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“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la
bacchetta “uno…due…TRE!”
“ALOHOMORA!”
urlarono diverse voci. Il pesante portone di bronzo si spalancò con un cupo
rintocco da campana a morto, e decine di maghi fecero irruzione in quello che
era stato il rifugio di Lord Voldemort con le bacchette strette in pugno,
pronti a combattere eventuali Mangiamorte…
“Non
c’è nessun Mangiamorte qui” disse tranquillamente Moody, riabbassando la
bacchetta mentre il suo occhio magico ruotava nell’orbita, scrutando attraverso
i muri dell’immensa stanza immersa nel buio.
Tutti
gli altri maghi emisero un sospiro di sollievo. Erano tutti stanchi: avevano
combattuto contro i Mangiamorte praticamente per tutto il giorno. Molti di quei
pazzi preferivano morire piuttosto che essere catturati, e come dargli torto?
Una condanna a vita ad Azkaban era peggio di qualunque morte. Certo, c’erano
state delle eccezioni: parecchi di loro avevano dichiarato di essere stati
controllati dalla maledizione Imperius. Sarebbe stato una bella rogna per il
ministero capire chi diceva la verità e chi no. Ci sarebbe voluta un’eternità.
Oppure una quantità industriale di Veritaserum.
“Peccato”
ringhiò Moody “non mi sarebbe dispiaciuto spedire ad Azkaban un altro di quelli
prima di colazione. Non sei d’accordo, Albus?”
Silente
scosse stancamente il capo. “Temo di no, Alastor. Non mi piace vedere la gente
sbattuta ad Azkaban, lo sai. Sono stati due giorni terribili per me.”
L’Auror
parve confuso. “Terribili? Il Signore Oscuro è caduto, l’intera comunità magica
è in festa…e per te sono stati giorni ‘terribili’?”
“Sì,
Alastor, hai ragione” disse gravemente Silente “Voldemort è
caduto…ma a che prezzo?”
“Ah,
giusto,i Potter” disse Moody “mi dispiace molto per
loro, sul serio. Gran brave persone. Non si meritavano di finire così. A
proposito, a chi hai affidato il piccolo Harvey?”
“Harry”
lo corresse il mago più anziano “l’ho portato a casa
dei suoi zii, poche ore fa. Si occuperanno loro di lui, gli ho lasciato un
biglietto in cui gli spiegavo tutto.”
“Sei
sicuro che sia la cosa migliore per il marmocchio?”
“Sicurissimo.
Il sangue di sua madre…è la protezione migliore che possa
offrirgli. Credo che la sua vita possa essere ancora in pericolo.”
“Sono
d’accordo, vecchio mio. Mai sentirsi al sicuro.”
“L’hai
detto. Ora andiamocene da questo posto, ti prego. Desidero solo riposare.”
Moody
parve divertito. “Ma come, non vuoi vedere gli ospiti della casa?”Il suo occhio
magico fissava qualcosa oltre una parete.
Silente
si volse a guardare l’Auror. “Ospiti? Tu avevi detto che non c’era nessuno.”
Il
volto segnato di Malocchio Moody si aprì in un sogghigno. “Errore. Io non ho
detto che non c’era nessuno, ho detto
che non c’è nessun Mangiamorte.”
“Alohomora!”
La
porta di legno massicciò si spalancò di colpo. Silente e Moody entrarono nella
stanza illuminata solo dalla luce di un focolare, senza alzare le bacchette. Al
centro della stanza c’era un letto, dove giaceva una donna sulla trentina,
apparentemente priva di sensi. Silente si chinò su di lei. “E’ molto debole…probabilmente
è stata sotto effetto della maledizione Imperius.”
In
quel momento la donna aprì debolmente gli occhi. Un tempo dovevano essere stati
azzurri, ma adesso sembravano stranamente appannati. “Non mi fate del male” disse
in tono incolore “vi prego, non mi fate del male.”
“Non
abbiamo intenzione di farvi alcun male” la rassicurò Silente, sedendosi accanto
a lei “non dovete avere paura di noi.”
“Siete…siete
qui per conto del Signore Oscuro?” chiese lei, e improvvisamente la sua voce si
riempì di paura “vi manda lui?”
“No”
disse seccamente Moody “il suo regno del terrore è finito l’altra notte.”
La
donna sgranò gli occhi, che parvero tornare limpidi all’improvviso. Si volse
verso Silente, il cui aspetto le suscitava chiaramente
meno timore di quello di Moody. “E’ vero ciò che dice? Lui non c’è più?”
La
scomparsa di Nadja Dashwood, ultima discendente di un’antica e nobile stirpe di
maghi purosangue, aveva suscitato molto scalpore quasi due anni prima. Il
ministero l’aveva cercata inutilmente per mesi, poi, anche perché non aveva
alcun parente che potesse premere per proseguire le ricerche, era stata data
per morta…e adesso eccola lì, sconvolta ma ancora viva,
rinchiusa nel rifugio di Lord Voldemort.
L’espressione
di Silente rimase impenetrabile. “Molto bene, signorina Dashwood…sono lieto di
annunciarle che Vol…” si bloccò, pensando che udire quel nome l’avrebbe solo
agitata di più “…che Voi Sapete Chi non può più farle alcun male. Non tornerà
più.”
In
realtà Silente non era affatto convinto che Voldemort fosse davvero morto e che
non sarebbe tornato mai più, ma non era il caso di spaventare ulteriormente
quella poveretta. Non ora, almeno.
Nell’udire
quelle parole, Nadja Dashwood si aggrappò alla veste di Silente e scoppiò in un
pianto dirotto di sollievo. “Oh, mio Dio, grazie” disse fra i singhiozzi
“voi…voi non sapete…cosa è stato, essere prigioniera
qui…voi…voi…”
“Adesso
calmatevi” disse Silente con dolcezza, porgendole un fazzoletto “è tutto
finito, adesso. Ma perché il Signore Oscuro vi ha rapita? Cosa voleva da voi?”
“Il
mio sangue” disse lei amaramente, asciugandosi il viso “il mio sangue e la mia
nobiltà.”
“Temo
di non capire.”
Nadja
sollevò lo sguardo sul viso di Silente, gli occhi ancora pieni di lacrime. “Non
capite, signore? Lui voleva da me un discendente, un erede che potesse seguire le sue orme.”
“Ah,
giusto” bofonchiò Moody, l’occhio magico puntato verso un angolo buio della
stanza “il nostro secondo ospite, dico bene?”
“Cosa…?”
Silente
seguì lo sguardo di Moody, e ciò che scorse nell’oscurità gli fece gelare il
sangue nelle vene. Non poteva essere davvero…
“Lumos”
mormorò il mago.
Una
luce si sprigionò dalla punta della sua bacchetta, illuminando la stanza. Alla
destra del letto, in un angolo, c’era una culla di foggia antica, all’interno
della quale dormiva un bambino.
“E’…lui?”
chiese Silente, guardando Nadja.
Lei
annuì. “Vi prego, non fategli del male! Lui non ha fatto nulla!”
Chi
fosse il padre di suo figlio era per lei irrilevante:
era suo figlio, il suo bambino. Era stata la sua presenza che le aveva impedito di togliersi la vita fino a quel momento.
Inizialmente, quando i sintomi della gravidanza si erano fatti evidenti, Nadja avrebbe voluto strapparselo dal ventre,
ucciderlo, cancellarlo. Ma adesso non avrebbe potuto
fare a meno di lui: quella fragile creaturina in tutto e per tutto dipendente
da lei era la sua unica gioia, l’unica luce in quel luogo buio e ostile,
“Non
temete, non è nostra abitudine uccidere bambini” disse Moody, il volto
butterato contorto in quello che si sforzava di essere un sorriso rassicurante.
Silente
si avvicinò lentamente alla culla, osservando la figura minuta che giaceva
nelle coperte. Era molto piccolo, esattamente come Harry, il bimbo che lui
stesso aveva deposto, poche ore prima, davanti ad una porta a Privet Drive.
Aveva la pelle chiarissima, bianca come l’alabastro, che contrastava coi riccioli che gli crescevano sul capo, neri come l’ala
del corvo. Silente allungò una mano e gli sfiorò la guancia. Chissà perché si
era aspettato di sentirla gelida sotto le sue dita, ma la pelle del piccolo era
tiepida come quella di qualunque altro bambino. Ma certo che lo
era, cosa si aspettava?
In
quel momento gli occhi del bimbo si aprirono, e guardarono Silente con
curiosità infantile. Non c’era traccia di paura in quegli occhi castani, con
appena qualche lieve bagliore rossastro. Il mago rimase a
fissarlo per un istante, poi lo sollevò con tutte le coperte. Il bimbo emise un lieve verso di sorpresa, poi sollevò le manine bianche
verso il viso di Silente, evidentemente affascinato dai suoi occhiali a
mezzaluna.
Un
lieve sorriso apparve sulle labbra di Silente. “Sì, decisamente
non è un timido. Come si chiama?”
“Lui…lo
ha chiamato Salazar.”
Silente
sollevò un sopracciglio. “Salazar Riddle, eh? Avrei dovuto immaginar…” si bloccò
all’improvviso, guardando il polso sinistro del bambino “guarda qui, Alastor.”
L’Auror
si avvicino per guardare. “Il Marchio Nero…”
“Lo
ha marchiato lui stesso” disse cupamente Nadja, prendendo il figlio dalle
braccia di Silente e sfiorando il Marchio con un dito con una lieve espressione
di disgusto “subito dopo la sua nascita.”
“Capisco”
disse tranquillamente Silente, poi decise di cambiare
discorso. “Quanti mesi ha?”
“Un
anno il mese prossimo.”
Silente
annuì. “Un mese, eh? L’avete scampata per un soffio.”
Moody
aggrottò la fronte. “Credi che intendesse…?”
“Senza
dubbio, Alastor.”
Nadja
parve spaventata. “Di che state parlando?”
“Non
vi siete mai chiesta per quale motivo vi ha tenuta in vita, signorina
Dashwood?” chiese cupamente Moody “dopo avergli dato un erede, il vostro
compito era finito.”
Nadja
strinse forte a sé Salazar, che emise un verso di protesta. Per cosa lo aveva
preso, per un cuscino? E poi cominciava ad avere fame.
“Non
credo sia opportuno scendere in particolari” disse Silente “ma credo che Vol…il
Signore Oscuro intendesse compiere un particolare rito
per potenziare i poteri del bambino quando avesse compiuto un anno di età. Un
rito che avrebbe richiesto la vostra presenza, e che si sarebbe concluso con la vostra morte.”
Nadja
rabbrividì al pensiero del pericolo corso. “Oh, mio Dio…”
“Ora
non ci pensate” consigliò Silente, mettendole una mano sulla
spalla “coraggio, adesso andiamo via di qua. Ormai siete
libera.”
La
felicità di Nadja per la libertà riacquisita fu annebbiata da un improvviso
timore.
“E che ne sarà di Salazar? Quando
scopriranno chi suo…suo padre…io non so…”
Moody
scosse il capo. “Forse non avete capito bene la situazione,
signorina…a parte poche persone di fiducia, nessuno
dovrà mai conoscere le origini del vostro bambino…né tanto meno
conoscere la vostra identità. Dovrete assumere una nuova identità. Ne va della
vostra incolumità…e di quella del bambino.”
“Ma…perché?”
“Molti
sostenitori di Voi Sapete Chi sono ancora in
circolazione, purtroppo. E temo che il Ministero non
riuscirà mai a prenderli tutti. Se dovessero trovare voi e
vostro figlio…”
Lasciò
la frase in sospeso. La donna abbassò lo sguardo su suo figlio (che la fissava
con l’aria di chiedersi ‘e-questi-che-cavolo-hanno-da-guardare’),
poi sospirò profondamente e alzò lo sguardo su Silente e Moody.
“Va bene” mormorò “farò tutto ciò che sarà necessario.”
Ok, solo un paio di cose:
1) Questo è solo il prologo, ed è
ambientato pochi giorni dopo la morte di James e Lily Potter e la caduta di Voldemort
(ma direi che questo si era capitoJ). Il resto
della storia sarà ambientato subito dopo il ‘Calice di
Fuoco’, durante un ipotetico quinto anno. Cioè,
seguirà in parte la traccia dell’ ‘Ordine della Fenice’, ma sarà
sostanzialmente un AU.
2) Non riesco a ricordare se all’epoca
dei fatti descritti in questo capitolo Moody aveva già l’occhiomagico…mi pare di no, ma
non ricordo bene. Io qui l’ho descritto con tanto di occhio
magico, se mi sbaglioperdonate la mia
ignoranza.
3) So che come scrittrice sono decisamente scadente (anzi, no, desolante), ma questa è la
mia prima ff in assoluto…quindi siate clementi!
Ah, dimenticavo:
Scrivo questa storia solo per
divertimento, senza fini di lucro. Tutti i personaggi descritti nella saga di
Harry Potter sono di proprietà di J.K.Rowling.
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
Voldemort lo studiò attentamente,
ignorando il pianto incontrollabile di Codaliscia. “E’ tornato” disse piano “se
ne saranno accorti tutti…e ora vedremo…ora sapremo…”
Premette il
lungo indice bianco sul segno sopra il braccio di Codaliscia.
“AH!”
Il
ragazzo si svegliò di soprassalto, mentre un terribile bruciore si propagava
dal suo polso sinistro a tutto il braccio. Era come se un migliaio di aghi roventi gli stesse trafiggendo ogni centimetro di
pelle.
“Ma che diavolo…”
Douglas
McKnight accese la luce e si tirò su la manica del pigiama. Se la sua pelle non
fosse già stata bianca come l’alabastro il ragazzo
sarebbe impallidito nel vedere la causa del bruciore: il Marchio Nero sul suo
polso si era fatto più evidente del solito, e sembrava pulsare come se avesse
vita propria…e questo, Douglas lo sapeva bene, poteva significare solo guai.
“Ehi,
Doug” la faccia assonnata di Fabian Benson comparve fra le
tende del letto di Douglas “va tutto bene? Ti ho sentito grida…”
La
voce del ragazzo si spense come se gli avessero tolto l’elettricità, e la sua
bocca si spalancò per lo stupore e il raccapriccio. Douglas non aveva fatto in
tempo a riabbassare la manica del pigiama.
“Oh,
mio Dio…” boccheggiò Fabian “ma quello è…”
Non
ebbe il tempo di aggiungere altro: Douglas si era già voltato di scatto verso
il comodino e aveva afferrato la bacchetta.
“Oblivion!”
Lo
sguardo di Fabian si fece vacuo, per effetto dell’Incantesimo di Memoria.
Douglas gli sorrise amabilmente. “Grazie per esserti
preoccupato, Fabian, ma non c’è nulla da preoccuparsi. Era solo un incubo.
Avanti, torna a dormire.”
Fabian
annuì con aria assente. “Sì, giusto…dormire…”
Quando
il suo compagno di dormitorio si fu di nuovo infilato sotto le coperte Douglas si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Tese
l’orecchio per assicurarsi che tutti i suoi compagni di dormitorio stessero dormendo, poi si alzò silenziosamente e uscì in
silenzio dalla stanza…non senza prima sbattere il solito stinco contro il
solito baule. Mordendosi la lingua per non imprecare, il ragazzo zoppicò fuori dal dormitorio ed entrò nella sala comune. Mosse la bacchetta con un gesto distratto, e le candele sul tavolo
si accesero. Douglas si sedette, cercando di riflettere, anche se c’era
veramente poco da riflettere. Se il Marchio Nero aveva
cominciato a bruciargli…bè, questo poteva significare solo che lui era tornato, e di conseguenza che
lui e sua madre erano in serio pericolo.
“Come
se essere un adolescente non fosse già abbastanza complicato…” borbottò fra sé,
prendendo una pergamena e un calamaio. Intinse la penna in un calamaio e iniziò
a scrivere.
Il Marchio ha cominciato a bruciarmi, e
temo che questo possa significare che il peggio è accaduto. Se come hai sempre
detto conosci qualcuno a cui rivolgerti ti consiglio
di farlo al più presto. Attendo istruzioni.
Tuo figlio,
Douglas.
Il
ragazzo arrotolò la pergamena, poi andò ad aprire la finestra ed emise un
fischio acuto in direzione del cielo stellato. Si udì uno sbattere d’ali, e
pochi secondi dopo un magnifico sparviero si appollaiò sul davanzale.
“Ciao,
Eustace” mormorò Douglas, legandogli la lettera ad una zampa “porta questa a
mia madre, va bene? E cerca
di fare il più presto possibile.”
Lo
sparviero emise un breve stridio, poi spiegò le ali e volò via dal davanzale.
Douglas seguì con lo sguardo l’animale fino a quando non fu sparito
nell’oscurità che regnava sulla campagna irlandese, poi richiuse la finestra e
tornò a sedersi al tavolo, passandosi una mano fra i capelli neri come
l’inchiostro. Di tornare a dormire non se ne parlava: dubitava fortemente che
sarebbe riuscito a prendere sonno. Fissò lo sguardo sulle candele, senza
vederle realmente, gli occhi che riflettevano un bagliore rosso cupo.
Sapeva
che chiunque altro, al suo posto, sarebbe stato travolto da un torrente di emozioni: paura, ansietà, incertezza…con l’unico
risultato di agire senza pensare e fare qualcosa di sbagliato.
Ma
Douglas era tutt’altro che emotivo: aveva sempre affrontato ogni ostacolo o
problema con la solita fredda lucidità, senza mai lasciarsi sopraffare dalle
emozioni. E poi, a che servivano? Solo a confondere le
idee. Tutto sommato era meglio non averne. Sua madre
non aveva mai fatto mistero delle sue origini: gli aveva spiegato cosa era
accaduto quando aveva appena sei anni. Bè, aveva dovuto
farlo, dal momento che Douglas aveva cominciato a chiederle perché aveva quella
cosa tatuata sul polso e perché doveva sempre tenerla coperta dall’orologio.
Così gli aveva raccontato ogni cosa una fredda sera di gennaio, mentre erano
seduti di fronte al focolare. Douglas non era stato particolarmente colpito
dalla scoperta, si era limitato ad osservare che gli serviva un orologio nuovo
per nasconderlo, visto che il suo era diventato troppo piccolo. Nadja non era
rimasta sorpresa dalla reazione pacata del figlio: del
resto lui era diverso dagli altri, bastava conversare con lui solo per pochi
minuti per capirlo.
Douglas
sbatté le palpebre, smettendo per un momento di fissare le candele e cominciando
a scarabocchiaredistrattamente su un
pezzo di pergamena. Era inutile preoccuparsi adesso, sarebbe servito solo a
distrarlo dallo studio, e lui intendeva evitarlo a tutti i costi: era un
ragazzo ambizioso, enon voleva
compromettere i suoi ottimi risultati scolastici comportandosi in maniera
troppo emotiva. Si sarebbe limitato a attendere
istruzioni da sua madre, poi le avrebbe seguite lucidamente, senza scenate da
povero martire. Punto.
Intinse
di nuovo la penna nel calamaio e, quasi senza rendersene conto, scrisse un
nome- quello che teoricamente era il suo
vero nome, che tuttavia non aveva mai usato e che gli suonava estraneo. Lui
era Douglas, Douglas McKnight. Punto e basta. Gettò la pergamena nelle braci
che ancora ardevano nel caminetto e tornò verso il dormitorio. La pergamena fu
rapidamente divorata dalle fiamme, ma per un istante il nome che Douglas aveva
vergato comparve in lettere di fuoco:
Salazar T. Riddle
Alastor ‘Malocchio’ Moody dovette fare forza su sé stesso per
aprire gli occhi (o meglio, l’occhio: il suo occhio magico era poggiato sul
comodino lì accanto). Gli sembrava che la palpebra pesasse una tonnellata. Ma che accidenti…?
Ah,
già, ora ricordava. Quella dannata canaglia di Barty Crouch Jr…
Finalmente
Moody riuscì ad aprire l’occhio ed emise un grugnito. “La mia testa…”
“Bentornato
fra noi, Alastor” disse una voce fin troppo nota.
Moody batté le palpebre- la palpebra-
e cercò di mettere a fuoco la figura seduta sulla sponda del letto. “Silente…è
lui, Crouch…quella lurida canaglia…mi ha…” tentò di alzarsi, ma Silente gli
fece cenno di non muoversi.
“So
già tutto, Alastor, non temere. Crouch è già stato smascherato...ma troppo
tardi, purtroppo.”
“Dimmi
tutto” ringhiò Moody.
Dopo
che Silente lo ebbe messo al corrente degli ultimi
avvenimenti, l’Auror annuì. “E così è tornato…ti devo
confessare che la cosa non mi sorprende più di tanto. Me lo sentivo nelle ossa
che alla fine sarebbe successo. Si torna a caccia, eh?”
“Temo
proprio di sì” intervenne Arthur Weasley, entrando in infermeria “abbiamo già contattato tutti i membri dell’Ordine.”
Moody
gli rivolse un sorriso storto. “Molto bene, non vedo l’ora di cominciare.”
L’ombra
di un sorriso comparve sulle labbra di Silente. “Lo immaginavo.”
“A
proposito” disse Moody “non credi sia il caso di
avvertire il ragazzo?”
Il
signor Weasley scosse il capo. “Forse non hai afferrato bene, Moody…Harry era lì quando Tu Sai Chi è risorto. Sa già tutto.”
“Non
lui” ringhiò Moody, senza neanche voltarsi a guardarlo “intendo l’ altro ragazzo.”
“L’altro
ragazzo?” chiese il signor Weasley, confuso “aspettate
un momento…quale altro ragazzo?”
Silente
si strinse nelle spalle. “E’ una lunga storia, Arthur, ti
spiegherò più tardi. In ogni caso, Alastor, se Voldemort…suvvia, Arthur,
un po’ di controllo…se ha usato il Marchio Nero per chiamare a sé i
Mangiamorte, il ragazzo lo avrà sentito di sicuro.”
In
quel momento Madama Chips si avvicinò al letto. “Mi hanno detto che c’è una
donna che chiede di voi, professore” disse rivolta a Silente “una certa Nadja
McKnight. Vi consiglio di andare…e di lasciar riposare il mio paziente.”
Silente
annuì. “Ecco, appunto” disse tranquillamente, alzandosi dalla sponda del letto
e facendo cenno al signor Weasley di seguirlo “vieni, Arthur…strada facendo ti spiegherò ogni cosa.”
Mentre
usciva dall’infermeria Silente si volse indietro per
un istante, e sorrise fra sé nel vedere che Moody stava cercando in tutti i
modi di impedire a Madama Chips di cacciargli in bocca un enorme blocco di
cioccolato.
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
Seduta
nello studio di silente, Nadja stava decisamente
cominciando a sentirsi a disagio: non si sentiva tranquilla nei posti che le
erano poco familiari, e tutti quei dipinti che la squadravano con curiosità
senza dire una parola non la aiutavano di certo. La donna fissò lo sguardo
sulla scrivania del Preside, sforzandosi di ignorarli, mentre una ruga di
preoccupazione le solcava la fronte. Fino a quel momento non si era realmente
soffermata a pensare alla situazione in cui si trovava: dopo aver ricevuto la lettere di Douglas il suo cervello si era come inceppato.
Aveva agito meccanicamente, secondo un piano prestabilito molto tempo prima in
caso di emergenza: aveva lasciato la casa in Irlanda
dove viveva sotto falso nome senza dire nulla a nessuno ed era tornata in
Inghilterra appena aveva potuto, poi si era precipitata ad Hogwarts per
avvertire Silente.
Nadja
si mordicchiò il labbro, pensierosa, e rilesse la lettera che suo figlio le
aveva scritto da Haven, la scuola di magia e
stregoneria che frequentava in Irlanda. Era breve e concisa, lievemente
formale, assolutamente priva di emozioni. Rilesse
l’ultima parte:
...tuo figlio,
Douglas.
Era
così che concludeva tutte le sue lettere. Nessun ‘con affetto’ o ‘ti voglio bene’, come Nadja ricordava di
aver scritto ai suoi genitori quando era lontana da loro. Solo ‘tuo figlio’. Né tantomeno affrontava mai dei temi personali: si limitava
a scriverle dei suoi voti (sempre eccellenti, fra l’altro) e dei suoi progressi
nello studio. In fin dei conti, Nadja sapeva poco o nulla di come suo figlio
passava le giornate a scuola. Tutto ciò che conosceva erano le sue
ambizioni…bè, di sicuro quelle non gli mancavano. Talvolta Nadja era
preoccupata dall’ ambizione del figlio: la maggior
parte dei genitori che conosceva, sia maghi che Babbani, non facevano che
lamentarsi del fatto che i figli sembravano più propensi a divertirsi che
lavorare seriamente per ‘trovarsi un buon posto nella società’. Lei, al
contrario, aveva qualche problema nel moderare le ambizioni di Douglas.
Douglas
era seriamente determinato a costruirsi un futuro brillante, e considerava lo
studio fondamentale per diventare Qualcuno. Voleva che la gente lo riconoscesse
per strada e lo indicasse dicendo: “Quello è Douglas McKnight, lo sai? Proprio quel Douglas McKnight, ma ci pensi…”
Non
sapeva ancora cosa avrebbe fatto, ma di una cosa era certo: in un modo o
nell’altro, non sarebbe mai stato una persona comune.
Per quanto amasse suo figlio e sapesse che di natura non era malvagio, Nadja
era giunta ad averne quasi paura: avrebbe ricordato per sempre ciò che le aveva
detto l’estate precedete quando, nel vederlo chino sui libri
tutto il giorno, gli aveva espresso la sua preoccupazione.
“Oh,
madre, ma a cosa serve una vita senza ambizioni? Guarda” aveva detto indicando fuori dalla finestra, gli occhi iniettati di sangue, una
luce folle sul viso pallido “guarda la gente per strada, madre. Possono essere
maghi o Babbani: che importa? Chi li conosce? Cosa hanno mai fatto, o cosa
faranno mai, perché i loro nomi vengano ricordati? Vuote, inutili marionette che si muovono sul volgare palcoscenico
delle loro piccole e meschine certezze: negli anni a venire sarà come se
nessuno di loro fosse mai esistito. E sarà giusto così: o è forse giusto
che gli ottusi abbiano le stesse cose dei furbi, i deboli le
stesse cose dei forti? Non guardarmi così, madre: tutti hanno l’opportunità di
fare qualcosa per cui essere ricordati. C’è chi sa
coglierla e chi no. La maggior parte delle persone non riesce neppure a
vederla, e continuano la loro piccola, vuota, monotona esistenza come se nulla
fosse. Vuoi forse che anch’io abbassi la testa e faccia come loro? Io, che ho
le potenzialità, il potere per fare grandi cose? C’è forse qualcosa che conti,
alla fine, oltre al potere? Gli affetti, le emozioni…sono deboli ed effimere, madre, destinate a sparire. Tutto giunge ad una
fine: che senso ha affezionarsi a qualcosa, se sai che un giorno ti verrà strappato? Ma il potere, madre…il potere vive per sempre,
ed è attraverso il potere che diventiamo immortali. Ed
è questo che io voglio essere: sì, immortale!”
Dopo
quelle parole Douglas era rimasto a fissarla per
qualche secondo, ansante, poi aveva sorriso. “Ti prego di perdonare la mia irruenza,
madre” aveva detto tranquillamente, mettendo via i libri “forse hai ragione, ho passato troppo tempo sui libri, e sono molto stanco.
Penso che andrò a dormire. Non pensare a quanto ti ho detto
stasera. Non so nemmeno io cosa mi sia preso.
Ti prego di dimenticare le mie parole.”
Poi
era uscito dalla stanza, senza aggiungere una parola.
Dopo
quella volta Douglas non aveva più parlato in quel modo. Era tornato ad essere
il solito, vecchio Douglas: un ragazzo ambizioso e un po’ cinico, incapace di
rivelare al prossimo sentimenti di qualunque genere,
ma non malvagio. Nadja aveva cercato di dimenticare le parole di pietra
pronunciate da suo figlio, ma non ci era riuscita. In
un angolo della sua mente sapeva che quel giorno non era stato il suo Douglas a
parlare. Era stata quell’ombra che talvolta intravedeva dietro i suoi occhi, la
parte più nascosta e inaccessibile del suo cuore: per un istante, Douglas
McKnight era davvero stato Salazar Riddle.
“Buongiorno,
signorina Dashwood” disse Silente, distogliendola dai suoi cupi pensieri “o
forse sarebbe più corretto dire ‘signora McKnight’?”
Silente
era entrato silenziosamente nel suo studio seguito da un uomo alto e coi capelli rossi. A giudicare dall’espressione incredula
con cui la guardava, Silente doveva avergli parlato di lei. Nadja si alzò in
piedi.
“Come
preferite, professore. Mi spiace disturbarvi, ma…”
“Salazar
ha sentito bruciare il Marchio Nero” concluse tranquillamente Silente,
invitandola a sedersi di nuovo “sì, lo immaginavo.”
Nadja
sussultò. “Come sapete…”
Silente
si accomodò dietro la scrivania, facendo cenno al signor Weasley di sedersi
sull’ultima sedia rimasta libera. “Il Signore Oscuro è
tornato” disse tranquillamente “l’altra notte.”
La
donna impallidì. “Avevo temuto…il Marchio…ma voi come fate a sapere che è
tornato?”
“Mettetevi comoda e vi spiegherò ogni cosa.”
“Mio
Dio…” fu tutto ciò che Nadja riuscì a mormorare quando Silente ebbe finito di
raccontare cosa era avvenuto la notte in cui Voldemort era tornato. Tirò un
respiro profondo, cercando di non tremare.
“Ovviamente”
proseguì Silente in tono pacato “il suo ritorno può
significare solo guai per voi…e soprattutto per vostro figlio. Voldemort non
rinuncerà facilmente al suo erede, e farà di tutto pur di rintracciarlo. Temo
per la vostra incolumità, e soprattutto per quella di Salazar…”
“Douglas”
lo corresse lei, senza riflettere.
“Chiedo
scusa. Dicevo, se Voldemort dovesse trovarlo lo renderebbe
come lui. La sua abilità nel corrompere le menti è molto grande.”
Nadja
lo guardò dritto negli occhi. “Cosa posso fare per
impedirlo?”
“Per
come la vedo io c’è una sola situazione” disse Silente “voi dovete mettervi
sotto la protezione dell’Ordine della Fenice, e il ragazzo…dovrà essere
trasferito qui ad Hogwarts in modo che possa tenerlo
sempre d’ occhio. So che sarà difficile cambiare di nuovo la vostra vita, ma è
necessario.”
La
donna si limitò ad annuire. “Sono pronta a fare qualunque cosa mi chiediate, purché serva ad impedire a quel…quel mostro…di
distruggere la vita di Douglas. Quando ci dobbiamo…trasferire?”
“Sarà
meglio che voi vi fermiate qui a Londra fin da ora. Manderò qualcuno a prendere
la vostra roba. Per quanto riguarda Sal…Douglas, sarà
opportuno che venga a Londra non appena terminato l’anno scolastico. Studia ad Haven, in Irlanda, giusto?”
“Sì.”
“Un’ ottima scuola, quella. Scommetto che è un ottimo
studente.”
Le
labbra di Nadja si piegarono in un pallido sorriso. “Sì, lo è. Forse anche
troppo.”
Silente
le scoccò un’occhiata penetrante, poi decise di
cambiare discorso. “In ogni caso sono certo che si troverà bene anche qui ad Hogwarts. Abbiamo degli ottimi insegnanti e siamo certi
che potremo insegnargli ad adoperare le sue facoltà
nel modo migliore. Le consiglio di scrivergli al più presto, è necessario che
sappia del trasferimento quanto prima.”
“Lo
farò” promise Nadja. Silente annuì, soddisfatto, poi spostò lo sguardo sul mago
dai capelli rossi che era rimasto in silenzio per
tutto il tempo, a quanto pareva troppo sbalordito per parlare.
“Arthur,
mi rendo conto che ciò che hai sentito nell’ultima mezz’ora ti ha alquanto
scombussolato, ma credo sia meglio che tu vada a riferire all’Ordine che la
signorina Dashwood verrà ospitata a Grimmauld Place.
Spiega il motivo…sempre che voi non abbiate nulla in
contrario, ovviamente.”
Nadja
scosse semplicemente il capo.
“Molto
bene, allora…ah, dimenticavo…avverti tuo figlio, Harry
e la signorina Granger che a settembre avranno un nuovo compagno di dormitorio.
Più tardi andrò a spiegargli perbene la situazione.”
Il
signor Weasley, che aveva l’aria di non capire nemmeno dove si trovava, si
limitò ad annuire ed uscì dallo studio di Silente, barcollando appena.
“Vi prego di scusarlo, è stata una giornata difficile
per tutti, ed è comprensibile che sia sconvolto. Vedrete che gli passerà. Per
quanto riguarda vostro figlio, provvederò personalmente affinché finisca a
Grifondoro. Viste le circostanze, a Serpeverde non avrebbe la…compagnia più
adatta. E poi, più i ragazzi saranno uniti meglio sarà
per tutti. Hanno un nemico in comune da combattere.”
Douglas aggrottò la fronte, leggendo la lettera di sua
madre. E così il vecchio aveva deciso di farlo trasferire ad
Hogwarts. Peccato, non era poi tanto male lì ad Haven:
era riuscito a conquistarsi la stima dei professori, e aveva anche alcuni buoni
amici…pazienza, avrebbe saputo fare lo stesso ad Hogwarts.
Accarezzò distrattamente la testa squamosa del grosso
cobra che riposava avvinghiato sulle sue spalle. Parlò, ma anziché parole dalle
sue labbra uscì un sibilo. “Mi domando che faccia farà Harry Potter quando
saprà di me...tu che ne pensi, Raksha?”
Il serpente allargò il cappuccio e rispose con un
sibilo che solo Douglas poteva comprendere, facendo saettare la lingua
biforcuta.
Credo proprio
che gli verrà un infarto, ragazzo mio.
Douglas ridacchiò. “Sono d’accordo.”
“Ehilà, Doug” disse Jeremy Brewer, entrando nel
dormitorio insieme a Sean Preston “con chi stai
parlando?”
“Oh, nulla…sto solo ripetendo la lezione” mentì
Douglas. Non era il caso di far sapere in giro che era un Rettilofono.
Sean scosse il capo. “Tu studi troppo, Doug. Dovresti
muoverti di più…divertirti.”
“Forse hai ragione. Ah, mi è arrivata una lettera da
casa. Mia madre ha da fare a Londra. Mi trasferirò in Inghilterra fra due
settimane, e l’anno prossimo andrò ad Hogwarts.”
“Stai scherzando?”
“Mi hai mai visto scherzare?”
“Accidenti, mi dispiace che te ne vada” disse Jeremy
“sei un tipo un po’ strano, ma tutto sommato non sei tanto male.”
Detto da Jeremy era davvero un complimento. “Grazie.
In ogni caso prometto che vi scriverò ogni settimana: Eustace non ha problemi a
fare lunghi viaggi.”
“Lo spero proprio, sai” fece Sean, dandogli una pacca
sulla spala “e sai che ti dico? L’ultimo giorno di
scuola daremo un festino di addio qui nel dormitorio e
ci sbronzeremo cometegole, alla faccia
del regolamento! Che ne pensi?”
“Che al preside Colson verrà
un colpo.”
“E al diavolo il preside!”
rise Jeremy, poi tornò serio. “Ci mancherai, amico.”
Suo malgrado, Douglas sorrise. “Anche
voi mi mancherete” disse.
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
“CHE COSA?” esplose Harry. Ron ed Hermione fissavano il
preside a bocca aperta.
“Sì,
mi aspettavo una reazione del genere” disse Silente, serafico “ma credevo che
Arthur vi avesse già detto…”
“Papà
ci ha solo accennato qualcosa a proposito di un nuovo compagno di dormitorio,
non ci ha detto ci chi si sarebbe
trattato” esclamò Ron “ora capisco perché sembrava
così sconvolto!”
“Sì,
è comprensibile che questa notizia vi sorprenda…”
“Più
che sorprendermi mi ha sconvolto” borbottò Harry. Iniziava a provare qualcosa
di diverso dalla paura e dalla confusione: rabbia. Non ne poteva più di notizie
e avvenimenti sconvolgenti: tutto ciò che voleva era poter uscire da quella
storia e vivere la sua vita come qualunque altro ragazzo normale. Ah, già, ma
lui non era ‘normale’, giusto? A lui non era concesso questo lusso.
“…ma
c’è un ottimo motivo per cui quel ragazzo deve venire
qui ad Hogwarts” proseguì Silente “non posso permettere a Voldemort di
trovarlo, per nessuna ragione al mondo. Se riuscisse a
renderlo come lui…”
Tenne
la frase in sospeso, e un pesante silenzio scese nella stanza. Hermione fu la
prima a parlare. “Credete che sia proprio…necessario…metterlo in dormitorio con
noi…cioè, con Ron ed Harry? Insomma, nessuno di noi lo
conosce bene, e non possiamo essere certi che non…bè…”
“Che non tenti di colpire Harry? Su questo hai
ragione, non conosco il ragazzo. Ma c’è un motivo ben preciso per cui voglio che restiate uniti, e non è solo per
combattere Voldemort. Devo confrontare attentamente lui ed Harry.”
Harry
aggrottò la fronte. “Confrontarci? E perché?”
Silente
parve esitare un istante, poi scosse il capo. “Mi
dispiace, Harry, ma non è opportuno che tu sappia troppe cose, almeno per il
momento. Un giorno lo saprai, ma per ora è meglio di no.”
“Ma…”
“E’
per il tuo bene, credimi” tagliò corto Silente “potete andare.”
Silente seguì con lo sguardo i tre ragazzi che
uscivano dal suo studio, discutendo animatamente. Scosse il capo, inquieto.
Forse aveva fatto male a tacere, Harry aveva il diritto di sapere, e anche Douglas…no,
era meglio così: sarebbe stato un peso troppo grande da sopportare. Un
giorno…sì, un giorno avrebbe detto tutto. Ma non ora.
Douglas
chiuse libro di Incantesimi Oscuri che aveva rubato
nella sezione proibita della biblioteca di Haven e guardò fuori dal finestrino
del treno, osservando la grigia campagna inglese, così diversa dalla
lussureggiante distesa verde che era l’Irlanda. Era in viaggio da parecchio:
prima aveva preso una nave dall’Irlanda (e aveva scoperto nella maniera
peggiore di soffrire il mal di mare), poi aveva attraversato mezza Inghilterra
prendendo tre treni diversi. Il vecchio aveva insistito affinché viaggiasse da
solo e come un Babbano, senza adoperare mezzi magici. Sosteneva che era più
sicuro. Secondo la modesta opinione di Douglas era solo più scomodo.
Il
ragazzo infilò la mano in tasca, come per assicurarsi che la bacchetta fosse
ancora lì. Aveva preferito tenerla a portata di mano, per sicurezza. Non era
ancora molto bravo con le Maledizioni Senza Perdono e doveva assolutamente perfezionare
l’Avada Kedrava (ancora non riusciva ad uccidere nulla di più grande di un
topo), ma conosceva sortilegi a sufficienza per dare del filo
da torcere ad un mago adulto…il che, considerato che mancava ancora un
mese e mezzo al suo quindicesimo compleanno, era un bel traguardo. La tirò
fuori e la lucidò con la manica della camicia. Era affezionato alla sua
bacchetta: il giorno in cui era andato ad acquistarla ci aveva messo ore a
trovarne una adatta per lui, ma alla fine l’aveva
trovata. Un bell’acquisto: dodici pollici, legno di quercia e
corde di cuore di drago. Perfetta per incantesimi potenti, ottima per le
maledizioni.
“Altro
caffè, tesoro?” domandò una grassa inserviente, facendo capolino nello
scompartimento per la quarta volta nel giro di due ore. A quanto pareva lo
aveva preso in simpatia.
“Sì,
grazie” rispose il ragazzo, rimettendo in fretta la bacchetta in tasca. A dire
il vero non sopportava quella brodaglia bollente, ma non voleva addormentarsi e
abbassare la guardia. E poi aveva ancora addosso i
postumi della sbornia presa tre giorni prima, al festino di addio organizzato
da Sean…un tipico festino irlandese. Mentre
l’inserviente gli versava il caffè, Douglas infilò una mano in tasca per
prendere il denaro. Accidenti, che confusione con quelle stupide monete
babbane…
“Oh,
non preoccuparti per i soldi” disse la donna, tendendogli il caffè “offre la
casa, ne hai bisogno.”
Douglas
fece una smorfia, prendendo il bicchiere. “Ho un aspetto così spaventoso?”
L’inserviente
rise. “Diciamo che hai l’aria di non dormire da una settimana.”
“Ci
siete andata vicino” commentò cupamente il ragazzo,
costringendosi a bere. Aveva sperato che la donna se ne andasse,
ma quella non accennava a muoversi.
“Secondo
me avresti bisogno di una bella dormita, tesoro”
cominciò, con un aria materna che gli fece venire voglia di vomitare “sei così
pallido…e hai gli occhi infiammati per la stanchezza…”
Douglas quasi si strozzò col caffè. Occhi infiammati? Ma che
diavolo stava…ah, giusto, gli occhi rossi.
“O
forse è colpa del gatto…” proseguì imperterrita la donna, guardando il grosso
gatto nero che li fissava dalla gabbia con aria seccata “sai, potresti essere allergico al pelo e non saperlo. Talvolta
capita. Dovresti chiedere ai tuoi genitori di farti fare
qualche controllo medico, non si sa mai...ma a proposito, dove sono i tuoi
genitori? Come mai sei in viaggio da solo?”
Ma quella
era pagata per servire i passeggeri o per mettere il becco nei loro affari?
“Sto
andando da mia madre”tagliò corto Douglas. Fra l’altro non stava nemmeno
mentendo.
“Capisco.
E tuo padre?”
Douglas
sentì qualcosa scattargli nello stomaco, per un attimo
dovette fare forza su sé stesso per impedirsi di tirare fuori la
bacchetta scagliarle una maledizione. “E’ morto” disse freddamente.
“Oh.”
La grassona prese a tormentarsi il grembiule, a disagio. Uno a zero per
Douglas.
“Bè…ora
devo proseguire il mio giro. Buona giornata” disse in fretta la donna, prima di
filare fuori dallo scompartimento.
“Era
ora, non se ne andava più!” esclamò il ragazzo in Serpentese,
rivolto al gatto. Il felino lo guardò storto, e un sibilo furibondo uscì dalle
sue fauci.
Non rivolgermi nemmeno la parola, Douglas.
Giuro che questa me la paghi!
“Non
fare così, Raksha, sai che nemmeno io avrei voluto trasfigurarti…”
Però lo hai
fatto! Che nervi, tutto questo pelo…non faccio altro
che starnutire! Non avrei mai creduto di poter diventare allergica a me stessa!
“Non
ho potuto fare altrimenti, viaggiando con un cobra avrei attirato troppo
l’attenzione.”
E allora
perché non hai trasformato Eustace in un canarino, già che c’eri?
Douglas
finse di riflettere. “Uhm, vediamo…perché Eustace è già a Londra? E comunque stai tranquilla, appena possibile ti farò tornare
come prima…forse. Dipende fa come ti comporterai.”
Certe volte ti detesto,
lo sai?
Prima
che il ragazzo potesse replicare gli altoparlanti
entrarono in funzione. “Avvertiamo i gentili passeggeri che fra venti minuti il
treno effettuerà la fermata alla stazione di King’s
Cross a Londra” annunciò una voce femminile “ripeto: avvertiamo i gentili
passeggeri…”
Douglas
emise un sospiro di sollievo. “Finalmente, non ne
potevo più di stare in treno!”
Raksha
starnutì.
Non parlarmene…
“Mi
sembrate nervosa” commentò Silente, osservando Nadja.
Non faceva altro che tormentarsi il labbro inferiore e scrutare in mezzo al
fiume di persone che si riversava nella stazione.
“Io…sì,
un po’. Non vedo mio figlio dall’estate scorsa, sapete.”
“Neanche
durante le vacanze di Natale?”
Nadja
scosse il capo. “No, lui ha voluto passare le vacanze di Natale a scuola
per…‘approfondire degli argomenti’. Non so a che argomenti si riferisse.”
Silente
aggrottò le fronte. “Capisco” disse semplicemente, poi
spostò lo sguardo sul treno che era appena arrivato. Notando gli sguardi
incuriositi che gli lanciavano i Babbani, intuì che doveva aver sbagliato
qualcosa nel travestimento. “Questi Babbani” mormorò fra sé
“sono così dannatamente difficili da imitare…”
“Permesso…”Douglas,
carico di bagagli fino all’inverosimile e con la gabbia di Raksha sotto un
braccio, riuscì a scendere dal treno evitando di essere calpestato dalla folla
di Babbani che premevano per scendere e si guardò intorno. Non gli ci volle
molto ad individuare sua madre, dal momento che accanto a lei c’era un vecchio
che dava decisamente nell’occhio…probabilmente Silente.
Era evidente che nessuno gli aveva mai spiegato bene
il modo di vestire dei Babbani: indossava un paio di pantaloni di un assurdo
colore viola, una maglietta con sopra scritto ‘Sono Troppo Forte’ in caratteri
dorati e una cravatta gialla a pallini verdi.
Nel
complesso sembrava un povero mentecatto. Bè, se erano le prime impressioni
quelle che contavano…
“Douglas!”
Prima
ancora che Douglas potesse rendersene conto si ritrovò
sua madre letteralmente attaccata al collo, che blaterava a proposito di quanto
fosse felice di vederlo, di quanto fosse stata in ansia e i quanto era
cresciuto. Douglas lo trovava un comportamento alquanto seccante e decisamente inopportuno.
“Madre,
non credo che questo sia il momento opportuno” protestò,
cercando di scrollarsela di dosso nella maniera più dignitosa possibile “siamo
in mezzo ad una stazione!”
Sua
madre sospirò, staccandosi da lui. “Scusa, tesoro, dimenticavo
che con te gli abbracci sono vietati. Oh, lui è Albus Silente, il preside di
Hogwarts.”
Gli
occhi rossi di Douglas incontrarono quelli azzurri di Silente, e il ragazzo dimenticò
immediatamente quanto fossero ridicoli i vestiti che
indossava. Gli occhi di Silente erano incredibilmente penetranti, e al ragazzo
parve quasi che il mago più anziano potesse leggergli nell’anima. C’era una
tale aura di potere intorno a lui che, per la prima volta in vita sua, Douglas
si sentì a disagio. Leggermente a
disagio, si sarebbe corretto più tardi.
“Molto
bene” disse Silente, tendendogli la mano “tu sei Salazar, non è vero?”
Il
ragazzo fece per correggerlo, poi cambiò idea. In fondo, che lo chiamasse Douglas o Salazar faceva poca differenza.
“Sì, sono io” disse, stringendo la mano di Silente “lieto di fare la vostra
conoscenza, professore.”
“Il
piacere è tutto mio, ragazzo. So che sei uno studente molto dotato…sono certo
che ti troverai bene ad Hogwarts” disse Silente,
scrutandolo da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.
Douglas
sorrise fra sé, compiaciuto. Non era un modesto, e sapeva di essere
dotato-molto dotato, a dirla tutta.
“Grazie, signore” rispose “non vedo l’ora di cominciare.”
“Ne
sei sicuro?”
Codaliscia
annuì. “Sì, mio Signore” disse, chinando il capo “sappiamo
per certo che il ragazzo ha lasciato l’Irlanda…probabilmente è da qualche parte
in Inghilterra. Crediamo che in qualche modo ci possa essere lo zampino di
Silente…”
Gli
occhi color sangue di Lord Voldemort scintillarono
nell’oscurità. “Oh, sì, questo lo credo anch’io… quello sciocco vuole
proteggerlo…spera che tenerlo lontano da me sarà sufficiente…ma si sbaglia. Oh,
come si sbaglia…e quando se ne renderà conto sarà troppo tardi” una fredda,
vuota risata risuonò nella stanza buia. Codaliscia
rabbrividì.
“Questa
volta non sarà come proteggere Harry Potter” proseguì Voldemort “perché Salazar
non è come lui…oh, no, è molto più di lui. E’mio figlio, e il mio erede: il sangue di Serpeverde gli
brucia nelle vene. Sarà lui stesso a consegnarsi all’oscurità. Silente può
anche proteggerlo da me…ma non potrà mai proteggerlo da sé stesso!”
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
“Molto
bene” disse Silente, guardandosi intorno nella crescente oscurità della sera
“il Nottetempo dovrebbe essere qui a momenti.”
Douglas
fece vagare lo sguardo sulla strada, ma non vedeva assolutamente nulla di
particolare. “Il Notteche?”
BANG!
Un
autobus viola a tre piani comparve praticamente dal nulla inchiodando a pochi
centimetri da Douglas, rischiando di provocargli un infarto. “Ma che diavolo…”
La
portiera si aprì di scatto, e un giovanotto brufoloso si sporse verso di loro.
“Buonasera e benvenuti sul Nottetempo” disse, cominciando subito a caricare i
bagagli di Douglas “io mi chiamo Stan Picchetto, e sarò il vostro bigliettaio
per stasera. Dove dovete andare?”
“A
Grimmauld Place, grazie” disse Silente, tendendogli alcune monete e facendo
cenno a Douglas e Nadja di salire.
“Ah,
il Nottetempo…” commentò Nadja “è passato tanto tempo da quando ci sono salita
l’ultima volta…è sempre Ernie Urto che guida, vero?”
Stan
annuì vigorosamente. “Oh, certo. Ernie è il nostro migliore autista.”
“Se
questo è il vostro migliore autista non oso immaginare come dev’essere il
peggiore” borbottò Douglas.
“Hai
detto qualcosa, ragazzo?” chiese il bigliettaio.
“Oh,
niente. Assolutamente niente.”
“Molto
bene, i bagagli sono a bordo.. puoi andare, Ernie!”
BANG!
Conoscendo
le vertiginose partenze del Nottetempo sia Silente che Nadja si tennero ben
saldi, mentre il povero Douglas fu colto impreparato dallo scatto e cadde
all’indietro, rotolando praticamente per tutta la lunghezza dell’autobus.
“Ouch!”
Silente
gli sorrise come per scusarsi. “Oh, forse avremmo dovuto avvertirti…la velocità
media del Nottetempo è sui centocinquanta chilometri orari.”
“L’ho
notato…”borbottò Douglas, sentendosi avvampare. Detestava fare la figura
dell’idiota.
“Ti
sei fatto male?” domandò ansiosamente Nadja. Il ragazzo scosse il capo.
“No,
tutto a pos…”
BANG!
Il
Nottetempo frenò di colpo, per far salire un altro paio di passeggeri. Douglas,
che si era appena rialzato, cadde in avanti atterrando di faccia sul pavimento.
“Porco
mondo…”
Ma
quello come aveva avuto la patente, per corrispondenza?
“Ehi,
ragazzo” chiese uno dei passeggeri che stavano salendo “che ci fai per terra?
Sei caduto?”
“No,
stavo assaggiando il pavimento” bofonchiò il ragazzo, alzandosi.
BANG!
Questa
volta Douglas fu abbastanza rapido ad aggrapparsi ai sostegni, evitando di
finire un’altra volta sul pavimento. A causa del rumore causato dalla brusca
partenza Silente non poté afferrare con precisione tutti gli epiteti con cui
Douglas stava investendo il conducente, ma poteva immaginarseli. Un sorrisetto
comparve sotto la sua barba.
BANG!
La
frenata fu così brusca che Douglas sentì uno strappo alle braccia, ma riuscì a
mantenere la presa sul sostegno.
“Siamo
arrivati a Grimmauld Place” annunciò Stan Picchetto “grazie per aver viaggiato
con noi.”
“E’ un errore che non ripeterò più” mugugnò Douglas.
Sua madre si affrettò a trasformare la risata in un attacco di tosse.
“Numero
dodici, numero dodici…”mormorò Silente, procedendo lungo la fila di case “ah,
eccolo qui.”
In
un istante un edificio decrepito e decisamente sporcocomparve fra due case. Silente aprì il
portone ed entrò, seguito da Nadja e da Douglas. Silente richiuse il portone,
sprofondandoli nell’oscurità più totale.
“Lumos”
mormorò il mago. Una potente luce si accese sulla punta della sua bacchetta, e
il ragazzo vide che di fronte a loro c’era una scalinata di pietra. “Da questa
parte, tesoro” disse sua madre, iniziando a salire le scale. Douglas li seguì,
trascinandosi dietro a fatica i bagagli. Erano appena a metà della scalinata
quando si udì un strillo talmente potente che Douglas quasi lasciò cadere i
bagagli per tapparsi le orecchie.
“Vooooooi!”
ululò una voce stridula “voi, luridi ibridi mezzosangue, feccia indegna! Come
osate insudiciare la casa dei miei padri…”
“Oh,
no, non di nuovo…” commentò Nadja, alzando gli occhi al cielo. Silente corse di
sopra e Douglas lo seguì a ruota, curioso di vedere cosa stava succedendo.
Lo
spettacolo che gli si presentò davanti era quantomeno curioso: ad urlare era
una vecchia all’interno di un quadro, e nell’ingresso c’erano una mezza dozzina
di persone (fra cui una giovane donna con degli sconcertanti capelli verdi) che
tentavano in tutti i modi di richiudere le tende di fronte al quadro.
Silente
sollevò la bacchetta pronunciando una formula che Douglas non riuscì a sentire,
e le tendine si richiusero di fronte al quadro. Le urla delle vecchia si
spensero praticamente all’istante.
“Oh,
Silente!” esclamò uno di loro, un tizio alto e magro con lunghi capelli neri
“meno male che sei arrivato, stavolta non riuscivamo proprio a…” si interruppe
di colpo, guardando Douglas. Anche gli altri si zittirono, e fissarono il
ragazzo con una tale intensità che a Douglas venne il dubbio di avere la
cerniera dei pantaloni abbassata.
“Bene,
bene” Alastor ‘Malocchio’ Moody di avvicinò a Douglas, entrambi gli occhi
puntati su di lui “e così tu sei Salazar Riddle, dico bene?”
“Sì,
signore.”
“L’ultima
volta che ti ho visto non eri più grande di un soldo di cacio. Sei cresciuto
parecchio, sai.”
Douglas
fece una smorfia. “Bè, lo spero bene!”
Moody
emise un verso che somigliava vagamente ad una risata. “Però, hai spirito”
commentò, mentre l’occhio magico gli ruotava nell’orbita come impazzito e la
luce metteva in risalto le sue cicatrici e il pezzo di naso mancante “di solito
la gente che mi vede non osa rispondermi.”
Chissà
perché…
In
quel momento Nadja li raggiunse all’ingresso, leggermente ansante, reggendo i
bagagli del figlio. “Capisco che fossi curioso di vedere cosa stava succedendo,
Douglas…ma non è stato molto gentile da parte tua lasciarmi per le scale coi
bagagli, sai?”
“Mi
dispiace, madre” disse il ragazzo, prendendo la sua roba “ma avevo sentito
quelle urla e volevo vedere…a proposito, ma chi è quella vecchia megera?”
“Mia
madre” disse cupamente il tizio magro coi capelli neri.
“Oh”
Douglas ebbe la netta sensazione di aver fatto una gaffe “mi spiace, non
volevo…”
Con
sua grande sorpresa, l’uomo scoppiò a ridere. “Nessun offesa, sono
assolutamente d’accordo con te. E’ davvero una vecchia megera, eh?” disse,
tendendogli la mano “io mi chiamo Sirius Black, e loro sono Remus Lupin,
Ninfadora Tonks…”
“Tonks
andrà benissimo” si affrettò a dire la strega coi capelli verdi.
“…Arthur
e Molly Weasley…oh, e Mundungus, naturalmente.”
Nonostante
i loro tentativi di mostrarsi amichevoli, Douglas capì all’istante di essere
sotto esame. Tanto valeva fare una buona impressione: le buone impressioni
potevano essere molto utili. “Lieto di fare la vostra conoscenza” disse
educatamente.
“E’
vero che hai la lingua biforcuta?” chiese il mago chiamato Mundungus,
scrutandolo con curiosità.
Douglas
sbatté le palpebre. “Chiedo scusa?”
“Nulla”
disse Tonks, dando una gomitata a Mundungus “non fare caso a quello che dice,
il più delle volte è ubriaco. Spero non ti abbia offeso.”
Douglas
si strinse nelle spalle. E perché mai avrebbe dovuto dare peso a ciò che diceva
quella parodia di mago? “No, assolutamente.”
La
donna chiamata Molly Weasley lo scrutò con aria critica. “Mi sembri deperito…da
quant’è che sei in viaggio?”
“Tre
giorni, signora.”
“Santo
cielo, così tanto tempo da solo e con mezzi di trasporto babbani!” il lato
materno della signora Weasley stava cominciando a farsi sentire “devi essere
esausto…e chissà da quanto tempo non fai un pasto decente! Sei così pallido…”
“Ehm…veramente…”
dov’è che aveva già visto quella scena? Ah, giusto…l’inserviente sul treno. Se
non altro non aveva detto che era allergico ai gatti.
“Oh,
non preoccuparti” dichiarò la signora Weasley, trascinandolo letteralmente
verso la cucina “penserò io a prepararti qualcosa da mangiare, prima di tornare
a casa…e non preoccuparti per i bagagli, li farò portare in camera tua. Adesso
devi solo pensare a nutrirti…”
Lupin
non potè fare a meno di sorridere. “Bè, credo che il ragazzo ne avrà per un
po’. Ti consiglio di andare a riposare, Nadja, tuo figlio non poteva capitare
in mani migliori.”
“O
peggiori” disse il signor Weasley “dipende dai punti di vista.”
“Ancora
un po’ di stufato?” chiese la signora Weasley.
Douglas
annuì, mandando giù l’ultimo boccone. Non si era reso conto di avere tanta
fame. “Sì, grazie infinite. E’ tutto squisito.”
La
signora Weasley sorrise, compiaciuta. Non si poteva certo dire che quel ragazzo
non fosse beneducato.
“Oh,
per così poco.”
“Non
essere modesta, Molly” intervenne Silente, entrando in cucina “so che sei un
ottima cuoca. Allora, Salazar, come ti senti?”
“Molto
meglio, signore” disse il ragazzo, mandando giù un po’ di pane “ma credo che mi
resterà qualche livido. Sa, per via del Nottetempo.”
Silente
sorrise. “Sì, la prima volta può essere traumatico, ma vedrai che ci si fa
l’abitudine.”
Douglas
sollevò lo sguardo dal piatto, allarmato. “Vuol dire che dovrò tornarci?”
“Bè,
non è escluso che possa succedere.”
Il
ragazzo si lasciò sfuggire un gemito involontario. Forse i mezzi babbani non
erano poi così male, dopotutto…
“Comunque”
proseguì Silente, sedendosi di fronte al ragazzo “credo sia opportuno metterti
al corrente riguardo un paio di cose. Tanto per cominciare, qui ci sono tre
abitanti fissi: Sirius Black, Remus Lupin e Alastor Moody. Tutti gli altri,
inclusi un altro paio di persone che non sono presenti stasera, passeranno qui
buona parte della giornata. Per quanto riguarda i pasti, sarà la signora
Weasley a cucinare.”
Con
la bocca piena, Douglas annuì.
“Puoi
fare come se fossi a casa tua, ma ovviamente ci sono un paio di regole da
rispettare. Innanzitutto, devi stare lontano dalla cucina quando c’è una
riunione in corso. Spero che non sia un problema.”
“Nessun
problema, signore.”
“Perfetto.
In secondo luogo, non dovrai mai-per nessun motivo al mondo-uscire dal Quartier
Generale da solo. Se vorrai visitare le bellezza di Londra, e ti consiglio
vivamente di farlo, Alastor Moody sarà lieto di accompagnarti.”
“Allora
temo che dovrò approfittare spesso della sua disponibilità. Ho sempre
desiderato poter visitare Londra.”
“Oh,
non sarà un problema. Anzi, probabilmente Alastor farà i salti di gioia nel
sapere che potrebbe incontrare qualche Mangiamorte.”
Douglas
ripensò al volto butterato dell’Auror. Gli piaceva, quel tipo. Gli sembrava di
gran lunga l’individuo più interessante in quel posto. A parte Silente, cioè.
“Non ne dubito.”
Silente
sorrise. “A proposito, so che sei uno studente pieno di interessi.”
“Mi
piace documentarmi, sì.”
“In
tal caso sarò lieto di prestarti qualche libro dalla mia biblioteca personale”
disse il mago, scrutando attentamente Douglas “dimmi, hai qualche interesse in
particolare?”
Douglas
non potè fare a meno di domandarsi se Silente non avesse intuito la sua
attrazione per le Arti Oscure.
“L’Occlumanzia”
disse alla fine. Effettivamente avrebbe potuto essergli molto utile poter
chiudere la mente: era palese che ci sarebbe voluto un po’ per conquistare la
fiducia di chi gli stava intorno, e non poteva escludere che avrebbero tentato
di leggere nella sua mente. Era già un discreto Occlumante, ma non avrebbe
resistito ad un Legimiliens davvero potente.
Silente
parve colpito. “Occlumanzia, eh? Ma guarda un po’…in ogni caso dovrei avere un
paio di libri sull’argomento, e conosco qualcuno che potrebbe…”
“Professor
Silente” intervenne la signora Weasley, mettendo le mani sui fianchi “non
credete che sia meglio lasciarlo riposare? Dev’essere esausto per il viaggio.”
Silente
sorrise bonariamente e si alzò. “Chiedo scusa, Molly, tolgo subito il disturbo.
Prenditi pure tutto il tempo che ti serve per ambientarti, Salazar. E se ti
serve qualcosa non esitare a chiederlo.”
“D’accordo, professore.”
Uscito
dalla cucina Silente scosse il capo un paio di volte, come per scacciare un
pensiero funesto. Ogni volta che i suoi occhi si posavano sul giovane Salazar
gli sembrava di tornare indietro di cinquant’anni, e un paio di volte era stato
sul punto di chiamarlo ‘Tom’. Era sciocco, lo sapeva bene: Salazar non era Tom
Riddle, per quanto potesse somigliargli. Non era Voldemort. Eppure c’era qualcosa di lui, nei suoi occhi… qualcosa
che gli lasciava uno strano senso di inquietudine. Non aveva alcuna intenzione
di giudicare il ragazzo prima di conoscerlo bene, era ingiusto essere prevenuti
nei suoi confronti solo per le sue origini… ma in ogni caso avrebbe tenuto gli
occhi aperti.
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
Harry
Potter rilesse la lettera di Ron ancora una volta.
Harry,
il figlio di
Tu-Sai-Chi è arrivato ieri al Quartier Generale. Il suo nome sarebbe Salazar
Riddle, ma si fa chiamare Douglas McKnight. Io non
l’ho visto (non ho il permesso di andare nel Quartier Generale dell’Ordine), ma
i miei sì. Dovresti sentire come ne parla mia madre: non fa che ripetere quanto
sia beneducato e a lamentarsi perché i suoi figli non sono così. Non so quanto
la sua opinione possa essere valida, visto che basta
parlare in maniera forbita e apprezzare la sua cucina per conquistarsi la sua
benevolenza, ma fra un paio di giorni mio fratello Bill farà un salto al
Quartier Generale, così potremo confidare in giudizio più equilibrato. Spero
che sia davvero un tipo a posto come dice mia madre, perché l’idea di stare in
dormitorio con un pazzo omicida non mi attira neanche un po’.
Ron.
P.S. – i Magnifici Sette hanno
stracciato le Vespe all’ultima partita. Ho scattato
qualche fotografia, te le darò quando ci vedremo a King’s Cross il primo settembre.
Harry
mise via la lettera e guardò fuori dalla finestra.
Apprezzava il tentativo di Ron di tirargli su il morale parlando del Quidditch,
ma non aveva funzionato un granché. Era perseguitato ogni secondo dal pensiero
di Voldemort. Dov’era in quel momento? Cosa stava combinando? Quando
avrebbe colpito?
Il
fatto di non sapere praticamente nulla di ciò che
quell’essere stava combinando gli faceva venire voglia di rompere qualcosa. E adesso, ciliegina sulla torta, non riusciva a distogliere
la mente dal pensiero che si sarebbe trovato il figlio di quel mostro nello
stesso dormitorio per tutto l’anno. Silente poteva anche avere ragione nel
ripetere che il ragazzo non c’entrava nulla coi
crimini commessi da Voldemort, ma non poteva di certo aspettarsi che Harry
facesse i salti di gioia al pensiero di averlo intorno. E
se poi fosse stato davvero un pazzo omicida? In fondo Silente non sapeva nulla
di lui. O forse gli stava tenendo nascosto qualcosa?
In fondo non sarebbe stata la prima volta… Harry iniziò
a lambiccarsi il cervello per l’ennesima volta, ma fu inutile: non riusciva
proprio ad immaginare per quale motivo Silente voleva assolutamente confrontare
lui e il giovane Riddle.
Nel
frattempo, al numero dodici di Grimmauld Place, la signora Weasley aveva
coinvolto tutti in una pulizia generale, che si era in realtà tradotta in una
battaglia senza esclusione di colpi contro gli oggetti all’interno della casa,
per niente disposti a collaborare coi loro tentativi
di rendere quel posto vivibile. E non c’erano dubbi
che la casa fosse in vantaggio di parecchi punti, almeno per come la vedeva
Douglas, che era appena uscito vincitore da un corpo a corpo con un antico
arazzo che aveva deciso di
soffocarlo.
Il
ragazzo si accasciò su una poltrona…solo per alzarsi di scatto quando
quest’ultima tentò di azzannarlo. “Ma che accidenti…”
“Era
la poltrona preferita di mio padre” lo avvertì Sirius, con un’espressione
vagamente disgustata “credo l’abbia stregata per impedire a chiunque altro di
sedercisi.”
“Oh.
E mi dovrò aspettare qualche altra sorpresa del genere?”chiese sarcasticamente “non
so, tipo un copriletto vampiro o un carillon sputafuoco…”
“I
copriletto non hanno denti” commentò distrattamente la signora Weasley,
entrando nella stanza con un sacco all’interno del quale si contorceva
qualcosa. Douglas decise che preferiva non sapere cosa.
“Ma
le poltrone sì, a quanto pare” commentò una voce
fredda.
Douglas
sollevò lo sguardo. Nel vano della porta c’era un uomo alto e magro, con lunghi
capelli scuri, gli occhi neri come il carbone e la pelle chiara, che guardava
Sirius con malcelato disgusto.
“Piton…”ringhiò
Sirius, gli occhi ridotti a due fessure “cosa ci fai
qui?”
“Non
credere che mi trovi in questa topaia di mia volontà, Sirius” replicò Severus Piton, con voce altrettanto velenosa “Silente mi ha
ordinato di precederlo qui. Spero di non disturbare la tua ardita missione da
spazzino.”
Sirius
fece un passo verso di lui, ma Lupin gli mise una mano sulla spalla. “Non è il
caso di litigare” disse in tono mite.
“Sono
d’accordo” intervenne Silente, entrando nella stanza con un paio di libri
sottobraccio “a proposito, Severus…credo che Sirius abbia
dimenticato di presentarti il nostro ospite. Salazar, lui è il Professor
Piton, e sarà il tuo insegnante di Pozioni ad
Hogwarts. Severus, lui è Salazar Riddle, altrimenti noto come Douglas McKnight.
Credo di averti già parlato di lui.”
Piton
sussultò leggermente quando i suoi occhi scuri si posarono su Douglas. Esitò un istante, la mascella contratta, poi tese la mano
verso Douglas. “Sì, me ne avete parlato…lieto di
conoscerti, signor McKnight.”
“Il
piacere è tutto mio” rispose Douglas, stringendogli la mano. L’uomo parve
impallidire quando vide il polso sinistro del ragazzo: Douglas si era
rimboccato le maniche, e il Marchio Nero era perfettamente visibile. Douglas se
ne accorse e si affrettò ad abbassare la manica. Non
gli piaceva che la gente vedesse il Marchio, e da
quando era arrivato lì gli avevano chiesto di mostrarlo almeno una dozzina di
volte.
Piton
sbattè le palpebre, riacquistando il controllo. Osservò Douglas come se lo
stesse studiando. Il ragazzo lo ricambiò con uno sguardo altrettanto gelido, e
con sua grande soddisfazione Piton fu il primo a
distogliere lo sguardo. Douglas si era accorto che fissare la gente negli occhi
li metteva a disagio, costringendoli a guardare altrove, e la cosa non gli
dispiaceva affatto. Lo faceva sentire…potente? Superiore? Sì, qualcosa del
genere.
TUMP.
TUMP. TUMP.
Una
serie di colpi attirò la loro attenzione. “Ma cosa…?”
I
colpi provenivano dal salotto, dove Moody stava studiando un grosso armadio che
continuava a scuotersi come se qualcosa stesse cercando di uscire.
“E’
un Molliccio” li avvertì l’Auror “ci pensi tu, Lupin?”
Lupin
annuì e tirò fuori la bacchetta. “Nessun problema.”
Le
ante dell’armadio si spalancarono di colpo, e un globo argenteo, che Douglas
riconobbe come la Luna, si avvicinò a Lupin. Il mago sollevò la bacchetta, ma
prima ancora che potesse pronunciare la formula una porticina accanto
all’armadio venne aperta, e Nadja entrò nella stanza
con le braccia cariche di vecchi abiti.
“Nadja,
spostati!” tentò di avvertirla Tonks, ma era troppo tardi: il Molliccio aveva
spostato la sua attenzione su di lei.
CRACK!
In
un lampo il Molliccio si era trasformato, e un uomo alto e
magro, vestito di scuro da capo a piedi, era di fronte a Nadja. Due
gelidi occhi rossi la fissavano da un viso bianco e serpentino.
Voldemort.
Nadja
tentò di estrarre la bacchetta, ma le dita le tremavano talmente che le cadde a
terra. “No…” singhiozzò, mentre il Molliccio/Voldemort le sia
avvicinava “no, ti prego…”
Sentendo
sua madre singhiozzare, Douglas agì d’impulso per la prima volta in vita sua.
Prima che chiunque avesse il tempo di muoversi aveva già
estratto la bacchetta e aveva fatto un passo avanti.
“Ehi,
tu!”
Il
Molliccio si volse a guardarlo, e per un istante Douglas vide il volto serpentino
di suo padre, dal quale scintillavano degli occhi rossi come i suoi. Poi…
CRACK!
Al
posto di Voldemort c’era uno scheletro, con un lungo mantello nero e una falce nella
mano scheletrica. Un teschio lo fissava da sotto un cappuccio con le sue orbite
vuote, e la lama della falce scintillò mentre quell’essere
la levava in alto…
“Ridikkulus!”
urlò Douglas. La lama della falce si staccò dal manico, tagliando la testa allo
scheletro. Il resto del corpo cominciò a cercare a tentoni la
testa sul pavimento, inciampando sull’orlo della veste, poi scomparve in
uno sbuffo di fumo.
Tonks
e la signora Weasley si precipitarono verso Nadja, che stava ancora tremando
come una foglia. “Va tutto bene, cara” mormorò la signora
Weasley “era solo un’illusione, non c’era niente di vero. Adesso andiamo in cucina a prenderci un buon tè, va bene?”
Nadja
si limitò ad annuire, come svuotata, e seguì docilmente le altre due in cucina.
Lupin
si guardò intorno. “Un momento, dov’è finito Douglas?”
“Credo
sia andato in camera sua” disse tranquillamente Silente.
Sirius
lo guardò, confuso. “Per quale motivo ci hai fatto cenno di non muoverci,
Silente? Noi saremmo potuti intervenire…”
“Volevo
vedere come se la cavava il ragazzo…e soprattutto cosa
teme.”
“Già,
quella cosa…quella cosa che è apparsa al ragazzo”disse Moody
“non era…”
“Quello era il riflesso della più grande
paura di Salazar, Alastor” rispose Silene, a bassa voce “la Morte...”
Douglas
si rigirò sotto le coperte per la centesima volta, senza riuscire a prendere
sonno. Era furioso con sé stesso: aveva agito senza riflettere e attirando
l’attenzione del Molliccio su di sé, e aveva mostrato a tutti
la sua paura più grande. La Morte…
Douglas
non seppe reprimere un brivido. Cosa poteva esistere,
al mondo di peggiore della morte? Cosa poteva esistere
di peggio del marcire di un corpo, della caduta di un’anima nell’oblio
perpetuo, della fine di tutto?
Colpì
il cuscino con un pugno. Era tutta colpa di quella stupida di sua madre…una
donna talmente debole e sciocca da tremare di fronte ad un Molliccio. Era
davvero patetica…come gli era venuto in mente di aiutarla? Avrebbe meritato di
morire di paura, ecco tutto! Era colpa sua se tutti avevano visto ciò che
temeva.
Il
ragazzo non era nemmeno sceso per cena: non aveva fame, e non aveva voglia di
vedere nessuno. Si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza.
Chissà che risate che si erano fatti a tavola…
Si
bloccò improvvisamente. Cos’era quel rumore? Aggrottò la fronte, mettendosi in
ascolto. Era un suono soffocato, che proveniva dalla stanza accanto…la camera
di sua madre. Singhiozzi?
Sì,
probabilmente. Disgustato, Douglas tornò a letto e si infilò
di nuovo sotto le coperte, deciso ad ignorare il pianto di quella povera
stupida. Prima o poi avrebbe dovuto finirla, no?
Passò
quasi un ora, ma i singhiozzi non accennavano a
smettere. Anzi, adesso erano inframmezzati da urla soffocate…come se si stesse
lamentando nel sonno. Douglas si alzò dal letto, irritato. Aveva proprio deciso
di non lasciarlo dormire, eh?
Il
ragazzo uscì da camera sua ed entrò silenziosamente nella stanza di Nadja.
Grazie alla fioca luce della luna che filtrava attraverso la finestra
Douglas poteva vedere la sagoma tremante di sua madre rannicchiata sotto le
coperte, che continuava a gemere e singhiozzare. Il ragazzo si avvicinò, sentendo
la sua collera che provava verso sua madre svanire mentre si avvicinava alla
sua sagoma tremante. “No…” singhiozzò la donna, rivoltandosi nel sonno “no, ti prego…ti prego…”
E
va bene, adesso ne aveva proprio abbastanza. Si chinò
su di lei e la scosse leggermente.
“Madre…”
Nadja
sussultò sentendo la pressione della mano di Douglas. Spalancò gli occhi, e la
prima cosa che vide nell’oscurità furono due occhi
rossi che la fissavano.
“NO!”
“AH!”
Douglas
non riuscì a reprime un’esclamazione di sorpresa
quando sua madre gli tirò un violentissimo schiaffo. Sua madre non lo aveva mai
colpito prima di quel momento. Mai.
“Madre...”
“No!”
gridò Nadja, tentando di nuovo di colpirlo “Lasciami
in pace! Vattene! VATTENE!”
“Madre,
sono io!” esclamò il ragazzo, bloccandole i polsi prima
che potesse schiaffeggiarlo di nuovo “sono Douglas!”
Sua madre parve calmarsi d’improvviso, come se
le avessero staccato la spina, e strinse gli occhi per
riuscire a vedere il suo viso. “Douglas? Sei tu?”
“Sono
io, madre.”
“Ma lui…lui…”
“Lui
non è qui, madre. Era solo un incubo.”
“Solo
un incubo…”Nadja scoppiò a piangere
e strinse a sé il figlio, poggiandogli la testa sulla spalla e continuando a
ripetere il suo nome. Douglas esitò un momento, poi ricambiò
l’abbraccio di sua madre. In quel momento le sembrava così piccola, così
fragile. Era davvero possibile che quella donna inerme gli avesse dato la vita?
Ed era davvero possibile che lui, Douglas, fosse stato
in collera con lei solo pochi minuti prima? Come aveva potuto…?
“Ho
paura” sussurrò Nadja con voce spezzata “continuo a vedermelo davanti…è
ovunque, dietro le porte, nascosto negli angoli bui…e mia
aspetta…mi cerca…e quando mi troverà…”
Il
ragazzo la strinse più forte, accarezzandole un po’ maldestramente i capelli. Era
passato molto tempo dall’ultima volta che aveva abbracciato spontaneamente sua
madre: non era abituato a quel genere di gesti. “Va tutto bene, madre. Non devi
avere paura di lui, non più. Non può trovarti, qui.”
“Sì,
invece…lui potrebbe trovarmi ovunque…anche in fondo all’inferno…”
Douglas
sentì qualcosa di scuro e caldo ribollirgli nel petto. “Se
un giorno dovesse trovarti, madre, sarebbe il suo ultimo giorno. Non gli permetterò di farti ancora del male, dovessi ucciderlo con
le mie mani. Te lo giuro, madre” mormorò, quasi fra sé “non
permetterò a nessuno di farti del male. Mai più.”
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
“C’è
qualcosa che non va, ragazzo?” domandò Moody, scrutando Douglas con entrambi
gli occhi.
Douglas
si strinse nelle spalle, gli occhi incollati sui biscotti. “E’ così evidente?”
L’Auror
sogghignò.“No, non tanto. Sei solo più cadaverico del
solito.”
“Preferirei
essere definito ‘pallido’, semmai…”
“Chiedo
scusa.”
Ci
furono un paio di minuti di silenzio. Douglas cercò di concentrarsi sulla
colazione ignorando lo sguardo fisso di Moody.
“Non
ho dormito bene stanotte”ammise alla fine.
“Nemmeno tua madre ha dormito bene.”
Douglas
sobbalzò, e il biscotto che stava inghiottendo gli andò di traverso. Moody rise
e gli tese un bicchiere di latte. “Non è il caso di strozzarti, ragazzo. Ci servi vivo, sai.”
Il
ragazzo bevve in fretta una sorsata di latte. “Come sapete…?”
Moody
sogghignò.“Sapere tutto è il mio lavoro, ragazzo. Devo ammettere che le
Orecchie Oblunghe dei gemelli Weasley possono essere molto utili.”
“Ha
sentito…tutto?” Douglas si maledisse per la propria
stupidità. Ancora non riusciva a capacitarsi di ciò che era avvenuto la notte
precedente: era sempre stato convinto che i sentimenti fossero una cosa
effimera ed inutile, che rendessero deboli. Aveva sempre fatto di tutto per
costringere sé stesso a non affezionarsi mai a nessuno. Non era da lui permettere
a qualcuno di piangere sulla sua spalla, che fosse sua
madre o…o chiunque altro. La sola idea che si era lasciato
soverchiare da quella strana sensazione di pietà che gli era salita dal petto
gli veniva da vomitare. Semplicemente non era da lui cedere di fronte a
dei singhiozzi e a qualche lacrima.
“Ogni
parola. E’ proprio per questo che vorrei parlare con te, ragazzo mio”ringhiò
l’Auror, accomodandosi meglio sulla sedia “riguardo a ciò che hai detto a tua
madre.”
Douglas
sospirò profondamente. “Senta, signore, non so cosa mi sia preso ieri, ma mia
madre…non so…di solito io non sono così…così…” Idiota? Sdolcinato?
Disgustosamente patetico? “…impulsivo.”
L’altro
annuì. “Sì, questo lo immaginavo. Non ci vuole molto a
capire che non sei un tipo particolarmente emotivo…a modo tuo sei quasi
spietato, ragazzo. In questo non siamo molto diversi, io e
te” nel il suo occhio normale comparve un brillio divertito “i sentimenti
possono fare male, vero? E talvolta è meglio
inibirli, relegarli in un angolo nascosto di sé stessi…ma non cancellarli, sai?
Oh, no, questo mai: perché se permetti all’odio di entrare
nel tuo cuore non hai scampo, ragazzo. Ho visto tanta gente rovinarsi in
questo modo…E’ importante imparare a mette i
sentimenti da parte senza però perderli del tutto…”
“Signore?”
Moody
si riscosse. “In ogni caso, ragazzo, credo che tu non abbia capito a cosa mi
riferivo: io sto parlando di ciò che hai detto a
proposito di tuo padre- perché è tuo padre, ed è perfettamente inutile fingere
di averlo dimenticato. Hai detto che se avesse fatto ancora del male a tua
madre lo avresti ucciso con le tue mani.”
Douglas
si limitò ad annuire.
“Ora,
Salazar…non ti dispiace se ti chiamo Salazar, vero?”
“Come
preferite.”
“Molto
bene…come dicevo, non credo che tu potresti essere in
grado di competere con lui. Oh, non dubito di certo che in futuro potresti
diventare un mago straordinariamente potente, ma ora come ora…”
“Questo
lo so, signore” disse in fretta Douglas “le assicuro
che non pensavo veramente ciò che ho detto. Ho parlato senza riflettere.”
“Bene,
sei un ragazzo pieno di buonsenso…quindi sono certo che non faresti mai nulla
di stupido come tentare di andarlo a cercare, non è vero?”
“Oh,
no, signore.” Lo credeva davvero così stupido?
Moody
annuì e si alzò dalla sedia. “Bè il dovere mi chiama…è stato un piacere
conversare con te” si diresse verso la porta, ma all’ultimo momento si volse
indietro “solo un’ultima domanda, ragazzo…se dovessi trovartelo davanti, cosa
faresti?”
Douglas
sussultò: era in assoluto l’ultima domanda che si sarebbe aspettato di sentirsi
rivolgere. Aprì a bocca, ma non ne uscì alcun suono. Moody non aspettò nemmeno
che potesse rispondergli: un attimo dopo era scomparso.
Douglas corrugò la fronte, confuso. Perché
gli aveva posto quella domanda? Era come se si aspettasse che prima o poi Douglas si sarebbe dovuto trovare di fronte a
Voldemort, e lui non era affatto certo di sapere come avrebbe agito in quel
caso.
Voldemort era suo padre, lo aveva scelto come suo erede,
e avrebbe potuto dargli ciò che desiderava di più…il potere. Un potere immenso
e totale, al di là dei suoi più folli sogni…alla fine,
cosa contava se non il potere? Niente, Douglas ne era
certo. Tutto il resto era solo qualcosa di effimero,
destinato a svanire entro breve tempo, mentre il potere…
Ma sarebbe stata la scelta giusta?
Il bene e il
male non esistono…esistono solo il poteree coloro che sono troppo deboli per ricercarlo…
Il ragazzo sospirò profondamente, poi prese uno dei libri
sull’Occlumanzia che gli aveva dato Silente e cominciò a leggere, sforzandosi
di cancellare dalla mente la domanda di Moody. C’era quasi riuscito quando un
altro pensiero lo colpì all’improvviso.
Non è il caso
di strozzarti, ragazzo. Ci servi vivo, sai?
Ci servi vivo…
Douglas si massaggiò la testa, avvertendo i primi
sintomi di una solenne emicrania. Che cosa intendeva
dire Moody con quelle parole? Lo aveva detto così per dire o c’era un motivo
preciso per cui Douglas gli sarebbe ‘servito vivo’?
I suo pensieri furono interrotti da una voce fin troppo nota.
“Salve, Salazar. Vedo che ti stai già impegnando
sull’Occlumanzia.”
Douglas annuì. “Buongiorno, professore. Sì, stavo dando un’occhiata.”
“Una materia affascinante, non è vero?” disse Silente
in tono leggero, sedendosi accanto a lui “e anche molto complicata. Ma del resto sei un ottimo studente…ho appena letto la tua
cartella scolastica di Haven. Davvero eccezionale, lascia che te lo dica.”
Douglas sorrise suo malgrado, compiaciuto. “Grazie, professore.”
“Non è il caso di ringraziare, se il complimento è
meritato. Spero che manterrai la stessa media anche ad
Hogwarts.”
“Posso garantirvi che lo farò.”
Silente annuì. “Era proprio ciò che speravo di
sentirti dire. Temo però che dovrai andare a studiare in camera tua, la cucina ci è necessaria per una riunione. Spero che per te non sia
un problema.”
Nonostante l’atteggiamento cordiale
era palese che Silente non si fidava di lui. Bè, se era per quellonessuno si fidava pienamente di lui,
fatta eccezione per sua madre. E come dar loro torto?
Al loro posto neanche Douglas si sarebbe fidato. Il ragazzo si alzò, scuotendo
il capo. “No, nessun problema.”
“Raksha”
chiamò il ragazzo, entrando nella sua stanza “Raksha, vieni
fuori. Sai che non mi piace giocare a nascondino.”
Il
grosso cobra strisciò fuori da sotto il letto.
Sono qui, Douglas. Che
succede?
“Mi
serve un favore” Douglas, senza nemmeno preoccuparsi di poter essere sentito da
Moody con una delle sue Orecchie Oblunghe: l’Auror era in riunione con gli
altri, e in nessuno di loro era in grado di capire il Serpentese “ti andrebbe di fare un giretto?”
Scordatelo, Doug. L’ultima volta che ho
provato a mettere il muso fuori dalla nostra stanza…
“La
MIA stanza, se permetti…”
Il
serpente sembrò alzare gli occhi al cielo.
E va bene, come vuoi…l’
ultima volta che ho provato a mettere il muso fuori dalla TUA stanza una
grassona ha cercato di spiaccicarmi con una scopa.
“Non
ti preoccupare, stavolta non ci sarà pericolo, dovrai solo strisciare sulle travi
del sottotetto e sentire cosa dicono in cucina. Ho la sensazione che ci sia qualcosa che non mi hanno detto. Qualcosa che mi
riguarda.”
Non avevi promesso al vecchio che non ti
saresti avvicinato alla cucina durante le riunioni?
Douglas
sogghignò. “E ho intenzione di mantenere la promessa…io non mi avvicinerò nemmeno alla cucina.”
E come al
solito il lavoro sporco tocca a me, vero?
“E’ una mia impressione o
oggi sei sorprendentemente perspicace?”
“Vieni fuori, Potter” disse una voce
gelida nell’oscurità. Harry si guardò intorno freneticamente, ma tutto ciò che
riusciva a vedere erano alcune tombe, rischiarate appena dalla luce della luna.
“Avanti, Potter” disse
di nuovo la voce fredda “non mi piace giocare a nascondino, lo sai…”
Harry si fece coraggio ed estrasse la
bacchetta, cercando di impedire alle sue dita di tremare. “E
allora vieni a prendermi, Voldemort! Io non mi sto affatto nascondendo! Non ho
paura di te!”
“Ah, no?” disse la voce, stavolta alle
sue spalle “io ne avrei.”
Harry si voltò di scatto,
la bacchetta sollevata, pronto ad affrontare Voldemort…si bloccò
improvvisamente, fissando il ragazzo di fronte a lui ad occhi sgranati.
“RIDDLE!”
Era Tom Riddle, identico a come l’aveva
visto più di due anni prima nella Camera dei Segreti. Riddle rise, una risata
gelida e terribile. “Sei sorpreso di vedermi, non è vero, Harry? Allora, adesso
che mi vedi hai paura o no?”
Harry strinse più forte la bacchetta.
“No, Tom! Io non ho paura di te!”
Riddle sollevò un sopracciglio. “Tom? Ma io non sono Tom…”il ragazzo afferrò Harry per la gola con
forza sorprendente, puntandogli contro la bacchetta “…io sono Salazar Riddle!”
“NO!”
Harry
spalancò gli occhi, respirando affannosamente. Impiegò qualche secondo per realizzare che era pomeriggio, e che lui si trovava nella
sua stanza, a Privet Drive. Doveva essersi addormentato sui libri. Era stato
solo un incubo. Si raddrizzò gli occhiali, respirando profondamente. Non si
trovava in un cimitero, e Voldemort non era lì. No, non Voldemort…Riddle…era
Tom Riddle, era identico a lui…ma aveva detto di non essere Tom Riddle…aveva
detto di essere…
“Salazar…”
“Vediamo
se ho capito” disse, Douglas, accarezzando distrattamente il capo piumato di Eustace “tutto ciò che sei riuscita ad afferrare è che
stanno tenendo d’occhio alcuni sospetti Mangiamorte?”
Raksha
sibilò, risentita.
Ehi, ho fatto del mio meglio. Lo sai che
faccio fatica a capire il linguaggio umano!
“Va bene, lasciamo perdere…il mio nome è mai venuto fuori?”
Un paio di volte, sì. Sembrano preoccupati,
secondo loro tuo padre è già al corrente del fatto che
andrai ad Hogwarts.
Douglas
sospirò. “Ovvio che ne è al corrente, speravano
davvero che non lo avrebbe scoperto?”
Forse non così in fretta…in ogni caso il
vecchio non era sorpreso. Ha detto che se lo aspettava, e quel tizio con
l’occhio magico…a proposito, strano che non mi abbia vista…
“Chi,
Moody? Ho già provveduto a renderti invisibile al suo
occhio magico, non ti preoccupare.”
Però, questa è stregoneria di alto livello…
“Vai
avanti” tagliò corto Douglas.
Bè, Moody ha detto a Silente che forse
era ora di dire ‘quella cosa’. Ha nominato anche Potter…diceva che forse era
ora che voi due conosceste ‘quello che sarebbe dovuto
accadere’…
Il
ragazzo corrugò la fronte. “Quello lì adora parlare per indovinelli, forse
pensa che lo rendano più interessante…hanno detto altro?”
No, il vecchio si è limitato a
rispondergli che non era ancora il momento, poi ha cominciato a dare ordini per
dei turni di guardia intorno alle abitazioni dei
Mangiamorte.
“Io
e Potter…”mormorò fra sé Douglas “quello che dovrebbe accadere…forse intendono
proprio la cosa per cui Moody ha detto che gli servo
vivo. Mi pare ovvio che la questa cosa, di qualunque
cosa si tratti, riguarda anche Harry Potter…e pare che anche lui ne sia tenuto
all’oscuro…ma a che scopo? Capisco che non si fidino di me, ma di Potter…”
Douglas
rimase in silenzio un paio di minuti, cercando di riflettere, ma proprio non
riusciva a capire…
“Raksha”
disse lentamente “mia madre era presente alla
riunione?”
Il
cobra scosse il capo squamoso.
No, lei non c’era…e ora che mi ci fai pensare mancava anche la grassona che ha cercato di
farmi secca l’altro giorno.
“Che strano…” mormorò Douglas. Aveva cercato sua madre poco
prima di salire in camera, ma non l’aveva trovata da nessuna parte. Aveva
pensato che fosse già in cucina, ma se non era neanche
lì doveva per forza essere uscita dal Quartier Generale, probabilmente insieme
alla signora Weasley. Ma perché uscire senza
avvertirlo? Anche lei gli stava nascondendo qualcosa?
Douglas
sentì un senso di oppressione al petto. Sua madre era
sostanzialmente una creatura debole, ma era anche l’unica persona aveva fiducia
in lui e l’unica di cui potersi fidare.
“Se adesso non posso più fidarmi nemmeno di lei sono proprio
da solo” concluse.
Raksha
avvolse le potenti spire intorno alle sue spalle.
Adesso non esagerare, ragazzo…ci sono
sempre io, no?
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
“Dodici ore” mormorò fra sé Harry, guardando fuori dalla finestra “fra dodici ore sarò sull’ Espresso per
Hogwarts.”
Non poteva fare a meno di sentirsi sollevato: il
giorno seguente avrebbe finalmente rivisto i suoi amici, e sarebbe tornato ad Hogwarts. Era stata un’estate terribilmente deprimente,
resa ancora più orribile dal pensiero fisso e costante di Voldemort, nascosto
chissà dove a macchinare chissà cosa.
Il pensiero di Voldemort gli fece aggrottare la
fronte.
Fra dodici ore avrebbe incontrato Salazar Riddle, e si
sentiva terribilmente nervoso. Che
genere di persona era? Come avrebbe dovuto comportarsi?
Harry si morse un labbro, mentre ripensava al
terribile incubo di quell’estate. Non ne aveva parlato
con nessuno, nemmeno con Ron e a Hermione: preferiva dirglielo di persona
sull’Espresso per Hogwarts. E poi c’era un altro fatto
che gli sembrava molto importante: al risveglio la cicatrice non gli aveva
fatto male, mentre di solito gli bruciava terribilmente ogni volta che i suoi
sogni gli mostravano fatti reali. Questo poteva significare che quell’incubo
era solo frutto della sua immaginazione. Oltretutto non aveva più fatto sogni del
genere per tutta l’estate, e questo era una buon segno, vero?
Vero?
“SUDICI
IBRIDI TRADITORI! COME OSATE INSUDICIARE LA CASA DEI MIEI PADRI…”
“Scommetto
che Tonks è di nuovo inciampata all’ingresso” borbottò Douglas, senza nemmeno
alzare gli occhi dalla lista che stava compilando. Calderone, libri,
pergamene…sì, gli sembrava di aver preso tutto.
In
quel momento le urla cessarono, e pochi istanti dopo Sirius passò
davanti alla porta della stanza, seguita a ruota da Tonks. “Mi dispiace,
Sirius, ti giuro che non volevo, ma continuo ad inciampare su quello stupido
portaombrelli…”
Scommessa vinta.
“Oh,
Douglas, eccoti qui” disse Nadja, entrando nella stanza“hai
già preparato i bagagli, vero?”
“Sì,
madre” disse il ragazzo, mettendo via la lista “ho appena finito.”
“Dovresti
essere fiera di lui, Nadja”commentò la signora Weasley, riordinando un vecchio
armadio che aveva l’aria di non essere usato da almeno un paio di secoli “magari
i miei figli fossero così…si riducono sempre
all’ultimo momento, mentre Douglas è così organizzato…io
glielo dico sempre, al mio Ron, che dovrebbe prendere esempio da lui…”
Oh,
fantastico, così sì che gli sarebbe stato simpatico…
“Veramente
io…”
“…e poi è così beneducato…e non ho mai visto un ragazzo
impegnarsi così nello studio…”
“Credo
proprio che andrò a dormire, domani mi aspetta una lunga giornata. Buonanotte.”
disse in fretta il ragazzo, cercando di filarsela prima che la signora Weasley
si lanciasse in uno dei suoi chilometrici elogi. Afferrò la sua roba e si
fiondò in camera sua, richiudendo la porta alle sue spalle. Uno stridio
richiamò la sua attenzione: Eustace era appollaiato sul davanzale con un topo
morto in bocca, evidentemente fiero della sua preda.
Quella parodia di sparviero potrebbe
anche fare a meno di vantarsi a quel modo per un topo-sibilò Raksha, infastidita- ma guardalo, sembra più un pavone che un
rapace!
“Hai
seguito un corso per essere così acida oppure ti viene naturale?” commentò
Douglas in tono falsamente innocente, lasciandosi cadere sul letto.
Ha parlato Mister Simpatia. Allora,
pronto per andare ad Hogwarts?
Il
ragazzo si strinse nella spalle. “Sì, sono pronto. Mi
preoccupa un po’ il pensiero che domani incontrerò
Harry Potter…non credo che sarà facile instaurare un rapporto civile,
considerate le circostanze...”
Oh, non preoccuparti, alle riunioni li
ho sentiti parlare un sacco di lui…pare che sia troppo
disgustosamente santo per giudicare qualcuno in base alla famiglia.
Douglas
ridacchiò. “Speriamo…a proposito, il mio nome non è
più venuto fuori nelle riunioni, vero?”
No, nemmeno una volta. E non hanno
neppure accennato alla cosa che ‘sarebbe dovuta
accadere’.
“Uhm…”
Douglas non sapeva proprio che pensare: aveva passato praticamente tutta l’estate ad arrovellarsi nel tentativo di
capire che cosa mai avessero da nascondere a lui e ad Harry Potter, ma non
riusciva proprio ad immaginare di cosa potesse trattarsi. Si augurava solo che
non fosse nulla di spiacevole.
“Ehi,
Harry!” chiamò Ron, agitando una mano “siamo qui!”
Harry
li raggiunse in fretta, trascinandosi dietro i bagagli e la gabbia con Edvige.
“Ciao, Ron. Buongiorno, signora Weasley.”
“Salve,
Harry caro” disse la signora Weasley “come…ehm…come hai
passato l’estate?”
“Come
al solito” tagliò corto Harry “dove sono gli altri?”
“A occhio e croce a dieci centimetri da te, vecchio mio”
disse la voce familiare di Fred Weasley.
“Ciao,
Fred. Ciao, George.”
“Salve,
Harry” disse George, dandogli una pacca sulla spalla “pronto per il nuovo anno
scolastico? Quest’anno sarà particolarmente dura, avete
i G.U.F.O…”
Ron
fece una smorfia. “Non parlarmene, ho già l’orticaria al solo pensiero…”
“Chissà,
forse l’orticaria ti stimolerà a studiare un po’ di più” disse Hermione,
comparendo di fronte a loro “ciao, Harry. Salve, ragazzi. Avete visto Ginny da
qualche parte?”
“Sono
qui” intervenne Ginny, sforzandosi di sollevare una gigantesca valigia che
aveva tutta l’aria di aver visto tempi migliori “ragazzi, che stress ogni
anno…”
In
quel momento la locomotiva emise un lungo fischio.
“Ormai
è quasi ora” disse nervosamente la signora Weasley, mordicchiandosi il labbro
inferiore “mi domando dove si siano cacciati…Douglas
dovrebbe essere già qui.”
Nel
sentire quel nome, Harry avvertì una fitta allo stomaco. Douglas McKnight,
ovvero Salazar Riddle. Non era sicuro di essere pronto a fare la sua conoscenza.
Ron
parve leggergli nel pensiero. “Non credo ci saranno problemi” tentò di
rassicurarlo “Bill lo ha visto, e mi ha detto che secondo lui è un tipo abbastanza a posto.”
“Lo
spero” si limitò a commentare Harry. In quell’istante la signora Weasley si illuminò.
“Oh,
eccoli, grazie al cielo.”
Tutti
seguirono il suo sguardo. A poca distanza da loro c’era un ragazzo carico di
bagagli, accompagnato da una donna che aveva tutta l’aria di essere
sua madre e da un uomo che riconobbero subito come Remus Lupin. Harry sentì il
suo stomaco sobbalzare quando il suo sguardo si posò sul ragazzo: era alto, coi capelli neri come l’inchiostro, la pelle chiarissima e
le guance un po’ incavate. Ogni particolare del suo aspetto, dal fisico magro e
asciutto ai lineamenti finemente scolpiti, gli ricordò vividamente Tom Riddle.
Harry notò che Ginny aveva fatto un passo indietro: anche lei doveva aver
notato l’impressionante somiglianza. Tutti gli altri, pur non avendo mai visto
Tom Riddle, lo stavano fissando come se fosse appena piombato lì da un altro
pianeta.
“Salve,
ragazzi” disse Lupin, raggiungendoli “salve, Harry.”
“Buongiorno,
professore.”
Lupin
ridacchiò. “Non serve che mi chiami così, non sono più
tuo professore.”
“Spero
non abbiate avuto problemi” disse la signora Weasley, rivolta a Douglas e Nadja.
“Nessun
problema, signora Weasley”disse Douglas, falso come Giuda. In realtà non c’erano stati problemi, c’era stato il problema: un grosso problema viola sparato a duecento chilometri
orari. Douglas aveva preso mentalmente nota che, se un giorno fosse riuscito a
scagliare un Avada Kedrava decente, Ernie Urto sarebbe
stato il suo primo bersaglio…possibilmente seguito a ruota da quell’ irritante Stan
Picchetto.
“Oh,
che sciocca, dimenticavo le presentazioni…loro sono
Fred, George e Ginny, mentre loro sono Harry, Ron ed Hermione. Ragazzi, lui è
Douglas.”
Ci
volle qualche secondo perché qualcuno dicesse qualcosa. Gli occhi di Douglas
percorsero il gruppo per soffermarsi sulla cicatrice di Harry, che sentì il suo
cuore saltare un battito quando un paio d’occhi scarlatti incontrarono i suoi.
Hermione
fu la prima a reagire. “Bè…lieta di fare la tua conoscenza” disse, tendendogli
la mano. Douglas esitò un istante, poi le strinse la
mano.“Il piacere è tutto mio” rispose, usando la sua miglior voce da Bravo Ragazzo (con la coda
dell’occhio notò che la signora Weasley si stava letteralmente sciogliendo)
“sperodi non infastidirvi con la
mia presenza. Mi rendo conto che le circostanze sono quantomeno particolari...”
“Oh,
bè” intervenne Fred, recuperando la voce “ti assicuro che non siamo nuovi di
‘circostanze particolari’.” George annuì, come a sottolineare le parole del gemello. “Già, benvenuto a
bordo.”
Douglas
rabbrividì leggermente (aveva sentito Stan Picchetto pronunciare le stesse parole poco prima, e non era stato piacevole), ma
si sforzò di ricambiare il sorriso un po’ incerto di Fred e George.
L’Espresso
per Hogwarts emise un secondo fischio.
“Santo
cielo, com’è tardi” esclamò la signora Weasley
“avanti, dovete andare o perderete il treno. Mi raccomando,
impegnatevi nello studio e…”
Mentre
Molly Weasley proseguiva imperterrita nella predica ai suoi figli, Nadja
abbracciò strettamente Douglas. Il ragazzo tentò di liberarsi, imbarazzato. Ma non poteva proprio evitare quelle sceneggiate?
“Madre,
non credo sia il caso…”
Nadja
sciolse l’abbraccio, e Douglas notò che aveva le lacrime agli occhi.
Patetico.
“Scusa,
tesoro, mi dimentico sempre” disse la donna, sforzandosi di
sorridere “allora…ci rivedremo a Natale, no?”
“Sì,
sì, certo. Madre, il treno…”
La
locomotiva fischiò una terza volta.
“Bè, è proprio ora di andare” disse in fretta Ron,
afferrando la sua roba “che peccato, mi sarebbe piaciuto restare un po’ a
sentire la paternale…avanti, muoviamoci.”
“Finalmente”
sospirò Ginny, sedendosi accanto al finestrino “per un attimo ho creduto che mi
avrebbero calpestata!”
“Dovresti
vedere cosa sono i treni Babbani, allora” disse Douglas, mettendo la valigia
sotto il sedile “io li ho usati, a giugno…ci è mancato
poco che mi spingessero sui binari per salire per primi.”
“Hai
usato dei treni Babbani?” domandò Ron, non senza una certa esitazione “e come
mai?”
“Silente
diceva che era più sicuro” rispose Douglas, afferrando una grossa gabbia. Ginny
strillò quando vide che conteneva un grosso serpente.
“Quello…quello cosa…?”
“E’
un cobra reale” disse tranquillamente Douglas, infilando un dito fra le sbarre
della gabbia per accarezzare la testa squamosa di Raksha “e comunque
è una femmina. Spero non ti abbia spaventata.”
“Io…no,
per niente”disse Ginny in tono di sfida. Non aveva intenzione di mostrarsi
impaurita. “Anzi, è…molto graziosa.”
Ron
sollevò un sopracciglio. “Graziosa? A me non pare…di sicuro non è il mio tipo.”
Raksha
emise un verso sibilante, e Douglas ridacchiò. “Se lo
dici tu...”
“Sì”
disse Harry, che era rimasto in silenzio tutto il tempo, immerso nei suoi
pensieri “ha detto che Ron non ha il minimo gusto.”
George
scoppiò a ridere.“Oh, su questo sono d’accordo! Il nostro Ronnino non ha
proprio gusto…”
Ron
avvampò, mentre Douglas guardava Harry con interesse. “Ehi, anche tu sei un Rettilofono?”chiese,
evidentemente colpito. Harry annuì, sentendosi un po’ in imbarazzo: era la
prima volta che Douglas gli rivolgeva la parola.
“Sì,
esatto.”
“Interessante.
Non avevo mai incontrato nessun altro che potesse
parare il Serpentese, sai.”
Questa è
proprio una fortuna, ragazzo- sibilò Raksha, rivolta ad Harry- perché a volte Douglas sa essere davvero
irritante. Almeno avrò qualcun altro con cui fare conversazione quando
diventerà insopportabile.
“Non
darle retta, adora lamentarsi”disse Douglas con noncuranza, in linguaggio umano
“la sentirai dire la sua su qualsiasi argomento, quindi è
meglio che ti ci abitui. Invidio sinceramente chi non può capirla.”
Raksha
emise un altro sibilo.
Visto? Te lo dicevo che era irritante.
Irritante e privo di rispetto, oserei dire.
“Ma
piantala, tanto lo so che mi adori.”
Bè, l’ importante
è crederci, Doug…
Harry
non potè fare a meno di sorridere. “Non si può dire che andiate molto
d’accordo.”
Credimi, è impossibile
andare d’accordo con questo qui.
“Un’altra
parola e ti trasformo di nuovo in un gatto, Raksha.”
Il
cobra si cucì la bocca, non prima di aver borbottato qualcosa che suonava
vagamente come ‘tiranno’.
“Ehm…scusate”
disse Hermione “che ne direste di renderci partecipi
alla conversazione? Non parliamo Serpentese, noi.”
“Chiedo
scusa” disse Douglas, poggiando la gabbia di Raksha sotto il sedile insieme
alla valigia “tendo a dimenticarmi che la gente non capisce il Serpentese.”
In
quel momento la porta dello scompartimento si aprì.
“Salve, ragazzi. Qualcosa da mangiare?”
“E
così andavi ad Haven, eh?” disse Ron, ingoiando
l’ultima Cioccorana “ne ho sentito parlare, dicono che sia un ottima scuola.”
“E lo è veramente. In ogni caso so che anche Hogwarts è una
delle migliori scuole di magia esistenti al mondo. Secondo ‘Storia di
Hogwarts’…”
Hermione
sobbalzò. “Ooh, anche tu hai letto ‘Storia di Hogwarts’?” esclamò, ammirata. Le
brillavano letteralmente gli occhi: non le sembrava vero di aver trovato
qualcun altro che avesse letto le mille e più pagine di ‘Storia di Hogwarts’. Harry
notò che Ron non sembrava eccessivamente contento dell’entusiasmo di Hermione
nei confronti di Douglas, e nascose un sorriso con la
mano.
Douglas
annuì. “Sì, l’ho letto quest’estate. Me lo aveva portato Silente insieme ad un altro paio di libri.”
“E’
davvero un libro interessante, vero? A me è stato utilissimo…”
“Anche a me è stato molto utile” disse Douglas, serissimo
“soprattutto per l’insonnia. Mille e passa pagine di
ottimo sonnifero.”
“Oh.”
Hermione tornò ad appoggiarsi al sedile, leggermente accigliata. Tutti gli
altri si scambiarono un sorriso. Il pensiero era unanime: a quanto pareva
Douglas non era poi così male, dopotutto.
Intuendo
cosa stavano pensando anche Douglas sorrise fra se, guardando fuori dal finestrino. Non pensava sarebbe
stato tanto facile riuscire a farsi accettare, e invece era stato come
bere un bicchiere d’acqua. A quanto pareva Raksha aveva ragione, San Potter non
era tipo da penalizzare gli altri a causa delle loro origini. Certo, avevano
fatto di tutto per evitare gli argomenti più pericolosi e nessuno aveva ancora
osato alludere a suo padre, ma Douglas non dubitava che fosse solo questione di
tempo prima che le conversazioni si potessero spostare su un piano più
personale. Forse avrebbero davvero potuto essere amici. Bè, amici era una parola grossa: l’amicizia richiedeva implicazione
emotiva e sentimenti, e lui non era esattamente un campione in quelle cose, ma
chissà…Douglas non era di natura particolarmente socievole, ma considerato il
fatto che aveva passato praticamente tutta l’estate chiuso a Grimmauld Place la
compagnia degli altri non gli dispiaceva affatto.
Il
ragazzo notò con la coda dell’occhio che Ginny continuava a lanciargli delle
strane occhiate. Gli tornò in mente che quella doveva essere la ragazzina che
Potter aveva salvato dalla Camera dei Segreti, e che doveva aver visto il
ricordo di suo padre sedicenne. Douglas sapeva di somigliargli molto, quindi
non c’era da sorprendersi se sembrava ipnotizzata da lui: probabilmente quando
lo aveva visto aveva creduto di avere di fronte Tom Ridde in persona. Il
ragazzo si volse a guardarla negli occhi, e Ginny distolse in fretta lo
sguardo.
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
“Lo
vedete?” domandò Ron, allungando il collo per vedere meglio. Erano nel bel
mezzo della cerimonia dello Smistamento, e Douglas stava per essere Smistato.
“Sì,
eccolo lì, vicino alla porta” disse Hermione “ci siamo quasi, fra poco tocca a lui…anche
se non vedo perché essere così nervosi, visto che
sappiamo già che finirà a Grifondoro.”
“Già”
si limitò a commentare Harry, lanciando un occhiata
verso il tavolo dei Serpeverde. Malfoy era lì, e sembrava piuttosto pensieroso.
Strano che ancora non fosse venuto ad infastidirli…
Nel
frattempo la cerimonia proseguiva.
“Lloyd
Steven!” chiamò la McGranitt. Un ragazzino biondo dall’aria spaesate raggiunse
quasi di corsa lo sgabello e si mise in testa il Cappello Parlante
“TASSOROSSO!”
Steven
Lloyd corse verso il tavolo dei Tassorosso.
“Lobrik
Martha!” chiamò di nuovo la McGranitt.
“SERPEVERDE!”
“Marshal
Mattew!”
“CORVONERO!”
E
finalmente…
“McKnight
Douglas!”
Harry,
Ron, Ginny, Hermione, Fred e George si voltarono come una sola persona verso
l’ingresso della sala.
Sentendo
chiamare il suo nome, Douglas si diresse tranquillamente verso lo sgabello. Non
sembrava minimamente in apprensione, e in fondo perché mai avrebbe dovuto?
Sapeva già dove sarebbe andato.
“Guardate
un po’…” bisbigliò allegramente George “il nostro Doug è
partito bene!”.
Gli
altri seguirono il suo sguardo, e notarono che quasi tutte le ragazze presenti
in sala si erano voltate a guardare Douglas. Harry pensò che se tutte quelle
ragazze lo avessero fissato in quel modo si sarebbe
volentieri seppellito, ma Douglas non sembrava assolutamente in imbarazzo.
Una volta arrivato allo sgabello Douglas sollevò lo sguardo, osservando
freddamente il tavolo dei docenti. A giudicare dalle loro espressioni, piene
allo stesso tempo di curiosità e timore, sapevano perfettamente chi era. In
particolare Piton sembrava di pietra. Accanto a Piton sedeva un mago piuttosto
anziano che Douglas avrebbe giurato di aver già visto, ma non ricordava dove.
Per un attimo lo sguardo di Douglas incontrò quello di Silente, poi il ragazzo
si sedette sullo sgabello mentre la McGranitt gli lasciava cadere in testa il
cappello con mano leggermente tremante. Certo che erano tipi impressionabili,
in quella scuola…
“Bene,
bene” sussurrò il Cappello Parlante nel suo orecchio “nientemeno che il figlio
di Lord Voldemort…eh, già, ricordo ancora quando Smistai tuo padre…”
“Gradirei
che lasciassi mio padre fuori da questa conversazione”
rispose il ragazzo, glaciale “allora, ti decidi a Smistarmi o devo restare qui
tutta la notte?”
“Ve
bene, va bene, non ti scaldare. Allora, vediamo…oh, non mi pare una scelta
complessa…intelligenza, ambizione, determinazione…un certo cinismo, sì, c’è
anche quello…e hai del potenziale, eccome…a Serpeverde avresti tutte le carte
in regola per diventare uno stregone di immensa
potenza…peccato che…”
“Peccato
che Silente ti abbia ordinato espressamente di mandarmi a Grifondoro”lo
interruppe Douglas, irritato “quindi vorrei che la
piantassi con questa sceneggiata e ti decidessi a lasciarmi andare. Sto morendo
di fame, sai.”
“Che caratteraccio, cercavo solo di fare un po’ di scena…in
ogni caso è un peccato, a Serpeverde saresti stato a casa tua…ma gli ordini di
Silente non si discutono. GRIFONDORO!”
Il
tavolo dei Grifondoro esplose in un fragoroso applauso mentre Douglas prendeva
posto vicino agli altri. Ginny non potè fare a meno di notare che le ragazze
stavano applaudendo decisamente più forte del solito,
e chissà perché il pensiero la infastidì leggermente.
“Perché il Cappello Parlante ci ha messo tanto?” domandò
Hermione, accigliata “voglio dire, se era già tutto deciso…”
Douglas
si strinse nelle spalle. “Voleva solo fare un po’ di scena.”
“Bè,
bisogna capirlo” disse Fred “ha solo un momento di gloria all’anno!”
Pochi
minuti dopo lo Smistamento era finito, e il Preside si alzò
in piedi. “Solo un paio di cose prima di gustarci il banchetto” disse Silente.
“Un
paio di cose, certo” borbottò George “dice così ogni
anno…”
“Innanzitutto
vi invito a porgere un caloroso benvenuto al nostro
nuovo professore di Difesa contro le arti Oscure, GeoffreyBowden.”
I
ragazzi applaudirono, e l’uomo anziano che Douglas aveva notato prima ringraziò
con un cenno del capo.
“Geoffrey
Bowden?” fece Ron “accidenti, ho sentito parlare di
lui. E’ molto amico di Silente, ed ha combattuto per anni contro i Maghi
Oscuri. Come mai è qui?”
In
quel momento Douglas lo riconobbe. “Ehi, io l’ho già visto!” esclamò
“è venuto un paio di volte al Quartier Generale dell’Ordine,
quest’estate!”
“Fa
parte dell’Ordine?” fece Ginny, aggrottando la fronte.
“Evidentemente
Silente voleva dare la cattedra a qualcuno che potesse proteggerci in caso di emergenza” disse Harry, notando che Piton non sembrava
affatto contento della presenza del nuovo professore: avrebbe dato la sua mano
destra pur di poter avere la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure.
“Speriamo
che duri più degli altri” disse in tono cupo Hermione “ho la sensazione che di
questi tempi avremo bisogno di tutta la protezione
possibile.”
“Inoltre” proseguì Silente, non appena i ragazzi si furono
zittiti “vorrei aggiungere un paio di parole di grande importanza…buon
appetito!”
I vassoi si riempirono all’istante di cibo.
“Allora,
Doug” disse Fred, facendo sparire l’ultima fetta di arrosto
“che ne pensi della cucina di Hogwarts?”
Douglas
fece una smorfia, appoggiandosi allo schienale della sedia. “Anche
troppo buona. Accidenti, non riesco neanche a muovermi per quanto ho
mangiato…avete presente un pitone che ha appena ingoiato una preda intera?”
Ginny
sollevò un sopracciglio. “Paragone appropriato…”
Harry
fece vagare lo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde, e sussultò quando vide
che Malfoy stava fissando Douglas, il volto ridotto ad una maschera
inespressiva. Diede una gomitata a Ron, indicando Malfoy con un cenno del capo.
“Guarda.”
Ron
aggrottò la fronte. “Ehi, ragazzi, Malfoy sembra parecchio interessato a
Douglas.”
“Cosa…?”
Douglas
si voltò per guardare, ma non appena il suo sguardo incontrò quello del
biondino seduto al tavolo dei Serpeverde quest’ultimo distolse lo sguardo. “E chi sarebbe questo Malfoy?”
“Draco
Malfoy è un pessimo soggetto” disse gravemente George “suo padre è un
Mangiamorte.”
Lentamente,
Douglas annuì. “Sa chi sono” disse alla fine.
Harry
lo guardò negli occhi scarlatti. “Come puoi esserne sicuro?”
“Altrimenti non avrebbe motivo di fissarmi così, non trovi? E
poi mio padre sa che sono qui, ho sentito Silente che lo diceva.”
Era
la prima allusione diretta a Voldemort da quando si erano incontrati quella mattina.
Un pesante silenzio scese sul gruppo.
“E questo…questo che significa?”domandò alla fine Ron. La sua
voce tremava leggermente.
“Con
ogni probabilità significa che il nostro amico Malfoy terrà gli occhi aperti su
ogni nostra mossa, soprattutto quelle di Douglas” rispose Hermione “e che scriverà costantemente al suo paparino…”
“…che
automaticamente passerà le informazioni a mio padre” concluse Douglas “sì, sono
d’accordo con te.”
“Dovremo
stare molto attenti a come ci comportiamo, allora” disse Ginny “oltretutto non credo che Malfoy si farebbe scrupoli nei nostri riguardi. Se
potrà farci del male senza essere scoperto lo farà.”
“Non
preoccupatevi, di lui me ne occupo io” disse
tranquillamente Douglas, infilandosi in tasca alcuni dolci al marzapane “a me
non oserebbe fare nulla. Voi occupatevi di informare Silente dei nostri
sospetti, ma non credo che la cosa lo sorprenderà.”
Hermione
sembrava preoccupata. “Che significa che ‘ti occuperai
di lui’?”
“Tranquilla,
non ho intenzione di fare nulla di grave. Mi limiterò a comunicargli
gentilmente che nel caso provasse a crearci problemi finirebbe
in un mare di guai. Vedrete che non farà fatica a credermi.”
“Chissà
perché non ne dubito…”
Fred
lo guardò mentre si infilava in tasca una manciata di
dolci. “Credevo avessi detto di essere sazio.”
“Infatti. Questi sono per Eustace.”
“Eustace?
E chi sarebbe, un altro cobra? Oppure
è una vipera?”
“E’
il mio sparviero. Dovrebbe arrivare fra poco, l’avevo mandato a consegnare una
lettera prima di partire per Hogwarts.”
Malgrado
le preoccupazioni che gli attanagliavano lo stomaco come una morsa di ferro,
Harry non potè fare a meno di sorridere. “Un cobra come animale da compagnia e
uno sparviero come portalettere” osservò “immagino che
qualcosa come un gatto e un gufo siano fuori questione, vero?”
Douglas
si strinse nelle spalle.“Troppo comuni per i miei
gusti. Sentite, che ne direste di andare a dormire? Non so voi, ma io sono
stravolto.”
“Non
avevi detto che ti saresti occupato di Malfoy?”domandò Ron.
“Aspetterò
che sia lui a fare la prima mossa, sono sicuro che
muore dalla voglia di dirmi che sa tutto. Voi andate da Silente appena
possibile, magari stasera.”
“E’ quello che faremo” disse gravemente Harry,
scoccando un’ultima occhiata verso il tavolo dei Serpeverde. Malfoy stava
fissando il suo piatto, ed Harry notò che non aveva quasi toccato cibo.
“E’
proprio così” ammise Silente, dopo aver ascoltato Harry, Ron e Hermione
“Voldemort è al corrente del fatto che suo figlio è
qui ad Hogwarts. E sì, anch’io credo che userà il
figlio di Lucius Malfoy per tenere d’occhio voi e Salazar. Io purtroppo non
posso impedirglielo:Draco Malfoy è solo uno studente,
e finchè il Ministero insiste a non voler accettare il ritorno di Voldemort…”
“Ma si può sapere cosa vuole Voi-Sapete-Chi da Sal…da
Douglas?”domandò Hermione.
“Voldemort
lo considera il suo erede, signorina Granger. Lo vuole con sé per renderlo come
lui…e se questo dovesse accadere sarebbe la fine.”
Ron
si morse il labbro inferiore. “Sarebbe così grave?”
Silente
sorrise stancamente. “Sarebbe gravissimo per tutto il mondo magico, signor
Weasley. Vedete, Salazar ha un immenso potenziale. Se
sviluppati nella maniera sbagliata i suoi poteri potrebbero diventare
devastanti, praticamente incontrollabili.”
“E’
davvero così potente?” domandò Harry, sbalordito. Silente annuì gravemente.
“Anche di più. Personalmente ritengo che in futuro Salazar
diventerà forte come suo padre. Voldemort lo sa bene, è
stato molto attento a scegliere la madre di suo figlio…la discendente di una
stirpe di maghi immensamente potenti. Il suo obbiettivo
non era solo quello di avere un erede: lui voleva un erede che fosse realmente
alla sua altezza. E così è stato.”
“Ma Douglas mi sembra…bè, mi sembra un tipo a posto” disse
Hermione, un po’ incerta “non credo si unirebbe spontaneamente a…”
“Ora
come ora, no” disse stancamente Silente “ma è un ragazzo ambizioso, e Voldemort
potrebbe sfruttare la sua ambizione per convincerlo ad unirsi a lui.”
“E voi non potete…fare nulla?” domandò Harry. Gli sembrava
impossibile che Silente non potesse fare niente.
Silente
si limitò a scuotere il capo. “Solo fino a un certo
punto. Io posso cercare di evitare che Salazar incontri suo padre, ma voi
dovete capire bene una cosa: non si tratta solo di proteggere Salazar da
Voldemort come abbiamo fatto con te, Harry. Si tratta di proteggerlo da sé
stesso.”
“Temo
di non capire.”
“Vorrei
sbagliarmi, ma mi è parso di vedere qualcosa in quel
ragazzo…un lato oscuro che ha dentro dalla sua nascita, e che cresce dentro di
lui come un tumore. Un giorno Salazar dovrà affrontare questo lato oscuro, e
allora dovrà compiere la sua scelta” Silente si appoggiò allo schienale della
sua poltrona, fissando Harry negli occhi “Luce o Tenebre. Bene o Male. E la scelta sarà solamente sua.”
“Un
lato oscuro…”mormorò Harry “dalla nascita…ma com’è
possibile…?”
“Non
devi dimenticare che Salazar è nato in seguito ad un atto di violenza, Harry.
In ogni caso la tua è una buona domanda. Guardate.” disse
Silente, tirando fuori una fotografia da un cassetto e mostrandola ai tre
ragazzi. Era una comunissima fotografia babbana, in bianco e nero. Mostrava un
bimbetto sui quattro o cinque anni, in calzoncini corti, che guardava
l’obbiettivo con aria un po’ spaurita e del tutto indifesa.
Harry
spalancò gli occhi. “Ma quello è…”
Silente
annuì. “Questo bambino si chiamava Tom Riddle, e si sarebbe
chiamato Lord Voldemort. E ora mi domando:
c’era già l’oscurità in questo bambino, oppure il male è venuto in seguito? Ci
sarebbe stato un modo per evitare che l’odio divorasse il suo cuore?” disse
piano il Preside, mettendo via la fotografia “ad essere sincero credo di sì.
Una volta c’era del bene in quell’orfano chiamato Tom Riddle,
così come c’è del bene in Salazar. Ed è qui che
entrate in scena voi.”
“E noi…cosa possiamo fare?”chiese Ron, gli occhi spalancati.
“Tutto
ciò che possiamo fare-che potetefare- è tentare di guidarlo sulla
strada giusta. Salazar è un ragazzo alquanto restio ai sentimenti, ma
fortunatamente non ha perso del tutto la capacità di amare.
Non giudicatelo: siategli vicino e insegnategli cosa sono amicizia, lealtà e
rispetto. Solo così ci sarà qualche possibilità che Salazar riesca
a sconfiggere l’oscurità che alberga nel suo animo, a sfuggire al fato toccato
a suo padre. Credete di poterlo fare?”
Harry
si alzò in piedi. Era pallido, ma nei suoi occhi verdi brillava una luce
determinata.
“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta
“uno…due…TRE
Harry
aggrottò la fronte, guardando Douglas mandare giù quella che gli sembrava
essere la settima tazza di caffè.
“Ehm…hai
dormito poco, stanotte?”
Douglas
scosse il capo. “No, ho dormito come un sasso. E’solo che abbiamo due ore di Erbologia, e vorrei evitare di addormentarmi. La trovo una
materia piuttosto noiosa, ad essere sincero.”
Ron
sbuffò. “Non sei l’unico, neanche io la amo alla follia.
Senza contare che ogni volta mi ritrovo pieno di terra fino ai capelli.”
“A
proposito di nottate insonni” disse Douglas, addentando del pane e marmellata
“ieri sera siete rimasti parecchio tempo da Silente,
mi sono addormentato prima che tornaste. Che cosa vi ha detto?”
Harry,
Ron e Hermione si scambiarono una rapida occhiata che non sfuggì a Douglas.
“Oh,
nulla di particolare” disse Hermione in tono noncurante “avevi ragione, era già
al corrente del fatto che Malfoy ci terrà d’occhio e
ci raccomanda di fare attenzione.”
Sì,
certo…se per tutto quel tempo il vecchio aveva detto solo quello
lui era il nipote di Mago Merlino.
“Ehilà,
ragazzi” esclamò allegramente Fred, avvicinandosi al tavolo “chi avete in prima ora?”
“Due
ore di Erbologia, poi Storia della Magia,
Trasfigurazione e Pozioni” disse Harry “proprio quello che ci voleva, Piton il
primo giorno…e voi?”
“Abbiamo
Difesa contro le Arti Oscure in prima ora” disse George “a
quanto pare saremo i primi a vedere che tipo è questo professor Bowden.”
Ron
diede un’occhiata all’orario. “Accidenti, noi non
abbiamo Difesa fino a mercoledì!”
“Le
mie condoglianze” disse Fred, afferrando un biscotto “in ogni
caso vi faremo sapere…”
In
quel momento uno stormo di gufi si riversò nella Sala Grande, portando le
lettere agli studenti. Un magnifico sparviero planò sulla spalla destra di
Douglas con una lettera legata alla zampa. Il ragazzo sorrise e gli accarezzò
le piume, dandogli uno dei dolci che aveva conservato dalla sera prima. “Ah,
finalmente sei arrivato…ragazzi, questo è Eustace.”
“Che forza!” esclamò George, guardando lo splendido rapace
mentre ingoiava il dolce “scommetto che è molto più veloce dei gufi!”
“Sì,
in effetti è così” disse Douglas, slegando la lettera
dalla zampa dello sparviero. Era da parte dei suoi vecchi compagni di Haven. Il
ragazzo sorrise: era bello sapere che non l’avevano
dimenticato, dopotutto.
“Buongiorno,
ragazzi” disse in quel momento Ginny, sedendosi sulla sedia
accanto a Douglas “qualcuno di voi ha Difesa contro le Arti Oscure oggi?
Io cel’ho in terza ora…”
Hermione
non potè fare a meno di notare che Ginny sembrava essersi preparata con più
cura del solito, e questo fece suonare un campanello di allarme
nella sua mente.
“Noi
non cel’abbiamo prima di dopodomani” disse Ron, passandole la brocca del latte
“loro invece cel’hanno in prima ora.”
“Sono
proprio curiosa di sapere che tipo è il nuovo professore”disse Ginny, prendendo
un paio di fette biscottate “voglio dire, se fa parte dell’ordine dev’essere
qualcuno di grande fiducia. Sei
proprio sicuro di averlo visto al Quartier Generale, Douglas?”
“Eh?
Ah, sì, sicurissimo” rispose Douglas, alzando gli occhi dalla lettera “l’ho
visto mentre parlava con Malocchio Moody e i professor
Piton un paio di settimane dopo il mio arrivo.”
“Già,
Piton” borbottò distrattamente Harry, guardando verso il tavolo dei Serpeverde.
Douglas
seguì il suo sguardo, e notò che Malfoy non c’era. Richiuse la lettera e si
alzò in piedi, mentre Eustace usciva dalla finestra, diretto verso la Guferia.
“Scusate, mi sono appena accorto di aver dimenticato il libro di Erbologia in dormitorio. Vado un attimo a prenderlo.”
“Fai in fretta, fra dieci minuti cominciano le lezioni!”
“Farò
in un lampo!”
Lo
seguirono con lo sguardo finche non fu uscito dalla
sala grande, poi Fred si volse verso Harry.
“Allora” disse in tono serio “che cosa vi ha detto esattamente Silente ieri sera?”
Douglas
si fermò nel mezzo del corridoio apparentemente deserto.
“Smetti
di nasconderti, Malfoy” ordinò freddamente, senza nemmeno voltarsi “tanto lo so
che mi stai seguendo.”
Draco
Malfoy uscì dal suo nascondiglio dietro una colonna e si avvicinò a Douglas,
mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Douglas si voltò verso il biondino
e lo fissò negli occhi, costringendolo a distogliere lo sguardo.
“Allora,
che cosa vuoi?”
Malfoy
parve esitare un istante, poi sollevò il capo,
guardandolo in faccia. Aveva fegato, Douglas doveva
riconoscerlo. O forse era stato solo il suo stupido orgoglio a
indurlo sollevare lo sguardo.
“So
chi sei” disse alla fine Malfoy.
Douglas
sogghignò, divertito dal tono altero del ragazzo dagli occhi di ghiaccio fermo di fronte a lui. “E mi hai seguito
solo per dirmi questo? Se speravi di stupirmi mi
dispiace deluderti, ma non sono un ingenuo. Mi ero accorto che mi stavi
fissando, ieri sera.”
Malfoy
annuì, inchinandosi leggermente. “Oh, no, non oserei mai darti dello sciocco.
Permettimi di essere il primo a porgere i miei saluti al Principe Oscuro.”
Douglas
sollevò un sopracciglio. Principe Oscuro? Ma che
titolo simpatico…
“La
tua intenzione era solo di porgermi i tuoi saluti oppure c’è qualcos’altro che
mi devi dire?” disse Douglas, glaciale “non ho tempo da perdere.”
Il
biondino tornò a guardarlo in faccia. “Porto un messaggio da parte del Signore Oscuro.”
Lo
disse in tono orgoglioso, come se portare un messaggio di Voldemort fosse un
immenso onore.
“Ed è una cosa tanto speciale fare da galoppino a mio padre?”
Lo
sguardo di Malfoy si rabbuiò per un istante. “Io non sono…”
“Tu
sei soltanto un borioso piccolo idiota che gioca a fare il cattivo” sibilò con
disprezzo Douglas “dimmi ciò che hai da dire e
sparisci, Malfoy. Come ti ho già detto, non ho tempo
da perdere.
“Il
Signore Oscuro dice di essere lieto di saperti in
buona salute” disse Malfoy “e si augura che i tuoi poteri siano all’altezza
delle sue aspettative.”
Douglas
rise, una risata che aveva ben poco di umano.“Digli
pure che i miei poteri possono superare di gran lunga
ogni sua aspettativa” disse con orgoglio “ma se ha intenzione di usarmi come
arma ha sbagliato persona. Almeno per ora non ho intenzione di prendere parte a
qualunque suo progetto: l’unica cosa che intendo fare al momento è proseguire i
miei studi, e non voglio che lui si intrometta nella
mia vita. Non ho intenzione di incontrarlo, per ora; ma se un giorno deciderò
di farlo esigo di parlargli da pari a pari. Non ha importanza se mi ha
Marchiato alla nascita: io non sono un Mangiamorte. Potrò essere il suo erede,
ma non sono e non sarò mai un suo servo. Se mai un
giorno dovessi decidere di unirmi a lui sarà solo per
mia ambizione personale, e non per servirlo. Digli questo.”
Bè,
in fin dei conti ‘Principe Oscuro’ non era poi tanto male, come titolo.
“Molto bene” disse gelidamente Douglas, sorpassando
Malfoy e incamminandosi verso la Sala Grande “e fammi sapere la sua risposta.”
Nel frattempo, nella Sala Grande, Harry aveva appena
finito di raccontare a Fred, George e Ginny quanto Silente gli aveva detto la
sera prima.
“Insomma, Silente è sicuro che noi possiamo aiutarlo a
distruggere questo suo…‘lato oscuro’, giusto?” disse Ginny.
Hermione annuì. “Esattamente. Sinceramente trovo che Douglas sia a posto, ma è sempre meglio ascoltare
i consigli di Silente. Quindi, ragazzi, dovremo comportarci con lui come se
fosse uno dei nostri.”
“Perché, non lo stiamo già
facendo?” chiese Ron, aggrottando la fronte.
“Sì, direi proprio di sì” disse Harry “quindi non
dovremmo far altro che continuare così.”
In quel momento Douglas rientrò nella Sala Grande, col
libro di Erbologia sotto il braccio.
“Ehi, Doug” lo chiamò Fred “come mai ci hai messo tanto?”
“Scusate, ma il libro era finito in fondo al baule” si
scusò Douglas, infilando il libro nella borsa e voltandosi verso Harry, Ron e
Hermione “allora, pronti ad andare a rotolarci nel terriccio della serra?”
“Prontissimi” bofonchiò Ron, con una smorfia di comica
disperazione. Aveva un’aria così avvilita che tutti, si misero a ridere. Persino
Douglas.
Nello stesso momento un ragazzo biondo stava guardando
pensierosamente un gufo che si allontanava da Hogwarts, portando una lettera
indirizzata a Lucius Malfoy.
“Mi domando” borbottò Ron, mentre si dirigevano verso
l’aula di Storia della Magia “a quale persona sana di mente possano interessare
germogli e pianticelle.”
“Io trovo che possano essere
affascinanti” ribatté Hermione, che aveva passato i tre quarti della lezione
con la mano alzata facendo guadagnare venti punti a Grifondoro.
“Affascinanti, come no…specialmente quando cercano di
divorarti” fece Douglas in tono cupo. Si era preso un brutto morso alla mano
sinistra da parte da una non meglio identificata specie di pianta carnivora che
non aveva gradito la sua iniziativa di spostare il vaso, e nonostante le
immediate cure di Madama Chips la sua mano si era
gonfiata in maniera preoccupante.
“Non mi sembra messa molto bene” commentò Ron,
guardandolo con aria preoccupata “secondo me saresti dovuto
restare in infermeria.”
Douglas scosse il capo. “Non ti preoccupare, l’effetto
dovrebbe sparire entro mezz’ora. E poi non avevo la
minima intenzione di restare lì dentro con quella pazza dell’infermiera…”
“Madama Chips, vuoi dire?”
“Sì, proprio lei. A parte il fatto che continuava ad
ingozzarmi di cioccolata, ci ho messo venti minuti a convincerla di non essere
anemico.”
Harry non potè reprimere un sorriso. “Certo che
dev’essere una bella seccatura.”
Douglas si strinse nelle spalle. “Oh, ne ho avute di
peggiori…l’infermiera della mia vecchia scuola era certa che fossi albino e che
mi fossi tinto i capelli per non farlo vedere.”
Hermione notò che il gonfiore si stava rapidamente
estendendo al polso. “Se fossi in te mi toglierei
l’orologio, Douglas. Il polso si sta gonfiando, e l’orologio potrebbe
ostacolare la circolazione.”
Il ragazzo scosse il capo. “No.”
“Ma….”
“Non credo sia il caso”disse lui seccamente “grazie
per l’interessamento.”
“Non fare il bambino” sbottò Hermione, spazientita.
Afferrò il polso di Douglas e, primache
lui potesse impedirglielo, gli sfilò l’orologio.
“No!” esclamò lui tentando di bloccarla, ma era troppo
tardi. Un pesante silenzio scese nel gruppo. Harry, Ron ed Hermione fissarono
il polso di Douglas con gli occhi sgranati.
“Quello…quello non è…?”
Con un verso simile ad un ringhio, Douglas le strappò
l’orologio dalle mani e se lo rimise al polso, nascondendo nuovamente il
Marchio Nero che spiccava sulla sua pelle pallida. “Non-provarci-mai-più”
scandì, fissandola con occhi di fuoco “mi sono spiegato? Mai più!”
Harry deglutì. “Come…quando…”
“E’stato mio padre a
Marchiarmi” sibilò Douglas, il volto contratto in una smorfia di collera feroce
“subito dopo la mia nascita. Soddisfatti, ora?”
“Io…”Hermione non sapeva cosa dire “mi dispiace, Douglas, non sapevo…”
“Bene, ora lo sapete” tagliò corto lui in tono
notevolmente più calmo, riabbassando la manica “incidente chiuso. Adesso
muoviamoci, o arriveremo in ritardo per la lezione.”
“E’ questo che ha detto?”domandò freddamente Lord Voldemort,
fissando le fiamme che ardevano nell’ antico camino di
pietra.
Lucius Malfoy annuì, chinando il capo rispettosamente.
“Precisamente, mio Signore. Ho appena ricevuto una lettera da parte di mio
figlio, che mi ha scritto le precise parole pronunciate dal ragazzo questa
mattina.”
Voldemort rise, una risata di trionfo che stupì
Lucius: si era aspettato di vederlo su tutte le furie per le parole irriverenti
del giovane Salazar.
“Mio Signore, forse non mi sono
spiegato a dovere…il ragazzo ha detto…”
“Ho capito benissimo cosa ha detto, sciocco!” sibilò
Voldemort “ed era proprio ciò che speravo di sentirgli dire!”
“Ma il ragazzo si è rifiutato di sottomettersi al vostro
volere…”
“Infatti. Se Salazar si fosse
sottomesso al mio volere senza obbiettare…allora sì che sarei deluso.”
“Temo di non capire …”
“Non capisci, Lucius? La cosa mi sorprende, non ti
credevo così ottuso.”
“Spiegatemi voi, mio Signore.”
Voldemort si volse a guardarlo. “Non mi serve un altro servo, Lucius…ne ho più che a sufficienza. Mi
serve qualcuno che possa davvero essere un mio
pari…come lui” un sorriso folle comparve sul suo volto demoniaco, e i suoi
occhi scarlatti si accesero come braci “è ambizioso e indipendente…ed i suoi
poteri sono tali da superare ogni immaginazione, questo l’avevo già capito
prima ancora di vederlo nascere…ha in lui tutta la forza e l’orgoglio di
Serpeverde. Sì, sarà un erede perfetto…dovremo solo essere pazienti…attendere
che sia lui stesso ad aprire il suo cuore
all’oscurità…e non dubito che questo accadrà presto. Molto, molto presto. E nel
caso dovesse tardare basterà dargli un piccolo…incoraggiamento.”
Scusate se
questo capitolo è un po’ sconclusionato, ma ho avuto pochissimo tempo per
scrivere (tutto merito di mio padre…ma vi pare normale uno che a 50 anni passa
pomeriggi interi a giocare coi videogiochi impedendo
al resto della famiglia di utilizzare il PC?!)
Oltretutto ho
sempre qualche difficoltà a rappresentare il personaggio di Douglas/Salazar: è
un personaggio con una personalità molto particolare, piena di luci e ombre,
quindi scusate se non lo rendo molto bene…
Fra l’altro
vorreiringraziare tutti coloro che hanno commentato questa storia…grazie infinite,
siete fantastici!!
E poi cos’altro? Ah, giusto…auguro a tutti un
buon Natale e un felice anno nuovo! (sì, insomma…W l’originalità!)
Harry represse a fatica uno sbadiglio, rigirando fra le mani una matita
senza sentire nemmeno una parola di ciò che il profess
Harry
represse a fatica uno sbadiglio, rigirando fra le mani una matita senza sentire
nemmeno una parola di ciò che il professor Ruf stava dicendo. Dopo aver sentito
le prime sei parole del discorso aveva capito che doveva essere qualcosa a
proposito di un accordo fra maghi e vampiri siglato
intorno a 1600, ma a chi importava? Quello sembrava essere un pensiero comune a
tutta la classe: accanto a lui Ron stava osservando con interesse il volo di
una mosca, così come praticamente tutti i presenti.
L’unica a prestare attenzione era Hermione. Anzi, no…anche Douglas era intento
ad ascoltare e a prendere appunti.
Harry
non riusciva in nessun modo a togliersi dalla mente il Marchio Nero che aveva
visto impresso sul polso di Douglas.
Poteva
davvero fidarsi di qualcuno che portava quel Marchio sulla propria pelle? Harry
ripensò alla reazione furibonda del ragazzo quando Hermione gli aveva tolto
l’orologio, esponendo il Marchio Nero. Per un attimo i suoi occhi si erano come
incendiati, e i suoi bei lineamenti si erano trasformati in una maschera di
collera spaventosa. Era davvero sembrato…un’altra persona.
Sembrava…
No,
non doveva nemmeno pensarci. In fondo non era colpa di Douglas se aveva quel
Marchio impresso sulla pelle: non aveva certo chiesto lui di essere Marchiato
alla nascita.
Ma se
avesse potuto decidere, cosa avrebbe fatto? In fondo cosa
sapevano loro dei pensieri che si agitavano nella mente di quel ragazzo?
Le
parole di Silente gli tornarono alla mente, stranamente distanti, come
ovattate.
Mi è sembrato di vedere qualcosa in quel
ragazzo…un lato oscuro…che gli cresce dentro come un tumore…
Sì,
Harry ne era certo: quella mattina avevano visto quell’oscurità,
quel tumore, agitarsi in fondo agli rossi di Douglas.
Insegnategli cosa sono amicizia, lealtà
e rispetto…
Belle
parole, quelle di Silente…ma loro sarebbero davvero stati capaci di farlo? In
fondo Voldemort aveva solo un anno più di loro quando aveva definitivamente
compiuto la sua scelta fra Bene e Male…forse per suo figlio sarebbe
stata la stessa cosa.
Forse
era già troppo tardi.
Durante
la lezione di Cura delle creature magiche Harry notò che Hagrid sembrava
nervoso. Li aveva salutati appena con un cenno della mano, e continuava a
lanciare delle strane occhiate a Douglas.
“Avete
visto Hagrid?” sussurrò Ron, avvicinandosi ad Harry e
Hermione con la scusa di aiutarli a tenere fermi un Asticello particolarmente
vivace “sembra fuori di sé…”
“La
cosa non mi sorprende” disse Hermione, continuando ad armeggiare con
l’Asticello “voglio dire, Hagrid ha conosciuto personalmente Voi-Sapete-Chi
quando aveva più o meno la nostra età e, stando a quanto mi ha detto Ginny,
Douglas gli somiglia in maniera impressionante. E’ ovvio che Hagrid sia
così…nervoso. Sono certa che Silente lo ha messo al
corrente dell’identità di Douglas.”
“Senza
contare che Hagrid ha un vecchio rancore verso Riddle” concordò Harry,
guardando il gigantesco guardiacaccia muoversi fra gli studenti, evitando
ostinatamente il punto in cui si trovava Douglas “insomma, Riddle lo fece
espellere per una morte che lui stesso aveva causato…”
“Serve
aiuto?” domandò in quel momento Douglas, avvicinandosi a loro “io il mio
disegno l’ho già finito, potete copiare direttamente
da qui...gli Asticelli sono particolarmente difficili da tenere fermi, vero? ”
Hermione
aggrottò la fronte. “Come diamine hai fatto a convincere il tuo Asticello a
stare fermo?” borbottò irritata, mentre il suo Asticello tentava in tutti i
modi di staccarle una mano.
“Pietrificus
totalis” mentì Douglas. Non gli pareva una buona idea
dire in giro di aver approfittato della situazione per esercitarsi con la
Maledizione Imperius.
“Ehi,
questa sì che è un idea!” esclamò Ron “sei un genio,
Doug!”
“Modestamente…”
“Allora,
Hagrid” disse Harry, rimettendo un paio di asticelli
nelle casse “come hai passato l’estate?”
Lui,
Ron, Hermione e Douglas erano rimasti dopo la fine
della lezione per aiutarlo a rimettere a posto gli Asticelli, ma Hagrid
sembrava più che determinato ad ignorare la presenza del quarto ragazzo.
“Le
vacanze? Ah, sì, insomma…ci ho avuto da fare, sì. ‘Azie, Ron” borbottò,
impilando alcune casse.
“Per
conto dell’Ordine?” domandò innocentemente Hermione. Hagrid sussultò e inciampò
all’indietro, rischiando quasi di trasformare Ron in una frittella. Si guardò intorno nervosamente, poi tornò a guardare Hermione.
“Non
parlare così ad alta voce” quasi la supplicò “lasciate perdere l’Ordine,
ragazzi, non è il caso…”
Fu
interrotto da un’imprecazione: un Asticello particolarmente nervoso era
riuscito ad uscire, e adesso stava cercando in tutti i modi di cavare gli occhi
a Douglas.
Il
ragazzo lo colpì, scaraventandolo a terra. L’Asticello fece per saltargli di
nuovo addosso, e Douglas estrasse la bacchetta. Ci fu un lampo di luce
accecante, e un attimo dopo dell’Asticello non era rimasto
altro che un mucchietto di legno carbonizzato.
“EHI,
TU!” ruggì Hagrid, parandosi di fronte a Douglas. Harry non ricordava di averlo
mai visto così infuriato. “SI PUO’ SAPERE CHE TI E’ SALTATO IN MENTE, EH?”
Douglas
aveva un taglio sanguinante su una guancia, e sembrava altrettanto furioso. “Che cosa mi è venuto in mente? Nel caso non te ne fossi accorto, grosso idiota, quella cosa stava cercando di
cavarmi gli occhi! Avrei dovuto forse lasciarlo fare?!”
“E ALLORA AVANTI, AMMAZZIAMOLO!” ululò Hagrid. Sembrava aver
perso del tutto il controllo. “CATTIVO SANGUE NON MENTE! SEI
PROPRIO COME TUO PADRE, SAI? UGUALE A LUI! ANCHE DA RAGAZZO NON GLI
IMPORTAVA NULLA DEGLI AL…”
Hagrid
si bloccò, rendendosi conto solo in quel momento di quello che stava dicendo.
Per un attimo Harry pensò che Douglas stesse per sollevare la bacchetta, poi il
ragazzo parve cambiare idea. Quando
parlò, la sua voce era intrisa di una collera gelida.
“Io
torno al castello, ragazzi. Voi restate pure ad aiutarlo. E comunque,
professore” pronunciò l’ultima parla
con una smorfia amara, voltando loro le spalle e avviandosi verso il castello
“se vogliamo proprio parlare di ‘sangue cattivo’…bè, il Mezzogigante qui non
sono io.”
Avvenne
tutto in così in fretta da coglierli di sorpresa: Hagrid scattò in avanti con
una velocità sorprendente per la sua stazza, sollevando il pugno destro.
Douglas ebbe a malapena il tempo di voltarsi.
“Hagrid,
NO!” urlò Hermione, ma era troppo tardi: il pugno di Hagrid si era abbattuto
contro il fianco sinistro del ragazzo con forza spaventosa. Harry udì
chiaramente lo spaventoso crack delle
costole che si spezzavano, e Douglas crollò a terra come un albero abbattuto,
senza emettere neanche un grido.
La collera di Hagrid svanì d’improvviso, e il
guardiacaccia fece un passo indietro, fissando inorridito il corpo esanime di
Douglas.
“Lui…no, no che non è morto, non è stato nulla…”balbettò Hagrid, chinandosi a sua volta sul corpo di Douglas “è
stato solo…nulla di grave…vero…?”
E invece era chiaramente qualcosa di grave: Douglas era
privo di sensi, e il suo respiro era poco più di un rantolo. Un rivolo di
sangue scuro gli usciva dall’angolo della bocca, creando uno spaventoso
contrasto sulla pelle color marmo. Harry deglutì un paio di volte prima di
trovare la forza di parlare. “E’ancora vivo, ma respira a fatica. Ha bisogno di cure immediate, dobbiamo portarlo subito in
infermeria.
“In…infermeria?” chiese Hagrid con una voce a bambino
sperduto. Harry non poteva biasimarlo: come avrebbe potuto spiegare l’accaduto?
“Sì, Hagrid, in infermeria” disse Ron “penseremo dopo a cosa raccontare, va bene? Adesso aiutaci, dobbiamo…”
”Forse…forse non servirà portarlo in infermeria” tentò Hagrid “forse adesso
apre gli occhi…non è nulla di grave…”
“Ragiona, Hagrid!” esclamò Hermione, esasperata “è più
morto che vivo, se non riceve cure immediate morirà!”
In quel momento Douglas emise un rantolo soffocato, e un
altro fiotto di sangue gli uscì dalla bocca. Pallidissimo, Hagrid annuì. “Sì,
hai ragione, noi…io…ce lo porto subito” disse,
sollevando il ragazzo fra le braccia. In confronto al gigantesco guardiacaccia,
Douglas non sembrava più grande di un bambino.
Hagrid corse verso il castello, seguito a ruota da
Harry, Ron e Hermione.
Douglas tentò inutilmente di aprire gli occhi. Gli
sembrava che ogni palpebra pesasse una tonnellata. Tentò di muoversi, e una
fitta di dolore atroce gli attraversò il torace come una scossa elettrica. Ma cosa…?
Ah, giusto, il Mezzogigante. Ricordava di averlo visto
precipitarsi verso di lui con un pugno alzato, poi più nulla. Evidentemente lo
aveva colpito, e a giudicare dal dolore che provava ad ogni singolo respiro
doveva avergli fracassato diverse costole. Bè, davvero magnifico: un ottimo
modo per iniziare l’anno scolastico.
Con uno sforzo immane Douglas riuscì ad aprire gli
occhi. Sbatté le palpebre un paio di volte, tentando di mettere a fuoco quanto
lo circondava. Era sdraiato su un letto dell’infermeria, sepolto da una
quantità impressionante di coperte. Ragazzi, se faceva caldo.
Avevano decisa di soffocarlo o cosa?
“Buongiorno, Salazar”disse tranquillamente una voce
accanto a lui. Douglas si voltò a sinistra e vide Silente, seduto su una sedia
accanto al letto.
“Buongiorno…professore…” la voce gli uscì stranamente
rantolante, e gli parve che la sua cassa toracica stesse per spaccarsi in due.
Silente gli sorrise, tendendogli un bicchiere.
“Bevi questa, ti farà bene. E non fare caso al dolore, passerà entro un paio d’ore. Sono
le costole che stanno tornando a posto.”
Douglas bevve la pozione che Silente gli aveva dato.
Aveva un sapore strano, ma per niente sgradevole, e il sollievo che gli procurò
fu immediato.
“Da quanto…sono qui?”
“Da ieri mattina” disse tranquillamente
il Preside, rimettendo il bicchiere sul tavolo “oggi è martedì mattina.
Madama Chips ci ha messo un bel po’ a sistemarti, sai. Avevi parecchi frammenti
d’osso all’interno dei polmoni, e per un attimo abbiamo temuto di averti perso.”
Douglas rabbrividì, sentendosi improvvisamente esausto
e debole al pensiero del pericolo corso. La morte gli era arrivata così vicino
che lo aveva praticamente sfiorato. La Morte…
“Non voglio…morire…” mormorò quasi fra sé, fissando il
soffitto con le pupille dilatate.
“Non morirai” lo rassicurò Silente, ma con un ombra di tristezza negli occhi “non ancora. Sei ancora
troppo giovane per pensarci, non trovi? Ora devi
pensare innanzitutto a vivere. Tuttavia ricordati
sempre una cosa, ragazzo…senza la Morte, non esisterebbe la Vita. Capisci cosa
voglio dire, Salazar?”
Poteva anche star parlando cinese, per quello che
capiva Douglas. Tuttavia il ragazzo annuì. “Sì,
signore.”
Silente non parve convinto, ma decise di cambiare
argomento. “In ogni caso” proseguì “stai reagendo
ottimamente alle cure. Entro domani sarai come nuovo, e probabilmente potrai
uscire nel tardo pomeri…”
“Mi scusi, professore” lo interruppe Douglas “ma io
preferirei…andare a lezione, domattina.”
Silente sollevò
un sopracciglio. “Sei sicuro di essere abbastanza in forze?”
“Sì, signore, domattina starò benissimo. Ho già perso
un’intera mattinata, e non voglio perdere altre lezioni.”
Ci fu un breve silenzio, poi il
Preside annuì. “Come vuoi, parlerò con Madama
Chips e le dirò di lasciarti uscire domattina. Ma
dovrai tornare qui nel pomeriggio per controllare la situazione, intesi?”
“Intesi.”
“Bene” disse Silente, alzandosi e dirigendosi verso la
porta “andrò ad avvertire gli altri che stai meglio.
Erano tutti terribilmente preoccupati per te, sai. La piccola Ginny Weasley era
quasi in lacrime.”
“Oh” Douglas non sapeva bene cosa dire. Certo, era bello sapere che gli altri si erano preoccupati per lui. Un
pensiero improvviso lo colpì. “Signore…”
Silente, che si era appena alzato,
tornò a guardare il ragazzo. “Cosa?”
“Quali saranno le conseguenze per il professor
Hagrid?”
Silente si schiarì la gola, poi
fissò il ragazzo dritto negli occhi. “Questo dipende da te” disse alla
fine “ufficialmente si è parlato di un incidente con un animale selvatico,
ma…Salazar, tu vuoi
che ci siano delle conseguenze per Rubeus Hagrid?”
“Considerato il fatto che mi
ha quasi ammazzato mi sembra il minimo, no?” disse freddamente Douglas.
Il Preside annuì. “Hai ragione,
Hagrid ha sbagliato. Ma non giudicarlo troppo
severamente, Salazar. Il fatto che tu lo abbia chiamato…”
“Ha cominciato lui!” esclamò
Douglas, ignorando le fitte al torace “LUI ha cominciato ad insultarmi!
Io gli ho solo risposto allo stesso modo!”
“Salazar, io capisco…”
“Lui non aveva diritto di parlarmi in quel modo!
Proprio nessun diritto!” quasi urlò Douglas.
Silente sospirò, tornando a sedersi accanto al
ragazzo. “Posso immaginare come le parole di Hagrid ti abbiano
ferito, Salazar, ma credo- anzi, sono sicuro- che Hagrid non avesse
davvero intenzione di offenderti. La sua collera non era diretta verso di te,
ma verso tuo padre. Lui ha creduto di vederlo in te.”
“Che cosa è successo fra lui
e mio padre?”
“Voldemort lo
fece espellere quando erano ragazzi, per una colpa che Hagrid non aveva
commesso” disse Silente “per la morte di una ragazza, per l’esattezza.”
Douglas spalancò gli occhi. “Quando
mio padre aprì la Camera dei Segreti, vero?”
“Proprio così. Voldemort - o Tom Riddle, come
preferisci - liberò il Basilisco rinchiuso nella Camera, causando la morte di
una ragazza. In seguito fece ricadere la colpa su Hagrid, che venne espulso.”
“Capisco.”
“Un’ultima cosa” disse Silente “tua madre non sa nulla
dell’ accaduto. Ha già dovuto sopportare molto, e non
me la sono sentita di darle un ulteriore preoccupazione.
Ovviamente, se ciò che è realmente accaduto fra te e Hagrid
sarà reso noto…”
Tenne la frase in sospeso, guardando gli occhi
scarlatti del ragazzo. Douglas esitò un istante, poi chiese: “E ho la vostra
parola che quest’episodio non si ripeterà?”
Silente annuì. “Posso garantirti che Hagrid non alzerà
più un dito sulla tua persona. Ti assicuro che quando ti ha portato qui era
sconvolto da ciò che aveva fatto.”
Douglas sospirò. “Bè, allora…va bene, non dirò nulla.”
Silente gli sorrise. “Ti
ringrazio, Salazar. E’ stato un gesto molto nobile da parte tua. Ora sarà
meglio che ti lasci riposare, se Madama Chips si accorge che sono ancora qui
potrebbe decidere di staccarmi la testa.”
A proposito di Madama Chips…
“Ah, professore...”
“Dimmi, Salazar.”
Douglas tirò fuori un gigantesco blocco di cioccolato
da sotto il cuscino. “Sono pieno come un uovo, ma quella vecchia mege…volevo
dire, Madama Chips vuole che lo finisca. Non è che ne
vuole un pezzo?”
“E così Silente ha detto che Doug tornerà stamattina, eh
“E così Silente ha detto che Doug tornerà stamattina, eh?”
disse Fred, addentando un biscotto “sono lieto che non sia stato nulla di
grave, sarebbe stato un bel guaio per Hagrid…”
“Credimi,
Fred…era grave” disse
cupamente Hermione “ha davvero rischiato di morire. Hagrid si è
comportato da autentico sconsiderato.”
“Secondo
me se l’è meritato” intervenne Ron “non avrebbe dovuto
insultare Hagrid!”
“Ti
ricordo che è stato Hagrid a cominciare” ribatté severamente Hermione “hai
sentito anche tu cosa gli ha detto.”
“Bè…”
Ron sembrava cercare febbrilmente una buona scusa “lo credo bene che era furioso! Dopo quello che gli ha
fatto Riddle…”
Ginny
gli scoccò un’occhiata al vetriolo. Aveva le occhiaie, e sembrava reduce da una
notte insonne. “Possibile che tu sia così stupido, Ron?” sbottò, esasperata “Douglas
non è suo padre, per quanto possa assomigliargli!
Capisco che ad Hagrid ricordasse Tom, ma questo non
gli dava il diritto di trattarlo in quel modo!”
Hermione
sentì il campanello di allarme nella sua mente suonare
ancora più forte.
“Ehi,
adesso calmatevi” intervenne George “Doug sta bene,
no? Incidente chiuso.”
“Sono
d’accordo con George” disse Harry, aprendo bocca per la prima volta “e poi
Douglas ha deciso di non rivelare come sono andate realmente le cose. E’ stato
un bel gesto da parte sua.”
“Le
tue parole mi lusingano” disse una voce alle su
spalle. Era Douglas.
“Ehilà,
Doug!” esclamò Fred “come va, amico? Tutto bene,
spero.”
“Abbastanza
bene, sì” rispose Douglas, sedendosi a tavola. Harry notò che sembrava smagrito,
e le guance erano più incavate del solito.
“Non
fai colazione?”
“No,
grazie. Madama Chips mi ha letteralmente imbottito di cioccolata, e se mangio
qualcos’altro giuro che vomito. Lei non era molto contenta dilasciarmi uscire, sapete.”
“E
tu perché sei uscito?” chiese George “cioè, non è che
io non sia contento che tu stia bene, ma se potevi prenderti un'altra giornata
di vacanza…”
Douglas
si strinse nelle spalle. “No, ho preferito evitare di perdere un'altra mattinata
di lezioni.”
Harry
si accorse che Ron aveva voltato la testa dall’altra parte per non vedere lo
sguardo di approvazione che Hermione aveva lanciato a
Douglas.
“E poi” proseguì Douglas “sono curioso di vedere che tipo è
questo professor Bowden. A proposito, voi avete già avuto una lezione con lui. Che ne pensate?”
“Non
è male” disse Fred “ci ha dato alcune istruzioni, poi
è passato alla difesa pratica. Tutto sommato una
lezione tranquilla.”
“E’
in gamba” concordò Ginny “trovo sia un ottimo insegnante.”
“E meno male” commentò Hermione, mettendo via un paio di
pergamene “quest’anno abbiamo i G.U.F.O, ci voleva proprio un professore di
Difesa competente…”
Ron
emise un gemito. “Hermione, potresti piantarla di ricordarmi quei dannati esami
ogni momento della giornata? Mi sembri mia madre!”
“A
proposito” disse in fretta Douglas, cercando di cambiare argomento e di salvare
Ron da una tragica fine per mano di Hermione “Difesa contro le Arti Oscure è in seconda ora…chi abbiamo in prima?”
“Divinazione”
disse Harry in tono cupo, massacrando un toast assolutamente innocente.
Douglas
aggrottò la fronte. “Ed è così tragico?”
“Mettila così” rispose Harry, alzandosi “la Cooman ha la simpatica abitudine di annunciarmi che sto per morire
ogni volta che mi vede. Scommetto che se è già al corrente
della tua identità comincerà a predire qualche orribile disgrazia anche a te.”
Douglas sospirò. “Non vedo l’ora…”
“Meno male che ho lasciato Divinazione il terzo anno,
la Cooman è un insegnante atroce e un autentica impostora.
Nulla di ciò che dice si è mai avverato.” commentò
Hermione, radunando i libri sparsi sul tavolo. “Quasi nulla” la corresse Harry “alla fina
del terzo anno ha predetto che Codaliscia sarebbe scappato per…”
“E’ solo l’eccezione che conferma la regola” tagliò
corto Hermione “in ogni caso, Douglas, se tieni alla tua sanità mentale
limitati e fare sì con la testa ed ignora ciò che dice.”
“Lo terrò a mente.”
Douglas
impiegò circa dieci minuti a decidere che la Divinazione non faceva per lui. Cioè, questo lo sapeva già da un pezzo, ma almeno l’insegnante
che aveva ad Haven era relativamente normale. Sibilla Cooman, invece, era
indubbiamente sciroccata.
Da
quando erano entrati nell’aula, la Cooman non aveva fatto altro che fissare lui
ed Harry con aria stralunata e a farneticare oscuri presagi, fra cui una morte
cruenta e drammatica per Harry (appunto) e una prossima ‘perdita dell’anima’
per Douglas. Bè, almeno non gli aveva detto che sarebbe morto: meglio perdere
l’anima, grazie tante.
“Allora”
tentò di nuovo Ron, fissando il libro con l’espressione di chi non sta cercando
di decifrare dei geroglifici “avete sognato qualcosa di particolare,
ultimamente?”
Harry
scosse il capo. “Io no. Doug?”
“Bè,
ieri notte ho sognato che un troll mi stava prendendo
a mazzate sullo sterno, ma credo che questo sia dovuto all’incidente di
lunedì.”
“Andrà
benissimo” disse in fretta Ron, continuando a sfogliare il
libro “allora…ah, sì, quand’è che sei nato?”
“La
notte fra il 29 e il 30 luglio” disse distrattamente Douglas “non so
esattamente quale dei due, date le circostanze non è che mia madre avesse con sé un orologio al momento del…”
“AH!”
Harry
emise un gemito, portandosi una mano alla cicatrice. Ron lasciò cadere il
libro, allarmato. “Harry, che succede? E’ la cicatrice, vero?”
“Sì…sì”
disse Harry, mentre la cicatrice continuava a dolergli “lui…è contento.”
“Tu-Sai-Chi, vuoi dire?” chiese ansiosamente Ron, dimentico
della presenza di Douglas.
“Sì”
disse piano Harry “è compiaciuto…molto
compiaciuto…vuole ricompensare una persona che gli ha dato una risposta…in cui sperava…”
Douglas
sentì il suo cuore saltare un battito. “Tu…tu puoi sentire i pensieri di mio padre?”
Harry
annuì, constatando con sollievo che il dolore alla
cicatrice stava svanendo.“Sì…cioè, più o meno. Non proprio i pensieri, diciamo che riesco
a captarne le emozioni…qualche volta.”
“E ogni volta ti fa male la cicatrice?”
“Esatto.
Silente dice che tuo…che lui ha involontariamente creato un legame fra noi…la
notte in cui tentò di...”
In quel momento la Cooman passò vicino a loro, e i tre
ragazzi tacquero, abbassando il capo sui libri.
“Devi
assolutamente parlarne con Silente” ripeté Hermione per la quarta volta, mentre
si dirigevano verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure “promettimi
che lo farai appena finite le lezione, Harry.”
“E
va bene, va bene, te lo prometto” sospirò Harry “ma non credo sia nulla di allarmante…mi è già capitato altre volte, ricordi?”
“Ma questa volta non è la stessa cosa!” esclamò Hermione “e
poi quest’informazione potrebbe essere utile all’Ordine. Insomma, se Tu-Sai-Chi
era così contento non può essere nulla di buono…”
Presi
dalla loro discussione, né Harry, né Ron né Hermione si accorsero che Douglas
era rimasto indietro, immerso nei suoi pensieri. Non poteva fare a meno di
domandarsi se lo stato d’animo di suo padre potesse
essere in qualche modo collegato a lui. E se fosse
stato così? Cosa c’era nella sua risposta che potesse
rendere il Voldemort così compiaciuto? Forse soddisfatto di sapere che suo
figlio era così potente, o forse…
Un
bisbiglio attirò la sua attenzione. “Mio Principe…”
Douglas
si volse per vedere un ragazzo biondo sbucare da un aula
vuota, con un grosso pacco sotto il braccio.
“Malfoy!”
sibilò “che cosa ci fai qui?”
Malfoy
si guardò intorno con aria circospetta, poi gli tese
il grosso pacco. “E’ da parte del Signore Oscuro”
bisbigliò in fretta. Douglas prese il pacco: era piuttosto pesante.
“Che roba è?”
“Questo
non mi è stato riferito. Mi è stato solo ordinato di tenermi a tua disposizione
per…‘aiutarti a mettere a frutto il contenuto’. Non so altro.”
Douglas
notò che Harry, Ron e Hermione avevano già svoltato l’angolo. Se non si fosse sbrigato sarebbe arrivato in ritardo alla
lezione di Difesa contro le Arti Oscure.
“Lo aprirò più tardi” disse freddamente, infilando il
pacco nella borsa e incamminandosi lungo il corridoio “ti farò
sapere appena potrò, Malfoy. Ora vattene da qui, non devono
vederci insieme. E ricorda che non ci siamo mai incontrati.”
“Buongiorno,
ragazzi” disse cortesemente Geoffrey Bowden, guardando gli studenti seduti
nell’aula “permettetemi di presentarmi: sono il
professor Bowden, e sono il vostro nuovo insegnante di Difesa contro le Arti
Oscure. Parla pure, signor…?”
“Weasley”
disse Ron “ehm…lei è proprio quel Geoffrey Bowden, vero? Il celebre Auror?”
Bowden
annuì con un lieve sorriso. “Ex Auror, per la precisione. Sono in pensione da
diversi anni, ormai. Quello dell’Auror è un mestiere alquanto turbolento, e io
sono un tantino troppo vecchio per certe cose.”
Harry
non potè fare a meno di pensare che, a confronto con Moody, Bowden non sembrava
affatto un Auror: di media statura, coi capelli
ingrigiti, miti occhi nocciola e un tono di voce sereno e pacato, sembrava
piuttosto un rispettabile funzionario del Ministero.
“Allora”
proseguì Bowden “le cose fondamentali da imparare nella Difesa
contro le Arti Oscure sono, ovviamente, gli incantesimi difensivi e le
controfatture. Chi di voi sa spiegare la differenza tra
fatture e controfatture?”
La
mano di Hermione scattò in aria.
“Prego,
signorina…?”
“Granger.
La differenza fra fatture e controfatture è solo legale. Per
‘controfattura’ si intende una fattura usata solo a scopo di difesa, ed
è quindi approvata dalla legge.”
Bowden
sorrise caldamente. “Ottimo. Cinque punti a Grifondoro. Ora, come diceva la
signorina Granger, le fatture possono essere usate sia per l’attacco che per la
difesa. Sperando che nessuno di voi sarà mai costretto
a farne uso, voi sia chiaro che quanto vi insegnerò dovrà essere usato esclusivamente in caso di grave pericolo
e con la massima attenzione.”
Gli
studenti annuirono, impazienti di sapere altro.
“Ma
prima di arrivare alle controfatture” continuò Bowden “desidero insegnarvi
alcune semplici ma efficaci incantesimi di difesa, primo fra
tutti il Sortilegio Scudo. C’è qualcuno in questa classe che è in grado
di usarlo?”
Harry,
che aveva imparato ad usarlo l’anno precedente in occasione del Torneo Tremagli, alzò la mano e fece vagare lo sguardo per
la classe. Non fu sorpreso di vedere che anche Douglas aveva alzato la mano.
Harry
vide un lampo negli occhi di Bowden, e capì che doveva aver riconosciuto
Douglas. Bene, quello era un bel modo per constatare
personalmente quanto poteva essere potente quel ragazzo.
“Molto
bene, signor…?” fece Bowden, fingendo di non conoscere il suo nome.
“McKnight,
professore” rispose Douglas, guardandolo fissamente. Bowden resistete per
qualche istante, poi, con grande soddisfazione di
Douglas, distolse lo sguardo per primo.
“Bene,
signor McKnight…ti dispiacerebbe venire qui per dare
una dimostrazione pratica alla classe?”
“Ma certo.”
Douglas
si alzò e si diresse tranquillamente verso la cattedra. E
così voleva capire quanto era forte, eh? Bene, lo avrebbe accontentato.
“Ora” disse Bowden ad alta voce, rivolgendosi
a tutta la classe “lancerò un Incantesimo di Disarmo verso il signor McKnight,
e lui userà il Sortilegio Scudo per proteggersi e
rimandare indietro l’incantesimo. Prestate attenzione, per
cortesia…EXPELLIARMUS!”
“PROTEGO!”
L’Incantesimo
di Disarmo venne respinto senza problemi dal potente
Sortilegio Scudo di Douglas e rimbalzò verso Bowden, che lo schivò per un
soffio. Un mormorio si diffuse per la classe e Harry, Ron, e Hermione si
scambiarono un occhiata. A quanto pareva Silente non
aveva affatto esagerato a proposito della capacità di Douglas.
“Benissimo” disse Bowden, evidentemente impressionato
“questo sì che era un Sortilegio Scudo ben fatto…dieci punti a Grifondoro. Ora, se volete dividervi in coppie e provare…”
“E’
davvero in gamba” commentò Hermionementre uscivano dall’aula “finalmente abbiamo di nuovo un insegnante competente…questa
sì che era una vera lezione di Difesa contro le Arti Oscure.”
“Sono
d’accordo” disse Ron “speriamo di non scoprire che
nemmeno questo qui è il vero Geoffrey Bowden… ehi, Doug, tutto bene?”
“Eh?”
Douglas
si riscosse: il pacco che gli aveva consegnato Malfoy rendeva la borsa
particolarmente pesante, e lui stava letteralmente bruciando di curiosità.
Chissà di che si trattava…se solo quei tre lo avessero lasciato da solo per un
minuto!
“Oh,
sì…sto benissimo, davvero.”
“Davvero
magnifico quel Sortilegio Scudo” dichiarò di Hermione “i miei
complimenti…scommetto che alla tua vecchia scuola lo avevi già studiato.”
Douglas
si strinse nelle spalle. “No, veramente l’ho imparato da solo. A volte studio per conto mio, sai.”
“Oh.”
Hermione sembrava decisamente impressionata, e
l’espressione di Ron si fece di pietra.
“Chi
abbiamo alla prossima ora?” domandò in fretta, cercando di distogliere
l’attenzione di Hermione da Douglas.
“Trasfigurazione” disse Harry “sarà meglio che
ci muoviamo, se arriviamo in ritardo il terzo giorno
la McGranitt ci spella vivi…”
Procedendo
verso l’aula di Trasfigurazione, Harry sentì come una puntura di inquietudine ripensando a ciò che aveva visto durante la
lezione di Difesa contro le Arti Oscure: aveva avuto modo di constatare di
persona le capacità del ragazzo, e questo non lo rendeva affatto tranquillo.
Silente aveva detto che il potere di Douglas sarebbe potuto diventare
devastante, praticamente incontrollabile se usato
nella maniera sbagliata.
Nella
maniera sbagliata…
Harry
si ritrovò a chiedersi quali altre cose Douglas avesse già
imparato ‘da solo’.
“Mi sembra tutto a posto” disse Madama Chips, permettendo a Douglas di
alzarsi dalla sedia “in ogni caso non capisco che frett
“Mi
sembra tutto a posto” disse Madama Chips, permettendo a Douglas di alzarsi
dalla sedia “in ogni caso non capisco che fretta avessi
di andartene a lezione…la salute viene prima di tutto.”
“Sì,
sì” disse in fretta Douglas “ora potrei andare, per
cortesia? Ho molti compiti da fare.”
In
realtà non erano i compiti a mettergli tanta fretta: sperava di riuscire a
tornare nel dormitorio prima che Harry e Ron
tornassero dallo studio di Silente, in modo da riuscire ad aprire in pace quel
benedetto pacco.
Madama
Chips gli lanciò un’ occhiata critica. “Non la mangi,
la cioccolata?”
Esasperato,
Douglas si cacciò in bocca l’intero blocco e lo inghiottì praticamentesenza masticare. “Ecco, l’ho mangiata. Posso
andare ora?”
L’infermiera
si strinse nelle spalle. “Sì, immagino di sì.”
“Grazie
tante” borbottò Douglas, fiondandosi fuori dall’infermeria.
Madama Chips, sospirò, tornando a riordinare alcuni
flaconi. “Secondo me quello lì è anemico, altro che storie…”
Douglas
salì le scale tre gradini per volta, e corse lungo il corridoio verso il
dormitorio dei Grifondoro. Doveva muoversi, Harry e Ron sarebbero potuti
tornare in qualsiasi momento, e allora chissà quando avrebbe più avuto la
possibilità di stare solo. Andava talmente di fretta che non rallentò neppure
al momento di svoltare l’angolo.
Grosso
errore.
SBAM!
“Ouch!”
Ginny
Weasley sentì qualcosa venirle addosso, e un secondo dopo l’urto si trovava praticamente stesa sulla persona che l’aveva travolta.
Sollevò la testa per vederlo in faccia, pronta a mandare al diavolo
quell’idiota.
“Ma perché non guardi dove, RAZZA DI IDIO…oh”
disse senza fiato, accorgendosi solo in quel momento chi l’aveva travolta “oh, accidenti…”
Douglas,
col viso a pochi centimetri da quello di Ginny, fece una smorfia. “Già,
accidenti. Ora potresti alzarti, per favore? Me le hanno appena riparate, le
costole.”
Ginny
si affrettò a rialzarsi, rossa come un peperone. Ma
perché, perché capitavano tutte a
lei?
“Io…ehm…non
mi ero accorta…” tentò di scusarsi “mi dispiace…”
“Figurati
a me” borbottò sarcasticamente Douglas, rialzandosi: ci mancava solo quella
ragazzina a fargli perdere tempo “si può sapere che ti è venuto in mente di
sbucare così all’improvviso?”
“Ehi,
aspetta un attimo” Ginny cominciava decisamente ad
arrabbiarsi “sei tu che mi sei venuto addosso! Potrei sapere perché correvi come se gli avessero appiccato il fuoco ai
pantaloni?”
“Ho
i miei motivi” rispose gelidamente Douglas, recuperando la borsa.
“E questo ti dà il diritto di travolgere cose e persone?”
fece Ginny, piantando le mani sui fianchi in una maniera che a Douglas ricordò
vividamente Molly Weasley. Il ragazzo decise che forse pressione di Ginny decise che era più opportuno essere
gentileera opportuno essere più gentile…in fin dei conti era sempre
sotto esame, e non gli conveniva comportarsi in maniera troppo brusca. Sollevò
le mani in un gesto di resa. “Va bene, va bene, mi arrendo. Hai ragione, andavo di fretta e non ho guardato dove andavo. Colpa mia.
Non ti sei fatta male, vero?”
Ginny
si calmò visibilmente. “No, niente di rotto. E tu?”
“No,
per fortuna. Non voglio più vedere l’infermeria nemmeno in cartolina.”
Ginny
sorrise. “Hai avuto una visita di controllo, vero?”
“Come
lo hai capito?”
“Hai
uno sbaffo di cioccolato sulla guancia.”
Il
ragazzo si passò istintivamente la mano su una guancia, e il
sorriso di Ginny si allargò. “Sull’altra guancia.”
“Oh.”
Douglas cominciava a sentirsi decisamente stupido “bè,
io…ora scusami, ma devo proprio andare. Ho lasciato delle cose nel dormitorio.
Ci vediamo più tardi” disse in fretta, incamminandosi
verso il dormitorio. D’accordo essere gentili, ma non aveva tempo da perdere.
Mentre svoltava nuovamente l’angolo, tuttavia, non
potè fare a meno di chiedersi per quale accidenti di motivo Ginny insistesse a
fissarlo in quel modo. Alla fine
aveva chiesto scusa, no?
Certe volte le persone erano un autentico enigma.
Silente
intrecciò le mani, guardando Harry al di sopra degli
occhiali a mezzaluna. “E’ contento, dici?”
Harry
annuì. “Sì, professore. Ho pensato…”
Hermione
si schiarì rumorosamente la gola.
“Sì,
insomma, Hermione ha pensato che
fosse opportuno mettervi al corrente al corrente di
questo suo…stato d’animo. Se qualcosa lo rende così felice…”
Silente
scosse lentamente il capo. “Direi che ‘felice’ è una parola un po’ grossa…non credo che Voldemort- ti prego di controllarti, signor
Weasley- abbia mai conosciuto in qualche modo la felicità. O
forse sì, ma è stato molto tempo fa. In ogni caso” proseguì “la signorina
Granger ha ragione…se Voldemort è compiaciuto per qualche motivo…questo può
significare solo guai.”
“E…quindi?” fece Ron.
“Passerò
l’informazione all’Ordine e gli dirò di tenere gli occhi ben aperti. Purtroppo
non possiamo fare altro, col Ministero che si ostina a rifiutare di accettare
il ritorno di Voldemort.”
Harry
sentì la collera montargli nel petto. “Credono tutti che io mi sia inventato tutto, vero?”
“Temo
di sì” disse Silente, serafico “non pensarci troppo, Harry…Caramell non potrà
negarlo per sempre.”
“Lo
spero proprio” mormorò Harry in tono cupo.
“Piuttosto”
disse Silente, cambiando argomento “come va con
Salazar?”
Ron
aggrottò la fronte. “Con chi?”
Hermione
sospirò. Possibile che fosse così tardo? “Sta parlando di Douglas, Ron.”
“Oh.
Bè, ecco…mi sembra tutto normale. Giusto, Harry?”
Harry
annuì distrattamente. “Oh, sì. Tutto normale.”
Silente
gli scoccò un occhiata penetrante. “C’è qualcosa che
ti turba, Harry?”
Harry
esitò un istante. “Bè, ecco…è solo che durante la lezione di Difesa contro le
Arti Oscure…”
“Capisco”
disse con calma Silente “il professor Bowden mi ha già messo
al corrente dello spettacolare Sortilegio Scudo di Salazar. Uno dei
migliori che abbia mai visto, mi ha riferito.”
“Altroché!”
esclamò Ron, annuendo con vigore “ha respinto
l’incantesimo del professor Bowden come niente fosse!”
Silente
si limitò ad annuire. “Bene, ora che avete potuto
vedere coi vostri occhi la forza di Salazar credo che potrete immaginare cosa
potrebbe succedere se Voldemort dovesse riuscire a portarlo dalla sua parte.”
Un
lungo silenzio cadde nello studio..
questo gliori che abbia mai visto, mi ha riferito...pettacolare Sortilegio
Scudo di Salazar.
“E
se dovessimo fallire” disse alla fine Ron “se Douglas diventerà come il Signore Oscuro…se si unirà a lui…cosa dovremo fare?”
Gli
occhi di Silente si velarono di tristezza. “Se questo dovesse
accadere...e spero con tutto il cuore che non accada…dovrò optare per una
soluzione drastica, anche se il solo pensiero mi addolora.”
“Che cosa succederebbe?” domandò Harry in un soffio, ma in
fondo aveva già capito.
“A
volte, per il bene di molti…sono necessari dei sacrifici.”
Hermione
si portò una mano alla bocca, inorridita. Harry guardò Silente dritto negli
occhi.
“Lo
ucciderebbe, non è vero?”
Silente chiuse gli occhi, e all’improvviso parve molto
stanco. “Sì, Harry. Se Salazar si unirà a suo padre…allora dovrò eliminarlo
prima che diventi troppo forte.”
Douglas
entrò nel dormitorio, guardandosi attorno. Nessuno: a quanto
pareva Harry e Ron non erano ancora tornati. Tanto meglio.
Ehilà, Doug- lo salutò Raksha-
rieccoti, finalmente. Cominciavo a pensare che ci avessi messo radici, in
infermeri…ehi, e quello cos’è?
“Un
pacco” disse semplicemente Douglas, sedendosi sul letto e appoggiando il pacco
sul copriletto.
Da parte di tua madre?
“No,
Raksha. Me lo manda mio padre.”
Il
cobra sollevò di scatto la testa squamosa.
Stai scherzando, vero? Hai sempre avuto
un pessimo senso dell’umorismo.
Douglas
sogghignò. “Io lo definirei più che altro ‘cinismo’…e comunque
no, non sto scherzando: è davvero da parte di mio padre. A
proposito, se te ne fai uscire una sola parola con Potter…”
Sarò muta comeuna tomba, ragazzo. Ma
tu…stai attento, va bene?
“Agli
ordini, mammina.”
Non fare dello spirito di patata, Doug.
Avanti, apri quell’affare e facciamola finita.
Douglas
tirò un respiro profondo, poi strappò la carta nera che avvolgeva il pacco e lo
aprì.
“Wow…”
ebbe appena il fiato di mormorare, fissando il contenuto del pacco.
Era
un grosso libro rilegato in cuoio, e sembrava molto antico. Lo prese con mani
tremanti, fissandolo quasi con reverenza. “Non ci posso credere…” sussurrò.
E’ solo un libro- sibilò Raksha, con una vaga traccia di delusione- cosa c’è di così speciale?
Douglas
deglutì a fatica. “Raksha, questo non è un semplice
libro…questo è il Libro Proibito. Non esiste mago oscuro che non
venderebbe la propria anima pur di avere solo una manciata
di queste pagine, credimi.”
Il Libro Proibito? Hmm, già il nome mi
suona male…
“E’
un libro sortilegi oscuri” sintetizzò Douglas, continuando a fissare il grosso
volume come ipnotizzato “i più antichi e potenti, per l’esattezza. Alcuni di
questi risalgono alla notte dei tempi, prima ancora
che i Babbani avessero iniziato a costruire le loro civiltà. La maggior parte
della gente considera il Libro Proibito una mera leggenda, e invece…eccolo qui,
fra le mie mani. Non avrei mai creduto di avere una fortuna simile!”
Le
dita bianche del ragazzo sfogliarono le pagine ingiallite, e un foglio cadde a
terra. Douglas lo raccolse.
Era
un semplice pezzo di pergamena dove era stato scritto un breve messaggio con
una calligrafia aguzza e tagliente. Lo lesse ad alta voce, in Serpentese.
Sono certo che questo libro ti sarà utile
come lo è stato a me. Esiste un solo luogo a Hogwarts dove puoi esercitarti con
esso senza pericolo di essere scoperto. E’ un luogo
dove solo pochi eletti con una particolare capacità possono entrare. Non ti
sarà difficile capire a quale luogo mi sto riferendo.
Il
messaggio non era firmato, ma Douglas capì all’istante che doveva averlo
scritto suo padre in persona. Fece Evanescere il pezzo di pergamena con un
gesto della bacchetta e saltò giù dal letto cominciando a camminare avanti e
indietro per il dormitorio, per la prima volta in vita sua incapace di dominare
la propria eccitazione. I suoi occhi emanavano un cupo bagliore scarlatto.
Smettila di camminare su e giù, mi farai
venire il mal di mare- protestò Raksha. Il
ragazzo non le prestò attenzione.
“Un
luogo dove solo pochi eletti possono entrare” mormorò “pochi eletti con una
particolare capacità…ma certo!”
Hai capito a quale luogo si riferiva tuo
padre?.
Douglas
sogghignò. “Oh, puoi scommetterci. E’ molto semplice, a ben
pensarci” disse, nascondendo Libro Proibito nel suo baule e dirigendosi
verso l’uscita.
Ehi, Doug, ora dove stai andando?
“A cercare Malfoy.”
“NO!”
esclamò Ginny, facendo una passo indietro “non possono
fare una cosa del genere!”
Alcuni
ragazzi del secondo anno si voltarono a guardarla.
“Abbassa
la voce” la supplicò Hermione “non farti sentire! Senti, Ginny, noi speriamo
tutti che non sarà necessario arrivare a tanto…”
“Lo
spero bene!”
“…ma se il peggio dovesse accadere…non ci sarebbe altra
soluzione” concluse Hermione.
“Bè…”
Ginny tentò di sorridere “ma non mi sembra ci siano
problemi, no? Douglas sembra a posto.”
Hermione
annuì. “Sì, questo è vero. Sembra che vada tutto bene. A proposito di Douglas,
Ginny, tu…”
“Douglas
non è in dormitorio” disse Harry, entrando nella Sala Comune con Ron “ho
chiesto a Raksha se l’aveva visto, ma ha detto che non era entrato in
dormitorio.”
“Ma non è vero!” esclamò Ginny “io l’ho incontrato appena
mezz’ora fa…andava di fretta, e mi ha detto che stava andando al dormitorio!”
“Allora
Raksha mi ha mentito” disse lentamente Harry “ma perché?”
“Forse…stava
dormendo…e non l’ha visto…?” tentò Ginny, speranzosa.
Hermione
non pareva convinta. “Sì, può darsi…ma questa storia non mi convince. Hai detto
che Douglas andava di fretta, eh?”
“Decisamente di fretta, mi ha praticamente travolta. Sentite, voi non penserete che lui…”
“Forse c’è un modo per sapere dov’è!” intervenne Ron,
guardando Harry “la Mappa del Malandrino!”
“Il
Libro Proibito?” disse Malfoy, spalancando gli occhi per lo
stupore “vorrai scherzare!”
Gli
occhi di Douglas si ridussero a due fessure. “Ho l’aria di uno che sta
scherzando?”
No,
non ce l’aveva. Malfoy deglutì, cercando di recuperare
il controllo. “Chiedo perdono, Mio Principe, non intendevo…”
“Smettila
di scusarti, Malfoy” disse seccamente Salazar “lo vedo
benissimo che se fosse per te non mi parleresti così. A te non piace essere il servo di qualcuno, sei troppo orgoglioso…dico
bene?”
Malfoy
lo guardò un istante, sorpreso, poi scoppiò a ridere.
“Hai colto nel segno, Salazar. No, non mi piace essere servile. Mi umiliavo di
fronte a te solo per volere di mio padre…e del tuo.”
Douglas
sogghignò. “Ma adesso loro non sono qui, quindi puoi
anche piantarla con questa mascherata. E’ di un alleato che ho
bisogno, non di un servo.”
Il
biondino sollevò il mento e lo fissò negli occhi, senza distogliere lo sguardo.
“In tal caso potrai trovare in me il migliore degli alleati.”
Douglas
annuì, compiaciuto. “Lo spero proprio…avrò bisogno del tuo aiuto per mettere in
pratica tutto ciò che ho da imparare sul Libro Proibito.”
“E
dopo cosa hai intenzione di fare?” chiese Malfoy “vuoi
unirti Voldemort?”
“Lieto
di vedere che hai il coraggio di pronunciare il nome di mio padre.”
“Non
sono un vigliacco.”
“No,
non lo sei…sei un Serpeverde, no?”
“Fino
al midollo” rispose orgogliosamente Malfoy “e anche tu, scommetto…peccato che
il vecchio abbia manipolato il cappello. Ma non hai ancora risposto alla mia domanda…cosa intendi
fare?”
“Ancora
non lo so. In ogni caso, se te lo dicessi, ti affretteresti a scriverlo a tuo
padre.”
Malfoy
fece una smorfia. “Io scrivo solo quello che mi va di scrivere. Non sono il
galoppino di nessuno.”
Gli
occhi di Douglas si accesero di scarlatto. “E se ti
dicessi che non mi fido di te?”
“Faresti bene. Non è opportuno fidarsi di nessuno a
questo mondo.”
“Avete
visto?” mormorò Ron, fissando la Mappa con gli occhi sgranati. Una minuscola
figura di inchiostro con sopra scritto ‘Salazar
Riddle’ si stava allontanando da un’altra figura, sotto la quale era scritto il
nome di Draco Malfoy.
Harry
era leggermente pallido. “Stava parlando con Malfoy. Ma
perché?”
“Forse
dovremmo parlargliene” disse Ginny, esitante “forse c’è
una spiegazione…”
Hermione
annuì. “Sì, credo sia il caso…ma non subito, prima dobbiamo cercare la maniera
più opportuna per affrontare l’argomento.”
In condizioni normali Douglas avrebbe impiegato cinque secondi netti per
capire che nell’atteggiamento degli altri c’era qualc
In
condizioni normali Douglas avrebbe impiegato cinque secondi netti per capire
che nell’atteggiamento degli altri c’era qualcosa di insolito,
ma la sua mente era talmente assorbita dal pensiero di possedere il Libro
Proibito che ne impiegò addirittura nove per rendersi conto del fatto che
tutti, persino Fred e George, sembravano insolitamente interessati ai loro
piatti. No, decisamente non erano in grado di fingere
che andasse tutto bene.
“Ehm…tutto
bene?” chiese Douglas, aggrottando la fronte “mi sembrate un po’ strani.”
“Strani?”
ripeté Hermione, con voce incerta “oh, no…va tutto
bene. Vero, Ron?”
“Eh?
Ah, sì…sì, certo. Tutto bene. Perché non dovrebbe?”
Douglas
sorrise fra sé: forse avrebbe potuto usare la Legilimanzia per strappargli il
loro segreto, ma preferiva evitare di usarla sotto il naso di Silente se non in
caso di emergenza. E poi
sarebbe stato divertente manipolarli in modo che parlassero di loro volontà:
era sempre stato bravo in questo.
Il
ragazzo si strinse nelle spalle, sfoderando la sua migliore espressione da
Bravo Ragazzo Assolutamente Ignaro. “Non so…mi sembrate
piuttosto assenti. Mi stavo solo chiedendo cosa ci fosse che non andava”
assunse un’ espressione volutamente preoccupata “non è
per causa mia, vero?”
Bene,
adesso aveva scoperto le sue carte: doveva solo aspettare di vedere chi avrebbe
ceduto per primo.
Hermione
si osservò con interesse le unghie, Fred e George di finsero interessati
qualcosa che stava blaterando Seamus Finnigan a proposito del Quidditch, Ginny
strinse le labbra, Ron arrossì furiosamente e Harry si allentò la cravatta.
Tre,
due, uno…
“Sì”
esclamò all’improvviso Ginny, alzando lo sguardo e sforzandosi di fissare
Douglas negli occhi “ti abbiamo visto sulla Mappa del Malandrino, oggi
pomeriggio. Stavi parlando con Malfoy. Perché? Cosa stavi facendo con lui?”
Tutti
gli occhi erano nuovamente puntati su Douglas. Harry alzò gli occhi al cielo. E meno male che dovevano scegliere un momento opportuno per
affrontare l’argomento…
Douglas
sollevò un sopracciglio. “La Mappa del cosa? Ah,
giusto…è la mappa che mi hai mostrato l’altro giorno,
no?” chiese tranquillamente, prendendo mentalmente nota di trovare un
incantesimo per rendersi invisibile a quel dannato pezzo di carta quanto prima.
Harry
annuì, con la gola secca. Le parole di Silente tornarono ad echeggiargli nella
mente come una litania.
Ho visto un lato oscuro in lui…che gli
cresce dentro come un tumore…dovrà decidere…Luce o Tenebre…Bene o Male…e la
scelta sarà solamente sua…
Forse
i peggiori timori di Silente erano fondati. Forse Douglas era già oltre ogni
loro possibilità di aiutarlo.
A volte, per il bene di molti…sono
necessari dei sacrifici…se Salazar diventerà come suo padre, se si unirà a
lui…allora dovrò eliminarlo…prima che diventi troppo forte…
Harry
strinse gli occhi, domandandosi come Douglas avrebbe
risposto. Con sua grande sorpresa, il ragazzo sorrise.
“Se
è solo questo che vi preoccupa potete stare tranquilli” disse, mettendosi un’altra
fetta di arrosto nel piatto “ieri ho incontrato Malfoy
per caso, mentre andavo in Guferia, e ne ho approfittato per fare una
chiacchierata con lui. Avevo già detto che lo avrei fatto, ricordate?”
Ginny
annuì, notevolmente sollevata. “Sì, ce lo ricordiamo. Cosa gli hai detto?”
Douglas
scrollò le spalle. “Gli ho semplicemente comunicato che, nel caso provasse ad
infastidirci, potrebbe finire in un mare di guai” mentì “non credo che ci darà
alcun fastidio.”
“Oh…”
Hermione si morse un labbro “ma Raksha ha detto che non sei
stato in dormitorio, mentre avevi detto a Ginny…”
Douglas
scrollò le spalle, versandosi dell’altro succo di zucca. “Lo credo bene che non
mi ha visto, quando sono entrato dormiva come un ghiro” mentì spudoratamente
“avete mai sentito di un cobra che russa?”
Gli
altri sorrisero, scambiandosi un’occhiata di sollievo. Anche
Harry si sentiva sollevato, e perché non avrebbe dovuto? La spiegazione di
Douglas era perfettamente plausibile, e non c’era motivo di dubitare della sua
sincerità.
Nessuno di loro notò il lampo di soddisfazione che per
un istante attraversò gli occhi color sangue di Douglas.
Nonostante
fosse giunto alla conclusione che la compagnia di
Harry, Ron e Hermione non fosse poi così male e si fosse persino abituato al
discutibile senso dell’umorismo di Fred e George (anche continuava a non capire
per quale motivo Ginny tendeva a fissarlo ogni volta che credeva di non essere
vista), Douglas non riusciva ad abituarsi al fatto di averli intorno mattina,
pomeriggio e sera.
Era
un tipo solitario, e non amava avere sempre gente intorno. Non che desiderasse
rinchiudersi in un perenne isolamento, questo no, ma era possibile che non si
potessero avere nemmeno un paio d’ore a pomeriggio da passare per conto suo
senza avere sei paia d’occhi puntati addosso?
A
volte pensava che avrebbe volentieri ucciso qualcuno pur di poter avere un po’
di privacy: il pensiero di avere fra le mani il Libro Proibito e di non avere
la possibilità usarlo gli consumava le viscere come veleno. Aveva il Libro,
conosceva il luogo dove avrebbe potuto esercitarsi indisturbato e Malfoy era pronto
a mettersi a sua disposizione…eppure non poteva agire indisturbato come avrebbe
voluto, e tutto perché Potter e la sua banda gli stavano
più attaccati di sanguisughe.
Sebbene
avesse provato parecchie volte l’impulso di cercare di defilarsi di nascosto si rendeva conto che sarebbe stata una pessima
idea: non poteva comportarsi in modo sospetto, si sarebbe solo cacciato nei
guai. Avrebbe semplicemente atteso il momento più opportuno per poter agire
indisturbato e senza destare sospetti.
E finalmente, la terza settimana di scuola, la sua
pazienza venne premiata.
“Sei proprio sicuro di non voler venire con noi?” domandò di
nuovo Ron, infilandosi un maglione pesante per uscire. Cominciava decisamente a fare freddo.
Douglas
gli rivolse un sorriso storto. “Senza offesa, ma vista la situazione creatasi
tra me e il professor Hagrid non fremo dalla voglia di andarlo a trovare.”
Non
si poteva certo biasimarlo, visto l’accaduto. Oltretutto dopo l’aggressione
Hagrid non aveva nemmeno rivolto la parola a Douglas, sforzandosi il più
possibile di ignorare la sua presenza. Harry non
avrebbe saputo dire se era più imbarazzato o
spaventato dalla presenza del ragazzo.
Hermione
aggrottò la fronte. “Douglas, capisco che è difficile, ma se tu fossi disposto a fare uno sforzo…”
Douglas
la fissò dritto negli occhi, irritato. Ma si
decidevano ad andarsene sì o no?
“Io
non ho nessuna intenzione di vederlo” scandì
gelidamente “andate pure voi, vi assicuro che passare qualche ora da solo non
mi ucciderà. E non disturbatevi a salutarlo da parte mia.”
Hermione
aprì la bocca e la richiuse, ma non disse nulla.
Sconfitta, gli voltò le spalle e si affrettò a seguire Harry e Ron fuori dalla Sala Comune.
Douglas aspettò finchè non ritenne fossero
ormai abbastanza lontani, poi prese la borsa e uscì in fretta per raggiungere
Malfoy.
“Lungi
da me l’idea di offendere il tuo grande antenato” commentò Malfoy leggermente
disgustato, mentre camminavano in un lungo tunnel scavato nella roccia “ma che
accidenti passava per la testa di Serpeverde quando ha piazzato l’entrata della
Camera in un gabinetto?”
Douglas
sogghignò. “Forse sapeva che un gabinetto sarebbe stato il luogo meno
sospettabile…oppure aveva semplicemente esagerato col Whisky Incendiario.”
“Se ti sentisse tuo padre …” commentò Malfoy con un ghigno.
“Ma qui non può sentirmi, no?”
“Io
potrei sempre riferirglielo.”
“Provaci
e sei morto, Draco. Ci siamo” disse Douglas, fermandosi di fronte ad una parete
sopra la quale erano scolpiti due serpenti. Gli occhi
di smeraldi dei due rettili scintillarono come se stati fossero veri.
“Fammi
passare” ordinò Douglas in Serpentese. Gli occhi dei due serpenti di pietra
diedero un lampo mentre i due rettili si districavano, e la parete cominciò a
spalancarsi. Douglas fece un respiro profondo, poi entrò
nella Camera dei Segreti, seguito da Malfoy.
“WOW!”
Malfoy non seppe reprimere un’esclamazione di meraviglia. La Camera era molto
lunga, illuminata da due file di torce eterne sulle pareti. Enormi pilastri di pietra formati da serpenti scolpito sostenevano
l’altissimo soffitto, e proprio in fondo alla Camera…
“Accidenti…”
mormorò Douglas, avvicinandosi a guardare l’immensa statua di pietra che
torreggiava su di loro “Salazar Serpeverde…”
“Salazar!”
l’esclamazione di Malfoy richiamò la sua attenzione: il biondino stava
indicando qualcosa che giaceva a pochi metri di distanza dalla statua, qualcosa
di bianco e gigantesco.
Douglas
sentì il cuore accelerare i battiti alla vista dell’enorme scheletro. “Lo
scheletro del Basilisco che Potter ha ucciso!” esclamò, sfiorando le ossa con
le dita “questa sì che è una fortuna!”
Le
ossa di Basilisco, così come il suo sangue e il suo veleno, erano
uno degli ingredienti principali per moltissime pozioni e incantesimi
oscuri. Un solo grammo di polvere di ossa di Basilisco
costava una fortuna…ed ecco a loro disposizione uno scheletro intero.
“Questo
coso è davvero…davvero…” Malfoy sembrava a corto di aggettivi
per la prima volta in vita sua “davvero grosso” concluse.
Douglas
sollevò un sopracciglio. “Ma pensa che sorpresa…questo coso è grosso. Se sei sempre così
perspicace mi sarai di grande aiuto, Draco.”
“E’
una battuta così divertente che mi sono dimenticato di sghignazzare” borbottò
Malfoy.
L’altro
sogghignò, divertito. “Che vuoi farci, non è che venga da una famiglia di simpaticoni…a
proposito…” Douglas si riscosse, ricordando solo in quel momento il motivo per cui erano lì. Tirò fuori il Libro Proibito dalla borsa e
lo aprì, iniziando a sfogliare le prime pagine.
Si
schiarì rumorosamente la gola per attirare l’attenzione di Malfoy, che sembrava
ancora affascinato dallo scheletro di fronte a loro. “Ci vorrà un bel po’ di
tempo prima di essere pronti ad utilizzarlo nella
maniera più appropriata” disse tranquillamente, accennando ai resti del
Basilisco che un tempo aveva custodito la Camera dei Segreti “direi di occuparci
delle Pozioni Oscure più avanti e di cominciare dalle prime pagina del libro,
che ne pensi? Qui c’è una maledizione niente male…”
“E’
una mia impressione o stasera sei particolarmente di buonumore?” fece Ron,
guardando Douglas chiacchierare animatamente con FredGeorge “cioè, non
che di solito tenga il muso, ma non ti avevo mai visto così espansivo.”
Douglas
sorrise, allontanando il piatto e poggiandosi allo schienale. “Tranquillo, non
sono malato, è solo che…ho ricevuto una lettera da mia madre”mentì.
Harry
sentì una lieve fitta di gelosia, e si affrettò a bere dell’altro succo di
zucca. Avrebbe dato qualsiasi cosa per avere anche lui una madre a cui
scrivere.
“Oh”
Hermione sembrava decisamente interessata “dice
qualcosa a proposito dell’Ordine?”
Douglas
scosse il capo. Doveva restare sul vago, o avrebbero capito
che mentiva. “No, niente del genere. Dice soltanto che sta bene, e tanto mi
basta.”
In
realtà non aveva ricevuto alcuna lettera, anzi, non si era neppure curato di
scrivere a sua madre da quando era arrivato ad
Hogwarts. Un lieve senso di colpa gli si contorse in fondo allo stomaco. Magari
le avrebbe scritto quella sera.
No,
il motivo della contentezza di Douglas non aveva niente a che vedere con sua
madre: aveva piuttosto a che vedere con suo padre. Con lui e col Libro
Proibito.
Quel
pomeriggio lui e Malfoy avevano passato più di tre ore
nella Camera dei Segreti, esercitandosi a scagliare alcune fatture oscure che
si trovavano alle prime pagine del libro, e Douglas era rimasto pienamente
soddisfatto del livello raggiunto con la Pietrificazione e la Maledizione dello
Sfaldamento.
C’era
un solo problema: dal momento che la maggior parte delle maledizioni erano mortali o quasi esercitarsi scagliandole su Malfoy non
era consigliabile. Certo, poteva sempre difendersi con un Sortilegio Scudo, ma
anche il quel caso Douglas era costretto a trattenersi per timore di mandare in
frantumi lo Scudo e ferire seriamente Malfoy.
Dov’è chi?
Malfoy? Oh, giusto…bè, credo che potrete trovarne qualche pezzo nella Camera
dei Segreti…oh, no, nulla di che…ci stavamo solo esercitando a scagliare
sortilegi mortali. Niente di preoccupante, sapete…
No,
non gli sembrava una buona idea.
Alla
fine lui e Malfoy avevano deciso che la cosa migliore
da fare sarebbe stata quella di fare un giro nella Foresta Proibita alla prima
occasione e prendere qualche animale da usare come cavia, e Douglas si era
ripromesso che appena fosse riuscito a mettere le mani su un animale abbastanza
grosso si sarebbe dato da fare per migliorare l’Avada Kedrava.
“Ehi,
Doug” lo chiamò Fred, agitandogli la mano davanti agli occhi
“ti spiacerebbe tornare sulla terra?”
Douglas
sbattè le palpebre. “Scusate, sono solo un po’ stanco.
Ho studiato per tutto il pomeriggio.”
Bè,
in fondo non stava mentendo.
“Allora
hai già fatto il tema per Piton?” chiese Ron ,speranzoso.
Douglas annuì distrattamente.
“Sì,
certo. Se vuoi puoi anche guardarlo, basta che non copi parola per parola.”
Ron
sembrava quasi commosso. “Grazie infinite, Doug…tu ci salvi la vita! Sentito,
Harry? Siamo a posto per Pozioni, Doug ci fa vedere il
suo tema!”
Harry sorrise, grato all’idea di non dover passare una notte insonne sui
libri. “Grazie mille, Douglas.”
“Non credo sia il caso” cominciò Hermione “gli esami…”
“Andiamo, Hermione” la interruppe
Ron, esasperato “solo per una volta non crolla mica il mondo, no?”
Hermione guardò il soffitto, chiaramente irritata.
“Ecco
fatto” sospirò Ron, poggiando la penna e mettendo via la
pergamena “grazie ancora, Doug, non hai idea di quanto…”
Douglas
alzò gli occhi al cielo. “Sì, sì, ho capito. Ti ho salvato la vita, tu mi sei
debitore e mi adorerai per i secoli dei secoli e amen. Ora potresti smettere di
ringraziarmi, per favore? E’ già la diciassettesima volta!”
Ron
arrossì furiosamente, mentre Harry finiva a sua volta il tema. Questa volta era
sicuro che Piton sarebbe stato costretto a dargli un buon voto. Hermione era
già andata a dormire, evidentemente contrariata dal fatto che si erano fatti
aiutare da Douglas. Harry si alzò, arrotolando la pergamena.
“Finito”
disse, reprimendo uno sbadiglio “bè, credo proprio che andrò a dormire…tu non vieni, Doug?”
“Andate
voi” disse Douglas, continuando a scrivere su un pezzo di pergamena “finisco la
lettera per mia madre e vengo.”
“Ve
bene. Buonanotte, Doug.”
“ ‘Notte, ragazzi.”
Douglas
scrisse ancora per una decina di minuti dopo che Harry e Ron furono usciti
dalla Sala Comune, poi posò la penna e piegò il foglio di pergamena. Aveva
scritto le solite cose: sì, andava tutto bene. Sì, le lezioni erano
interessanti. No, il Marchio Nero non aveva più bruciato. Sì, si trovava bene coi compagni, lei gli mancava molto e non vedeva l’ora di
rivederla a Natale (come no). Insomma, le tipiche idiozie che si scrivono alle
madri in ansia.
Il
ragazzo si diresse verso la finestra ed emise un fischio acuto in direzione del
cielo stellato. Pochi secondi dopo Eustace si appollaiò sul davanzale.
“Ciao,
bello” mormorò Douglas, legandogli la lettera alla zampa e dandogli un biscotto
che aveva conservato per lui “portala a mia madre, va
bene?”
Appena
lo sparviero si fu allontanato, il ragazzo tornò a sedersi e riprese
la penna in mano, fissando il foglio bianco di fronte a lui. Esitò un
istante. Forse non era il caso…in fin dei conti Malfoy avrebbe
provveduto a informarlo, che lui scrivesse o no…
Gli
tornò in mente il biglietto che era uscito dalle pagine del libro. Era stato lo
stesso Lord Voldemort a scriverlo, ne era certo. Fu questo a deciderlo: con gli occhi ridotti a due fessure, iniziò
a scrivere:
Ho trovato il luogo a cui ti riferivi e
ho iniziato a lavorare sul Libro. Ti ringrazio per questo dono inaspettato, ma
confido nel fatto che tu non sia così ingenuo da credere di potermicomprare in questa maniera. Qualunque sia la
strada che sceglierò di seguire, sappi che la mia vita appartiene a me
soltanto, eche mi riservo il diritto di
farne ciò che più ritengo opportuno.
Tuo…
Douglas
smise improvvisamente di scrivere e si morse un labbro, combattuto, ma la sua
esitazione durò solo un istante. Strinse la penna con forza e vergò le ultime parola con particolare energia:
“Tempaccio schifoso…” borbottò Ron, guardando la pioggia che cadeva
fuori dalla finestra
Il
sibilo di Douglas risuonò sinistramente lungo il tunnel buio. “Fammi passare.”
La
parete si aprì e Douglas entrò nella Camera dei Segreti, questa volta da solo.
Malfoy non aveva potuto accompagnarlo: come Cercatore di Serpeverde aveva
parecchio da fare con gli allenamenti, per via l’imminente partita contro
Grifondoro. Non che la cosa gli dispiacesse più di tanto: era
giunto ad apprezzare la compagnia di Malfoy, ma preferiva che non vedesse
proprio tutto quello che sapeva fare.
La prudenza non era mai troppa. Oltretutto, per fortuna, anche Harry era molto
impegnato con gli allenamenti, e Ron e Hermione lo accompagnavano spesso. Il
risultato era che Douglas aveva parecchio tempo libero per esercitarsi da solo.
Il
ragazzo lanciò un occhiata fuggevole allo scheletro di
Basilisco. Aveva dato un’ occhiata al capitolo
dedicato alle Pozioni Oscure, e aveva scoperto decine di ottimi modi per
utilizzare la polvere d’ossa di Basilisco…tuttavia servivano diversi
ingredienti, fra cui del sangue di unicorno, tutt’altro che facile da reperire.
Douglas aveva concluso che tutto sommato era meglio
aspettare prima di usare quel prezioso scheletro a sproposito: aveva sentito
storie piuttosto raccapriccianti a proposito di persone che avevano sbagliato
nell’adoperare quel genere di ingredienti, e preferiva evitare di correre
rischi. Chissà, forse un giorno sarebbe riuscito a rendersi immortale…ma purtroppo
per il momento non lo era.
Douglas
aprì il libro e ne sfogliò le pagine con le dita pallide, cercando una
maledizione con cui potersi allenare senza uccidere le cavie, dal momento che
aveva a disposizione solo un paio di procioni che Malfoy era riuscito a
catturare nella Foresta Proibita. A dire il vero era riuscito a prendere
parecchi altri animali, che avevano però fatto una fine tutt’altro che
invidiabile. Douglas quasi compativa quelle bestie, ma del resto non aveva
altro modo di esercitarsi. Sempre meglio che usare gli incantesimi sulle
persone, no? A ben pensarci non gli sarebbe affatto dispiaciuto migliorare la
Maledizione Imperius…ma dove accidenti era la pagina? Il ragazzo riprese a sfogliare le pagine ingiallite,
appoggiandosi ad una colonna…
CLACK.
Ci
fu uno scatto secco, e improvvisamente l’appoggio venne meno. Il ragazzo cadde
all’indietro, battendo la testa sul pavimento di pietra.
“Ma
che accidenti…” Douglas si bloccò, senza fiato: nella colonna scolpita si era
aperta una stretta porticina, oltre la quale si vedevano
solo tenebre. Douglas si affacciò con prudenza, la bacchetta sollevata. “Lumos”
mormorò. Una luce bianca sgorgò dalla punta della bacchetta, e Douglas potè
vedere una stretta rampa di scale che scendeva sempre
più sottoterra, perdendosi nell’oscurità. Un passaggio segreto nella Camera dei
Segreti. Bè, aveva una certa logica. Il ragazzo esitò, indeciso se scendere o
no. La parte più razionale della sua mente gli suggeriva di non essere troppo
precipitoso e di essere prudente, ma d’altra parte…era
come se quella porta nascosta lo stesse chiamando.
Certo, Salazar Serpeverde poteva aver nascosto chissà quali insidie lì sotto…ma
del resto lui era un suo diretto discendente, quindi non avrebbe
avuto nulla da temere, giusto?
Douglas tirò un respiro profondo,
poi varcò la soglia. Non successe niente. Tendendo l’orecchio per
cogliere ogni singolo rumore il ragazzo scese un gradino. Poi un altro.
“Sei
in ritardo, Lucius” disse freddamente Voldemort, senza nemmeno voltarsi verso
il Mangiamorte. Lucius Malfoy si inchinò fino a terra.
“Chiedo venia, mio Signore” disse a bassa voce “io…ho
un messaggio da consegnarvi…è arrivato insieme all’ultima lettera di mio figlio
Draco…”
Lord
Voldemort si voltò finalmente a guardare Lucius. I suoi occhi rossi erano
adesso fissi su di lui. “Bene, direi che sei riuscito ad ottenere la mia piena
attenzione. Che genere di messaggio?”
“Non
ho potuto vederlo” rispose Lucius, tirando fuori dal
mantello un foglio di pergamena sigillata con della ceralacca “vi è stato posto
un sigillo magico. Tuttavia è mia convinzione che sia
da parte di…”
“So
bene chi me la manda” disse Voldemort, chiamando a sé
la lettera con un pigro gesto della bacchetta.
Studiò
il sigillo di ceralacca per qualche istante, poi un orribile sorriso privo di allegria si allargò sul suo volto demoniaco. “Ma certo...” bisbigliò, e Lucius
avrebbe giurato di aver sentito qualcosa di molto simile all’ orgoglio sua voce
“un sistema ingegnoso per assicurarsi che solo io potessi leggerla…”
Il
Signore Oscuro mormorò qualcosa in Serpentese, e il
sigillo si spezzò immediatamente. Lucius rimase immobile e silenzioso mentre
gli occhi di Voldemort si muovevano in fretta sulla pergamena. L’espressione
dell’Oscuro era indecifrabile. Poi, d’improvviso, la spaventosa risata di Lord
Voldemort riecheggiò nel salone. Lucius fece istintivamente un passo indietro.
Voldemort
rilesse il messaggio, ancora sogghignante. “Bene” sussurrò “molto, molto bene…”
“Il
messaggio vi ha detto ciò che volevate?”
“Esattamente
ciò che volevo, mio caro Lucius” disse Voldemort con noncuranza, facendo
Evanescere la pergamena “il ragazzo non mi riconosce alcuna autorità
sulla sua vita e sulle sue scelte.”
Lucius
aggrottò la fronte. E questa era una buona notizia?
D’accordo che non doveva essere un servo, ma…
“Vedo
che come al solito non capisci, Lucius” commentò
Voldemort “come ti ho già spiegato mio figlio non è destinato a servirmi, ma ad
essere come me. L’ho eletto mio pari già ben prima che nascesse, e lui lo sa
perfettamente. E’ proprio per questo che non posso costringerlo a seguirmi:
posso solo far leva sulla sua ambizione.”
“Ma…”
“Cercare
di costringere uno come lui ad unirsi al lato oscuro” proseguì
Voldemort, senza dare alcun segno di aver sentito Lucius “è un tentativo
perso in partenza. Salazar non tollererà alcuna costrizione. E questo lo so bene, perché nemmeno io lo sopporterei. Cominci a capire,
Lucius?”
“Sì,
mio Signore.”
“L’Oscurità
è dentro di lui, che Silente voglia ammetterlo o no. Leggere il Libro Proibito
gli mostrerà cosa potrebbe fare se decidesse di unirsi a me.”
Lucius
deglutì prima di parlare. “E se…se il ragazzo si
rifiutasse definitivamente…se decidesse di schierarsi contro di noi…”
“Non
accadrà” disse tranquillamente Lord Voldemort “e nell’improbabile caso che
questo accada…”
La
sua mano si strinse intorno alla bacchetta, e uno spaventoso silenzio scese nella
sala.
“Che ne sarebbe del ragazzo, mio Signore?”
Voldemort
distolse lo sguardo dal Mangiamorte. Una smorfia amara gli distorceva
ulteriormente i lineamenti già di per sé grotteschi. “Sarebbe un avversario
troppo pericoloso, Lucius. Non potrei permettermi di lasciarlo in vita” i suoi
occhi color sangue tornarono a posarsi su Lucius Malfoy “ma come ho già detto,
questo non accadrà…mi assicurerò che veda con i suoi occhi il potere che
potrebbe ottenere unendosi a me. Non come servo, no…come mio erede.”
Rise di nuovo, una risata orribilmente priva di gioia.
Ormai
erano dieci minuti buoni che Douglas scendeva la stretta scalinata di pietra, e
le scale sembravano non finire mai. Nonostante non
avesse ancora incontrato alcun ostacolo, il ragazzo si sentiva nervoso: gli
sembrava di scendere in un pozzo senza fondo, e gli venne da chiedersi se
sarebbe mai arrivato alla fine della scalinata. E se
la porta si fosse richiusa sopra di lui? Sarebbe rimasto intrappolato
all’interno? Lo avrebbero mai trovato?
Sollevò
la testa per guardare, e si tranquillizzò leggermente: il quadrato luminoso
della porta sembrava lontanissimo, ma c’era ancora.
Dal
momento che stava ancora guardando in su Douglas non
si accorse che i gradini erano finiti, e quasi inciampò in avanti.
Il
ragazzo alzò lo sguardo: di fronte a lui c’era una parete con un serpente
scolpito sopra, molto simile alla parete che chiudeva l’accesso alla Camera dei
Segreti. Gli occhi di smeraldi del rettile scintillarono sinistramente alla
luce della sua bacchetta. “Fammi passare”
sibilò Douglas.
Con
sua grande sorpresa la parete rimase sigillata, ma il
serpente parve prendere vita…la sua testa si staccò dalla roccia sulla quale
era scolpita. L’animale sollevò il capo…e i suoi occhi di smeraldo si posarono
sul ragazzo.
Mille anni…- sibilò il rettile- mille anni che attendo…e finalmente qualcuno è giunto. Qual è il tuo
nome?
Douglas
ci mise qualche secondo a registrare ciò che aveva sentito. “Mille anni che
attendi?” domandò “ma l’Erede di Serpeverde è già stato qui, cinquant’anni fa…”
Il
serpente di pietra scosse il capo.
Non qui sotto, e non è lui che io
attendo…non a lui è destinato l’ultimo artefatto creato da Salazar Serpeverde, ma
all’ultimo...io attendo l’ultimo discendente della stirpe di Serpeverde.
Il
ragazzo sentì il suo cuore mancare un battito. “La tua attesa è finita” sibilò
“sono io l’ultimo discendente di Serpeverde.”
Gli
occhi del serpente diedero un lampo. Qual’è il tuo nome,
ragazzo?
Douglas
gli rivolse un sorriso storto. “Mi hanno dato molti nomi.”
Da dove viene il sangue che ti scorre
nelle vene, ragazzo? Da chi hai ereditato il potere di Serpeverde di parlare coi serpenti?
“Da
mio padre” rispose Douglas in un soffio.
E con quale
nome ti conosce tuo padre?
“Lui
mi chiama Salazar.”
Gli
smeraldi che il rettile aveva per occhi lampeggiarono.
Col nome diSalazar è iniziata e col nome di Salazar
finirà…è il cerchio che si chiude, è il serpente che si morde la coda…
Altro
che Serpentese, per Douglas era come se stesse parlando Swahili. “Che cosa vuoi dire?”
Un giorno capirai…da
questo momento è tutto nelle tue mani, il mio compito finisce qui. Ti
auguro buona fortuna, Salazar.
Il
serpente tornò ad essere tutt’uno con la parete di pietra, e ogni traccia di
vita scomparve dai suoi occhi. La parete si aprì lentamente. Douglas prese un respiro
profondo e varcò la soglia.
Era
una stanza piuttosto piccola, col soffitto basso e le pareti in pietra bianca,
illuminata fiocamente da un grossa torcia che gettava
lunghe ombre sul pavimento e sugli antichi arazzi che ornavano i muri. Douglas,
tuttavia, non li notò neppure: i suoi occhi color sangue erano
fissi su un piccolo altare di marmo coperto da un arazzo verde intessuto
d’argento, sopra il quale era poggiata una spada inserita in un fodero rivestito
di seta verde.
“Ma che diavolo…” Douglas si avvicinò e prese la spada.
Credeva sarebbe stata pesante, e invece la trovò
sorprendentemente leggera. Afferrò l’impugnatura d’argento e la tirò fuori dal fodero.
Rimase
a guardarla per qualche secondo, senza fiato.
Non
aveva mai visto nulla di simile in vita sua: la spada aveva il manico e l’elsa
d’argento, tempestati di smeraldi. La lama era ondulata, talmente lucida che ci
si poteva specchiare, e sembrava affilatissima. E
sull’elsa…Douglas dovette stringere gli occhi per riuscire a leggere la
piccolissima incisione sull’elsa d’argento:
Salazar
Serpeverde
“Wow…”
mormorò Douglas. Era mai possibile che quella superba spada, l’ultimo artefatto
creato dal grande Salazar Serpeverde, fosse destinata a lui? Il ragazzo tornò a
scrutare la lama affilata che rifletteva la fioca luce della torcia. Di sicuro
quella non era una spada qualunque…chissà quali segreti nascondeva!
Douglas
rimise la spada nel fodero, cercando di riflettere. Per un attimo si domandò se
fosse il caso di comunicare a Malfoy la sua scoperta, ma poi decise che era
meglio di no. Sentiva che in qualche modo quella spada era una cosa che
riguardava lui, e lui soltanto. Sarebbe stato…il suo piccolo segreto.
Senza
nemmeno pensare a ciò che stava facendo, con un gesto quasi meccanico, Douglas
si legò la spada al fianco. Nell’istante stesso in cui allacciò la grossa
fibbia di cuoio sia il fodero che la spada scomparvero.
Ma che
accidenti…?
Il
ragazzo passò la mano dove fino ad un istante prima c’era la spada, e non fu
molto sorpreso di sentirla sotto le sue dita. E così
era diventata invisibile. Molto interessante. Afferrò l’elsa e sguainò la
spada, che tornò immediatamente visibile; poi la rimise nel fodero, e sia la
spada che il fodero tornarono invisibili.
Il
cuore di Douglas cominciò a galoppare. Questo significava che avrebbe potuto
portare la spada con sé in qualsiasi momento, e nessuno l’avrebbe vista:
avrebbe avuto a disposizione un arma che nessuno
avrebbe mai sospettato essere in suo possesso. Per usarla, però, avrebbe dovuto
raccogliere quante più informazioni possibili. Chissà, forse in biblioteca
c’era qualche libro che parlava della Spada di Serpeverde…
Douglas
fece per uscire dalla stanza e risalire le scale, ma mentre si voltava qualcosa
attirò la sua attenzione…un’ iscrizione alla base
dell’altare sopra il quale aveva trovato la spada. Il ragazzo si inginocchiò per leggere:
Possa la
Spada di Serpeverde accompagnare l’Erede delle Tenebre verso il compimento del
suo Destino.
Il ragazzo aggrottò la fronte. “Prima ‘Principe Oscuro’ e adesso ‘Erede delle Tenebre’…un titolo un po’ più
allegro è fuori questione, vero?”
Douglas guardò l’orologio: si stava facendo tardi, se
voleva passare in biblioteca per cercare qualcosa sulla Spada di Serpeverde
doveva muoversi. Si assicurò che la spada fosse ancora invisibile e agganciata
al suo fianco, poi corse su per la scalinata di pietra.
Severus
Piton mise via il mestolo e rimase a guardare con aria inespressiva la pozione
che bolliva, ripetendosi a bassa voce i passi da seguire.
“Quattro
volte in senso orario” mormorò, senza alzare lo sguardo “due volte in senso
antiorario. Ripetere l’operazione sette volte. Alzare la
fiamma e aggiungere sangue di drago, mescolare di nuovo in senso antiorario con
un mestolo di bronzo, lasciare bollire per sette minuti e…oh, al
diavolo!”
Con
un sospiro esasperato Piton svuotò il calderone e tornò a sedersi alla
scrivania, inquieto. Quel giorno nulla riusciva ad occupare la sua mente,
nemmeno preparare qualche pozione particolare, attività che solitamente lo
aiutava molto a scacciare i pensieri più tormentati.
A
dire il vero era da parecchie settimane che non trovava pace: i pensieri che riusciva ad allontanare di giorno tornavano a tormentarlo di
notte. Piton si passò una mano sopra gli occhi, estenuato. La pelle era più pallida del solito, e due profondi cerchi scuri erano
comparsi sotto i suoi occhi. Avrebbe dato qualunque cosa pur di poter fare lezione tutto il giorno: durante le lezioni era capace di
mantenere contegno freddo e distaccato che era il suo marchio di fabbrica- era
obbligato a farlo- e soprattutto era troppo impegnato ad impedire a quella
manica di incapaci che si trovava come studenti a fondere i propri calderoni
per mettersi a pensare.
Ma
adesso, da solo nel suo studio, non c’era più nulla che potesse proteggerlo dai
fantasmi del passato. Gli passavano di fronte agli occhi come se stesse vivendo
quelle esperienze una seconda volta, e tutti i fragili baluardi che la sua
mente era riuscita a costruire per difendersi crollavano di fronte al ricordo
di quello che aveva visto fare…e di quello che lui stesso aveva fatto.
“Basta”
gemette Piton, mordendosi un labbro fino a farlo sanguinare “basta, per
favore…basta!”
Se
soltanto Silente non lo avesse difeso, se solo avesse lasciato che lo
rinchiudessero ad Azkaban quattordici anni prima! Si sarebbe sentito meno in trappola chiuso lì dentro, avrebbe provato minore
sofferenza in preda alla follia causata dai Dissennatori…Ah, la follia! Quanto
avrebbe desiderato cedere ad essa, lasciare che la
pazzia cancellasse ogni suo pensiero, che lo rendesse incapace di ricordare e
di comprendere la gravità di tutto ciò che aveva fatto! Quale peso gli avrebbe
tolto dalle spalle!
La
mano destra del professore si strinse intorno all’avambraccio sinistro. Poteva
quasi avvertire la presenza del Marchio Nero sotto la stoffa. Se solo avesse potuto cancellarlo! Talvolta aveva l’impulso
di strappare la sua stessa carne per eliminare ogni simbolo che lo legasse ancora all’essere ignobile e spietato che una volta
aveva considerato il suo Signore, ma a che pro? La gente sapeva quello che era
stato, quello che suo malgrado avrebbe continuato ad essere fino alla fine dei
suoi giorni. Il pensiero lo faceva stare ancora peggio: si sentiva impuro, in
qualche modo indegno di vivere ancora mentre tanti altri, molto meno colpevoli
di lui, erano dovuti morire. Il destino era stato molto ironico con Severus
Piton: assolto dagli uomini, condannato da sé stesso.
Piton
si alzò dalla scrivania e prese a camminare avanti e indietro nel suo studio.
Non poteva restare lì: se fosse rimasto un solo minuto in più da solo coi suoi pensieri non avrebbe resistito. A ben pensarci
doveva raccogliere un po’ di materiale a proposito di un paio di pozioni
piuttosto complesse…forse passare in biblioteca a fare qualche ricerca lo
avrebbe aiutato a distrarsi, e oltretutto la presenza di altre
persone lo avrebbe costretto a riprendere il suo atteggiamento abituale,
impedendo ai suoi nervi di cedere. Piton aprì la porta del suo studio ed uscì,
diretto verso la biblioteca.
“Salazar Serpeverde…” mormorò fra sé Douglas, sfogliando un voluminoso
libro sui fondatori di Hogwarts che aveva tutta l’aria
“Salazar
Serpeverde…” mormorò fra sé Douglas, sfogliando un voluminoso libro sui
fondatori di Hogwarts che aveva tutta l’aria di essere lì da almeno un paio di
secoli “Salazar Ser…ah, eccolo!”
Il
ragazzo girò rapidamente le pagine, alla ricerca di un paragrafo che parlasse degli artefatti creati da Serpeverde nel corso
della sua vita. Se quella spada era stata davvero
creata da lui forse quel libro avrebbe potuto dargli qualche informazione utile
in proposito…peccato che quel dannato affare avesse almeno un milione di
pagine! Se non trovava un modo per velocizzare la
ricerca avrebbe davvero rischiato di invecchiare in quella stupida bibliote…
“Eccola!”
Douglas
saltò praticamente sulla sedia quando riconobbe il
disegno di una spada in tutto e per tutto simile a quella che adesso era
agganciata al suo fianco.
Il
ragazzo si passò la lingua sulle labbra secche e lesse avidamente:
Nonostante molti voci
corrano su questa leggendaria spada, la cui esistenza non è mai stata tuttavia
appurata, ben pochi conoscono la leggenda di quella che sarebbe l’ultima
creazione di Salazar Serpeverde. La leggenda racconta che quest’
arma micidiale sia in puro argento, e che dopo essere stata forgiata nel
Fuoco Eterno da Serpeverde in persona la lama sia stata immersa in un calderone
pieno di veleno di Basilisco e sangue di drago…
Douglas
sfiorò con una mano l’elsa invisibile della spada: se quella lama era davvero
stata immersa nel veleno di Basilisco, anche un solo taglietto sarebbe
significato morte certa. Ripromettendosi tirarla fuori dal
fodero solo in caso di necessità, il ragazzo riprese a leggere:
C’è chi dice che il grande stregone,
ormai in punto di morte, abbia confidato ad un parente di avernascosto la spada in luogo a cui avrebbe
avuto accesso soltanto una persona del suo stesso sangue, che con essa avrebbe avuto…
“…il potere per compiere la scelta finale, e a
decidere se perpetrare o porre fine al più grave errore mai commesso da un Serpeverde” lesse Douglas, aggrottando la fronte.
Possibile che Salazar Serpeverde si riferisse davvero a lui? E
che genere di scelta avrebbe dovuto compiere? Bè, questa era una domanda
idiota…
Douglas
richiuse il libro e si appoggiò allo schienale della sedia, pensieroso.
Ammettendo che Serpeverde avesse creato quella spada
per lui più di mille anni prima della sua nascita, ciò che aveva letto non
faceva altro che confermargli quanto lui già sapeva: presto avrebbe dovuto
scegliere da che parte stare, e lui non aveva ancora idea di quale destino lo
attendesse, nel bene o nel male.
Il bene e il male non esistono…esiste
solo il potere…e coloro che sono troppo deboli per
cercarlo…
Suo
padre si era dimostrato paziente nel concedergli tutto il tempo che voleva per
riflettere…ma quanto sarebbe ancora durata la sua pazienza?
Lì
c’era scritto che avrebbe avuto il potere ‘perpetrare o porre fine’…questo
significava che, volendo, sarebbe stato in grado di porre fine alla vita di
Lord Voldemort? E se Serpeverde si fosse sbagliato in
proposito?
Cosa
sarebbe successo se avesse deciso di restare dalla parte di Silente e
dell’Ordine? Suo padre lo avrebbe considerato un nemico come loro? Avrebbe
potuto ucciderlo? Che domande, certo che avrebbe potuto: Douglas
non credeva che si sarebbe fatto troppi problemi ad uccidere il suo stesso
figlio. E Douglas alla sua vita ci teneva: si
poteva dire che era più attaccato alla vita che a qualunque altra cosa.
D’altra
parte, passando dalla parte di suo padre non avrebbe avuto nulla da perdere e
tutto da guadagnare…o no? Di sicuro l’Ordine non avrebbe fatto i salti di gioia,
e Silente…
Già,
Silente. Come avrebbe reagito nel sapere che Douglas si era unito a Voldemort?
Silente era un mago eccezionalmente potente, Douglas lo
sapeva bene. Suo padre non lo avrebbe temuto così tanto, altrimenti. A
ben pensarci, non era tanto ansioso di avere Silente come nemico. “I miei
complimenti, Doug” borbottò fra sé “sei decisamente
fra l’incudine e il martello.”
Si passò distrattamente una mano fra
i capelli, poi guardò l’orologio. Accidenti, se era
tardi! Doveva muoversi, o non avrebbe finito in
tempo il tema di Pozioni per il giorno seguente. Mise da parte il libro sui
fondatori di Hogwarts e tirò fuori dalla borsa il
libro di Pozioni con l’entusiasmo di un condannato a morte. Come materia la
trovava estremamente interessante, ma per una volta i
G.U.F.O erano l’ultimo dei suoi pensieri.
Piton,
con le braccia cariche di libri, si guardò intorno alla ricerca di un posto
tranquillo dove potersi sedere. I vari studenti seduti intorno ai tavoli
tenevano la testa china sui libri, facendo del loro meglio per evitare il suo
sguardo. Bè, in fondo era quello che avevano fatto tutti, no? Evitarlo. E lui voleva essere evitato. Dopo anni passati in solitudine
aveva imparato a convivere con essa, e non desiderava
la compagnia altrui: ogni volta che qualcuno gli rivolgeva la parola si
aspettava di vedere i lineamenti del suo interlocutore contorcersi in una
smorfia di disgusto, di sentirlo dire, gridare
che sapeva tutto di lui.
Oh,
la gente poteva anche pensarlo, ma non sapevano nulla di lui. Assolutamente
nulla.
A
ben pensarci, nemmeno lui sapeva molto di sé stesso.
Con
grande sollievo degli studenti seduti ai tavoli,
Severus Piton si allontanò verso la zona più nascosta della biblioteca. Ogni
volta che andava in biblioteca si sedeva sempre in quel punto: era un punto
riparato dalla vista e poco illuminato per via della lontananza dalle finestre,
e nessuno andava mai lì.
Quasi nessuno.
“Buongiorno,
professore.”
Oh,
no. No, no, no. Chiunque ma non lui.
Piton deglutì a fatica, sforzandosi di apparire freddo e distaccato come al solito.
“Buongiorno,
signor McKnight” gli occhi neri di Piton percorsero il tavolo, evitando
ostinatamente di guardare quelli scarlatti del ragazzo “lieto di vedere che c’è qualcuno realmente interessato allo studio.”
Douglas
guardò il professore, incuriosito. Grazie a Raksha sapeva che Piton era stato
un Mangiamorte e che adesso svolgeva la funzione di spia per l’Ordine, ma era
anche convinto che suo padre non si fidasse davvero di lui. Se si fosse fidato
di Piton avrebbe affidato a lui il compito di
aiutarlo, non a Draco Malfoy. A meno che non lo stesse tenendo d’occhio per
conto di suo padre, ma ne dubitava. Piton lo incuriosiva: tutte
le volta che gli aveva parlato, durante le lezioni, a Douglas era
sembrato di cogliere qualcosa di strano nella sua voce. Paura? Tristezza?
Rancore? Difficile dirlo, visto che non si scambiavano
molto più di un paio di parole: il più delle volte Piton era troppo impegnato a
strapazzare Potter per fare caso agli altri studenti.
Il
ragazzo si strinse nelle spalle. “Mi interessa, sì”
disse tranquillamente, poi si guardò intorno “spero di non recarle disturbo con
la mia presenza. Questo è un bel posto per restare un po’ da soli.”
Piton
strinse gli occhi. “E tu vuoi restare da solo?”
“Non
mi dispiace staccare un po’ dagli altri, di tanto in tanto. Ci si concentra
meglio, sa” gli scoccò un occhiata penetrante “ma non
credo sia necessario dirvelo.”
Piton
esitò un istante, poi si sedette di fronte al ragazzo.
Al diavolo, non c’era alcun motivo di avere paura di lui: era solo un ragazzo,
uno dei suoi studenti. Chi fosse suo padre non doveva
avere rilevanza. Se solo non fosse stato così
dannatamente simile a lui!
“No”
disse alla fine il professore “non è necessario
dirmelo. Ma ricordati che c’è una grande differenza
fra lo stare da soli e l’essere soli.”
“Lo
terrò a mente.”
Rimasero
in silenzio per un po’, fingendo entrambi di essere interessati ai libri aperti
di fronte a loro. Piton continuò a fissare sempre lo stesso punto della pagine, senza sollevare lo sguardo. Non voleva guardarlo,
non voleva vedere quegli occhi che lo fissavano, simili a finestre spalancate
sull’inferno. No, non l’inferno…l’inferno che conosceva lui era molto diverso
dalla fornace che quasi tutti si immaginavano: il suo inferno erano le immense stanze
vuote dei sotterranei, erano le ore interminabili a fissare il soffitto, erano
i rimpianti che gli laceravano l’anima, le scelte sbagliate che tornavano a
tormentarlo, il vuoto che aveva creato intorno a sé per proteggersi Dio solo
sapeva da cosa o da chi. Forse da tutti gli altri, forse da sé stesso, non lo avrebbe saputo mai.
“Professore?”
Piton
sollevò lo sguardo, e vide che Douglas aveva ancora il capo chino sul libro. Ma il suo viso si era fatto di pietra, e i suoi occhi erano
vitrei, e lontani.
Per
un attimo Piton vide davanti a sé un ragazzo magro e coi
capelli neri unti, che fissava il vuoto domandandosi che ne sarebbe stato di
lui.
Qualcosa che non va, Mocciosus?
Il
professore chiuse gli occhi, e quando li riaprì Douglas era di nuovo di fronte
a lui.
“Qualche
dubbio sul tema?”
“No”
Douglas si morse il labbro inferiore, poi sollevò il
capo. Questa volta Piton non distolse lo sguardo dai suoi occhi, e si pentì di
non averlo fatto. Crollata la maschera di freddezza e
autocontrollo, l’espressione del ragazzo gli ricordava quella di un animale in
trappola, pericoloso nella sua confusione: l’espressione che lui stesso doveva
aver avuto il giorno in cui aveva preso la fatale decisione. “E allora dicosa…?”
“Se
Silente non gli avesse ordinato il contrario, il Cappello mi avrebbe smistato
nella sua Casa” disse alla fine Douglas, una traccia di amarezza
nella voce “lo sa questo, vero?”
Piton
strinse le labbra, poi annuì. “Lo avevo immaginato.
Sì.”
“E’
quello il mio posto. Non Grifondoro. Serpeverde.”
“Il
preside aveva ottime ragioni per fare ciò che ha fatto, McKnight.”
Douglas
gli rivolse un sorriso storto che fece gelare il sangue a Piton. “Oh,
certo…aveva ottime ragioni per decidere sulla mia vita.”
Piton
finse di non aver colto la collera che vibrava nella voce di Douglas. “Purtroppo
a Serpeverde c’è chi avrebbe potuto…influenzarti.”
“Influenzarmi” ripetè Douglas con una smorfia,
radunando in fretta le sue cose.
Non voleva restare lì. Voleva stare da solo. Da solo. “Non è forse quello che sta cercando di fare anche Silente?
Decidere al mio posto?”
Fece
per alzarsi, ma Piton lo prese per un braccio. “Ascoltami”
disse a bassa voce, quasi in un sussurro “sei sconvolto e confuso, e questo lo si può capire…”
“Non
sono affatto sconvolto” ringhiò Douglas “credo solo di avere il diritto di
decidere della mia vita!”
Tentò
di liberarsi della stretta del professore, ma Piton
strinse con maggiore forza. “Il diritto di decidere della tua vita” ripetè, con
una tetra risata di scherno “era quello che dicevo alla tua età, ragazzo…la
stessa cosa che dicevo alla tua età. E sai a cosa mi
ha portato questo…diritto di decidere da solo? Lo sai?”
Douglas
lo fissò dritto in faccia. “Mi lasci andare.” Era un ordine, non una richiesta.
Il
sorriso folle di Piton scomparve, e il mago lasciò la presa sul ragazzo.
Douglas barcollò all’indietro, massaggiandosi il braccio mentre il professore
si alzava in piedi, imperturbabile come sempre.
“Pensaci
bene, Riddle” disse a bassa voce, allontanandosi “c’è sempre un rovescio della
medaglia.”
Douglas lo seguì con lo sguardo, attonito, e gli ci
volle qualche minuto per realizzare che Piton lo aveva
chiamato col suo vero cognome.
“Tempaccio
schifoso…” borbottò Ron, guardando la pioggia che cadeva fuori
dalla finestra. Era appena l’inizio di ottobre,
eppure sembrava già novembre inoltrato.
“Spero
che non sarà così il giorno della partita” disse cupamente Harry, che da parte
sua stava disperatamente cercando di mettere insieme qualcosa per la Cooman.
“Partita?”
fece Douglas, sollevando lo sguardo dai compiti di Trasfigurazione “che
partita?”
“Dopodomani
ci sarà la prima partita di Quidditch del trimestre, ricordi?” fece Harry,
grattandosi il mento con la penna “Grifondoro contro Serpeverde. Speriamo di
farcela, se il tempo resta così…”
“Certo
che ce la facciamo” esclamò Ron, rovesciando una boccetta di inchiostro
“sei il miglior cercatore di Hogwarts, Harry, lo sanno tutti. Bè, di sicuro sei
molto meglio di Malfoy…”
Douglas
abbassò in fretta la testa sui libri.
“…e poi quei boriosi idioti dei Serpeverde non hanno mai vinto
contro Grifondoro da quando ci sei tu” concluse Ron, infervorato “noi saremo lì
a fare il tifo per te…giusto, Doug?”
Douglas
si schiarì la gola. “Senza offesa, ma preferirei restare neutrale. Se Silente
non lo avesse condizionato il Cappello mi avrebbe sicuramente
mandato fra ‘quei boriosi idioti dei Serpeverde’.”
“Oh”
le orecchie di Ron assunsero un’interessante sfumatura
violetta “mi spiace, Doug, non volevo…”
“Lascia
perdere” disse freddamente Douglas, tornando a concentrarsi su Trasfigurazione.
Harry e Ron si scambiarono un occhiata, poi
riabbassarono lo sguardo sui libri.
“Lieta
di vedere che finalmente vi state impegnando” disse allegramente Hermione,
entrando nella Sala Comune edevitando
ostentatamente di guardare Douglas (aveva categoricamente rifiutato di aderire al CREPA) “è una piacevole novità, vero?”
Ron
mugugnò qualcosa di incomprensibile.
“Hai
detto qualcosa, Ron?”
“Nulla.
Assolutamente nulla.”
Hermione
non parve convinta, ma lasciò cadere l’argomento. “Bè, io vado in biblioteca”
annunciò “ci vediamo più tardi.”
“Ehm…Hermione…”tentò Ron, speranzoso “ho qualche problema in
trasfigurazione. Non è che potresti…”
Gli
occhi di Hermione si fecero di pietra. “Scordatelo, Ron. Nel caso te lo fossi dimenticato quest’anno abbiamo i G.U.F.O…”
Harry
fece una smorfia. E come dimenticarselo?
“….quindi è ora che impari a cavartela da solo. Io non sarò
certo lì ad aiutarti il giorno degli esami” concluse severamente Hermione,
uscendo dalla Sala Comune “in bocca al lupo.”
Ron
fece una smorfia di comica disperazione. “Parla come se gli esami fossero
domani” borbottò “potrebbe anche darci una mano,
qualche volta…tu che stai facendo, Harry?”
“Ho
appena finito Divinazione” disse Harry, che aveva scribacchiato qualche sogno
inventato sulla pergamena “adesso devo fare Trasfigurazione.”
“Bè,
buona fortuna” fece Ron, cupo “io ci sto sopra da un ora,
ma ancora non riesco a capire…”
Si interruppe
improvvisamente quando Douglas gli sbattè la sua pergamena sotto il naso.
“Potete guardare i miei, io ho già finito” disse seccamente. Pur di non
sentirlo lamentarsi per il resto del pomeriggio sarebbe stato disposto a fargli
copiare i compiti per il resto dell’anno. Oppure ad
ucciderlo.
Un
largo sorriso comparve sul volto di Ron. “Doug, non so come…”
“Prova
a ringraziarmi e ti lancio una maledizione” disse seccamente Douglas,
alzandosi. Harry ridacchiò, guardando la faccia terrorizzata di Ron.
“Guarda
che non stavo scherzando, Harry.”
Il suo sorriso scomparve all’istante.
Douglas
rabbrividì: i tre strati di sciarpe rosso e oro con
cui si era coperto non servivano a molto contro il vento tagliente che soffiava
quel giorno. Il ragazzo guardò con aria depressa il castello. Cosa non avrebbe
dato per essere lì dentro al caldo…
“…E ANGELINA SEGNA!” urlò improvvisamente la voce di Lee
Jordan, distogliendolo dai suoi pensieri “GRIFONDORO E’ ADESSO IN VANTAGGIO DI DIECI
PUNTI!”
I
tifosi di Grifondoro intorno a lui scattarono in piedi, urlando come ossessi.
Douglas aveva la netta sensazione che il suo udito non sarebbe mai più stato lo
stesso. Scoccò un’ occhiata al vetriolo a Ron e
Hermione, seduti alla sua sinistra.
“Ripetetemi
ancora una volta come avete fatto a convincermi a venire con voi” ringhiò. I
due tuttavia non parvero nemmeno sentirlo: erano troppo impegnati a seguire la
partita. Douglas sospirò, alzando lo sguardo verso il cielo dove quattordici
giocatori si scannavano a vicenda. E per cosa, poi?
Per una manciata di punti. Bella roba.
In
quel momento il boato di Jordan quasi lo assordò: “POTTER HA PRESO IL BOCCINO! GRIFONDORO
VINCE DUECENTOCINQUANTA A NOVANTA!”
Cinquanta
metri sopra di loro Harry aveva sollevato la mano
destra, mostrando lo scintillante Boccino d’oro che si dibatteva inutilmente
nel suo pugno. I Grifondoro scattarono nuovamente in piedi, urlando a
squarciagola.
Douglas
diede un sospiro di sollievo. Bè, almeno la partita
non era durata tanto. Stare fuori con quel tempo era una vera tortura, senza
contare quel mare di ragazzini schiamazzanti intorno a lui.
Distolse
lo sguardo da Ron e Hermione, che esultavano insieme
agli altri, e alzò lo sguardo verso il cielo nuvoloso. Poteva vedere
chiaramente Draco Malfoy fermo a mezz’aria, chiaramente furioso per il modo in
cui era stato superato da Potter: non c’erano dubbi sul fatto che sarebbe stato
intrattabile almeno per i prossimi tre gior…
La
sua attenzione fu improvvisamente attirata da un oggetto nero e sferico che si
dirigeva ad alta velocità verso Malfoy, che gli dava le spalle.
Un
Bolide.
Nella
confusione che ancora regnava fra i Grifondoro nessuno
udì l’urlo di Douglas.
“DRACO,
ATTENTO!”
Malfoy
sentì il sibilo di qualcosa che si avvicinava ad alta velocità. Si voltò giusto
in tempo per vedere il Bolide dirigersi dritto vero di lui. In preda al panico,
Malfoy tentò di togliersi dalla traiettoria del Bolide…
SBAM!
Troppo
tardi: Malfoy sentì un dolore terribile attraversargli il corpo come una
scarica elettrica, avvertì la tremenda sensazione di precipitare nel vuoto…poi
più nulla.
“Duecentocinquanta
a novanta!” ululò Ron per la ventesima volta, sollevando il suo boccale di
Burrobirra per l’ennesimo brindisi, subito imitato da tutti i Grifondoro che
festeggiavano nella Sala Comune “quei damerini di Serpeverde faranno
bene ad abbassare la cresta d’ora in poi!”
La
sua esclamazione fu seguita da un’ovazione generale.
Sprofondato
in un divano, Douglas fece una smorfia e distolse lo sguardo. Che quelle nullità parlassero pure, a lui che importava? Il ragazzo
fece vagare lo sguardo per la Sala comune, e non potè fare a meno di sorridere
fra sé vedendo che Harry (che era stato costretto a ripetere il modo in cui
aveva preso il Boccino almeno venti volte di fila) stava disperatamente
cercando di impedire a Colin Canon di fargli un servizio fotografico completo.
Non si poteva dire che Potter fosse contento della sua notorietà.
La
voce di Ron, decisamente brillo a giudicare dalla
cadenza sgangherata delle sillabe, si levò di nuovo sulle altre.
“E avete visto Malfoy- hic-
com’è caduto, eh? Giù a sasso nel fango! Credo sia meglio per
lui stare in infermeria, non avrebbe il coraggio di- hic- guardare in faccia nessuno dopo la
sua ultima prestazione…”
La
collera divampò nelle vene di Douglas come un incendio, e il ragazzo dovette
dominarsi a forza per impedirsi di saltare in piedi e scagliargli una
maledizione. Douglas si appoggiò allo schienale della poltrona, respirando
profondamente. No, non poteva permettersi di reagire in quel
modo…non dovevano intuire alcun legame fra lui e Malfoy.
Douglas
deglutì, sentendo un inusuale senso di oppressione al
petto. Non riusciva in nessun modo a togliersi dalla mente il tonfo spaventoso che era seguito alla caduta di Malfoy, né il pensiero del
suo corpo esanime steso al suolo, piegato in maniera orribilmente innaturale.
Dopo
che Piton lo aveva portato il ragazzo privo di sensi in infermeria, Douglas non
aveva più saputo nulla. Forse era in gravi condizioni, forse
era addirittura…
Il
ragazzo scosse il capo quasi con rabbia. No, non poteva essere. Semplicemente
non poteva.
Non morirà. Non può. Qui nessuno morirà
se non lo decido io!
Era
stata una brutta caduta, questo sì, ma a parte la sua fissa per il cioccolato
Madama Chips era un’ ottima infermiera. Malfoy sarebbe
stato bene, ne era sicuro. Si sarebbe occupata di lui
come non aveva fatto Silente.
Già,
Silente…il ragazzo strinse i pugni al solo pensiero.
Silente non ha fatto nulla per aiutarlo.
Sarebbe potuto morire, e lui non ha mosso un dito. Non
era molto lontano dal punto in cui è precipitato Draco, gli sarebbe
bastato un solo gesto per fermare o attutire la caduta. Ma non l’ha fatto, quello stupido vecchionon ha mosso un dito! Se
si fosse trattato del suo prezioso Potter…oh, per lui sì che si sarebbe mosso,
ci scommetto!
“Tutto
bene, Doug?”
“Eh?”
Douglas si riscosse, voltandosi verso la sua interlocutrice
“sì, va tutto bene. Sono solo un po’...un po’…”
“Soprappensiero?”
suggerì lei.
Douglas
si strinse nelle spalle, senza distogliere lo sguardo dal caminetto. “Diciamo
che mi sto chiedendo che accidenti ci faccio qui” disse cupamente.
“E
per mio fratello, vero?” fece Ginny, sedendosi accanto a lui e guardando Ron,
che si era lanciato in un fervente monologo contro i Serpeverde “non dargli
retta, a volte è davvero uno stupido.”
Il
ragazzo sollevò un sopracciglio. “Non mi ricordo di averti invitata a sederti
qui.”
Ginny
si limitò a scrollare le spalle. “E infatti non lo ha
fatto, mi sono invitata da sola” disse tranquillamente, mettendogli in mano un
bicchiere di Whisky Incendiario “ti ho portato qualcosa da bere.”
Douglas
sbattè le palpebre, leggermente spiazzato. “A me? Eperché?”
“Ho
solo pensato che ti sarebbe piaciuto qualcosa da bere prima che gli altri
finiscano le riserve.”
Il
ragazzo sospirò. “Se ti serve aiuto con Trasfigurazione
dovrei avere degli appunti dell’anno scorso in mezzo a qualche…”
Ginny
aggrottò la fronte, offesa. “Guarda che non sono mica qui perché mi serve
aiuto” disse seccamente “mi sembravi giù di morale e ho pensato di farti un
favore, tutto qui. Non voglio mica qualcosa in cambio.”
“Ah…”
fece Douglas, guardando il bicchiere che lei gli aveva messo in mano “bè…è
stato gentile da…insomma…”
Al
diavolo, ma che gli stava succedendo? Che fine aveva
fatto il Signor Sangue Freddo?
Ginny
sogghignò. “Stai cercando di ringraziarmi?”
Douglas
le sorrise, sollevato. “Sì, direi proprio di sì. Salute” disse, poi si portò il
bicchiere alle labbra e scolò il Whisky Incendiario in un sorso. Lei sollevò un
sopracciglio.
“Però, ci vai giù pesante con l’alcool.”
Douglas
sogghignò. “Cose che capitano quando vivi in Irlanda per tanto tempo. Comunque in confronto ad alcuni miei compagni ad Haven sono
solo un principiante.”
“Parli
spesso dell’Irlanda” commentò Ginny, sedendosi più comoda sul
divano “ti piaceva stare lì, vero?”
“Sì,
molto. Ma anche qui non è affatto male, peccato per il
Quidditch. E’una piaga qui come lo era ad Haven.”
“Non
ti piace il Quidditch?”
“Sei
sempre così intuitiva o stasera ti stai sforzando particolarmente?”
Ginny
ignorò il suo commento. “Come mai quest’avversione?”
“Diciamo
che non riesco proprio a capirlo…a mio modo di vedere, scannarsi a cinquanta
metri di altezza sotto la pioggia per prendere una
palla rossa e una stupidissima pallina d’oro col rischio di rompersi l’osso del
collo è il culmine della stupidità. Senza contare che la mia prima ed ultima
esperienza su una scopa è stata…” Douglas rabbrividì al solo ricordo “a dir
poco agghiacciante.”
Lei
non disse niente, ma lo guardò con aria di aspettativa.
“Perché mi guardi così?”
“Non
fare il finto tonto, hai capito benissimo.”
“Non
vorrai mica che te lo racconti, vero?”
“E invece sì.”
“Scordatelo,
Ginny. E’stata l’esperienza più umiliante della mia vita.”
“E daaai…per favore!”
“…e poi ha scartato di lato, prendendolo di sorpresa!” esclamò
Colin Canon, entusiasta “non è così, Harry?”
“Sì,
sì” borbottò distrattamente Harry, più occupato in realtà ad
osservare gli effetti delle tartine di Fred e George su Neville che ad
ascoltare le sue adulazioni “Colin, hai già ripetuto la mia mossa almeno
un milione di volte…non è sufficiente per stasera?”
Colin
fece per replicare, ma Hermione lo interruppe in tempo.
“Credo
che Harry abbia avuto un ottima idea” disse, indicando
il soffitto “che ne diresti di adoperare le tue energie per recuperare la tua
macchina fotografica, piuttosto?”
Colin
Canon spalancò la bocca, vedendo la sua preziosa macchina fotografica fluttuare
a poca distanza dal soffitto. “Oh, accidenti” borbottò, allontanandosi di
corsa.
Harry
lanciò ad Hermione un’ occhiata riconoscente. “Grazie,
Hermione.”
“Di
nulla” disse lei tranquillamente “bè, io credo proprio che andrò a dormire,
domani vorrei essere concentrata ad Antiche Rune…ci vediamo domani.”
“Ehi,
Harry!” urlò George, dall’altra parte della Sala Comune “ti
va di unirti al brindisi?”
“Arrivo!”
esclamò Harry, muovendosi verso di loro “a domani, Hermione.”
Arrivata
all’entrata del dormitorio femminile Hermione si voltò per un momento verso la
Sala Comune, e con la coda dell’occhio notò che Ginny era seduta sullo stesso
divano di Douglas, con le lacrime agli occhi per le risate.
Il campanello di allarme
nella sua mente assunse le proporzioni di una sirena di antifurto.
“…e così sono rimasto appeso a testa in giù sulla cima dell’albero
finchè non mi hanno trovato…Ginny, non c’è proprio niente da ridere!”
Ginny
si asciugò le lacrime, sforzandosi di trattenere le risate. “Oddio…” ansimò
“scusa, ma proprio non riesco a fermarmi…dovevi essere
uno spettacolo fantastico!”
“Io
non ci ho trovato proprio nulla di fantastico” borbottò Douglas, ma un lieve
sorriso stava comparendo sulle sue labbra “mia madre piange ancora dalle
risate, se glielo ricordano.”
Lei
sogghignò. “Provvederò a ricordarglielo a Natale.”
“Ti
rendi conto che sarei costretto ad ucciderti, vero?”
“Credimi”
disse lei, in tono falsamente solenne “questa è una di quelle cose per cui varrebbe la pena di morire.”
“Non
c’è nulla per cui valga la pena di morire” disse
bruscamente Douglas, turbato. Ginny si accorse del suo improvviso cambio di umore, e cambiò subito argomento.
“Comunque” disse in fretta “avresti dovuto vedere me il primo
giorno di Pozioni…un vero disastro.”
“Addirittura?”
“Ti
basta sapere che sono riuscita a fondere il calderone e a rovesciare metà della
pozione addosso a Piton?”
“No” sogghignò Douglas, gli occhi scarlatti che
brillavano “occhio per occhio, Ginny…voglio tutti i
particolari!”
Lei fece una smorfia. “Tutti tutti?”
“Mi serve un’arma di ricatto nel
caso ti venisse la malaugurata idea raccontare in giro la mia prima ed
ultima lezione di volo, no?”
Ginny fece ancora un po’ di resistenza, ma alla fine
si arrese e cominciò a raccontare.
Fu solo verso le due del mattino, quando tutti i
Grifondoro tornarono nei dormitori, che Douglas si rese conto che nelle ultime
due ore non aveva pensato una sola volta a suo padre, a Silente o a Malfoy.
Il
festino notturno aveva messo a dura prova i Grifondoro, che passarono
gran parte del mattino seguente a sonnecchiare sui banchi, assolutamente incuranti
delle spiegazioni dei professori.
Per
Harry, già di per sé esausto, la soporifera lezione di Storia della Magia alla
prima ora fu il colpo di grazia. A riscuoterlo dallo stato parzialmente
comatoso nel quale era precipitato sin dal primo minuto della lezione fu un mormorio di sorpresa che si levò dalla classe.
Con uno sforzo che gli parve titanico Harry sollevò la testa dal banco, e si
accorse che Douglas aveva alzato la mano. Bè, questa era davvero una novità:
quasi nessuno, a memoria d’uomo, aveva mai alzato la mano durante l’ora di
Storia della Magia. Lo stesso professor Ruf parve spiazzato quando si accorse
della mano alzata, e per un istante sembrò incerto sul da farsi.
“Mi
dica, signor…”
“McKnight,
signore. Scusi l’interruzione, ma ho un emicrania terribile
e ho finito la medicina. Le dispiace se vado a farmene dare un'altra boccetta
da Madama Chips?”
“Oh,
bè…” Ruf sbattè le palpebre: era chiaro che quel genere di situazione gli era completamente nuovo “sì, immagino di sì…vai pure,
McLight…”
“Grazie,
professore” disse Douglas, senza nemmeno curarsi di correggerlo.
Una
volta che Douglas fu uscito dalla classe, Harry si volse a guardare Hermione.
“Credi si senta male?”
“Probabilmente ha bevuto troppo ieri sera” borbottò
Ron, che da parte sua aveva un’interessante sfumatura verdognola “mia madre
aveva ragione…non è mai una buona idea esagerare con
l’alcool.”
Hermione sembrava pensierosa. “Non so se è stata una buona idea da parte sua andare in infermeria” bisbigliò alla
fine “probabilmente- anzi, di sicuramente- Malfoy è ancora lì.”
“Non crederai mica che abbia finto di stare male per
incontrare Malfoy, vero?” sussurrò Harry, mentre un brivido gelido gli risaliva
lungo la schiena. Hermione si morse un labbro.
“Spero vivamente che non sia così. In ogni caso credo
sia opportuno andare a parlare con Madama Chips dopo le
lezione. Giusto per sicurezza.”
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo cupo, senza
dire nulla.
Sentendo
qualcuno entrare nel dormitorio, Raksha sollevò di scatto la testa.
Ehi, Doug, che ci fai qui? Non dovresti essere a lezione?- sibilò.
“Me
ne vado subito” disse il ragazzo, inginocchiandosi accanto al baule di Harry
“devo solo prendere una cosa.”
Questo significa che stai per combinarne
un'altra delle tue, vero?
“Non devi preoccuparti, sarò di ritorno fra poco.”
Il
cobra scosse il capo squamoso.
Doug, vorrei ricordarti che data la tua
situazione…
“Devo
solo andare a trovare un amico” disse seccamente Douglas “non
è ancora un crimine, no?”
Dipende dall’amico in questione.
“E’
un amico che sta male” tagliò corto il ragazzo, avviandosi verso il buco del
ritratto “e tanto mi basta. Tu non mi hai visto, va bene?”
Come vuoi, Doug. In ogni caso mi hai sorpresa, lo sai?
“Che vuoi dire?”
E’ la prima volta che ti sento definire
qualcuno tuo amico, ed è la prima volta che ti vedo preoccuparti per qualcuno
che non sia te stesso.
Douglas
rimase a guardarla per un minuto buono, senza parole.
“Hai
mangiato tutto il cioccolato?” indagò Madama Chips, squadrando il ragazzo
sdraiato sul letto con fare inquisitorio. Malfoy, che in realtà aveva cacciato
l’intero blocco sotto il materasso, sbuffò.
“Sì,
sì, l’ho mangiato tutto.”
“Tutto
quanto?”
“Fino
all’ultima dannatissima briciola” ringhiò il biondino,
decisamene di pessimo umore “ora potrei riposarmi?”
“Ma
certamente, caro” fece Madama Chips “ma che questa esperienza
ti serva di lezione: bisogna sempre essere prudenti quando…quando…”
L’infermiera
si interruppe, poi diede un colossale sbadiglio.
“Chiedo scusa, caro” mormorò, sforzandosi di tenere
gli occhi aperti “devo avere un po’ di…sonno arretrato…”
Senza
aggiungere un’ altra parola, Madama Chips si lasciò
cadere su uno dei letti liberi. Pochi secondi dopo era già profondamente
addormentata.
Malfoy
sollevò la testa dai cuscini per guardarla, sbalordito. “Madama Chips?”
“Shhh”
lo ammonì una voce divertita dietro di lui “non vorrai
mica svegliarla, vero? Sta dormendo così bene, poverina…”
Il
biondino si voltò di scatto verso il punto dove proveniva la voce. “Salazar! E’
opera tua! Dove sei?”
“Qui”
rispose Douglas, sfilandosi il Mantello dalla testa “lieto di vedere che non ti
sei ferito in modo grave.”
Malfoy
si limitò a guardare con gli occhi sgranati la sua testa che galleggiava
nell’aria. “Ma cosa…”
“Ah,
questo” sogghignò Douglas, coprendosi di nuovo la testa e sedendosi sulla sedia
accanto al letto di Malfoy “ho preso in prestito il Mantello dell’Invisibilità
di Potter. Non potevo mica presentarmi qui dicendo: ‘salve
a tutti, sono qui per conversare con Draco Malfoy di questioni che, vi
assicuro, nulla hanno a che vedere con Lord Vold…oh, chiedo scusa, con l’Oscuro
Signore…’ Ti immagini la scena?”
Malfoy
ridacchiò. “Non hai tutti i torti…però adesso ti dispiacerebbe
toglierti quell’affare? E’ strana impressione parlare con
l’aria...mi sembra quasi di essere impazzito!”
“Non
posso toglierlo, se qualcuno mi vede sono guai…per quanto riguarda la pazzia,
mi sembra che tu sia già a buon punto anche senza il mio aiuto.”
“Che vuoi dire?”
“Draco,
ti sembra normale rischiare l’osso del collo per prendere una stupidissima
pallina dorata?”
Malfoy
si rabbuiò. “Potresti evitare di mettere il dito nella piaga, per favore? Non ti immagini neppure che rabbia…abbiamo perso la partita,
dovrò restare qui almeno per i prossimi tre giorni e, ciliegina sulla torta,
oggi mio padre verrà a vedere come sto.”
“Non
mi pare che questo sia un gran danno.”
“Tu
non conosci mio padre” borbottò Malfoy “mi farà una ramanzina storica… la
prossima volta ti servirà da lezione, non è degno di un Malfoy perdere in quel
modo, prendi esempio da me, datti da fare, pensa al nome che porti, mi hai
molto deluso…e questo ad essere ottimisti.”
“Non ti ha mai detto nessuno che parlare da soli è il
primo sintomo della pazzia, Draco?” disse una voce fredda alla loro destra.
Malfoy e Douglas, ancora avvolto nel Mantello dell’Invisibilità, si voltarono
di colpo: nel vano della porta, con un’ espressione
decisamente irritata sul viso pallido, c’era Lucius Malfoy.
Ok, soltanto due parole:innanzitutto mi spiace di averci messo più tempo del solito
ad aggiornare la storia, ma ho commesso l’imperdonabile errore di regalare a
mio padre un videogioco per PC (stupida, stupida, stupida!), e adesso è già
tanto se riesco ad usare il PC per dieci minuti di fila durante le sue pause
fra una partita e l’altra. Scusate ancora!
Poi avrei una domanda: qualcuno può
spiegarmi esattamente cos’è (o chi è) una ‘Mary-Sue’? Mi sono imbattuta in questo
termine parecchie volte, ma credo di non aver afferrato bene di che si tratta.
Perdonate la mia ignoranza!
Ah, dimenticavo: ci tengo a ringraziare
(ancora!) tutte le persone che hanno commentato questa storia. Siete veramente
troppo gentili! J
Malfoy
deglutì, con la gola improvvisamente secca. Detestava
essere squadrato in quel modo. “Ecco, io…”
Lucius
lo interruppe con un gesto stizzito, entrando nell’infermeria senza nemmeno degnare
di un’occhiata Madama Chips, che continuava a dormire beatamente ignara di
quanto le avveniva intorno.
“Risparmiami
le tue scuse, Draco” scandì freddamente“non sono dell’umore adatto per
ascoltarti.”
Ciao, Draco, come stai?-
pensò sarcasticamente Malfoy.
“Credo
tu sappia che mi hai molto deluso” disse Lucius “mi viene
difficile pensare che tu sia davvero sangue del mio sangue. Dovresti avere
maggiore considerazione del nome che porti…sempre ammesso che ti ricordi il tuo
nome, dopo la tua rovinosa caduta. Devi aver battuto la testa davvero forte,
per metterti a parlare da solo come un povero mentecatto…”
Malfoy
notò che suo padre si stava avvicinando alla sedia dove si trovava Douglas,
coperto dal Mantello dell’Invisibilità. Per un attimo si domandò cosa sarebbe
successo se suo padre si fosse seduto sulle ginocchia del suo adorato Principe
Oscuro. Si morse un labbro per non sorridere e tornò a guardare Lucius con aria
inespressiva.
“…quindi
ho ritenuto opportuno scambiare quattro chiacchiere con te, e ricordarti cosa
significa essere un Malfoy” concluse suo padre,
sedendosi sulla sedia. Malfoy tirò un sospiro di sollievo:
Salazar doveva essersi alzato in tempo. Il biondino si guardò velocemente
intorno. Dove si era cacciato? Era ancora nelle stanza?
“Mi
stai ascoltando, Draco?”
Malfoy
si riscosse e tornò a guardare gli occhi grigi di Lucius. “Sì, padre.”
Lucius
aggrottò la fronte, poi fece vagare lo sguardo per
l’infermeria. Quando tornò a guardarlo, il suo sguardo
si era fatto inquisitorio. “A proposito, cosa è successo all’infermiera?”
“Uhm…forse
sta dormendo?” rispose il ragazzo in tono arrogante. Era stanco di essere
trattato così da suo padre.
Lucius
lo fulminò con lo sguardo. “Non giocare con me, Draco. Lo vedo da solo che sta
dormendo…la domanda è: perché sta
dormendo a quest’ora, e soprattutto sul lavoro?”
Malfoy
si strinse nelle spalle. “Veramente, non saprei…” si interruppe
a metà della frase, spalancando gli occhi grigio chiaro: Douglas si era tolto
il Mantello, e adesso era alle spalle di Lucius Malfoy con un sorriso da squalo
sul viso. E adesso cosa aveva in mente?
“Draco”
fece seccamente Lucius, guardando il figlio con aria furente
“ti dispiacerebbe prestare attenzione a quello che ti…”
“Ahem.”
Il
colpo di tosse (peraltro squisitamente calcolato) di Douglas fece sussultare
Lucius, che si voltò di scatto per vedere l’intruso.
“Chi
sei?” chiese, indignato “e come ti permetti di scivolarmi alle spalle in questa
maniera? Tu non sai chi sono io!”
“So
benissimo chi è lei” disse Douglas in tono affabile, senza dar segno di aver
sentito le sue proteste “Draco mi ha parlato molto di lei.”
Lucius
sbattè le palpebre. “Draco ti ha parlato...un momento…”scattò in piedi, incredulo, guardando gli occhi color sangue del
ragazzo “tu non puoi essere…”
“Che
succede, padre?” fece Malfoy, che cominciava decisamente
a divertirsi “non vuoi salutare degnamente il tuo Principe Oscuro?”
Superata
la prima sorpresa, Lucius si inchinò rapidamente di
fronte a Douglas. “Vi chiedo perdono per la mia arroganza, mio Principe” disse precipitosamente “non intendevo mancarvi di rispetto. Se solo avessi saputo che eravate voi…”
“Ma certamente” lo interruppe tranquillamente Douglas “mi
dispiace aver disturbato questo toccante colloquio familiare, ma ero molto in
ansia per la salute di Draco. E’ un valido elemento, e la sua collaborazione si
è sempre dimostrata estremamente preziosa per me.”
Il
viso pallido di Lucius assunse una delicata sfumatura rosata, e i suoi tratti
si contrassero in un interessante misto di compiacimento e stupore. “Un…valido
elemento?”
“Oh,
ma certamente non c’è bisogno che sia io a dirvelo” aggiunse Douglas, usando il
suo tono più subdolo “dovete essere molto orgoglioso di lui.”
“Sì,
effettivamente…sì, sono molto…molto fiero di mio figlio. Tutti i Malfoy si sono sempre distinti, sapete…” balbettò Lucius. Alle sue
spalle, Malfoy si era praticamente cacciato il cuscino
in bocca pernon mettersi a ridere.
“E lui non è certo da meno” rincarò Douglas, con un gran sorriso
“ora non vorrei esservi di disturbo, ma ho poco tempo a disposizione e gradirei
scambiare due parole con Draco…”
Lucius
annuì immediatamente, ancora sbalordito per quanto aveva sentito. “No, certo.
Nessun disturbo, mio Principe. Sono…lusingato di aver fatto la vostra
conoscenza, e di vedere che apprezzate mio figlio” disse,
avviandosi verso l’uscita.
“Oh,
dimenticavo” disse Douglas con noncuranza “se per lei non è un disturbo,
gradirei che porgeste i miei saluti a Lord Voldemort.”
Lucius
barcollò leggermente sentendo pronunciare il nome del Signore
Oscuro, ma si riprese quasi subito. “Certamente, mio Principe. Sarà un vero
onore. Draco?”
“Sì,
padre?” chiese Malfoy, facendo del proprio meglio per restare serio.
“Sono
orgoglioso di poterti definire mio figlio” disse Lucius, un
istante prima di uscire dall’infermeria. La porta si richiuse
silenziosamente alle sue spalle.
“Non lo avevo mai sentito balbettare” commentò
tranquillamente Malfoy. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo, e scoppiarono
entrambi in una fragorosa risata.
“Non so come ringraziarti, Salazar” disse Malfoy,
asciugandosi le lacrime con la manica e sforzandosi di non ridere “mi hai
salvato da una ramanzina coi fiocchi.”
“Oh, per così poco” rispose Douglas, rimettendosi il
Mantello dell’Invisibilità “però c’è una cosa che devi fare in cambio.”
“E cioè?”
“Promettimi di non farmi più venire
un infarto come quello di ieri, va bene?”
Malfoy fece una smorfia. “Nessun problema, non ci
tengo a fare la replica.”
“Lo spero proprio. Ora devo andare, se non sono
presente per l’inizio di Erbologia potrebbero
sospettare qualcosa, e devo ancora rimettere il Mantello nel baule di Potter.”
“Un momento, e Madama Chips? Non puoi lasciarla in
queste condizioni!”
Douglas si diede un colpetto in testa. “Accidenti,
quasi mi dimenticavo…”
Liberò la testa da Mantello e andò di fronte
all’infermiera addormentata, puntandole addosso la
bacchetta.
“Imperio!”
Madama Chips aprì gli occhi e sbattè le palpebre. Il
suo sguardo vacuo, e Douglas la fissò dritto negli occhi. “Buongiorno, Madama
Chips. Si ricorda chi sono?”
“Il ragazzo anemico…”bofonchiò confusamente lei.
Dal suo letto, Malfoy aggrottò la fronte. “Anemico?”
Douglas sospirò. “Lascia perdere…” borbottò, poi tornò
a rivolgersi a Madama Chips in tono stranamente dolce “sì, sono
io. Sono entrato qui per chiederle un medicinale contro il mal di testa, e lei
mel’ha dato. Sono rimasto qui una decina di minuti finchè non
ha fatto effetto, poi me ne sono andato. Io e Malfoy non ci siamo nemmeno rivolti la parola. Tutto chiaro?”
“Sì…” borbottò lei “sei
entrato…mal di testa…sei andato via…non hai parlato con Malfoy…”
Douglas sorrise. “Molto bene” disse
dolcemente “lei ora andrà nel suo ufficio, mangerà un bel blocco di
cioccolata…no, meglio due…poi tornerà qui e riprenderà il suo lavoro. Tutto
chiaro?”
“Sì” fece lei, alzandosi come un
autonoma e andando nel suo ufficio “tutto chiaro…”
“Non preoccuparti, Draco” disse tranquillamente
Douglas, coprendosi di nuovo il capo “tornerà normale entro un paio di minuti…ma
se qualcuno farà domande, risponderà come deve.”
Malfoy era decisamente
impressionato. “Quella non era una Maledizione Imperius normale, vero?”
Douglas si strinse nelle spalle. “Diciamo che ho
apportato un paio di miglioramenti all’ Imperius tradizionale.
Oltre a dominarne la volontà le modifica i ricordi, e molto meglio di un
semplice Incantesimo di Memoria.”
“Capisco. Ma per quale motivo deve
mangiare due blocchi di cioccolata?”
“Dopo tutti quelli che mi ha
costretto a mangiare mentre ero qui mi sembra il minimo, no?”
“Allora?”
chiese Hermione, guardando Harry e Ron con aria di aspettativa.
Harry
si strinse nelle spalle. “Tutto a posto. Madama Chips dice che Doug ha preso la
sua medicina, è rimasto con lei per qualche minuto e poi sen’è andato. A proposito, ora dov’è?”
“Credo
sia in dormitorio a dare da mangiare al suo cobra. E
Malfoy?”
“Madama
Chips ha detto che non si sono nemmeno rivolti la parola” disse Ron “beato lui,
avrei voluto che se ne stesse zitto anche con noi…”
“Che cosa ha detto?”
“Le
solite cose” rispose Harry, scrollando le spalle.
“Ma
io l’ho zittito ricordandogli della partita” intervenne orgogliosamente Ron
“senti, io ed Harry andiamo a trovare Hagrid…vieni con
noi?”
Hermione
scosse il capo. “No, non posso. Devo fare un paio di ricerche, e poi ho
promesso a Ginny di darle una mano col tema di Pozioni.”
“Oh”
Ron pareva deluso “va bene, noi allora andiamo. Ci vediamo più tardi, va bene?”
Hermione li seguì con lo sguardo finchè non furono
usciti dalla Sala Comune, mentre una ruga di preoccupazione le solcava la
fronte, poi si avviò in fretta verso la sala comune, dove aveva appuntamento
con Ginny. E aveva la netta sensazione che non
avrebbero parlato solo di Pozioni.
“Hermione,
va tutto bene?” chiese Ginny, guardando Hermione. La ragazza sembrava
pensierosa, e stranamente assente.
Hermione
fece per negare, poi cambiò idea. Se
doveva parlarle, tanto valeva farlo adesso. “A dire il vero no. E’ da un po’
che ti volevo parlare.”
Ginny
chiuse il libro di Pozioni, incuriosita. “Riguardo cosa?”
“Riguardo
Douglas.”
L’espressione
di Ginny si indurì. “Che vuoi
dire?”
“Ecco…”
Hermione esitò: la questione sarebbe stata più complicata del previsto “mi
sembra che andiate…piuttosto d’accordo.”
“E con questo?”
Hermione
sospirò. “Ginny, non metterti sulla difensiva, io non sto dicendo che è
sbagliato…”
“COSA dovrebbe essere sbagliato?”
L’altra
sospirò, esasperata. Meglio tagliare la testa al toro.“Lui
ti piace, non è vero?”
Ginny
si morse un labbro. “E anche se fosse? Sarebbe un
crimine così atroce?”
“No,
non dico questo...ma data le circostanze…insomma, tu
sai chi è lui…”
Ginny
scattò in piedi, facendo cadere la sedia. “Sempre il solito discorso! Voi lo avete già giudicato per questo, non è vero?”
“No!
Ascolta, Ginny, io non giudico proprio nessuno…Douglas
mi sembra un bravo ragazzo, dico davvero, ma nel caso i timori di Silente
dovessero avverarsi…”
“Che
vuoi che mi importi di quello che pensa Silente?”
quasi urlò Ginny “lui è già convinto per principio che Douglas debba diventare
come Tom Riddle, non è vero?”
Si
bloccò all’improvviso, come spaventata dalle sue stessa
parole. Hermione annuì cupamente. “Come vedi ci sei
arrivata da sola. Non è davvero Douglas il tuo problema…il tuo problema è Tom
Riddle.”
“No”
mormorò Ginny “non è vero…”
“Tom
Riddle è stato il tuo confidente per un anno” proseguì
Hermione “tu lo consideraviil
tuo migliore amico, una sorta di fratello maggiore. E credo che, nonostante ti
abbia semplice mente usata, lui rappresenti tuttora una parte importante di te.”
“E
tutto questo cosa c’entra con Douglas?”
“Bè…come
tu stessa mi hai detto quando lo abbiamo conosciuto,
Douglas somiglia molto a Tom Riddle…”
“E allora?”
Hermione
sospirò. “Non credi che forse…e sottolineoforse…questa tua infatuazione nei suoi
confronti sia dovuta più che altro alla sua somiglianza con Riddle?”
“NON
E’ VERO!” le guance di Ginny si fecero scarlatte, e i suoi occhi si riempirono
di lacrime “questo non è assolutamente vero!”
“Ginny,
calmati!” la implorò Hermione “era solo un’ ipotesi…”
“Un’ ipotesi stupida!” ringhiò Ginny, prendendo i libri
sparsi sul tavolo “tu non sai nulla di Tom Riddle, né di Douglas, quindi evita
di fare la saputa di turno su un argomento di cui non sai un accidente!”
Hermione si limitò a fissarla, senza parole, mentre
Ginny usciva di corsa dalla Sala Comune.
“Credo
di essermi rotto un paio di denti” borbottò Ron per la quattordicesima volta,
mentre si allontanavano dalla capanna di Hagrid in direzione del castello “ti
ho mai detto che detesto i biscotti di Hagrid?”
Harry
ridacchiò. “Ron, lo sapevi benissimo che sono
immangiabili…”
“Sì,
ma avevo fa…ehi, è una mia impressione o fa più
freddo?”
I
due ragazzi si bloccarono, tendendo l’orecchio. Non solo l’aria si era fatta d’improvviso molto più fredda, ma anche l’atmosfera sembrava
in qualche modo cambiata: nessun rumore proveniva più dalla Foresta Proibita,
nemmeno un fruscio o il frinire di un insetto. Nulla.
Col
cuore che gli batteva in gola, Harry alzò lo sguardo verso il cielo: la luce
del sole era scomparsa, nascosta da grandi nubi grigie. Il ragazzo tirò fuori
la bacchetta.
“Harry…”
mormorò Ron “Harry, cosa sta succedendo?”
“Io…non
so…” mentì Harry. In realtà sapeva benissimo cosa stava accadendo, ma sperava
non fosse vero…sperava con tutto il cuore di essersi sbagliato…
Le
sue speranze vennero quasi subito infrante dall’urlo di Ron. “DISSENNATORI!”
Harry
seguì lo sguardo dell’amico, e sangue gli si ghiacciò nelle vene: centinaia di
sagome incappucciate stavano emergendo dalla foresta, dirigendosi verso di
loro. Harry poteva sentire l’aria farsi più gelida mano a mano che le creature si avvicinavano…
“Expecto
Patronum!”
Il
grande cervo argenteo emerse dalla bacchetta di Harry,
caricando verso i Dissennatori. Alcuni di loro arretrarono, ma altri ancora ne
stavano arrivando: Harry non aveva mai visto tanti Dissennatori tutti insieme,
neppure la notte in cui aveva fatto scappare Sirius.
“Non
riuscirò a respingerli ancora a lungo!” gridò, rivolto a Ron “corri a cercare aiuto!”
Ron
rimase immobile dov’era. “Non posso lasciarti qui…”
“Restando
qui non mi saresti di alcun aiuto! Corri ad avvertire
Silente!”
“Ma se tu vieni con me…”
Harry
ne aveva abbastanza. “SE SCAPPASSIMO ENTRAMBI CI RAGGIUNGEREBBERO IN UN ISTANTE! CORRI AL CASTELLO E CHIEDI
AIUTO, O SARA’ LA FINE PER TUTTI E DUE!”
Ron esitò ancora un istante, poi gli
volse le spalle e corse verso il castello. Harry lo seguì con lo sguardo
per qualche istante, poi tornò a voltarsi verso i Dissennatori, sforzandosi di
infondere quanto più potere possibile al suo Patronus e pregando che Ron trovasse aiuto in tempo.
Ragazzo, questa volta
ci ho messo un bel po’ ad aggiornare…mi dispiace mi dispiace mi
dispiace! In questo momento sto attraversando un periodo piuttosto incasinato
(in senso positivo…ma comunque incasinatoJ), e non ho
proprio avuto tempo per aggiornare…chiedo venia!
Mark: non ti preoccupare, certo che continuo…dopo tutte le ore che ho passato
a scrivere davanti al pc ci manca solo che lascio a fic a metà!
Maky91: tranquilla, tranquilla, il tuo Draco è vivo e vegeto,
quindi puoi anche mettere via il fucile…x quanto riguarda Douglas e Ginny
francamente ancora non so come andrà a finire fra loro due, anche perché non
sono nemmeno sicura della fine che faràDoug/Salazar…anche se dubito che potrebbe mai diventare un personaggio
interamente positivo (alla ‘Harry Potter’, per
intenderci.)
Bilalla: sì, è probabile che lo farebbe! J A proposito, ti sembrerà strano ma a me il 17 porta fortuna…lo scorso venerdì 17 ho addirittura preso 8 in
letteratura greca! Hai presente quei momenti in cui ti
senti in cima al mondo? Ecco, appunto!
Call: sono contenta cheil
rapporto di Douglas con Ginny e Draco ti interessi,è piuttosto difficiledescrivere le varie relazioni fra i personaggi
senza cadere nello scontato. Ah, grazie per il consiglio di guardare nel
redazionale del sito, finalmente ho capito cosa cavolo è
una Mary-Sue!
Francesca Akira: in effetti è stata una bella sorpresina per il nostro
Lucius…credo anch’io che se avesse alzato le mani su Draco avrebbe fatto una
fine decisamente poco invidiabile! A proposito, spero che la spiegazione sulla
diffidenza di Hermione nei confronti del rapporto fra Doug e Ginny sia
abbastanza chiara, non so se ho reso bene l’idea…a proposito di Hermione, non
avevo dimenticato che anche lei aveva alzato la mano, ma ero troppo pigra per aggiungere questo dettaglio! J
Douglas aggrottò la fronte, alzando lo sguardo verso il cielo
improvvisamente nuvoloso
Douglas
aggrottò la fronte, alzando lo sguardo verso il cielo improvvisamente nuvoloso.
La sua solita fortuna: usciva dal castello per fare una passeggiata in santa
pace, e automaticamente il tempo si deteriorava. Tipico.
Il
ragazzo si strinse nelle spalle e si incamminò verso
il lago, fermandosi di tanto in tanto per dare un calcio ad un sasso. Sarebbe
potuto andare nella Camera dei Segreti ad esercitarsi un po’, ma in quel
momento proprio non ne aveva voglia. Aveva anche lasciato
perdere l’idea di portarsi un po’ aventi con i compiti: quel giorno non
riusciva proprio a concentrarsi su niente, e si sentiva stranamente svuotato.
Douglas
sospirò e si sedette sopra una roccia sulla sponda del lago, fissando
distrattamente la superficie che rifletteva il grigio metallico del cielo,
immobile come uno specchio.
Per
un attimo aveva pensato di fare un altro salto in infermeria, ma Harry e Ron
avevano preso il Mantello dell’Invisibilità per andare da quel grosso idiota
del loro amico. Non sarebbe stato prudente andare in infermeria senza il Mantello,
meno che mai con quella gran seccatrice di Hermione in giro a ficcare il naso
negli affari altrui. Niente contro di lei, a prenderla per il suo verso era
piuttosto sopportabile, e aveva anche un cervello, cosa di cui difettavano
parecchie persone di sua conoscenza (Ron, tanto per fare un esempio). Solo che
ultimamente non sembrava avere niente di meglio da fare che tenergli gli occhi
puntati addosso.
A
ben pensarci, quel giorno Hermione era stata piuttosto fredda (più del solito,
se non altro). Chissà che diamine le era preso…si era
comportata in maniera strana anche con Ginny.
Ginny…
Douglas
lanciò un occhiata verso il castello. A pranzo gli
aveva detto che Piton li aveva caricati di compiti, e che probabilmente avrebbe
avuto da studiare per tutto il pomeriggio. Magari più tardi sarebbe
potuto passare in Sala Comune a cercarla, magari poteva darle una mano
con…
Il
ragazzo scosse la testa. Ma che gli era preso? Era già
tanto che facesse copiare i compiti a Ron, ci mancava solo che passasse i suoi
pomeriggi a dare ripetizioni a sua sorella! Come accidenti gli era passata per
la mente un’idea del genere?
“Il
primo caso al mondo di Sindrome di Robin Hood” borbottò sarcasticamente fra sé.
Douglas
lanciò un'altra occhiata in direzione del castello. Bè, in fondo un paio di
minuti non gli sarebbero costati nulla…
“Buongiorno,
Riddle” disse una voce dietro di lui.
Douglas
si voltò a guardare il suo interlocutore: conosceva una sola persona che lo
avesse mai chiamato ‘Riddle’.
“Buongiorno,
professore. Vedo che anche a lei non dispiace una passeggiata nel parco, di
tanto in tanto.”
Piton
fece vagare lo sguardo sulla superficie del lago, poi tornò
a guardare Douglas. “No, non mi dispiace” disse in tono piatto.
Fra
i due ci fu qualche istante di silenzio: non si erano più ritrovati a parlare
da soli dopo il loro incontro in biblioteca. “Ho appena corretto i temi che vi
avevo assegnato l’altro giorno” disse alla fine Piton, fissando il lago con
occhi vitrei il lago “avresti un futuro come pozionista, devo ammetterlo.”
“Oh”
Douglas non sapeva bene cosa dire “grazie.”
“Dopo
i G.U.F.O” proseguì Piton “hai intenzione di
conseguire il M.A.G.O in pozioni?”
Il
ragazzo annuì. “Sì, questo senz’altro.”
“E
hai già un idea su ciò che vuoi fare una volta
conclusi gli studi?”
Douglas
fece una smorfia. Se sarò ancora vivo,si intende.
“A
dire il vero non saprei…non ho ancora deciso” si strinse nelle spalle “ci sono
tante cose che mi piacerebbe fare…non mi basterebbe una
vita per farle tutte. Una vita è troppo breve. Troppo fugace.”
Rise,
ma fu una risata priva di allegria. Una smorfia amara
contrasse il viso di Piton, che parve turbato.
“Non…ridere
in quel modo, Riddle” disse duramente “parli di cose di cui non sai nulla.”
Douglas
tacque, voltandosi a guardare il professore. “Cosa…?”
“Sei
un ragazzo molto dotato, Riddle” proseguì Piton, guardandolo fisso “ma anche
molto arrogante. Sei certo di poter fare tutto, di
sapere già tutto, di non aver bisogno di nessuno...ma un giorno potresti
scoprire che non è così, e la tua arroganza potrebbe diventare la tua rovina.”
Il
ragazzo sussultò. Nessuno gli aveva mai parlato in quel modo, prima di allora.
Mai. “Io…”
“La
durata della vita è irrilevante”lo interruppe seccamente Piton “ciò che importa
è la maniera in cui la si vive. Io non ho saputo
viverla, Riddle. Ho scelto quella che mi sembrava la via più facile, e me ne
sono pentito ogni singolo giorno della mia esistenza. Non commettere il mio
stesso errore per la tua arroganza, ragazzino.”
Douglas
aprì la bocca per rispondere, ma la sua attenzione vene improvvisamente
attirata da una figura che correva verso di loro gridando.
“Ron!”
esclamò il ragazzo, riconoscendolo “ma cosa…”
“Douglas!
Professor Piton!” ansimò Ron, crollando per terra davanti a loro “presto, mi serve aiuto…sono centinaia…Harry è rimasto
lì…aiuto…”
Douglas
si inginocchiò accanto a Ron e prese a scrollarlo con
forza. “Ron, cosa succede? Dov’è Harry?”
“Lui…lui…”
Ron stava tremando “vicino alla Foresta Proibita…sono
centinaia…presto…”
“Credo
sia opportuno che tu ti esprima con maggior chiarezza, signor Weasley” disse
freddamente Piton “che cosa c’è vicino alla Foresta
Proibita?”
“Dissennatori!”
esclamò Ron, che nel frattempo aveva ripreso fiato “a centinaia! Harry è
rimasto lì, ma non so per quanto resisterà…”
Douglas
sentì il suo cuore saltare un battito. Dissennatori ad
Hogwarts? E cosa ci facevano lì?
“Dove,
Weasley?” chiese Piton “dove sono?”
“Non
lontano dalla capanna di Hagrid” rispose Ron, rialzandosi con
l’aiuto di Douglas “proprio sul limitare della Foresta…eravamo andati da
Hagrid, e…”
“Spiegherete
più tardi il motivo della vostra presenza lì” disse seccamente Piton “Riddle,
tu e Weasley andate ad avvertire il professor Silente e ditegli
di venire immediatamente. Io andrò da Potter.”
Douglas
ebbe appena il tempo di annuire prima che Piton iniziasse a correre verso la
Foresta Proibita. Il ragazzo si morse il labbro inferiore,
poi guardò Ron.
“Ron,
ce la fai ad arrivare al castello da solo?”
“Sì,
ce la faccio, dovevo solo riprendere fiato. Ma tu...?”
“Allora
corri al castello e avverti Silente” disse Douglas “fai
più in fretta che puoi, va bene?”
Ron
sbattè le palpebre. “E tu che farai?”
“Se i Dissennatori sono così tanti, Piton ed Harry non
riusciranno a tenerli lontani da soli. Adesso corri al castello e chiama
Silente!”
Ron
annuì stupidamente, poi si voltò e iniziò a correre verso il castello.
Douglas, da parte sua, si diresse più velocemente possibile
verso la Foresta Proibita.
“Ti prego, non Harry! Farò tutto ciò che
vuoi…uccidi pure me, ma non Harry!”
“NO!”
Harry
scosse il capo con violenza, tentando di ignorare le urla di sua madre che gli riempivano la mente, e si sforzò di infondere quanto più
potere possibile al suo Patronus.
Harry
sentì una fitta acuta di dolore attraversargli la cicatrice, ma non ci badò,
impegnato com’era a concentrarsi sul suo Patronus, che diventava tuttavia
sempre più debole ogni secondo che passava. I Dissennatori si stavano
avvicinando…presto lo avrebbero circondato, e per lui
non ci sarebbe stato scampo… non c’erano più speranze…
Estenuato,
Harry crollò in ginocchio, e il suo Patronus si disfece
in una nebbiolina perlacea. La voce di sua madre adesso urlava più forte nella
sua testa…poteva vedere i Dissennatori che si avvicinavano sempre di più…il
ragazzo serrò gli occhi, aspettando la fine.
“Expecto
Patronum!”
L’urlo
improvviso indusse Harry a riaprire gli occhi: una grossa lince argentea si era
frapposta fra lui e i Dissennatori. Il Patronus soffiò contro le creature,
inducendole ad indietreggiare.
La
voce di Lily Potter svanì dalla mente di Harry, che si volse a guardare il suo
salvatore.
“Professore…”
Piton
rivolse ad Harry una smorfia disgustata. “Io e te
faremo i conti più tardi, Potter, non dubitare” disse gelidamente “in questo
momento ho altro per la mente, come puoi ben vedere…”
Sì,
Harry poteva vederlo eccome: i Dissennatori erano troppi perché un solo
Patronus potesse tenerli a bada per molto. Ben presto, sotto lo sguardo
terrorizzato di Harry, il Patronus di Piton cominciò
ad indietreggiare, e i Dissennatori si avvicinarono sempre di più. Adesso anche
Piton sembrava spaventato: era ancora più pallido del solito e si stava
mordendo a sangue il labbro inferiore, ma la mano che stringeva la bacchetta
rimase immobile. Se non fosse arrivato aiuto al più
presto sarebbe stata la fine per tutti e due. Harry prese la sua bacchetta,
preparandosi ad evocare il suo Patronus ancora una volta…e in quel momento notò
una figura che si dirigeva in fretta verso di loro. “Doug!”
“Riddle!”
ruggì Piton “ti avevo detto di andare al castello!”
Douglas
estrasse la sua bacchetta e la sollevò, senza dar segno di averlo sentito.
“EXPECTO PATRONUM!”
Una
densa nebbia d’argento uscì dalla punta della sua bacchetta e cominciò a
prendere forma. Era qualcosa di gigantesco, molto più grande di
qualsiasi Patronus Harry avesse mai visto fino al quel momento…
I
Dissennatori parvero esitare, poi si ritrassero di
nuovo. Harry deglutì, sentendosi la gola terribilmente secca: sopra di loro,
terribile e maestoso, torreggiava un immenso Basilisco argenteo. Il Patronus sibilò ferocemente verso i Dissennatori, poi, ad un ordine di
Douglas, le potenti spire del serpente li circondarono, creando un
cerchio argenteo frapposto fra loro e i Dissennatori.
“Questo
dovrebbe tenerli alla larga per un po’” disse Douglas, incurante
dell’espressione sbalordita di Harry “non credo che durerà molto, ma dovrebbe
essere abbastanza per permettere ai rinforzi di
arrivare.”
“Se
non sbaglio” disse freddamente Piton “ti avevo ordinato di tornare al castello.”
“Sì,
immagino di sì. Ora che farà, toglierà dei punti a Grifondoro?”
Un
lieve sorriso comparve sulle labbra di Piton “Non credo che la cosa ti importerebbe.”
“In effetti no. Però importerebbe ad Harry.”
“Non
temere, con Potter so già come regolarmi” disse Piton, scoccando un occhiata storta verso Harry, che da parte sua aveva
l’aria di non capire più nemmeno da che parte girasse il mondo “per quanto
riguarda te…credo che dovrò metterti in punizione.”
Douglas
scrollò le spalle. “Se proprio ci tiene…”
Piton
ignorò la risposta e guardò le spire che li circondavano. “Un Basilisco…avrei
dovuto immaginarlo” commentò “il Basilisco è sempre stato il protettore della
casata di Serpeverde.”
“Lo
so” rispose Douglas, non senza un certo orgoglio: era sempre stato molto fiero
del suo Patronus.
“Sta
arrivando qualcuno” disse all’improvviso Harry, tendendo l’orecchio.
Era
vero: sebbene non potesse vedere nulla oltre il muro creato dalle spire del
Basilisco, Douglas sentì chiaramente diverse voci che evocavano i loro
Patronus. Poco dopo l’aria, da gelida che era, tornò a temperatura normale.
“Ehi,
lì dietro” giunse a loro la voce di Silente “è tutto a
posto, i Dissennatori se ne sono andati. Potete anche uscire.”
Douglas
fece un gesto con la bacchetta, e il Basilisco di disfece
in nebbia. Oltre a Silente c’erano anche il professor Bowden
e la McGranitt, con le bacchette ancora in pugno.
“Tutto
bene?” domandò serenamente Silente, guardando Harry. Il ragazzo annuì,
raddrizzandosi gli occhiali.
“Sì,
professore. Tutto a posto.”
“Severus?”
“Sto
bene” disse brevemente Piton, guardando storto Harry “anche se credo che
dovremmo prendere seri provvedimenti disciplinari, dopo quest’episodio.”
Silente
non si scompose. “Ne potremo discutere con calma nel mio ufficio”disse
tranquillamente, poi il suo sguardo si posò su Douglas “immagino che quel
Patronus fosse il tuo, Salazar.”
“Sì,
signore.”
“Decisamente notevole. Un Basilisco, eh? Bè, era abbastanza
ovvio.”
Harry
guardò Silente, confuso. “Signore, cosa ci facevano dei Dissennatori qui? Non
dovrebbero essere ad Azkaban?”
“Avrebbero
dovuto, sì” borbottò la McGranitt “peccato che a quanto pare
non vogliano più obbedire al Ministero, e si sono visti i risultati…”
“Che risultati?”
“C’è
stata un’evasione di massa da Azkaban, poche ore fa” spiegò Bowden col suo
solito tono mite “dieci Mangiamorte sono fuggiti.”
“CHE COSA?” esclamò Harry, senza fiato. Silente gli mise una
mano sulla spalla.
“Credo
sia più opportuno spiegarti ogni cosa nel mio ufficio, Harry” disse con calma “Minerva, saresti così gentile da metterti
in contatto con Caramell e informarlo dell’accaduto? Digli anche che stasera
alle otto riceverà una mia visita al Ministero…avrei una certa premura di
parlargli.”
La
McGranitt annuì.
“Geoffrey”
disse Silente, rivolto a Bowden “vorrei che
tranquillizzassi gli amici di Harry e Salazar sul fatto che stanno entrambi
bene e che sono con me nel mio ufficio. Oh, e ti prego di dirgli di non
spargere la voce di quanto è accaduto. Non ancora, almeno.”
“Certamente”
rispose Bowden “il signor Weasley era letteralmente sconvolto…sarà felice di
sapere che è andato tutto bene.”
“Ne
sono certo” concordò Silente, poi guardò Douglas e Piton “Salazar, Severus, se voleste venire con noi…”
Sempre tenendo una mano sulla spalla
di Harry, Silente prese a camminare in direzione del castello.
“Quindi lei crede che i Dissennatori siano passati agli
ordini di Voldemort?” domandò Harry, incredulo. Douglas notò che nel sentire il
nome di Voldemort l’espressione di Piton si era come
indurita.
Silente
annuì. “Temo proprio di sì, Harry. Prima lasciano Azkaban, permettendo a molti
servitori di Voldemort di fuggire, e poche ore dopo attaccano Hogwarts…e, più
precisamente, te. Non può trattarsi di una coincidenza.”
“Ma allora…”gli occhi di Harry erano spalancati e fissi su
Silente “allora Caramell dovrà ammettere che è vero…che lui è tornato…o
almeno…insomma, non potrà più negare che c’è qualcosa che non va!”
“E’
proprio per questo che intendo parlare con lui stasera” spiegò tranquillamente
Silente, lisciandosi la barba “spero di poterlo finalmente indurre alla
ragione.”
“Non
è stata una mossa molto furba da parte sua” disse Douglas, pensieroso “ordinare
ai Dissennatori di attaccare Hogwarts poche ore dopo l’evasione dei Mangiamorte
rinchiusi ad Azkaban…insomma, è come urlare al mondo ‘salve
gente, sono di nuovo qui!’”
Silente
si schiarì la gola, un sorrisetto sotto la barba. “A dire il vero, Salazar, non
credo che sia stato tuo padre ad ordinare l’attacco…soprattutto con te dentro
la scuola. No, sono del parere che i Dissennatori abbiano
agito di propria iniziativa…immagino che Voldemort sia molto
contrariato.”
Harry
si ricordò della fitta che aveva sentito alla cicatrice mentre affrontava i
Dissennatori. “Lo è davvero” disse “è furioso.”
“E ha ragione di esserlo” disse Silente “questa…iniziativa
dei Dissennatori potrebbe costargli molto caro. In ogni caso, sarà meglio che
voi due non vi allontaniate più dal castello. Fortunatamente passerete le
vacanze di Natale al Quartier Generale dell’Ordine, dove sarete più che al
sicuro.”
Piton,
che era rimasto in silenzio tutto il tempo, si schiarì la gola. “A questo
proposito, signor preside” iniziò, guardando Harry
“vorrei ricordarle che èproibito
allontanarsi dal castello senza permesso. Credo che sia necessario prendere
adeguati provvedimenti disciplinari a riguardo…”
Silente
lo interruppe con un vago gesto della mano. “Apprezzo molto il tuo zelo,
Severus” disse con calma “ma ti ricordo che Harry si
trovava lì per il semplice fatto che il professor Hagrid lo aveva invitato a
raggiungerlo nella sua residenza. Di conseguenza, dal momento che aveva il
permesso di un docente, non credo che il ragazzo meriti una punizione.”
“Oh…”Piton
strinse le labbra, interdetto, mentre i suoi occhi saettavano da Silente ad Harry e viceversa. Sembrava così confuso che Douglas non
potè fare a meno di provare una certa simpatia nei suoi confronti.
“Veramente,
signore”intervenne Douglas “credo che il professor Piton si stesse
riferendo a me.”
Piton
si voltò a guardarlo, sorpreso, e Silente lo osservò al di
sopra degli occhiali a mezzaluna.
“A
te, Salazar?”
Douglas
annuì. “Sì, signore. Ho avuto l’arroganza di affrontare i Dissennatori
contravvenendo ad un preciso ordine del professor Piton, e ho messo in serio
pericolo la mia incolumità. Se il professor Piton volesse punirmi non avrei
nulla da obbiettare.”
“Uhm”
Silente guardò Piton “è così, Severus?”
“Io…”Piton
si schiarì nuovamente la gola “sì, signore. McKnight ha disobbedito al mio
ordine di tornare al castello.”
Douglas
notò che di fronte a Silente Piton lo chiamava ‘McKnight’ anziché ‘Riddle’.
“Molto
bene” disse dolcemente Silente “in tal caso non ho nulla da dire a riguardo.”
Recuperato
il controllo, Piton si alzò e si volse verso Douglas. “Ti aspetto domani sera
alle otto nel mio ufficio, McKnight.”
“Sì,
professore.”
Piton
chinò impercettibilmente il capo, poi uscì
dall’ufficio di Silente.
“Molto
bene” disse tranquillamente Silente, guardando Harry e Douglas con un sorriso
“credo sia meglio che voi due andiate a
riposarvi…avete dato entrambi prova di grande coraggio, ragazzi. Sono
orgoglioso di voi.”
Il
sorriso sul viso di Silente scomparve non appena i due ragazzi furono usciti
dal suo studio, e d’improvviso parve molto più vecchio.
L’anziano
mago si alzò dalla sua scrivania e prese qualcosa riposto in un armadio.
Appoggiò il Pensatoio sulla scrivania e si puntò la bacchetta alla tempia,
estraendone quello che sembrava un filo argentato, e ne immerse la punta nel
Pensatoio.
Una
figura emerse lentamente dal bacile, e una voce aspra e rauca risuonò nella
stanza:
“Ecco giungere il solo col potere di
sconfiggere l’Oscuro Signore…nato da chi lo ha tre volte
sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese…l’Oscuro Signore lo
designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto…e l’uno
dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro
sopravvive…il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà
all’estinguersi del settimo mese…”
Silente
si sedette di nuovo, coprendosi gli occhi con le mani, mentre la figura tornava
a sparire nel vortice argentato nel Pensatoio.
“Ma chi, Sibilla?” domandò al
nulla, angosciato “chi dei due?”
Maky91: sono contenta che l’atmosfera alla fine del capitolo
ti sia piaciuta, di solito quando si tratta di creare una particolare atmosfera
sono una frana…x quanto riguarda Salazar: qui va a
finire che ti accontento per sfinimento! *___* Comunque
devi scegliere: o Draco o Salazar…almeno uno dei due spetta a me! J
Call: visto come ho aggiornato in fretta stavolta? Lo so, non è una bella
cosa interrompere il capitolo proprio sul più bello…ma dovevo
proprio farlo, o sarebbe venuto fuori un capitolo chilometrico! Che ci fanno i Dissennatori qui? Semplicemente quello che
fanno sempre: guai!
Francesca
Akira: bè, con la profezia ci avevi quasi azzeccato…scherzi a parte: ma sei
sicura di non avere doti di Veggente?
No, davvero…riesci sempre ad intuire in anticipo gli argomenti dei capitoli
successivi! Per quanto riguarda la tua domanda su Draco, chissà…tutto è
possibile!
“Erano
centinaia!” ripetè Ron per la
diciassettesima volta, non appena Harry ebbe finito di raccontare a Hermione,
Fred e George quanto era accaduto quel pomeriggio “e quando sono arrivati è
stato terribile…era tutto gelato e…e…”
“Sappiamo
benissimo che effetto fanno i Dissennatori, Ron” disse seccamente Hermione, poi
tornò a rivolgere la sua attenzione ad Harry “e così i
Dissennatori hanno abbandonato Azkaban…quanti Mangiamorte hai detto che sono
fuggiti?”
“Una
decina” disse cupamente Harry “probabilmente sapremo di più domani, quando
leggeremo i giornali…spero che Silente riesca a convincere Caramell ad aprire gli occhi prima che sia troppo tardi.”
“Sono
certo che ci riuscirà” disse tranquillamente George “per quanto possa essere stupido non può semplicemente ad ignorare ciò
che è accaduto.”
Fred
annuì. “Sì, è quello che credo anch’io. E anche nel caso Silente non riuscisse
a far ragionare quell’emerita testa di rapa di Caramell, il Ministero dovrà
quanto meno ammettere che c’è qualcosa che non va.”
“Lo
spero bene” fece Harry con una smorfia “ci è mancato
tanto così che i Dissennatori mi risucchiassero l’anima…non è una cosa
piacevole. Per fortuna è arrivato Doug, altrimenti…”
“A
dire il vero non ho fatto nulla di particolare” fece Douglas, che da parte sua
era rimasto in silenzio per tutto il tempo “ ho soltanto preso tempo, come
avevate già fatto tu e Piton. Nemmeno il mio Patronus avrebbe resistito per
molto, sai. I Dissennatori erano davvero troppi.”
Harry
annuì, ripensando all’inquietante Patronus di Douglas, poi guardò il ragazzo
con maggiore attenzione: le sue guance erano scavate, e fissava il muro con
espressione stranamente vacua.
“Doug,
va tutto bene?” chiese Hermione, guardandolo con aria preoccupata. Il ragazzo
si strinse nelle spalle.
“Sono
solo un po’…bè, i Dissennatori tendono a fare questo effetto
a chiunque, immagino” disse con un sorriso tirato, poi si alzò dalla poltrona e
si diresse verso il buco del ritratto.
“Dove vai?” chiese Fred.
“Vado a chiedere un tranquillante, o qualcosa
del genere…non credo che riuscirei a dormire,
altrimenti. Ci vediamo fra poco.”
Dopo
che Douglas fu uscito George aggrottò la fronte, confuso.
“Ma che cos’ha?”
Harry
si strinse nelle spalle, rabbrividendo. “Quando un Dissennatori mi si avvicina”
mormorò alla fine “sento mia madre prima di morire…rivivo il ricordo peggiore
della mia vita…” si interruppe, con un nodo alla gola.
“E
questo cosa c’entra con Douglas?” chiese Ron, con una
notevole mancanza di tatto.
“Credo
che anche a lui sia successa la stessa cosa” disse lentamente “questo
spiegherebbe perché è così strano. Mi
domando quale sia…”
“Quale
sia cosa?”
“Il suo ricordo peggiore…”
“No,
non so nulla di questa storia” disse Malfoy, aggrottando la fronte “credo che
il vecchio bacucco abbia ragione, i Dissennatori devono aver agito di propria
iniziativa.”
“E per quanto riguarda l’evasione dei Mangiamorte?” chiese
Douglas, sorseggiando la pozione che si era fatto dare da Madama Chips prima di
farle fare un altro sonnellino “ne sapevi qualcosa?”
Malfoy
scosse il capo. “Non proprio…sapevo che stavano preparando qualcosa di grosso,
ma non immaginavo fosse questo.”
“Capisco”
fece Douglas, finendo la pozione in un sorso e alzandosi “bè, adesso devo
proprio andare, o cominceranno a fare troppe domande.”
“Salazar...”
“Cosa?”
Malfoy
fece un respiro profondo. “Io non so molto di quanto sta succedendo in questo
momento, ma di una cosa sono sicuro” disse il biondino, fissando Douglas dritto
negli occhi “Salazar, Lord Voldemort non aspetterà ancora a lungo per avere la
tua risposta.”
Douglas
sospirò. “Lo so fin troppo bene” disse alla fine “ma c’è una cosa che devo
sapere da te, Draco.”
“E
cioè?”
“Qualunque
sia la mia scelta…quale sarà la tua?”
Malfoy sollevò il mento. “Una volta ti ho detto che
avresti trovato in me il tuo migliore alleato” dichiarò “e un Malfoy mantiene
sempre la parola data, qualunque cosa possa accadere.”
“Parola
d’ordine?” chiese la Signora Grassa.
“Chimera”
disse distrattamente Douglas. Ora che la pozione cominciava a fare effetto
voleva soltanto andare a dormire…
“Doug!”
Vana
speranza.
“Ciao,
Ginny” disse il ragazzo, reprimendo uno sbadiglio “come mai sei arrivata solo
adesso?”
“Ho
avuto un paio di cose da fare” mentì in fretta Ginny: la verità era che non
aveva la minima voglia di parlare con Hermione “senti, prima ho incontrato la
McGranitt, e…mi ha detto cosa è successo oggi coi
Dissennatori, e…tu stai bene, vero?” chiese, sinceramente preoccupata.
“Sì,
va tutto bene” disse, strofinandosi in fretta gli occhi “sono solo un po’
stanco, tutto qui.”
“Oh”
Ginny parve sollevata “sai, ero preoccupata a morte…i Dissennatori sono
creature terribili.”
Mai quanto me, temo- pensò sarcasticamente Douglas, massaggiandosi
inconsciamente il punto dove era tatuato il Marchio Nero.
“Ho
saputo anche che li hai affrontati per aiutare Harry” proseguì lei “sei stato
davvero coraggioso.”
Douglas
avvertì una curiosa sensazione, come una stilettata nello stomaco.
“Veramente…cioè, non sono stato a pensarci troppo, tutto qui. Se mi
fossi fermato a pensarci per un momento probabilmente non
lo avrei fatto” disse, allentandosi la cravatta. All’improvviso la Sala Comune gli parve terribilmente calda.
Ginny
gli mise una mano sulla spalla. “Doug, sei sicuro di sentirti bene?”
Douglas
fissò per un istante la mano di Ginny appoggiata sulla sua spalla, sentendo il
cuore battergli in un punto imprecisato della gola.
“Sì,
ti ho già detto…va tutto bene” disse alla fine, scrollandosi la sua mano di
dosso “è tipico dei Dissennatori fare quest’effetto…ma mi è già passato.”
No, non mi è affatto passato. I
Dissennatori mifanno tornare in mente delle cose…le cose peggiori…che credevo di aver
cancellato, o che nemmeno ricordavo.
La
sua mano sfiorò di nuovo il Marchio Nero.
“Senti,
Doug, vorrei chiederti… non sei tenuto a rispondermi
se non vuoi…”
“Dimmi
pure.”
“Che
genere di ricordi hai rivissuto quando ti sei
avvicinato ai Dissennatori?”
Douglas
si morse un labbro, poi si limitò a scuotere il capo.
“Credimi, non ti piacerebbe saperlo.”
“Aveva
a che vedere col Signore Oscuro?”
Douglas
sussultò, e Ginny ebbe la netta esazione di aver fatto centro. “Mi dispiace” disse in fretta “non avrei dovuto…”
“Non
chiedere e io non ti racconterò bugie” disse seccamente
Douglas, poi si sforzò di sorridere “senti, io ho un sonno terribile,
credo proprio che andrò a dormire…ci vediamo domattina, va bene?”
Ginny
annuì. “Va bene, allora…a domani.”
Douglas si limitò ad annuire, poi entrò nel dormitorio
maschile, si buttò sul letto senza nemmeno togliersi i vestiti e si addormentò
all’istante.
Il
mattino dopo, a colazione, nella Sala Grande c’era il caos più totale: tutti
gli studenti erano tutti intenti a commentare fra loro le sconcertanti notizie
apparse sulla Gazzetta del Profeta.
“Ecco
qui” disse Hermione, mostrando agli altri la sua copia “è in prima pagina.”
EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN
I DISSENNATORI FUORI CONTROLLO
CAUTA APERTURA DEL MINISTERO
RIGUARDO LA
POSSIBILITA’ DEL RITORNO
SI COLUI-CHE-NON-DEVE-ESSERE-NOMINATO
“Cauta apertura?” fece Ron, alzando la
voce.
“Almeno
è un passo avanti” disse Harry, cominciando a leggere l’articolo.
Nel pomeriggio di ieri il Ministero
della Magia ha confermato la notizia del rifiuto dei Dissennatori di prendere ancora ordini dal Ministero e della successiva
fuga di dieci seguaci di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Il Ministro della Magia Cornelius
Caramell ha ricevuto ieri sera una visita di Albus Silente,
Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Il colloquio si è
svolto in forma privata, ma parlando coi giornalisti
in tarda serata il Ministro ha manifestato una cauta apertura nei confronti
delle tesi che Albus Silente va ripetendo dallo scorso giugno.
“Trovoprecipitoso affermare per certo che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato
stia davvero tornando al potere” ha dichiarato stancamente Cornelius Caramell
“tuttavia la ribellione dei Dissennatori e la fuga degli ex Mangiamorte sono segnali
molto inquietanti, che il Ministero non può permettersi di ignorare. Nel
frattempo i nostri migliori Auror stanno facendo del loro meglio per catturare
questi individui che, lo ricordiamo, sono estremamente
pericolosi e non devono essere avvicinati per nessun motivo.”
“Direi
che Caramell si è finalmente dato una svegliata” disse allegramente Fred “io lo
avevo dettocce Silente ce l’avrebbe fatta!”
“Era
ora” commentò Harry, fingendo di ignorare il fatto che
quasi tutti nella Sala Grande lo stavano fissando “non ne potevo più di
sentirmi dare del bugiardo.”
“Posso
vedere?” fece Douglas, prendendo il giornale dalle mani di Harry. Il ragazzo
lesse rapidamente l’articolo, poi osservò le fotografie in prima pagina, dalle
quali i Mangiamorte lo osservavano con aria arrogante. Una in particolare
attirò la sua attenzione: era la fotografia di una strega con le palpebre
pesanti e capelli scuri e incolti che lo guardava con
aria sprezzante, mentre un sorriso arrogante le piegava le labbra sottili.
Douglas lesse il nome sotto la fotografia.
Bellatrix Lestrange.
Il
ragazzo aggrottò la fronte. Quel nome non gli diceva proprio nulla…ma allora
perché aveva la stranissima sensazione di averla già
vista da qualche parte? Non, non era possibile…quella donna era stata rinchiusa
ad Azkaban quattordici anni prima, quando lui era poco
più di un lattante. Di sicuro non l’aveva mai incontrata.
O forse
sì?
“Tutto
bene, Doug?” chiese Ron.
Douglas
alzò gli occhi al cielo: era stufo di sentirsi chiedere se andava tutto bene.
“Benissimo”
disse seccamente, richiudendo il giornale e tornando a concentrarsi sulla sua
colazione. Gli altri si scambiarono un’occhiata, senza dire una parola. Harry
fece per restituire La Gazzetta del
Profetaad Hermione, e si accorse che la ragazza
non era più accanto a lui.
“Dov’è andata Hermione?”
“Mi
ha detto che doveva dire un paio di cose a Ginny” bofonchiò Ron, con la bocca
piena “credo che ieri abbiano litigato.”
“Davvero?”
fece Douglas, sollevando gli occhi dalla scodella di porridge: questo spiegava
il perché delle freddezza di Hermione nei confronti di
Ginny “e come mai?”
Ron si strinse nelle spalle. “Non ne ho la più pallida
idea. Chi le capisce, le ragazze?”
“Ginny”
chiamò Hermione, bussando alla porta del dormitorio “senti, lo so che sei qui…”
“Vattene”
giunse da dentro la voce di Ginny.
Hermione
sospirò. “Smettila di evitarmi, ti prego, voglio soltanto parlarti!”
“E a me non va di sentirti!”
Hermione
lanciò un’occhiata all’orologio: di questo passo avrebbero fato
tardi alle lezioni. “Ginny, non puoi restare qui dentro per sempre…avevo torto, lo ammetto…ma adesso apri questa maledetta
porta!”
Ci
fu qualche istante di silenzio, poi la porte si aprì e
Ginny uscì dal dormitorio. “Bene, eccomi qui” disse seccamente “adesso dimmi
cosa vuoi.”
Hermione
fece un respiro profondo prima di cominciare a parlare.
“Ginny,
mi dispiace davvero per quello che ti ho detto ieri, ma ero
soltanto preoccupata per te. Avevo ancora dei dubbi riguardo Douglas, ma
adesso mi sono resa conto che avevi ragione. Se fosse
davvero…bè…se fosse davvero malvagio non avrebbe rischiato la vita per salvare
Harry. Mi dispiace per aver detto tutte quelle idiozie
riguardo Tom Riddle, lui non c’entra nulla e…”
“E
invece questa è l’unica cosa su cui avevi parzialmente ragione” disse Ginny,
interrompendola “anzi, credo che tutto sia iniziato
proprio da Tom Riddle.”
Hermione
sbattè le palpebre, sorpresa. “Che vuoi dire?”
Ginny
abbassò lo sguardo sul pavimento. “Avevi ragione su una cosa” disse lentamente
“quando avevo undici anni, e Riddle cominciò a parlarmi attraversi
il diario…ecco, io mi ero davvero infatuata di lui. Mi dava dei consigli, mi
ascoltava, mi aiutava a risolvere i miei problemi…quello che i miei fratelli
non hanno mai fatto. Non che non ci abbiano provato,
ma…erano davvero delle frane.”
Hermione
non potè fare a meno di sorridere. “Immagino.”
Ginny
ricambiò il sorriso, poi proseguì. “Vedi, anche dopo
che Riddle ha rivelato la sua vera natura, e dopo che Harry lo ha
distrutto…nonostante il fatto chemi ha
soltanto usata…questa cosa non mi è mai passata del
tutto. Ho continuato ad aggrapparmi al suo ricordo come se potesse aiutarmi
come faceva una volta.”
“Vai
avanti” disse dolcemente Hermione.
“Quando ho visto Douglas, alla stazione” proseguì Ginny “ho
quasi creduto di vedere Tom vivere di nuovo. Non puoi nemmeno immaginare quanto
gli somigli…comunque non ci ho messo molto a capire
che Douglas è molto diverso da Tom. Cioè, il suo atteggiamento nei miei
confronti è molto diverso: Tom fingeva, comportandosi come un fratello maggiore,
mentre Douglas si comporta…normalmente, non so se capisci cosa voglio dire.
Senza fingersi più affezionato a me di quanto non lo sia.”
“Credo
di capire” disse Hermione, con un mezzo sorriso.
Ginny
sorrise a sua volta. “Insomma, in un certo senso hai fatto centro…all’inizio è
stata la somiglianza fra Douglas e Riddle ad attirarmi, ma dopo è cambiato
tutto. E’ Douglas che mi piace, Hermione. Non Tom Riddle.”
Ci
fu un momento di silenzio, poi Hermione annuì.
“Capisco. Allora non avevo del tutto torto…”
“Non
ricominciare, Hermione!”
“Va
bene, chiedo scusa…piuttosto, hai letto il giornale di
stamattina?”
“Il giornale? No, non l’ho letto…cosa è successo?”
“Un
bel macello” commentò Malfoy, mettendo via il giornale “bè, non ci si poteva
aspettare che la fuga di tanti Mangiamorte passasse inosservata…”
“Questo
è poco ma sicuro” rispose Douglas, avvolto nel Mantello dell’Invisibilità di
Harry. Aveva approfittato del fatto che Harry era impegnatoin un nuovo allenamento di Quidditch per
sgattaiolare di nuovo in infermeria. Stava diventando di
casa, pensò sarcasticamente. E Madama Chips
passava più tempo dormendo che da sveglia.
“In
ogni caso” proseguì Malfoy “mia madre sarà contenta che zia Bellatrix è uscita. A dire il vero io non l’ho nemmeno conosciuta,
ma…”
“Aspetta
una attimo” lo bloccò Douglas “cos’hai detto?”
“Bè,
ho detto che mia madre sarà contenta che zia Bella…”
“Bellatrix
Lestrange è tua zia?”
Malfoy
parve sorpreso. “Sì, perché me lo chiedi?”
Douglas
si strinse nelle spalle. “Non saprei…è che la sua faccia
mi sembra stranamente familiare. Mi sembra assurdo, dal momento che non l’ho
mai vista in vita mia…”
“E
invece sì” disse Malfoy, ripiegando il giornale “anzi, a dirla tutta lei è
stata la prima persona che tu abbia mai visto.”
“Cosa vuoi dire?”
“Voglio
dire che Bellatrix Lestrange è stata la tua levatrice.”
“Stai scherzando?”
“E’
la verità.”
“E tu come lo sai?”
“Me
l’ha detto mio padre. Lui era presente.”
“Era
cosa?”
Malfoy
sospirò. “Salazar, la vuoi smettere di urlare? Finirai per svegliare Madama Chips.”
Douglas
fece un respiro profondo. Quando parlò di nuovo, la
sua voce vibrava di collera repressa. “Draco, quanti accidenti di Mangiamorte
erano presenti alla mia nascita?”
“Non
molti, solo i più fedeli. La tua esistenza era ignota a quasi tutti gli altri.”
“Oh,
fantastico! E già che c’erano perché non si sono portati una
macchina fotografica?”
Malfoy
aggrottò la fronte. “Bè, credo che mio padre ci abbia pensato…”
“Non sei divertente, Draco.”
“Non
prendertela con me, io non ero mica lì” protestò Malfoy “il Signore
Oscuro voleva che i suoi Mangiamorte più fedeli assistessero alla Cerimonia
della Marchiatura…”
Douglas
rabbrividì. Giusto, il Marchio Nero…la Cerimonia…se solo quei dannati
Dissennatori non lo avessero indotto a ricordare…
“Ora
devo andare” disse in fretta il ragazzo, alzandosi “quando potrai
uscire di qui?”
“Dovrei
uscire domani sera” disse Malfoy, accomodandosi sui cuscini “era ora, non ne
potevo più di stare qui.”
Douglas
notò un grosso blocco di cioccolata poggiato sul comodino.
Chissà perché
non ne dubito…
Maky91: ok, allora tieniti pure Draco…però Salazar è mio! J Riguardo il Patronus di
Salazar ero un po’ indecisa, pensavo che il Basilisco fosse troppo
scontato…però mi sembrava anche il più adatto.
Francesca Akira: finalmente una cosa che non avevi
già capito!!! :-D Scherzi a parte qua e là per la storia ci sono un paio
di frasi che mostravano già che Salazar aveva qualcosa in comune con la
Profezia (capitoli 12 e 15, x la precisione). In ogni caso hai perfettamente
ragione, la Profezia non lascia intendere il motivo per il quale il Prescelto
ucciderà (o verrà ucciso da) Voldemort.
Bilalla: indovinato, Ginny era davvero infatuata di Tom (e come
darle torto?) e adesso prova davvero qualcosa per Salazar (quando una ha buon
gusto…J)
Call: sì, anch’io per un attimo avevo pensato ad un pipistrello, ma dal
momento che ho un’ assoluta idiosincrasia verso i
pipistrelli (provate a passare un pomeriggio a guadare tutte le videocassette di batman con un cugino di 5 anni e poi mi
raccontate…) alla fine ho optato per la lince…a dire il vero come Patronus di
Piton ci ho sempre visto bene un felino, non so perché.
La sala era immensa, rischiarata appena da alcune torce sui muri di
pietra
La
sala era immensa, rischiarata appena da alcune torce sui muri di pietra. Al
centro della sala c’era un lungo tavolo di mogano, attorno al quale erano
sedute le sagome di una ventina di persone, tutti con lo stesso atteggiamento
umile e dimesso, indistinguibili fra di loro a causa
dei mantelli neri che tutti indossavano e dei cappucci che coprivano loro il
volto.
Uno
soltanto di loro, la figura seduta a capotavola, non indossava teneva il cappuccio
calato sul volto né tantomeno teneva il capo chinato. Al contrario, il suo
atteggiamento era altero e orgoglioso, e i suoi occhi rossi, che spiccavano in
maniera inquietante sul volto bianco ed emaciato, percorsero lentamente la
sala.
“E
così” disse alla fine Lord Voldemort, mentre la
temperatura nella stanza sembrava scendere di almeno dieci gradi “siamo
finalmente tutti qui riuniti…sono lieto di vedere che anche i miei Mangiamorte
più fedeli, coloro che hanno preferito affrontare Azkaban piuttosto che
rinnegarmi, sono di nuovo qui fra noi.”
Nel
sentire le sue parole, alcuni Mangiamorte si mossero leggermente, come
inorgogliti. Una di loro in particolare sollevò il capo in un moto d’orgoglio,
e per un istante gli occhi brucianti di Bellatrix Lestrange incontrarono quelli
del Signore Oscuro. Sì, il Signore
Oscuro aveva ragione a definirli i suoi servi più fedeli…perché lei era-
sarebbe sempre stata- la seguace più devota dell’Oscuro.
“Certo,
il fatto che quello sciocco di Caramell stia cominciando ad aprire gli occhi a
causa della sconsideratezza dei Dissennatori è per me fonte di grande
irritazione” disse Voldemort non appena il brusio si fu acquietato “ma mi
aspettavo una cosa del genere, del resto anche la vostra fuga avrebbe alzato sospetti…in ogni caso si può dire che il
gioco vale la candela: ora come ora il Ministero non ha modo di scovarci, e
dieci Mangiamorte in più ci saranno di grande aiuto. Ora, passando al motivo per cui vi ho convocato qui…”
“Mio
Signore…” intervenne una voce alla destra di Voldemort “non so
se è il momento di cominciare la riunione…un Mangiamorte è ancora assente…”
“Non
è il caso di farmelo notare, Lucius” disse seccamente Voldemort “so benissimo
che Severus Piton non è ancora arrivato…e mai
arriverà, dal momento che ho fatto sì che non sapesse nulla della riunione di
oggi.”
“Perché…?”
“Perché,
Lucius?” fece freddamente Voldemort “semplicemente perché non mi fido di lui a sufficienza, vista la delicatezza
dell’argomento da trattare in questo incontro…”
Lucius
Malfoy si zittì immediatamente. Sapeva già da tempo
che Il Signore Oscuro non si fidava pienamente di Piton, e questo non presagiva
nulla di buono per lui. Lucius si morse un labbro, nervoso, augurandosi che
l’Oscuro si stesse sbagliando. Non si augurava accadesse nulla di male al suo
vecchio amico Severus Piton.
“Mio
Signore” questa volta fu la voce di Rodolphus Lestrange ad intervenire “non ci è ancora stato reso noto il motivo di questa riunione…”
“Ma certo, che sciocco sono stato a dimenticarmene…” disse
Voldemort con inquietante dolcezza “dimenticavo che voialtri ad Azkaban non
siete stati aggiornati sui recenti avvenimenti…inogni caso, intendo rimediare…immagino che
tutti voi vi ricordiate di Nadja Dashwood…”
A
quelle parole un mormorio percorse la tavola, e sotto il cappuccio di Bellatrix
apparve una smorfia di disgusto. Oh, se se la ricordava, quella povera sciocca!
Una buona a nulla con l’unico pregio di discendere da
un’ antica stirpe di maghi. Un lampo d’odio attraversò gli occhi della donna.
Questa era stata una vera ingiustizia: la Casata dei Black non aveva nulla da
invidiare a quella dei Dashwood in quanto a nobiltà e
purezza del sangue; dunque per quale motivo l’Oscuro aveva scelto quella
creatura ottusa e debole? Lei era la
sua serva più devota, e quindi avrebbe dovuto essere
lei, Bellatrix, la donna destinata a dargli un erede!
“Sì,
mio Signore” parlò, a nome di tutti, Dolohov “ci
ricordiamo di lei, ma questo…questo non vuol dire…”
“Quindi
immagino vi ricorderete” proseguì Voldemort, senza dare neppure un segno di
averlo sentito “di un bambino nato da quella donna poco più di quindici anni
fa, all’epoca solo un debole ed inutile lattante, che io stesso ho provveduto a marchiare alla sua nascita…”
“Il
Principe Oscuro?” esclamò concitatamente Rookwood “il
Principe Oscuro è ancora in vita?”
Voldemort
piegò le labbra in una raccapricciante parodia di sorriso. “Sì. Rookwood, è
così. Anzi, ti dirò di più: non soltanto il Salazar è ancora in vita, ma è
diventato l’orgoglioso e potente erede che speravo diventasse...cosa di cui
sono al corrente per merito della corrispondenza fra
Lucius Malfoy e suo figlio Draco… ”
Lucius
chinò il capo, deglutendo a fatica. Forse avrebbe dovuto sentirsi orgoglioso di
suo figlio, ed incerta misura lo era…ma sentire il suo nome pronunciato da Lord Voldemort in
persona lo rendeva stranamente inquieto.
“Corrispondenza?
Dal figlio di Lucius?” intervenne Rodolphus Lestrange “ma,
mio Signore…dove si trova il Principe Oscuro?”
“Questa
è la cattiva notizia” disse tranquillamente Voldemort “vedete, in questo
momento mio figlio si trova a Hogwarts, sotto il controllo di
Albus Silente.”
Un
altro mormorio percorse la tavola.
“Ma, mio Signore” intervenne Bellatrix “se il ragazzo è
potente come dite, per quale motivo non vi ha ancora raggiunto?”
Voldemort
rise. “Bellatrix, tu sottovaluti la prudenza di mio figlio. Sì, è molto forte,
ma è ancora troppo giovane. Sa di essere ancora
inesperto, non è così imprudente da mettere in sospetto Silente…sa bene quanto
possa essere pericoloso per lui. Oltretutto, il ragazzo non ha ancora accettato
di unirsi a me. Non mi riconosce alcuna autorità su di
lui.”
Tutti
i Mangiamorte lo guardarono ammutoliti, ma Voldemort non sembrò farci caso.
“Comunque sia” proseguì “questo è un inconveniente a cui è possibile
ovviare. Entro un paio di mesi- due, tre al massimo- potrete vedere con i
vostri occhi il vostro Principe Oscuro…perché sarà lui stesso a venire qui, di sua volontà.”
“Intendete
farlo portare qui e metterlo sotto effetto dell’Imperius?” domandò Rookwood.
Voldemort
sollevò pigramente la bacchetta. “Crucio.”
Rookwood
urlò e cadde sul pavimento di pietra, gridando e contorcendosi.
“Sei più stupido di quanto credessi” disse gelidamente
Voldemort, non appena l’effetto della maledizione fu terminato “pensi davvero
che Salazar si lascerebbe controllare così facilmente? Ho già detto che sarà
lui stesso a venire qui, ed io non lo obbligherò a
fare nulla…mi limiterò a mostrargli ciò che potrebbe essere suo se solo
decidesse di unirsi alla mia causa.”
“Ma, mio Signore, come fate a sapere che…”iniziò Lucius, ma
Voldemort lo interruppe con un cenno della mano.
“Lo
so per il semplice fatto che saremo noi ad attirarlo qui…a fare in modo che ci
raggiunga.”
“Avete
unpiano, mio Signore?”
“Sì,
Avery, ho un piano...e credo proprio che Nadja Dashwood potrà esserci utile
ancora una volta…”
Tutti i presenti fecero silenzio, ascoltando il piano
che Lord Voldemort gli stava illustrando. Erano così intenti ad ascoltarlo che
nessuno si accorse della smorfia amara che per un istante distorse i lineamenti
di Bellatrix Lestrange.
“Dove
stai andando, Doug?” domandò Harry, mettendo via il libro di Divinazione con la
tipica espressione di chi si è definitivamente arreso.
Douglas
scrollò le spalle. “Sono in punizione con il professor Piton, te lo sei dimenticato?”
“Ah,
giusto” fece Ron, con una smorfia “non capisco proprio per quale motivo sei
intervenuto per tirarlo fuori dall’imbarazzo…voglio
dire, avresti potuto benissimo risparmiarti la punizione con quel vecchio
pipistrello…”
“In
fondo non è tanto male, una volta che ci hai fatto l’abitudine” rispose Douglas
“e poi ti ricordo che ‘quel vecchio pipistrello’ ha salvato la vita ad Harry, e non per la prima volta, stando a quanto mi hanno
detto. Di sicuro ha fatto qualcosa di più che correre starnazzando come un’oca.”
Le
orecchie di Ron divennero viola. “Io…”
Douglas
si mise a ridere. Aveva saputo che Malfoy era appena uscito dall’infermeria, e
questo lo aveva messo decisamente di buon umore.
“Guarda che stavo scherzando, se tu non avessi
chiamato in tempo i rinforzi le cose si sarebbero messe davvero male.”
“Oh”
Ron parve decisamente rinfrancato.
“Bè,
sarà meglio che vada…spero non duri troppo, sono stanco morto.”
“Non
preoccuparti, se farai tardi ci penserò io a dare il bacio della buonanotte a
Raksha da parte tua” scherzò Harry “cerca di non
divertirti troppo, intesi?”
“Ci
proverò”tranquillamente Douglas “voi
invece divertitevi a fare i compiti di Pozioni senza di me, mi raccomando.”
“Crepa”
bofonchiò Ron, chino sui libri, nello stesso momento in cui Hermione entrava nella Sala Comune.
“Stavate
parlando del C.R.E.P.A?” domandò, con l’espressione di una bambina di fronte
all’albero di Natale “oh, è bello vedere che finalmente vi interessate
a quei poveri elfi domestici…”
“Ehm…” Harry e Ron si scambiarono un’occhiata
imbarazzata, mentre Douglas si dileguava dalla Sala Comune alla velocità della
luce.
Toc, toc, toc.
“E’
aperto” disse ad alta voce Piton, senza nemmeno sollevare lo sguardo dal libro
che aveva davanti.
“Buonasera,
professore” disse Douglas, richiudendosi la porta alle spalle. Il ragazzo capì immediatamente per quale motivo gli studenti
odiavano in maniera particolare le punizioni di Piton: il suo ufficio, tetro e
semibuio, avrebbe messo a disagio chiunque…o meglio, chiunque tranne lui: se
Piton sperava di metterlo a disagio, si sbagliava di grosso.
“Siediti”
disse brevemente Piton, indicando una sedia di fronte alla scrivania. Douglas
obbedì in silenzio, aspettando che fosse Piton il primo a parlare.
Piton
richiuse il libro che stava leggendo e lo mise in un cassetto, poi sollevò il
capo e guardò Douglas dritto in faccia.
“Immagino
che tu ti renda conto” disse il professore, dopo un breve silenzio “del rischio
che hai corso affrontando quei Dissennatori.”
“Sì.”
“Sai
cosa sarebbe potuto succedere? Sai cos’è il Bacio del
Dissennatori.”
“Certo
che lo so” disse seccamente Douglas.
“E non ne hai paura?”
“Io
temo una sola cosa.”
Piton
annuì. “La Morte…” disse a bassa voce “e dimmi,
Riddle…credi forse che perdere la propria anima sia più piacevole?”
“No,
non credo sia piacevole. Ma ci sono tanti modi per
perderla.”
“E non te ne importa niente?”
Douglas
si grattò distrattamente il naso prima di rispondere.
“A lei importerebbe?”
Piton
strinse le labbra. “Non hai risposto alla mia domanda.”
“Lei
risponda alla mia.”
Silenzio.
“Certo
che mi importerebbe” disse alla fine Piton.
“Eppure lei è stato il primo a mettersi fra Harry e i
Dissennatori” fece tranquillamente Douglas “perché?”
“Silente
vuole che Potter sia al sicuro.”
Gli
occhi di Douglas luccicarono nelle penombra, simili a
due rubini. “E lei obbedisce sempre ai desideri di
Silente?”
“Gli
devo molto” tagliò corto Piton “ma adesso ribaltiamo la domanda…tu perché lo hai fatto,
Riddle?”
“Non
ho alcun motivo per desiderare che accada qualcosa di male ad
Harry” disse sinceramente Douglas.
“E hai rischiato di farti risucchiare l’anima per aiutarlo”
mormorò Piton. Era una constatazione, non una domanda.
Douglas
si strinse nelle spalle. “Sarò sincero con lei, professore” disse alla fine
“posso anche aver rischiato di perdere la mia anima, ma non credo che avrei mai
corso il rischio di perdere la vita.”
“Uhm”
Piton si massaggiò il mento, pensieroso “sei molto
giovane, Riddle…per quale motivo sei tanto ossessionato dall’idea della morte
?”
Questa
era in assoluto l’ultima domanda che si sarebbe aspettato di sentirsi
rivolgere. Douglas rimase in silenzio un paio di minuti buoni, fissando il
nulla. “Vorrei saperlo anch’io” disse alla fine “ma questa è
una domanda a cui non so dare una risposta. Ora, se permette, sono qui per
scontare una punizione, e non per sostenere un interrogatorio.”
Piton
annuì, indicando una mensola sul muro opposto. “Mi serve qualcuno che riordini le mensole” disse tranquillamente, col suo solito
tono distaccato “senza magia, ovviamente. Puoi cominciare, Riddle.”
Per
un po’ nell’ufficio regnò il silenzio, rotto soltanto dal lieve tintinnio delle
boccette che Douglas stava sistemando. “Professore?”
fece ad un certo punto, richiudendo un vaso di occhi
di salamandra.
Piton
sollevò lo sguardo, come se si fosse ricordato solo in quel momento della sua
presenza. “Cosa?”
“So
che a i membri dell’Ordine passeranno il Natale con
noi al Quartier Generale.”
“La
maggior parte, sì. Perché?”
“Ci
sarà anche lei?”
Piton
scosse il capo. “Teoricamente sì, ma credo proprio che resterò qui.”
“Come
mai?” chiese Douglas, pur intuendo la risposta.
Il
professore diede una risata amara. “Forse non lo hai notato, ma c’è qualche
problema di…incompatibilità fra me e diversi membri dell’Ordine, Sirius Black
per primo” disse alla fine “non credo che gli piacerebbe avermi nei paraggi.”
“A
me piacerebbe” disse Douglas, senza riflettere.
Piton
sbattè le palpebre, sorpreso, poi si ricompose. Quando
parlò, Douglas avrebbe giurato che la sua voce sembrava meno fredda del solito.
“Lieto di sentirtelo dire. Ora puoi andare.”
“Ma non ho ancora finito…”
“Ho
detto che puoi andare” tagliò corto Piton “ci vediamo domani a lezione, Riddle.”
Douglas annuì, poi uscì in
silenzio dallo studio di Piton. Dopo che ebbe svoltato l’angolo, un sorriso da
squalo comparve sul volto del ragazzo. Douglas infilò una mano nella tasca
della tunica e ne estrasse il trofeo che era riuscito
a trafugare dallo studio di Piton…una boccetta di scintillante sangue di
unicorno.
“Sei
impazzito” disse Malfoy in tono assolutamente piatto, appoggiandosi ad una
colonna “completamente impazzito.”
“Probabile”
rispose tranquillamente Douglas, rigirandosi l’ampolla fra le mani.
“Salazar”
fece Malfoy col tono di chi si rivolge ad un povero
mentecatto “Piton ci pochi giorni ad accorgersi che gli manca del sangue di
unicorno…”
“Io
invece non credo” rispose Douglas “ne aveva un vaso
pieno, e io mi sono limitato a prenderne poche gocce. E
in ogni caso il gioco vale la candela.”
“Non
sono convinto” ripetè Malfoy, guardando la boccetta con sospetto “sono appena
uscito dall’infermeria, e non ho la minima voglia di tornarci.”
“Tranquillo,
non ci metterai piede” disse Douglas, rimettendosi in tasca il flacone e
occhieggiando verso lo scheletro del Basilisco “non ho
la minima intenzione di usarlo subito. E’ una pozione complicata, che richiede
parecchia esperienza. Sangue di unicorno e ossa di
Basilisco sono piuttosto difficili da usare.”
“Non
stento a crederci” commentò Malfoy “senti, mi è venuto
un dubbio…”
“Cosa?”
“Io
credevo che il sangue di unicorno rendesse maledetto
chiunque osasse berlo…”
“Infatti.”
Malfoy
lo fissò come se fosse impazzito. “Non dirmi che intendi berlo lo stesso!
Salazar, tu non hai idea di che razza di inferno
diventerebbe la tua vita se tu…”
Douglas
sogghignò. “Puoi stare tranquillo, Draco, non sono
tanto stupido. Questo è uno dei motivi per cui
dobbiamo per forza aspettare è proprio questo: bisogna aggiungere alla pozione
un ingrediente che annulli questo…effetto collaterale del sangue di unicorno.”
“Ovvero?”
“Ci servono le lacrime di una Fenice.”
“Oh, di bene in meglio! E
dove pensi di trovare una fenice, se è lecito?”
“Silente ne ha una nel suo studio.”
“Dì un po’, ma ti senti mentre parli? Silente ne ha
una nel suo studio…e potrei sapere come speri di riuscire a prenderne delle
lacrime senza che il vecchio se ne accorga?”
Douglas si strinse nelle spalle. “Ancora non lo so, ma
vedrò di farmi venire in mente qualcosa.”
Malfoy sospirò. “Diventi sempre più pazzo ogni giorno
che passa, amico mio. Per inciso, quale sarebbe l’effetto di
questa famosa pozione?”
Douglas sogghignò, un brillio inquietante in fondo
agli occhi. “Questa sarà una sorpresa, Draco. Una vera sorpresa.”
Maky91: lo so, anche a me Hermione sta
piuttosto sul cavolo, anche se alla fine agisce sempre con le migliori
intenzioni…detesto i saputelli in generale…senti però ogni tanto Draco me lo
presti? Per favooore! (ragazzi, sto proprio regredendo di brutto…)
SaraSerpeverde: tranquilla,non
manca ancora molto(3 o 4 capitoli, più o meno), poi potrai finalmente vedere Voldemort
e Salazar faccia
a faccia. So che la sto tirando un po’ per le lunghe, ma cerca di avere
pazienza, farò tutto il possibile per aggiornare più spesso.
Bilalla: sono contenta che la coppia Salazar/Ginny ti interessi, anche perché nel prossimo capitolo mi occuperò
particolarmente di loro…aspetta e vedrai!
Natalie_S: grazie per i complimenti, mi hanno fatto davvero
piacere! Mi lusinga il fatto che ti piaccia il modo in
cui ho caratterizzato i personaggi, Douglas/Salazar è parecchio complicato da
descrivere…riguardo a Draco e Piton sono contenta che li trovi interessanti, ho
cominciato da poco tempo ad interessarmi ai loro personaggi: all’inizio mi
stavano semplicemente sulle palle (molto profonda, eh?) poi ho cominciato a
leggere alcune fanfic su di loro e ne ho trovate alcune che me li hanno fatti
amare.
“Ne
sei sicura?” domandò Ginny, elettrizzata “sicura di aver sentito bene?”
Hermione
annuì. “Sicurissima, ho sentito la McGranitt parlarne col professor Bowden poco
fa. Silente dovrebbe darne l’annuncio stasera a cena.”
“E nel frattempo?”
“Nel
frattempo cosa?”
“Non
fare la finta tonta, Hermione” sospirò Ginny “cosa hai
intenzione di fare per indurre quel fesso di mio fratello ad aprire gli occhi e
ad invitarti?”
Hermione
arrossì. “Non ho mai detto...”
“Non
hai bisogno di dirlo, si vede lontano un miglio.”
Hermione
sbuffò, contrariata. “Senti chi parla…e per quanto riguarda tu-sai-chi, invece?”
“Chi,
il Signore Oscuro?” domandò Ginny con aria innocente.
“E
poi sarei io quella che fa la finta tonta, non è vero?
Mi riferivo a Douglas, Ginny. Immagino che tu abbia intenzione di andarci con
lui.”
“Ovviamente”
rispose Ginny, con un sogghigno “e ho già un piano.”
“Che genere di piano?”
“Un piano ben congegnato, non temere. Diciamo che è
basato sull’effetto sorpresa. Ma
prima devo chiedergli un favore…”
Silente
attese che gli studenti avessero finito la cena, poi
si alzò in piedi e si schiarì la gola, preparandosi a parlare. Tutti gli
studenti riuniti nella Sala Grande fecero silenzio e si misero in ascolto.
“Dati
i recenti avvenimenti che avrete senz’altro letto sul
giornale l’altro giorno, immagino che vi siate resi perfettamente conto del
fatto che la comunità magica sta vivendo un periodo piuttosto…difficile.”
Harry
si sforzò di ignorare gli sguardi che l’intera Sala Grande gli stava rivolgendo. Da quando Caramell aveva ammesso che forse Harry aveva detto la verità si era
ritrovato ancora più al centro dell’attenzione di
quanto non lo fosse di solito, e la cosa era tutt’altro che piacevole.
“Pertanto”
proseguì Silente, e gli occhi della Sala Grande tornarono su di lui “in
concomitanza col Ministero della Magia è stato deciso che, per la vostra
sicurezza, tutte le gite ad Hogsmeade saranno
annullate fino a quando il pericolo non potrà dirsi cessato.”
Un
mare di proteste emerse le sue ultime parole.
“Non
è giusto!” esclamarono in coro Fred e George, mentre molti altri studenti si
lasciavano andare ad esclamazioni di disappunto.
Silente
attese che tornasse il silenzio, poi continuò a
parlare: “Sono d’accordo con voi, è una gran seccatura” disse bonariamente “e
proprio per compensarvi di questo contrattempo abbiamo preso una decisione:
visto il successo dell’anno scorso, abbiamo deciso che anche quest’anno, poco
prima dell’ inizio delle vacanze di Natale, avrà luogo il Ballo del Ceppo.”
“Il
Ballo del che?” domandò Douglas, mentre gli studenti nella Sala Grande
iniziavano a commentare la notizia in maniera decisamente
rumorosa.
“Il
Ballo del Ceppo” gli rispose Harry “è una festa da
ballo che si tiene prima di Natale.”
“Oh,
fantastico” bofonchiò Douglas, senza la minima traccia di entusiasmo.
Non amava particolarmente quel genere di feste.
Silente
sorrise. “Lieto di vedere che il pensiero vi entusiasma tanto. La scuola ha già
inviato dei gufi ai vostri genitori per farvi spedire i vostri abiti da
cerimonia” concluse Silente.
“Meno
male che Fred e George mi hanno regalato un vestito nuovo” commentò Ron“l’ultima volta che lo ha fatto sembravo
un…bè, ve lo ricordate.”
“Fin
troppo bene” disse Hermione, fingendosi affascinata dal proprio bicchiere “bè,
direi che è ora di andare a dormire…Ginny, vieni con
me?”
“Sì”
rispose subito Ginny alzandosi per raggiungerla “a domani, ragazzi.”
Douglas le seguì con lo sguardo finchè non furono
uscite dalla Sala Grande, e per un attimo si sorprese a domandarsi chi avrebbe
invitato Ginny al ballo. Scrollò il capo come per scacciare il pensiero: non
aveva tempo per sciocchezze del genere. Si appoggiò allo schienale della sedia
e tornò a concentrarsi sulle lacrime che avrebbe
dovuto sottrarre alla Fenice di Silente.
“Scordatelo
Ginny” disse seccamente Douglas “non se ne parla neanche.”
“Oh,
andiamo” insistette Ginny “è per una buona causa!”
“Ti
ho mai detto che detesto le buone
cause?”
“Insomma,
Ron è anche amico tuo…”
“Questo
non significa che debba combinargli gli appuntamenti! Per chi mi hai preso, per il Cupido dei Poveri?”
Ginny
sospirò. “Dovresti solo fargli capire che dovrebbe invitare Hermione, tutto
qui. E’ talmente stupido che da solo non ci arriverebbe mai.”
“E allora perché non ci parli tu?”
“Non
mi ascolterebbe.”
“E cosa ti fa pensare che ascolterebbe me?”
“Il
fatto che gli fai sempre copiare i compiti di Pozioni. Ormai ti considera praticamente un dio.”
Douglas
aggrottò la fronte. “Solo perché gli faccio copiare i compiti?”
“Già.”
Il
ragazzo finse di riflettere. “Però, non è male come
metodo…”
“Non montarti la testa, Doug” fece
Ginny dandogli una pacca sulla spalla “al mondo non siamo tutti come
Ron. Allora, ma lo fai questo favore?”
“Bel tentativo, ma la risposta rimane…”
Ginny reclinò la testa da un lato e si mordicchiò il
labbro inferiore. Douglas sospirò.
“Guarda che con me non attacca.”
L’espressione implorante di Ginny venne
sostituita da un sogghigno che gli fece venire i brividi.
“E adesso cos’hai in mente?”
chiese Douglas, un tantino preoccupato. Dubitava che i sogghigni di suo padre
potessero essere tanto terrificanti.
Ginny scrollò le spalle, ma il ghigno rimase. “Stavo
solo ripensando alla storia che mi hai raccontato un po’
di tempo fa…sai, quella sulla tua unica lezione di volo. Credo che anche gli
altri la troverebbero molto divertente.”
Douglas si irrigidì. “Non
puoi farmi questo.”
“Scommetti?”
“E’ uno sporco ricatto!”
“Ebbene sì.”
Il
mattino dopo, a colazione, non si parlava d’altro che del Ballo del Ceppo.
“Non
ho proprio idea di chi invitare” fece cupamente Ron, il capo chino sul piatto
“mi sento un tale idiota…”
“Ora
non farne una tragedia” disse Harry “ti faccio presente che nemmeno io ho idea
di chi invitare.”
“Ma
per te non c’è problema” protestò Ron, indicando gli altri tavoli con un cenno
del capo “hai solo l’imbarazzo della scelta.”
Era vero: decine di ragazze stavano fissando
Harry, senza nemmeno degnare di uno sguardo la loro colazione. Ultimamente la
popolarità di Harry sembrava essersi triplicata, e la cosa stava diventando
rapidamente imbarazzante.
“Ehm…”
“Fred
e George hanno già trovato qualcuno” proseguì Ron, senza dar segno di averlo
sentito “e se non trovo una ragazza al più presto, mi prenderanno in giro a
vita.”
Harry
cercò disperatamente qualcosa da dire.“Avanti,
sono sicuro che presto troverai qualche…insomma, hai più di due settimane di
tempo!”
“Fai
presto a dirlo, tu non hai questo problema” disse Ron, lanciando un’occhiata
verso la porta “e nemmeno Doug, a quanto pare.”
Harry
seguì il suo sguardo: Douglas era entrato nella Sala Comune, e parecchie
ragazze avevano spostato l’attenzione su di lui.
“Come
mai quella faccia appesa, Ron?” domandò il ragazzo, sedendosi al tavolo e
cominciando a servirsi la colazione, assolutamente incurante delle dozzine di occhi che aveva puntati addosso.
“E’per il Ballo del Ceppo…”iniziò Harry, ma Douglas lo
interruppe subito.
“Ah,
già, il ballo…non hai idea di quanto ti invidio, Ron”
disse, cercando di suonare il più possibile convincente.
Ron
sgranò gli occhi. “Mi…invidi?”
“Ma certo” fece Douglas, tentando di sembrare convinto
“voglio dire, tu sai già con chi andare, io invece non credo nemmeno che andrò
al ballo…”
“So
già con chi andare?” ripetè Ron, con voce assolutamente piatta. Harry
cominciava a non capirci più nulla.
Douglas
strinse i denti, avvertendo le avvisaglie di un tremendo mal di testa.
Ragazzi, Ginny morirà per avermi messo
in questa situazione. Di una morte lenta e dolorosa.
“Ma smettila di scherzare, certo che lo sai…Hermione si sta
già preparando, vero?”
Ron
aveva l’aria di chi ha finalmente visto la luce. “Hermione?”
Douglas
annuì, preparandosi a sferrare il colpo di grazia. “Sì, certo, chi altri? L’ho
sentita dire a tua sorella che sarebbe stata felicissima di andare al ballo con
te.”
Ron
era diventato di un interessante rosso porpora. “Ma se è sempre seccata con me per qualche motivo…e poi siamo
completamente diversi…com’è possibile?”
Ah, non chiederlo a me…forse ha una
certa vocazione al martirio, alcuni ce l’ hanno nel
DNA.
Douglas
si strinse nelle spalle. “Sai com’è, alle ragazze non piace fare il primo
passo. Forse aspetta che sia tu ad invitarla…credo che
ci resterebbe male se tu non lo facessi. E poi sai come si dice…gli opposti si
attraggono, o qualcosa del genere...”
E questa da
dove l’aveva tirata fuori?
Ron
sembrava quasi convinto. “Ne sei sicuro?”
No, mi sto inventando tutto.
“Certamente”
disse Douglas, facendo del suo meglio per concludere
quell’insostenibile conversazione “senti, credo di averla vista poco fa in Sala
Comune…”
“Vado
subito” disse immediatamente Ron, alzandosi in piedi e afferrando Harry per un
braccio, pronto a trascinarselo dietro “vieni, Harry.”
Douglas
li seguì con lo sguardo mentre uscivano dalla Sala Grande.
Ecco che Ronald Weasley compie la prima
azione intelligente della giornata, anche se poteva fare a meno di portarsi dietro Harry- pensò
sarcasticamente, addentando un toast- e
ora, signori e signore, un bell’applauso a Douglas McKnight, altrimenti noto
come “Principe Oscuro”, “Erede delle Tenebre”o “ Cupido dei Poveri”, come preferite…dovrò cominciare a segnarmeli, i
miei soprannomi…
“Ehi,
Doug” fece Ginny, sedendosi accanto a lui “sei riuscito a convincere Ron, a
quanto vedo.”
“Sì,
ma non è stato facile. Mi servirà qualche anno di terapia per venirne fuori,
tuo fratello sa essere di una stupidità così abissale che fa venire le
vertigini.”
Ginny
rise. “In ogni caso, grazie per l’aiuto” disse, prendendo un biscotto.
“Non
che avessi molta scelta…” borbottò il ragazzo.
Ginny
non diede segno di averlo sentito. “Magari è la volta buona che si mettono
insieme, sono quasi cinque anni che aspettiamo…”
“Hm”
mugugnò Douglas, grattandosi una guancia. La presenza di Ginny cominciava a
metterlo a disagio. Aveva fatto ciò che voleva, cosa le serviva ancora?
“Sai”
disse Ginny in tono leggero “l’anno scorso sono dovuta andare al ballo con
Neville.”
Douglas
fece una smorfia. “Ahi.”
“Già, ‘ahi’ è il termine più appropriato. Mi ha passeggiato sui
piedi per metà del tempo. Per fortuna quest’anno avrò una compagnia migliore.”
“Oh.”
Douglas avvertì una lieve fitta allo stomaco, ma non riuscì a capirne il
motivo. Ovviamente non era geloso, ci sarebbe mancato
altro. Geloso, lui! Di una ragazza! Questo era veramente ridicolo. Era più che
ridicolo, era assurdo. No, semplicemente non poteva essere. No.
O sì?
“Bè,
ci vuole poco per essere una compagnia migliore di Neville” disse in tono
disinteressato, portandosi la tazza alle labbra e sforzandosi di suonare
naturale “con chi vai al ballo quest’anno?”
“Con
te” disse tranquillamente Ginny, come se stesse dicendo la cosa più ovvia del
mondo.
Douglas
si strozzò col latte. “Che…coff…che cosa…?” riuscì ad articolare quando ebbe finito di
tossire.
In
quel momento Eustace planò sul tavolo, lasciando cadere un voluminoso pacco di
fronte a Douglas e appollaiandosi sullo schienale della sedia, chiaramente in attesa di un biscotto.
“Quando si dice il tempismo” disse allegramente Ginny “direi
che il tuo abito da cerimonia è appena arrivato…ci vediamo dopo le lezioni, va
bene?”
Prima
ancora che Douglas potesse riprendersi, Ginny era già
uscita dalla Sala Comune. Il ragazzo sbattè le palpebre un
paio di volte e si diede qualche pizzicotto (giusto per assicurarsi di essere
sveglio). Sì, era decisamente sveglissimo.
Due a zero per Ginny. Stavolta sei
veramente fregato, vecchio mio- fece
una vocetta sarcastica da qualche parte della sua mente- se Draco scopre come ti sei fatto infinocchiare
ti prenderà in giro per il resto della tua esistenza. Che,
se i piani vanno in porto, potrebbe diventare molto, ma molto lunga.
Mentre allungava un biscotto ad Eustace, tuttavia, Douglas
si sorprese a pensare che, in fondo, il fatto di essersi lasciato incastrare da
Ginny non lo disturbava più di tanto.
Non che la cosa importasse, ovviamente.
“Avevi
ragione, Doug” bisbigliò Ron, cercando di non farsi sentire dal professor Ruf “io
e Hermione andremo al ballo insieme…chi l’avrebbe mai
detto?”
Chiunque non avesse avuto del prosciutto
davanti agli occhi, Ron. Leggi: chiunque tranne te.
“Già,
chi l’avrebbe detto?” borbottò invece, cercando disperatamente di isolare il
cervello dall’ennesima telecronaca di Ron e sforzandosi di seguire la lezione.
Harry sembrava aver rinunciato, ed era in uno stato che si avvicinava parecchio
al coma vegetativo. Hermione, da parte sua, seguiva la lezione con la solita
morbosa attenzione, nonostante uno strano sorrisetto le incurvasse gli angoli
delle labbra.
“…e allora lei mi ha detto che ero davvero dolce, tutto rosso
per l’imbarazzo…” proseguì Ron, implacabile.
E va bene,
adesso basta. Se sento qualche altro particolare zuccheroso
divento diabetico.
“A
proposito” bisbigliò di rimando Douglas “credo che verrò
anch’io al ballo. Ho trovato una dama.”
“Però, ci hai messo poco! La conosco?”
“Direi di sì, è tua sorella.”
Ron
spalancò gli occhi. “Ginny?”
“Hai
altre sorelle?” domandò Douglas, non senza una punta di crudele divertimento.
“Lei...io…”
per un attimo Ron sembrò sul punto di soffocare, poi tornò
a fissare la propria pergamena senza dire una parola.
Douglas sospirò di sollievo, tornando a seguire la
lezione.
Le
espressioni gelide e malevole erano sempre state una specialità di Douglas. Ed erano anche dannatamente utili: solitamente gli bastava
una di quelle occhiate per far
passare a chiunque la voglia di sorridere.
Peccato che con Draco Malfoy non funzionassero: erano
dieci minuti buoni che lo guardava storto, e il biondino si stava ancora
rotolando sul pavimento di pietra, ululando dalle risate. La faccenda stava cominciando a dargli seriamente
sui nervi.
“Draco,
questo non è divertente” ringhiò
Douglas, prendendo mentalmente nota di migliorare il suo repertorio di ‘sguardi
assassini’. Dubitava molto che Lucius Malfoy si comportasse così di fronte a
Lord Voldemort.
Ancora
con le lacrime agli occhi, Malfoy si sforzò di tornare serio. “Scusa, Sal, ma
il modo in cui la Weasley ti ha incastrato…ragazzi, avrei
dato la mano destra per vederti in quel momento!”
Douglas
si passò una mano sugli occhi. “Draco, da quando in qua mi chiami ‘Sal’?”
“Bè,
è solo un soprannome. Sai, per abbreviare.”
“Ti
prego di risparmiarmelo, ok? Di nomi e soprannomi ne ho
già anche troppi.”
“E la Weasley come ti chiama? Sallie? Douggie?”
Douglas
prese un respiro profondo per calmare i propri nervi, poi,
inaspettatamente, sogghignò. “Già…certi nomignoli sono
davvero irritanti, non è vero, Dracuccio?”
Il
sorriso di Malfoy si congelò all’istante, poi il biondino sollevò
le mani in segno di resa.
“Touchè.”
“Bene”
fece Douglas, soddisfatto “e ora che abbiamo chiuso anchel’argomento ‘soprannomi idioti’, che ne diresti di passare al motivo per cui ti ho chiesto di
raggiungermi qui?”
“Ottima
idea. Ehm…e il motivo sarebbe…?”
Douglas
indicò lo scheletro di Basilisco con un cenno del capo. “Ho trovato un modo per
utilizzarlo” disse, un brillio inquietante in fondo agli occhi.
Malfoy
si fece subito serissimo. “Sei riuscito a procurarti le lacrime di Fenice?”
“No,
non mi riferisco a quella
pozione…deve ancora venirmi in mente un piano per prendere le lacrime a quello stupidissimo uccello. La pozione a cui mi riferisco” Douglas
cominciò a sfogliare in fretta le pagine del Libro Proibito “può rendere una
persona invulnerabile alla maggior parte delle maledizioni mortali.”
“Permanentemente?”
“No,
l’effetto dura solo sette ore…tuttavia bastano poche gocce per fare effetto,
quindi immagino che un’ampolla possa bastare per un bel pezzo.”
“Sembra
conveniente” commentò Malfoy, sbirciando sul Libro Proibito.
“Lo
è” rispose Douglas “basterà solo procurarci l’altro ingrediente
base…”
“…e
qualcosa mi dice che qui c’è la fregatura.”
Douglas
annuì. “Indovinato.”
Malfoy
si strinse nelle spalle. “Bè, non potrà essere peggio delle lacrime di Fenice.”
“Aspetta a parlare” disse Douglas con un sospiro
“dobbiamo procurarci del sangue di Centauro.”
Ok, solo due parole prima di rispondere
ai commenti: so che lo stile di questo capitolo è leggermente diverso dagli
altri (è più orientato sulla commedia che sul drammatico, se si può dire così…)il
fatto è che adesso che l’estate si fa sempre più vicina, il tempo è sempre più
bello, fra 2 mesi finisco scuola e vado in vacanza…insomma, non ero proprio
dell’umore per scrivere qualcosa di troppo ‘serio’…scusate
se questo cap era un pochino deludente! Comunque non
vi preoccupate, i prossimi capitoli (a parte quello successivo a questo)
saranno molto meno allegri, e quelli dopo ancora avranno un’atmosfera
decisamente più cupa.
Maky91: Mi spiace, ti eri sbagliata riguardo l’aggiornamento rapido (fra l’altro il sito è andato offline
proprio quando il cap era finito, quando si dice il tempismo…fortuna che la
Divina Erika è riuscita a riaprirlo in poco tempo!), ma per quanto riguarda il
romanticismo nel prossimo capitolo ce ne sarà anche troppo! Tranquilla per il
tuo Dracuccio, non succederà nulla…per ora. A proposito, mi sono sempre
domandata che faccia avrebbe fatto nel sentirsi chiamare così, quindi non ho
saputo resistere alla tentazione di inserire questo vezzeggiativo nel capitolo!
Nenad: Grazie mille per i complimenti, fa sempre piacere
ricevere un commento positivo! A dire il vero non
credo sia poi tanto originale, la questione “erede di Voldemort” è già venuta a
tanti prima di me…comunque grazie ancora!
FrancescaAkira: Non posso crederci, hai fatto centro un’altra volta! Hai indovinato, vuole rendersi immortale…sono proprio
prevedibile, eh? J
Riguardo
la tua osservazione a proposito di Voldemort hai
pienamente ragione (come al solito). Il punto è che sebbene aborrisca ogni
forma di amore Voldemort è comunque cosciente del
fatto che ci sia qualcosa che lega Salazar a sua madre, dal momento che sa che
il figlio non è come lui (o, secondo il suo modo di vedere, non ancora).
Bilalla: Forse questo capitolo non era l’apoteosi del
romanticismo, ma ti prometto che il prossimo sarà
abbastanza mieloso da farti venire una carie. Come dici tu… “da cosa nasce
cosa” J
Capitolo 23 *** Sangue di Centauro e lacrime di Fenice ***
“Muoviti, Draco” bisbigliò Douglas, voltandosi impazientemente verso
Malfoy “siamo qui da più di un’ ora e non abbiamo ancora
“Muoviti,
Draco” bisbigliò Douglas, voltandosi impazientemente verso Malfoy “siamo qui da
più di un’ ora e non abbiamo ancora visto nessun
Centauro…non abbiamo tutta la notte, sai.”
Malfoy,
che era incespicato in una radice per la settima volta di fila, gli lanciò
un’occhiata al vetriolo. “Arrivo, arrivo” borbottò, scrollandosi di dosso
alcune foglie secche e un paio di ramoscelli “è che
qui non ci si vede nulla!”
“Considerato che sono le tre del mattino, la cosa non mi
sorprende.”
“Ma non potremmo fare almeno un po’ di luce?”
Douglas
sbuffò, esasperato. “Ma certo, perché non ci ho
pensato prima…una bella luce nel bel mezzo della Foresta Proibita nel cuore
della notte, perché no? E poi magari facciamo partire
un paio di fuochi d’artificio, tanto per festeggiare Capodanno in anticipo…anzi,
no, perché non facciamo apparire un bel cartellone pubblicitario? Alla cortese attenzione del Preside Albus
Silente: Salazar Riddle e Draco Malfoy sarebbero lieti di invitarla ad una
battuta di caccia al Centauro, il cui sangue nonverrà
assolutamente usato per scopi di Magia Oscura…”
Malfoy
lo guardò storto. “Era solo un idea” bofonchiò,
guardandosi nervosamente intorno “è che non mi piace la Foresta Proibita al
buio. L’ultima volta che sono stato qui di notte non è
stata una bella esperienza.”
“Perché, cosa è successo?” domandò Douglas, riprendendo ad
inoltrarsi nella boscaglia.
“Oh,
nulla di che…ho solo incontrato Lord Voldemort che beveva del sangue di unicorno, tutto qui.”
Douglas
sollevò un sopracciglio. “Una visione da incubo, eh?”
“Puoi
dirlo forte. Cioè, non era proprio lui…era un tizio
che era posseduto da lui. Non ho
visto molto, aveva un cappuccio…ma era comunque una
visione terrificante.”
Rimasero
in silenzio qualche istante, continuando
ad inoltrarsi nella Foresta Proibita, poi: “Draco?”
“Cosa?”
“A
parte quella volta…tu lo hai mai visto di persona?”
Malfoy
annuì, rabbrividendo leggermente al ricordo. “Solo una volta, prima dell’inizio
dell’anno scolastico. Mi ha voluto parlare personalmente per ordinarmi di assisterti
qui ad Hogwarts, e…bè, non è un’esperienza che
ripeterei tanto presto.”
“Capisco”
disse Douglas in tono del tutto privo di emozioni.
Malfoy
guardò il suo amico, sforzandosi di distinguerne i lineamenti nell’oscurità. Un
pensiero improvviso gli attraversò la mente.
“Salazar…tu
non hai mai visto Lord Voldemort, vero?”
“Sì
e no.”
“Che accidenti significa ‘sì e no’? O
lo hai visto o non lo hai visto!”
“Ho
visto un Molliccio che aveva preso le sue sembianze” tagliò
corto Douglas, poi abbassò la voce ad un sussurro “non lo avevo mai immaginato
così. A dire il vero non me lo ero mai veramente immaginato.”
“Quindi non lo hai mai visto di persona?”
“Lo
avrò sicuramente visto quando ero molto piccolo, ma non ho
alcun ricordo di allora. Bè, quasi nessuno.”
“Ti
ricordi qualcosa di quando vivevi nel suo rifugio, allora?” domandò Malfoy,
incuriosito.
“Solo
delle sensazioni, e nessuna piacevole” disse seccamente
Douglas “ora vogliamo concentrarci su questo benedetto Centauro? Abbiamo
solo poche prima dell’alba.”
Rendendosi
conto che l’altro era chiaramente desideroso di cambiare
argomento Malfoy annuì.
“Hai
ragione, meglio non perdere tempo. Stupide foglie…!” bofonchiò, passandosi una
mano fra i capelli biondo chiaro per eliminare le foglie che vi erano rimaste
impigliate.
Douglas
sogghignò. “Tranquillo, Parrucchino, i tuoi preziosi capelli stanno che è una
favola.”
La
mano di Malfoy si fermò a mezz’aria. “Com’è che mi hai chiamato?”
“Parrucchino.
Raksha ti chiama così.”
“Chi?”
“Il
mio cobra. Sostiene che i tuoi capelli sono troppo biondi per essere veri.”
“Davvero
simpatico. Dimenticavo che i cobra sono degli esperti mondiali di capel…”
Malfoy si bloccò, corrugando la fronte “aspetta un
attimo…hai parlato di me a questo Raksha?”
“Veramente
è una femmina. Comunque sì, le ho parlato di te.”
“E le hai parlato anche di…di quello che facciamo?”
Douglas
aggrottò la fronte. “Mi sembri preoccupato.”
“Puoi
giurarci, accidenti!” esclamò Malfoy “ti ricordo che
Potter è un rettilofono, Salazar! E se il tuo
animaletto decidesse di spifferargli tutto? Puoi davvero fidarti di…”
Douglas
si voltò di scatto, e Malfoy sentì le parole morirgli in gola nel vedere
l’espressione di collera gelida sul viso dell’amico.
“So
quello che faccio, Draco” sibilò il ragazzo “e non ne devo
rendere conto a nessuno, tantomeno a te. O stai forse
mettendo in dubbio le mie decisioni?”
Malfoy
deglutì a fatica, distogliendo lo sguardo da quegli occhi di fuoco. La tenebra
che aveva visto in quello sguardo lo spaventava: era
quasi peggio di quando si era trovato di fronte a Lord Voldemort.
“Non
ho detto questo” disse alla fine “è solo che…”
“Non
devi preoccuparti di nulla” lo interruppe Douglas, mentre la sua espressione si
ammorbidiva “non c’è alcun pericolo che Raksha mi tradisca.
Per la cronaca, Draco, lei è molto più di un semplice animaletto. E’ stata la
mia alleata e confidente negli ultimi dieci anni, e mi fido ciecamente di lei.”
Ed era
vero: se c’era una creatura verso la quale Douglas nutriva piena fiducia,
quella era Raksha.
Malfoy
annuì. “Capisco. Mi dispiace per quello che ho detto, non volevo
offenderti. E’ solo che mi riesce difficile pensare che tutti i miei segreti
sono nelle mani…bè, nelle spire di
una che mi chiama” il biondino fece una smorfia “...Parrucchino.”
Douglas
ridacchiò, ma prima che potesse aprire bocca per rispondere un rumore di
zoccoli attirò la sua attenzione. I due ragazzi tacquero immediatamente,
tendendo l’orecchio mentre il rumore di zoccoli si avvicinava sempre di più.
Douglas indicò alcuni cespugli alla loro destra con un rapido cenno del capo.
Malfoy annuì, e pochi istanti più tardi i due ragazzi erano acquattati fra i
cespugli, cercando di non fare il minimo rumore.
Douglas
strinse la mano intorno alla bacchetta e si mise in ascolto. Sì, il rumore di
zoccoli si stava indubbiamente dirigendo nella loro direzione: ora bisognava
vedere se si trattava di un Centauro o di un unicorno. A ben pensarci nemmeno
un unicorno sarebbe stata una perdita di tempo, la polvere ricavata del suo
corno si poteva usare in diversi incantesimi…ma adesso
il loro scopo primario era un Centauro.
“Salazar…”
“Non
ora, Draco!” sibilò Douglas, concentrato.
“Salazar,
c’è una cosa che ti devo dire…”
Nel
suo tono c’era una nota di disperazione che indusse Douglas a voltarsi verso di
lui.
“Che c’è?”
“Sono allergico ai pollini…” ansimò Malfoy, sforzandosi di
respirare con la bocca “devo…devo…”
Douglas
spalancò gli occhi. “Oh, no. No, no, no. Non azzardarti a starnutire, sai. Non
pensarci nemmeno!”
“M…mi
dispiace…” riuscì ad articolare Malfoy “non riesco a…”
Fece
per starnutire, ma la mano di Douglas gli tappò bocca e naso con forza
sorprendente.
“Provaci
e ti ammazzo, Draco” sibilò il ragazzo.
Malfoy
si limitò ad annuire e a deglutire per ricacciare indietro lo starnuto che gli
stava salendo alle narici. Chissà perché, sospettava che Douglas non stesse
affatto scherzando.
Douglas
tornò a volgere lo sguardo verso la radura, e finalmente lo vide. Sotto la
debole luce lunare, un Centauro con gli occhi azzurri e i capelli di un biondo
chiarissimo entrò trottando nello spiazzo di fronte a
loro. Era uno spettacolo da mozzare il fiato, ma Douglas non se ne curò
minimamente: tutto ciò a cui riusciva a pensare era il sangue che dovevano
procurarsi.
Senza
spostarsi dal suo nascondiglio, il ragazzo sollevò la bacchetta e la puntò
contro il Centauro, che dava loro le spalle. Era quasi il momento…Douglas si
preparò a scagliare una maledizione…
“Etciù!”
Lo
starnuto di Draco risuonò nella radura come una fucilata, e il Centauro si
voltò di scatto.
“Chi
c’è lì?” domandò, scrutando nel buio “fatevi vede…”
“STUPEFICIUM!”
Lo
Schiantesimo di Douglas colpì in pieno il Centauro, che cadde a terra senza
nemmeno poter vedere chi lo avesse colpito.
Douglas
si rialzò da dietro i cespugli e si voltò verso Malfoy.
“Mi
scusi” disse tranquillamente, come se si trovassero seduti a prendere un tè
“temo di non aver capito bene l’ultima parola.”
Malfoy
si strinse nelle spalle, come a scusarsi. “Mi dispiace, non sono riuscito a
trattenermi” disse, leggermente imbarazzato “quei dannati pollini…”
Non
ebbe il tempo di finire la frase: Douglas gli aveva puntato la bacchetta alla
gola. “L’unico motivo per cui non ti ho ancora
ammazzato è perché siamo comunque riusciti a prendere il Centauro” sibilò
gelidamente “e non ti ho scagliato qualche maledizione solo perché le tue urla
avrebbero potuto attirare l’attenzione di qualche ficcanaso. Ma
tu fammi un altro scherzo del genere, Draco, e quanto meno una Crociatus non te
la toglie nessuno. Sono stato chiaro?”
Malfoy
si limitò a guardarlo, senza nemmeno tentare di allontanarsi dalla bacchetta
che l’altro gli puntava alla gola. “Ma davvero?” disse
in tono altero “è stata davvero solo la preoccupazione di essere scoperto ad
impedirti di colpirmi? Io non credo che le cose stiano così, Salazar.”
Ci
fu qualche istante di silenzio mentre i due ragazzi si fissavano. Gli occhi
grigi di Malfoy rimasero fissi su quelli di Douglas come ghiaccio
nel fuoco per un tempo che gli parve interminabile…poi, lentamente, Douglas
riabbassò la bacchetta.
“Stai
cominciando a conoscermi fin troppo bene, amico mio” ammise con
un mezzo sorriso “no, non è stata la paura a fermarmi la mano. Se al tuo
posto ci fosse stato chiunque altro non avrei esitato
un istante.”
“Non
fatico a crederti. Allora, ci occupiamo di questo Centauro? Non so te, ma io
non vedo l’ora di tornare in dormitorio.”
“Finalmente
un’idea intelligente” sogghignò Douglas, avvicinandosi al corpo esanime del
Centauro. Estrasse un piccolo pugnale da sotto il mantello e tagliò il Centauro
su una spalla, raccogliendo in una boccetta il sangue scuro che scorreva dalla
ferita.
“Questo
dovrebbe bastare” disse, voltando le spalle al Centauro e passando la boccetta
a Malfoy “ora sarà meglio modificargli la memoria e fargli credere di essersi
ferito con un rovo o roba simile, non mi sembra una buona idea
lasciare che dica a tutti di essere stato…”
“Salazar!”
lo interruppe improvvisamente Malfoy, indicando qualcosa oltre la spalla di
Douglas “guarda!”
Il
ragazzo si voltò, e rimase senza parole. A pochi passi da loro, appollaiato sul
Centauro privo di sensi, c’era un bellissimo uccello che Douglas riconobbe
immediatamente. Delle piccole gocce simili a piccoli cristalli cadevano dagli
occhi della creatura sulla ferita del Centauro, rimarginandola. Ma non poteva essere…non era davvero…
“La
Fenice di Silente!”
E chi
aveva detto che portarsi sempre appresso un’ampolla di riserva fosse inutile?
“…e poi dovrei aggiungere mezza milza di gatto, giusto?”
“…”
“Douglas?”
Ginny aggrottò la fronte “mi stai ascoltando?”
“Uh…?”
Douglas sbattè le palpebre, tentando di schiarirsi le idee. Gli effetti della
notte insonne iniziavano a farsi sentire: anche dopo essere tornato in
dormitorio, Douglas non era riuscito a prendere sonno al pensiero che tutti gli
in gradienti necessari ad assicurarsi tanto l’invulnerabilità quanto la vita
eterna fossero a due passi da lui, al sicuro nella
Camera dei Segreti, in attesa di essere utilizzati. A ben pensarci avrebbe
potuto iniziare i preparativi già quel pomeriggio, almeno per la pozione dell’ invulnerabilità…ma chi gliel’ aveva fatto fare ad
accettare di aiutare quella ragazzina in Pozioni?
“Doug,
mi vuoi rispondere?”
Una ragazzina parecchio insistente,
peraltro…
“Sì,
sì, ti sto ascoltando” borbottò, passandosi una mano sugli occhi. Forse gli sarebbe convenuto aspettare fino a dopo le vacanze di Natale per
cominciare a preparare la pozione, non poteva permettersi errori a causa
della fretta…
“Allora
è mezza, giusto?”
Ma che diavolo va
blaterando?
“Mezza
cosa?”
“Mezza
milza.”
“Che milza?”
“Quella
del gatto.”
“Quale
gatto?”
“Quello
che si è mangiato il tuo cervello a colazione” disse Ginny, sospirando, poi lo
guardò con un’aria critica che a Douglas ricordò vividamente la
signore Weasley “non hai dormito molto, vero?”
“Eh?”
“Ce
la fai a mettere più di due monosillabi in fila, Doug, o vuoi proseguire la
conversazione a grugniti?” fece Ginny, irritata.
Correzione: una ragazzina insistente e
con bel caratterino...
“No,
non ho dormito affatto” disse Douglas, strofinandosi gli occhi per la ventesima
volta in cinque minuti “mi sento davvero uno straccio.”
“Benissimo,
allora lasciamo perdere Pozioni” disse Ginny, richiudendo il libro “tanto non
serve, sarebbe più facile che la capisse Ron.”
Douglas
fece una smorfia. “Su questo punto temo di dover dissentire, sai. Tuo fratello
manifesta difficoltà anche quando si tratta di copiare i compiti. Bè, anche tu
non scherzi…”
Ginny
fece per replicare, ma si interruppe quando una
ragazza alta e bionda entrò nella biblioteca e si avvicinò al loro tavolo.
Ignorando completamente Ginny, la ragazza prese una
sedia e si sedette accanto a Douglas.
“Ciao,
Douglas” disse, con un gran sorriso “come stai?”
Uno schifo, grazie, e tu?
Il
ragazzo si limitò a sollevare un sopracciglio. “Ci conosciamo?”
La
ragazza si riavviò i capelli biondi e rise, scoprendo una
fila di perfetti denti bianco perla. Era la risata più falsa che Douglas avesse mai sentito in vita sua. Oltre alla
propria, cioè.
“Scusa,
non mi sono presentata” disse, porgendogli la mano
perfettamente curata “mi chiamo Courtney Meadows. Immagino che tu abbia
già sentito il mio nome.”
Nel
sentire quel nome, Ginny ebbe la netta sensazione che il cuore le scendesse nello stomaco. Courtney Meadows era una
studentessa del quinto anno di Corvonero, ed era considerata da
tutti la ragazza più popolare di Hogwarts. Era abbastanza bella, ricca e
smorfiosa da poter ottenere qualunque ragazzo su cui metteva gli occhi…e non
c’erano dubbi sul fatto che Douglas fosse il suo obbiettivo
più recente.
Douglas,
da parte sua, non parve minimamente impressionato. “In
effetti il nome non mi suona nuovo” disse tranquillamente “conoscevo un
Magonò di nome Meadows…è tuo parente?”
Courtney
si ritrasse come se le avessero appena tirato uno
schiaffo in pieno viso, e Ginny si morse un labbro per non ridere.
“Ecco…”
Courtney scrollò elegantemente le spalle “no, temo di
no…in fondo è un nome comune…”
“Sicuramente”
disse Douglas, col sorriso più falso che Ginny avesse
mai visto “bene, ora che i siamo presentati, potresti usarmi la cortesia di
spiegarmi per quale motivo ti sei seduta qui senza peraltro essere invitata?”
La
ragazza si sistemò i capelli dietro le spalle e sbatte
le ciglia un paio di volte, continuando a non guardare Ginny. “Ecco, la
settimana prossima c’è il Ballo del Ceppo, e mi stavo domandando se per caso
non ti andasse di venire con me. Tutti i ragazzi ti invidierebbero,
sai?” disse, in tono compiaciuto.
Ginny
alzò gli occhi al cielo. Diciamo pure che
tutte le ragazze invidierebbero te …
Douglas
aggrottò la fronte. “Interessante.”
“Sai,
ci saranno un mucchio di ragazzine al ballo” proseguì Courtney, degnando Ginny
di un’occhiata in tralice “ma credo che uno come te
meriti di meglio. Quindi, se non hai impegni…”
Tenne
la frase in sospeso, aspettando la risposta. Ginny fece per alzarsi e dirgliene
quattro, ma sentì la mano di Douglas che le afferrava un braccio da sotto il
tavolo per tenerla ferma. Ginny si bloccò, domandandosi come avesse intenzione
di reagire il ragazzo.
Douglas
sembrò valutare la proposta, poi scrollò il capo. “Bè,
sono davvero lusingato dal tuo invito, Carrie…”
“Courtney”
disse lei, un po’ più seccamente.
“Chiedo
scusa, Courtney” disse lui in tono mellifluo “comunque
sì, in teoria sarei impegnato…diciamo che mi hanno…incastrato.”
Aveva
enfatizzato leggermente la parola ‘incastrato’ o era stata solo
un’impressione di Ginny?
“Oh”
la ragazza si morsicò un labbro “e non ti è
possibile…liberartene?”
Douglas
lanciò una brave occhiata a Ginny, poi riprese: “Sì,
sarebbe possibile. Devo ammettere che la ragazza che mi ha incastrato” marcò di nuovo la parola “non ti somiglia affatto.”
Ginny
sentì il cuore saltarle un battito, ma in quel momento la presa di Douglas sul
suo braccio si rafforzò, come a dirle di aspettare. Ma
che diavolo aveva in mente?
Courtney,
da parte sua, parve compiaciuta. “Davvero?”
“Senz’altro.
Fra te e la ragazza con cui dovrei andare al Ballo corrono
parecchie differenze…”
Courtney
sfoderò un sorriso a trentadue denti.
“…e tutte a tuo svantaggio.”
Il
sorriso della ragazza si spense come una lampadina fulminata.
“Cosa…?”
tentò di articolare, colta alla sprovvista. Ginny, da
parte sua, sentì il cuore risalire dallo stomaco e pulsarle in qualche punto
imprecisato della gola.
“Quindi
ti ringrazio molto per il tuo invito” disse Douglas, sollevando il braccio e
mettendolo intorno alla vita di Ginny in un modo vagamente possessivo “ma, come
vedi, sono già impegnato.”
Courtney
boccheggiò ancora per qualche istante, sconvolta dal primo rifiuto della sua
vita. Si alzò dal tavolo, scoccò a Ginny un’occhiata al vetriolo e uscì dalle biblioteca a grandi passi.
Douglas
e Ginny rimasero in silenzio qualche secondo, poi scoppiarono a ridere
entrambi. Douglas tolse il braccio dalla vita di Ginny non senza una certa
riluttanza, senza riuscire a smettere di ridere. Dare una lezione a nullità
arroganti come quella Courtney Vattelapesca lo metteva sempre di ottimo umore.
“Hai
visto che faccia?” fece Ginny, quando riuscì a smettere di ridere “mi sa che ora dovrò stare attenta, potrebbe cercare di avvelenarmi
il succo di zucca. Può essere pericolosa per chi le sta intorno.”
Per
un attimo il sorriso si congelò sulle labbra di Douglas, mentre quelle parole
risuonavano da qualche parte nei meandri della sua mente.
…cerca di capire, Nadja…può essere
pericoloso per chi gli sta intorno…
La
mano di Douglas si strinse inconsciamente intorno al punto dove era tatuato il
Marchio Nero.
Mai quanto
me, Ginny. Mai quanto me.
Lo so, lo so, ci ho messo un
millennio ad aggiornare, ma ho avuto da fare con la scuola tutto maggio e
giugno (gli ultimi 2 mesi sono sempre i peggiori), e subito dopo sono partita
prima per la Grecia e poi per l’Inghilterra…insomma, a casa ci sono tornata
solo ieri, e ho scritto un capitolo a tempo di record, anche perché venerdì
riparto e torno a settembre, e questo vuol dire niente aggiornamenti per un
altro mese…mi dispiace, prometto che aggiornerò appena tornerò a casa! La buona
notizia è che ad ottobre mi farò comprare un pc portatile per il mio 18esimo
compleanno, cosìpotrò scrivere senza
dovermi adattare agli orari di utilizzo dei miei e potrò
(spero) aggiornare più spesso. Grazie per la pazienza e buone vacanze! (in
ritardo come sempre, ovviamente…J )
FrancescaAkira89: no, hanno sempre la Cooman, visto
che la Umbridge non l’ha mai buttata fuori (in questa storia, cioè). In effetti è vero, Harry non ci fa una gran figura…forse
sarebbe il caso di occuparmi di lui più spesso, visto che, in teoria, la saga
sarebbe incentrata su di lui. Che dici, dovrei andare avanti così o occuparmi più spesso di lui? Aspetto la tua opinione!
Maky91: grazie per il commento sulle atmosfere della storia, in effetti sono una parte a cui tengo moltissimo e sono
contenta di sapere che riesco a renderle bene…a proposito di soprannomi, non ti
pare che “Parrucchino” sembri fatto apposta per Draco? J
Twy: scusa se ci ho messo un’era ad aggiornare, ma
non sono riuscita ad avvicinarmi ad un pc per più di tre minuti in due mesi!
Sono contenta che ti piaccia l’amicizia fra Draco e Salazar, ci ho lavorato
parecchio, anche se temo che il rapporto fra Ginny e Douglas sia un po’ troppo
scontato.
Vibian: sono contenta che questo stile ti piaccia, era una
specie di esperimento e mi fa piacere vedere che è
riuscito. Se vuoi cercherò di utilizzarlo più spesso, ma non potrò utilizzarlo
per tutti i capitoli, anche perché fra i prossimi capitoli ce ne saranno alcuni
decisamente cupi.
Bilalla: lo so, lo so, il promesso capitolo sdolcinato non è
ancora arrivato…scusa! Il fatto è che inizialmente gran parte degli avvenimenti
descritti in questo capitolo sarebbero dovuti avvenire
dopo Natale, ma poi mi sono resa conto che sarebbe stato meglio spostarli a
prima delle vacanze di Natale. Comunque non
preoccuparti, il prossimo capitolo sarà finalmente dedicato al Ballo del Ceppo
(e ho come il sospetto che mi toccherà fare del mio meglio per farmi perdonare
del ritardo…)
Call: accidenti, troppi complimenti in una volta, non ci sono
abituata! Grazie mille! Comunque è vero, capita spesso
che non venga data alcuna spiegazione riguardo l’improvvisa ricomparsa del
Ballo del Ceppo, e la cosa è un po’ inverosimile. Ci ho messo un po’ a trovare
una spiegazione plausibile, meno male che come idea regge! Riguardo il numero dei capitoli non sono del tutto sicura, dovrebbero
comunque raggiungere la trentina.
“Non posso credere che sto per farlo davvero” bofonchiò Douglas,
guardando l’abito da cerimonia ripiegato sulla sedia con la f
“Non
posso credere che sto per farlo davvero” bofonchiò Douglas, guardando l’abito
da cerimonia ripiegato sulla sedia con la fronte aggrottata. Mancavano meno di
ventiquattro ore al Ballo del Ceppo, e il ragazzo stava prendendo in seria
considerazione l’idea di darsi malato: se solo pochi mesi prima qualcuno gli
avesse detto che avrebbe partecipato ad un ballo come quello gli avrebbe riso
in faccia.
Oppure lo
avrebbe fatto ricoverare al San Mungo per disturbi mentali, come i genitori di
quell’incapace di Paciok.
-E piantala con
questa lagna!- sibilò Raksha,
comodamente acciambellata sul letto- è la
quinta volta che lo ripeti, e francamente mi hai stufato. E’ solo un ballo,
mica la tua esecuzione!-
“Una
bella esecuzione sarebbe più dignitosa” rispose
seccamente Douglas, passandosi una mano fra i capelli “ma perché non l’ho
mandata al diavolo, quella stupida ragazzina? Anzi, perché non farlo ora?”
-Forse per comportarti il più possibile
da ragazzo ‘normale’…è dall’inizio dell’anno che fai di tutto per conquistare
la piena fiducia di Silente e soci-
ipotizzò il rettile.
Douglas
annuì. “Sì” disse, forse un po’ troppo in fretta “sì, certo,
è per questo. Si capisce.”
Deglutì,
sentendosi la gola secca.
-Tu dici?- fece Raksha, sorniona- io, invece, non credo proprio.-
Douglas
sollevò un sopracciglio, soffocando il sussulto che aveva minacciato di
scuoterlo. “Ah, no?”
Il
suo tono era freddo e distaccato, ma al cobra parve di cogliere una lieve
incrinatura nella sua voce…a quanto pareva, non era poi così sicuro delle sue
parole.
-No. Sei un
ragazzo intelligente, Doug, e sotto sotto lo sai anche te che ti stai ripetendo
un mucchio di fesserie- il cobra
sollevò il busto per guardarlo negli occhi- se
tu avessi davvero voluto rifiutare l’invito di quella ‘stupida ragazzina’ lo
avresti fatto senza problemi, come con quella smorfiosetta dell’altro giorno.
Tu sai benissimo cosa ti sta succedendo. Sai benissimo per quale motivo non hai
rifiutato il suo invito. Lo sai, ma non lo vuoi ammettere con te stesso. Vuoi
fingere che non sia cambiatonulla.-
Douglas
deglutì di nuovo, senza dire nulla. Gli sembrava di avere la gola rivestita di
carta vetrata.
-Tu ha finto
per tutta la vita, Doug- proseguì il
Raksha- sei abile a mentire, e hai finito
per fare della menzogna un’arte. Ma mentire con te
stesso a questo punto sarebbe deleterio. Ti farebbe soltanto male, e non
risolverebbe la tua situazione. Hai una decisione da compiere, ragazzo mio, e
per poter decidere devi tenere conto di tutte le implicazioni…inclusa questa.-
Douglas
si morse un labbro, voltandosi a guardare il cobra. “Ma
questo è sbagliato, Raksha. Disastrosamente sbagliato. Non posso permettermi di essere debole.”
-Sbagliato o no, devi innanzitutto
prendere atto di come stanno le cose. Ma ricordati che affezionarsi a qualcuno
non è una debolezza, Doug.-
“Nel
mio caso lo è.”
-Non puoi restare da solo per tutta la
vita, ragazzo.-
Lo
sguardo di Douglas si indurì. “Essere
soli significa di non doversi preoccupare per nessuno oltre a sé stessi.
Essere soli significa essere più forti.”
-Ma significa
anche essere infelici.-
“La
felicità” ripetè Douglas, con una smorfia amara sul viso “a cosa serve? E’
ancora più breve ed effimera di una qualunque vita mortale.”
-Una vita effimera, forse, ma degna di
essere vissuta.-
Douglas
si sedette sul letto, passandosi una mano sugli occhi. “Vorrei potermi
strappare via il cuore dal petto con le mie mani” mormorò alla fine “sarebbe
tutto più semplice, e non farebbe così male.”
-Fa male perché non vuoi cedere.-
“Perché non posso cedere!” esclamò Douglas, tornando ad
alzarsi di scatto e cominciando a camminare avanti e indietro per il dormitorio
“la vita delle persone ha una fine, Raksha. Che senso ha affezionarsi a
qualcuno che prima o poi ti sarà tolto?”
-Doug…-
“Quando
avrò la vita eterna” proseguì Douglas, interrompendola “non potrò permettermi
una debolezza del genere…perché mentre gli altri moriranno, io continuerò a vivere. E se dovessi
cedere, se dovessi affezionarmi a chiunque per poi vederlo morire…impazzirei.
Semplicemente impazzirei.”
-Non sta scritto da nessuna parte che tu
debba per forza ottenere l’immortalità, ragazzo.-
“E
invece sì!” quasi urlò Douglas, poi riacquistò il controllo ed abbassò la voce
ad un sussurro “perché io non voglio morire. Non
voglio morire, e non morirò. Mai. Sono stato chiaro?
Mai!”
Un
silenzio pesante scese nel dormitorio deserto.
-E così- sibilò Raksha- siamo
tornati a parlare dell’unica cosa al mondo che possa
renderti uno schiavo…la tua stessa paura.-
Douglas
rimase immobile qualche istante, il respiro affannoso. “Io non sono uno
schiavo” sibilò alla fine, poi si voltò e uscì dal dormitorio.
Rimasta
sola, Raksha scosse il capo squamoso.
-No, ragazzo,
è qui che ti sbagli. Desideri avere la libertà di decidere da solo della tua
vita, ma nel frattempo ti appresti ad impostare il tuo futuro sulla base delle
tue paure…e questo non significa essere liberi.-
Ron
si rigirò davanti allo specchio, evidentemente soddisfatto dal riflesso.
“Decisamente meglio dell’anno scorso” concluse, sistemandosi
la giacca dell’abito “con quell’ affare addosso, sembravo mia nonna.”
Harry
sogghignò al ricordo e lanciò un’occhiata a Douglas, il quale
però sembrava troppo immerso nei propri pensieri per sentire quello che
stavano dicendo. Si era vestito senza dire una parola, e non aveva degnato di
uno sguardo il proprio riflesso. Harry non potè fare a meno
di domandarsi il motivo di tanto malumore.
Preoccupazione?
Mah,
gli sembrava un tantino esagerato: era vero che i balli come quello offrivano occasioni impareggiabili per fare la figura dei
perfetti imbecilli, ma Douglas sembrava immune alle figuracce che affliggono i
comuni mortali. E poi, onestamente, Harry non poteva vedere un motivo per cui qualcuno avrebbe dovuto deriderlo: con quell’abito
da cerimonia ci faceva un figurone.
E, in
ogni caso, gli sarebbe stata sufficiente un’occhiata torva delle sue per far
sparire a chiunque la voglia di fare l’idiota.
“Non
riesco a credere che stavolta sarò con Hermione” stava proseguendo Ron “secondo
te cosa le dico? Cioè, non
vorrei dire nulla di stupido e rovinare tutto…”
Harry
alzò gli occhi al cielo, esasperato: era dal momento stesso in cui aveva
invitato Hermione che Ron continuava a ripetere quella solfa e a mettere
insieme dei tentativi di discorsi.
“Non
succederà nulla, Ron” ripetè per quella che gli pareva essere la seicentesima
volta “tu comportati normalmente e vedrai che andrà tutto bene, ok?”
“Ok”
rispose Ron, ma sembrava ancora dubbioso.
“Benissimo”
si affrettò a dire Harry, prima che Ron avesse il tempo di riaprire bocca “senti, io vado, Hannah mi aspetta all’entrata della Sala
Grande…tengo i posti al tavolo anche per voi, va bene?”
“Benissimo.
Doug?”
“Sì,
sì, va bene” mugugnò Douglas, finendo di allacciarsi la giacca “ti raggiungiamo
fra due minuti, Harry.”
“Sbrigatevi,
Ginny e Hermione vi aspettano in Sala Comune” si raccomandò Harry, poi si diede
un’ultima sistemata alla giacca e uscì dal dormitorio.
Dopo
che lui e Douglas furono rimasti soli, Ron diede un
colpetto di tosse per schiarirsi la gola.
Douglas
si morse un labbro, presagendo un’ennesima scenetta da Fratello Maggiore
Protettivo & Preoccupato. Proprio quello che ci voleva.
Negli
ultimi giorni Ron aveva cominciato a blaterare qualcosa a proposito del fatto
di ‘trattare bene Ginny’…come se lui avesse voluto farle qualcosa di male, poi.
Era stata LEI ad incastrarlo, tanto per cominciare, e non il contrario. Il
ragazzo aveva il fondato sospetto che l’unica cosa che aveva impedito a Ron di
fargli una sceneggiata in piena regola fosse il
pensiero dei compiti di Pozioni ancora da copiare.
“Senti,
Doug” cominciò “a proposito di questo ballo…e riguardo il
fatto che tua abbia scelto Ginny come dama…”
Ed ecco la
prima fesseria, Ron. Io non ho scelto Ginny, è Ginny che ha scelto
me.
“A
proposito di dame” disse in fretta Douglas, mettendo in atto il Trucco
Brevettato Harry Potter di distrarre Ron dall’argomento del suo discorso finchè
non avesse finito con quella benedetta cravatta “come
mai Harry ci va con Hannah Abbott?”
In
realtà conosceva benissimo la storia: il ragazzo di Hannah, un Cacciatore di
Corvonero, era stato invitato al ballo da quella Courtney Io-Sono-La-Migliore
(peraltro reduce da un due di picche da parte dal famoso Ragazzo-Che-E’-Sopravvissuto,
quando si dicono le coincidenze), e ovviamente lui aveva accettato.
Ron
si strinse nella spalle. “Bè, ho sentito dire che
Hannah e il suo ragazzo si sono lasciati pochi giorni
fa. Lei era senza un compagno per il ballo, Harry anche, e così lui ha pensato
di invitarla. Sono abbastanza amici, e così nessuno
dei due va da solo. Dicevo, a proposito di…”
Douglas
finì di annodarsi la cravatta alla velocità della luce.
“Finito!” esclamò, afferrando Ron per un braccio e
trascinando Ron fuori dal dormitorio prima che avesse
il tempo di aprire bocca.
“Eccovi,
finalmente!” esclamò Hermione, non appena entrarono in Sala Comune “siete in
ritardo, lo avevate notato?”
“Colpa
mia, non trovavo la cravatta” si scusò Douglas “giusto, Ro…Ron?
Ron
non diede neppure segno di notare la sua presenza: i suoi
occhi erano fissi su Hermione, che sembrava insieme compiaciuta e imbarazzata
di tanta attenzione.
“Stai…molto
bene” disse alla fine Ron, senza quasi balbettare.
Douglas
doveva ammettere che, per una volta, Ron Weasley aveva detto
una cosa giusta: Hermione era molto carina, ben pettinata e con un elegante
vestito azzurro. Era completamente diversa dalla ragazza col naso sepolto tra i
libri che Douglas conosceva.
“Grazie”
fece lei, con un sorriso un po’ nervoso, poi lo prese sottobraccio “andiamo,
siamo già in ritardo…ah, Doug, Ginny è risalita un momento nel dormitorio,
aveva dimenticato gli orecchini…arriva subito.”
Il
ragazzo annuì, sentendosi un improvviso groppo in gola. “Ah…sì, bene.”
“E
a proposito di Ginny…” tentò di nuovo Ron, ma Hermione
lo afferrò più saldamente e lo condusse quasi a forza verso la porta.
“Non
ora, Ron, siamo già in ritardo” disse in tono che non ammetteva repliche,
spingendolo versò l’uscita. Giunta all’uscio si voltò per un
istante, strizzò l’occhio ad indirizzo di Douglas e richiuse la porta
dietro di sé.
Douglas
si guardò intorno, sentendosi quasi…intrappolato? Sì, aveva la sensazione di
essersi infilato in una trappola senza vie d’uscita. Un pensiero ridicolo,
ovviamente. Lui non era affatto in trappola.
Sai benissimo cosa ti sta succedendo. Lo
sai, ma non lo vuoi ammettere con te stesso.
“Ciao,
Doug” la voce di Ginny, un po’ trafelata, gli giunse da dietro le spalle “scusa
il ritardo, ma non trovavo gli orecchini.”
Douglas
si impose si rimettere sul volto la solita maschera
distaccata e si voltò verso di lei per dirle che non c’era problema, che tanto
Harry gli stava tenendo occupati i po…
Il
ragazzo si bloccò nel vederla, mentre la voce gli spariva dalla gola.
Ginny
indossava un lungo vestito blu notte piuttosto aderente sui fianchi, sul quale
brillavano numerose stelle per effetto della magia: sembrava che la stoffa del
suo vestito fosse stata ritagliata dalla volta celeste.
I
suoi capelli rossi erano raccolti in una mezzacoda,e ai lobi delle orecchie aveva un paio
di orecchini di madreperla. Stava sorridendo, e sembrava più grande dei suoi
quattordici anni.
Douglas
ci mise qualche secondo a realizzare che era rimasto
immobile e con la bocca aperta come un idiota.
La maschera, idiota, cancellati
quell’espressione ebete dalla faccia e rimettiti quella tua dannatissima
maschera SUBITO!
“Doug?”
domandò Ginny, un po’ perplessa “va tutto bene?”
“Io…”
Douglas si schiarì la gola, riprendendo il suo atteggiamento abituale.
E’ solo un altro ruolo da recitare,
Doug. Uno dei tanti. Recitalo bene, e non avrei problemi.
“Sì,
tutto bene, sono solo un po’ sorpreso” disse, con un lieve inchino: la parte
del gentiluomo gli era sempre venuta alla perfezione
“stavo aspettando una ragazzina pel di carota per accompagnarla ad una tortura
travestita da ballo, e mi trovo di fronte uno splendore.”
Ginny
arrossì leggermente, compiaciuta e un po’ imbarazzata. “Ah…bè…grazie.”
Douglas
le si avvicinò e le tese un braccio con l’eleganza dei
‘cavalieri dei tempi andati’, come li chiamava sempre sua madre.
“Posso
chiedere l’onore di scortare la mia dama fino alla Sala Grande?”
Ginny
rise, accettando il suo braccio. “Che ti è successo,
hai battuto la testa o Fred e George sono riusciti a farti il lavaggio del
cervello?”
“Propendo
per la prima” disse Douglas, fingendo di sorridere.
In
realtà, sotto la superficie, il suo cuore e la sua
mente erano in tumulto.
Mi spiace, ma
non ho proprio idea di cosa mi stia succedendo. O, meglio, temo di saperlo, e il solo pensiero mi spaventa. Perché non capisco più nulla, Ginny. Non mi riconosco più: mi
guardo allo specchio e mi sembra che la mia immagine non mi appartenga. Che cosa mi hai fatto, Ginny? Che
cosa mi hai fatto?
Douglas
si era sempre immaginato la propria anima come un solido blocco di ghiaccio.
Talvolta ne aveva quasi sentito la presenza nelle
viscere, come se fosse stato il nucleo stesso del suo essere: un’anima di
ghiaccio che lo proteggeva dalle ansie e dalle sofferenze che attanagliavano
spesso le persone normali. Durante la cena, Douglas potè di nuovo avvertire la
presenza di quel blocco di ghiaccio nelle viscere, ma qualcosa era cambiato:
gli sembrava che sotto la superficie ghiacciata fosse divampato un incendio.
Con l’occhio della mente, Douglas poteva quasi vedere
la superficie ghiacciata della sua anima cominciare a cedere, crepandosi e
sciogliendosi al calore di quel fuoco che sembrava essersi acceso dentro di lui. Quel pensiero lo spaventava: sciolto il ghiaccio,
sarebbe rimasto senza protezioni.
Sarebbe
stato come chiunque altro. Debole. Inerme.
Mortale.
Era
un pensiero ridicolo, ovviamente. Nulla si stava sciogliendo: non c’era nessun
blocco di ghiaccio, non c’era mai stato davvero. Se lo stava
solo immaginando. Ma il fuoco…no, quello c’era
davvero. Lo poteva sentire bruciargli dentro, e scorrergli nelle vene. Gli
sembrava che qualcosa lo stesse bruciando vivo.
La
cena fu piuttosto piacevole, nonostante il suo nervosismo: Fred e George,
avevano invitato rispettivamente Angelina Johnson e Alicia Spinnet,
continuarono a chiacchierare di Quidditch per la maggior parte della cena,
mentre Hermione era riuscita ad arpionare Douglas in un lungo discorso a
proposito dei G.U.F.O.
Douglas
si limitò ad annuire meccanicamente, senza seguire una parola di quello che
diceva. Ron, al contrario, sembrava pendere dalle sue labbra.
Il
ragazzo fece vagare lo sguardo per la sala grande e rivolse un impercettibile
cenno di saluto a Malfoy che, seduto ad un tavolo poco distante col braccio
intorno alla vita di Pansy Parkinson, gli rispose con un sogghigno e un
ammiccamento verso Ginny, che stava chiacchierando con Hannah Abbott.
Un
bigliettino galleggiò discretamente in aria, andando a posarsi sulle ginocchia
di Douglas. Il ragazzo lo lesse tenendolo sulle
ginocchia.
-Bella preda, Sal.-
Davvero divertente, Parrucchino.
Douglas si voltò istintivamente verso Ginny, e nel
momento in cui i loro occhi si incontrarono lui
distolse lo sguardo, turbato. Mai, prima di allora, era stato il primo a
distogliere lo sguardo dagli occhi di un’altra persona. Si guardò le mani sotto
il tavolo: stavano tremando. Il ragazzo scostò il piatto che aveva di fronte
con un gesto rabbioso. Gli era passata la fame.
Quando
tutti gli studenti ebbero finito di mangiare i tavoli
furono messi da parte per creare una pista da ballo. Le Sorelle Stravagarie
attaccarono subito con un lento, e quasi tutti gli
studenti si riversarono sulla pista da ballo. Ron sembrava piuttosto nervoso e
si muoveva in maniera alquanto maldestra, ma ad
Hermione non sembrava importare più di tanto. Nemmeno Harry sembrava
particolarmente a suo agio, ma sembrava se la stesse
cavando abbastanza decorosamente. Fred e George erano ovviamente impegnati a
fare i buffoni al centro della pista, ma le loro accompagnatrici sembravano più
divertite che seccate.
Douglas
prese un profondo respiro e si voltò verso Ginny un lieve inchino, tendendole
la mano.
“Mi
concedi questo ballo?”
Lei
si trattenne dal sorridere ancora una volta, arrossendo di nuovo. Doveva
piantarla di arrossire ogni tre secondi, sembrava un’imbranata.
“Volentieri”
disse in tono il più possibile tranquillo, prendendogli la mano.
Lui
ebbe la netta sensazione che il cuore gli avesse saltato
un battito, ma fece finte di niente mentre raggiungevano le altre coppie sulla
pista da ballo.
Douglas
esitò un momento, poi sembrò riacquistare sicurezza. Non
aveva mai ballato in vita sua, ma poco importava. Gli bastava guardare come
facevano gli altri.
Un ruolo da recitare, Doug. Puoi farlo.
Il
ragazzo mise un braccio intorno alla vita di Ginny e la avvicinò a sé,
tenendole stretta la mano con l’altra.
Ginny
trattenne il respiro, mentre cominciavano a volteggiare lentamente sul posto:
non si erano mai trovati così vicini fino a qual momento.
Ginny
era più bassa di lui, e Douglas si sorprese a provare il desiderio di
nascondere il viso fra i suoi capelli.
Questo è sbagliato. Disastrosamente
sbagliato. Non posso cedere.
Oppure
poteva? In fondo non avrebbe mica firmato un contratto a vita…
Il
ragazzo avvicinò impercettibilmente il viso ai capelli di Ginny e ne aspirò il profumo.
La voglio. E’ soltanto a questo che riesco a pensare adesso, che la voglio. E
lei vuole me, ne sono sicuro. Al diavolo, è dal primo giorno che ci siamo visti
che mi guarda di nascosto. Se adesso cedessi, cosa
importerebbe? Che cosa c’entra lei, adesso, col mio
futuro? Niente, ecco quanto. E allora, qual è il
problema? Se poi un giorno dovesse essere necessario
me ne potrei liberare. Oppure potrei portarla dalla
mia parte. Potrei convincerla a restare dalla mia parte. Sì, sono sicuro che la
potrei convincere.
La
canzone sfumò e finì, ma mentre tutte le altre coppie si separavano per
prepararsi alla canzone successiva Douglas strinse Ginny più forte contro il
petto. Ginny sussultò, avvertendo che la stretta di Douglas aumentava, e
sollevò il viso per guardarlo negli occhi.
Douglas
la stava fissando, e i suoi occhi rossi sembravano due fori sulla parete di una
fornace. Ginny avvertì un lieve tremito nella sua stretta, ma il ragazzo non
disse nulla.
“Doug,
stai tremando” mormorò, sorpresa.
Lui
sembrò esitare un istante, poi sciolse l’abbraccio.
“Scusa,
ero solo…soprappensiero” disse piano, allentandosi la cravatta. Aveva un caldo
terribile, come se l’incendio che aveva dentro lo stesse consumando lentamente
“fa molto caldo, vero?”
“Già”
Ginny si guardò intorno: le coppie si stavano già ricomponendo per ballare un
pezzo decisamente più vivace “senti, ti va di uscire
in giardino a fare quattro passi? Anch’io ho caldo,
qui dentro.”
Douglas annuì. “Va bene” disse, sforzandosi di
sorridere, poi la prese per mano per accompagnarla fuori
dalla Sala Grande.
“Hai
freddo?” domandò Douglas, notando che Ginny tremava ad ogni soffio del gelido
vento dicembrino.
“Un
po’” disse lei, strofinandosi le braccia per scaldarsi “non avevo previsto di
uscire.”
“Se vuoi possiamo rientrare.”
“No,
preferisco restare qui” disse lei. Un altro soffio di vento la fece
rabbrividire.
“Aspetta, tieni questa.”
Douglas
si sfilò la giacca e gliela mise sulle spalle.
“Grazie,
ma…tu non hai freddo?” domandò lei, notando che il ragazzo era rimasto in
maniche di camicia.
E un po’
difficile sentire freddo quando hai l’inferno che ti brucia dentro l’anima,
Ginny.
“No,
sto bene così.”
Ci
fu qualche minuto di silenzio.
“Vuoi
sederti?” domandò Douglas, notando un fazzoletto di prato delimitato da
cespugli di rose, illuminati dalla luce di alcune
fate.
Lei
annuì. “Sì, magari. Queste scarpe hanno deciso di uccidermi.”
“Forse
tua madre le ha trovate a Grimmauld Place…”
“Eh?”
“Ogni
oggetto in quella casa cerca sempre di uccidere la prima persona che gli capita
a tiro. Io sono stato quasi soffocato da un arazzo, e una poltrona ha cercato
di staccarmi…bè, lascia stare.”
Ginny
rise, sedendosi sul prato e guardandosi intorno. “E’ bellissimo, vero?”
“Sì”
disse distrattamente Douglas sedendosi accanto a lei. A dire il vero aveva a
malapena degnato di un’occhiata lo spettacolo offerto dal giardino, in fiore
nonostante fosse pieno inverno.
Ginny
ridacchiò. “Ma se non le hai nemmeno guardato!”
“Guardato
cosa?”
“Le
rose.”
“Quali
rose?”
“Quelle
intorno al prato.”
“Quale
prato?”
Ginny
gli diede un colpetto sul torace con l’indice. “Mi stai prendendo in giro?”
Douglas
sorrise a sua volta.“Non oserei mai.”
“Ah,
no?”
“Bè…forse
un pochino, ma la colpa è anche tua. Sei un bersaglio troppo facile.”
Lei
fece una smorfia. “Ma che bravo, prenditela con le
ragazze indifese…”
“Tanto
indifesa non mi sembri” la stuzzicò Douglas “se non sbaglio,mi hai costretto a fare da Cupido a Ron…”
“Ma sono una ragazza, no? E quindi
non è carino prendermi in giro. ”
“Questo
è da dimostrare…”
“Che non è carino prendermi in giro?”
“No,
che sei una ragazza.”
“Ehi!”
protestò lei ridendo. Finse di volerlo prendere a pugni, e lui le bloccò le
mani.
“Uhuh,
ma quanto siamo maneschi” rise Douglas, tenendola per i polsi “io lo dicevo,
che non eri una ragazza…”
Ginny
tentò di sottrarsi dalla presa del ragazzo.
“Mollami!”
disse, continuando a ridere.
“No.”
“Lasciami
andare!”
“Costringimi!”
“Doug,
guarda che mi mordo!”
“Ooh,
sto tremando....”
“Ok,
ora apri le orecchie: io conto fino a tre, e se al tre non mi hai lasciata andare io…”
“Tu
cosa?” la voce di Douglas era tornata improvvisamente seria. Ginny lo guardò
negli occhi, che luccicavano nella penombra come rubini. L’espressione del
ragazzo sembrava di pietra.
“Doug…”mormorò
in un soffio, mentre un brivido le attraversava la spina dorsale “avanti, Doug,
basta scherzare, ora lasciami…”
“No.”
Ginny
sussultò, mentre la stretta del ragazzo intorno ai suoi polsi aumentava, e
improvvisamente ebbe paura.
“Douglas,
cosa…?”
“Tu
vuoi che io ti lasci andare?” sibilò lui, costringendola ad abbassare le mani e
chinandosi verso i lei “lo vuoi davvero?”
Ginny
si rese conto di non sapere cosa rispondere. “Io…”
“Rispondimi,
Ginny.”
Il
viso di Douglas era vicinissimo a quello di Ginny. Leismise di dibattersi e lo guardò negli
occhi.
“Non
lo so” mormorò alla fine “tu cosa vuoi?”
“Non
lo so” rispose lui in un soffio.
Si
fissarono a vicenda qualche istante, poi Douglas chinò il capo e poggiò le sue
labbra su quelle di Ginny.
Lei
chiuse gli occhi e ricambiò il bacio, col cuore che accelerava i battiti.
Il
ragazzo le lasciò andare i polsi, senza interrompere il bacio, e la prese fra le braccia, stringendola a sé come se temesse che
potesse essergli strappata via ogni secondo.
Le
loro labbra si separarono dopo quella che ad entrambi
parve un’eternità.
“Doug…”
mormorò lei, senza sapere bene cosa dire.
“Shhh…”
sussurrò Douglas, stringendola di nuovo a sé e poggiando le labbra fra i suoi
capelli.
Ginny
chiuse di nuovo gli occhi e poggiò il capo sul torace di Douglas, ascoltando i
battiti forti e veloci del suo cuore. Il freddo le sembrava ormai un ricordo
lontano. Si sentiva bene. Si sentiva al
sicuro.
E no, non
voleva che la lasciasse andare.
Douglas
le accarezzò i capelli, sentendoli come seta rossa fra le sue dita. I pensieri
non cessavano di rincorrersi nella sua mente.
Potrei portarla dalla mia parte.
Potrei renderla immortale.
Potrebbe essere mia.
Mia per
sempre.
Bè, finalmente un aggiornamento!
Non avete idea di quanto mi ci è voluto per scrivere questo (kilometrico) capitolo!
Purtroppo il romanticismo non è decisamente il mio
forte, quindi mi ci è voluto un bel po’ per riuscire ad ingranare...scusate si
ho abusato così della vostra pazienza!
Bilalla: ed ecco qui il capitolo romantico che ti avevo
promesso! So che al mondo c’è di meglio, ma non avevo mai
scritto nulla del genere in vita mia…spero ti sia piaciuto ugualmente,
fammi sapere!
Master Ellie: sono onorata di sapere che la mia fanfic ti entusiasma
tanto, spero di non deluderti nei prossimi capitoli!
P.S:
anch’io mi rispecchio molto nella ricerca di libertà di scelta del
protagonista, e anch’io non la trovo mai…ma confido nel fatto che arriverà il
momento buono!
Luc_y: i tuoi complimenti mi lusingano! Sono particolarmente
contenta di sapere di essere riuscita a tenere fede
alle caratteristiche di tutti i personaggi, è una cosa a cui tengo
tantissimo…per quanto riguarda gli aggiornamenti cercherò di mantenere un ritmo
umano (tipo un capitolo a settimana), ma se ci saranno ritardi dovrete
perdonarmi: purtroppo quest’anno ho la maturità e mi tocca studiare per forza…
Brioche: e meno male che ti avevo chiesto
di non scrivere niente di imbarazzante…tu sei matta! Comunque
tranquilla, questa storia la finirò, dovessi chiudere mio padre nello
sgabuzzino per usare il pc!