero stati più severi.  E invece, come la sera prima, alle parole del vecchio le ragazze non poterono che stupirsi, e il cancello si aprì con un sonoro “clack”.
Al portone trovarono la loro amica ad aspettarle: Wei An indossava uno spesso maglione di lana a maniche molto lunghe, che le coprivano le mani, e dei leggings scuri, insieme al suo inseparabile sorriso allegro. Quel maglione, che sembrava di tre taglie troppo grande, le arrivava quasi alle ginocchia e ne accentuava l’aria minuta; se Ione non l’avesse vista in azione contro quel mostro armato di forcone, non avrebbe mai pensato di trovarsi di fronte a una campionessa di arti marziali! La ragazza rossa, un po’ intimorita dalla grandezza dell’edificio, si gettò sull’orientale in un abbraccio teatrale.
-Tu vivi qui?? In questa residenza da diva del cinema?!-
Wei An rimase spiazzata, sentì arrossarsi le guancie quando udì quella nota di rimprovero nella voce di Ione. Sembrava quasi voler dire “Perché non ce l’hai mai detto?”. In realtà, Wei An non aveva potuto dire nulla di quello che sapeva, di quello che era, prima del tempo, anche se avrebbe voluto. Aveva promesso… Ma in quel momento si sentì tremendamente in colpa nei confronti delle sue amiche. Cercò il sostegno delle altre con gli occhi, da sopra la spalla di Ione.
Ci fu solo un attimo di silenzio prima che la rossa scoppiasse a ridere, e la sua risata ebbe un effetto contagioso.
-Wei An è pazzesco! Casa tua è bellissima… Perché fai quella faccia? Guarda che non ce la siamo mica presa! Anche se avrei voglia di strapazzarti un po’…-
-Wei An, non darle retta. Non è abituata a spazi così grandi, le comprimono il cervello.- intervenne Naide, liberando l’amica dalla presa di Ione, che protestò con un “Ehi!” offeso.
Wei An ridacchiò incerta, poi si riprese.
-Benvenute a casa mia, ragazze.- disse, e si fece indietro per permettere loro di entrare.
La sala in cui si trovarono era molto ampia, dai pavimenti in marmo; le pareti in colori chiari, le sculture e i quadri che decoravano l’ambiente e la doppia scalinata bianca sul fondo la facevano sembrare l’ingresso di un salone da ballo, come quelli che si vedevano nei film. Sulla balconata, ecco il vecchio barbuto osservarle dall’alto della sua postazione. A quella vista, qualsiasi commento entusiastico rimase inchiodato alla lingua delle visitatrici, che sotto quello sguardo indagatore si sentirono terribilmente piccole. Non smisero però di guardarsi intorno meravigliate; persino Naide, che era l’unica tra le quattro a poter rivaleggiare con Wei An per quanto riguardava la casa, era ammirata da quanto era tenuta bene la villetta.
Guidate da Wei An, raggiunsero il vecchio: questi sembrava del tutto fuori luogo con l’ambiente, al contrario della sera prima non indossava un completo nero ma una tunica di un azzurro molto chiaro, dalle maniche larghe, che non sembrava proteggere molto dal freddo. Il cipiglio severo, però, era rimasto lo stesso.
-Benvenute, ragazze. Prego, seguitemi.- le accolse, laconico. Senza un’altra parola, si voltò e si diresse verso una porta sulla sinistra, accanto alla porta a vetri del terrazzo, che si intravedeva dietro le grandi finestre. La luce del mattino entrava abbondante e illuminava ogni superficie, riflettendosi anche sul mazzo di chiavi argentee che il vecchio teneva tra le mani. Ne scelse una e la usò per aprire la porta, sempre in silenzio, prima di sparire al suo interno. Wei An fece un imbarazzato sorriso di scuse per il comportamento poco loquace del suo tutore, prima di seguirlo di fretta. Sbalordite, le quattro amiche si lanciarono un’occhiata, poi si avventurarono anche loro al di là della porta.
Tutta quella faccenda era molto strana, i misteri e i segreti che nascondeva la ragazza orientale erano troppi! Talia si rese conto, tutto ad un tratto, mentre si avviavano verso il piano superiore (-Ancora scale?!- fu il commento a mezza voce di Ione) che Wei An non aveva mai raccontato loro niente sulla sua famiglia. Chi era? Viveva in quella villa enorme sola soletta, con il suo tutore? In effetti non avevano notato la presenza di altri oltre a loro due, nella villa, e se poi ci fossero stati, perché non presentarglieli? I genitori sapevano dei suoi poteri? Il vecchio ne era senza dubbio al corrente, anzi, stava per spiegare tutto anche a loro quattro…
Avrebbero capito ogni cosa, finalmente…
Ogni cosa…
Capito, o ricordato? Talia si portò una mano alla testa, confusa. Nella sua mente si affollavano frammenti di immagini, sensazioni, pensieri… tutte cose a cui mancavano dei pezzi, che incomplete non significavano nulla. Erano come i pezzi di un puzzle tutti mischiati tra loro. Vecchi ricordi tornavano a galla, troncati a metà… Tornavano a galla? Ma a che tempo appartenevano, quei ricordi? Pensò distrattamente alla credenza buddhista della rinascita e per un attimo si immaginò in una vita precedente. Era possibile, o no? La risposta era anch’essa raggiunta, ma solo per metà.
Notando il suo malessere , Naide le si avvicinò.
-Tutto bene?- le sussurrò appoggiandole una mano sulla spalla. Il vecchio stava aprendo l’ennesima porta, che le condusse a un salone grande quanto quello d’ingresso, solo che si trovava due piani più in alto e aveva delle poltroncine da salotto disposte a cerchio nel mezzo.
Talia non fece in tempo a rispondere, perché l’uomo si decise infine a parlare, chiamando per nome proprio lei.
-Talia.- La ragazza sobbalzò, ma Tibor si volse verso la sua protetta, con un tono meno severo di quanto avrebbe voluto: -Wei An.- quindi continuò, rivolgendosi a ciascuna delle sue amiche, una alla volta.
-Ione. Naide. Shara.-
Quando fu sicuro di aver ottenuto la loro completa attenzione, fece una breve pausa di silenzio, e iniziò.
-Voi siete Gocce Astrali.-
Gocce…Astrali…?
Cosa voleva dire? Quelle parole… erano così familiari! Ed erano impregnate di un miscuglio di sentimenti che ora appartenevano tutti alla sfera del ricordo… quel misto di rancore, dolore,  solitudine, ma anche speranza, e determinazione… Erano parole che le colpirono con violenza, la violenza di una realtà che si spalanca all’improvviso davanti agli occhi, ma gli occhi erano ancora coperti da un velo, che non permetteva loro di vedere con chiarezza. Ancora non potevano capire a fondo cosa voleva dire il vecchio, perché ancora i loro ricordi erano incompleti.
Talia volse interrogativa lo sguardo verso Wei An, l’unica che non era apparsa scossa da quella rivelazione. Stava poco distante dal suo tutore, e spostava a disagio il peso da un piede all’altro.
Senza fare una piega, Tibor continuò.
-Un tempo eravate le sosia delle Guardiane di Kandrakar, ma per intercessione dell’Oracolo e concessione delle stesse Guardiane, nonché per la vostra tenacia di vedere esaudito il vostro desiderio di libertà, siete state trasformate e vi è stata donata una vita vostra.-
Le quattro ragazze lo fissarono tutte a bocca aperta. Talia aveva la pelle d’oca e rabbrividiva, ma non per il freddo: era… così assurdo! Kandrakar, Guardiane, Oracolo… che roba era?! Eppure era sicura di aver già udito quei termini. Ma per quanto la riguardava, la sua vita era cominciata quando Marylin e Cathrine l’avevano trovata sulla soglia del loro orfanatrofio… Come poteva aver avuto il tempo di fare la sosia di qualcun’altra? Trasformate… in che senso?
Libertà…
Libertà, una vita per loro… non aveva lei stessa espresso, sentito questi sentimenti dentro di sé quando aveva lottato contro l’ombra, la sera prima?
La sera prima… Sembrava tutto un sogno! Lo era?
I suoi pensieri confusi vennero interrotti dalla voce irrequieta e tremante di Ione.
-A- aspetta un attimo! Che accidenti vuol dire tutto questo?!-
-Giusto!- si riprese Talia. Scosse la testa, prima di fissare ostinata lo sguardo sul vecchio.
-Ieri sera ci avete assicurato che ci avreste spiegato tutto, ma questo…beh…questo non spiega assolutamente niente!- esclamò, allargando le braccia esasperata.
-Ci state confondendo le idee ancora più di prima! Come facciamo a sapere che ci state dicendo la verità?-
-Lo vedrete voi stesse.- rispose il vecchio, sorprendendole tutte. Non si era scomposto per nulla, l’unica reazione che aveva avuto era stata il movimento verso l’alto di uno dei bianchi sopraccigli cespugliosi. Allargò un braccio e si spostò, mostrando un’altra porta, in fondo al salone. Tutti gli occhi si concentrarono su di essa, e a malapena notarono che l’uomo si era avvicinato per aprirla; subito dietro di essa, c’era un’altra porta: Tibor vi infilò la chiave, la girò per sbloccare la serratura ma non l’aprì. Aspettò lì accanto, guardandole. Un chiaro invito a entrare.
Esitanti, le ragazze si avvicinarono alla porta, e Talia posò la mano sulla maniglia. Gettò un’ultima occhiata al vecchio, che rimase impassibile, e l’abbassò.
Entrò.
La stanza era come fatta interamente di specchi: il pavimento, le pareti, il soffitto, era tutto talmente lucido che ci si poteva specchiare; in più, sulla parete in fondo, erano appesi cinque specchi a muro, alti fino al soffitto, distanti un metro l’uno dall’altro. Le ragazze si guardarono: sembrò ovvio che ci fosse uno specchio a testa. Naide fu la prima ad avanzare, puntando al primo specchio della fila a sinistra, con Shara alle calcagna, che si posizionò davanti al secondo. Wei An prese l’ultimo a destra, e Ione quello subito prima. Istintivamente, avevano tutte lasciato a Talia quello centrale.
 
Perché Naide aveva deciso di prendere l’iniziativa? In realtà non era così risoluta come sembrava: stava tremando. Quella storia assurda, bislacca, non la convinceva nemmeno un po’; eppure lei sentiva che Tibor non stava mentendo, proprio come aveva fatto Wei An la notte di Halloween. Quella che aveva ascoltato, benché incredibile e inaccettabile, era la verità. E lei aveva assoluto bisogno di chiarezza, chiarezza sulle parole del vecchio, che probabilmente non era solo un tutore della loro amica.
Naide inspirò a fondo, poi aprì gli occhi per fronteggiare il suo riflesso.
Inizialmente non ci vide niente di strano: era il suo viso, i suoi occhi azzurri… ma poi notò il baluginare di capelli biondi, molto lunghi, e le labbra da una forma diversa dalla sua, e da lì cominciò a vedere il gran numero di differenze tra quel riflesso e il proprio viso come se lo ricordava: il suo naso aveva la punta un po’ all’insù, era il tipico nasino alla francese, mentre il riflesso aveva un naso dritto; lei sapeva di avere un piccolo neo sotto l’orecchio sinistro mentre non ve n’era traccia sul riflesso; la fronte se la ricordava leggermente più bassa, e la sua pelle era più pallida di quanto mostrato dallo specchio; gli zigomi non avevano la stessa forma…
Tuttavia, Naide sentiva che quella era lei… o meglio, Lei. Spalancò gli occhi dallo stupore, e il riflesso di se stessa quando era ancora solo una Goccia Astrale fece altrettanto. Un ricordo era giunto improvviso, con un nome: Cornelia. Era il suo nome, e al contempo era anche quello di Naide, quello che portava una volta. Cornelia… quante memorie portava con sé quel nome! Quanta rabbia aveva dovuto reprimere quando sottostava agli ordini di quella tizia insopportabile, e la cosa le era parsa ancora più tremenda quando si era resa conto che i loro caratteri non erano poi così diversi… in fondo, era la sua sosia. Ma in qualche modo lei era diversa, e a un certo punto aveva voluto esprimerlo in ogni azione, ogni attimo concesso in libertà. Era per questo, era per questo che si era tagliata i capelli!, ricordò ad un tratto. Voleva distinguersi da lei. E questa mania le era rimasta anche dopo essere stata… trasformata. Neanche da piccola aveva mai voluto farsi crescere i capelli oltre le spalle, nonostante le insistenze della madre. No, ora sapeva perché non l’avrebbe mai fatto: era stato il passo decisivo, per lei, di costruire la propria identità, e anche durante la trasformazione, ricordò di aver basato ogni desiderio sulla propria nuova vita a partire da questo. Aveva sì desiderato una famiglia come quella di Cornelia, benestante e ricca di amore, ma con un amore speciale diretto solo a lei, lei Naide e non lei Cornelia. In parte, il suo desiderio si era avverato.
 
Shara aveva seguito Naide per riflesso. Talia era troppo avanti rispetto a lei, che era entrata per ultima, e Naide era l’unica che poteva garantirle una sicurezza simile, così per tutto il tragitto le si era praticamente attaccata, neanche fosse la sua ombra. Il vecchio, l’ambiente, la situazione, tutto la metteva in soggezione. In che razza di pasticcio mi sono cacciata?, continuava a pensare. Alle parole di Tibor, era sbiancata. Pensò ai suoi genitori, e immediatamente dopo al fatto che l’avessero trovata in una casa in fiamme, e non poté fare a meno di chiedersi cosa ci fosse stato prima di allora.
Quando vide la determinazione di Naide nell’affrontare il proprio specchio, deglutì e lanciò un’occhiata al proprio. Lei era pronta a scoprire la verità?
Scosse la testa. Certo, lei doveva essere pronta! Dopo quanto era successo ad Halloween, anche se ancora la maggior parte degli eventi le sfuggiva, le sue amiche avevano bisogno di lei, e lei non poteva tirarsi indietro.
Strinse i denti per farsi coraggio e osservò con più attenzione il proprio riflesso.
Rimase un attimo interdetta, perché indossava degli occhiali? Portando ingenuamente una mano al volto si accorse che in effetti non portava nessuno strumento per la vista né qualsiasi altro aggeggio per gli occhi; eppure il riflesso stava toccando, con dita più scure delle sue, un paio di occhiali dalle lenti piccole e tonde. Trasalì rumorosamente quando scoprì che non era solo quella la differenza: che capelli corti che aveva quel riflesso! E quelle perline, quella treccina all’africana? Non ricordava di aver mai avuto una pettinatura del genere.
Certo, non in questavita!, la corresse il suo pensiero. Si lisciò i capelli con le mani, e le mani del riflesso si avvolsero intorno al nulla all’altezza delle spalle. Si toccò il naso, e lo sentì definito sotto le dita, il ponte poco arcuato, la punta non certo a patata; si schiacciò le guance, e sentì sì di avere un viso un po’ tondo, ma meno di quanto il riflesso cercava di farle credere; e poi non aveva bisogno di verificare, ma sapeva di non essere affatto così mingherlina. Aveva occhi più piccoli, per quanto in questo momento quelli del riflesso fossero anch’essi lucidi di lacrime represse; la sua bocca era rosea e a forma di cuore, e la pelle color caffelatte, non color cioccolato!
Avvertì dentro di sé un moto di disperazione, aveva voglia di piangere. Ma quella sono io o no?!
Si riconosceva, non si riconosceva. Ma era un volto così familiare…
Ad un tratto un lampo passò nella sua memoria, e si portò le mani alla bocca per soffocare un urlo. Quella era lei. Taranee. La Guardiana a cui aveva fatto da sosia. E allo stesso tempo, quella era stata anche la sua immagine. La sua ex padrona le tornò alla mente a viva forza: Taranee, che amava la fotografia, la matematica, il fuoco, che era solo una timida ragazza a cui piaceva studiare ma che sapeva tirare fuori la grinta… e che insieme ad essa aveva tirato fuori anche il peggio di sé, quando si era trovata ad avere a che fare con loro, le Gocce Astrali.  Si era rifiutata di credere che fossero persone vere, con sentimenti reali. Per un attimo, avrebbe potuto anche abbandonare la sua ferrea logica. Invece no, dettava ordini e non le prendeva mai in considerazione. Così, per una volta, lasciandosi dominare dalla rabbia e desiderando agire anche lei come stavano già agendo le sue amiche, Shara si era imposta su Taranee facendole urlare degli insulti al suo ragazzo, Nigel. Per una volta, l’aveva ignorata, esattamente come aveva sempre fatto Taranee con loro. E si era sentita benissimo. Si era sentita viva, si era sentita se stessa, finalmente! Ma questa nuova baldanza era sempre offuscata dal timore che le venissero a prendere… come poi era successo. Era per non sentire più questo timore che, nel momento della trasformazione, aveva desiderato di avere ben poco a che fare con lei e il suo aspetto fisico, e di allontanarsi il più possibile, prima che cambiasse idea… Infatti, il signor Fyfield l’aveva trovata in Iran, in una casa in fiamme; nella sua nuova famiglia, però, non aveva mai avuto più nulla da temere.
 
Ione sprizzava diffidenza da ogni poro. Il vecchio non stava spiegando proprio niente, dava risposte a metà che, al posto di chiarire, raddoppiavano i dubbi.
…Delle risposte da “Oracolo”!
Non seppe da dove le arrivava questo pensiero, né cosa significasse, ma lo scacciò con fastidio. La cosa che la irritava di più, era che una parte di se stessa accettava e riconosceva le parole di Tibor. Peccato che il resto di lei non avesse la più pallida idea di che cosa stesse dicendo. Non erano discorsi “normali”, quelli; tuttavia, dovette ammettere che neanche gli incredibili avvenimenti della sera prima lo erano. Si agitò nervosamente, ricordando la sensazione di potere che l’aveva invasa quando aveva disintegrato il “budino”. Si guardò le mani: con che razza di forza era riuscita ad affrontarlo? E poi, cosa aveva affrontato di preciso?
Erano queste le domande di cui voleva la risposta; invece, il vecchio le aveva portate in quella stanza, davanti a quegli specchi. Che idea bizzarra, Ione sapeva benissimo com’era fatta… Almeno, così pensava in un primo tempo, quando i suoi occhi si soffermavano senza troppo interesse sui tratti del suo riflesso. Poi ad un tratto un baluginare di iridi blu la riscosse, e Ione si rese conto, con gran spavento, che lei e quel riflesso non si somigliavano affatto! Avvicinò il volto allo specchio, tanto che per poco il naso non si spiaccicò sul vetro, e osservò quell’immagine a occhi spalancati: capelli castani e mossi, lunghi fino alle spalle, viso pieno, naso a patata, occhi grandi e blu, fisico rotondetto…
Ma che…?!
Il suo cervello si rifiutava persino di formulare una frase completa, tanto era impegnato a confrontare il riflesso con l’aspetto che Ione ricordava di avere. Era l’esatto opposto! Ione rifiutava di farsi crescere i capelli rossissimi oltre le orecchie, cos’erano quei riccioli? E le guanciotte? Talia le diceva sempre che era magrissima nonostante fosse un pozzo senza fondo, mentre il riflesso portava almeno due taglie più di lei! E poi Ione aveva un viso affilato e occhi castani.
Non c’azzecco proprio niente., pensò. Ma allora perché quel volto le sembrava familiare?
Nel momento in cui stava per sforzarsi di ricordare, un nome le apparve chiarissimo nella mente, e con esso tutta una serie di memorie, così improvvise che per poco non barcollò.
Irma!
Irma, sì, quella era Irma, la Guardiana con il potere dell’Acqua! E quella era stata anche lei, al tempo in cui lei e la Guardiana si assomigliavano come due gocce di rugiada.
Allontanò il viso dallo specchio, rabbuiata. Ora ricordava… ricordava, sì, quanto poco avesse amato essere uguale alla sua padrona! Irma l’aveva sfruttata di continuo, l’aveva usata per ogni piccola sciocchezza. Si era ribellata con piacere, quando aveva avuto il potere e l’occasione di farlo! Ma non aveva dimenticato la tristezza del sentirsi “solo una copia”… d’altronde, lei non brillava di particolare fantasia per potersi reinventare completamente. Poteva solo essere se stessa. Era per questo che, durante la trasformazione, aveva desiderato con tutta l’anima essere diversa, molto, molto diversa dalla Guardiana, ed essere capace di esprimere il proprio carattere in un modo tutto suo, ripartendo da zero. In effetti, si può dire che avesse ricominciato proprio da zero, da un orfanatrofio, e poi infine quel modo l’aveva trovato, grazie a una chitarra.
 
Prima di guardare nel suo specchio, Wei An si soffermò a osservare le reazioni che avevano avuto le sue amiche davanti al proprio “vecchio” riflesso. Erano spaventate, scioccate, poi ricordavano, e un lampo di comprensione attraversava i loro occhi.
Chissà. Magari anche lei avrebbe avuto la loro stessa reazione?
Wei An non lo sapeva, ma lo riteneva difficile. In quel momento, si sentì triste per la differenza che c’era tra loro: Wei An aveva sempre saputo tutto, sin da quando aveva avuto la capacità di capire. Era stata cresciuta così, alla luce di un compito che le sarebbe stato affidato una volta compiuti quattordici anni umani. Lei non era cresciuta sulla Terra. Era stata allevata a Kandrakar. A Kandrakar, dove si era allenata con le guerriere provenienti da Basiliade, ma l’Oracolo non le aveva fatto mai incontrare né Orube, né Luba, per rispettare la promessa che aveva fatto al momento della liberazione delle Gocce Astrali: Non sentirete più parlare delle Guardiane. Questa doveva essere una cosa radicale, non avrebbero più avuto contatti con loro o con chi aveva avuto a che fare con le Witch. Le loro vite si erano allontanate definitivamente da loro, e i loro ricordi erano stati offuscati da quelli della loro nuova vita. Nemmeno Wei An ricordava con esattezza del periodo passato da Goccia, lei sapeva solo ciò che le era stato raccontato.
Sbatté le palpebre. In effetti, questo non la rendeva tanto diversa dalle sue amiche, in quel momento. Sorrise, e fu pronta ad affrontare il proprio riflesso.
Beh, mi aspettavo peggio., pensò, un po’ delusa. La ragazza che aveva di fronte sembrava proprio lei. Poi però, com’era successo per le altre, cominciò a notare i dettagli, i particolari, e d’improvviso le parve completamente diversa: era un viso meno ovale del suo, con zigomi molto meno tondi dei suoi; la fronte era poco più alta della sua, ma lasciata completamente scoperta, e le sopracciglia si intravedevano appena; gli occhi del riflesso erano più piccoli dei suoi; il naso era simile ma Wei An ricordava di averlo un po’ più lungo; la bocca era troppo larga per essere la sua, e poi lei non portava l’apparecchio, per quanto non avesse dei denti drittissimi. Solo i capelli assomigliavano  molto i propri, anche se la ragazza nello specchio li portava raccolti in due codini lunghissimi e non aveva la benché minima frangia. Sì, ricordava di aver amato molto quei capelli, nonostante lei ci tenesse a portarli sempre legati; forse era per questo che non erano cambiati molto.
La ragazza nello specchio parve quasi osservarla di rimando, con la stessa curiosità che le era tipica. Wei An non aveva bisogno di improvvisi lampi di memoria per sapere a chi appartenesse quell’aspetto, quel nome le era stato insegnato insieme a tutto il resto: Hay Lin. Però il fiume di ricordi legati ad esso e finora rimasti nell’ombra, quello no, non lo poteva evitare, e ne fu investita come da una forte raffica di vento. Ricordò persino l’odore della cucina del ristorante cinese, e le chiacchiere sommesse della Guardiana scambiate con Eric nel retro mentre lei era lì a sfacchinare al posto suo come cameriera. C’era comunque da dire che, tra tutte, forse Hay Lin era quella che l’aveva sfruttata di meno; tuttavia le aveva comunque imposto delle regole, troppo rigide e severe da rispettare! Come avrebbe potuto, lei, che condivideva la sua stessa immagine e i suoi stessi ricordi, impedirsi di vivere quella stessa vita come avrebbe voluto? Si era così creata delle piccole libertà personali, come sciogliersi i capelli o trovarsi un nuovo nome: era sempre così alla ricerca di uno spazio in cui esprimere solo se stessa! La decisione di scappare con le sue amiche l’aveva presa per inseguire il suo sogno di libertà. Beh, ma cos’altro si poteva aspettare dalla sosia della Guardiana dell’Aria?, ridacchiò Wei An. Non si sentiva triste; alla fine, il suo sogno si era avverato, anzi, già mentre l’Oracolo le stava trasformando l’aveva avvertito, insieme alla sensazione che non avrebbe potuto aver nostalgia di nulla di ciò che apparteneva alla vita di Hay Lin, perché tutto ciò di cui aveva bisogno, il suo mondo, era lì con le sue amiche. Si era sentita talmente grata, in quel momento, che aveva desiderato poter ricambiare la gentilezza dell’Oracolo. E così era stato; alla nuova neonata della Fortezza non era stato dato il nome che si era scelta una volta, perché ora iniziava un nuovo capitolo, ancora tutto da scrivere, della sua esistenza. Era stata chiamata Wei An, “Proteggere la Pace”, come buon augurio per la sua nuova missione.
 
Talia avanzò, esitante, verso lo specchio centrale. Si chiese come mai le altre le avessero lasciato proprio quello, come se riconoscessero implicitamente che a lei spettasse il posto da “leader”. Ma perché?
Indugiò sui tratti del suo riflesso. Perché Tibor le aveva portate lì? Cosa avrebbero dovuto vedere, nei loro riflessi? Erano solo immagini, immagini riflesse…
Quel pensiero le provocò un improvviso, intenso dolore, ma non un dolore fisico: un dolore antico, nostalgico quasi. Non sono solo immagini! Noi, non siamo solo immagini!, sembrava voler dire. Si sforzò di guardare meglio: in effetti, c’era qualcosa di particolare…
Notando per la prima volta i ciuffi di capelli rossi, Talia si domandò sorpresa, in un primo momento, se non avesse preso per sbaglio lo specchio di Ione. Poi la riconobbe… e sbarrò gli occhi, con orrore.
Era Lei! Lei! Lei, da cui credeva di essersi per sempre liberata. Invece era lì, a fissarla con il suo stesso sguardo d’orrore.
Will.
Quel nome le ricordava solo sofferenza. Vita di un’altra, volto di un’altra…tutte cose che lei non aveva e non avrebbe mai avuto solo per sé. E questa sua esistenza sospesa tra l’essere e il non essere era valsa per usarla senza scrupoli, anche quando… anche quando la Guardiana aveva dovuto tirarsi fuori dai guai in qualche modo, e per salvarsi la pelle aveva mandato lei come agnello sacrificale. Sì, come dimenticare quell’uomo terribile che l’aveva rapita, e poi attaccata a delle macchine per cercare chissà cosa? Massì, che importava a Will e alle altre Guardiane di Kandrakar? Lei era solo una Goccia Astrale!
Talia si morse il labbro, per trattenere le lacrime del risentimento. Forse era anche per vendetta che, alla fine, aveva cercato in tutti i modi di crearli lei, i guai, alla vera Will. Vendetta, e, in fondo, la ricerca di uno spazio in cui farsi ascoltare. Perché le Witch erano troppo impegnate a salvare il mondo per stare a sentire le loro sosia. E allora metterle alle strette le era parso l’unico modo per dare voce al proprio dolore, ai propri desideri… Beh, alla fine avevano capito, no? Talia ora era dispiaciuta per tutto quello che aveva combinato, anche se ancora non ricordava ogni cosa con esattezza: sapeva che c’erano altri motivi, altre sofferenze, che l’avevano spinta a gesti estremi di rivolta contro la sua padrona, ma che ora erano ancora avvolti dalla nebbia.
Allungò le dita verso la superficie fredda del vetro, fino a toccare quelle del suo vecchio riflesso. Talia aveva la pelle leggermente più scura di Will, ma le proporzioni erano rimaste molto simili. Sul viso, c’erano però molte differenze: gli occhi blu di Talia contro quelli castani della sosia della Guardiana: i lunghi capelli color paglia, raccolti in una treccia spessa e con la frangia che copriva la fronte,  contro quelli corti e rossi; la biondina aveva un viso più ovale, lentiggini sulle guance, sopracciglia più arcuate e ciglia più lunghe, e bocca meno sottile.
Suo malgrado, si trovò a sorridere. Sì, in fondo, ora, nel complesso era felice, ed era diversa da Will anche nell’aspetto. E poi, aveva improvvisamente ricordato come si erano lasciate lei e la Guardiana: si erano abbracciate, da sorelle. In fondo, alla fine le Guardiane avevano riconosciuto di aver sbagliato, le avevano liberate. E Talia, nel momento della trasformazione, aveva desiderato dimenticare tutti gli eventi che l’avevano fatta soffrire, quegli eventi che prima non le era stato concesso dimenticare, per poter ricominciare una vita sua, interamente sua. Scoprire il mondo con i propri occhi, affrontarlo con le proprie decisioni, percorrerlo con i propri passi… Ecco cosa aveva desiderato, ed ecco perché si era trovata davanti all’orfanatrofio “Speranza”, ed ecco perché l’avevano chiamata Talia Road.
Ecco, cos’era lei adesso.
 
Le cinque ragazze si voltarono tutte nello stesso momento verso il vecchio Tibor, ora riconoscendolo come il braccio destro dell’Oracolo a Kandrakar; ora, in mezzo a quegli specchi, la tunica che indossava non sembrava affatto fuori luogo, anzi, sembrava restituirlo al suo vero ruolo. Tutte (meno Wei An) furono meravigliate nel vedere che un “pezzo grosso” (per dirla come pensò Ione) della Fortezza si fosse degnato di scendere sulla Terra per cercarle, loro, ex riflessi. Tuttavia, questa storia sembrava ancora irreale, i ricordi poco nitidi venuti a galla finora cozzavano con quelli della loro vita di sempre. Erano ancora molto confuse.
Tibor sembrò capire i loro sentimenti, forse interpretò i loro sguardi. Ricominciò allora a raccontare.
-Ognuno, quando sogna, proietta un'altra immagine di sé nel sogno. Molte volte, al risveglio, quest’immagine si perde; altre, se la persona possiede un buon potenziale magico, rimangono intatte nell’inconscio. Ora, le Guardiane, usando i loro poteri, hanno proiettato quell’immagine al di fuori di sé.- Fece una pausa significativa. –Quelle immagini siete voi.-
Talia sbatté le palpebre, stupita. Ricordava di aver detto una cosa del genere, a Will. “Forse sono solo un tuo sogno.”
Finalmente, le ragazze capirono. Ecco perché, quando le loro padrone le riassorbivano, loro, quand’erano nel limbo, non potevano dormire, né sognare. Erano loro stesse nate da un sogno!
Ma quindi… Tutte vennero assalite dall’identico dubbio: ma allora è proprio vero che siamo solo immagini?
Le parole di Tibor che seguirono confutarono quest’angoscia.
-Per quanto solo immagini nate da un sogno, anzi, dovrei dire proprio perché siete nate da un sogno, voi ragazze non potete considerarvi vuote, o solo delle copie. In voi sono presenti tutti i sentimenti umani, una volta appartenuti sì alle Guardiane, ma che sono divenuti vostri, adattandosi a voi come voi vi siete adattate sempre di più a vivere nel mondo reale. Ogni volta che siete state evocate, la vostra presenza qui diventava più solida, e la vostra anima ha, per così dire, preso un corso diverso da quella delle Guardiane. Voi siete voi. E basta.-
L’Anziano di Kandrakar sembrava poter leggere quasi i loro pensieri, e rassicurarle fino alla commozione. In realtà, Talia si accorse della tenerezza burbera con cui guardava Wei An: la sua empatia forse era dovuta anche alla sua vicinanza affettiva con la ragazzina, e l’imparziale Saggio era diventato a quanto pare uno dei difensori più convinti dell’umanità delle Gocce Astrali, alla Fortezza.
Con un cenno del capo, fece loro segno di seguirle fuori dalla stanza. Dopo aver chiuso le due porte, le invitò a sedersi sulle poltroncine del salone, e proseguì nel racconto.
-Quando siete state trasformate, avete acquisito un aspetto vostro, che riflette la vostra anima e non quella delle Witch; siete state trasportate lontano, più lontano di quanto crediate: vi basti sapere che, come voi, ieri sera le Guardiane hanno scoperto di avere dei poteri magici.-
Quest’affermazione gettò lo sconcerto sulle ragazze.
-Come?!- esclamò Ione, infrangendo la cupola di silenzio che le aveva avvolte.
Il vecchio sospirò, ma dalla sua espressione intuirono che si aspettava la domanda.
-Kandrakar è il luogo esatto al centro dell’infinito. Non ha tempo, e non ha spazio. L’incantesimo dell’Oracolo vi ha portate indietro nel tempo, in modo tale che, al momento della rivelazione, avreste avuto la stessa età delle Guardiane.- Alzò le sopracciglia, un po’ perplesso. –Mi disse: “Così saranno pari, non credi?”-
Le ragazze si immaginarono la faccia dell’Oracolo al momento di dire queste parole: il suo sorrisetto enigmatico e ironico balenò loro in mente, e insieme all’espressione perplessa del vecchio Tibor suscitò l’ilarità collettiva.
Il vecchio si sedette a fatica su una delle poltroncine, con un gemito.
-E ora viene la parte meno piacevole.- sospirò, spegnendo anche gli ultimi suoni di risate.
-Come vi ha già spiegato Wei An ieri, esistono dei demoni al confine tra il sogno e il mondo reale. Nonostante quei confini siano sorvegliati, alcune di queste Ombre ci sono sfuggite, e ora cercano di impadronirsi di più potere.-
-E… in che modo ci riuscirebbero?- domandò Talia, già temendo la risposta. Si ricordava fin troppo bene quell’Ombra oscura di Halloween.
Tibor la fissò.
-In genere, si insinuano nei sogni della gente trasformandoli in Incubi, così da poter divorare la loro energia tramite la paura, o altro. Oppure, cercano di assorbire persone dotate di poteri particolari come i vostri….-
-Ecco appunto!- si intromise Ione, -Cosa significa “i nostri poteri”? Perché ne abbiamo? Cosa…cosa sono?-
Il vecchio rimase in silenzio, in parte impermalosito dall’interruzione, in parte perché stava riflettendo.
-Mmmh.- borbottò nella barba. Le folte sopracciglia calcate verso il basso gli davano l’aria un  vecchio gufo.
-A parte Wei An, che è una combattente del Qi, su di voi non so molto. Posso fare delle ipotesi, su quanto ho potuto osservare, ieri.-
Talia non osò commentare, ma non poté fare a meno di pensare, un po’ stizzita, che allora, se se ne stava nascosto a sbirciare, avrebbe potuto anche dare una mano!
-Tu, Naide- disse voltandosi verso l’interessata. –tu hai materializzato un muro dal niente, e poi anche delle spine. Posso immaginare che tu abbia la capacità di portare immagini del sogno nel mondo reale. Sono convinto che sei tu quella che può trasportare tutte voi nel sogno di una persona addormentata. Quando ti troverai in un sogno probabilmente sarai anche capace di alterare le sue caratteristiche…ma non ti so dire di più.
Tu, Shara, ti ho visto all’opera con la magia di guarigione. Oltre a curare le ferite tue e delle tue amiche, sei indispensabile per ristabilire l’energia vitale che i demoni rubano alle persone negli Incubi.
Tu, Ione, hai il potere opposto di Naide: puoi disintegrare ciò che arriva dalla dimensione del sogno, e nel mondo reale questo si traduce in piccole scosse di elettricità.
E infine tu, Talia…-
Talia si resse forte ai braccioli della poltroncina, quando il vecchio posò lo sguardo su di lei.
-Hai il potere della Notte, ma questo potere in sé raccoglie anche quello della luce: non c’è notte, infatti, senza stelle… Ricordati che il tuo potere ha sempre due volti! Inoltre, a te è stata affidata la Luce di Kandrakar: è la luce che vi permette di non perdervi nel labirinto dei sogni degli umani…-
Talia era sbalordita. Non sapeva più cosa dire: ringraziare? Mostrarsi sicura di sé? Schermirsi? Invece, si trovò a chiedere: -Come mai proprio noi abbiamo questi poteri?-
Le sopracciglia folte di Tibor si corrugarono.
-Mia cara, ti ho già detto che voi stesse siete nate dal sogno! Questi poteri erano già latenti in voi… Portarvi in quest’epoca e questo luogo, è quella che l’Oracolo ha chiamato una… “coincidenza fortunata”.- rispose lui.
-Un momento…- intervenne Shara, che era rimasta zitta finora. –Non vorrà mica dire che dovremo affrontare noi queste…queste Ombre?!-
Tibor si alzò, e riacquistò un tono imperioso.
-Vi siete accomiatate da Kandrakar, e dall’Oracolo, con una promessa. Una promessa, che è siglata sulla vostra pelle.-
Istintivamente, ciascuna si portò una mano alla spalla sinistra.
-Tra poco andremo a Kandrakar. È là che allora deciderete se accettare questo compito o no.-
Detto questo si allontanò, lasciandole sole nella sala, per poter riflettere su quel mare di nuove –e vecchie- informazioni. Nella mente di tutte rimbombava la promessa dell’Oracolo:
Quando sarà il momento di tornare, quel segno si illuminerà! Solo allora deciderete se la vostra scelta è definitiva.
Sotto la mano premuta sulla spalla sinistra, sentivano la pelle calda, e intuirono che, nascoste dagli indumenti, le loro rune stavano brillando.
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi finalmente!! Scusate la lunga attesa… Buon anno a tutti!
Con questo nuovo capitolo si spiegano (quasi ) tutti i segreti apparsi finora, come appare chiaro, adesso, chi è la goccia astrale di chi! Lo avevate intuito? =) Dico subito che MaxT aveva capito già dalla sua prima recensione XD Grazie per la tua perseveranza nel seguire la mia storia!
I poteri delle Twins non sono semplici da spiegare…questo perché ho una mente contorta e molto filosoficheggiante ^^’’ ma spero che si siano capiti comunque. Ammetto che per il potere di Naide mi sono ispirata al film “Inception” =) lo consiglio a chiunque ancora non l’abbia visto! È molto interessante!
Le Gocce quindi si preparano ad affrontare le loro missioni… Missioni che si svolgeranno nel mondo dei sogni! Vi aspetto il mese prossimo con il prossimo capitolo! ^o^ Nel frattempo, mi raccomando, recensite per farmi sapere le vostre opinioni!
 

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