Magazines and Photographs

di Rebl_fleur
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Meeting ***
Capitolo 2: *** Confused ***
Capitolo 3: *** Strange ***
Capitolo 4: *** Traffic ***
Capitolo 5: *** Date (?) ***
Capitolo 6: *** Something Wrong ? ***
Capitolo 7: *** Party ***
Capitolo 8: *** Black or White ***
Capitolo 9: *** Challenge ***
Capitolo 10: *** It Rains ***
Capitolo 11: *** Waking Up ***
Capitolo 12: *** Behavior ***
Capitolo 13: *** Thinking of you ***
Capitolo 14: *** You Didnt Know ***



Capitolo 1
*** First Meeting ***


Magazines and Photographs
first meeting

«Adesso devo salutarti, ci vediamo a pranzo», si congedò il ragazzo. Si sfilò la sigaretta consumata dalle labbra e la spense nel posacenere lì vicino. La voce all'altro capo del telefono rispose ridacchiando. 
«Certo, Matty. A più tardi!».
«Ciao..», borbottò irritato. 
Misa sapeva quanto lui odiasse quel soprannome, perchè diavolo continuava a chiamarlo a quel modo ridicolo? Riappese senza aspettare altri saluti.
Si spostò dalla finestra e uscì dalla stanza in fretta, ansioso di iniziare a lavorare. 
 
Matt Jeevas era un giovane fotografo 26enne. Grazie al suo talento era riuscito a entrare in fretta nel complicato settore della moda e realizzava servizi fotografici per stilisti, pubblicità e riviste. Era alto, con un bel fisico; capelli ramati che la gente usava definire 'rossi' e grandi occhi verdi e luminosi: spesso e volentieri passava anche lui per un modello. Attualmente lavorava per Elle in California; viveva in un comodo appartamento in una zona centrale di Los Angeles e frequentava la famosa attrice e modella Misa Amane. Tutto nella sua vita sembrava perfetto..
 
«Okay, Matt. Sono sopravvissuti in venti», scherzò Linda, l'assistente del fotografo. «Scegli due ragazzi e tre ragazze e cominciamo. Abbiamo solo due ore oggi, mentre domani potremo lavorare tutta la mattinata». 
Matt sbuffò. Se c'era una cosa che odiava, era dover scegliere i modelli. Non perchè non si fidasse del suo gusto personale ma aveva sempre il timore di sbagliare e scegliere qualcuno di inadatto. Prese un respiro profondo. Scrutò attentamente i sette ragazzi e le tredici ragazze che aveva di fronte: tutti indubbiamente belli e affascinanti, lo fissavano immobili in varie pose e con diverse espressioni facciali. Il servizio che dovevano realizzare era ambientato 'in campeggio' visto che i vestiti facevano parte della collezione primaverile di una nota stylist esordiente. Matt raccolse i curriculum sulla scrivania e li lesse attentamente. 
"Lei ha posato per grandi firme, questa ha fatto un sacco di pubblicità e ha dei capelli perfetti.. Quella ragazza ha degli occhi spettacolari.. Questo tipo ha la faccia giusta e.. Quello lì è interessante.."
Dopo aver passato cinque minuti buoni a fare congetture, chiamò cinque nomi: Cori Thomson, Lynn Rose, Erica Cooper, VJ Logan, Mihael Keehl. 
«Tutti gli altri possono andare, grazie per essere venuti», salutò con un sorriso. 
Quando i quindici modelli di troppo abbandonarono la stanza, il ragazzo si sentì più leggero: la parte più spaventosa l'aveva affrontata ed era piuttosto soddisfatto. Andò a recuperare la Nikon mentre nei camerini i modelli indossavano gli abiti; quando furono tutti pronti, vestiti, pettinati e truccati iniziò il servizio vero e proprio. 
Matt si divertiva sempre un mondo: sperimentava le pose, faceva battute per ricevere sorrisi spontanei quando gli servivano e parlottava con i ragazzi tra un cambio d'abiti e l'altro. Dopo un'ora e trentasette minuti ebbero finito e tutti chiacchieravano allegri mentre si cambiavano. 
Tutti tranne uno. 
Matt notò con sua grande sorpresa che il ragazzo alto con il caschetto biondo e gli occhi glacialmente azzurri che corrispondeva al nome di Mihael Keehl non aveva aperto bocca per tutto il tempo. Lo osservò, curioso: ora che non aveva più la camicia semiaperta da boscaiolo e i jeans larghi, indossava un completo di pelle nera attillata e se ne stava sulle sue a braccia conserte. 
"Che tipo strano", borbottò Matt nei propri pensieri. Era di sicuro uno dei ragazzi più carismatici che avesse mai conosciuto in vita sua: anche se non parlava e non prestava attenzione a nulla, tutta la sua persona sembrava una sorta di calamita e distogliere lo sguardo era pressochè impossibile. Decisamente, il lavoro di modello gli calzava perfettamente. 
Poi quegli occhi vaganti si posarono su Matt e ci rimasero: forse Mihael voleva fargli capire che aveva notato il suo sguardo fisso e che gli dava fastidio. Matt si sentì avvampare dalla vergogna e si voltò fingendo di sistemare qualcosa. 
"Sono un idiota", pensò. 
«Cosa ne dite di pranzare tutti insieme?», propose Linda che aveva avuto modo di socializzare con quel modello moro, VJ. 
«Dovrete fare a meno di me», rise Matt, ormai tornato a un colorito normale. 
Keehl alzò lo sguardo dalle sue scarpe come se lo avessero chiamato. 
«Perchè non vieni?», domandò l'assistente, sinceramente dispiaciuta. 
«Ho un appuntamento con la mia ragazza», rivelò. 
Alcune modelle furono sorprese a quelle parole; il biondo arricciò il naso. 
«E sono in ritardo», aggiunse. «A domani ragazzi. Il servizio inizia alle nove, non tardate che mi incasinate tutto». 
I modelli risero, assicurando la propria puntualità. Matt afferrò le chiavi dell'auto e si dileguò. Linda iniziò immediatamente a discutere con le ragazze su dove andare a mangiare. 
«Io non posso venire, ho da fare». 
Quando udirono quella voce tutti si voltarono. Era la prima volta che Mihael parlava. 
«Va b-bene», balbettò Linda, persa in quegli occhi: sembravano di ghiaccio per il loro colore ma allo stesso tempo emanavano un calore ardente. 
Prima che il biondo taciturno potesse lasciare la stanza un cellulare squillò.
«Cavolo, Matt se l'è scordato. Mihael, visto che stai uscendo non è che potresti portarglielo? Probabilmente è ancora nel parcheggio..». 
Il ragazzo annuì impercettibilmente, prese il cellulare e uscì. Non era molto convinto di trovarlo ancora nel parcheggio -era uscito da diversi minuti ormai- ma lo cercò ugualmente. Il cellulare del fotografo continuava a squillare urtando i nervi del ragazzo biondo che, pur di non sentirlo più, rispose.
«Matt!», strillò una vocetta che Mihael definì immediatamente acuta e petulante: fastidiosa. 
«Dove sei? Ti sto aspettando al Madeo e c'è già chi mi dice che se non arrivi devo cedere il tavolo. Ti rendi conto?». 
Mihael sgranò gli occhi. "Ma quanto cazzo parla questa qui?", pensò.
Non si aspettava quel genere di ragazza per uno come Matt. Aveva sempre avuto buon occhio nel comprendere le persone e non riusciva a credere di essersi sbagliato, non nei confronti di quel fotografo che credeva di aver classificato alla perfezione. E, se aveva ragione -detestava dover considerare l'eventualità di avere torto- non era possibile che a quel ragazzo potesse interessare una tipa che sembrava tanto un'oca.
«Senti, Matt ha scordato il cellulare, lo sto cercando nel parcheggio ma evidentemente è già uscito», sospirò. 
La ragazza fermò il suo ciarlare nel sentire una voce che non corrispondeva a quella del suo ragazzo. «Matt sa dove lo stai aspettando?», continuò Mihael.
«C-certo», rispose confusa. 
«Bene. Arrivo», concluse. Decisamente la conversazione per lui era durata anche troppo. 
«Aspetta! Chi diavolo sei? E.. In che senso mi dici arrivo?», sbottò arrabbiata. Chi era quello sconosciuto che aveva risposto al telefono del suo ragazzo?
«Sono Mihael e arrivo non ha molti sensi», replicò senza risparmiarsi il tono acido. Quella tipa gli stava già fin troppo sulle palle. Chiuse la conversazione con un gesto secco, poi infilò il casco e salì a bordo della sua moto lucida.



ndRebl_fleur: Okay, per ora questa storia è solo un ipotesi. Da una settimana ci pensavo e, nonostante sia ancora indecisa sul da farsi, ho voluto postarla lo stesso. Innanzitutto, ho scelto di non chiamare Matt con il suo vero nome perchè.. Bho, Mail non si addiceva a un californiano, nemmeno se di origini irlandesi u__u .Più avanti però potrebbe anche rivelarsi un semplice nome d'arte, quindi, chi lo sa! (io dovrei saperlo invece, ma sono dettagli.. <.<)
Qualche recensione (anche se volete scrivermi che dovrei ritirarmi mi va bene lo stesso) e magari qualche consiglio sono ben accetti. 
ps. VJ Logan esiste davvero, è un modello e ha vinto la seconda edizione di America's Most Smartest Model (e per me è odioso anche se non posso nascondere che è piuttosto bello).
pps. Anche il Madeo esiste davvero e purtroppo lo conosco solo perchè l'ho letto su una rivista, non di certo perchè ci sono stata (*si deprime* ç.ç)
Vabbene la smetto di annoiarvi. Al prossimo capitolo (forse). xoxo

 

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Capitolo 2
*** Confused ***


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confused

«E' fantastico. Sono contento per te!».
Matt sorrise raggiante. Era davvero felice per Misa: l'avevano scelta come protagonista in un nuovo film. Non che il film fosse particolarmente interessante: da come Misa aveva descritto la trama, era la classica commediola da due soldi in cui il fighetto del liceo si innamora della tipa sfigata.
Ma la sua indole gentile gli impediva di rivelare alla ragazza quello che realmente pensava, conscio che avrebbe danneggiato il suo umore e il suo sorriso contagioso. Era per quello che gli piaceva quella ragazza: non perchè fosse stupenda, non per la fama, e neanche per la sua intelligenza, visto che non ne aveva molta; era il suo sorriso ad averlo attirato.
Misa, ancora armata di quel sorriso a trentadue denti, si avvicinò al suo ragazzo, intenzionata a baciarlo, ma una fastidiosa presenza (non riusciva a definirla altrimenti) interruppe quel momento romantico.
Tremendamente sdolcinato e disgustoso; era invece il modo in cui Mihael definì la scenetta davanti ai suoi occhi. Si autoconvinse che il fastidio che provava era a causa della mielosità del momento, sommato all'astio nei confronti di quella biondina che aveva preso in antipatia dal primo momento in cui le aveva parlato al telefono, più il desiderio ardente di non essere lì.
Ma purtroppo c'era.
«Un po' di attenzione, domani. Non vorrei che ti dimenticassi il cervello», mormorò Mihael mentre porgeva il cellulare al rosso, sfoggiando un'espressione di disappunto.
Matt si voltò, sorpreso. 
«In effetti ultimamente sono tra le nuvole. Come posso ringraziarti?», domandò con un lieve sorriso imbarazzato.
In genere gli avrebbe detto solo "grazie" e sarebbe tornato tranquillamente al suo appuntamento, ma proprio non voleva mettere fine alla conversazione. Quel ragazzo era stato zitto tutto il giorno: in un certo senso si sentiva onorato ad essere riuscito a farsi rivolgere la parola.
«Non devi fare niente». Mihael abbozzò qualcosa di simile a un sorriso e fece per andarsene, ma una mano serrata attorno al suo polso lo fermò.
Si voltò lentamente e fissò gli occhi inespressivi in quelli smeraldini di Matt.
«Che ne dici di sederti con noi? Non abbiamo ancora ordinato..»
«No, grazie. Non vorrei rovinare il vostro appuntamento..»
«Ma dai! Ti sei disturbato a venire fin qui per riportarmi il cellulare, e poi non rovini proprio niente!». Matt tentò col sorriso più convincente che avesse in repertorio. Non si spiegava quello che stava facendo. 
Perchè aveva invitato quel ragazzo a pranzare con loro? E perchè insisteva così tanto? Si sentiva quasi male all'idea che quel giovane dai capelli color dell'oro smettesse di parlargli e se ne andasse.
Nonostante fosse riluttante, Misa aveva scorto la sincera speranza negli occhi del suo ragazzo. Non sapeva perchè, ma evidentemente Matt ci teneva che quel suo amico non andasse via, così parlò.
«Ma sì! Dai, sei venuto fin qui apposta, resta!»
Mihael guardò intensamente entrambi poi, non sapeva neanche lui perchè visto che desiderava solo andarsene, scostò una sedia e si accomodò al tavolo.
 
Fissava il soffitto da mezz'ora ormai, perso nei propri pensieri. Era tanto tempo che non si stendeva tranquillo sul suo letto senza una buona ragione. 
Quella mattina era stata strana, dall'inizio. 
Si era svegliato presto, come sua abitudine di saltare in piedi dopo le necessarie otto ore di sonno. Non amava oziare, gli piaceva muoversi. Forse era iperattivo. 
Aveva fatto colazione -se divorare tre tavolette di cioccolato extra fondente si possa definire tale- e poi si era fatto una doccia. Guardando sul frigorifero dove stavano incollati diversi post-it si era ricordato del casting per posare su Elle e si era vestito per poi uscire di corsa. 
A qualunque provino si presentasse, lo sceglievano sempre: rimanevano tutti incantati dal suo sguardo di ghiaccio, tutti volevano quegli occhi sulle proprie copertine. 
Questa volta però fu parecchio strano. Il fotografo sembrava avere la sua età e se non lo avesse visto con la Nikon in mano avrebbe detto che era anche lui in quel posto per il provino. Senza neanche rendersene conto si era ritrovato a sbirciare continuamente in direzione di quel ragazzo dai capelli rossicci e gli occhi di un meraviglioso verde smeraldo, aveva studiato ogni sua mossa e memorizzato il suono della sua risata.
Si era reso presto conto che quel ragazzo amava ridere e far ridere; il sorriso presenziava sempre sulle sue labbra rosee. Quasi invidiava la semplicità con cui quel ragazzo sorrideva. Lui non ne era mai stato granchè capace. 
Quando aveva notato che il fotografo guardava nella sua direzione più del dovuto si era incuriosito e lo aveva fissato di rimando con la sua espressione glaciale. Quando poi aveva sentito che era fidanzato aveva lottato per non corrugare la fronte dalla confusione. Perchè lo fissava di continuo se era impegnato? Ciò non fece altro che aumentare la sua curiosità.
E -colpo di fortuna- si era presentata l'occasione: il fotografo aveva dimenticato il cellulare e lui ne aveva approfittato per riportarglielo. 
Vedere la sua ragazza era stata una doccia fredda: sapeva benissimo chi era quella. Misa Amane, ecco chi era. La super star del momento. 
Ma lui non era il tipo da farsi intimorire e si era seduto al tavolo con loro -non prima di fingere esitazione- accavallando le gambe e lanciando varie volte occhiate altezzose alla biondina. Aveva fatto un po' lo stronzo a dirla tutta: il modo in cui aveva giocato con i capelli e gli sguardi che aveva lanciato al rosso erano segnali espliciti, ma il ragazzo sembrò non notarli o comunque non gli diede peso.
Anche quel comportamento aveva contribuito a confonderlo più di quanto non lo fosse già. Fingeva di non capire o faceva sul serio?
Non trovando risposta, aveva deciso che ci avrebbe capito qualcosa. Si, doveva capire come stavano le cose.

 
«Non vuoi che salga con te?». Misa lo fissava facendo gli occhietti dolci con un'espressione imbronciata.
Matt alzò gli occhi al cielo.
«Misa.. Domani c'è il servizio fotografico. Non posso permettermi di fare tardi nè di essere stanco. Devo lavorare al pieno delle mie forze!». 
Mai come quella volta si era davvero sforzato di essere gentile. La verità era che non aveva nessunissima voglia di portarsi Misa a casa -il che era strano- ma attribuì immediatamente quella mancanza alla necessità di lavorare bene, l'indomani. 
«E va bene. Ci rivediamo a pranzo domani?»
«Non dovevi pranzare con il cast del tuo nuovo film?»
Misa era quasi sorpesa. «Oh.. Già. Allora..»
«Ti chiamo io», promise Matt con un sorriso. Che Misa ricambiò.
«Okay! Ci vediamo Matty!»
La ragazza dai codini biondi si alzò un po' sulle punte per dargli un bacio e Matt si fece istintivamente indietro. Misa lo guardò con un sopracciglio inarcato. 
"Ma che cazzo mi prende?", pensò il rosso, arrabbiato con sè stesso. 
Le sorrise, e lei parve rilassarsi. Si chinò a sfiorarle le labbra con le proprie, ma appena dopo un istante schizzò dentro al portoncino e si infilò di corsa nell'ascensore.
Misa rimase a fissare il vuoto davanti a sè, confusa. Si sfiorò con la punta di un dito le labbra, dove avrebbero dovuto esserci ancora quelle di Matt. Non poteva di certo dirsi un bacio, quello che le aveva dato. Non l'aveva quasi neanche toccata! 
"Oh, beh. E' tardi, Misa-Misa deve tornare a casa!", pensò. Estrasse il cellulare dalla borsetta e chiamò un taxi.


 
ndRebl_fleur: Ce l'ho fatta! Premetto che non sono tanto convinta da questo capitolo, per niente. Ma ho provato a cambiarlo in diversi modi senza sentirmi mai pienamente soddisfatta. Spero non sia esageratamente deludente.
Non so, scrivete quello che volete -insulti, consigli, critiche, insomma, tutto quello che vi passa per la testa!- e sarò felice di rispondervi. Grazie a chiunque abbia letto/recensito/preferito/seguito/ricordato ^^
xoxo

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Capitolo 3
*** Strange ***


 
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strange



Matt si sentiva stordito, come dopo una sbronza pesante: il mondo intorno a lui era confuso, distorto, sottosopra. Il fiatone per la corsa non lo aiutava molto. Quando il respirò ritornò regolare, alzò la testa -lentamente per non farsi prendere da un capogiro e finire dritto a terra- e osservò i ripiani colmi di scarpe e borse, vestiti e gioielli. Il guardaroba della sede di Elle era sempre ben fornito quando c'erano da realizzare servizi fotografici importanti. 
D'un tratto, il giovane fotografo vide Linda, la sua assistente, uscire da un camerino seguita a ruota da una delle modelle che avevano reclutato il giorno prima. Gli sembrava si chiamasse Erica, era quella con gli occhi del colore dell'oceano. La ragazza si aggrappò ai fianchi di Linda e quella si voltò sorridente prima di baciarla. Matt sgranò gli occhi.
Insomma, l'aveva baciata! Le aveva dato un bacio, di quelli alla francese!
Ancora sconvolto, si voltò e vide sul divanetto di pelle beige un spettacolo simile, solo che i protagonisti erano due ragazzi.. Solo di uno era visibile il volto: era VJ. L'altro aveva i capelli castani e il viso era nascosto nell'incavo della spalla di VJ, per cui non gli fu possibile riconoscerlo. Matt corrugò di più la fronte. 
«Ma che sta succedendo qui? Siamo sul set di un video dei Black Eyed Peas per caso?», domandò a voce alta -diciamo che aveva più propriamente urlato- ma nessuno gli prestò un minimo di attenzione, continuando con le proprie occupazioni. A rendere la situazione ancora più contorta era la costante musica di sottofondo: Matt la riconobbe solo dopo un po', quando i give it to me baby si fecero sempre più acuti. Quella canzone era anche la suoneria del suo cellulare... 
 
 
«Cazzo!». Matt scattò in avanti spalancando gli occhi. Li richiuse immediatamente, accecato dalla luce del sole che filtrava dalle tende sottili della sua stanza. Il suo cellulare sul comodino di legno chiaro vibrava e urlava quella suoneria come se fosse impazzito. Matt lo afferrò rapido e lo portò immediatamente all'orecchio.
«Finalmente! Dimmi che sei bloccato nel traffico e non che dormivi ancora», lo rimproverò Linda.
«Oddio, Lin, mi dispiace, non so come sia potuto succedere, arrivo in un baleno!»
Linda sbuffò. «Muoviti razza di stupido!»
«Faccio prestissimo!»
Matt chiuse la chiamata e sbuffò, portandosi una mano al viso. 
Era rimasto sveglio fino alle tre perchè non era riuscito a prendere sonno prima e aveva fatto sogni strani, ma l'ultimo, quello che era terminato bruscamente grazie al suo telefono folle era stato il più contorto. 
"Devo sbrigarmi", si disse. Si mise in piedi più veloce che potè -forse troppo per il suo corpo ancora mezzo addormentato- rischiando di inciampare nelle lenzuola scure ormai sparse sul pavimento. Si tuffò letteralmente nella doccia e meno di tre minuti dopo era già alle prese con vestiti e phon. Evitò di perdere altro tempo per la colazione e si fiondò nel garage per recuperare l'auto. 
Erano le 10:23 quando Matt fece il suo ingresso, con il fiatone e i capelli scompigliati. Quella che trovò non era esattamente la migliore accoglienza del mondo. Sei paia d'occhi lo fissarono, e nessuno era amichevole.
«
Mi dispiace, non sapete quanto. Mi farò perdonare.. Offro il pranzo a tutti», buttò lì. 
«Smettila di cincischiare e comincia a lavorare, Jeevas», fu l'unico commento di Linda.
 

Matt s'impegnò molto quel giorno, un po' perchè si sentiva in colpa per aver fatto tardi, un po' perchè quel servizio era davvero importante. Fortunatamente i ragazzi non se l'erano presa per aver aspettato più di un'ora prima di cominciare e assecondarono entusiasti tutte le richieste del fotografo. Quando finirono Matt sentiva di stare per svenire.
«Ho bisogno di un caffè», sospirò, lasciandosi andare a peso morto sul divanetto.
Al ricordo di quello che aveva sognato rabbrividì e si alzò immediatamente. Già, quel sogno.. Chissà cosa voleva significare. Forse solo che stava impazzendo. 

«Calma. Sta arrivando Grace con i caffè», disse Linda.
Matt la guardò accigliato. «Hey ce l'hai con me?»
 
«No Matt. Tu non c'entri», sospirò alzando gli occhi verso il fondo della stanza.
Matt seguì il suo sguardo. Nel punto dove guardava Linda c'era una poltrona di pelle nera, ed era lì che stava seduto -stravaccato sarebbe più appropriato- Mihael. Fissava il soffitto con una tavoletta di cioccolato nella mano destra e la mordeva con rabbia producendo un tak continuo.

«E' così strano.. E' lunatico forse?», mormorò Linda.
«Perchè?», chiese Matt, curioso.
 
«Beh, stamattina sembrava incazzato con tutti e guardava la porta nervosamente. Forse era arrabbiato perchè stavi facendo tardi, magari ha un impegno dopo.. Si è rilassato solo quando sei arrivato» 
«Mh», fu l'unico commento del rosso, mentre lanciava l'ennesima occhiata verso quel ragazzo strano.
 
 
Matt si accese una sigaretta mentre lasciava l'edificio fischiettando il motivetto di "Pretty fly for a white guy". Aveva la borsa della Nikon a tracolla e la colpiva come un tamburo per scandire il ritmo della canzone.
Quel pomeriggio si sarebbe dedicato interamente al servizio: le foto ce le aveva, ora doveva solo ritoccarle un po'. Quella con Photoshop era di sicuro la sua parte preferita: nessuno era in grado di creare quello che faceva lui con quel programma.
Si avvicinò all'auto rossa, quando, proprio mentre apriva lo sportello, sentì qualcuno imprecare a gran voce. Si guardò intorno prima di scorgere una figura longilinea rivestita di nero vicino a una moto lucida. 
"Mihael ha qualche problemino con la moto a quanto pare", pensò divertito. 
Non sapeva come rapportarsi a quel ragazzo, se fidarsi del giudizio di Linda e considerarlo una persona da evitare o se seguire il proprio istinto e andare a parlargli. Sembrava che tutti lo vedessero come un poco di buono, ma solo per il suo strano abbigliamento e il suo atteggiamento sempre scontroso. Matt si diceva sempre che come i fotografi e i pittori, i musicisti e i ballerini, anche i modelli erano artisti. Loro erano il mezzo per mostrare l'arte; ma se non fossero stati arte anche loro, come avrebbero potuto mostrarla al mondo? 
E quindi, come logica conseguenza, si ritrovava a riflettere su una citazione che aveva letto da qualche parte anni addietro. "Gli artisti sono tutti strani per definizione".
Insomma, anche lui non è che fosse un tipo normale: non tutti vanno in giro con magliette a righe nere e rosso fuoco, con occhiali da aviatore dalle lenti arancioni sulla testa e l'onnipresente sigaretta stretta gelosamente tra le labbra. Eppure oltre le apparenze, era una persona normale anche lui.
Soddisfatto delle proprie conclusioni, richiuse l'auto e si avvicinò a passo rapido al tipo biondo in fondo al parcheggio.
 
Mihael sgranò gli occhi quando si accorse della figura che camminava verso di lui.
"Dannazione", pensò. Cercò di ricomporsi quando Matt gli fu lontano solo un paio di metri e incrociò le braccia.
«Serve una mano?», gli chiese quello, sempre sorridente.
«E' tutto sotto controllo»
«A me non sembra. Non vuole partire?», insistette.
«No. Non importa, chiamerò un taxi e manderò qualcuno a prenderla più tardi»
«Maddai, a che servo io? Posso darti un passaggio».
Il rosso sembrava divertito. E Mihael era inspiegabilmente sempre più furioso. Quella motocicletta del cazzo gli stava facendo fare la figura dell'idiota.
«Non preoccuparti. Comunque grazie»
 
«Non fare il sostenuto! Non c'è problema!»
Mihael sospirò, sconfitto. Matt si aprì in un sorriso raggiante.
«Andiamo», lo incitò. E Mihael lo seguì.
 
 
Possibile che quel rosso riuscisse sempre ad abbattere la sua resistenza?



ndRebl_fleur: Sarò ripetitiva, ma anche questo capitolo non mi convince granchè. Innanzitutto mi sembra più breve rispetto agli altri e poi non è che brilli per originalità. Il fatto è che le idee migliori (quelle che mi hanno spinta a scrivere l'intero papiello) sono per il dopo quindi per ora il tutto può risultare un po' (tanto) banale. Ah, per quanto riguarda la canzone, "pretty fly for a white guy", in effetti non c'è un motivo particolare per cui l'ho "inserita". La trovo una canzone divertente e, bho, ce la vedevo come suoneria per Matt u__u
E, ora che mi ricordo, il riferimento ai Black Eyed Peas mi è venuto in mente pensando al video di I Gotta Feeling in cui, durante il festino, si possono vedere i più svariati accoppiamenti *^* ..Oddio, non voglio per niente risultare offensiva! Io io Black Eyed Peas li adoro, li ascoltavo da quando li vedevo passare su Mtv a 10 o 11 anni *--*
Come sempre ringrazio chiunque legga o recensisca questa fanfiction e mi dispiace per chi si aspettava grandi cose, perchè a me sembra che inizi a fare sempre più schifo. Però la speranza è sempre l'ultima a morire quindi cercherò di "salvarla" u__u
tra l'altro, domani inizio la scuola anch'io, quindi mi sarà un po' problematico tenere il ritmo degli aggiornamenti. Però, chissà, forse la scuola riuscirà a ispirarmi un capitolo decente..
Alla prossima, gente ^^
xoxo

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Capitolo 4
*** Traffic ***


 
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traffic


Mihael si sforzava con tutto sè stesso di non sbuffare e sfogava la propria irritazione sulle sue amate barrette di cioccolato, che mordeva con rabbia. 
Non gli sembrava carino nei confronti di Matt, che gli aveva gentilmente offerto un passaggio, far notare la sua frustrazione; soprattutto perchè non era colpa del rosso se erano bloccati nel traffico da tre quarti d'ora.
Alla sesta tavoletta che veniva scartata, Matt gli chiese ironicamente se lo zaino che aveva con sè non fosse pieno solo di quelle e alla risposta affermativa del biondo non era riuscito a nascondere lo stupore.
«Fammi capire, tu sei un modello che si ingozza di cioccolato?»
Mihael asserì con un cenno del capo, poi lo guardò inarcando un sopracciglio, come a chiedersi cosa ci fosse di strano. 
«Il cioccolato fa ingrassare! Specie se ne mangi così tanto! Eppure tu sembri una tavola da surf..», commentò il rosso, scrutando il corpo esile di Mihael. 
Le braccia erano fini, come le gambe messe in risalto dai pantaloni di pelle attillatissimi. Tutto il suo corpo non aveva un accenno di grasso.
Se non lo avesse visto tragugiare sotto i suoi stessi occhi smeraldini una quantità di cioccolato di circa quattrocento grammi come fossero un bicchiere d'acqua, non avrebbe mai creduto che un ragazzo in così perfetta forma ne fosse extra-ghiotto.
«Sono molto fortunato..». Mihael sorrise, facendo brillare gli occhi chiarissimi e i denti di un bianco abbagliante. Fu un attimo, e poi tornò immediatamente serio.
Matt rimase immobile per qualche secondo a contemplare la figura angelica che siedeva al suo fianco. "Quando sorride è davvero spettacolare", si trovò a pensare, contro ogni logica. "Concentrati, Matt", si disse subito dopo.
«Non immaginavo che a quest'ora avrei trovato tutto questo traffico prendendo questa strada.. Mi dispiace, se avevi da fare..», mormorò.
«Non avevo nessun impegno», lo interruppe Mihael, abbagliandolo di nuovo con il lievissimo accenno di un sorriso.
Matt rimase interdetto. Linda gli aveva spiegato che Mihael si era arrabbiato quella mattina perchè lui non era ancora arrivato, ma quello gli aveva appena rivelato di non avere altro da fare. "Forse semplicemente odia i ritardatari", pensò scrollando le spalle.
«Mi sà che ne avremo ancora per molto», rise Matt, amareggiato. 
«A quanto pare..», fu il commento distaccato di Mihael, come se scendere immediatamente o stare fermi nel traffico altre tre ore fosse del tutto irrilevante. Matt rimase pensoso, fissando la coda di auto davanti a sè. I più frettolosi suonavano incessantemente il clacson; quelli più irascibili urlavano insulti e facevano gestacci fuori dai finestrini. 
Sorrise appena quando un nonnetto poche auto più avanti si affacciò e gridò «Questa nuova generazione è piena di imbecilli!».
 
Visto che in qualche modo dovevano pur passare il tempo, i ragazzi iniziarono a parlare.
All'inizio Mihael non sembrava interessato a collaborare e rispondeva vagamente a qualsiasi domanda. Poi però, arreso, aveva iniziato a prendere seriamente parte alla conversazione. Si trovarono a parlare dei loro studi, delle loro vite attuali e delle loro famiglie. 
Matt apprese che Mihael era di origini europee -padre tedesco e madre francese- e che sapeva parlare un po' di entrambe le lingue. Si era trasferito a San Francisco con la famiglia a otto anni e più tardi a Los Angeles da solo, giusto dieci anni dopo. 
Aveva iniziato la carriera di modello perchè aveva bisogno di lavorare per pagarsi l'appartamento e gli studi e nel giro di un paio d'anni si era ritrovato a posare a tempo pieno. 
Non era più riuscito a organizzare il tempo per poter frequentare le lezioni e studiare per gli esami, così aveva dovuto lasciare l'Università, dedicandosi interamente al lavoro. Lavoro che lo sommergeva di complimenti, denaro e inviti per feste glam. 
Ripensando ai primi tempi nel settore, un sorriso si dipingeva sulle sue labbra. 
Era sempre stato indifferente alle macchine fotografiche puntate addosso, anche se gli apprezzamenti sul suo sguardo e il suo corpo lo avevano sempre fatto sentire orgoglioso di sè stesso e avevano aumentato a dismisura il suo ego. 
Anche sua madre era fierissima di poter sfogliare le riviste dal parrucchiere e dire con orgoglio "Questo bellissimo modello è mio figlio". 
Suo padre invece si era sempre mostrato indifferente, ma in realtà non era molto felice della vita che Mihael aveva scelto: avrebbe preferito che continuasse a studiare per diventare qualcuno di importante con un impiego fisso, anzichè dedicarsi a una vita vissuta momento per momento, senza preoccupazioni per il futuro. 
Mihael raccontò che di rado vedeva la famiglia, giusto quando non aveva più scuse per rinviare.
«Non sei molto attaccato ai genitori eh?»
Il biondo si strinse nelle spalle. «I miei dopo un paio di giorni diventano opprimenti, perciò cerco di tenere una.. distanza di sicurezza..»
Matt rise. E Mihael rimase imbambolato a guardarlo. 
La vista di quegl'occhi così luminosi che chissà come riuscivano ad accendersi ancora di più, quell'accenno di fossette e i denti perlacei gli procuravano una sensazione stranissima. Scosse piano la testa per riordinare i pensieri.
«E su di te che mi dici?», domandò Mihael -ormai tornato padrone di sè stesso e delle proprie azioni- assottigliando lo sguardo, un mezzo sorriso sulle labbra. 
Matt impiegò diversi secondi a comprendere il senso di quelle parole, troppo preso dal suono della voce di Mihael.
«Vivo qui da sempre, i miei nonni si erano trasferiti dall'Irlanda da giovani. Abito da solo da circa quattro anni e faccio il fotografo per le riviste da due»
«E.. da quanto tempo esci con Misa Amane?», chiese apparentemente disinteressato. Spostò lo sguardo in basso mentre si scostava distrattamente i capelli dorati dal viso.
Matt deglutì a vuoto e si affrettò a rispondere prima che Mihael notasse il suo tentennamento. 
"Dannazione vuoi calmarti, Matt?", ruggì una voce nella sua testa.
«Beh.. Non lo so con precisione.. La conosco da sei o sette mesi e usciamo insieme da due o tre..»
«Non sembri convinto»
«No, no! Sono sicuro, sì, sono tre mesi. Ma, insomma, non è che facciamo proprio coppia fissa. Ci stiamo.. conoscendo».
Tornò a concentrarsi sulla guida, finalmente c'era un po' di movimento. Si fermò al semaforo e poi svoltò a destra.
Mihael rilassò le spalle, profondamente sollevato. 
«Capisco», rispose solo.
«Dove stai andando?», chiese poi, accortosi della direzione che l'auto stava prendendo.
«Sono le sette. Non so te, ma io ho una fame da lupi. Ho pensato che anche tu volessi mangiare. Ti va se ti chiedo di unirti a me?», Matt lo guardò sorridente. 
Mihael si trattenne dall'esultare apertamente e finse distacco, imitando una perfetta scrollata di spalle. Abbassò lo sguardo per non mostrare palesemente lo scintillìo che era sicuro di avere nello sguardo e rispose semplicemente «Perchè no».





ndRebl_fleur: Olè! Sono riuscita a scrivere qualcosa! Mi sembra però che questo capitolo sia ancora più breve.. °-° Non l'ho allungato perchè sono indecisa sul da farsi, se mettere ora o più avanti una scena che mi sono promessa di inserire ad ogni costo. Non spoilero niente! 
Non so come fate a continuare a leggere, se fossi in voi scapperei a gambe levate da un'autrice che non sa cosa scrivere.. Ma voi non lo farete perchè siete troppo buoni u__u
Passando alle cose serie, ringrazio moltissimo chiunque abbia letto o recensito i precedenti capitoli e questo, ovviamente. Siete voi che mi spingete ad andare avanti e a non cestinare immediatamente questa mezza schifezza :3
Ditemi cosa ne pensate, sono quasi sicura di essere stata un po' OOC. O no?
Va bene, vi lascio in pace. xoxo

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Capitolo 5
*** Date (?) ***


Magazines and Photographs
date (?)


L'auto era ferma vicino a un marciapiede. Il sole quasi non si vedeva più, il buio stava calando.
«Allora! Messicano o italiano?»
«Mi va bene anche un McDonald..», mormorò Mihael guardando il rosso con un sopracciglio inarcato.
«Starai scherzando spero! Un modello non può mangiare quella roba!»
«Anche il cibo messicano e quello italiano non sono il massimo, con tutti quegli extra-condimenti..»
«Almeno non è tutta roba piena di conservanti», obiettò il rosso. Mihael sospirò.
«Come vuoi tu, non ho preferenze»
Matt si grattò la testa. Non sapeva proprio scegliere. 
«Okay, deciderà la moneta. Testa, messicano; croce, italiano»
Mihael alzò gli occhi al cielo. Non c'era mica bisogno di tutto quel casino per decidere dove mangiare!  
Matt lanciò la moneta che si rigirava tra le dita da un po' e la fece atterrare sul dorso della propria mano.
«Rullo di tamburi prego!», rise.
«Vuoi piantarla? Vedi cosa è uscito senza tante smorfie», borbottò il biondo, nascondendo le risate. 
Non si era mai sentito così leggero. Era facile stare in compagnia di Matt: niente chiacchiere inutili, niente silenzi imbarazzati. Si era ritrovato persino a canticchiare rocamente una canzone country che passava alla radio!
«E'... testa!».
«Quindi dove?»
«Vuoi un tavolo.. o ti va bene un parcheggio?», domandò Matt. Aveva ancora il sorriso sulle labbra ma era indubbiamente serio.
«In.. che senso scusa?», domandò Mihael confuso. Il termine parcheggio gli dava pensieri piuttosto ambigui...
«Lo Yuca's, ovviamente! Però non ci sono tavoli..»
«Ah, ho capito. Va benissimo. Nessun problema». Mihael sorrise. Matt accese il motore e ripartì.
Allo Yuca's Tacos c'era un po' di gente, dopotutto era un venerdì sera. Attesero tranquilli, chiacchierando ogni tanto. 
Presero i loro tacos e si avviarono verso l'auto, appoggiandosi al cofano, gli occhi rivolti verso il cielo. Non si vedevano molte stelle: un po' per le nuvole, un po' per colpa delle infinite luci della città che oscuravano quelle del cielo.
Dopo un paio di minuti di silenzio, improvvisamente Mihael scoppiò a ridere. 
«Cosa?», domandò il rosso, confuso.
Mihael rideva talmente forte da avere male nei fianchi.
«Oddio..», ansimò. Non riusciva a smettere! 
«Fammi.. riprendere..». Sospirò e socchiuse gli occhi per calmarsi. Matt si sporse verso di lui.
«Bè? Che hai da sghignazzare tanto?»
«Hai la salsa su una guancia. Lì, è una macchia gigante!», ghignò.
Matt spalancò gli occhi. «Passami uno di quelli!»
«Quelli.. cosa?», chiese il biondo con una strana luce maliziosa nello sguardo.
«I tovaglioli, Mihael! Passamene uno!»
Mihael si stese di più sul cofano, causando accidentalmente la caduta di tutti i tovaglioli sull'asfalto umido.
«Oops!»
«Dai! Cazzo, e ora come faccio? Forza, ridi. Fatti un'altra risata. Adesso mi spieghi come faccio a pulirmi?»
Mihael sghignazzò. 
«Sei soddisfatto?». Matt mise il broncio.
«Eccome». 
Mihael si fermò ad ammirare l'espressione del rosso. Era sicuro di avere un sorriso ebete stampato in faccia in quel momento. Si morse il labbro inferiore per evitare alla sua mente -non proprio pia- di fare certi pensieri..
«Okay, mi sono divertito. Ecco, tieni», disse estraendo un fazzoletto di stoffa dalla tasca della giacca. 
Matt allungò una mano per prenderlo, ma il biondo lo scansò e andò direttamente a pulirgli la guancia. Matt fu un po' sorpreso a quel contatto e forse arrossì. Per fortuna era abbastanza buio, quindi c'era almeno qualche possibilità che Mihael non se ne fosse accorto.
«Grazie», sussurrò quando la mano del ragazzo si fu allontanata dal suo viso. 
Il biondo sollevò le spalle.
Quando finirono di mangiare, nessuno dei due voleva andarsene. Ma nessuno lo diceva apertamente. 
Si stesero quasi completamente sull'auto, lo sguardo perso nel cielo buio sopra di loro. Ogni tanto Matt si voltava per lanciare occhiate furtive al ragazzo al suo fianco, ma quello non ricambiava mai. Era completamente assorto, a contemplare il manto blu sulle loro teste.
Ogni volta che lo guardava, una strana sensazione lo prendeva alla bocca dello stomaco. Cercò con tutto se stesso di non pensarci.
«Sai che ore sono?», chiese d'un tratto il biondo, senza staccare gli occhi dal cielo.
Matt estrasse il cellulare. Provò a sbloccare lo schermo, ma quello non si accendeva.
«Il mio telefono si è spento», annunciò tristemente. Mihael annuì e abbassò lo sguardo verso le tasche ad estrarre il suo.
«Sono le dieci e mezza».
Si aspettava una reazione esplosiva, del tipo "COSA? Oddio, devo correre da Misa e bla bla bla", invece il rosso rimase perfettamente composto, mugugnando un «okay» disinteressato. Mihael sorrise tra sè.
 
Matt si svegliò presto, quella mattina. Si sentiva in formissima, al massimo delle proprie capacità. 
Aveva già deciso cosa fare quel giorno: avrebbe finito il suo lavoro, lo avrebbe consegnato e poi sarebbe tornato a casa, per dedicarsi totalmente alla sua xbox che, immacolata da circa due giorni, reclamava a gran voce le sue attenzioni. Non era mai stato tanto tempo senza giocare.
"Difficile crederci, ma ho passato la serata in un modo ben più interessante", pensò. 
Già. Riportò alla mente il ricordo della scorsa notte. Dopo la "cena", Mihael aveva proposto di andare a bere qualcosa, visto che avevano accompagnato i tacos con una bottiglia d'acqua. Matt si era detto d'accordo. Ormai il telefono era morto, anche se la sua ragazza avesse voluto rintracciarlo per uscire, neanche avrebbe potuto. A dirla tutta era stato fin troppo felice di scaricare Misa a favore di un'uscita con Mihael. 
Il biondo gli aveva chiesto di poter guidare e lui lo aveva lasciato fare, incuriosito. Avevano viaggiato per un quarto d'ora e Mihael era stato molto vago ogni volta che Matt gli chiedeva dove stessero andando. Quando si furono fermati, il rosso aveva alzato lo sguardo verso l'insegna. "The Dime", era il nome del bar. 
«Un bel posto, no?», gli aveva sorriso. 
Matt aveva scrutato il locale: era un bel posticino davvero, il bancone di legno occupava tutta la zona a destra mentre a sinistra c'erano i tavoli con i divanetti contro i muri. Non era neanche troppo affollato, soltanto un po'. 
Avevano chiacchierato del più e del meno e riso tanto. Si erano divertiti. Quando poi era arrivata l'ora di salutarsi, Matt non lo avrebbe mai ammesso, ma si era sentito un po' triste. Se non altro aveva potuto vedere dove abitasse Mihael, per riaccompagnarlo.
Non si erano salutati in nessuno modo in particolare, però il biondo gli aveva lasciato il suo numero. 
Cosa avrebbe dovuto farsene? Non è come quando una ragazza ti lascia il numero di telefono.. O forse sì?
Matt scacciò certi pensieri e si concentrò sulla colazione. Subito dopo si fiondò sul portatile e ci passò almeno un paio d'ore. Aveva finito il lavoro con la grafica in un'oretta, ma aveva continuato a sfogliare le foto. Le guardava tutte, ma solo per giustificarsi con sè stesso: in fondo -molto in fondo- lo sapeva anche lui che lo stava facendo solo per rivedere l'immagine di Mihael e trovava piuttosto stupido il suo patetico tentativo di nascondere la realtà. 
"Matt piantala. E' un maschio! E anche tu lo sei e sei anche fidanzato" diceva una voce nella sua testa. E aveva ragione. Certo che aveva ragione. 
"Non puoi farti venire certe idee. Finiscila", continuò quella voce che a poco a poco si faceva sempre più fastidiosa. Matt sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.
Poi si lasciò cadere sul divano del suo salotto e accese l'xbox. 




ndRebl_fleur: Mi sorprendo della mia rapidità. Questo chap è uscito così, da solo, e io l'ho soltanto dovuto scrivere. Non so dire se è più corto degli altri, ma dal prossimo vedrò di impegnarmi di più in descrizioni e riflessioni, visto che ormai è palese la confusione mentale del caro Matt. Non so se sarò altrettanto veloce con il prossimo, ma vedrò che posso fare :)
Il primo capitolo di questa storia ha circa duecento visualizzazioni e, beh, WOW! Grazie infinite! Davvero, grazie a tutti voi che recensite, o semplicemente leggete, o addirittura preferite/ricordate/seguite. Farò del mio meglio per non deludervi :)

ps. Tanto per dirvelo, sia lo Yuca's Tacos che il bar The Dime esistono davvero.

xoxo

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Capitolo 6
*** Something Wrong ? ***


Magazines and Photographs
something wrong ?



Mentre scendeva dall'auto rossa, lanciò una lunga occhiata nei dintorni. Il parcheggio era zeppo di auto; non erano quelle che cercava. Dov'era la moto nera? Perchè non era lì?
Matt sospirò, prima di cominciare a tastarsi le tasche alla ricerca della sua dose di sopravvivenza. Era il secondo pacchetto di sigarette che apriva, quel giorno. Il suo vizio stava peggiorando. Si riempì i polmoni di nicotina e tutti i suoi nervi tesi si rilassarono. Si appoggiò al fianco dell'auto, sapendo di non poter fumare nell'edificio. 
Il cielo era chiaro e senza nuvole, il sole era cocente ma per fortuna, una leggera brezza fresca che si alzava dall'Oceano Pacifico lì vicino rendeva l'aria respirabile e non troppo afosa. 
Scrutò ogni angolo, ogni corridoio e ogni ufficio, fingendo di non sapere cosa cercasse esattamente. In realtà lo sapeva, lo sapeva benissimo. Quel ragazzo biondo che aveva dominato i suoi pensieri tutto il giorno. Non era possibile -non poteva accettarlo- che Mihael gli piacesse in qualche modo. Mai aveva provato interesse per un maschio. 
"Non è cambiato niente", gli sussurrava rassicurante una voce nella testa. Certo che no. 
Quando trovò l'ufficio del direttore creativo bussò un mezzo colpo alla porta.
«Avanti», mormorò una voce annoiata.
«Oh, sei tu». La donna dietro la scrivania si ricompose e si rizzò sulla poltrona quando vide entrare una folta chioma rossiccia. Emily Reese stravedeva per Matt. 
«Eccoti qui», sospirò il giovane, porgendo una pen drive alla donna mora.
Quella la contemplò un istante, poi la mise da parte sulla scrivania.
«Qualcosa non va?», domandò, facendo cenno al ragazzo di accomodarsi.
Matt sospirò. Da quando la conosceva, non era ma riuscito a mentire a Emily. Quegli occhi neri e profondi, le bastava affilare un po' lo sguardo per comprendere ogni cosa.
Si stravaccò sulla poltroncina e lanciò un'occhiata corrucciata al suo capo. Emily sorrise.
«Racconta», lo incitò.
Matt si fissò un po' i piedi, pensoso. Poi si alzò di scatto e infilò la porta in fretta.
"Non posso", pensò.
«Non c'è nulla che non va», mormorò invece, prima di richiudersela sonoramente alle spalle.
La donna fissò per un attimo la porta, poi ridacchiò. "Ah no?"
 
Mihael si rigirava il cellulare in una mano mentre con l'altra teneva l'ennesima barretta di cioccolato.
Si annoiava.
Di Matt nessuna traccia da tutta la giornata e in più aveva la moto dal meccanico, per cui non poteva neanche andare a farsi un giro. 
Odiava rendersi conto che da tutto il giorno pensava alla stessa medesima cosa: quegli occhi verdi.
Gli occhi smeraldini e lucenti di Matt Jeevas, il fotografo per cui aveva posato mettendoci l'anima. La stessa persona che gli aveva offerto un passaggio e che gli aveva tenuto compagnia per tutta la serata. Eppure, non sapeva definire il modo in cui quel ragazzo si comportava con lui. Aveva una ragazza, tanto per cominciare -evitò di ricordarsi anche chi fosse la sua ragazza per non deprimersi- quindi era probabile che non avesse ancora intuito niente. All'80%, circa. 
E c'era la stessa percentuale di probabilità che qualora il rosso avesse capito avrebbe cominciato ad evitarlo come la peste.
Mihael rimaneva fiducioso -era troppo sicuro di sè per considerare per più di un secondo la possibilità di fallire- ma l'eventualità di perdere contro una biondina con un cervello poco più grande di una nocciolina gli metteva addosso un'agitazione incredibile, capace di tormentargli il cervello e l'anima. 
"Cosa devo fare?", borbottava tra sè, camminando avanti e dietro tra il corridoio, la cucina e la camera da letto. "Basta, Mihael. Ti devi dare una calmata".
Quando non poteva sfrecciare per le vie solitarie a bordo della sua moto potente, l'unica altra cosa che poteva rilassarlo era il surf. Tipico californiano.
Lanciò un'occhiata alla finestra: il sole spaccava le pietre, ma c'era anche un bel vento. "Perfetto".
Si fermò poco prima di aprire la porta e uscire. C'era ancora un minuscolo dettaglio irrisolto: come ci arrivava a Zuma Beach senza un mezzo di trasporto?
Mihael sbuffò, rimuginando su quanti guai gli stesse causando quella moto decrepita (che poi tanto decrepita non era, visto che l'aveva comprata nuova appena un anno prima).
Controllò quanti soldi avesse nel portafogli, poi prese uno zaino dall'armadietto vicino all'ingresso e uscì.
 
Le onde che gli si infrangevano addosso gli davano una piacevole sensazione rinfrescante. L'acqua era quasi trasparente, la spiaggia semi-deserta. Stava iniziando a incazzarsi, però: era la terza volta che prendeva male un'onda e veniva inghiottito dall'oceano. Si mise seduto sulla tavola, ma anzichè cominciare a spingersi verso la riva, si stese, godendosi il sole sulle palpebre socchiuse. Si sentiva la differenza tra mattino e pomeriggio, ma era piacevole lo stesso, anche se mancava poco al tramonto.
Il movimento dell'acqua lo faceva ondeggiare delicatamente sulla sua superficie, donandogli una pace che in genere non gli apparteneva. Mihael riaprì piano gli occhi e si alzò lentamente. Se fosse rimansto disteso ancora un po' si sarebbe addormentato, e non gli sembrava proprio il caso. 
Uscì lentamente, trascinando la tavola da surf sulla superficie dell'acqua. Si sfilò la muta dalle spalle e si asciugò le ciocche di capelli gocciolanti con un asciugamano che poi si avvolse attorno al collo. Raccolse lo zaino e si avviò verso il bar sulla spiaggia.
«Hey, Tim», chiamò. 
Un ragazzo dai capelli ricci e scuri fece capolino da dietro una porta.
«Mihael», lo salutò con un cenno del capo. Il biondo gli porse la tavola.
«Dammi qui, la metto sul retro. Dovrai pulirla la prossima volta», ridacchiò.
«Ci penserò poi», mugugnò il biondo. Aprì un frigo e si prese una bottiglia di acqua fresca.
«Dovresti pagarmela, quella!»
«Come sei simpatico», rispose sarcasticamente. 
Tim era stato il suo primo amico a Los Angeles, e ovviamente scherzava quando parlava di "pagare". Mihael poteva avere tutto gratis, nel bar del riccio. 
«Hey, qualcosa non va, Mel?», gli chiese Tim, sedendosi su uno sgabello vicino a lui. Mihael si ridestò dai suoi pensieri aggrovigliati e sorrise leggermente.
«Tutto apposto. Dammi uno strappo va', che sono a piedi».
Il moro annuì e prese le chiavi dell'auto.
 
«Dai Matty! Voglio vederti!», piagnucolò una vocetta femminile.
Matt sbuffò, premendo ripetutamente i tasti sul joystick. Reggeva il cellulare tra il mento e la spalla, ma quello stava pian piano scivolando via dalla sua presa non proprio stabile. Mise il gioco in pausa e afferrò il telefono tra le dita.
«Non so.. Scusa, Misa, ho un'altra chiamata, ci sentiamo». Non aveva mentito. Chiuse la conversazione per rispondere all'altra.
«Pronto?», rispose, un po' scocciato.
«Indovina un po'? Tre parole: invito, party, Guess!», cantilenò Linda al telefono.
«Emily ti manda come rappresentante di Elle al party di Guess? Fico». Linda sognava di andarci da mesi, era contento per lei.
«In realtà ci manda me, te e uno dei modelli a tua scelta». La ragazza scoppiava di felicità.
«Davvero?». 
Matt non era molto sorpreso. Il capo lo aveva avvisato che appena ne avesse avuto la possibilità lo avrebbe fatto partecipare a un evento importante. Da quel punto di vista, l'attaccamento morboso di Emily Reese nei suoi confronti non era tanto negativo.
«Of course! Il party è domenica. Pensavo di scegliere Erica come modella da portare.. Che ne dici?»
A quelle parole, a Matt tornò alla mente quel suo sogno assurdo e rabbrividì.
«Perchè Erica? No, non voglio portare lei..», mugugnò. E contemporaneamente, un'immagine bionda fece capolino tra i suoi pensieri.
«Come vuoi tu. Ci vediamo domani e mi fai sapere», fu la risposta dell'assistente.
«Okay, a domani». Riattaccò.
 
"La fortuna gira, Matt"..



ndRebl_fleur: Ed eccolo qua! Non so proprio che dire di questo capitolo.. So solo che è di sicuro un po' più lungo del precedente. A voi i commenti. Ringrazio chiunque legga e il doppio chi recensisce. Voglio davvero sapere cosa ne pensate, quindi, armatevi di santa pazienza e lasciatemi una recensione, anche minuscola, non c'è bisogno di scrivere per forza dei papielli! :)

ps. Non mi invento niente, anche Zuma Beach esiste davvero. Solo che non so se c'è un bar sulla spiaggia gestito da un figo coi capelli ricci e neri :/

See ya! xoxo

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Capitolo 7
*** Party ***



 
Magazines and Photographs
party

«MAATT! Vuoi uscire, dannazione? O forse hai in programma di farci rimanere a piedi e farci saltare il party? Credi che Emily ci pesterà oppure ci uccide direttamente?». 
Linda picchiava ripetutamente un pugno sulla porta e urlava contro il ragazzo che aspettava ormai da più di un quarto d'ora.
«Eccomi», rispose esasperato il ragazzo in questione, spalancando la porta. 
Linda tacque improvvisamente, gli occhi sgranati. Matt abbassò lo sguardo fino a coprirsi il viso arrossato con i capelli ramati.
«Stai bene»
«Non dire fesserie. Sembro un idiota», mugugnò.
«Matt è solo una camicia! E un pantalone un po' più.. classico», lo rassicurò la ragazza. 
Non sembrava molto convincente, eppure non stava mentendo. Semplicemente, era strano vedere Matt vestito a quel modo, ma lo rendeva solo più.. affascinante.
«Non ce la faccio ad uscire così. Perchè non posso mettermi una t-shirt?»
«Ma sei impazzito? Andiamo và, prima che Mihael si scocci e ci prenda per le orecchie, tutti e due. Non è molto paziente..»
Matt non rispose, perdendosi nei ricordi che quel nome suscitava. Riuscì appena ad ignorare il tumulto nello stomaco solo a sentirlo nominare.
Si aggrappò saldamente alla sua Nikon che sembrava volesse scivolargli via dalle dita e seguì i capelli raccolti e il vestito beige della sua assistente verso l'ascensore. Scesero quattro piani, per poi ritrovarsi nella hall.
E Mihael era là. Matt si prese un minuto buono per studiare la sua figura: indossava una camicia nera molto elegante, una giacca sportiva di un tono più chiara e pantaloni in pelle nera. Deglutì a vuoto e gli si avvicinò insieme a Linda.
«Grazie per essere venuto!». 
Linda sorrise gentilmente a quel biondino scontroso e si sorprese non poco quando quello le rispose altrettanto cordialmente. Poi Mihael rivolse lo sguardo al ragazzo dai capelli rossi. Anche lui era rimasto piacevolmente sorpreso alla vista di Matt Jeevas in abiti eleganti. "Mmm.."
«Ciao Matt», salutò semplicemente, assottigliando gli occhi.
Il fotografo sorrise, aggrappandosi nuovamente alla sua fedele Nikon come fosse la sua ancora di salvezza; l'unica che gli impedisse di affondare negli occhi glaciali del biondo.
«Ciao..», riuscì a dire.
Ad attenderli c'era una Mercedes nera e da uno dei finestrini posteriori si intravedeva la figura sorridente di Emily Reese che gli faceva cenno di avvicinarsi.
«Salve ragazzi», disse quando tutti i passeggeri furono a bordo.
«Matt ti ho chiesto di portare l'attrezzatura perchè so che ci sarà una breve sfilata. Verranno mostrati in anteprima mondiale i primi tre look della nuova collezione di Guess e tu dovrai immortalarla al meglio per Elle. Sono contenta che abbiate scelto di portare Mihael -a questo scoccò un'occhiata d'intesa al biondo alla sua sinistra- quando lo hanno saputo mi hanno chiesto di farlo sfilare. Ho accettato, spero non ti dispiaccia..»
«Nessun problema», rispose rapidamente il giovane.
«Benissimo! Ci sarà da divertirsi! Ah, ovviamente Matt, fai un po' di foto in giro! Ci saranno un sacco di star e stilisti importanti!», aggiunse voltandosi alla propria destra.
«Fidati di me». Matt sorrise.
«Siamo arrivati!», cantilenò Linda, ormai preda del suo stesso entusiasmo, aprendo in fretta lo sportello anteriore.
 
Il locale era piuttosto affollato. Musica dance e luci colorate accompagnavano il via vai dei camerieri, le chiacchierate e le risate degli invitati. Appena nell'ingresso c'era una parete ricoperta di un telo su cui erano stampati i marchi dei vari sponsor e dozzine di fotografi scattavano foto a tutte le celebrità che lì posavano.
Matt si fece un po' di spazio e si unì agli altri. Riuscì a fotografare Kim Kardashan, Amy Terry, Amanda Seyfrield, Zac Posen e Anja Rubik. Quando l'ingresso fu chiuso, tutti i fotografi abbandonarono la postazione e cominciarono a gironzolare per il locale, alla ricerca di situazioni e celebrità da immortalare.
Mihael si muoveva tra la folla, salutava i conoscenti che lo fermavano e fingeva di ringraziare chiunque gli facesse dei complimenti. Poco dopo fu raggiunto da Linda.
«La sfilata è tra mezz'ora. Vieni ti faccio vedere dove devi andare». Di malavoglia seguì la ragazza.
«Sai pensavo che Emily avrebbe chiesto a Matt di portare Misa», disse d'un tratto Linda, quando si furono allontanati dal caos della festa.
Mihael la guardò di sottecchi. 
«Secondo te perchè non l'ha fatto?», chiese, ma non sembrava davvero interessato alla risposta. 
«Non so.. Forse non voleva che si distraesse.. O più probabilmente ha notato anche lei che c'è qualcosa che non va..»
Il ragazzo non la stava realmente ascoltando, ma dovette per forza prestarle attenzione.
«In che senso?»
«E' diverso utlimamente. Più distratto, perennemente nei propri pensieri..», mormorò.
Centinaia di pensieri e ipotesi si aggrovigliarono nella mente del biondo, che cercò con tutte le sue forze di ignorarli. Un sorriso conpiaciuto affiorò sulle sue labbra, ma lo nascose immediatamente.
«Eccoci. Lì ci sono tutti i camerini. Tu vieni qui e gli dici di essere quello di Elle..»
«Ho capito», tagliò corto, svignandosela in fretta.
Linda si ritrovò improvvisamente sola.
"L'ho detto io che questo qui è lunatico..", borbottò nei propri pensieri, prima di abbandonare il corridoio bianco e tornare a immergersi nella festa.
 
«Tre minuti! Matt sbrigati o non troverai posto. Poi come le scatti le foto?!». Linda gli scosse un braccio.
Il fotografo si ridestò dai propri pensieri e annuì freneticamente, facendosi spazio tra la gente per trovare un punto in cui posizionarsi. L'attenzione sembrava non appartenergli più, non riusciva a concentrarsi. Dire che non aveva accettato nessun drink, quindi non poteva dare la colpa all'alcol!
La musica cambiò improvvisamente, mentre le luci giocavano sulle loro teste. In prima fila erano tutti seduti intorno alla passerella, mentre dietro le macchine fotografiche attendevano che uscissero i modelli. 
La prima ragazza che sbucò dalle tende che dividevano la scena dal backstage lasciò tutti senza fiato: i capelli castani raccolti e il trucco marcato erano solo di contorno, perchè l'attenzione del pubblico era rivolta all'abito corto a maniche lunghe di filo blu scuro ricamato e alle scarpe color nudo dal tacco vertiginoso e borchiato. I fotografi scattavano incessantemente, mentre diversi mormorii e apprezzamenti si alzavano dagli spettatori. 
Il modello che seguì indossava un completo color champagne a contrasto con la sua pelle ramata. Arrivato alla fine della passerella, si sfilò elegantemente la giacca, scoprendo una canotta bianca semplice davanti, ma ricca di ricami stampati sulla schiena.
Matt trattenne il respiro, consapevole che il prossimo sarebbe stato Mihael. Di fatto, il biondo uscì sfoggiando il suo sguardo di ghiaccio penetrante, carico di quella sicurezza che sempre lo caratterizzava e di quel carisma che lo avvolgeva come un campo magnetico. 
Gli abiti scuri risaltavano il pallore della sua pelle candida e le piume nere applicate sulle spalline della giacca carezzavano il delicato oro dei suoi capelli. Matt rimase a bocca aperta per un nanosecondo, giusto in tempo per rendersi conto che non era affatto corretto ciò che stava facendo -o quantomeno non aveva nulla di razionale- e impugnò saldamente la Nikon, scattando senza sosta. Probabilmente era solo una sua impressione, ma riguardando le foto scattate si accorse che gli occhi di Mihael erano fissi sul suo obiettivo, quasi a volerlo scavalcare per raggiungere i suoi occhi verdi e lucenti.
Non aveva mai sofferto di claustrofobia, ma d'un tratto il locale gli sembrò stretto e soffocante.
Alcune persone uscirono sulla passerella a godersi gli applausi e Matt fuggì in fretta da tutto quel casino, andando a prendere una boccata d'aria. Rabbrividì per l'aria fresca e frugò nelle tasche fino a trovare le sigarette. Fu alla terza sigaretta, quando ormai si sentiva rilassato e fuori dal mondo, che un'immagine alle sue spalle catturò la sua attenzione, facendogli vibrare l'anima.
«Anche tu non ce la facevi più lì dentro?», si sforzò di ridere, voltando di poco la testa per scorgere la figura esile di Mihael.
Il biondo a braccia conserte mugugnò qualcosa di incomprensibile, muovendo un passo aggrazziato verso il giovane, gli occhi fissi su di lui. 
«Sono stanco di questo gioco. Non è più divertente.», disse con fermezza, lo sguardo gelido incatenato a quello liquido e smeraldino del suo interlocutore.
Matt aggrottò la fronte. 
«Che gioco?», chiese ingenuamente, un'espressione confusa sul volto.
Mihael si morse forte il labbro inferiore, avvicinandosi ancora un po' al ragazzo immobile. 
Matt si sentiva avvolto da una nebbia fitta, incapace di comprendere a fondo, ma intimamente consapevole e colpevole. Forse aveva capito o forse no, non lo sapeva neanche lui.
Certezze contrastanti e del tutto irrazionali si combattevano nei suoi pensieri, mentre un tornado dai capelli dorati spazzava via tutto e tutti, lasciandolo con la mente vuota e lo stomaco in subbuglio. Con un po' di lucidità in più, forse avrebbe evitato tutto ciò, forse sarebbe fuggito. Ma in quel momento la lucidità mentale non sapeva neanche cosa fosse; l'unica cosa che riconosceva e non sapeva rifiutare era il sapore delle labbra del biondo che si erano adagiate con delicatezza e arroganza al contempo sulle sue. 
 
Tutto il resto avrebbe dovuto aspettare.

ndRebl_fleur: Ero combattuta per quanto riguarda il finale, e sono ancora piuttosto insicura. Era questo il mio bivio, quello che mi ha tenuta lontana dalla tastiera tutto questo tempo. Ma poi ho scelto di fare esattamente come Mihael nel capitolo, "o la va, o la spacca" e questo è quello che ne è venuto fuori. Ho cercato di fare attenzione a apostrofi e punteggiatura, per evitare di fare confusione ancora, ma se trovate qualche errore non esitate a dirmelo che rimedio subito. Mi sono resa conto che forse il chap è un po' corto, ma non importa, voglio tenermi il continuo per un capitolo a sè. Ho già qualche ideuccia :)
Non smetterò mai di ringraziarvi per tutte le recensioni e per il tempo che dedicate a leggere questa mia storia. Fatemi sapere cosa ve ne pare perchè io non sono troppo convinta :/
Grazie infinite *^*
ps. lo so che al momento non ve ne potrebbe fregare di meno, ma, tutte le persone fotografate da Matt sul "Red Carpet" non le ho inventate! (e qualcuno lo conoscerete, credo)
Alla prossima!
xoxo 

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Capitolo 8
*** Black or White ***


 
Magazines and Photographs
black or white


Mihael sbuffò, stanco di tutto quel pensare. Non si sentiva in colpa, niente affatto. Aveva fatto quello che si era sentito di fare e, si sà, mai nessun Keehl era tornato sui propri passi. 
Lui aveva fatto la sua mossa e Matt aveva fatto la sua. E, inutile mentire, un buon 70% di probabilità gli aveva preannunciato che sarebbe andata esattamente come era andata. Il fatto che adesso si sentisse uno straccio era un extra. Un bonus, una cosa che non aveva calcolato. 
Non che lui fosse un calcolatore, nient'affatto; lui seguiva l'istinto. Ma non era stupido, quindi usava anche la logica. La combinazione di queste due cose lo aveva sempre portato a qualcosa di buono ed era decisamente la prima volta che falliva. A farlo stare peggio era che non era il fallimento in sè la causa del suo male, piuttosto il fatto che a rifiutarlo fosse stato proprio lui. Proprio Matt Jeevas.
Si era incazzato, ma non di fronte a Matt. Quando il rosso si era divincolato e lo aveva guardato con occhi sgranati chiedendogli se fosse impazzito lui non aveva reagito male, era stato fin troppo calmo. Gli aveva risposto con pacatezza, dicendogli di essere padrone al 100% delle proprie facoltà mentali. Aveva scrollato le spalle e se n'era andato tranquillamente. Ancheggiando, addirittura.
Era riuscito a starsene buono e senza pensare anche mentre era nel taxi che lo stava portando a casa. 
Ma appena varcata la soglia, era esploso. Aveva calciato qualsiasi cosa intralciasse il suo cammino, aveva aperto con violenza i cassetti della cucina, preso diverse barrette di cioccolato e si era tuffato sul divano. Le prime le aveva scartate con rabbia e morse con tutta la forza che aveva. Non si era neanche goduto il sapore. Poi l'amarezza del fondente lo aveva rilassato un po', e aveva iniziato a masticare con calma e gusto. Ripensando alle labbra morbide di Matt si era sentito stupido, perchè era riuscito a godersele per pochissimi istanti. Dovevano essere sue, ancora.
"Quando mi vedrà di nuovo si terrà a chilometri di distanza da me", fu la prima cosa che pensò razionalmente. Aveva sbuffato, scostandosi la frangia dagli occhi. Era rimasto a rimuginare ancora, fino a esaurimento scorte e poi si era addormentato, dopotutto erano comunque mezzanotte passate.
E adesso non sapeva cosa fare e se ne stava stravaccato a rigirarsi i pollici. Di andare a parlarci non se ne parlava nemmeno, la seconda mossa toccava a Matt, non a lui. E poi non avrebbe mai fatto la figura di quello che ci ripensa e chiede scusa. 
Mihael Keehl non si sarebbe mai pentito delle proprie azioni. 
Non considerò neanche minimamente l'idea di chiedere consiglio a qualcuno, figuriamoci se lo avrebbe mai fatto, orgoglioso com'era.
Si alzò di scatto, raggiunse a grandi falcate l'ingresso e si infilò le scarpe; poi prese le chiavi della moto e uscì.
 
Matt spense la console e si allungò verso il posacenere. Aggrottò la fronte vedendolo straripante, ma decise di essere troppo pigro per andare a svuotarlo nel cestino. 
Era troppo pigro per fare qualsiasi cosa. 
Aveva di proposito dimenticato di mettere il cellulare in carica, così da non essere disturbato da nessuna chiamata. Non voleva sentire Misa che lo implorava di vedersi, o Linda che gli chiedeva allarmata cosa fosse successo, perchè se ne fosse andato senza avvisare nessuno. Non voleva ricordare. Era troppo il ripudio che provava per sè stesso.
Eppure quei ricordi gli tornarono alla mente come a volerlo torturare. Quel fugace momento in cui aveva sentito la pressione delle labbra di Mihael sulle sue, si era sentito svuotato da qualsiasi cosa -pensiero o preoccupazione che fosse- e per un breve, brevissimo istante si era scordato della realtà, lasciandosi trasportare in una sorta di universo parallelo che lo inondava di calore. 
Ma, meno di un secondo dopo, la realtà aveva bussato alla sua mente, pretendendo di essere considerata. E la memoria si era riempita di nuovo di ricordi, mettendo da parte e chiudendo a chiave in qualche punto remoto del suo cervello tutte quelle nuove sensazioni. Si era reso conto di chi era e cosa stava facendo e si era allontanato; spaventato, furioso. Centinaia di domande si erano affollate nella sua mente scossa e terrorizzata. 
Ne aveva posta solo una e aveva sentito montare l'ira quando aveva ricevuto una risposta per niente appagante. 
Non aveva sperato neanche un istante che Mihael si scusasse con il tipico "Oddio non so proprio cosa mi sia preso" perchè gli aveva letto negli occhi che era più che consapevole; il biondo glielo aveva anche detto esplicitamente. 
Il secondo passaggio nel suo ragionamento confuso e distorto portava ad un'unica spiegazione: in qualche modo -per perverso e sbagliato che fosse- Mihael provava qualcosa per lui, un qualcosa che andava oltre il solito e giusto rapporto di amicizia che può esserci tra due persone dello stesso sesso. Tra due uomini
Matt sbuffò e prese a massaggiarsi le tempie, affondando col capo nel morbido divano di pelle bordeux. Qualcosa nella sua testa -una piccola e stridula vocina saccente- gli sussurrava continui "Lo sapevi Matt. Ti eri accorto che c'era qualcosa di diverso. Il fatto che tu non lo abbia voluto ammettere non significa che tu non ci abbia pensato neanche un po'. Cosa farai ora?".
Sentì di nuovo la rabbia, quella rabbia che non lo aveva mai caratterizzato. Il problema di fondo era che non ce l'aveva con Mihael, era arrabbiato con sè stesso. Perchè stava cercando scuse e si stava nascondendo dietro falsi "non lo avrei mai immaginato". 
Lui aveva sempre visto il mondo come nei fumetti: bianco e nero. Ciò che era corretto era bianco, l'errore era nero. Giusto e sbagliato erano distinti e separati, non avevano nulla in comune, non c'era nessun "se" e nessun "però". 
Mai avuto a che fare con qualcosa di grigio. 
Stava con due piedi in una scarpa e lo sapeva. Ma "ammettere" e "scegliere" erano troppo difficili da affrontare. Avrebbe preferito quel limbo per sempre, morire senza aver capito nulla, crogolarsi nel dubbio fino alla fine. "Vigliacco!", prese a strillare quella vocetta fastidiosa che era la ragione. "Non ti stai comportando da uomo. Affronta il problema. Cresci, Matt. Hai ventisei anni, non quattordici".
«Taci adesso!», urlò frustrato. Considerò immediatamente la possibilità di essere pazzo. Parlava da solo, neanche soffrisse di doppie personalità. Doveva concentrarsi e venire a capo della situazione. Doveva capire. Magari alla vecchia maniera. Come aveva sempre fatto.
 
«Allora, quale prendo?». La voce entusiasta arrivò alle orecchie di Mihael come un fastidioso pezzo country vecchio stile quando non hai nessuna voglia di ascoltare musica.
«Sono identiche», bofonchiò distrattamente, guardandosi attorno.
«Non è vero. Questa ha le strisce rosse e le diagonali blu, quella invece ha le strisce rosse e bianche». 
Mihael sussultò e guardò più attentamente le tavole da surf che l'amico gli proponeva. 
Erano rosse come i capelli del fotografo. 
Erano a strisce come le t-shirt preferite di Matt.
«Mi piace di più quella col blu. Tim, mi spieghi perchè chiedi a me? Non sono io che ho spezzato in due la mia tavola. Sceglitela da solo»
Il ragazzo rise. «E dai, Mel! Come amico lasci molto a desiderare. Non posso chiederti consiglio?»
«Certo, certo», borbottò il biondo, conscio che non sarebbe riuscito a tirarsene fuori se continuavano con quel discorso.
Tim sorrise e si voltò verso il commesso. «Vada per quella rossa e blu».
Quando furono in macchina, Mihael sembrava più o meno un cadavere, se non fosse che respirava.
«Posso sapere che hai? E' finita la cioccolata stamattina?», ridacchiò l'amico, girando la chiave nel quadro.
«Non fare lo stupido. Non ho niente»
«Il fotografo non ci stava?», lo punzecchiò. Mihael sgranò gli occhi e lo fissò a lungo con uno sguardo omicida da psicopatico.
«Scherzavo! Scusa.. Però ci ho preso.. Vero?», rise ancora, questa volta con più circospezione. 
Aveva imparato a sue spese che nonstante Mihael sembrasse una piuma che alla prima folata di vento poteva volare via, quando era incazzato picchiava forte come un wrestler. E per come lo stava stuzzicando, un pugno in piena faccia non glielo avrebbe tolto nessuno.
Mihael asserì impercettibilmente.
«Ahia», osservò Tim, una smorfia di dolore troppo teatrale sul viso ramato. 
«Che vuoi fare ora?», chiese, abbandonando il ghigno.
«Non lo so», scandì il biondo con un sospiro, fissandolo negli occhi scuri con un'espressione vuota.
 
Venice Boardwalk era piena di gente: ragazzini che si rincorrevano sugli skateboard, ragazze vestite con abitini vintage che chiacchieravano mentre sorseggiavano un frappè, altre persone impegnate a discutere al telefono. 
Matt tirò un'altra boccata di fumo e impugnò la Nikon, stringendo saldamente la sigaretta tra le labbra per non farsela sfuggire.
Era stato qualche anno prima, proprio a Venice Boardwalk che aveva deciso di voler fare il fotografo. 
All'epoca era un ragazzo come tanti che amava disegnare e studiava a una scuola d'arte; che nel tempo libero giocava ai videogiochi, andava in skate e faceva foto in giro con una scadente macchina digitale. Lì era sempre bello guardarsi intorno. Ci andava con gli amici e insieme si divertivano commentando i soggetti più vari che passavano da quelle parti. 
Un giorno vide un gruppo di ragazzi e ragazze più grandi che scattavano foto in quella via. Le ragazze erano vestite come delle cantanti alla moda e posavano teatralmente per i loro fidanzati che le fotografavano con macchine enormi che avevano tutta l'aria di essere molto sofisticate. 
La sera stessa ritrovò quelle persone, quelle foto, su internet, su un sito di fotografia per hobby. E tante persone con nicknames strani lasciavano commenti, complimentandosi  per l'angolazione, l'ambientazione, i vestiti dei soggetti. E Matt ne era rimasto affascinato. 
Poi aveva iniziato anche lui a fare lo stesso.
All'inizio fu un disastro: i suoi amici non erano disponibili per fare da soggetti e comunque come tali non erano troppo interessanti. Per di più la sua digitale non era proprio l'ideale per scattare foto artistiche. Per Natale chiese ai suoi genitori una macchina professionale e loro lo avevano guardato perplessi, chiedendosi cosa dovesse farsene un sedicenne di un'aggeggio così costoso. 
Il 25 dicembre era stato deludente, perchè nessuna macchina fotografica era stata trovata sotto l'albero decorato di luci e palline. Non aveva parlato ai suoi genitori per una settimana. Qualche mese dopo, invece, li aveva idolatrati e ringraziati per una settimana, perchè il giorno del suo compleanno, il 1 febbraio, sua madre era entrata in camera sua con una meravigliosa e nuovissima Canon. Non era gigante come quella che aveva visto a quei ragazzi, ma era comunque una macchina professionale, e di sicuro migliore della sua vecchia digitale da pochi mega pixel. Iniziò a scattare ovunque e in qualsiasi momento, scegliendo attimi e situazioni vari: in strada, a casa, al parco, anche a scuola. E decise che avrebbe reso quella passione una professione.
Matt interruppe il flusso di ricordi e sorrise amaramente. Allora era così facile capire cosa desiderasse, e ancora più semplice era ottenerlo.
Spense la sigaretta consunta sotto una scarpa, e iniziò a scattare.
E magari tutto sarebbe tornato a posto, come una foto scattata in un punto poco luminoso, che vista così poteva sembrare solo buio, nera. Un pizzico di photoshop e anche lei avrebbe potuto brillare.. e sembrare bianca.


ndRebl_fleur: Ebbene, devo dirlo, questo mi ha fatto crogiolare parecchio. Non so se definirlo "di transizione" o più propriamente "inutile". Per ora non accade nulla, ma, siccome non voglio tirarla troppo per le lunghe, vedrò di mettere qualcosa di più interessante nel prossimo chap. Fatemi solo sapere se la parte finale non stona troppo. Perchè mi rendo conto che forse non c'azzecca. Pareri, consigli, critiche, insulti, a voi tutto. E sarò felice di rispondervi ^^

ps. Ovviamente non ho inventato io Venice Boardwalk *--*
Grazie infinite e alla prossima *si inchina*
xoxo

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Capitolo 9
*** Challenge ***


Magazines and Photographs
challenge


Fissava l'immagine riflessa nello specchio con occhi inespressivi. I capelli rossicci gocciolavano sulla pelle chiara, le mani armeggiavano con l'asciugamano. Aveva creduto che un bagno caldo sarebbe riuscito a rilassare la tensione dei suoi pensieri, ma così non fu. Il corpo era completamente rigenerato, ma la mente era ancora in guerra, ancora sentiva addosso una rabbia e un'acidità insopprimibile. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di liberarsene.
Poco più tardi, Matt guidava il suo computer con movimenti nervosi della mano destra sul mouse. Esaminando le foto scattate quella mattina, si era reso conto di quanto non fosse servito a niente, e le eliminava tutte senza pietà. Un gruppo di ballerini di strada, una donna in bicicletta, un bambino sorridente. Tutto cestinato.
Ancora non sapeva cosa fare, ancora non aveva preso una decisione. L'attesa stava diventando snervante. 
Raccolse il cellulare poggiato a terra vicino alla presa della corrente, staccò il filo; lo accese. Sgranò gli occhi quando vide lampeggiare la casella dei messaggi. Otto nuovi messaggi. Dodici chiamate perse. Le telefonate si dividevano tra quattro di Linda, due di Emily e sei di Misa. I messaggi erano tutti di quest'ultima.
Un'illuminazione gli attraversò il cervello, mentre leggeva distrattamente i contenuti piuttosto simili tra loro degli sms della sua ragazza, lasciandolo immobile per diversi minuti a contemplare pro e contro di quella nuova idea.
Sorrise beffardo mentre infilava le scarpe e uscì svelto di casa.
"Non sono come te, Mihael.."
Le strade erano affollate, dense di auto e taxi. Matt fece spallucce e decise di approfittare del traffico statico per fare una chiamata rapida.
«Matt! Ma cosa ti era successo? Sono giorni che non ci vediamo e non ci sentiamo.. Mi stavo preoccupando!», mugugnò la vocetta infantile di Misa Amane, all'altro capo del telefono.
«Mi dispiace.. Ma mi farò perdonare. Non posso portarti all'Ivy perchè non ho prenotato, ma.. Ti passo a prendere e usciamo!», finse entusiasmo il ragazzo, applicato sul funzionamento del suo nuovo piano geniale.
«Fantastico! Quando?», gongolò la ragazza, su di giri.
«Adesso! Sono già a metà strada..». Matt non riuscì a finire la frase, perchè un urlo lo interruppe.
«Non è proprio possibile!», strillò Misa. «Non sono pronta, non ho nulla da mettermi! Avresti dovuto chiamarmi prima! Non posso andare in giro..»
«Okay, okay. Calma. Possiamo stare da te e chiamare una pizza. Va bene lo stesso, purchè stiamo un po' da soli, no?», sorrise maliziosamente sull'ultima parte.
Misa ridacchiò. «Certamente! Comincio già a telefonare a una pizzeria.. Sbrigati, Matty..», sussurrò suadente la ragazza.
«Arrivo». Matt riagganciò. 
Okay, era ben consapevole anche lui che come piano non era granchè. Ma ogni uomo si sente sempre profondamente turbato quando viene messa in dubbio la sua sessualità, e non conosceva modo migliore per dimostrare di sapere benissimo a quale sponda appartenesse. Era una sorta di sfida, che aveva bisogno di vincere.
Misa lo accolse con una camicetta azzurra e una gonna a palloncino nera, un bel po' di trucco e tacchi alti. Anche se non aveva in programma di restare così ancora per molto.
Matt si sentì stranamente a disagio mentre baciava la sua ragazza, come se temesse che lei notasse il sapore insolito che le sue labbra avrebbero dovuto avere. Si rilassò un poco quando si accertò che Misa non sospettava assolutamente nulla. Si sentì stupido e sorrise leggermente. 
La serata sembrava andare a rallentatore, per i gusti del rosso. Misa gli raccontò i progressi col nuovo film e il cast e Matt dovette sforzarsi davvero di annuire e sorridere al momento giusto. Quando arrivò la pizza, mangiarono in silenzio; fin troppo in silenzio. Ad un certo punto la ragazza sbuffò e guardò Matt con le sopracciglia inarcate.
«Sei strano», annunciò, guardandolo fisso.
«Non è vero». Matt sorrise, rassicurante, ignorando il tumulto interno.
«Allora perchè non mi dici niente? Mi sembra di parlare da sola! Cosa è cambiato Matt? Una settimana che non ci vediamo e sei così diverso..»
Matt si bloccò. Cosa era successo? Beh, tante cose. Non avrebbe mai immaginato che l'ingresso di Mihael nella sua vita avrebbe potuto turbarlo così. Tutto gli era sembrato perfetto: il lavoro, gli amici, la casa e la fidanzata. Aveva tutto ciò che voleva e si sentiva soddisfatto. E una bella mattina era andato a lavoro e -bam!- era arrivato quel biondino a incasinargli tutto. 
"Si, ma cosa è cambiato?", si chiese istintivamente, e per un attimo soppensò l'idea di non essere stato lui -consciamente- a porsi quel quesito. 
Insistette nel dirsi che non era cambiato granchè, semplicemente era successo che questo ragazzo di punto in bianco aveva arrogantemente deciso di baciarlo. E lo aveva scosso profondamente.  
"Tutto qui?", gli domandò una voce impaziente -capì che doveva trattarsi della sua coscienza- e Matt rimase pietrificato, incapace di rispondere o forse troppo codardo per farlo. Scacciò quel pensiero fastidioso e sorrise alla ragazza bionda, rendendosi conto che lei aspettava una risposta.
«Va tutto bene, Misa. Non preoccuparti».
La ragazza esitò, poi si alzò e si avvicinò cautamente. Accennò un sorriso mentre si sedeva a cavalcioni sulle gambe di Matt e si sporse per unire le loro labbra.
"Vedrai, Mihael"
 
«Dillo che sono il migliore!», sogghignò una voce profonda. Lanciò una scatola nera e piatta al biondino che lo fissava torvo.
«Non voglio vedere un film, non voglio essere qui», rispose sbuffando Mihael, scoccando un'altro sguardo assassino al suo amico.
«Dai, Mel! Non hai una bella cera, non sembri neanche più tu!»
«Che intendi dire? Sono io, punto», replicò stizzito. Cos'era questa storia che "non era più lui"?
Timothy si strinse nelle spalle. Si sedette accanto all'amico, contemplandolo mentre cercava le parole. Mihael lo fissava di rimando, in attesa.
«Credo che questa volta sia.. diverso. Lo so, capisco che non sei abituato ad essere.. respinto, ma non credo sia solo questo..»
«Tim, cosa vuoi dire?», sbottò il biondo.
«Mello sto cercando di dirti che questa volta non sembra uno.. scherzo. Sei preso seriamente da questa storia e in più, il fatto che lui ti abbia rifiutato ti sta distruggendo»
«Sono stronzate Tim. Non ho assolutamente nulla che non va. Ci sono rimasto male perchè non mi era successo mai, non scambiarlo per sincero interesse. Era un gioco, e ho perso, anche se la partita non è ancora terminata».
Mihael sentiva il bisogno di stringere i pugni, fare qualsiasi cosa per bloccare la rabbia. Era così necessario ricordargli che Matt lo aveva rifiutato? Tim stava proprio affondando il dito nella piaga!
Scavò nelle tasche alla ricerca di una barretta di cioccolato da addentare con forza. La scartò rapidamente con una sola mano. Il suono del pezzo che si spezza fu talmente forte che il ragazzo moro rabbrividì.
«Non ci credo. Non staresti.. così. Per me ti interessa davvero, ma non vuoi ammetterlo perchè ti ha respinto», spiegò alzando le sopracciglia.
«E' impossibile», mugugnò Mihael, spostando lo sguardo sui propri piedi.
Timothy sollevò le spalle e sospirò, certo che anche quel giorno aveva fallito. Aveva insistito tanto, ma il suo amico era troppo testardo e troppo sicuro di sè per cedere. Lo sapeva, lo conosceva da tanto tempo, ma ci aveva provato lo stesso perchè un vero amico lo fa. Gonfiò le guance, come faceva sempre quando ragionava. 
Mihael lo guardava di sottecchi, ripensando alle sue parole. Cosa voleva dire quel "sei davvero preso"? Davvero pensava che lui si fosse, infatuato -o peggio, innamorato- di quel fotografo dagli occhi verdi e lucenti? E perchè poi? Non aveva nulla di speciale.
Quei pensieri si rincorrevano nella sua mente, formando un cerchio che ruota sempre nello stesso senso. "Non ha nulla di speciale. Non provo niente per lui. Perchè dovrei? E' semplicemente assurdo".
No, non poteva essere.
 
La voce ansante di Misa arrivava alle sue orecchie come la più accattivante delle melodie. Il corpo della ragazza attaccato al suo, che si muoveva insieme a lui gli donava una sensazione di piacere acuto.
Inutile dire che sentiva un sollievo immenso nel riuscire a provare quelle emozioni. Ne era certo, non era possibile che gli piacessero gli uomini. Ormai ne era convinto: Mihael era riuscito a metterlo in crisi solo perchè aveva un fisico esile, molto simile a quello tipicamente femminile e una personalità molto particolare. Ma non era una ragazza, ergo, a lui non poteva piacere. Semplice ed efficace. 
Misa si aggrappò alle sue spalle, le gambe strette alla sua vita mentre sussurrava il suo nome, tra i respiri affannosi. Matt affondava in quel corpo caldo con bramosia crescente, ma a un certo punto la ragazza si rilassò, sfilandosi da lui e lasciandosi andare sul letto, facendo scemare lentamente la sua eccitazione. Matt la guardò inarcando un sopracciglio.
«Non vuoi più?», chiese in un sussurro.
«Sono al culmine, Matt!», rispose estasiata. Poi comprese che evidentemente quella in estasi era solo lei. 
«Perchè.. tu ne vorresti ancora?», chiese, a disagio.
Matt era confuso. Per quello che ricordava, Misa lo aveva sempre soddisfatto a pieno. Che non fossero più in sintonia come prima?
«Mmmh.. Okay, vedrò cosa posso fare..»
Matt non sentì quelle parole, la sua mente era completamente scollegata dalla realtà. La testa girava forte mentre centinaia di pensieri vorticavano impazziti. Quando capì il senso di ciò che Misa aveva detto avrebbe voluto protestare, ma ormai era troppo tardi. Si morse forte il labbro per soffocare un gemito, mentre le sue mani affondavano nella chioma bionda della ragazza, avvicinandola di più al suo bacino. 
I capelli di Misa erano morbidi, come quelli di Mihael.
Matt spalancò gli occhi mentre quell'esile figura si faceva spazio nei suoi pensieri. I suoi occhi glaciali, che potevano contenere il nulla o l'intero universo, si impossessarono della sua mente.
«Ah..»
Pensò alla sua pelle pallida che profumava perennemente di cioccolato. Aveva un'odore inebriante, nonostante lui non fosse mai stato un grande mangiatore di dolciumi.
Si morse una mano, buttando la testa all'indietro.
Per non parlare di quella sua voce tagliente, dura e così magnetica. A volte sembrava distaccata e gelida, ma Matt era riuscito a sentirla anche partecipe, interessata. Provò a immaginare quella voce dopo una corsa sfiancante, con il respiro irregolare, il cuore martellante..
E venne.
Riprese lucidità a poco a poco, rendendosi conto di ciò che era successo. Non poteva negare anche questo. 
L'ultima, fantasiosissima immagine che aveva dominato i suoi pensieri fino a pochi istanti prima lo aveva spiazzato e contemporaneamente lo aveva portato all'estasi. Sembrava quasi un sogno o una visione, tanto era vivida. C'era Mihael, lo sguardo vacuo e la fronte imperlata di sudore che si stringeva a lui, facendo combaciare ogni punto dei loro corpi. 
Matt rievocò quella visione e un brivido discese lungo la sua spina dorsale. 
Ancora con gli occhi sgranati, senza dire una parola si alzò e si rivestì. 
Misa lo osservava, confusa. 
«Hey Matt! Cosa.. Che.. Dove vai?», chiese in un sussurro, sebbene una parte di lei sapesse che non avrebbe ottenuto risposta. 
Il ragazzo non si voltò neanche, come se nessuno avesse parlato. Continuò a camminare come un automa, infilò la porta e uscì. 
Misa fissò la porta ancora qualche istante, prima che le lacrime amare iniziassero a discendere a fiumi sulle sue guance.



ndRebl_fleur: Finalmente ho trovato il tempo e il modo di mettermi a scrivere questo chap. Non sono troppo convinta, anzi, ho qualche dubbio. Questo era grossomodo ciò che doveva accadere, ma sono piuttosto insicura sul modo in cui l'ho scritto. Spero solo non sia deludente! Fatemi sapere cosa ne pensate.. ^^'
Grazie infinite a chiunque recensirà o semplicemente leggerà.
xoxo

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Capitolo 10
*** It Rains ***




Magazines and Photographs
it rains

Si sfilò il casco lentamente, riponendolo al suo posto e recuperando le chiavi. Si scostò appena i capelli dorati e sospirò.
Aveva la mente completamente vuota, mentre usciva dal garage con passo lento. Alzò lo sguardo al cielo e notò con grande stupore che le nuvole sottili come zucchero filato che aveva visto quel pomeriggio si erano avvicinate formando un'unico complesso sospeso in aria, e annunciavano pioggia in serata.
Quando fu davanti al portoncino del palazzo in cui viveva, un'immagine catturò la sua attenzione. Incatenò lo sguardo a quegli occhi smeraldini stranamente spenti, sforzandosi di non mostrarsi sorpreso mentre il cervello lavorava febbrilmente alla ricerca di una spiegazione. Storse la bocca nell'accenno di un sorriso compiaciuto prima di parlare.
«Matt», disse semplicemente, a mo' di saluto.
Il ragazzo appoggiato al muro non si mosse, continuando a fissarlo torvo.
Mihael digrignò i denti, in risposta a quell'occhiata smorta, poi prese un bel respiro per calmarsi.
«Chi non muore si rivede», continuò, celando per bene il tremito nella voce. 
Era arrivato il momento che aspettava da giorni, doveva essere preparato. Avanzò con noncuranza verso il rosso, che se ne stava impalato accanto all'ingresso.
«Devo parlare con te». La voce di Matt era tagliente e anche un po' ansiosa.
Mihael fece un leggero cenno col capo, avviandosi verso il portone. Si trattenne dal voltarsi per controllare se Matt lo stesse seguendo o meno.
Non riuscì a resistere, e si voltò impercettibilmente mentre saliva la seconda rampa di scale. Matt saliva i gradini in silenzio, apparentemente calmo.
Il biondo trattenne un'altro sorriso e si arrestò davanti a una porta. Infilò la chiave nella toppa e spinse.
 
Matt si guardava attorno con un'espressione indecifrabile, evitando di posare gli occhi sulla figura esile di Mihael. Anche lui sembrava non badare alla sua presenza più di tanto.
L'ingresso era molto semplice. Le pareti erano chiare, e vicino alla porta c'era un grande specchio poggiato su un armadietto di legno scurissimo. Camminarono piano attraverso il breve corridoio, fino a quello che doveva essere un soggiorno. Le pareti erano tutte dipinte di un beige chiaro, ad eccezione di quella a nord che era molto più scura. Il divano di pelle nera spiccava al centro della stanza, di fronte al televisore.
«Vuoi sederti?», domandò con apparente disinteresse il ragazzo dagli occhi gelidi. Era stranamente rassicurante il modo in cui quella voce risuonava nella stanza.
Matt asserì e si avviò verso il divano.
Pochi istanti dopo, Mihael lo raggiunse, contemplandolo qualche istante prima di sedersi a sua volta.
Per diversi minuti, che sembrarono secondi o secoli, si scrutarono a vicenda senza parlare. Entrambi si chiedevano come sembrasse quel momento agli occhi dell'altro. 
Cosa pensa? Cosa ha capito? Perchè ancora non dice nulla?
Mihael storse la bocca, impaziente.
«Possiamo evitare la parte in cui ci studiamo in cagnesco e andiamo dritto al punto? Questo silenzio è opprimente», bofonchiò.
«Hai una bella casa», commentò Matt, accennando un mezzo sorriso. 
Mihael rimase interdetto, gli occhi poco più aperti. Poi si rilassò e scoprì i denti in un ghigno storto.
«Grazie».
Matt si morse il labbro, fissandosi i piedi. Rimase pensoso mentre estraeva il pacchetto di Lucky Strike dalla tasca, sotto lo sguardo curioso di Mihael.
«Non ti dispiace, vero?», domandò con tono monocoorde, senza essere davvero interessato alla risposta. 
In ogni caso, aveva bisogno di fumare, con o senza il permesso del padrone di casa.
«Fai come se fossi a casa tua».
Matt gli lanciò un'occhiata di traverso, chiedendosi se effettivamente in quella frase ci fosse un doppio senso da cogliere, ma poi scosse piano la testa, pensando che più probabilmente la sua paranoia stava diventando patologica. 
Prese una boccata di fumo velenoso, rilassando tutti i muscoli. Ora andava decisamente meglio.
Mihael continuava ad aspettare, immobile per non tradirsi. Dentro fremeva, fuori era impassibile.
Aspettava, ma Matt continuava a fumare come se notasse appena la sua presenza. Strinse i pugni.
«Mi spieghi perchè?», domandò a un tratto il rosso, cogliendolo totalmente di sorpresa. 
Mihael non ebbe bisogno di domandare a cosa si riferisse.
«Non credo di avere un motivo particolare. Volevo e l'ho fatto», fu la risposta piatta e semplice. «Spero di non averti.. turbato», aggiunse poi, accennando un mezzo sorriso.
Matt non rispose, avvicinandosi alla finestra semi-aperta per buttare la cicca. Prese un respiro profondo e si appoggiò al davanzale, rimuginando su quelle parole.
Mihael attese un istante, prima di alzarsi e raggiungerlo con passo lento e controllato, indugiando vicino a una parete piena di libri.
Parlò piano, mentre scorreva distrattamente i titoli dei volumi che un tempo aveva letto con interesse.
«Devo supporre che sia accaduto qualcosa in particolare che ti ha motivato a venire qui, ora?». 
Si voltò di poco per notare la reazione del rosso. Quello si limitava a guardarlo con un'espressione a metà tra il confuso e lo sbigottito. 
«Mi spiego: se tu avessi avuto davvero intenzione di parlarmi, lo avresti fatto appena il giorno dopo, non dopo quattro. Quindi immagino che se non fosse successo qualcosa che ti ha spinto a parlarmi, con buona probabilità non l'avresti fatto mai. Corretto?». 
I suoi occhi indagavano con malcelato divertimento il volto sorpreso del ragazzo che se ne stava immobile accanto alla finestra.
Matt non trovava la concentrazione per muovere neanche un muscolo, sconvolto dalle deduzioni più che perspicaci del biondo. Poi corrugò la fronte e sorrise appena.
«Corretto»
Mihael rise, muovedo qualche passo in direzione della finestra. Studiò i movimenti del rosso che sorpredentemente non arretrava inorridito.
«Non devi dirmi più niente?»
Matt non rispose, tornando a fissare fuori dalla finestra. Le nuvole s'inspessivano sempre di più, minacciando un temporale. Dopo quasi tre settimane di sole, era più che normale che arrivasse la pioggia.
No, non aveva nulla da dire. Aveva tante curiosità nella testa, ma non sarebbe riuscito a fare neanche una domanda. La presenza di Mihael non lo disgustava come pensava avrebbe fatto, anzi lo attirava come una calamita. Possibile che stesse accadendo davvero? A lui? E cosa doveva fare? Sbuffò grattandosi la testa.
Mihael non si mosse, studiando tutte le reazioni di Matt, riconoscendole una ad una. Preoccupazione, paura, ansia, rabbia, paura. 
Qualcosa dentro di lui si strinse come in una morsa, lasciandolo senza fiato.
«Io non sono gay», sibilò il rosso stringendo i pugni.
Mihael si sentì in dovere di rispondere a quella affermazione, ma non con cinismo.
«Non lo sei», affermò affiancandolo, lo sguardo rivolto verso la coltre di nubi sulle loro teste. Matt gli lanciò un'occhiata rapida, che Mihael non ricambiò.
«Ma allora..» cominciò il rosso, ma fu delicatamente interrotto dalla punta di un dito sottile sulle sue labbra.
«Allora cosa, Matt? Importa davvero? Ti disgusta così tanto il fatto di non avere un etichetta a cui adattarti?», Mihael rise amaramente. «Nessuno può dirti chi sei, e tu non devi sentirti in dovere di spiegarlo»
Matt si sentì profondamente colpito da quelle parole, nei suoi occhi solo lo stupore e il riflesso della lucentezza di quelli di Mihael. Le prime goccie di pioggia cominciarono a bagnare il suolo, imitate dalle gemelle che scendevano copiose.
Matt scosse la testa e con durezza ribadì: «E' sbagliato».
«Non è sbagliato, è umano».
La voce di Mihael era poco più che un sussurro spento, lo scrosciare della pioggia copriva le sue parole, ma Matt lo udì perfettamente, come se avesse urlato nelle sue orecchie.
Aveva ragione? Si, ne era convinto.
Cosa fare adesso? Era sempre stato un ragazzo brillante, non poteva di certo continuare a fingersi stupido.
"Tentar non nuoce.."
Non poteva più nasconderselo, in quel momento desiderava solo di sentirsi di nuovo fuori dal mondo, estraneo al tempo, allo spazio, alla ragione e alla morale. Ricordava fin troppo bene l'ultima volta che si era sentito così, anche se era stato per una sola, minima frazione di secondo.
Mihael lo cercò con lo sguardo e quello che vide gli fece perdere un battito. Matt era a poco più di dieci centimetri dal suo viso, l'espressione seria che piano mutava in un sorriso appena accennato.
Il biondo inclinò la testa e lo guardò con freddezza calcolata, mentre un brivido gli correva lungo la schiena.
«Ebbene?», sbottò, incrociando le braccia al petto.
«Vediamo un po' se hai ragione», rivelò il rosso sottovoce, quasi non volesse farsi sentire, prima di azzerare le distanze. 
Le loro labbra si unirono lentamente, senza fretta, con un po' di timore e tanto desiderio. Fu un leggero sfiorarsi a fior di labbra, perchè entrambi avevano ancora qualcosa da dirsi, prima di abbandonarsi a ciò che bramavano.
«Non mi racconti più cosa ti ha fatto cambiare idea?», mormorò Mihael col fiato corto e il battito a mille. 
Matt storse la bocca. «Sei stato tu», rispose vagamente; gli occhi verdi brillavano e le gambe tremavano.
«Prima», obiettò il biondo, gli occhi ridotti a due fessure in segno di sfida.
Matt rise. «E' ..imbarazzante». 
Non gli diede il tempo di ribattere ancora e Mihael non protestò, perchè ritrovò presto le labbra che da giorni bramava, che sembravano quasi fatte apposta per modellarsi sulle sue. 
Mai il suono della pioggia fu più piacevole, facendo da delicato sottofondo ai loro tocchi e i loro sguardi incatenati. Cose fosse quel senso di calore che entrambi sentivano crescere non seppero spiegarselo; dopotutto avevano abbandonato qualsiasi pensiero razionale già da molto, ormai.


ndRebl_fleur: Non sono morta, se pensavate fosse successo. Vi chiedo di perdonare il mio gigantesco ritardo, ma per diversi motivi non ho trovato mai il tempo e l'ispirazione necessari alla scrittura di questo capitolo. Spesso mi sono ritrovata a fissare la tastiera senza trovare le parole, e tuttora non sono sicura di aver reso bene ciò a cui avevo pensato dato che, come spesso capita, ciò che ho scritto non corrisponde esattamente a ciò che era nelle mie intenzioni.
Commenti, consigli, insulti: accetto tutto. Ho davvero bisogno di sapere cosa ne pensate, arrivati a questo punto. Ho sbagliato qualcosa? I personaggi erano OOC? Sono troppo fluff? Ho scritto cose che non stanno nè in cielo nè in terra? Fatemi sapere!
xoxo

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Capitolo 11
*** Waking Up ***


Magazines and Photographs
waking up


Una luce nuova invase la stanza e andò a infastidire gli occhi di Matt, che si coprì la faccia con la prima cosa che trovò. Inspirò forte, cercando di perdere di nuovo coscienza, ma l'odore stabiliante che colpì le sue narici lo costrinse a stringere gli occhi e aprirli faticosamente. 
Le lenzuola che aveva addosso non erano quelle del suo letto, e ciò era ovvio. Le sue lenzuola blu notte avevano un vago odore di lavanda ed erano pregne della puzza di fumo, queste invece erano più lisce e avevano un odore dolce.. di cioccolato
Si guardò intorno lentamente, mettendo a fuoco tutto l'ambiente che lo circondava, che gli era totalmente estraneo.
Come ci era arrivato lì? Ce lo avevano portato i suoi stessi piedi? Eppure non ricordava di aver camminato..
Il primo muro che i suoi occhi incrociarono era dipinto di un nero elegante ed era opposto alla finestra, amplificando il riflesso della luce che così invadeva la stanza più flebilmente. La parete a nord era invece occupata da un enorme armadio che aveva l'aria di contenere un bel po' di roba. Spostò lo sguardo per esplorare anche la parete da cui proveniva la luce, ma un'immagine di gran lunga più interessante catturò il suo sguardo curioso.
La guancia liscia era accarezzata dai sottili raggi solari, i capelli dorati ricadevano a ciocche sulla fronte e sul collo scoperto. Le spella si muovevano impercettibilmente, il suono del suo respiro sembrava una melodia cantata dagli angeli. Le labbra leggermente dischiuse e le palpebre serrate gli davano un'aria serafica, tanto che Matt trattenne il fiato mentre si beava di quella visione, spaventato all'idea di svegliare Mihael. 
Quindi non era stato il sogno più vivido che avesse mai fatto, era accaduto davvero. 
Ricordava ogni attimo, ogni sguardo, ogni soffio, ogni tocco. Tutto era immutabile nella sua memoria, custodito gelosamente in una parte remota del suo animo. 
Si sorprese di quanto gli risultasse facile ripensare alla notte passata con Mihael senza odio o disgusto. Era stata la più intensa della sua vita, non si era mai sentito così coinvolto a livello fisico. Ci aveva preso subito, dall'inizio, quando aveva notato il potente carisma di Mihael. Diventava una creatura estremamente sensuale, e si sentiva lusingato a poter pensare apertamente di esserne testimone.
    Il leggero passaggio delle sue dita sulla pelle lasciava una scia bollente, che sembrava ustionargli la carne fino a penetrare le ossa. Non avrebbe mai detto di essere masochista, ma era dannatamente piacevole; tanto che avrebbe desiderato poterlo sentire ancora più vicino, se non fossero stati già stretti in una morsa che erano le loro braccia intrecciate. 
I polmoni bruciavano, si divisero per prendere aria. Gli occhi di Matt incontrarono quelli liquidi di eccitazione di Mihael, specchio dei suoi. Le loro labbra si incollarono di nuovo, avvicinandosi con la stessa violenza dell'onda che s'infrange sugli scogli. Matt non sentiva altro che il sapore dolce di Mihael sulla lingua, il suo profumo che gli arrivava da tutte le parti, il suono dei suoi respiri spezzati misti al battito impazzito del cuore, il suo calore sulla pelle, i suoi capelli tra le dita.
Non aveva idea di dove stessero andando, mentre urtavano ora lo stipite di una porta ora una cassettiera. Avevano lasciato una scia di vestiti lungo il corridoio, come a voler segnare la strada del ritorno. Non provava altro che Mihael, l'ardore dei suoi baci e la forza delle sue dita che stringevano convulsamente i suoi capelli e cingevano il suo collo. Le mani di Matt restavano avvinghiate a quel corpo longilineo, esplorando ogni parte della schina, i fianchi, i glutei. 
Gli ultimi indumenti che li coprivano furono brutalmente rimossi, mentre Mihael si lasciava cadere sul morbido materasso a una piazza e mezzo del suo letto e si aggrappava alle spalle di Matt per tirarlo verso di sè. Si arrestarono un momento, gli occhi che affondavano gli uni nello sguardo dell'altro, concentrati ad ascoltare il ritmo alternato dei loro cuori che battevano forti contro il petto. Matt si calò lentamente verso il viso del biondo, sfiorò il profilo della guancia con le labbra tremanti e si fermò quando incontrò quelle dischiuse di Mihael. Strinse il labbro inferiore del ragazzo tra i denti e lo assaporò al meglio, prima di trasformare quel leggero incontro in un bacio profondo.
Matt arrestò il flusso dei ricordi, gli occhi spalancati e il fiato corto mentre le orecchie e le guance sembravano andare a fuoco. Rise piano di sè stesso, sentendosi come una ragazzina alle prese con il suo primo amore.
Lo era? Era.. innamorato di Mihael? Anche se era un ragazzo? Poteva farlo? Scosse la testa, dicendosi che non aveva più senso continuare con la storia del "E' un maschio!", considerato che ci era pure andato a letto e ci aveva dormito insieme.
La questione restava complessa ai suoi occhi, perchè non aveva mai amato un ragazzo. Con la o. Era la stessa cosa? Un po' diverso doveva esserlo, visto che in questo genere di coppia non c'è un elemento pettegolo, superficiale, complicato, bisognoso di regali e attenzioni varie e soprattutto che ogni volta usa la scusa del mal di testa.. Non che la sua ragazza facesse mai la difficile, ma qualsiasi altra sì. 
"MISA!" solo in quel momento, a coinvolgerla distrattamente nelle sue congetture mentali, si rese conto di avere una ragazza. Una ragazza che aveva usato come uno straccio appena due notti prima, per suo egoistico desiderio di sentirsi ancora attratto da un corpo femminile e mascherare la sua palese attrazione verso Mihael -ovvero il tipo che dormiva pacatamente al suo fianco, completamente nudo dopo la notte che avevano passato insieme-.
 
Mihael aprì piano gli occhi, disturbato dal suono che proveniva dalla stanza accanto. Alzò lo sguardo assonnato verso il comodino, scorgendo a stento l'orario sulla sveglia. Controllò due volte, dato che la prima volta aveva guardato l'ora senza capirne davvero il senso. Le undici e ventitrè.
Sospirò piano, voltando la testa verso l'altro lato del letto, chiedendosi come potesse aver dormito sull'orlo, a pochi decimetri dal pavimento. Poi ricordò, e un lieve sorriso affiorò sulle sue labbra.
    Il modo in cui Matt affondava nel suo corpo -un'alternanza di spinte violente e delicate- era estasiante. Non riusciva a fare altro che chiederne di più, mentre mugolii e gemiti osceni che non riusciva a controllare sfuggivano dalle sue labbra. Intanto la rete del materasso si spostava sempre di poco dalla sua posizione originale, stridendo sul pavimento, producendo un suono sgradevole al quale nessuno dei due prestava attenzione. Le unghia affondavano nella pelle, graffiando senza pietà, ma il piacere acuto oscurava i sensi impedendogli di sentire dolore. Il desiderio urgente di raggiungere il culmine fu presto appagato, e poterono rilassarsi sul materasso con il respiro irregolare e i battiti che pulsavano nelle orecchie. Mihael sorrise appena, sopraffatto da quelle sensazioni, voltandosi per scorgere la stessa espressione di beatitudine sul volto di Matt. 
Lo sguardo di Matt era fisso su di lui: lo guardava come fosse la cosa più bella mai inventata, come se incarnasse la perfezione. Mihael gli scostò i capelli rossicci che gli coprivano gli occhi per vederli, quei fari verdi che ogni volta riuscivano a scavargli dentro. Stava per ritrarsi, ormai in stato di dormiveglia, quando sentì un palmo caldo sfiorarlo e le dita intrecciarsi con le sue.
Si alzò con uno scatto, dirigendosi verso la cucina, indossando al volo un paio di boxer abbandonati vicino alla porta. Prese una barretta di cioccolato mentre accendeva distrattamente la macchinetta del caffè, poi tornò a vagare per casa, arrestandosi davanti alla porta del bagno. La aprì senza bussare, scoprendo un Matt dalle spalle bagnate e i capelli gocciolanti alle prese con un grande asciugamano bianco. 
«Hey», lo saluto questi con un lieve sorriso imbarazzato.
«Che fai qui?», domandò con voce gelida, rivolgendogli un'occhiata indecifrabile.
Matt lo fissò sorpreso per un paio di secondi, senza comprendere il motivo di quel distacco. Lo stava prendendo in giro? O faceva sul serio? Ce l'aveva con lui per qualche motivo?
«Non.. volevo svegliarti, quindi ho fatto da me, ma sto per andarmene, ho del lavoro da sbrigare», buttò lì balbettando.
«Mh», fu l'unica risposta del biondo, che lasciò la porta e se ne andò tranquillamente verso la sua camera da letto, mentre un largo ghigno si apriva sulle sue labbra.
"Adesso mi diverto.."


ndRebl_fleur: Non lo credevo possibile, eppure sono riuscita a concludere anche questo capitolo. Credo sia un po' breve, specie se paragonato a quello precedente, ma, non so, non sono molto brava a dividere i capitoli, e ho preferito chiuderlo qui. Non c'è una vera e propria scena lemon, dato che ho un debole per i flashback. Spero che sia comunque di vostro gradimento, anche se credo che in questo momento mi starete lanciando maledizione in cinese..
Bando alle ciance, sono curiosa di sapere cosa ne pensate, quindi, aspetto le vostre recensioni!
Un grazie infinito a chi ha preferito/seguito/ricordato o semplicemente letto ^^
xoxo

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Capitolo 12
*** Behavior ***


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behavior


Mihael si scostò i capelli dalla fronte e fece il suo ingresso nel bar sulla spiaggia. Non c'erano molte persone, solo alcuni ragazzi a un paio di tavoli che si godevano le loro bibite fresche. Il tempo sembrava fuori controllo: la sera prima c'era un temporale e il mattino dopo il caldo era soffocante e si tornava a popolare le spiagge.
Si sedette al bancone, estraendo una barretta di cioccolato e staccando un pezzo coi denti. Il cellulare vibrò nella sua tasca. Inarcò le sopracciglia e ghignò velatamente leggendo l'sms che Matt gli aveva appena mandato. Il quarto della mattinata ad essere precisi.
"Qualcosa non va? Rispondimi per favore". 
Dovette usare tutto il suo autocontrollo per impedirsi di ridere. La cosa si faceva sempre più spassosa. Chi lo avrebbe mai detto che la situazione si sarebbe capovolta? Il giorno prima era lui quello che si struggeva pensando a Matt e al suo comportamento ambiguo e adesso lo stava facendo impazzire perchè non gli rispondeva, ripagandolo con la stessa moneta. Oh si, decisamente divertente.
«Mel?», lo chiamò una voce familiare.
«Tim», salutò con un'infallibile faccia da poker. 
L'amico lo squadrò a lungo, cercando di cogliere la novità dai suoi tratti indecifrabili. Mihael non riuscì a trattenersi e sfoggiò un sorriso di trionfo, nascondendosi poi dando un altro morso alla barretta di cioccolato.
«Cosa succede?», gli chiese l'amico, un'espressione sconvolta sul viso ramato. 
Aveva sempre saputo che Mihael era un tipo lunatico, risoluto e furbo, e la combinazione di queste caratteristiche lo avevano sempre reso un po' imprevedibile e temibile. Non poteva mai sapere cosa stesse tramando, o quale piano astuto avesse già messo in atto.
Mihael fece finta di niente, scrollando appena le spalle.
«Cosa ti avevo detto? Ci vuole solo un po' di fiducia e una buona conoscenza della razza umana», ghignò.
«In che sen.. Aspetta. Davvero? Il.. Lui.. E' venuto da te? Davvero sei..? Porca..!». 
Mihael sorrise, vedendo il suo amico con gli occhi sbarrati. Poi Timothy rise a crepapelle.
«Sei un grande, Mel!», gioì, continuando a fissarlo come fosse un miracolo vivente. 
D'un tratto tornò serio, sorridendo appena e scrutandolo a fondo, per comprendere la sua prossima mossa senza doverglielo chiedere. Alzò le sopracciglia e gonfiò le guance, ragionando.
Poi si arrese. «Cosa è accaduto esattamente?»
«Mah.. Me lo sono trovato sotto casa, l'ho fatto salire per parlare, abbiamo scambiato un paio di parole e poi abbiamo fatto sesso», mormorò con tono piatto senza cedere di un millimetro, ignorando il fatto che al solo menzionare ciò che era accaduto la sua voce avrebbe potuto risultare tremante e traboccante di emozioni. Sospirò mentalmente e ringraziò il cielo per essere riuscito a controllarsi. 
Tim era senza parole. Non trovava nulla di abbastanza intelligente da dire, se non "wow".
«Sei un grande», ripetè, scuotendo la testa.
«Come è stato?», chiese poi, mentre serviva un cliente. 
Mihael aspettò che il tizio si allontanasse dal bancone per rispondere, nonostante fosse tentato dal descrivere l'atto nei minimi particolari al solo scopo di ricevere un'occhiata scioccata da uno sconosciuto.
Quando l'attenzione dell'amico fu di nuovo rivolta a lui prese un respiro profondo, perdendosi nei suoi pensieri, alla ricerca del termine giusto. Non voleva esporsi troppo, nè risultare superficiale. Non che gli importasse, ovviamente. Spostò lo sguardo sul legno del bancone prima di rispondere.
«Niente male davvero», disse distrattamente, mentre un lieve sorriso affiorava sulle sue labbra.
Timothy studiò quella reazione e annuì tra sè, sorridendo.
Mihael alzò lo sguardo di ghiaccio, e in un attimo l'espressione sognante che aveva fino a quache istante prima fu sostituita dal suo solito ghigno beffardo.
«E adesso?»
«Adesso che sono io a condurre il gioco, mi divertirò un po'», rivelò, un sadico sorriso sulle labbra e gli occhi stretti a fessure.
«Mi dispiace per lui», mormorò Timothy, prima di tornare a ridere fragorosamente.
 
L'orologio sul display del cellulare ticchettava pigramente, un paio di puntini paralleli scandivano i secondi sparendo e comparendo a intervalli regolari. Matt lo fissava da non sapeva neanche lui quanto, solo in attesa che accadesse qualcosa. Che Emily lo facesse entrare in ufficio visto che lo aveva chiamato per vederlo, o che Mihael rispondesse almeno a uno dei messaggi che invano continuava a mandargli. 
Forse era occupato, avrebbe dovuo lasciarlo in pace per non risultare opprimente. Con Mihael non si poteva mai sapere. 
Però rimaneva impressa nella sua mente l'occhiata che gli aveva rivolto e le poche parole con cui lo aveva liquidato in fretta, come si fa con qualcuno di cui palesemente non si gradisce la presenza. Ma perchè?
«Matt?!»
Il ragazzo si voltò lentamente, del tutto inespressivo. 
«Linda», mormorò.
La ragazza lo squadrò dalla testa ai piedi, soffermandosi sulla sua posizione scomposta sul divanetto -che le ricordava tanto il modo in cui Mihael usava stravaccarsi su qualsiasi superficie-, sull'espressione vuota e il tono distaccato e assente della voce. 
«Stai bene?», gli chiese, preoccupata. Matt che era sempre così energico, solare e sorridente; adesso le appariva distante, coi pensieri persi chissà dove.
«Certo», disse lui stiracchiandosi e sedendosi composto.
«Non me la dai a bere», lo rimbeccò lei, sedendosi al suo fianco.
«Emily mi voleva, e sono qui. Ho dormito poco», si giustificò con la prima scusa insensata che gli passò per la testa. 
Certo, non era del tutto falso: aveva davvero dormito poco, per di più non nel suo letto nè da solo. A quel pensiero si morse il labbro e senza pensarci lanciò un'ennesima occhiata al cellulare, abbandonato sul divano.
Non riusciva a spiegarsi le azioni di Mihael. Tutto era stato perfetto, fino al suo risveglio. Non si era sentito a disagio, non c'era stato spazio per emozioni negative. 
Era sicuro di non aver fatto nulla di sbagliato. 
Era Mihael il problema. Era lui che si comportava in modo strano. Perchè lo aveva trattato così? Dopo avergli fatto spudoratamente capire le proprie intenzioni, dopo aver ottenuto ciò che voleva. Davvero era tutto ciò che voleva, e nient'altro? Doveva considerare normale quel comportamento? 
Si sentiva preso in giro, in un certo senso. E stava male con sè stesso, pensando che avrebbe dovuto parlare con Misa al più presto, ma allo stesso tempo sentiva che non avrebbe saputo cosa dirle. Se non sapeva neanche come definire la situazione con sè stesso, come avrebbe potuto spiegarla a terzi?
Decisamente, aveva un pressante e disperato bisogno di parlare con quel biondino. Ne andava della sua sanità mentale.
«Ehi», lo richiamò la ragazza, scuotendogli un braccio. 
«Terra chiama Matt, rispondi! Accidenti, ma che diavolo ti è successo? Ti hanno rapito gli alieni?», Linda alzò un sopracciglio scettico.
«No. Sono solo molto stanco»
«Hai fatto le ore piccole?», ridacchiò lei.
In quel momento la porta dell'ufficio si aprì e Emily Reese fece capolino, invitando Matt ad entrare.
Il rosso si alzò in fretta e infilò la porta, voltandosi appena per lanciare un'occhiata a Linda. Si accomodò alla scrivania, cercando di risultare il più normale possibile.
«Ho un lavoro per te», esordì il suo capo, sorridendo.
«Dimmi tutto»
«Ho bisogno che realizzi un servizio per me. Si terrà tra poco un'importante evento in Florida. Una specie di sfida tra stilisti esordienti, con tanto di sfilata ovviamente. Devi documentare tutto e poi, quando ci sarà un vincitore, dovremo dedicare un intero servizio alla sua collezione. Tu sei il mio fotografo prodigio, e hai davvero una brutta cera, ti serve una vacanza nella terra del sole. Vacanza per modo di dire, perchè avrai comunque un po' di lavoro da sbrigare. ma sarà una bella esperienza!», Emily sorrise incoraggiante.
Matt non ci trovava nulla di così eclatante, ma era pur sempre un viaggio gratis dall'altra parte del paese. Niente male.
«Sono il tuo uomo», disse semplicemente, sorridendo appena.
«Fantastico! Partirai la settimana prossima! Linda ha insistito tanto per poter venire, ma le ho detto che spetta a te decidere se portarla o meno»
«Certo che viene!», esclamò. Aveva mai lavorato a un servizio senza la sua fedele assistente? Mai successo!
«Perfetto. La avviserò dopo»
«E' tutto?»
«Certamente»
«Allora ci vediamo, Emily», si congedò, uscendo in fretta.
Emily fissò il punto in cui era sparito con aria interrogativa. Linda sbucò dalla porta, e anche lei sembrava alquanto perplessa. 
«Sai cosa è successo a Matt?», chiese la donna, preoccupata.
«Non ne ha parlato neanche a te?»
«In realtà non gli ho chiesto nulla, ma è molto strano», borbottò Emily.
«Vedrò di scoprirlo», rispose Linda.
 
Matt girò la chiave nel quadro con decisione e allo stesso tempo fece scattare l'accendino. Prese una grande boccata di fumo e sospirò.
Ecco, stava di nuovo una merda. La testa gli faceva male, avrebbe voluto staccarsela pur di smettere di pensare. Come era possibile che tutto ciò fosse successo proprio a lui? Lui che era sempre stato spensierato, che non si era mai fatto mettere all'angolo dai problemi, che non aveva mai permesso a nulla di togliergli il sorriso. 
Il telefono squillò e lui sobbalzò. Un nuovo messaggio. Ignorò il cuore martellante -un po' per la sorpresa e un po' di aspettativa- e lo aprì.
"Fanculo", pensò, leggendo il messaggio promozionale inviatogli dal suo operatore telefonico.


ndRebl_fleur
Non so da dove cominciare. Il ritardo è gigantesco e questo capitolo mi sembra pressochè inutile. Mi dispiace davvero di aver posticipato così tanto, ma un po' il mio pc scadente, l'ispirazione del tutto assente e la scuola mi hanno ostacolata. Spero saprete perdomarmi, sia per aver fatto così tardi, sia per aver postato un capitolo stupido come questo. Spero che non sia troppo deludente e prometto che mi rifarò col prossimo!
Non penso aggiornerò prima di Natale, quindi, beh, auguri a tutti!

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Capitolo 13
*** Thinking of you ***


 
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thinking of you


Il ragazzo si guardava attorno con un sorriso allegro sulle labbra piene. 
Il Griffith Park gli aveva sempre fatto quell'effetto, sin dalla prima volta in cui ci aveva messo piede. Ogni volta che voleva godersi un bel paesaggio con una bella atmosfera per immortalarlo con la sua fedele Nikon era lì che andava.
Mentre passeggiava non gli importava granchè dove si stesse dirigendo, ed era sempre felice di ritrovarsi casualmente davanti al Trails Cafè, nonostante tutto. 
Sorrise ricordando che da ragazzino non voleva mai andarci: sua nonna ce lo portava a forza almeno una volta a settimana. Lo faceva sedere e gli faceva portare un buon thè che lui ostinatamente definiva vomitevole -solo per l'innato bisogno di tutti gli adolescenti di contraddire un adulto- , ma che in realtà beveva con piacere. 
La nonna amava parlargli dell'Irlanda, delle sue tradizioni, e di quanto da quelle parti fosse importante il thè pomeridiano.
E lui ascoltava volentieri quelle storie, mentre mordicchiava un biscotto, non tanto per il racconto in sè -che spesso gli sembrava noioso e/o insensato- quanto più per il sorriso caloroso di chi sta rivivendo dei ricordi meravigliosi che vedeva dipingersi sul suo volto.
Matt ricominciò a scattare qualche foto -voleva proprio approfittare di quel cielo così luminoso- prima di uscire fischiettando, dirigendosi verso la sua auto.
Aveva deciso, non prima di un paio di giorni di crogiolamenti e filmini mentali -in cui, bisogna puntualizzare, Mihael non si era fatto vivo-, che era stufo. 
Mihael si comportava come se lui non esistesse? Bene così, lui avrebbe fatto lo stesso. 
E nonostante in cuor suo sapesse che con buona probabilità quel biondino non sarebbe mai tornato da lui per primo (e al solo pensiero sentiva un grosso groppo in gola) non era intenzionato a cedere. Non gli andava affatto il modo in cui Mihael credeva di poter governare la situazione a proprio piacimento, quindi era arrivato alla conclusione che se davvero gli importava qualcosa di lui, avrebbe dovuto cambiare atteggiamento, o giù di lì. 
Matt era ancora molto confuso a riguardo, non sapendo decifrare a pieno i comportamenti del biondo, ma quello che aveva capito era semplice: Mihael voleva fare a modo suo, per suo egocentrico bisogno di essere desiderato in modo pressante, quasi morboso. Matt era sempre più convinto -per quanto non sapesse molto del carattere di Mihael- che quel tipo di personalità gli calzasse alla perfezione. E se quel biondo pensava di poterlo manipolare come e quando voleva, beh avrebbe preso un gran bel palo, pensava in tono solenne. 
Sospirò; aprì lo sportello dell'auto e infilò la chiave.
Si morse il labbro pensando a quanto quell'atteggiamento da predatore lo rendesse allettante.., salvo ridestarsi, sempre più deciso a non dargliela vinta. 
 
Da parte sua, Mihael cominciava a sentirsi nervoso, giacchè nelle ultime trentasei ore non aveva ricevuto alcun messaggio da parte di Matt. 
Cominciava ad avere dei dubbi -che il suo piano non funzionasse come avrebbe dovuto, che Matt non fosse coinvolto da lui quanto credeva, che al ragazzo non importasse granchè di lui, che preferisse tornare con la sua ragazza e dimenticare tutto-, dubbi che uno dopo l'altro sbucavano tra i suoi pensieri come funghi, tormentandolo con un impeto che non avrebbe mai immaginato. 
Solo all'idea di aver sbagliato i calcoli -non che fosse il termine ideale per definire le sue intenzioni, ma neanche lontanamente avrebbe detto di essersi illuso- si sentiva profondamente sconfortato. Era la prima volta che si trovava in una situazione così, in cui gli sembrava di non aver il totale controllo: nonostante i suoi sforzi, non aveva proprio la più pallida idea di cosa passasse nella testa di quel rossino. 
In sostanza, Matt lo aveva tartassato di telefonate e messaggi solo nel primo giorno della sua scenata d'indifferenza -come lui era certo avrebbe fatto- e poi nulla più, aveva smesso di cercarlo. 
Lui, manco a dirlo, si era imposto fermamente di non fare assolutamente nulla per rintracciarlo, nonostante i suoi stessi pensieri -che puntualmente riguardavano Matt- lo esasperassero. Non aveva mai dedicato così assiduamente il suo tempo a qualcuno, eppure era come se non riuscisse ad evitarlo. Anche mentre faceva una qualsiasi cose che non riguardava per niente quel giovane, riusciva comunque a trovarci un collegamento, e gli era capitato persino di lasciarsi scappare un mezzo sorriso o qualche pensiero di troppo su di lui.
Tutto ciò era insolito, e lo portava a una singolare e scandalzzante spiegazione: che il suo amico avesse ragione? Che si fosse davvero innamorato? Rabbrividì al solo pensiero.
Ricordava fin troppo bene l'ultima volta che gli era successo, quasi dieci anni prima. Essersi innamorato era stata probabilmente -tra le tante altre- la più grande stronzata che avesse mai fatto. Lo aveva sbriciolato da dentro, lasciandolo vuoto e incazzato col mondo. Mai avrebbe dimenticato il modo in cui Nate se n'era andato perchè la carriera era più importante distruggendo il suo cuore, facendolo apparire patetico e inutile. E altrettanto non avrebbe mai dimenticato quando si era promesso -dopo essersi ubriacato e aver vomitato l'anima- che non se lo sarebbe permesso mai più, che non avrebbe più concesso a nessuno il potere di farlo sentire così, umiliato nel profondo del suo pienissimo orgoglio e a pezzi.
Mihael sbuffò, sentendo la sua solita rabbia furente che cresceva. Ora che aveva lasciato che quell'ipotesi gli entrasse nella mente, si stava rendendo conto di quanto fosse pericolosamente reale, e non desiderava altro che scappare. Si sentiva tirare giù in un vortice di sconforto, mentre si affannava alla ricerca di un appiglio che gli impedisse di sprofondare totalmente in quell'insano malessere.
Decise che doveva ragionarci meglio, a mente lucida e controllata. 
Si alzò dalla sua postazione sul divano, andando a cercare uno dei suoi tranquillanti preferiti: cioccolato extra fondente. Più la tavola era amara, più scemava l'amarezza della sua ira, sostituita da quella dal retrogusto dolciastro del cioccolato. Tornò a stravaccarsi, scartando l'involucro argentato e staccando un generoso pezzo coi denti.
Iniziò a ripensare a tutto ciò che stava vivendo nelle ultime settimane con un'ottica differente, più impersonale. In effetti, non era come la volta precedente, anzi, era una situazione totalmente diversa. 
Ricordava come si sentiva in compagnia di Nate: come se non fosse mai abbastanza. 
Ricordava il senso di inferiorità che lo invadeva quando quel ragazzino diceva qualcosa, con il suo tono deciso e incolore, con tutta la sicurezza che traspariva dal suo sguardo quasi perennemente vacuo, che lui ammirava e disprezzava allo stesso tempo. A volte si era sentito inadeguato, e aveva provato anche rabbia. Un po' verso quel ragazzo, che in qualche modo gli metteva soggezione, e un po' verso sè stesso, perchè si sentiva vulnerabile, con la consapevolezza che Nate, con una sola parola, avrebbe avuto il potere di distruggerlo e farlo cadere in mille pezzi, come un castello di mattoncini di plastica o un puzzle completamente bianco.
Con Matt invece era tutt'altra storia.
In sua compagnia si sentiva leggero, senza aver bisogno di pensare bene prima di parlare, perchè lui era certo non gli avrebbe risposto con tono saccente e espressione di disappunto. Lui non avrebbe cercato di metterlo in difficoltà. Stare con lui era rilassante, riusciva ad ammansire il suo lato turbolento e perennemente agitato con qualche semplice parola, detta nel suo tono sempre allegro e scherzoso. A volte riusciva anche a divertirsi. 
Matt era una specie di ..complice. Lo sentiva al proprio pari, fatta eccezione per quelle poche volte in cui si era sentito in vantaggio. Ma non c'era gara, con Matt, non c'era competizione. C'era solo un senso di libertà, che traspariva da quello sguardo verde e luminoso. C'era solo voglia di fare qualcosa di divertente insieme, tanto per passare il tempo. 
Mihael pensò e ripensò ancora, fin quando non si ritrovò con la carta vuota in una mano e un lieve sorriso sulle labbra fini. In uno scatto di consapevole razionalità, gettò la pallina argentata dall'altra parte della stanza e si alzò in piedi, stringendo i pugni. Diverso o non, lui non voleva che andasse così. No, non poteva permetterlo. 
Non era quello lo scopo iniziale del gioco, e non sarebbe finita in modo diverso. Semplicemente, Mihael Keehl non voleva innamorarsi, e allora non lo avrebbe fatto. 
Per paura? Oh, no, affatto. Mihael Keehl non aveva paura di niente, si disse.



ndRebl_fleur : Lo so, questo capitolo è più breve rispetto ai precedenti. Inoltre non succede quasi nulla, ma l'ho fatto di proposito a metterci un po' di introspezione. A dire la verità mi dispiace dilungarmi con tutti questi capitoli di transizione, non era affatto mia intenzione scrivere qualcosa di così lungo, ma pazienza. Spero apprezzerete comunque queste poche informazioni in più sui protagonisti e non resterete delusi! Alla prossima, e spero davvero che sia presto :)
xoxo

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Capitolo 14
*** You Didnt Know ***


 
Magazines and Photographs
you didn't know



Alla decima telefonata del mattino, Matt alzò gli occhi al cielo, seccato. In un solo fluido movimento raccattò il cellulare dal pavimento, che era caduto a causa della forte vibrazione, e premette deciso il tasto di accensione, fissando lo schermo torvo fin quando non divenne completamente bianco e poi si spense. Sbuffò, lasciandolo cadere sul lenzuolo morbido.
Ignorò il senso di colpa e riprese a infilare i vestiti che aveva disposto sul letto nella valigia. 
Il problema-Misa stava diventando sempre più pressante, il che gli ricordava anche l'altro problema, quello che non si faceva vivo da una settimana. 
Aveva smesso di preoccuparsi di Mihael, resosi conto che gli faceva solo male, ma non poteva tralasciare anche Misa. Con lei ancora non aveva parlato, e presto era certo che si sarebbe stufata di telefonargli invano e si sarebbe direttamente presentata a casa sua alla ricerca di spiegazioni. 
Era così ovvio che un brivido gli percorse la spina dorsale. 
Per fortuna, la sua imminente partenza lo avrebbe salvato. Momentaneamente
A questo si sentì leggermente rincuorato, e sorrise ringraziando -ancora- il cielo per avergli mandato Emily: grazie a lei e al nuovo incarico che gli aveva affidato, l'indomani sarebbe partito alla volta della Florida e avrebbe potuto lasciare -momentaneamente, accidenti!- tutti i suoi drammi esistenziali in California. E durante la sua settimana di soggiorno era certo avrebbe avuto tutto il tempo di pensare a come chiarire le cose. 
L'ideale per affrontare un problema - si disse - era prendere le distanze da esso per poterlo analizzare in modo più oggettivo e trovare così la soluzione più idonea. Quindi, trovandosi dall'altra parte del Paese -era quasi certo fosse una distanza discretamente sufficiente-, sarebbe stato più facile decidere cosa fare: se mettere totalmente da parte Mihael e dimenticarlo (e sembrava così facile a parole e con una settimana in cui non aveva avuto sue notizie!) o arrendersi e andare a parlargli, anche se sarebbe significato fare il suo gioco, e questo proprio non andava bene al suo -seppur scarso- orgoglio. 
Inoltre, come se Mihael non fosse un problema sufficientemente complesso da affrontare, doveva anche riflettere su cosa avrebbe fatto con Misa: era chiaro che non sarebbe rimasto con lei, non tanto perchè aveva scoperto di provare attrazione per un ragazzo, ma piuttosto perchè l'aveva già tradita una volta, e - almeno di questo era sicuro - non provava più alcun interesse nei suoi confronti. 
Il fatto che per la prima volta in un'intera settimana sapesse cosa fare era decisamente positivo, ma ciò non rendeva in alcun modo la situazione più semplice, dato che doveva trovare il modo migliore per dirglielo, soprattutto omettendo la sua sveltina con il biondo. E ancora una volta ringraziò per avere la possibilità di posticipare.
"Fatto", pensò, chiudendo con uno scatto la valigia. Drizzò la schiena e sospirò soddisfatto. 

 
Mihael non sapeva da quanto tempo fosse nella medesima posizione, con gli occhi fissi nello stesso punto. Era sempre stato estremamente iperattivo, restare immobile lo rendeva tremendamente nervoso, come se dal suo camminare avanti e dietro e sbuffare di continuo tanto per fare qualcosa dipendessero le sorti di tutto il mondo. 
Anzi, dell'intero universo
Tra l'altro continuava a scorrere le righe e voltare le pagine, senza capire una parola di quello che stava leggendo. La sua mente gravitava altrove, tanto che, ridestandosi, si accorse che era già la terza volta che rileggeva la stessa frase, e ancora non aveva capito chi avesse detto cosa.
Chiuse il libro e lo lasciò cadere con un tonfo sordo sul divano, alzandosi. Meccanicamente, si avviò spedito in cucina, alla ricerca di un po' di cioccolato.
Aprì distrattamente l'anta, e ciò che vide rasentava lo shock: non c'era assolutamente niente. Il suo cassetto preferito, quello che emetteva sempre un meraviglioso profumo dolce, era desolatamente vuoto. A occhi sgranati, infilò una mano sulla mensola, tastando ogni angolo, scoprendolo completamente vacante.
Non aveva comprato il cioccolato? Era possibile che se ne fosse dimenticato? Lui, Mihael Keehl, che in più di dieci anni non si era mai ritrovato in una situazione del genere, nemmeno durante il periodo di ferragosto, quando la sua scorta si spostava dal cassetto al frigorifero? Stava accadendo davvero?
Ancora scosso, scavò nervosamente nella tasca, estraendo il cellulare. Per fortuna non era ancora orario di chiusura, e anche se proprio non ne aveva voglia, doveva obbligatoriamente uscire, e in fretta.
Non si curò neanche di prendere la giacca, infilò la porta e scese.
Ultimamente era troppo distratto, la situazione peggiorava. Se era davvero arrivato a dimenticarsi di comprare il cioccolato, doveva essere grave.
Cercò di non pensarci mentre, sotto gli occhi sgranati di cassiera e clienti vari, metteva in fila venti tavolette, tutte extrafondenti. Pagò senza incrociare lo sguardo di nessuno, e uscì velocemente, scartando subito la prima tavoletta. Bastò un morso a rilassarlo.
Ormai era una settimana che non vedeva nè sentiva Matt, e visto che la finta indifferenza aveva pietosamente fallito, stava seriamente pensando di passare alla mossa successiva, ovvero fingere di non aver volutamente ignorato il ragazzo per tutto quel tempo e richiamarlo come se nulla fosse accaduto. In genere non era entusiasta di quella mossa, e le poche volte che gli era capitato di doverci arrivare aveva sempre lasciato perdere prima. 
Ma con Matt era diverso. Inconsciamente, lui aveva bisogno di richiamarlo. E al 50%, anche il suo io conscio ne era consapevole, e preoccupato
Putroppo però, era fin troppo bravo a persuadere la propria coscienza, autoconvincendosi che voleva solo confonderlo un altro po', prima di scaricarlo. 
Ciò che accadde al terzo squillo lo paralizzò dalla sorpresa: il cellulare di Matt era spento.
Ancora una volta dovette operare di persuasione per non farsi prendere dall'agitazione. Poteva benissimo essere scarico, oppure Matt stava ignorando le telefonate di qualcun altro. Non era detto che volesse evitare proprio lui
Voltò l'angolo e aprì il portoncino con un gesto carico di stizza, mentre saliva i gradini a falcate, quasi travolgendo una signora che stava scendendo. 
Nei venticinque minuti che passarono dalla prima telefonata, aveva chiamato ben altre tre volte. E il risultato era sempre lo stesso.
Decise di non pensarci più, che stava sprecando fin troppo tempo prezioso appresso a quello scialbo fotografo dai capelli rossi.
Tanto per rilassarsi, decise di farsi un bel bagno caldo e poi di uscire nella caoticità di Los Angeles di sera, anche solo per guardarsi intorno e mangiare un boccone, sebbene non avesse assolutamente fame, con tutto il cioccolato che aveva già ingurgitato.
Appena quaranta minuti dopo era in strada, a bordo della sua motocicletta, che sfrecciava tra le auto e bruciava i semafori gialli. 
Si fermò poco dopo a un bar, ma solo perchè si era stufato di brancolare in giro senza meta. Gli sembrava una cosa stupida.
Il destino era dalla sua parte, quella sera, perchè proprio mentre stava uscendo, dopo aver preso solo un caffè, il suo cellulare squillò.
Si appoggiò alla moto, prima di rispondere.
«Pronto?», disse con noncuranza, cercando di non badare alla reazione del suo stomaco che si era contratto violentamente alla vista del nome lampeggiante sul display.
«Mi cercavi?», chiese la voce di Matt, alterata dal telefono. 
Aveva un tono tranquillo, ma chissà se lo era. Trovare quelle telefonate perse lo aveva confuso non poco, appena dieci minuti prima.
«Uhm, si, mi pare di averti chiamato»
«Strano. Quando ti ho chiamato io qualche giorno fa non hai risposto». 
Matt non aveva intenzione di lasciar correre, soprattutto perchè si era davvero dannato in quei giorni.
«Oh, mi sa che è vero. Mi dispiace», ghignò Mihael, in tono per niente dispiaciuto.
Matt contrasse le labbra, ma non riuscì ad impedirsi di sorridere alla cornetta, nonostante tutto.
«Forse potremmo vederci..», continuò il biondo nello stesso tono di poco prima.
Matt aveva sperato in quella frase. Cercò di tratterene un ghigno vittorioso, mentre con tono incolore mormorò «Io domani parto».
Dall'altra parte, il gelo. Mihael sgranò gli occhi, incredulo.
Lui doveva partire? Per dove? Perchè? Per quanto tempo? Perchè nessuno gli aveva detto niente?
Nascose immediatamente lo sgomento, consapevole che non c'era motivo per la sua reazione, che giudicò immediatamente fin troppo esagerata. Dopotutto, per lui Matt era solo uno spasso, no? Lo aveva sedotto solo per divertimento, e allora perchè era così agitato? Perchè si sentiva così.. strano?
Non poteva farsi sentire così, da lui. Sarebbe stato come concedergli una vittoria gratis, buttando al vento la sua elaborata indifferenza.
«Non lo sapevo».
Si congratulò con sè stesso, per essere riuscito a tenere un tono rilassato, malgrado l'agitazione.
«No, infatti, perchè non mi hai mai risposto, nè telefonato»
Matt sembrava deciso a rinfacciargli tutto, senza timore. Era uno dei tanti sassolini che voleva ardentemente togliersi dalle scarpe, per mettere le cose in chiaro.  
«Già», concesse Mihael, ghignando mentre qualcosa gli si stringeva nel petto. 
Aveva recepito il messaggio, e nonostante avrebbe dovuto sentirsi irato, in realtà era tremendamente affascinato da quel ragazzo, che sembrava non volersi far mettere i piedi in testa per nessun motivo. 
«Allora ciao», cocluse il rosso, riattaccando. 



ndRebl_fleur: Continuo a procedere a rilento, lo so, ma spero che davvero non stia iniziando ad annoiarvi. Soprattutto, la cosa che mi preoccupa di più, è che potreste trovare il finale scialbo, dopo avervi condannate alla lettura di tutti questi capitoli. Chiedo umilmente perdono, mi giustifico dicendo che è comunque la prima long che ho provato a scrivere, e mi sono resa conto che forse non è esattamente il mio forte. Non siamo comunque ancora alla fine, magari accadrà ancora qualcosa, magari riuscirò a sorprendervi, o forse no. Ma adesso non importa. Siete voi giudici, fatemi sapere cosa ne pensate, che mi fa sempre piacere. Probabilmente il capitolo è breve, ma forse è meglio così, preferisco annoiarvi a un po' per volta u__u
Adieu!
xoxo

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