Love, Live and Joy

di redcokehobos
(/viewuser.php?uid=79843)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Love, Live and Joy ***
Capitolo 2: *** Happy (pink) Bday! ***
Capitolo 3: *** London: the dream comes true! ***
Capitolo 4: *** Daddy, Peter Pan and Pink Candy Cloud ***
Capitolo 5: *** Goodbye, Kris. ***
Capitolo 6: *** Something Good ***
Capitolo 7: *** Happy meal, happy family! ***
Capitolo 8: *** Complementary colors of the life ***
Capitolo 9: *** Little Pattz men ***
Capitolo 10: *** He is not hot... he is daddy! ***
Capitolo 11: *** I'm an actress. I'm a mum. ***
Capitolo 12: *** Wake up in the morning feeling like… fuck! ***
Capitolo 13: *** Just perfect ***
Capitolo 14: *** Christmas pics ***
Capitolo 15: *** I wanna be... ***



Capitolo 1
*** Love, Live and Joy ***


Eccomi qui - ancora! direte - con una one shot mooooooolto speciale (:
Un momento di serenità in un roseo futuro Robsten...  - e il termine roseo  non è casuale :D -
La posto per la gioia di qualcuno *fischietta evasiva*
e la dedico a tutte le pazze che mi riempiono il pomeriggio di sclero e la cronologia di msn (:
Buona lettura!

Love, Live and Joy

 

“E chi c’è qui? E chi c’è qui?” continuava a ripetere con una vocina stupida, facendo il solletico sul pancino della bambina “... C’è Joy! Joy? Joy? Ciao Joy!” ripeteva battendo le mani - mi sembrava tanto mia madre! -  ma la bambina lo fissava, immobile, con un’espressione indecifrabile.
“Secondo me ti sta mandando a quel paese...” commentai, seduta sul divano a godermi la scena.
“Invece no” ribatté Rob, facendomi una smorfia “...non lo farebbe mai perché lei ama il suo papino... vero Joy?” disse, rivolgendosi alla bambina di nuovo con quel tono... stupido.
“Invece sì, perché è mia figlia, ed io da piccola odiavo chi faceva così con me, li mandavo tutti a quel paese...” dissi, alzandomi dal divano e andando a liberare la piccola da quella tortura psicologica. La alzai in aria e la portai all’altezza del mio viso “... non è vero, amore di mamma?”
“Ma dillo alla mamma che le sue zie brutte, vecchie e antipatiche non sono il tuo bel papà!” le disse, dandole un bacio sulla guancia. Guardai l’orologio: era ora di mangiare.
“Bel papà, vai a preparare un po’ di latte per sfamare questa boccuccia!”
Fece un piccolo inchino. “Al vostro servizio, mie belle fanciulle!” poi sparì dietro la porta della cucina.
“Ribadisco: è mia figlia, non te la caverai incantandola come con il resto delle donne!” gli dissi a voce alta per farmi sentire fino in cucina, poi, con la piccola in braccio, lo raggiunsi. Stava armeggiando con tutti gli attrezzi e quando ebbe finito, mi passò il biberon, ma lo guardai sconcertata.
“Che c’è?” mi chiese, con fare innocente.
“Robert” dissi, cercando di reprimere la mia voglia di staccargli la testa “... mi spieghi perché il latte della bambina è marrone?”
“Beh, i biscotti per neonati sono finiti così ho messo quelli al caffè” mi spiegò “sai quelli che mi piacciono tanto, con le gocce di cioccolato...”
Sospirai, rassegnata. “Signore, perché l’hai fatto così idiota?” Gli passai la bambina in  braccio, che fece cominciare a volare in aria, sempre parlandole con la vocina stupida, e aprii l’anta di un pensile. “I biscotti sono qui!” gli dissi, indicandoli.
“Ma quelli hanno la confezione blu!”
“E’ solo cambiata la grafica!”
“Ah...” disse stupito. Continuai a preparare l’altro biberon, quando ad un certo punto disse “Scusa, ma facciamole provare quelli al caffè!”
“Vuoi davvero dare i biscotti al caffè con il cioccolato ad una bambina di 8 mesi?” gli chiesi scioccata.
“Beh, che c’è di male, deve cominciare a cambiare sapori, non solo pastina, formaggino, latte e biscotti...”
Mi girai a guardarlo. “Guarda, per una volta nella tua vita hai detto una cosa giusta... ma non il caffè e il cioccolato!  Ci manca solo che viene su come te, per giunta con la diarrea!” dissi, ridendo.
“Cosa?” disse Robert, avvicinando la boccuccia della bambina al suo orecchio “Come hai detto, amore? Ci vuoi un po’ di caffè?” le chiese, facendomi ridere “... e che caffellatte sia!” acconsentì. “Visto? Lo dice pure lei!” Scossi la testa, ridendo, mentre mettevo i biscotti – quelli giusti! – nel biberon, poi mi sedetti ad una sedia e mi misi Joy seduta sulle gambe, per darle da mangiare. Robert si sedette a terra, di fronte a noi, per arrivare all’altezza della bambina. “La prossima volta lo correggiamo con un po’ di scotch!” mormorò, con fare da complotto, a Joy che intanto beveva il latte, completamente incantata dal padre.
Okay, come non detto: le ammaliava tutte!
Ma anche Robert non era da meno. Lui era praticamente devoto a sua figlia. Dicevo sempre che, quando sarebbe cresciuta, lo avrebbe convinto a farle fare qualunque cosa. Anche se era tremendamente geloso. E paranoico. Appena nata cercava tutte le scuse possibili ed immaginabili per non farla prendere in braccio dai parenti per troppo tempo, come se potessero consumarla.

 “Non tenerla troppo tempo così vicino a te...” disse a sua sorella Lizzie, che stava cullando Joy.
“Perché?” chiese lei, stupita.
“Potresti avere dei virus!”
“Stai scherzando, vero?” gli chiese, con un’occhiataccia.
“No... e alzale la testa, se no si fa male!”
“La sto tenendo alzata, Robert!” rispose seccata lei.
“Allora alzala di più!” insistette.
Lizzie sbuffò. “Credo di avere un po’ più istinto materno di te, sai com’è... sei un uomo!”
“Ma vedi! Non si prende così... le potrebbe venire un trauma cranico!” la riproverò.
“Sei leggermente paranoico!” disse lei, ironica.
“Robert...” lo rimproverai, con un’occhiata del tipo NON ROMPERE LE SCATOLE.
“Kristen, questa è capace di smontarle la testa, io ho visto che fine hanno fatto tutti i suoi bambolotti!” mi disse, togliendole la bambina dalle braccia e accoccolandosela a lui. “Vieni da papà, amore...”
Lizzie mi guardò sconcertata ed io non potei fare altro che ridere.

“La incanti, Robert...” gli sussurrai.
Scosse la testa. “No, è lei che incanta me: per quegl’occhi potrei uccidere...” mormorò “che poi, guarda caso, sono gli stessi della mamma...” aggiunse, sorridendomi. Abbassai lo sguardo, un po’ in imbarazzo, sulla bambina, che nel frattempo aveva finito il latte. “Vieni un po’ da papà, che tra un po’ deve andare a lavoro” le disse, alzandosi e prendendola in braccio, mentre io andai a lavare il biberon. “Ricordati, principessina: non fare mai l’attrice” cominciò, con tono da padre serio “se no poi mi diventi famosa e incontri brutta gente, come la mamma...”
“Hey!” protestai, ma continuò, senza darmi retta.
“Non fare la cantante country, se no muori di fame come zia Lizzie... non ti fidanzare mai con un vampiro, o una scimmia... diventa ragioniera, o medico, o insegnante, scegli tu...”
“Soprattutto, non ti far mai abbindolare dall’uomo più sexy dell’anno” aggiunsi “perché alla fine è sempre stupido come il tuo papà!”
“Te lo sta dicendo una che fa l’attrice ed è stata sia con un vampiro che con una scimmia: a te la scelta di chi fidarti tra i due!” Joy rispose con un risolino allegro che fece illuminare il volto di Robert. “Ottima scelta piccolina! Quando torno ti porto qualcosa...”
“No, no, la stai corrompendo, non vale!” dissi, con finto disappunto, poi guardai l’orologio. “Rob tra un po’ devi andare, vai a prepararti...”
Ci pensò un attimo. “E se... non ci andassi?”
“Robert...” lo rimproverai. Era sempre la solita storia: non si voleva separare dalla figlia neanche per andare a lavoro.
“Allora mi porto Joy insieme sul set...”
“Rob!”
“Okay, okay... non ti incavolare...” si arrese, dandomi la piccola in braccio che, appena il padre si allontanò di un passo, cominciò a piagnucolare, agitandosi con le braccia verso di lui. La cosa era reciproca. “No, amore, non cominciare a piangere!” cercò di consolarla lui, avvicinandosi di nuovo, ma Joy non voleva saperne: stava quasi per scoppiare a piangere.
“Papà torna presto, tesoro...” le sussurrai, cullandola un po’ per calmarla, ma continuava a lamentarsi, sporgendosi dalle mie braccia verso Robert. Sospirai. “Dai, vai, si sta facendo tardi, tanto tra un po’ si calma...”
“Non la lascio mentre piange!”
“Sai com’è: senza protagonista, sul set di un film, non girano!” gli ricordai, ironica.
“Appunto, aspetteranno...” mi rispose, tranquillamente.
Sospirai. “Robert...”
“No...”
“Ecco da chi ha preso Joy la testardaggine... Robert...” lo rimproverai, per l’ennesima volta.
“Non mi schiodo da qui finché non si calma” mi disse, deciso, mentre Joy continuava a dimenarsi. “Su, la prendo io...” sussurrò, allungando le braccia.
“ROOOOB!” Un grido ci fece rimanere congelati sul posto. Non ero stata io a parlare, e neanche lui. Una vocina lo aveva chiamato, anzi strillato quasi come una pretesa, anche se la R si era a malapena sentita. Ci guardammo negl’occhi e poi abbassammo lo sguardo su Joy, che ora si era calmata un po’, visto che suo padre le stava dando attenzione. Ma non era possibile...
“Che hai detto, amore?” le chiese, tutto emozionato, quasi sull’orlo delle lacrime. “Hai detto Rob?”
“Ma no, dai...” cercai di convincerlo, anche se anche a me era sembrato di sentirlo “sarà stata la nostra immaginazione! È troppo piccola per parlare...”
“Kris, ha detto Rob, l’ho sentita!” ribatté convinto, poi tornò a rivolgersi alla bambina “Dillo di nuovo, amore... Rob... Rob... Rob!” Ecco che riattaccava con la vocina stupida.
“Ma non ha detto ROB! Era più un ooob... poteva essere qualsiasi cosa... un semplice lamento come gli altri... oppure Bob... Tob... Sob... bombolone alla crema...” Robert mi guardò con un sopracciglio alzato. “Che c’è?”
“Certo, perché è più ragionevole che volesse dire bombolone alla crema invece che Rob...”
Feci spallucce. “L’hai detto anche tu: magari vuole conoscere nuovi sapori...”
“...OOOBEEEEERT!” gridò di nuovo la piccola, richiamando di nuovo l’attenzione del padre su di sé. Rimasi di stucco, senza parole. Mia figlia aveva detto la sua prima parola, ed era stata Robert. Quel Robert che, ovviamente, me la strappò dalle braccia e se la strapazzò tutta, saltando come un bambino che aveva trovato il regalo che desiderava sotto l’albero di Natale. Ma Joy era troppo piccola per parlare, o per lo meno, per parlare così. Le uniche cose che aveva detto fino ad allora erano suoni senza senso, ma ora avrebbe dovuto continuare con cose tipo bau bau, pappa... o per esempio...
“Ma la prima parola non dovrebbe essere mamma?!” chiesi, indignata.
“Mi dispiace amore, nostra figlia è l’eccezione che conferma la regola! È troppo intelligente per semplici parole come mamma!” mi rispose, tutto orgoglioso. Almeno, ora che era in braccio a lui, Joy aveva smesso completamente di lamentarsi e aveva cominciato a ridere. Sbuffai: dovevo ammetterlo, ero un po’ gelosa.
“Robert, ora è veramente tardi... e voglio proprio vedere come convincerai tua figlia a staccarsi da te senza aprire le dighe!” dissi, lanciandogli un’occhiata di sfida, poiché sapevo benissimo che era un’impresa impossibile.
“Guarda il maestro all’opera!” mi rispose, prima di avvicinarsi al seggiolone e far sedere dentro Joy. Si avvicinò all’orecchio della piccola e le sussurrò qualcosa, la guardò dritta negl’occhi e Joy fece un risolino, al quale ovviamente anche Robert si mise a ridere, poi le diede un bacio sulla fronte. Quando si allontanò, Joy non si mise a piangere, ma cominciò a giocare tranquillamente con un pupazzo che c’era sul tavolino del seggiolone. Lo guardai stupita mentre si avvicinava a me.
“Come cavolo hai fatto?” gli chiesi, sconvolta.
“L’hai detto tu prima: è pur sempre tua figlia” mi sussurrò all’orecchio, poi mi stampò un bacio prima di indossare la giacca che era sul divano. “Io vado, mie donne: ci vediamo domani mattina!”
“Che girate stasera?” gli chiesi, risvegliandomi dal mio stato confusionale in un attimo – se c’era una persona a cui tenevo quanto a Joy, e di cui ero gelosa marcia, quello era Robert - e avvicinandomi a nostra figlia.
“Esterni... un appuntamento che, ovviamente, finisce con del sesso sfrenato!” disse, prendendomi in giro.
Gli risposi con una linguaccia. “Non lasciarne troppe incinte!”
“Starò attento... ciao!”  Vidi Robert chiudere la porta e poi mi voltai verso Joy. “Perché non ne vogliamo altri bimbi, vero?” le chiesi mentre la prendevo in braccio, ma la piccola mi fissò sorridente, completamente indifferente a ciò che stavo dicendo. “Oppure lo vorresti un fratellino?”, ma Joy continuava a giocare con il suo pupazzo. “Non te ne può fregar di meno...” conclusi. Guardai l’orologio: si era fatto tardi. “Beh, andiamo a dormire, piccolina...” dissi, portandola nella culla, ma appena la poggiai dentro, cominciò a lamentarsi: non voleva dormire. “Dai, Joy, pensa che quando ti sveglierai ci sarà papà...” cercai di convincerla “su, dormi, amore di mamma!” Le diedi un bacio e rimboccai la copertina, ma appena mi allontanai di poco, sentì un urletto provenire dalla culla. “Ma... maaaa... mam-maaaa!”Aveva detto mamma. Più balbettato, che detto, ma lo aveva detto. Finalmente lo aveva detto. Mi avvicinai di nuovo alla culla, e lei ricominciò a ridere, con uno sguardo furbetto. La guardai, cercando di trattenere un sorriso, ma non ci riuscii.
“Si sbaglia tuo padre, tu non sei intelligente... tu sei paracula!”

                                                                               


Spazio tutto mio *____*
Okay, ora rispondo a tutte le recensioni della scorsa cazzata drabble su Robsten, "Il primo amore non si scorda mai"... Povera chitarra ç_ç
@Broken Heart: Ciao! No, purtroppo non la continuo, la lascio così: una piccola drabble solitaria in questo universo. Per ora ho altre idee in testa, ma non si sa mai (: Sono contenta che ti sia piaciuta! Comunque l' "entrambe" era riferito a Kris e alla chitarra: lo sappiamo che Robert è innamorato anche della musica *_* grazie per aver letto e recensito (:
@mokky: Ciao! Come ho già detto, lascierò la drabble così, senza un seguito per ora ma... mai dire mai :D Sono contenta che ti sia piaciuta a tal punto di metterla nelle preferite *me arrossisce*... grazie mille!!
@Fiorels: Fiòòòòòòòò... e non hai capito XD Vedi? Invece questa volta, di mia completa e spontanea volontà *tosse*, ne ho scritta una su di lei *__* su Joy *__* sono contenta che ti sia piaciuta :D Spero ti piaccia anche questa, ed aspetto la tuaaaaa (: Un bacio!
@julietta__: Ciao Julietta! E anche tu poi non avevi capito che era la chitarra ç___ç vabbè, fa niente (: Ora eccone una sulla piccolina... spero ti piaccia! Ciao!!
@cloe cullen: Cloooooe :) Ma sììììì ribattezziamo anche la chitarra Joy! Ahahah... sono contenta che ti sia piaciuta *__* Ed ora invece tocca davvero alla piccolina *___* spero che ti piaccia un po' anche questa e vale anche per te, aspetto la tua... un bacio!
@SeaOfLove: Oriiiiiii (: Che bello, ti è piaciuta! No, non credo di continuarla, ma poi... chi può saperlo! Mi potrebbe venire qualche "botta di crisi" delle mie XD Spero ti piaccia anche questa su Joy *___* Un bacio!
@ledyang: "alla prossima, parlerà di Joy vero?" Eh, tu chiedi, io eseguo u_u Visto? Comunque sono felice che la drabble ti sia piaciuta... ora goditi la tua piccolina Un bacio dalla cess number two XD
@Struppi: Ciao! Non ti preoccupare, non sei la sola che non ha colto XD E comunque i film mentali su quei due ce li facciamo tutti XD Grazie per aver letto e recensito (:
@dot: nooooooooo, se è piacuta ad Hamtaro, posso morire felice u_u Grazie mille Letì, sono davvero davvero contenta che ti sia piaciuta *___* Ora tocca alla mia Joy... spero ti piaccia almeno la metà di quanto mi è piaciuta la tua *___* Un bacio.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Happy (pink) Bday! ***


Buonasera! Poichè la shot con Joy è piaciuta tanto, eccomi con il bis (:
Spero possa piacervi!
Devo dire che se  una certa persona non avesse insistito tanto, non sarebbe mai venuta alla luce.
Quindi, se vi farà sorridere almeno un po', ringraziate lei!
Buona lettura! (:

Happy (pink) Bday!

 
“Papà?” chiamai, cantilenando, Robert, da camera della piccola “vieni a vedere come siamo belle!” continuai, aggiustando il fiocco del vestitino di Joy.

“Arrivo!” gridò lui dalla cucina.
“Papààààà?” lo chiamò di nuovo Joy, con la sua vocina squillante.
“Eccomi, eccomi...” disse, comparendo vicino alla porta e facendo il finto stupito quando vide la bambina. “Oh! Chi è questa bella bambina?” le chiese, con la voce riservata solo a Joy – sì, un’evoluzione della tipica vocina stupida -.
“E’ Joy!” rispose, ridendo divertita.
“Joy?” chiese Rob, fingendo di non capire. “E chi è Joy?”
“Io!” gridò lei, facendo una giravolta e facendo svolazzare la gonnellina del vestito.
“Davvero?” chiese lui, stupito. La piccola annuì, sorridente. “Ma oggi Joy non compie gli anni?” continuò, sempre con quella voce da deficiente.
“Sì, sì” rispose lei, annuendo di nuovo.
“E quanti ne compie?”
“Così!” disse lei, allungando il braccino verso il padre e facendo tre con la manina.
“Non è possibile, Joy è la mia bambina piccolina! Non può avere già tre anni!”
“Papà...” sbuffò lei “Io sono grande ormai! E poi...” continuò, portandosi un ditino al mento, mentre pensava “...oggi faccio così...” riprese seria, facendo di nuovo tre con le dita “...basta la vocina stupida!” Robert rimase di stucco e mi guardò stupito, mentre io cercai in tutti i modi non scoppiare a ridere.
Era il compleanno di Joy: tre anni. La mia piccola peste compieva già tre anni. Ovviamente, la principessina di casa non aveva chiesto, ma aveva PRETESO una festa, con “tanti palloncini rosa, la torta grande grande, e poi tutti i cuginetti, gli zii, i nonni, gli altri bimbi e tanti, tanti, tanti regali!”, come aveva ordinato sua maestà. Poteva Robert rimanere inerme dinanzi ad una richiesta della sua principessina?

“E’ mio dovere renderla felice...”
“No, è tuo dovere non renderla viziata!” lo corressi, mentre sparecchiavo.
“Ma dai, organizzare una festa per il suo compleanno non è viziarla!” insistette “Lo fanno tutti...”
“Con le principesse Disney viventi?” gli chiesi ironica, con un sopracciglio alzato.
“Beh...” si bloccò un attimo “Dai, solo Cenerentola!” mi supplicò. Lo guardai seria.
“Robert, le faremo una festa, ma non con la casa di Barbie gonfiabile con tanto di mobili e giocolieri vestiti da ballerine! Una normale festa di compleanno... o vogliamo anche fare un red carpet e chiamare i fotografi?” gli chiesi, un po’ acida.
“Mmm... magari un pink-carpet...” disse lui, facendo finta di pensarci. Gli lanciai un’occhiata glaciale, poi mi girai verso il lavandino e, sbuffando, aprii il rubinetto. Robert allungò la mano e lo chiuse, poi mi abbracciò da dietro, poggiando il mento sulla mia spalla. “Dai, mamma...” mi supplicò, facendo la vocina da bambino triste.
“Robert, lo sai perché non voglio...” gli dissi, seria “se cominciamo fin da ora a cedere, quando crescerà, non la fermeremo più. Non voglio che diventi una piccola diva superficiale solo perché è nostra figlia. Deve crescere come tutte le altre bambine, deve avere una vita normale! Io ci sono cresciuta qui, so com’è...”
“E sei cresciuta magnificamente, visto?” mi fece notare, interrompendomi. Sospirai. “Kris...” mi sussurrò, facendomi girare verso di lui “Joy non sarà mai una piccola diva superficiale, come dici tu...” disse serio, guardandomi dritta negl’occhi “Come potrebbe esserlo con una madre come te?”
“Non fare il cretino...” mi lamentai, distogliendo lo sguardo dal suo e concentrandomi sui bottoni della sua camicia.
“Non sto facendo il cretino! È la pura verità! Kris, sei la madre migliore che una figlia possa avere! Certo, a volte sembri più un maresciallo...” precisò, strappandomi un sorriso “ma... è così e basta.” concluse, facendo spallucce. Sospirai, indecisa, quando mi alzò il mento con un dito e mi diede un bacio, che finì troppo presto, così mi alzai sulla punta dei piedi e prolungai quel contatto. “La bambina?” mi chiese preoccupato, staccandosi un attimo.
“Da mia madre” lo rassicurai.
“Perfetto!” esclamò, prima di prendermi per i fianchi, farmi sedere sul piano della cucina e ricominciare a pensare un po’ a noi.

Conclusione di quella discussione? In quel momento avevo il giardino addobbato peggio di un negozio di Barbie, con tanto di palloncini rosa, buffet, torta a quattro piani e, non Cenerentola o Biancaneve, ma clown che distribuivano palloncini.  Suonarono il campanello. “Vado io!” trillò Joy, fiondandosi in salotto. “Mi sa che è ora di abolire la vocina!” sospirò, sconsolato. Annuii, convinta. “Quella piccola arpia è proprio tua figlia!” disse poi, scuotendo la testa e raggiungendola: era stato ferito nell’orgoglio, il ragazzo. Lo seguii all’ingresso dove Joy, davanti alla porta, saltava cercando di arrivare alla maniglia. “Aspetta, scemina...” la chiamò Robert, alzandola all’altezza giusta e aiutandola ad aprire.
“Nonna!” gridò lei, saltando in braccio a mia madre appena la vide.
“Amore mio!” disse mia madre, stampandole un bacio sulla guancia. “Auguri! Oddio, Joy, stai crescendo troppo in fretta!” La piccola rise, sporgendosi verso mio padre appena entrò. 
“Ciao Nonno!” gridò, facendosi prendere tra le braccia di mio padre per salutarlo. Mia madre, libera da quella peste, mi venne incontro.
“Ciao Kris, ciao Robert!” ci salutò con un abbraccio. “Come va?”
“Bene, grazie...” risposi io.
“Bene per niente!” disse invece Robert, contrariato. “Mia figlia mi ha appena detto di non parlarle con la vocina stupida!”
“Ah, non ti preoccupare...” lo rassicurò mia madre “anche Kris la odiava!”
“Lo avevo intuito!” commentò, sarcastico.
“Ziaaaa!” sentimmo strillare Joy, quando vidi entrare Ashley accompagnata da Kellan.
“Ciao piccolina! Auguri!” rispose Ash, dolce come sempre, abbassandosi all’altezza della piccola e allargando le braccia per accoglierla. “Ma come siamo belle!” Joy rise, poi Kellan la prese in braccio per salutarla.
“Ciao caramellina!” disse, dandole un bacio sulla guancia “Dove sono quei vecchi bacucchi dei tuoi genitori?”
Mi avvicinai a loro. “Ti ho sentito, eh?” dissi a Kellan, fingendo di essere seria. “Ashley, ciao!”
“Ciao tesoro!” mi salutò. “Ciao Robert!” disse con voce più alta per farsi sentire da Robert, che stava parlando con i miei genitori.
“Zia!” la chiamò Joy, tirandole la gonna per avere l'attenzione “vieni fuori? È tutto rosa!” disse allegra, prendendola per mano e tirandola verso la vetrata che portava al giardino.
“Allora alla zia piace sicuramente!” disse Kellan, ridendo. “Devo dire che anche dentro non si scherza, eh...” aggiunse guardando tutte le decorazioni intorno a noi. “Ma se a te non piace, la passione per il rosa alla bambina chi l’ha trasmessa? Rob?” mi chiese, facendomi ridere.
“Oh, sì, certo Kellan, io adoro il rosa!” disse Rob, facendo la voce da ragazzina.
“Scusate, è colpa nostra se è venuto su così!” Una voce alle nostre spalle ci fece voltare di scatto. Due teste bionde erano appena entrate, chiudendo la porta d’ingresso. “Da piccole lo vestivamo da bambina e lo chiamavamo Claudia!” Rimasi scioccata.
“Oh mio Dio! Vicky, Lizzie!” esclamai, correndo ad abbracciarle “Che ci fate qui?”
“Non potevamo mica perderci il compleanno della nostra nipotina!” disse Lizzie, come se fosse scontato. Scossi la testa, incredula.
“Voi siete fuori di testa! Siete venute da Londra! Ma quando siete arrivate?”
“Mmm... un paio d’ore fa, circa...” rispose Victoria. “Ma non importa! Dov’è Joy? Non la vedo dall’anno scorso!” disse, tutta emozionata. Qualcuno alle mie spalle tossì. Ovviamente era Robert, che era stato completamente ignorato dalle sorelle: gelosone.
“No, sapete com’è... ci sono pure io!” disse alle sorelle, acido. “Ciao, eh!”
“Oh, giusto! Ciao Claudia! Scusaci...” lo salutò Lizzie “Dov’è tua figlia?” gli chiese, lasciandolo di nuovo di stucco. Un broncio da bambinone comparì sul suo viso.
“Che schifo. Nessuno mi vuole bene...” disse, scuotendo la testa, ed uscendo fuori a prendere la bambina "Vado ad acchiappare l'unica donna che mi ama!"
"Anche mamma ti ama!" gridò Lizzie, facendoci ridere. Dopo poco, Robert ritornò con Joy tra le braccia che, imbarazzata per la presenza delle zie che non vedeva quasi da un anno, nascondeva la testolina nel collo del padre. “Ehi, saluta le zie!” le disse lui, dolce.
“Joy! Come sei cresciuta! Ti ricordi di noi?” disse Victoria, avvicinandosi alla piccola. Joy fece sì con la testolina, anche se si accoccolò sempre più al padre.
“Ehi, non fare la timidona!” gli sussurrò Robert, dandogli un bacio sulla fronte. Mi avvicinai a loro e la presi in braccio.
“Joy, sai che anche alle zie piace Barbie?” le dissi, per rompere un po’ il ghiaccio. “A casa loro hanno tutta la collezione...” Infondo era la verità: Lizzie e Victoria avevano messo su nel tempo un esercito di Barbie da far invidia a qualunque collezionista, finché poi non erano passati a torturare il loro bambolotto vivente, Robert. A quella notizia, Joy alzò la testa di scatto verso le zie.
“Fuori è tutto rosa!” disse orgogliosa, con un sorrisone.
“Perché non porti le zie a far vedere?” la convinsi. Lei mi annuì sorridente così, una volta scesa dalle mie braccia, cominciò a fare da guida turistica alle zie londinesi, attaccando poi a parlare di tutte le sue bambole, bambolotti, ville con piscina, salotti per il trucco, castelli con draghi, dvd dei cartoni animati... Sì: Robert la viziava, decisamente.
Pian piano la casa cominciò a riempirsi: arrivarono i miei fratelli con le rispettive consorti e i loro figli; ci raggiunsero Peter, sua moglie e le loro bambine, con le quali Joy aveva un legame bellissimo; non potevano mancare gli amici di Robert, quelli che si trovavano in America, con le loro ragazze; i miei suoceri, di certo non temerari come le loro figlie, chiamarono Joy per farle gli auguri, promettendole che, la prossima volta che saremmo andati a Londra, avrebbe trovato un regalo enorme – e rosa – tutto per lei: ovviamente Joy aveva cominciato a saltare per tutta casa, e ad assillarci con “ma mi portate a Londra? E quando? Domani?”. La serata continuò tranquillamente, con i bambini che si divertivano come i pazzi in giardino con i clown, mentre  noi più grandi seduti sui divani a rivangare i vecchi tempi.
“Vi ricordate quando Kristen ci ha detto di essere incinta?” disse Ashley “Eravamo sul set...”
“Oh mio dio, è vero!” esclamò Kellan “Rob, appena arrivato, aveva un sorriso ebete stampato in faccia, e lo ha tenuto su per tutto il giorno! Io chiesi a Kristen “Ma che ha?” e lei “Reazione alle belle notizie!”” Scoppiai a ridere al ricordo, come tutti gli altri.
“Scusate, Kristen me lo aveva appena detto! Ero felice!” si giustificò lui.

“Robert!” lo chiamai. Ero in cucina, in piedi, poggiata al tavolo: non sapevo come si comunicavano ad un ragazzo certe notizie. Non ero pronta.
“Dimmi” disse affacciandosi alla porta. Mi morsi il labbro, nervosamente: come cavolo dovevo fare?
“Ti puoi sedere un attimo?” gli chiesi indicando una sedia. Sedersi: il 50% degli uomini sveniva, per cui farlo sedere mi sembrò perfetto. “Ti devo parlare...”
“Okay...” disse tranquillo, sedendosi sulla sedia accanto a me e prendendomi i fianchi. “Dimmi tutto!” Mi torturai un attimo le mani non sapendo come cominciare. 
“Ascolta...” dissi nervosa “ma... tu mi ami?” mi venne di getto da chiedergli.
Certo che ti ama, stupida! disse la mia mente. Mi guardò confuso e un po’ allarmato. 
“Mi sto per preoccupare...” disse. Sospirai.
“Sì, lo so, è che...” mi bloccai. Non ce la facevo, cazzo. Mi coprii gli occhi con una mano:
trova il coraggio, Kris, tanto accadrà lo stesso e tra nove mesi si accorgerà che stai per partorire!
“Kris...” mi chiamò.
“Okay” dissi decisa “Partendo dal presupposto che io ti amo e tu mia ami...”
“Supponi bene” confermò.
“E che sei troppo giovane per avere un infarto”
e anche un figlio, ma va beh... aggiunsi mentalmente “te lo faccio vedere perché non... non l’ho ancora... metabolizzato, ecco!” conclusi, andando poi in camera a prendere gli esami, e tornando da lui. “Tieni” gli dissi dandogli i fogli in mano.
“Cosa sono?” disse accigliato “Perché sei andata dal medico? Stai male?” mi chiese allarmato.
Quello che starà male tra i due sarai tu, dammi retta... “Leggi meglio!”
“Amore, non ci capisco un tubo di medicina, dimmi che cavolo hai!” chiese, cominciando ad agitarsi sul serio. Uomini! pensai. Alzai gli occhi al cielo, sbuffando.
“Robert, calmati... cioè, non tanto...” mi corressi “Dipende dai punti di vista...”
“ESPLICITA KRISTEN!”
“Okay, okay... sono...” dissi, piuttosto agitata “Sono...” e feci segno con la mano, come se fosse ovvio.
“Sei...?” domandò, in attesa.
“Oddio!” esclamai, sedendomi su una sedia “Robert, sono in... incinta!” dissi tutto d’un fiato. Non lo sentii respirare per un minuto intero. Giuro, non respirava. “Robert?” lo chiamai, preoccupata.
“Tu... tu co... cosa?” mi disse, anzi balbettò, dopo quel minuto di trance.
“Sono incinta” ripetei di nuovo.
“Con me? Cioè... di me?” mi chiese stupito.
“No, del vicino!” sbottai acida “Certo che di te!” Stette un altro po’ in silenzio, poi disse solo un “Ah” secco. “Già...” mormorai, aspettando che si riprendesse. Passò un altro attimo – per me eterno! – di silenzio, quando si risvegliò dalla trance: riuscii a scorgere proprio la scintilla di vita nei suoi occhi nel momento in cui realizzò.
“Siamo incinti?” disse incredulo, facendomi ridere. Annuii, non riuscendo a dire altro perché la sua faccia era... fantastica! Un sorriso enorme si stampò sul suo viso e – come al solito – cominciò a gioire come una bambino di cinque anni. “Avremo un bambino!” Mi alzai, più sollevata: l’aveva presa bene... forse anche troppo! Mi prese improvvisamente per i fianchi e mi fece fare un giro su noi stessi, poi mi poggiò a terra, stampandomi un bacio e cominciando quasi a piangere per la gioia “Non ci credo!” continuava a ripetere, felice. Mi avvicinai di nuovo e lo abbracciai fortissimo: avevo bisogno di lui, ora più che mai: infondo eravamo ancora “piccoli” per avere un figlio. “Kris, ma tu sei sicura?” mi chiese, ricambiando l’abbraccio.
“Mi ami?” chiesi di nuovo. Annuì convinto. “Allora andrà tutto bene... papà!” dissi, facendo scoppiare a ridere entrambi, come due scemi...

“Mamma!” Una vocina mi riportò al presente: Joy mi stava chiamando, continuando a toccarmi la gamba.
“Dimmi, tesoro...”
“Voglio la torta!” mi disse allegra, facendo gli occhietti dolci.
“Certo, piccola! Andiamo!” le risposo, alzandomi dal divano e prendendola in braccio. Concludemmo la serata nel più tradizionale dei modi, non mancò niente: la torta, che era più grande di Joy, la canzoncina “tanti auguri”, il soffio delle candeline con tanto di desiderio – in cui, conoscendo mia figlia,  sicuramente c'entrava una Barbie -, le foto con tutti gli invitati, e poi la parte che di certo Joy ha preferito: lo scarto dei regali.
“Nooo! Barbie principessa delle nevi!” gridò allegra, quando Lizzie e Victoria le diedero il loro regalo. “Grazie zie!”
“Prego, tesoro!” risposero loro, abbracciandola.
“Mica fessa, ora le chiama anche zie!” mi sussurrò all’orecchio Robert, facendomi sorridere.
“E’ una paracula... come te!” gli risposi, beccandomi un bacio sulla guancia al posto di qualche insulto.
Quando la festa terminò, Joy era stanchissima: neanche il tempo di salutare tutti, che si addormentò sul divano nel soggiorno, in braccio a Robert. Portammo Joy in camera sua, mettendola nel lettino, insieme all’enorme peluche a forma di panda che Ashley e Kellan le avevano regalato, e rimboccandole le coperte. Robert le diede una bacio sulla fronte ed uscì dalla stanza, ed anch’io lo stavo seguendo quando, prima di spegnere la luce, la piccola vocina mi bloccò. “Mamma?” mormorò, con il dito in bocca e gli occhietti chiusi: probabilmente sognava.
“Dimmi, piccolina” le chiesi, sussurrando.
Fece un piccolo sbadiglio, poi mi rispose piano, facendomi sorridere. “Londra...”




Spazio tutto mio *____*
Risposta alle recensioni della scorsa puntata :D
@Fiorels: Tesoroooooo *_* sono contenta che ti sia piaciuta! Eccone sfornata un'altra su Joy! E se esiste, sai chi devi ringraziare XD Spero ti piaccia anche questa, però non ci sono le gocciole XD Un bacio, cess#1!
@_rose_red_: Manuuu! Beh, mi fa piacere che proprio con la mia hai trovato la volontà di recensire (: Sperò ti piaccia anche questa *_* Un bacio!
@crazyfred: Ecco fatto! Ne ho postata un'altra sulla Robsten family! Anche a noi piace, tanto tanto *_* Grazie mille per i complementi, Fede! Un bacio!
@cloe cullen: Claudiettaaaa!! Se mi avessi eliminata, poi come svresti fatto a vivere senza me? u_u eh? u_u Sono strafelice che ti sia piaciuta *_* Spero sia lo stesso per questa *_* Un bacio dalla cess#2!
@dot: *lacrima, emozionata* Grazie Leti *_* Spero ti piaccia anche questa *_* Che dici, non è che sto diventando troppo dolce? O.o Un bacio!
@yesido: Meeeeel! Sì, la bambina ha capito tutto della vita già a 8 mesi XD Voglio dire, con due genitori così! Un bacio!
@Broken Heart: Grazie mille *me arrossisce* e alla fine ho scritto di nuovo! Spero ti piaccia! P.s.: comunque NESSUNO si staccherebbe mai da Rob u_u
@SeaOfLove: Oriiiiiii (: Già, mica scema la bambina! Sono contenta che ti sia piaciuta, davvero! Spero di aver fatto un buon lavoro anche con questa! Un bacio!
@Crazy_La: Laaaaaaa, grazie *_* non me lo aspettavo *_* ecco, ne ho sfornata un'altra! Sperò ti piaccia (: Un bacio!
@Anto_Pattz: Ed ecco che, sempre sotto stretto "consiglio" della Queen, Rossana ne scrisse un'altra! Spero ti piaccia anche questa, Anto! Un bacio!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** London: the dream comes true! ***


Leggete un po' il titolo? 
Ecco, questa one shot è esattamente il "sogno che diventa realtà" di tanta gente XD 
Anzi, più che altro è la concretizzazione di una speranza che stava morendo in molte persone... 
Oh, scrivere "London" è stato peggio di un travaglio XD 
Bene, due paroline prima di lasciarvi: ringrazio la "catenina" di Manu che mi ha ridato, non so come, la voglia di continuare questa storia sconnessa e senza senso! E poi grazie anche a tutte quelle pazze che mi hanno rotto l'anima affinchè scrivessi questa benedetta shot (:

Ed ora, vi lascio alla lettura!
Un bacio, Rox. 

 

London: the dream comes true!

 

“Dai, ti prego!”
“Kristen, ho detto che non è possibile...” ribadì per l’ennesima volta. Sbuffai.
“Ma che ti costa!” lo pregai, di nuovo.
“Kristen, i dirigenti non vogliono correre rischi” mi spiegò, serio “potrebbero vederti occhi che non devono. Ci vivete da abbastanza tempo in questa situazione da sapere come comportarvi, come vanno le cose e com’è che funz...”
“Sì, è ci viviamo da così tanto tempo da sapere anche che mi sono rotta le scatole!” risposi contrariata.
“Poi Robert sta lavorando qui” riprese “e tra poco tornerà a L.A., cosa ti costa aspettare?”
Rimasi a bocca aperta. “Tra poco? Tu, un mese intero, lo chiami poco?!” gli chiesi, scioccata.
“Sì, ma dopo girerete insieme, ti ricordo” precisò. Non mollava l’osso.  A me Robert mancava da morire, e lui parlava solo di tempo, di dirigenti, di possibilità, di
come funzionano queste cose, con una freddezza matematica che mi faceva saltare i nervi. Allora era di business che stavamo parlando? Benissimo...
“Nick, come sta Robert?” gli chiesi tranquilla, lasciandolo un attimo senza parole.
“Bene...” rispose sicuro “si sta impegnando tantissimo in questo nuovo progetto, sta lavorando sodo...”
“Nick” lo interruppi “vuoi che ti ricorda con chi stai parlando? Non sono la Summit, sono la sua ragazza e tu sai benissimo che io so come sta
veramente Robert!” Male, ecco come stava... Come stavo io, d’altronde. Erano due mesi interi che ci sentivamo solo per telefono, senza vederci neanche un minuto, se non sui giornali o in tv. “Come pensavo” ripresi, sicura di me, approfittando del silenzio dall’altra parte, “e tu sai benissimo che Robert, se non sta bene emotivamente, non dà il meglio di sé, anche se cerca in tutti i modi di nasconderlo, e se Robert Pattinson non è fantastico, i grandi capi non sono contenti, giusto?” gli domandai, sentendo già il gusto della vittoria.
“Già...” ammise, mormorando.
“E tu sai anche cosa, o meglio
chi, ci vuole in questo momento per Robert, giusto?” Sospirò: avevo il coltello dalla parte del manico.
“Quindi?” mi chiese.
“Kristen a Londra, Robert felice, i dirigenti entusiasti!” conclusi “Prenota il volo per domani mattina! E non lo dire a Robert, voglio fargli una sorpresa! Ah... grazie mille, Nick!”

“Joy, abbottona il giubbottino, non siamo a Los Angeles, qui a Natale nevica!” disse Robert alla piccola.
“Ma non è Natale” rispose lei, schietta.
Robert si abbassò alla sua altezza, e le chiuse la zip della giacca. “Sì, ma c’è sempre un po’ di vento.”
“Joy, per caso devi andare in bagno?” le chiesi.
“No, mamy!” mi disse sicura.
“Sicura? Guarda che casa della nonna è un po’ lontana, dovrai aspettare poi...” la avvertii, ma lei scosse la testa decisa. “Okay, però ora vieni qui e non lasciarmi la mano, andiamo fuori ad aspettare i nonni mentre papà prende le valigie” le dissi, prendendola per mano. La piccola annuì, tenendo stretta a sé, con la mano libera, una delle sue tante Barbie, che aveva torturato in aereo durante il viaggio. Come avevo previsto fin dal momento che Joy ne aveva espresso desiderio, eravamo partiti per Londra. Era la prima volta che affrontava un viaggio così lungo, ma sembrava non essersi nemmeno accorta di ciò che aveva fatto: dodici ore di aereo, con tanto di scalo a New York e fuso orario, non era esattamente una passeggiata. E poi stava per visitare, per la prima volta, il posto dov’era cresciuto suo padre e dove aveva lasciato un pezzo del suo cuore ma credo che per questo il più eccitato tra i due non fosse di certo lei. “Sono arrivati?” mi chiese Robert, che intanto ci aveva raggiunte con tutte le valigie in spalla.
“Non ancora...” gli risposi, guardandomi in giro.
“Mamma?” mi chiamò la piccola “...mi scappa la pipì!” disse, cominciando a saltellare. Sbuffai.
“Joy, ora aspetti, ti avevo avvertita!” la rimproverai. Mi guardò triste.
“Ma mi è venuta ora!” piagnucolò.
“Dai, Kris, è un bisogno fisiologico” intervenne Robert, ovviamente in difesa della figlia “quando scappa, scappa!” Lo fulminai con uno sguardo – perché doveva sempre darmi torto? – e poi abbassai lo sguardo su Joy che, guardandomi con sguardo supplichevole, annuiva appoggiando la teoria del padre.
“Va bene, ma ti accompagna papà” mi arresi. La piccolina sorrise, girandosi verso il padre. “Ma se mi rapiscono, scippano qualche valigia o narcotizzano, sappiate che sarà colpa vostra e mi dovrete avere sulla coscienza per tutta la vita!”
“Andiamo, papi!” gli disse Joy, ignorandomi e completamente, e tirando Robert verso l’interno dell’aeroporto. Sbuffai, sedendomi su una valigia e aspettando che arrivassero i miei suoceri, mentre Robert e la bambina erano dentro. Mi ritrovai a fissare i passanti: persone che arrivavano, persone che partivano, un viavai e una frenesia continua che non smetteva mai e andava avanti ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Una ragazza, sola, con uno zaino in spalla, catturò la mia attenzione: aveva appena varcato la soglia delle porte automatiche, che subito era entrata in una macchina parcheggiata lì davanti, come se avesse paura di essere vista. Sorrisi involontariamente.

“Pronto?”
“Dove sei, con chi sei e cosa stai facendo” gli ordinai.
“Stai male Kris?” mi chiese, sospettoso.
“Non mi hai risposto” gli feci notare.
“Sono in camerino con la mia amante a fare sesso sfrenato... ma stai male sul serio?” mi domandò di nuovo.
“Se è la verità lo scoprirò, non ti preoccupare amore!” lo avvertii, facendolo ridere.
“Allora, solo una delle mie tre affermazioni è vera: scegli tu quale!”
“Spero sia la prima, altrimenti ti uccido, come minimo...Giura solo che non devo aspettarmi sorprese, come dire,
poco desiderate” dissi, ironica.
“Ma sei impazzita?” mi chiese di nuovo, ridendo. Tornai seria.
“A parte gli scherzi, sei in camerino, solo?”
“No, sono con la mia amante... ops, ti ho dato la soluzione!” Sorrisi.
“Robert, se non sei solo, non posso fare una cosa...”
“Cosa?” chiese curioso, ora.
“Ah, non mi hai risposto!” gli feci notare, facendolo sbuffare.
“Sì, sono da solo... Allora che cosa?”
“Se mi hai detto una cazzata, la paghi eh?” lo minacciai, poi tornai più seria. “Beh, non potrei fare questo...” dissi chiudendo il cellulare con uno scatto e aprendo la porta...

“Papà sono buonissimi!” Mi voltai verso le porte automatiche dalle quali uscirono Joy, che mangiava beata e felice un pacchetto di Smarties, e suo padre, che ogni tanto se ne faceva versare un paio in una mano, mentre con l’altra reggeva un bicchiere di caffè.
“Alla toilette danno anche gli Smarties ora?” gli chiesi ironica, seguendolo con uno sguardo micidiale finché non si fermò di fronte a me.
“Doveva assaggiarli, Kris! Sai che sono molto meglio degli m&m’s...” mi spiegò. Sbuffai.
“Vuoi, mamma?” mi chiese la piccola, allungando la manina con il pacchetto.
“No, amore, grazie... mangiali tu, approfitta finché puoi...” le dissi, sorridendole “cioè finché non uccido tuo padre!” conclusi, fulminando di nuovo Rob con un’occhiataccia, ma lui mi sorrise.
“Caffè?” mi chiese, porgendomi il bicchiere che aveva in mano.
“Grazie, ma non attacca Pattison!” risposi, prendendolo e cominciando a bere.
“Eccoli!” esclamò Joy, allegra. “Nonna!” gridò, cominciando a correre verso Claire, che stava scendendo dalla macchina parcheggiata proprio di fronte a noi.
“Joy! Mio Dio, come sei cresciuta!” disse mia suocera, prendendola in braccio e quasi commovendosi. Robert mi tese una mano e mi aiutò ad alzarmi dalle valige, così ci avvicinammo anche noi. “Rob, Kristen, ciao!” ci salutò, abbracciandoci affettuosamente uno alla volta, con Joy ancora in braccio. “E’ andato bene il viaggio? Siete stanchi?”
“No che non sono stanchi, Claire!” rispose Richard, il padre di Robert, raggiungendoci dopo aver chiuso la macchina “Ti dimentichi quanti viaggetti si sono fatti questi due?” scherzò, dando una pacca sulla spalla del figlio, e facendoci sorridere al ricordo. “Signorinella, tu sei stanca?” chiese a Joy.
“Io no, lei un po’ sì...” rispose, indicando la Barbie che aveva in mano “ma è di plastica, quindi che fa!” aggiunse poi, facendo spallucce.
“Allora portiamola a nanna, su!” suggerì Claire, andando verso la macchina, mentre Rob e il padre presero le valige e le caricarono sul cofano. Il viaggio, come avevo previsto, durò una mezz’oretta, durante la quale Joy non smise di parlare neanche un secondo, e fece domande a raffica sul famoso regalo che la aspettava a casa. Arrivammo a destinazione, dove ci aspettavano Victoria e Lizzie, le sorelle di Robert, che praticamente assalirono Joy riempiendola di  coccole, e lasciando me e Robert liberi di disfare le valige e sistemarci nella sua vecchia camera.
“Wow” sospirai, sedendomi sul bordo del letto, quando notai che era esattamente come l’aveva – anzi, avevamo – lasciata quasi quattro anni prima. “Mi è mancata” ammisi.
“Già, anche a me” disse Robert, sedendosi accanto a me e stringendomi a sé. “Saranno stati un po’ anni del cavolo, ma devo ammettere che è stato abbastanza divertente...” continuò, sorridendo “vederti spuntare ogni tanto, senza dirmi niente!”
“L’ho fatto solo una volta!” precisai ridendo.
“Ma è stata di sicuro la sorpresa più bella di  tutta la mia vita” disse, dandomi un bacio “ quel giorno, praticamente, mi ha dato tutto!”

“Tu... sei... pazza!” mi disse, tra un bacio e l’altro, mentre entravamo in camera sua. Scoppiai a ridere, mentre chiudeva la porta con un calcio, visto che le mani erano troppo impegnate ad aiutarmi a togliermi la giacca, che andò a finire con un volo su una sedia lì vicino.
“Non sono pazza, mi mancavi troppo” confessai, tirandolo verso il letto, sul quale cademmo uno sopra l’altro, e ricominciando a baciarlo.
“Ciò non toglie il fatto che sei pazza!” ripeté, dandomi un altro bacio e stringendomi a sé.
“E i tuoi genitori? Voglio salutarli...”
“Hanno accompagnato quella pazze delle mie sorelle a fare shopping, torneranno tra un paio d’ore” mi rispose con le labbra tra i miei capelli, dove lasciò un bacio. Intrecciai la mia mano a quella che aveva sulla mia spalla, accoccolandomi di più a lui.
“Non vedo l’ora che torni da me” gli sussurrai.
“Torno presto Kris, manca poco” mi rassicurò “poi non ci allontaneremo mai più, te lo giuro...” Alzai lo sguardo e annuii, allungandomi verso il suo viso per baciarlo e ritrovarlo ancora lì, dove ci perdemmo insieme, isolandoci dal mondo e approfittando della casa libera...

“Mamma, papà, guardate che mi ha dato nonna!” urlò Joy, entrando di corsa in camera e salendo sul letto con noi.
“Cosa, Joy?” chiesi, notando che non aveva niente in mano o comunque qualcosa di diverso.
“Nonno! Dai!” urlò, saltando sul letto, allegra, quando Richard entrò in camera portando una capanna enorme tutta rosa, con delle immagini di Barbie stampate sopra.
“Ecco a lei, signorina!” disse poggiando quell’affare a terra. Joy sgusciò giù dal letto e si infilò nella capanna.
“Mamma, dormo qui stanotte!” disse, decisa “e anche le zie, vero?” chiese, rivolgendosi a Lizzie e Vicky, che si erano affacciate alla porta.
“Mi sa che le zie sono un po’ grandi per starci lì dentro” le disse Rob.
“Ma io voglio dormire con loro!” si lagnò, mettendo il broncio.
“Amore, se vuoi puoi dormire in camera di zia Lizzie o zia Victoria e poi vieni a giocare nella tenda” suggerì Richard, mentre usciva dalla camera, facendole tornare il sorriso.
“Posso mamma?” mi domandò, con gli occhi dolci e un sorrisino furbetto. Annuii, dandole il permesso, così cominciò a canticchiare allegra “che bello, che bello!” saltando per la camera.
“Questa la lasciamo nella camera del tuo papà?” le chiese Lizzie, indicando la tenda, al che Joy si bloccò, e si girò di scatto verso Robert.
“Questa è la tua cameretta, papà?” gli domandò, curiosa.
“Sì, tesoro...” le rispose lui, dolce.
“E avevi i giochi qui da piccolo? E giocavi con gli altri bimbi?” continuò lei, mentre si guardava intorno, assorta.
“Soprattutto con le bimbe!” scherzò Lizzie, facendo sorridere me e Vicky, ricevendo invece uno sguardo inceneritore da Robert. Joy stette un po’ in silenzio, pensierosa.
“Anche con mamma?” chiese poi, incuriosita. Il volto di Robert si dipinse di bianco, e si girò di scatto per chiedermi aiuto, ma fui solo in grado di mormorare un non lo so con il labiale: avevamo una figlia troppo perspicace. Robert si schiarì la voce, mentre pensava a cosa dire.
“Ehm, Joy... veramente la mamma non er...”
“Sì, tesoro, anche con la mamma” rispose veloce Lizzie, ridendo “si chiudevano ore in camera e non uscivano più!”
“E a cosa giocavate, papà?” chiese ancora la piccola a Robert, che in quel momento aveva una grande voglia di staccare la testa alla sorella, come fosse una barbie.
“Beh...” cominciò lui, in difficoltà “è passato tanto temp...”
“Ragazzi, è pronta la cena!” La voce di mia suocera lo salvò in calcio d’angolo, cosicché le ragazze uscirono dalla camera e anche Joy le seguì, prendendo per mano la zia.
“E zia? A cosa giocavano?” domandò di nuovo.
“Al dottore, Joy...”
“Anch’io ci gioco con i miei orsacchiotti!” esclamò lei, la voce che si allontanava man mano scendeva le scale, mentre io e Robert rimanemmo seduti sul letto.
“Grazie, mamma!” sospirò lui, come se lo avessero salvato da chissà quale tortura psicologica. Scoppiai a ridere mentre mi alzavo e lo prendevo per mano, trascinandolo verso la porta per raggiungere gli altri di sotto. “Non ridere!” mi rimproverò.
“Scusa, solo che dovevi vedere la tua faccia: sei sbiancato!” gli dissi, continuando a ridere. Mi lasciò la mano e mi abbracciò da dietro, dandomi un bacio sul collo.
“Voglio proprio vedere come la prenderà quando scoprirà che è giocando al dottore in questa camera che mamma e papà l’hanno concepita” mi sussurrò, con un sorriso, all’orecchio.
“Papà!” gridò la piccola, irrompendo in camera, tutta eccitata “Zia mi ha detto che domani mi porta a vedere la giostra grande grande, l’orologio grande grande e gli uomini con il cappello nero lungo lungo! Che bello!” esclamò, sparendo di nuovo nel corridoio. Mi girai verso di Robert, che aveva stampato sul viso un sorriso enorme e orgoglioso.
“Credo che la prenderà più che bene!”




Spazio mio, tutto tutto mio *______*
Allooooora, eccomi qui per ringraziarvi di tutte le recensioni che mi avete lasciato, ne sono veramente onorata (:
@ledyang: Non te l'aspettavi, dillo, DILLO! E invece eccola :D non mi convince tanto, ma lo sai: quando mai mi convince una cosa! Alla prossima, che non so proprio di cosa parlerà :S e grazie di tutto (: we love you!
@Anto_Pattz: Anto *-* ne ho sfornata un'altra, spero ti piaccia e ti faccia ridere almeno la metà del tuo "una cippa!" XD ormai è diventato un tormentone! Ti adoro tesò, un bacio!
@ariel7: Letiiiiiiii *-* grazie mille per tutti quei complimenti, troppi TROPPI! Tanto tempo e tante minacce dopo, eccomi qui XD Spero ti piaccia! Un bacio, tesoro (:
@Broken Heart: Oh mio dio, non so che dire, veramente *me arrossisce*... eh sì, Robert di certo sa cosa fare per rendere felici le sue donne (e non solo, aggiungerei XD)! Spero ti piaccia anche questa (: Alla prossima!
@pally: Grazie mille, davvero, non so cosa dire! Sono felicissima del fatto che ti sia addirittura innamorata di Joy *-* Spero ti piaccia anche questa shot! Alla prossima (:
@yesido: Meeeeeel! Eccola qui, la minacciatrice #2! London è arrivata, stappa lo champagne! Spero con tutto il cuore ti piaccia, davvero (: Un bacio!
@cloe cullen e @Fiorels: tesori miei, vi rispondo insieme, perchè devo farvi un discorsetto :D oltre dirvi di essere meno sadiche *muahahah* volevo ringraziarvi per avermi incoraggiata ieri, che ero in fase despressione sullo scrivere... davvero, grazie mille tesori (: Beh, ora godetevi London *balla la macarena* e poi sopportatemi mentre penso a cosa potrei scrivere nella prossima... sapete, uno zucchero filato tutto rosa... mmm... XD
@alekikka94: Wow, non so cosa dire, ti ringrazio infinitamente! Spero ti posso piacere anche questa shot, anche se non ne sono molto convinta a dire il vero XD Alla prossima!
@KristenAlice: Grazie mille, spero ti piaccia anche questa shoot! Alla prossima (:
@BabyVery: Oh, grazie mille (: Spero che ti piaccia anche questa shot e che continuerai a seguirmi! Alla prossima!
@Soffiotta: Grazie mille, davvero (:

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Daddy, Peter Pan and Pink Candy Cloud ***


Allooooooora, I’m back!
Anzi, questa volta siamo in due (:
La mente e la penna: io e Claudietta (cloe cullen), Claudietta ed io!
Dietro questa shot c’è una luuuunga storia, che parte da Parigi fino ad arrivare a casa della nostra Fio *_* e questo viaggio è stato fatto a bordo di una nuvoletta dolce e rosa, tipo Nuvola Speedy di Goku *muahahah*
Okay, basta sclerare XD
Comunque, eccovi qui un’altra shot sulla piccola Joy e il suo paparino (:
Buona lettura da Rox e Cloe (:  

 

DaddyPeter Pan and Pink Candy Cloud 

 

“Papà, perché la zia non è venuta con noi?” La vocina dispiaciuta di mia figlia, che camminava accanto a me, mano nella mano, mi raggiunse dal basso del suo metro e cinque.
“Perché è andata con la mamma” le spiegai, mentre passeggiavamo davanti al Big Ban, o meglio, l’orologio grande grande come lo chiamava lei.
“E la mamma?” mi chiese, sempre con quella vocina dispiaciuta.
“Beh, perché...” ci pensai un po’ perché, sinceramente, non avevo idea di dove fossero scappate “perché è andata con la zia!”
“E dove sono andate?”
“Già, dove sono andate?” mormorai tra me e me “Non lo so Joy, scusa” le risposi, mesto.
“Fa niente, papà, allora oggi siamo io e te!” mi rispose allegra.
“E non ti dispiace?” le chiesi, stupito.
“No, no” mi rispose, scuotendo la testa “Che facciamo?”
“Tu cosa vuoi fare?”
“Mi porti in un posto bello?” mi pregò. “Anzi no, un posto bello bello!” si corresse.
“Va bene lo stesso anche se non ci sono le Barbie?” la presi in giro.
“Papà, ormai sono grande! Non ci devono essere sempre le Barbie!” sbuffò, come se fosse una donnina.
“Va bene lo zoo?” proposi.
“No, puzza!” mi rispose, storcendo il naso: era uguale a sua madre quando lo faceva.
“Allora l’acquario?” tentai, facendole illuminare gli occhietti vispi.
“Sì, a vedere i pesciolini, sì!” esclamò, cominciando a saltare.
“Okay, allora andiamo alla macchina” le dissi, prendendola in braccio e raggiungendo l’auto che avevo preso in prestito da mio padre. Quando arrivammo all’acquario, Joy si tuffò subito sulla classica mappa che danno all’ingresso quando acquisti il biglietto, cominciando a dire “voglio andare qui, poi qui, e anche qui” e indicando praticamente tutto il parco. “Vuoi andare a vedere anche gli squali?” le chiesi, stupito e anche un po’ sconcertato.
“Certo, sono belli e grandi” mi rispose, facendo spallucce.
“Ma non hai paura?”
“Macché!” rispose, con un schiocco di lingua. Spesso mi scordavo che mia figlia, a solo quasi quattro anni, era più intelligente e matura di me, o meno fifona della madre.

 
“Che tunnel è questo?” mi chiese quando entrammo in un’altra galleria colorata di blu, con a destra una parete di vetro dalla quale si poteva vedere l’interno delle vasche.
“Qui ci sono i pesci tropicali” le risposi, indicandole la grande vetrata con tantissimi pesci di varie dimensioni, tutti multicolore.
“Robert, guarda questo piccolino! E’ stupendo!” disse, avvicinandosi al vetro e indicando un pesciolino minuscolo, tutto giallo, che si era posato a terra tra la sabbia “Non si può portare a casa, vero?” mi chiese, ridendo.
“Ma se non hai neanche l’acquario, Kris!”
“Lo compro!” disse, facendo spallucce e tornando vicino a me “Anzi, lo compriamo” precisò, sussurrando sulle mie labbra, dove poi mi stampò un bacio.
“Mi piace sentirti parlare del futuro al plurale” le dissi all’orecchio, intrecciando le mie mani con le sue.
“E a me piace farlo” mi rispose sorridente, prima di baciarmi di nuovo. Si allontanò un po’, tenendo sempre le mani intrecciate, e mi trascinò nel nuovo tunnel quando, improvvisamente, rallentò il passo.
“Che c’è?” le chiesi, preoccupato.
“Wow, gli squali” mormorò, affascinata, fermandosi davanti alla nuova vetrata “sai che non li avevo mai visti?”
“Eppure vivi in California” le dissi, guardando quegli enormi bestioni nuotare lenti nell’acqua, mentre con la coda dell’occhio ci fissavano, scocciati.
“Non è che ora mi butto nell’oceano aspettando uno squalo solo perché vivo in California!” disse ridendo. “Guarda come ci fissano” mormorò, con la voce un po’ incrinata, stringendosi di più al mio braccio.
“Kris, c’è il vetro, non ti spaventare!”
“E se ci sbattono contro, lo rompono, qui si allaga tutto e ci sbranano?” mi chiese, ora un po’ paranoica. La guardai, sorridendo.
“Ma che immaginazione hai!” dissi, dandole un bacio sulla tempia. “Vuoi portarti pure lui da mettere dell’acquario?” le chiesi, visto che continuava a reggere lo sguardo di uno squalo.
“Direi di no” disse nervosamente. “Robert, non è che io abbia paura” cominciò, con una voce che dimostrava esattamente l’opposto “ma diciamo che mi sta venendo un po’... un po’ d’ansia, ecco! Quindi che dici di andare?” concluse, velocemente. Sorrisi pensando a quanto fosse assurda alcune volte, così le cinsi le spalle e cominciai a camminare verso l’uscita della galleria.
“Okay, mai più squali!”

 
“Com’era la pizza?”
“Buona!” mi rispose, mentre beveva l’ultimo sorso di Coca Colo dopo aver mangiato una fetta enorme di pizza che, se l’avesse vista Kris, mi avrebbe torturato lentamente e dolorosamente solo per aver permesso a nostra figlia di poterne sentire l’odore “e anche le patatine!” Dopo la lunga mattinata all’acquario, a Joy era venuta fame, così avevo deciso di portarla in una pizzeria vicino Hyde Park, uno dei luoghi che amavo di più di Londra.
“Che dici di andare a digerire un po’ al parco?”
“Va bene!” disse allegra, saltando giù dalla sedia e prendendomi per mano. Arrivati dentro il parco, la lasciai libera di correre e rotolarsi tra l’erba, di fare un po’ quello che tutti i bambini dovrebbero fare, ma che a Los Angeles non sempre era possibile. “Papi, guarda!” esclamò, correndo verso il lago e arrampicandosi alla staccionata in legno del lago “Le barchette!” Mi avvicinai anch’io e mi ci poggiai di schiena mentre Joy guardava incantata le barche prese in affitto dalle coppiette galleggiare sull’acqua che brillava alla luce del sole.
“Ci vuoi fare un giro?” le chiesi, accarezzandole il capelli. Sgranò gli occhi per la sorpresa: pensava davvero che se me lo avesse chiesto non ce l’avrei portata?
“Davvero? Sì!” esclamò allegra, saltandomi in braccio.
“Pronta, capitano?” le domandai, facendo il verso del pirata.
“Certo, Spugna!” rispose lei, come Capitan Uncino “Andiamo a prendere Peter Pan!” Andammo verso il piccolo molo ed affittammo una barchetta, con la quale l’avrei dovuta portare verso “l’isola che non c’è”.
“Joy, non è che ti viene da vomitare?”
“No, papà” rispose sorridente. Bene, almeno non soffriva di mal di mare! “Papà?” mi chiamò.
“Dimmi piccola”
“Posso remare io?” mi chiese, lamentandosi “Tu vai troppo piano!”
“Certo, capitano, venga pure!” le dissi, ridendo. La feci sedere davanti a me, e le feci afferrare i remi - che erano il doppio di lei – mettendo le mie mani sulle sue e aiutandola a remare. “Così va meglio?”
“Sì sì” rispose contenta. Tutto fu così tranquillo, finché non sentii la barca agitarsi e non vidi più Joy seduta davanti a me: in un batter d’occhio, la teppista si era liberata dalla mia stretta ed era arrivata all’altra punta della barca. “Un pesciolino!” esclamò, sporgendosi, anzi, sporgendosi un po’ troppo verso l’acqua! Mollai subito i remi e la acchiappai da dietro, rimettendola seduta sulla panchetta.
“Joy, non ti affacciare più così, rischi di cadere in acqua, mi hai fatto prendere un colpo!” la rimproverai, ma invece di piangere o arrabbiarsi come tutti i bambini normali dopo una sgridata, mi fissò un po’ e se ne uscì con un “facciamo il bagno, papà?” facendomi scoppiare a ridere. La presi in braccio e le stampai un bacio sulla guancia. “Amore, il bagno lo facciamo al mare quando torniamo a casa, okay?”
“Perché qui no?” mi chiese, curiosa,
“Perché questo è un lago in un parco, Joy, non si può fare il bagno!”
“E perché non si può fare il bagno in un laco?” continuò, imperterrita.
“In un laco?” la presi in giro, sorridendole “Joy, si chiama lago, con la g”
“Perché non si può in un lago?” mi domandò di nuovo, sottolineando la g.
“Beh... perché...” cominciai, cercando le parole adatte ad una bambina di quasi quattro anni per spiegare alcuni concetti della vita che non erano chiari neanche a me: perché non si poteva?  “Perché altrimenti, potresti sembrare pazza come la mamma!” conclusi, ripensando a circa quattro anni prima. Joy sorrise, tornando a guardare l’acqua.

 
“Com’è rilassante farsi cullare dalle onde” sospirò, sdraiata sulla panchina della barca, con gli occhi chiusi.
“Certo, tanto quello che rema da tre ore sono io!” dissi, mentre continuavo a spingere quei cosi pesanti di legno, facendola sorridere “La prossima volta affittiamo quella con il motore!”
“Nah, tutto quel caos, poi non ci sarebbe niente di romantico...”
“Perché tu ci trovi qualcosa di romantico in te che prendi il sole - praticamente inesistente visto che è il tramonto – ed io che fatico come un mulo per far muovere la barca?” le domandai, un po’ acido.
“No” mi rispose alzandosi e venendosi a sedere accanto a me “però è divertente!” aggiunse, stampandomi un bacio.
“Tu sei sadica!” la presi in giro, sorridendo.
“Non è vero! Dai, molla i remi, marinaio!” mi ordinò, sfilandomi i remi dalle mani e allontanandoli, per poi sedersi sulle mie gambe. La barca si fermò, così la abbracciai ai fianchi, stringendola un po’ e facendola accoccolare a me.
“Ti piace?” le chiesi, indicando l’acqua che brillava di arancio per il sole che stava tramontando.
“E’ stupendo” sussurrò, incantata.
“Hyde Park, a quest’ora, è meraviglioso: ci venivo tutti i giorni a passeggiare, per pensare...”
“A che pensavi?” mi interruppe con un sussurro.
“A tante cose. Alla mia vita, a quello che facevo, a quello che avrei voluto fare... poi ho cominciato soprattutto a pensare a te” confessai, lasciandole un bacio sulla fronte.
“Beh, allora devo ringraziarlo” disse, sorridendo. Feci un respiro profondo, e mi feci coraggio per fare quello che stavo per fare. Era il passo più importante di tutta la mia vita, probabilmente, e speravo che quel posto, che per me significava moltissimo, mi potesse aiutare ancora una volta.
“Kris, ascolta, poi sederti qui accanto un secondo?” le chiesi con il tono più rassicurante che potessi avere. Mi guardò confusa, e anche un po’ spaventata: forse non ero stato poi
così rassicurante. “Non ti preoccupare! Siediti qui...” le dissi, facendole segno accanto a me con la mano.
“Okay” mi rispose, un po’ incerta, sedendosi sulla panchetta. La guardai dritto negli occhi.
“Kris” cominciai “lo sai che faccio schifo a fare i discorsi lunghi, perché comincio ad imbrogliare le cose, senza dare al discorso un filo logico. Forse l’unica cosa logica nella mia vita sei stata tu, anzi, il mio amore per te, perché anche tu non sei tanto logica!” scherzai, facendola ridere. “Ma come potresti esserlo per stare con un idiota come me? Comunque... ecco mi sono perso di nuovo!” sbuffai, facendola ridere ancora. “Non ridere, che mi confondo!” la rimproverai, ridendo anch’io con lei.
“Scusa amore, continua...”
“Ecco, perfetto, mi hai chiamato amore, il che fa supporre che tu mi ami e che quindi non sto facendo proprio una cazzata in questo momento. Kris, volevo farlo quando sarei venuto a Los Angeles, tra un mese, ma poi sei piombata qui e... e non puoi sapere quanto cavolo mi sei mancata! Però una cosa la sai, cioè quanto ti amo e sai che non ho mai amato nessuno così. Ora voglio che lo sappia anche il resto del mondo, quindi...” mi fermai per prendere l’anello dalla tasca dei jeans, ed anche un po’ d’ aria.
“Oh cazzo” mormorò.
“Bonjour finesse” la presi in giro, poi tornai più serio che potessi “Kristen Jaymes Stewart, mi vuoi sposare?” Non ci potevo credere, lo avevo detto sul serio. Vidi i suoi occhi cominciare a riempirsi di  lacrime che caddero subito sulle sue guance, rendendola ancora più bella e indifesa di quanto già fosse.
“Oh mio dio” mormorò, fissando l’anello, con il respiro e il battito accelerato “E c’è bisogno di chiederlo, idiota che non sei altro?” mi disse, tra le lacrime “Sì, Rob, sì!” Forse il mio cuore perse un paio di battiti, non pompando più sangue al cervello, perché non capii immediatamente che avesse accettato, che Kris mi avesse detto sì. Quando mi ripresi dal mio stato di shock, le infilai subito l’anello al dito, ormai anch’io con le lacrime agli occhi, e Kris mi buttò le braccia al collo così forte, che facemmo ribaltare la barca e cademmo in acqua, tra le risate e le lacrime. La presi tra le mie braccia e la bacia con più amore che potessi metterci, finché avemmo bisogno di prendere fiato.
“Ti amo, pazza” le sussurrai all’orecchio, facendola ridacchiare.
“Ti amo anch’io, idiota!”  

 
“Joy, guarda un po’ là cosa c’è?” le dissi, indicando un punto davanti a noi. Joy strinse gli occhi,  per mettere a fuoco in lontananza.
“Papà! Peter Pan!” gridò quando riuscì a vedere, vicino alla riva del lago che si affacciava su  Kensington Gradens, la statua di Peter Pan. “Abbiamo trovato l’isola che non c’è!”
“Tu l’hai trovata, Capitano!” le dissi, sorridendo “Però ora torniamo sulla terra ferma, che dici?”
“Papi, quando scendiamo mi compri la nuvoletta?” mi chiese con gli occhietti dolci, facendo illuminare quei due gioielli identici a quelli di Kristen. La guardai, accigliato.
“La che?” le chiesi, non capendo cosa fosse la nuvoletta. Sbuffò.
“Papà, la nuvoletta rosa!”

 
“Mamma!” gridò, appena entrammo in casa.
“Piccolina, ciao!” la salutò Kris, scendendo le scale e prendendola in braccio “Com’è andata la giornata?”
“Papà mi ha portata in tanti posti belli belli!” disse lei, entusiasta. Kris le sfiorò la manina, quando la vidi fare una faccia strana.
“Joy, perché sei tutta appiccicosa?”
“Perché papà mi ha comprato la nuvoletta rosa!” esclamò, scendendo dalle braccia della madre e cominciando a saltellare per casa “Poi mi ha portata dagli squali, poi al parco, poi sulla barca e siamo andati sull’isola che non c’è!” Kris mi guardò la piccola un po’ sconcertata, poi mi si avvicinò.
“Cosa hai fatto sniffare a nostra figlia?” mi chiese ridendo, dopo avermi stampato un bacio.
“Non sapevo che lo zucchero filato mandasse su di giri, altrimenti non glielo avrei comprato!” dissi, guardando Joy che saltellava e canticchiava per il salotto.
“Ah, la nuvoletta rosa!” esclamò Kris, capendo.
“Mamma, sai che poi siamo andati al centro del mondo?” gridò, saltando sul divano.
“Dove?” le chiese, stupita. La abbracciai da dietro.
“Mamma, dovresti saperlo, ci sei stata anche tu al centro del mondo!” le dissi all’orecchio. Si voltò verso di me, con un sorriso enorme stampato in volto, e mi diede un bacio.
Siete voi il centro del mio mondo” disse, ripetendo le mie parole di pochi anni prima.


“Oddio, è stupendo qua su!” disse, affacciandosi alla ringhiera del balcone dell’osservatorio.
“Questo posto mi è sempre piaciuto, a dire la verità...” dissi, mentre guardavo da un telescopio il cielo, non trovando niente visto che era pieno giorno. Con la coda dell’occhio vidi Kris avvicinarsi al primo meridiano, il meridiano di Greenwich.
“Guarda, ci sono tutte le città” dissi, abbassandosi per leggere meglio le scritte sul pavimento “Los Angeles, 118° 15’ ad Ovest” Mi avvicinai anch’io a guardare “Praticamente siamo sulla linea che divide a metà il mondo, è spettacolare!” gridò, facendomi ridere. Con un salto, si mise in piedi esattamente sulla traccia del meridiano “Vieni!” mi disse, prendendomi per mano “Mettiti qui!”
“Kris, che...?”
“Mettiti di fronte a me, muoviti!” mi ordinò. Feci come disse, poi mi prese entrambe le mani e mi guardò dritto negli occhi “Non è un po’ come essere al centro del mondo?” Scoppiai a ridere per quanto fosse meravigliosa, tutta illuminata dall’entusiasmo,  poi le presi il volto tra le mani e la baciai.
“Kris” le sussurrai, con le nostre fronti incollate “sei tu il centro del mio mondo!”




Spazio mio mio, tutto mioooo *_*
Ragazze, oggi non ce la faccio a rispondere a tutte le recensioni, ma sappiate che vi adoro tutte, dalla prima all’ultima (: Grazie mille per aver recensito e per continuare a leggere queste cose. Spero vi sia piaciuto anche quest’altro sclero, ma questa volta ho avuto una valida aiutante ;) quindi lo sclero è stato doppio! Alla prossima, un bacio! Rox

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Goodbye, Kris. ***


Salve ragazze.
Già dal titolo, potete capire l’andazzo di questa shot.
Anche per me è un momento un po’ così.
Purtroppo nella vita non può andare sempre tutto bene.
In un matrimonio, in una relazione, ci sono alti e bassi.
E questa è la volta di una shot un po’ triste, visto che racconta di un basso.
Beh, ci vediamo a fondo pagina. Buona lettura ç__ç

 

 

Goodbye, Kris.

 

“Robert, sono a casa!” urlai, chiudendo la porta d’ingresso e poggiando le chiavi della mia Mini sul mobiletto lì vicino.
“Robert!” chiamai di nuovo, ma non rispose nessuno.
“Joy!” provai. Kris, tua figlia ha 4 mesi, come fa a risponderti?! mi dissi mentalmente.
 Eppure ero convinta che sarebbe rimasto a casa, a giocare con la bambina.
Andai in cucina, ma anche quella era vuota.
Mi avvicinai alla porta del bagno, la aprii ma anche lì non c’era nessuno.
In camera da letto, niente.
Nella camera della piccola, ancora niente.
Cominciai seriamente a preoccuparmi.
Presi il cellulare dalla tasca, e lo chiamai. Staccato.
Tornai in salotto, cercando non so cosa, quando notai una busta da lettera accanto al telefono.

 
Per Kristen.

 
La aprii lentamente, diventando sempre più preoccupata e cominciai a leggere.

 

 

 
“Cara Kristen,

ti amo. Volevo sapessi solo questo prima di lasciare questo mondo.

Lo faccio perché non mi sento all’altezza di stare con te;

non mi sento all’altezza di essere padre;

non mi sento all’altezza di recitare;

non mi sento all’altezza di vivere.

Sappi solo che ti amo e che amo Joy, quella splendida bambina, alla follia.

L’ho portata dai tuoi genitori, è lì, al sicuro, tra gente che la ama e che se ne prende cura.

Ha con se tutti i suoi pupazzetti preferiti, anche quello che comprai appena mi dicesti che eri incinta.

Vivrà meglio senza un padre che con uno come me. 

Per fortuna è abbastanza piccola da non ricordare la mia inutile presenza. 

Quanto a te, rifatti una vita, Kristen. 

Quella vita a cui hai rinunciato nel momento in cui ti sei impelagata nella relazione più complicata di tutta la terra, con me.

Addio, amore. 

Vi proteggerò da lassù.

Robert.”

 

 

 

 

“Robert” sussurrai, tra le lacrime. 
“Robert!” gridai, poi, quando la consapevolezza fece breccia in me.
Ma era impazzito?!
Come poteva solo pensare delle cose del genere?!
Scattai, afferrando le chiavi della Mini e mi fiondai alla porta per uscire a cercarlo, neanche io sapevo dove, quando...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Robert” dissi spaventata. Mi guardò dritta negli occhi, ancora pieni di lacrime.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi scoppiò a ridere, gridando

“Pesce d’Aprile!”

 

“Robert” ripetei più dura “MA VAFFANCULO!” gridai, sbattendogli la porta in faccia.











Spazio mioooooooooo (:
Scusate *muahahahahah* Scusate scusate scusate *muahahah*
Sono la prima che odia il 1° aprile, però non ho resistito!
Quello che ho detto più su è vero, però non credo che in questa raccolta vadano bene momenti di bassi. Infondo, parliamo di Joy qui *____*
Okay, non mi uccidere ragazze! Un bacio a tutteeeeeeee (:
GODOOOOOOOOOO! *muahahahah*

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Something Good ***


Ma buongiornooooooo!
Eccomi qui, con un’altra shot.
In cantiere ne avevo due, una allegra e un po’ stupida e questa, più triste ma sentimentale.
Non vi preoccupate, tanto poi posto pure l’altra se proprio ci tenete xD
Dopo la shot del 1° Aprile (ridoridorido) eccola qua e, no, non è uno scherzo questa volta, è triste sul serio ç_ç
Ringrazio coloro che recensiscono (vi amo, girls!), coloro che leggono, i seguiti, preferiti e da ricordare.
Buona lettura. Un bacio, Rox.

 

 

Something good;

 

 00:40

“Pronto?”
“Signor Pattinson?”
“Sì, sono io”
“Chiamo dal Pronto Soccorso del UCLA Medical Center di L.A. C’è stato un incidente sulla statale, due macchine si sono scontrate mandandone un altro paio fuoristrada. Purtroppo l’auto di sua moglie è stata coinvolta nell’incidente...”
“Co-come, prego? Non è possibile...”
“La signora Stewart è stata ricoverata qui da noi. Se potreb-”
“Arrivo subito!”

 
00:43

“Jules?”
“Robert? Come mai a quest’ora?”
“Kris ha avuto un incidente, mi hanno appena chiamato dall’ospedale...”
“Cosa?! Come sta? Cosa ti hanno detto?”
“Non so niente, devo andare ora, però ho Joy che sta dormendo...”
“Vengo subito, me ne occupo io, non ti preoccupare, corri!”
“Okay, grazie mille!”

 
1:15

Entrai di corsa in ospedale: nella mente avevo di tutto, dalle immagini migliori a quelle più agghiaccianti a cui non avrei mai voluto pensare. Cosa diavolo era successo? Com’era potuto accadere? A Kris poi, la mia Kris... Quante volte le avevo ripetuto di farsi accompagnare dalle macchine messe a disposizione dalla produzione la sera tardi! Invece lei no: perché devo tradire la mia amata Mini? Io so guidare benissimo, al contrario tuo! Di lei mi fidavo tantissimo – in casa chi sapeva guidare meglio non ero io di certo, aveva perfettamente ragione – ma era degli altri che non mi fidavo, specialmente dopo un certo orario. Mi avvicinai alla reception con il fiatone per la corsa dal parcheggio, appoggiandomi al bancone per prendere un attimo di respiro, anche se non avrei dovuto perdere tempo neanche per quello. “Mi scusi, mia moglie ha avuto un incidente e...”
“Deve andare al Pronto Soccorso: in fondo al corridoio, subito a destra” mi indicò l’infermiera con professionalità.
Risposi con un “grazie mille” velocissimo, prima di ricominciare a correre per il corridoio, seguendo le indicazioni. Arrivai al Pronto Soccorso: c’era un via vai di medici, infermieri e barelle, e pregai il cielo che non ci fosse Kristen su una di quelle, che magari fosse in una stanza con una piccola fasciatura o al massimo un gesso, ma non con qualcosa di grave. “Mi scusi” bloccai un’infermiera che passava di lì con una cartellina in mano “mia moglie ha avuto un incidente e...”
“Nome?” mi interruppe, velocemente.
“Pattinson” L’infermiera fece scorrere la penna sull’elenco, cercando il nome con espressione corrucciata, ma sembrava non riuscisse a trovarlo.
“Mi può dare il nome completo?” mi chiese gentilmente.
“Robert Thomas Pattinson” Alzò gli occhi di scattò, sorridendomi e guardandomi da dietro gli occhiali, ma sinceramente in quel momento non avevo voglia di fare autografi o scattare fotografie.
“Signore, il nome di sua moglie” mi disse, continuando a sorridere.
“Ah, mi scusi” risposi, facendo una risata priva di divertimento per la mia coglionaggine “Stewart, Kristen Jaymes Stewart”
“Ecco qui!” disse, ricontrollando la lista “mi segua, la porto dal dottor Brown, sta seguendo lui il caso.”
“Grazie” sospirai, prima di seguirla tra i mille corridoi del reparto. Non ce la facevo più, volevo vederla, assicurarmi che stesse bene, che saremmo tornati a casa presto, da Joy, e che quella notte da incubo sarebbe finita prestissimo, ma quel luogo mi metteva un’ansia e un’angoscia che quel futuro, che mi stavo imponendo d’immaginare, mi sembrò molto lontano.
“Dottore” la voce dell’infermiera, che aveva fermato un medico nel corridoio, mi riportò alla realtà “c’è qui il marito della Stewart.”
“Grazie Josephin” la congedò il dottore prima di rivolgersi a me, porgendomi una mano che strinsi “piacere, sono il dottor Brown. Devo essere sincero, la situazione non è ottima ma si risolverà tutto per il meglio: uscendo fuori strada, sua moglie ha subito qualche trauma dovuto all’impatto con il volante. Ci sono un paio di costole rotte, più una ferita al polpaccio destro che vuole un piccolo intervento, ma non potevo portarla in sala senza il consenso di un parente...”
“Certo dottore, faccia tutto quello che può e che deve” lo supplicai.
“Benissimo: segua l’infermiera e firmi tutti i moduli, così possiamo subito intervenire. Jenny!” chiamò un’infermiera lì vicino “Accompagni il signore per i moduli, sono già tutti pronti!”
“Certo dottore” rispose lei gentile prima di farmi strada verso uno sportello tipico degli uffici di un ospedale dove mi consegnò un questionario pieno di domande su Kristen oltre i moduli dell’assicurazione. Mi sedetti su una sedia nella sala d’aspetto per compilare quella marea di fogli, quando ad un certo punto squillò il telefono dell’ufficio a cui rispose l’infermiera, Jenny. “Pronto?”
 

Domanda 75: il paziente ha problemi a livello di prostata?

Prostata? Ma se è una donna!
“Sì, è qui che sta firmando la documentazione” sentii dire Jenny. Mi guardai intorno e notai che non c’era nessun altro, e che quindi si stesse riferendo sicuramente a me. Che fosse successo qualcosa a Kris? Ancora? Cominciai ad agitarmi finché non riattaccò e, timidamente, si avvicinò a me, che intanto avevo ricominciato a rispondere a quello stupido questionario. “Signor Pattinson?”
“Sì?” risposi, alzando lo sguardo di scatto dai fogli, non riuscendo sicuramente a celare l’ansia.
“Senta, sono le 3:35 e sono passate circa tre ore dall’incidente, ma la notizia diciamo si è...” cercò un termine adatto “diffusa, ecco, e di sotto c’è la stampa che preme...” Feci un sospiro di sollievo per il fatto che il problema fossero solo i giornalisti e che non fosse successo altro. “Ovviamente noi non diremmo nulla, c’è il segreto professionale, ma vorremmo sapere se...”
“Senta” sospirai “con tutto il rispetto per i giornalisti e i paparazzi - che sono anche loro esseri umani, eh – ma per quanto mi riguarda in questo momento potete ignorarli, ucciderli a colpi di bisturi, lanciargli delle bombolette d’ossigeno, prenderli sotto con le ambulanze, non mi interessa, basta che non mi ronzino intorno, va bene?” Jenny ridacchiò, probabilmente perché le facevo veramente pena.
“Chiarissimo, non si preoccupi” mi rispose, cordiale “Ha finito con i moduli?”
“Ehm... potrebbe aspettare solo un secondo? Dovrei chiamare mia suocera per alcune domande...”
“Certo!” rispose, tornando al suo posto dietro il bancone. Presi il cellulare dalla tasca del telefonino e cercai il numero in rubrica.

“Robert?”
“Jules, ascolta: Kris è allergica a qualche tipo di lassativo in particolare?”

 
4:15

Mi vibrò il telefono. Come la notizia dell’incidente si era diffusa tra amici e parenti, il mio cellulare era diventato un centralino. Avevo incaricato i nostri manager di tenere a bada la stampa, almeno una volta per una valida ragione. Guardai il numero: casa. “Pronto?”
“Robert? Sono Jules. Novità?”
“No, niente” sospirai, stropicciandomi gli occhi “È ancora in sala operatoria...”
“Speriamo bene” mormorò, addolorata.
“Tranquilla, tua figlia è forte” la rassicurai. Infatti Kristen era forte, ero io quello che stava quasi per piangere.
“Ecco, a proposito di figlie, c’è la vostra che si è appena svegliata e ora sta piangendo come una disperata” mi spiegò, e solo allora feci caso alle grida di sottofondo, riconoscibilissime: era Joy che piangeva. “Non riesco a fermarla: dove si spegne?” Sorrisi un po’ per la prima volta in quella nottata: povera piccola, l’avevo lasciata sola nel cuore nella notte, senza salutarla.
“Passamela” sospirai. Sentii mia suocera chiamare Joy, che non smetteva di urlare, e tentarle di avvicinarle il telefono all’orecchio.
“Joy, è papà! Non vuoi parlare con papà?” le ripeteva.
“Sì” piagnucolò, e me la immaginai mentre si strofinava quei due smeraldi luccicanti che aveva al posto degli occhi. “Papà?” singhiozzò, prendendo il telefono.
“Amore, perché piangi?” le chiesi.
“Papi, qua- quando ve- venite?” singhiozzò di nuovo.
“Veniamo presto, non ti preoccupare” Speriamo aggiunsi mentalmente.
“E ma- mamma?”
“La mamma sta...” cercai qualcosa di adatto ad una bambina di 5 anni “la mamma sta dormendo, Joy...”
“Ma- ma ha la bua?” mi chiese, piangendo.
“Sì, tesoro, ma passa presto, non ti preoccupare. Però non piangere, se no fai diventare triste papà” dissi, facendo la voce triste “e tu vuoi il tuo Papi triste?”
“N- no...” singhiozzò.
“Allora fai la brava, obbedisci alla nonna, che domani mattina ti vengo a prendere, okay?” tentai di tranquillizzarla.
“Si...” singhiozzò, più calma “ciao papi”
“Ciao amore” la salutai “passami la nonna, ora” Sentii il telefono che passava da una mano all’altra, finché non mi rispose mia suocera.
“Robert? Dimmi...”
“Ascolta, mettila a letto” dissi, facendo mente locale di tutto ciò che bisognava fare “domani mattina chiama l’asilo, avvisa che non andrà. Non la portate qui perché fuori è pieno di fotografi, neanche stesse ricoverato il Papa” dissi, un po’ acido “e poi non è l’ambiente adatto. Puoi mandare qualcuno a casa a prendere un borsone con un po’ di roba per Kris?”
“Certo, non ti preoccupare” mi rispose, attiva come sempre: avrebbero dovuto fare santa quella donna.
“Okay, grazie mille Jules, non saprei come fare senza te!”
“Figurati, è pur sempre la mia bambina. Robert, ma tu come stai?” mi chiese poi, preoccupata. Sospirai.
“Uno schifo. Sto male, ho paura...” confessai “Non potevo esserci io su quella maledetta macchina? E’ così fragile e delicata e...” presi aria, per non piangere “Mi possono toccare tutto, Jules, tutto ma Joy e Kris no!”

 
4:45

Odiavo aspettare.
Odiavo le attese.
Odiavo le sale d’attesa.
Odiavo le sale d’attesa degli ospedali.
Odiavo quel preciso momento. Poggiai la testa al muro chiudendo gli occhi, stanchi per la nottataccia. Erano quasi 5 ore che vivevo in quell’agonia. Senza notizie, senza che nessuno mi dicesse niente. Era ancora dentro la sala operatoria e, solo ad immaginarla piccola e indifesa sotto i ferri, un brivido mi salì lungo la schiena, passando vertebra per vertebra, disco per disco. Solo con me stesso, mi ritrovai in uno di quei momenti di riflessione, quasi religiosa, in cui ti chiedi perché.
Perché era successo proprio a Kris?
Perché, tra milioni di persone sulle strade, proprio a lei?
Forse la nostra vita era troppo felice? Avevamo osato chiedere troppo?
Ma allora perché non a me?
Lei non aveva fatto niente di male, era la persona più dolce del mondo, non avrebbe mai fatto male ad una mosca, eppure era successo. Avevo appena saputo che a causare l’incidente era stato un ragazzo al volante dopo aver bevuto. Ma non potevo prendermela neanche con lui, visto che non ne era uscito vivo, ucciso dalla sua stessa incoscienza.
Allora con chi potevo prendermela? Come se non ci fossero già abbastanza preoccupazioni ad affollare la mia mente, si aggiunsero anche tantissime domande senza risposta ad aggrovigliarmi il cervello, finché non arrivai ad una conclusione: dovevo ringraziare il cielo che fosse andata così e non peggio. O per lo meno, lo speravo. Kristen diceva che da ogni esperienza c’è sempre del positivo da trarre. Qual era il positivo in quella situazione? Una gamba rotta?
Sbuffai: ero nervoso e non potevo neanche fumare. Mi alzai e andai verso le macchinette del caffè, cercando di trarre un po’ di buono almeno dalla caffeina.

 
6:00

“Signor Pattinson?” Alzai la testa di scatto al suono di quel cognome. Una dottoressa, vestita con la tipica tuta verde da sala operatoria, mi chiamò facendo segno di seguirla dietro quelle che avevo ribattezzato le porte maledette. “L’intervento è riuscito perfettamente, ora è sotto anestesia. L’effetto sta quasi per finire, ma ogni persona ha bisogno dei propri tempi per riprendersi, quindi bisogna solo aspettare, specialmente dopo un incidente del genere” mi spiegò, professionalmente “il dottor Brown le vuole parlare, poi potrà andare dalla signora. Mi raccomando, per ora non faccia entrare nessuno in camera, ha bisogno di molto riposo” si raccomandò, aprendo la porta dell’ufficio del dottore in cui mi fece accomodare.
“Grazie mille” dissi, con tutto il cuore.
“Signor Pattinson” mi accolse il medico “volevo parlarle velocemente, prima di tornare in sala...”
“Com’è andato l’intervento?” chiesi, ansioso.
“Perfettamente riuscito: le abbiamo messo un po’ di punti sulla ferita, ovviamente ingessato la gamba e dovrà camminare con le stampelle per circa un mesetto; per le costole, erano due fratture, quindi non deve fare sforzi, deve riposare tanto, alzarsi il meno possibile e prendere tutte le precauzioni del caso. Sua moglie è stata veramente fortunata, visto l’incidente e anche le condizioni in cui si trova, poteva essere rischiosissimo. Per fortuna abbiamo fatto le analisi prima di operare che ci hanno aperto gli occhi...”
“Scusi” lo interruppi “cosa intende esattamente per condizioni?” chiesi confuso.
“Beh, mi sembra ovvio...”  e non potetti credere a ciò che mi disse.
Non era possibile.
Non ci potevo credere.
Kris me lo avrebbe detto.
Allora perché non lo aveva fatto?

 
9:30

Sentii qualcosa muoversi tra i miei capelli. Un tocco delicato che si muoveva come se qualcuno me li stesse massaggiando. Era rilassante. Tentai di aprire gli occhi, ma una luce bianca mi accecò, così li richiusi e mi girai dall’altro lato, volendo rimanere nel mondo dei miei sogni da cui ero stato bruscamente strappato da quel movimento sinuoso; sentii la barba sfregare contro una superficie un po’ ruvida e rigida, che di certo non era il mio adorato cuscino. Una risata debole ma divertita mi arrivò alle orecchie. La conoscevo benissimo. L’avrei riconosciuta sempre. In fondo, me n’ero innamorato. Kristen...
Kristen.
Kristen?
Oh cazzo, Kristen!
Aprii gli occhi di scatto, ricordandomi improvvisamente di tutto. Kristen, l’incidente, l’ospedale, l’intervento... ma allora da dove veniva quella risata? Forse era solo un sogno, o forse...
Ero poggiato sul bordo del letto d’ospedale, sicuramente mi ero addormentato come un coglione in un momento del genere ed, infatti, come voltai la testa, incrocia due occhioni verdi e stanchi che a malapena riuscivano a tenersi aperti. “Buongiorno” mi sussurrò, con la voce ancora rauca, continuando ad accarezzarmi i capelli. Le presi la mano con delicatezza – sembrava che tutto gridasse fragile in quel momento – e la avvicinai alle mie labbra.
“Mi hai fatto preoccupare” mormorai, quasi sull’orlo del pianto.
“Non ci vuole molto per farti preoccupare” mi ricordò, sorridendomi. Scossi la testa.
“Mi hai fatto preoccupare sul serio, Kris” ribadii.
“Sto bene” disse, schiarendosi la voce un po’ roca “anzi, quanti danni ho fatto?” mi chiese, guardandosi un po’ il corpo. Continuai a guardarla, senza proferire parola: ma non si rendeva davvero conto di ciò che le era successo?
 “Non molti, ma se fosse successo qualcosa di più grave, eh?” le chiesi.
“Robert...”
“No, Kris. Come avrei fatto senza di te? Spiegamelo” dissi, mentre la prima lacrima stava per cadere.
“Ma che fai piangi? Scemo, vieni qui” mi sussurrò, cercando – inutilmente – di tirarmi a sé. Seguii i suoi movimenti, che mi portarono dritta vicino al suo viso, dove lasciai un bacio leggero, per paura che anche quello potesse spezzarla. “Dov’è Joy?” mi chiese, poi.
“E’ con Santa Jules da Los Angeles!” cercai di sdrammatizzare, facendola ridere un po’ “ha pianto tutta la notte perché era preoccupata per quella pazza di sua madre che se ne va in giro per la statale, da sola, la sera tardi!” dissi, con tono di rimprovero.
“Ah proposito, la Mini come sta?” mi chiese, come se fosse un’altra figlia, fregandosene completamente di ciò che avevo detto.
“Non ce l’ha fatta, mi dispiace” dissi veramente un po’ triste: mi ci ero affezionato.

 
11:15

Un’infermiera ci interruppe per medicarla la ferita; io chiamai a casa per rassicurare tutti, specialmente Joy che, non so perché, scoppiò a piangere al telefono. “Amore, la mamma sta bene, perché piangi?”
“N- non lo so!” singhiozzò “Voglio piangere!”
“Dai, cuoricino, che quando torniamo a casa ti dobbiamo dire una cosa” dissi allegro, cercando di rassicurarla.
“Cosa?” chiese curiosa, con la vocina rotta.
“E’ una sorpresa...”
“Una bambola?”
“Ehm... non proprio...” Quando l’infermiera ebbe finito, rientrai in camera. Kristen stava decisamente meglio, stava riacquistando pian piano il suo colorito naturale. Mi sedetti sul bordo del letto, per guardarla dritta negli occhi: le parole del dottore mi rimbombavano nella testa, avevo bisogno di sapere la verità, anche se forse era troppo presto. Però non ce la facevo a resistere.
“Ehi, che dice la peste?” mi chiese sorridente.
“Piange” risposi, facendomi scappare una risata “non sapeva perché, ma voleva piangere!”
“E’ tua figlia” mi ricordò “quindi piange sempre!”
“Già” mormorai. “Bene, cosa abbiamo tratto di buono da questa esperienza?” le chiesi, facendo un grosso respiro.
“Mmm...” ci pensò su.
“Oltre il fatto che ho scoperto che, da piccola, hai avuto brutte esperienze con le perette?” suggerii, trattenendo una risata e facendola ridere.
“Dai, non farmi ridere che non posso” gracchiò, cercando di trattenere la risata. Presi aria, facendomi forza: era arrivato il momento, così tornai più serio.
“Kris, devo parlarti” le dissi, prendendole la mano senza flebo tra le mie.
“Che è successo?” mi chiese già preoccupata.
“Ehi calmati, non è niente, devi stare tranquilla” le dissi, dandole un bacio sulla fronte “è una cosa bella, però avrei preferito me l’avessi detta tu, ecco.”
“Robert, che cosa?” mi chiese confusa.
“Amore, con le analisi si vede tutto. Non mi dovevi dire niente?” continuai ad insistere.
“No, ti giuro... non capisco...” mi disse di nuovo, e potevo leggerle negli occhi la sua sincerità.
“Tu non lo sai” mormorai, incredulo: era un’affermazione, non una domanda.
“Cosa?” mi chiese di nuovo. Ma com’era possibile?  Io lo sapevo, e lei no. Non ci potevo credere. Oh Dio mio. Era... strano, eppure mi comparì uno stupido sorriso sul volto a quel pensiero.
“Kristen” le spiegai, facendomi coraggio “prima di andare in sala operatoria ti hanno fatto le solite analisi di routine. C’erano dei valori un po’ sballati così, per non rischiare, sono andati più affondo, e...”
“Robert,  cosa? Mi sta venendo l’ansia! Cos’ho?” mi chiese, agitata. Presi aria e le strinsi forte la mano.
“Amore, sei incinta” le sussurrai. L’espressione di Kristen era indescrivibile: forse era uguale alla mia nel momento in cui mi aveva detto di Joy o – sicuramente – la mia era stata molto più stupida, ma vedere i suoi occhi brillare in quel modo era meraviglioso. Pura estasi che si trasformò in paura nel giro di un attimo quando, portandosi la mano sulla pancia, mi chiese in un sussurro “Sta bene, vero?”
“Sì, tranquilla, lo hai protetto benissimo, mammina” la rassicurai, facendole tornare il sorriso.
“Non ci posso credere” sussurrò, cominciando a piangere dalla gioia.
“Ora però devi riposare, per tutt’e due...”
“Però tu non cominciare a rompere per due, eh!”  mi interruppe, mentre si sistemava tra i cuscini.
“Noto che si è ripresa velocemente, Stewart!” la presi un po’ in giro, dandole una bacio sulla fronte “Allora darà lei la lieta notizia a quella gelosona di sua figlia!”
“Ehm” tossì di proposito “Robert, sai com’è, ho avuto un incidente, sono stanca, devo riposare: non è che potresti farlo tu al posto mio?”    




Spazio tutto mio!
Ringrazio una fatina per la mano con le recensioni xD
@Lorena1992: ahahah xD Sì, ho fatto prendere un colpo a tutte u_u vabbè, era il 1° Aprile, quel giorno ogni scherzo vale *muahahah* Un bacio (:
@yesido: E quindi tu avresti capito subito che era uno scherzo? u_u Okay, allora attenta, te ne farò un altro *muahahah* Oops te ne abbiamo fatto uno ieri (cattiveeeee xD) Scherzo Mel, grazie! Alla prossima shot (:
@Fiorels: Ceeeeeeees! Una fatina mi suggerisce che noi siamo anche i geni del cesso xD grazie tesoro, un bacio (:
@whitevelyn: Ahahah xD troppo crudele Rob, cattivoooo ç_ç (ad avercelo però un Rob! xD) alla prossima (:
@iosi: Ariaaaaaaaa chiamate il 118! Ahahah xD Dai, era il primo aprile, pure rob voleva fa uno scherzo u_u pazzo lui, non io! xD
@ariel7: Grazie Letiiiiiiii! E... sì, il vaffa*** ci stava benissimo ;)
@dot: Ahahah xD Grazie Letizia (conosco troppe Letizie *muahahah*), sono contenta di averti fatto ridere visto che tu lo fai sempre con le tue one shot :D Ti aspetto alla prossima, bye!
@Broken Heart: Ciao! Non ti preoccupare per le recensioni! Comunque sì, l’intendo era quello di far venire un coccolone quindi: missione riuscita! xD Alla prossima!
@Anto_Pattz: O_o devo preoccuparmi, la tua è una minaccia! *muahahah* Dai, sono contenta che ti sia piaciuta, e poi ci siamo anche vendicate con due personcine *muahahah* Un bacio, tesoro (:
@BabyVery: Ahahah xD Eccoti il capitolo vero! Speriamo che ti piaccia, anche se è un po’ triste ç_ç Alla prossima!
@ledyang: Oh, mia adorata! Ahahah xD Uno scherzo dovevo farlo! *muahahah* Eccoti il capitolo! L'hai scelto tu, non ti lamentare u_u
@julietta__: Sì, sono stata tanto crudele ahahah xD No, dai, eccoti il nuovo capitolo. Alla prossima Giulcess e complimenti per il solitario! ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Happy meal, happy family! ***


E’ arrivataaaaaaa!
“E che ci frega?” direte voi?
Boh, io informo lo stesso! (:
Ecco finalmente la tanto agognata Joy. ‘Sta bambina sta diventando capricciosa, eh... non è più così semplice! Mi sa che con la prossima shot torno a quando non sapeva parlare xD
Comunque, vi lascio alla lettura, anche perché la filosofia chiama!
Non ho il tempo di rispondere alle recensioni, ma voglio ringraziarvi tutte, è fantastico *_* voi siete fantastiche *_* e vorrei ringraziare anche i preferiti, i seguiti e chi ha messo questa cosetta tra le storie da ricordare.
In questa shot c’è di nuovo lo zampino di Cloe quindi, se ve gusta, è anche colpa sua xD
Un bacio, Rox! 
 

Happy meal, happy family :D

 

 
“Cosa?!”
“Scusa, perché ti stupisci tanto?”
“Cioè, vuoi dire che ho capito bene?” mi chiese, stupito “Tu, Kristen Jaymes Stewart, mia moglie, madre di mia figlia e del futuro nascituro, miss mangiare sano è la prima regola, mi hai appena chiesto di portarti a mangiare al Mc Donalds – con Joy, per giunta – perché ti è venuta voglia di un Big Mac?”
“Esattamente” confermai.
“La gravidanza ti da alla testa, decisamente!” 
“Ringrazia che non ti abbia chiesto di portarmi una granita fragola e coca cola in pieno Gennaio!” dissi, affondando il cucchiaino nel vasetto di Nutella e mangiandone un po’. “Mmm... Robert, quando ti capita di fare la spesa prendine una scorta: è troppo buona!” Si girò, guardandomi sconcertato. “Che c’è?”
“Kris, non ti è mai piaciuta” mi ricordò “ed hai impedito categoricamente a nostra figlia di mangiarla!”
“Questo prima che io avessi il pargoletto qui” spiegai, dando due colpetti leggeri alla pancia che si notava a malapena “Ma d’ora in poi tu la comprerai!”
“Quella l’hanno portata le mie sorelle dall’Inghilterra perché qui cambiano gli ingredienti e non ha niente a che fare con l’originale...”
“Cambiano gli ingredienti?!” lo interruppi, sconvolta “Ma è un reato!”
“Già” confermò “ma la smetti di mangiare, è quasi mezzogiorno!” mi rimproverò, togliendomi il vasetto e il cucchiaino dalle mani.
“Ma ho fame” lo pregai, facendo gli occhi dolci.
“Anch’io ho fame, e in più dovrò guidare fino al fast food, chissà per volontà di chi” disse, alludendo alla mia richiesta “ma non mi metto a mangiare la cioccolata”. Sbuffai, poggiandomi al ripiano della cucina.
“Non è colpa mia, è il boss che comanda!” spiegai, indicandomi la pancia.  
“O la boss” precisò.
“Da come scoccia ho la netta sensazione che sia uguale al papà” dissi, ironica, sorridendogli. Si avvicinò, abbassandosi all’altezza del mio ventre.
“Allora sarai un figo pazzesco!” disse facendo l’occhiolino al piccolo, quando sentii qualcuno sbuffare: Joy era entrata in cucina.
“Sempre con il coso stanno!” borbottò tra sé, mentre saliva su una sedia “Io ho fame, e questi stanno a parlare con quello!” Robert alzò lo sguardo verso il mio, mimando con le labbra un “ops”, come un bambino che viene beccato dalla mamma con le mani nei biscotti, poi si allontanò, raggiungendo la piccola gelosona. Nei primi tempi, dopo averle annunciato l’arrivo del bambino, ogni volta che si toccava l’argomento si chiudeva in se stessa, isolandosi, mettendo il broncio e non parlando con nessuno; invece dopo un po’ di tempo aveva cominciato a diventare acida e, alcune volte, a sparare battutine degne di una quindicenne in piena crisi ormonale gelosa del proprio ragazzo. “Mangiamo, per favore?” chiese a Robert, scocciata.
“Oggi si va al McDonalds, quindi dovrai aspettare un altro po’” le spiegò.
“Perché?” chiese, con l’occhietto allegro, che si spense non appena ebbe risposta.
“Perché l’ha deciso la mamma... anzi, il piccolino!” No, Robert, ma sei deficiente! Mancava solo questa! pensai ed, infatti, Joy scese dalla sedia, sbuffando.
“Certo, lo dicevo io: no! Lo dice lui: sì!” continuò a borbottare mentre si trascinò, arrabbiata, fuori dalla cucina. Robert la guardò sconvolto, poi si girò verso di me, che lo fissavo con le braccia incrociate.
“Complimenti, bel lavoro!” mi congratulai, sorridendogli ironica.
“Ma... che ho detto?” mi domandò, accigliato. Mi avvicinai, dandogli una pacca sulla spalla.
“Tu e le ragazze gelose...? No, eh?” suggerii, ma lo vidi ancora confuso “Niente proprio!”
“Ah, ecco” esclamò, rilassandosi, quando capì cosa le era preso “Acida, incavolata... è gelosa!” Annuii, confermando la sua grande scoperta. “Beh, giustamente, uno come me” disse, accarezzandomi la pancia “e l’altra come te!” concluse, stampandomi un bacio e seguendo la figlia fuori, lasciandomi lì come una cretina.
“ROBERT!”

 “Io non sono gelosa, né tantomeno acida!” ripetei per l’ennesima volta, entrando nel McDonalds.
“Certo, Kristen, come no! Hai desiderato solo staccare la testa a metà della popolazione femminile mondiale!”
“Senti, il fatto che voglia uccidere tutte le ragazze che ti fissano per più di 10 secondi non è gelosia ma pura autodifesa” gli spiegai, incrociando le braccia al petto “sono una madre, devo salvaguardare il nucleo familiare per il bene dei miei figli, non illuderti che lo faccia per te!”
“Pensi al tuo nucleo familiare da quando avevi diciotto anni?” mi chiese, con un sopracciglio alzato.
“Beh, sono una ragazza previdente” borbottai, amareggiata dal sapore della sconfitta.
“Papiiii, ho fameeeee” si lamentò Joy, tentando di tirarlo per mano verso la cassa.
“Joy, oggi sei particolarmente rompina, sai?” le dissi, con una lieve nota di rimprovero.
“E voi particalmente distratti, sai?” rispose facendomi il verso ma impappinandosi sul particolarmente, poi si voltò e andò verso la cassa da sola. Guardai Robert allibita dal comportamento di nostra figlia, cercando un supporto morale: potevo capire la gelosia, ma stava leggermente esagerando.
“Non fare quella faccia perché quella sei tu versione mignon” mi disse ridendo della scenetta, beccandosi un cazzotto sugli addominali.
“Io vado a sedermi, tu seguila: manca solo che si perda!” Occupai il tavolo infondo alla sala, quello più riservato, fortunatamente era libero, in modo che non avessimo scocciature anche durante il pranzo,e mi soffermai ad osservare da lontano mia figlia, che stava scegliendo cosa ordinare, con suo padre. Non mi sarei mai aspettata che uscisse fuori un caratterino del genere: era sempre stata più sveglia e matura dei suoi coetanei, certo, ed aveva anche dovuto imparare presto a relazionarsi con il resto del mondo – per quanto tentassimo di proteggerla dai media, rimaneva pur sempre la figlia di Robert Pattinson e Kristen Stewart -  ma usare la lingua in quel modo, soprattutto nei nostri confronto, no. Che avessimo sbagliato qualcosa? La vibrazione del cellulare interruppe quel flusso di pensieri. “Pronto?”
“Kristen?” rispose la voce di mia madre dall’altro lato.
“Mamma, ciao! Come state?”
“Bene tesoro! Voi? Tutto bene?”
“Sì, siamo al fast food: ho avuto una voglia improvvisa di Big Mac!” risposi, facendola scoppiare a ridere.
“Uh, piccola! E Joy?”
“E’ alla cassa con Rob. Oggi è particolarmente acidella!”
“Come mai?” mi chiese, incuriosita.
“Credo sia la gelosia, e la cosa mi dispiace. La nostra era una famiglia numerosa ed è sempre stato così bello per me, e anche in quella di Robert era lo stesso! Volevo che crescesse anche lei così, ma qui rischia di farci fuori il secondogenito, figurati!”
“Kristen, è normale. Forse tu e Rob non riuscite a comprenderla veramente perché siete stati i piccoli di casa, ma lei è la prima: siete stati tutti per lei per 5 anni, si vede togliere un po’ di attenzioni. Poi sai com’è attaccata a Robert, magari ha paura che il piccolo o la piccola le porti via il suo affetto!”
“Che stupidaggine” borbottai.
“Kris, ha 5 anni” mi ricordò “è intelligente, ma è pur sempre una bambina”
“Lo so” sospirai, quando vidi Joy e Rob avvicinarsi al tavolo con il vassoio “beh mamma, finalmente si mangia! Salutami papà!”
“Okay, tesoro. Ciao!” salutò, prima di riattaccare. Joy si arrampicò sulla sedia, poggiando il suo cestino dell’Happy Meal sul tavolo, mentre Robert sistemò le bibite e le porzioni di patatine.
“Ecco qua: un bel Big Mac per la mamma affamata!” disse, dandomi il mio panino.
“Grazie” risposi prendendolo, quando notai un altro cestino di Happy Meal “Robert?”
“Dimmi...”
“Ti sei preso un Happy Meal?” gli chiesi, sconvolta.
“Veram...”
“Sì, mamma!” lo interruppe Joy, entusiasta, sistemandosi sulla sedia “A papà piacciono i pupazzi che stanno dentro! “
“I pupazzi?” chiesi, alzando un sopracciglio, mentre Joy cercava il suo dentro la scatola “E vediamo, cosa sarebbero queste opere d’arte?”
“Sono... dei... draghetti...” mi rispose, continuando a cercare.
“Dei drag... oh no” dissi, quasi terrorizzata al ricordo di quell’ossessione, quando vidi cosa aveva preso in mano Joy.

 
“Ho fame, ci fermiamo al Mc?” mi chiese, appena entrati in aeroporto.
“Ma devi per forza mangiare schifezze?” lo rimproverai.
“Mmm...” fece finta di pensarci “direi di sì” mi rispose serio, poi sorrise come solo lui sapeva fare, con il suo sorriso assurdo. Mi venne spontaneo allungare la mano e avvicinare il suo viso al mio, per baciarlo. “E da dove viene tutta questa tenerezza?”
“Colpa tua” taglia il discorso, prima che di sciogliermi completamente. “Muoviti o rischiamo di perdere l’aereo, anche se l’idea di rimanere qui non è che mi dispiaccia più di tanto...” dissi, pensando al fatto che avevo passato una settimana, a Budapest, praticamente indisturbata.
“Come ti piace fare la bella vita: il ragazzo a lavoro e lei libera di rilassarsi, mangiare, dormire...”
“Hai scordato andare in bagno!” aggiunsi, ironica.
“No, fai anche i bisogni?” mi chiese, facendo il finto sorpreso.
“Muoviti!” gli ordinai tra le risate, spingendolo nel fast food e andando verso la cassa.  La cassiera – avrà avuto sì e no la mia età – alla vista di Robert, andò in iperventilazione.
“Bu-buon... buongiorno!” balbettò cercando di parlare inglese.
“Buongiorno! Allora vorrei...” cominciò Robert, guardando il tabellone luminoso con il menù “un menù Happy Meal!”
“Un Happy Meal?” chiese la ragazza, con un po’ di euforia, dopo essersi ripresa dallo shock di avere Robert Pattinson come cliente.
“Sì, grazie”. La ragazza batté alla cassa, poi si bloccò un attimo, sovrappensiero.
“Qual...” cominciò, fermandosi poi per riflettere. “Di qu...” riprovò con il suo mezzo inglese/ungherese, ma si bloccò ancora.
“Come prego?” chiese Robert.
“Ehm...” cominciò agitata, poi tentò di farsi capire ripetendo piano  “Meeeenù... il meeeeenù!”
“Il meeeeenù?” mormorò Robert ripetendolo in quell’inglese strano.
“Robert, il menù, devi scegliere il menù” gli spiegai.
“Ah, il menù! Certo!” esclamò “Mi scusi” disse poi verso la cassiera, che gli rivolse un sorriso “Allora, dire di prendere quelle crocchette di pollo” disse, fissando il cartellone luminoso “poi come contorno le patatine, ovvio, poi... Coca o Pepsi? Forse è meglio la Coca...” La ragazza continuava a fissarlo concentrata, ma anche super agitata: le si leggeva in faccia che non stava capendo assolutamente niente di ciò che stava dicendo Robert, e lui non era di certo d’aiuto! Ma non mi intromisi, lo lasciai fare, godendomi lo spettacolo “poi la barretta ai cereali!” concluse, guardando la cassiera, che era estremamente in imbarazzo.
“Allora...” cominciò quella, poi sospirò rassegnata “Potresti...” e fece segno di indicarle sul tabellone.
“Cosa?” le chiese, confuso.
“Istenem!” disse, continuando ad indicare il tabellone “Azt mutatják” cominciò a dire in ungherese, ma Robert non riusciva proprio a capire.
“Ma che cazz...” sbuffò disperato “Cosa vuole sapere?”
“Indicare!” esclamò la ragazza come se avesse vinto alla lotteria, dopo aver avuto un’illuminazione di inglese.
“Ah, ti devo indicare sul tabellone!” Questa lo guardò di nuovo confusa: ma non gli entrava che la ragazza l’inglese non lo capiva?
“Sì, Robert, sì! Idica!” risposi al posto suo.
“Allora” cominciò, guardando in faccia la ragazza per sapere se lo stava seguendo, lei annuì in segno di conferma “Chicken McNuggets...” Questa si avvicinò all’insegna e indicò un McToast.
“Ez az egy?” domandò la ragazza.
“Che ha detto?” mi chiese Robert con un’espressione stranissima, tra il confuso e il disperato, ma io riuscii solo a ridere, così tornò alla cameriera.
 “Non quello, su... quello su!” tentò di nuovo, ma la ragazza non riusciva a capire. “Aspetta un attimo!” le disse, facendo segno con la mano. Si tolse lo zaino dalla spalla e cominciò a cercare qualcosa, finché non uscì fuori un dizionario tascabile italiano-ungherese.
“No, ti prego!” dissi, scoppiando di nuovo a ridere: non ce la facevo più.
“Allora, Chicken McNuggets!” riprovò, ma quella fece di nuovo di no con la testa. “Ma questi hanno i menù in inglese e non capiscono l’inglese?” borbottò, sfogliando il dizionario. “Ecco, crocchette di pollo: su... su...” cominciò a balbettare, cercando di leggere l’ungherese “Come cavolo si legge? Su...
sült csirke!”
“Sì!” esclamò la ragazza, contenta di aver capito “Poi?”
“Bene, finalmente...” disse, sospirando “Cerchiamo patatine... pa-ta...” Sbuffai: di quel passo avremmo sicuramente perso l’aereo.
“Lascia, faccio io!” gli dissi, togliendogli di mano quel coso e avvicinandomi alla cassiera “Salve, allora: Chicken McNuggets, chips, CocaCola e Nesquik” elencai. La ragazza mi sorrise raggiante, facendomi il conto, poi sparì dietro il bancone.
“Come cavolo hai fatto?” mi chiese Robert stupito.
“Diciamo che all’estero capiscono più l’americano che il tuo inglese stretto” lo presi in giro. La cameriera tornò e ci passò tutto.
“Arrivederci!” disse, soddisfatta, come se fosse tutto merito suo: chissà dopo quanti giorni si sarebbero sbrigati di quel passo... Ci sedemmo ad un tavolo e Robert, ancora un po’ offeso per il suo piccolo
insuccesso, cominciò a mangiare.
“Rob?”
“Mmm?” rispose, masticando.
“Ma perché hai preso l’Happy Meal? E’ il menù per bambini e il più difficile da ordinare...” Si pulì le mani e uscì fuori il giocattolo omaggio: un draghetto. Non ci potevo credere!
“Per questo, devo finire la collezione!”

 
“Robert, ti prego” gli dissi, sconvolta.
“Hanno girato Dragon Trainer 2, amore: non potevo non prenderlo, devo metterli nella collezione!” mi spiegò “Anzi, Joy: non è che lo regaleresti a papà il tuo draghetto?”
“Robert!” lo rimproverai, sempre più sconvolta.
“Che c’è?” mi chiese, innocente: no, non era normale.
“Perché?” gli domandò lei, un po’ sospettosa.
“Così lo metto nella collezione, quello non ce l’ho”
“Papi, è rosa: ci devo far volare sopra la mia barbie! Se vuoi te lo presto qualche volta, però!”
“E dai, Joy!” la pregò, ma lei fece segno di no con la testa “Se me lo regali, quando arriverà il bamb...” Lo bloccai con un calcio, sotto il tavolo, perché sapevo come stava per terminare la frase. Gli feci segno di tacere.
“Cosa papà? Quando arriverà cosa?” insistette lei.
“Niente, Joy, mangia...” tagliò corto, indicando le patatine.
“Okay, come vuoi” rispose lei, tranquilla.
“Perché mi hai dato un calcio?” mi chiese sussurrando. Lo guardai storto e continuai a mangiare: ci mancava solo che gli dicesse cosa aveva in mente di fare con i draghetti... 

“Ma perché ci tieni così tanto a questa cavolo di collezione?” gli chiesi, mentre mangiavamo la cena che era andato a prendere e aveva portato a casa. Sempre McDonalds, sempre Happy Meal, ovviamente.
“Così...” mi rispose semplicemente, mangiando una patatina. Mi sedetti sulle sue ginocchia.
“Con te niente è
così!” gli ricordai “Dai, dimmelo...”
“Non è niente, davvero!”
“Okay, capito, non me lo vuoi dire” mormorai, facendo per alzarmi, ma mi prese per la vita e mi ritirò giù, sulle sue ginocchia.
“Va bene, te lo dico” sospirò “Ma è una cavolata...”
“Non è una cavolata se ci tieni così tanto... perché ci tieni, lo vedo...”
“Lo vedi?”
“Robert, in un mese hai mangiato dieci volte al McDonalds!” gli feci notare.
“Ma perché non mi piaceva il cibo ungherese!” si giustificò “Comunque.. l’altro giorno ero andato a prendere da mangiare, e ho visto una famiglia ad un tavolo, con due bambini che giocavano con questi draghetti e... non lo so, ho rivisto un po’ quello che vorrei io, quindi mi sono fissato per questi draghetti illudendomi che magari, un giorno, anche i nostri bambini ci giocheranno, ecco!” Lo guardai negli occhi.
“Visto? Non è una cavolata...”
“E’ patetico...”
“No, Robert, è bellissimo...”

 
“Papà? Andiamo a vedere la tua collezione?” gridò Joy, correndo su per le scale di casa.
“Arrivo, è in camera da letto!” le gridò di rimando giù dal salone, togliendosi il giubbotto e buttandolo sul divano.
“Sei riuscito a farle tornare il sorriso: forse è vero che mi somiglia...”
“Nah, è solo un po’ lunatica” disse, avvicinandosi e poggiando le mani sui miei fianchi “quindi sì, ti somiglia decisamente!”
“Vai a quel paese” mormorai, prima di abbracciarlo al collo e baciarlo, alzandomi sulla punta dei piedi.
“Papà ti vuoi muovere!” urlò Joy dal piano di sopra, interrompendoci.
“Trattienimi che oggi la uccido!” mormorai tra i denti, facendolo ridere.
“Rompe, rompe... come la madre!”
“Papi?” lo chiamò di nuovo la piccola, affacciandosi dalle scale “Papi, staccati dalla mamma, che altri fratellini non ne voglio...” sbuffò, vedendo il nostro abbraccio, prima di risalire al piano di sopra e gridare “Ah, e quel coso il mio draghetto non lo tocca!”   




Fast food post!
Per l'ungherese ho usato il traduttore di Google, quindi non so quanto sia affidabile xD poi non mi ricordo neanche più che ho scritto xD
Bye bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Complementary colors of the life ***


Okay, eccomi di nuovo qui! Non sono morta!
L’ispirazione è tornata *__*
Non come la voglia di studiare però perché, sì, a giugno sono ancora sui libri -.-
Quindi non mi dilungo, vi lascio al capitolo e...

VI ASPETTO DI SOTTO, CON UN AVVISO IMPORTANTE!
Ah, approfitto per una cosa: AUGURI LARETTAAAAAAAAAAAA <3

 

 

Complementary colors of the life

 

“Pronto?”
“E’ perfetta!” esclamai appena aprì la chiamata.
“Che-?”
“Robert, è fantastica, stupenda, meravigliosa...è perfetta!” continuai a raffica, senza dargli tempo di rispondere, tanto sicuramente se n’era scordato.
“Ah, bene, sono contento... ma che cosa?” mi chiese, confuso: come pensavo.
“La casa, Rob, la casa è... è... non so... è...  no, aspetta, te n’eri dimenticato?”
“Io? Ma no, figurati se me ne dimenticavo!” rispose, poi cambiò velocemente discorso “Allora, è...?”
“Te n’eri dimenticato!” lo accusai, come se ne fossi veramente stupita.
“Okay, mi è passato di mente!” confessò “Però, non ti incazzare, ti prego!”
“Io sono qui per scegliere casa nostra, ti chiamo per dirti quello che penso, ti sei scordato dell’appuntamento con l’agente immobiliare e io non mi dovrei incazzare!?”
“Scusa, scusa, scusa! Perdonami!” mi supplicò.
“Era una cosa importante” dissi
tanto amareggiata “non bastano delle semplici scuse per farti perdonare, non questa volta...” Lo sentii ridacchiare: mi aveva scoperta. Forse ci avevo messo un po’ troppa enfasi.
“E come potrei farmi perdonare?” mi chiese, stando al mio gioco.
“Avendo un po’ di fiducia in me e...” Sospirò.
“Se ti piace così tanto -”
“Sai che ti amo, vero?” esclamai, cominciando a saltare per strada dalla felicità.
“Perdonato?” mi chiese ridendo.
“Più che perdonato, direi” risposi, andando verso la mia Mini “Chiudo, devo guidare... ti amo, ti amo, ti amo...”
“Smettila!” disse, ridendo “Ho già detto sì!”
“E’ vero, hai detto sì” ripetei, incredula.
“Perché? Avevi qualche dubbio?”
“Direi di no: infatti avevo già assicurato al tizio che l’avremmo comprata, quindi non avresti avuto altra scelta!”
“Perfetto, ora lascia libera la mia linea telefonica!”
“Ti amo, ti amo, ti amo...” continuai a ripetere, sorridendo.
“Morirò a causa tua, sarai la mia rovina, oltre quella del mio conto in banca!”
“Lo so, ma morirai con tanto amore intorno, perché ti amo!” gli feci notare, sedendomi in macchina “Ho già detto che ti amo?” Rise.
“Mi manchi, Kris... non sai quanto...”
 “Quanto manchi tu a me” sospirai “Chiudo. Ti amo.”
“Ti amo anch’io...”

 
“Come vanno i lavori, uomo?” dissi, poggiandomi allo stipite della porta.
“Sapevi che...” cominciò, concentrato a centrare un chiodo con il martello, con un occhio chiuso ed uno aperto per prendere la mira “mettere un chiodo al muro senza schiacciarsi un dito può diventare un’impresa titanica?”
“Addirittura...”
“Beh, ora lo sai” concluse, battendo un paio di colpi.
“Sssh! Fai piano che Joy sta dormendo” lo rimproverai a mezza voce “Ecco, far addormentare tua figlia, quella sì che è un’impresa titanica!”
“Scusa” mormorò, mentre mi sedevo su uno dei mille scatoloni che c’erano sul pavimento.
“Ricordami come ti ho permesso di stare solo tra questi attrezzi pericolosi...”
“Mantieni” mi disse sovrappensiero, passandomi il martello e cercando qualcosa in uno scatolone “Vediamo: perché volevo sentirmi un po’ più utile in casa e dare una botta di vita alla mia autostima”
“Giusto” dissi, giocherellando con il martello “Perché essere uno degli attori più bravi, belli e ricercati di Hollywood non è per niente utile per la propria autostima!” Dallo scatolone tirò fuori una piccola bacheca con alcune foto di Joy e la appese al chiodo.
“E questo lo mettiamo qui... fatto!” esclamò soddisfatto.
“Bravo, sei riuscito ad appendere un quadro! Da oggi puoi fare il falegname!” lo presi in giro.
“Ehi, questo sono le piccole soddisfazioni della vit...” cominciò a dire, quando il rumore di qualcosa che cadeva lo interruppe: la bacheca aveva fatto un volo dalla parete al pavimento. Rob sbuffò, prendendomi il martello dalle mani e lanciandolo nella cassetta degli attrezzi. “Come non detto! Basta, ci rinuncio...” si arrese.  
“Non ti demoralizzare, non si può avere tutto dalla vita” lo consolai.
“Quindi ti può bastare un marito bello, talentuoso, intelligente, ma che non sa fare i lavori manuali?” Stavo per rispondere quando un pianto a squarciagola, che proveniva dalla camera da letto, risuonò in tutta la casa. Sul volto di Robert si dipinse un’espressione colpevole: il rumore aveva svegliato Joy.
“No, non mi basta, perché non ce l’ho, visto che il mio è bello, talentuoso, che non sa fare i lavori manuali e DEFICIENTE!” urlai, sull’orlo di una crisi di nervi “Ora chi la fa riaddormentare più!”  
“Amore, rilassati” disse calmo “Vado io, non ti preoccupare”
“Va bene, grazie” sospirai, rilassandomi con la schiena contro la parete mentre lui usciva dalla camera. Avevamo appena fatto un acquisto molto importante: la cameretta per Joy. Fino a quel momento aveva sempre dormito nella culla, in camera nostra ma, per lei, era arrivato il momento di abituarsi a dormire sola, nel proprio spazio. Era un evento molto importante: il primo tipo di distacco da noi. Ed avevamo già rimandato troppo, ne eravamo coscienti. Ma come potevamo lasciare la nostra piccolina sola, tutta la notte, in un’altra camera? Il vero trauma sarebbe stato il nostro, non il suo... Ed ora la stavamo arredando in modo da renderla più accogliente, rassicurante, allegra: più sua.
“Kristen?” mi chiamò Robert dall’altra camera, con un tono un po’ agitato.
“Dimmi...”
“Ehm... ci siamo persi la... la bambina...” disse, ma non riuscii a capire perfettamente poiché il pianto di Joy copriva la voce.
“Che cosa?”
“Kristen, non trovo la bambina, cazzo!” ripeté più forte. Non trovava la bambina?!
“Che vuol dire non trovi più la bambina?!” gli gridai, mentre correvo in camera da letto. Il nostro lettone, su cui avevo lasciato Joy che dormiva attorniata da cuscini, in modo che non cadesse, era vuoto.  Il suo pianto proveniva da quella stanza, ma non era bene udibile, come se Joy fosse chiusa da qualche parte. D’istinto, feci il giro dall’altro lato del letto, per controllare se fosse caduta, ma sul pavimento non c’era. Vidi Rob precipitarsi sul letto e cominciare a muovere le lenzuola e i cuscini. “Robert, è piccola, ma non una sottiletta! Si vedrebbe!” urlai, in preda all’agitazione.
“E che ne so! Ho controllato!” urlò lui ancora più forte. Continuai a cercare: dietro i comodini, niente; spostai le tende, ma niente; corsi nel bagno della nostra camera, ma di Joy nemmeno traccia. Quando tornai in camera, trovai Rob che apriva tutti i cassetti come un disperato: ma davvero credeva possibile che nostra figlia riuscisse a nascondersi in un cassetto? Non so perché – forse l’agitazione, forse  l’esempio di uomo che avevo davanti agli occhi – cominciai ad aprire gli sportelli quando, chinandomi, notai un piccolo movimento sotto il letto e la voce di Joy arrivò più chiara alle mie orecchie. Feci un sospiro di sollievo.
“Joy, ma come diamine ai fatto...” sussurrai, più a me stessa che a lei – ovviamente – piegandomi vicino al letto. “Rob, l’ho trovata!”
“Dov’è? Sta bene? Respira? Ha fame?” cominciò a chiedere a raffica. Lo guardai, sconcertata.
“Robert, non l’hanno rapita! È finita solo sotto il letto!”
“Sotto il letto?!” chiese stupito, abbassandosi anche lui, in modo che riuscissi a vedere dall’altro lato. Esattamente al centro del pavimento, c’era Joy che, alla vista del padre smise di piangere. “Oddio, Joy! Vieni qui...” le disse, allungandosi per prenderla e portarla fuori da lì sotto.
“Controlla, si è fatta male?” domandai, avvicinandomi e lasciando un bacio sulla fronte della piccola.
“No, sembra di no” mi rassicurò, cullandola un po’ “vai di là, la faccio riaddormentare io, nella culla però!” Risi.
“Sì, mi sa che è meglio!”

 
Poggiata alla ringhiera delle scale all’ingresso, decisi di fumarmi una sigaretta: quando avevo scoperto di essere incinta di Joy avevo smesso, ma ogni tanto me ne concedevo una, per rilassarmi.  “Ehi” mi sentii dire alle spalle.
“Ehi” sussurrai, spegnendo la sigaretta e voltandomi verso di lui “Dorme?” Agitò un po’ con una mano  il walky talky  collegato ad uno in camera di Joy, per farmi sentire che era tutto tranquillo.
“Sei agitata?” mi chiese, sedendosi accanto a me.
“Perché?”
“Stavi fumando. Ormai fumi solo quando sei agitata” disse, un po’ preoccupato “che succede?”
“Non riesco a dormire in queste notti, non so perché” sospirai, poggiando la testa sulla sua spalla.
“E’ per Joy e la cameretta, eh? Non sono solo il paranoico allora!” Risi del suo entusiasmo.
“Mi dispiace deluderti, amore, ma non è per quello!”
“Peccato... E allora per cos’è?”
“Niente, Robert. È l’insieme delle cose. Un po’ di stress. Tutte le mamme sono stressate, deve essere così. Nel momento in cui concepisci un figlio, diventi una bomba di stress e preoccupazioni” spiegai, con finta saggezza “dovresti preoccuparti se fosse il contrario!”
“Ma c’è super Robert che per le sue donzelle rimedia a tutto, quindi perché stressar-”
“Ti ricordi quando avevamo deciso di pitturare la cassetta della posta?” lo interruppi, stringendomi più a lui “Abbiamo litigato tantissimo quel giorno solo perché ti eri fissato con il giallo!” dissi, ridendo al ricordo.

 
“Gialla...”
“Rossa!”
“Gialla!”
“Ho detto rossa!”
“Ma perché la vuoi rossa?” mi chiese, stupito.
“E tu perché la vuoi gialla?”
“Perché sarà gialla!” mi spiegò, come se fosse ovvio.
“Scordatelo!”
“Sono l’uomo di casa, decido io!”
“Ed io sono incinta! E MAI contraddire una donna incinta” ribattei.
“Appunto, sei una donna incinta! Non dovresti nemmeno essere qui vicino alla vernici, allontanati!” mi rimproverò.
“Siamo all’aperto, e poi se mi allontano mi ritrovo la cassetta della posta giallo canarino!” Mi incenerì con lo sguardo.
“Kris, allontanati da qui, te lo chiedo per piacere” mi pregò “non fare la scema!”
“Solo se la dipingerai di rosso” mi impuntai. Sbuffò.
“D’accordo, te la faccio anche a pois se vuoi, basta che ti allontani dalla vernice, ti fa male!” Lo guardai con un sorriso vittorioso e soddisfatto, e andai verso gli scalini dell’ingresso, per sedermi e controllare il suo lavoro. “Che poi, io dico, perché rossa?” chiese, con la sua faccia da stupido “Perché non verde? Il rosso è così banale e scontato, il giallo invece è più vivo, luminoso, allegro...” A quelle parole mi bloccai e tentai anche di bloccare le lacrime che stavano per scendere. “Kris?” mi sentii chiamare, ma non mi voltai. “Kristen?” mi chiamò di nuovo, ma non volevo girarmi.
Il rosso era scontato. Era banale.
Mentre il giallo luminoso. Vivo. Allegro.
Era questo quello che pensava, allora.
Le prime lacrime cominciarono a scendere sulle mie guance, quando lo vidi di fronte a me. “Kristen, perché piangi? Stai male, ti fa male qualcosa?” mi chiese ansioso, ma non riuscii a rispondergli “Kristen, parla!”
“Lasciami passare” riuscii solo a sussurrare, mentre lo oltrepassavo per correre in casa. Mi buttai sul divano, stringendo un cuscino a me mentre piangevo. Quelle parole continuavano a rimbombarmi in testa, come un martello. Scontato, banale, scontato, banale. Mentre il giallo...
“Amore” non l’avevo neanche sentito entrare, ed era già in ginocchio di fronte a me “ma stai male?”
“No! Non sto male!” gridai, esasperata “Non – sto - male!”
“Ma allora perché piangi? Se è per la cassetta, la dipingo di rosso, non ti preoccupare!” cercò di consolarmi.
“No, dipingila di giallo, l’hai detto tu, il giallo è più allegro! A te piace di più il giallo, quindi falla gialla!” cominciai a sclerare tra le lacrime. Mi guardò come se fossi impazzita: perché non capiva? “Robert, io sono castana-rossiccia, e  a te il rosso non piace! Quindi non ti piaccio!”
“Amore, ma tu non sei una cassetta della posta...” mi fece notare, non capendo.
“Non c’entra niente! Tutte le tue co-star sono sempre bionde, e l’hai detto tu: il giallo è allegro, solare, vivace! Mentre io sono una povera fessa castana-rossiccia, banale e scontata, e per di più incinta e che presto diventerà pure una balena!” spiegai tra le lacrime, facendolo scoppiare a ridere. “E non ridere!”
“Kristen! Ma come ti viene in mente una cosa del genere?” mi disse, sedendosi accanto a me e prendendomi in braccio.
“E’ così! Lo so che è così!” insistetti “Ammettilo!”
“Tu sei tutta pazza!”
“Non sono pazza, dimmi la verità!” gli ordinai.
“Io amo te, non le bionde” mi spiegò, semplicemente “Loro non le guardo neanche!”
“Quindi vuol dire che se mi rifacessi bionda, tu non mi guarderesti più?” dissi, cercando di fermare un nuovo flusso di lacrime.
“Ehi, ehi, ferma le fontane!” mi disse, stampandomi un bacio “Ti devo ricordare che la prima volta che ti ho vista in quel film e mi hai colpita, eri bionda?”
“Appunto!” urlai, alzandomi di scatto “Visto? A te piacciono le bionde! Quindi io non ti piaccio!”
“Kristen, dimmi che sono gli ormoni che ti fanno quest’effetto, ti prego...” disse esasperato.
“Sì, credo di sì!” urlai di nuovo.
“Ma perché urli?”
“Non  lo so” piagnucolai, buttandomi di nuovo tra le sue braccia, che mi strinsero forte “Sopportami per altri 6 mesi, ti prego!” Ridacchio.
“E comunque, anche con i capelli fuxia, ti amerei lo stesso! Ti ho amata versione rockettara, sono pronto a tutto ormai!”

 
“Eri assurda!”
“Sì, lo ero!” confermai, continuando a ridere e a guardare la cassetta della posta, che poi era rimasta inverniciata. “E comunque dovremmo verniciarla, prima o  poi...”
“Nah, lasciamola così!” Dei piccoli lamenti provennero dal walky talky che Rob aveva poggiato sulle scale: Joy si era svegliata. Ci alzammo e rientrammo in casa: io andai in camera nostra per vedere come stava la piccola, mentre Robert si diresse nella cameretta. Si era svegliata completamente, i piccoli occhietti vispi, che si guardavano intorno alla ricerca di qualcuno che la togliesse da quella culla – che, a mio parere, vista dalla sua prospettiva poteva sembrare molto una galera, con tutte quelle sbarre –, erano completamente spalancati.
“Ciao amore” le sussurrai, prendendola in braccio “dormito bene?” le domandai, come se potesse rispondermi, dandole un bacino sul capo e controllando se ci fosse qualche bernoccolo. “Hai fatto un bel volo prima. Volevi imparare a volare? Cos’era, un momento di esaltazione come quelli di tuo padre?” le dissi, facendole il solletico sul pancino e facendola ridere. “Vieni, ti porto in un bel posto!” La portai con me nella cameretta dove c’era Robert, che si stava guardando intorno, analizzando non so cosa. “Papà, guarda chi c’è?” Robert si voltò di scatto, come se lo avessi tolto da chissà quali pensieri, poi ci sorrise.
“Ciao principessina!” esclamò con la vocina stupida riservata a Joy “Ti piace la cameretta che ti stanno preparando mamma è papà?” Joy si guardava intorno con gli occhietti verdi pieni di curiosità e stupore per quel luogo tutto colorato che non aveva mai visto. Era incantata. Più o meno come quando si fermava a guardare Robert.
“A che stavi pensando?” gli chiesi a bassa voce, per non svegliare Joy da quel sogno ad occhi aperti.
“Stavo pensando che vorrei farle fare un disegno su quella parete lì infondo” mi spiegò, indicando una parete rosa vuota.
“Sì, è una bella idea, ma che cosa?”
“Un castello” propose lui.
“Nah, i castelli sono così... così... non so, ma appena cresce un po’ si stancherebbe. Secondo me ci starebbe bene un bel unicorno” dissi, sognante “Maestoso, pieno di misteri... non passa mai di moda, a nessuna età!”
“Un unicorno?” mi chiese, alzando un sopracciglio “Non esistono neanche!”
“Perché, i draghi che collezioni tu esistono?”
“Touchè! Comunque sarà un castello...”
“Un unicorno!”
“Castello!”
“Unicorno...”
“Castello!”
“U-N-I-C-O-R-N-O”
“CASTELLO!”
“Se lo sceglie quando cresce!”
“Perfetto!” acconsentì. Mi lanciò uno sguardo d’intesa poi, uscendo dalla camera, disse a voce più alta “Tanto lo sai che darà ragione a me! Sarà un castello!”




SPAZIO MIOOOO, YEAH!
Allora: lo studio mi mangia il tempo, quindi non ho potuto rispondere alle recensioni, comunque sappiate che le ho amate e adorate TUTTE! Vi ringrazio infinitamente (:
Ah: l’episodio del letto, è successo a mia sorella da piccola XD
Ma ho una cosa importantissima da dirvi.
Se riesco a scrivere ciò, è solo grazie a quei due scemotti che ci fanno impazzire (non solo in senso figurato!): Robert e Kristen. Sapete che una data importante si avvicina: gli MTV movie awardsssss. Questi due ragazzotti sono candidati al BEST KISS per New Moon, e noi tutti VOGLIAMO CHE LORO VINCANO! Quindi, CARISSIME LETTRICI, SOSTENITRICI ED ESTIMATRICI DI QUESTA COPPIA, dovete sapere che i Movie Awards 2010 sono minacciati da alcune presenze oscure. Di fatti, dovete sapere che, nella stessa categoria, è candidato il duo TayTay per il film “Valentine’s Day”. Twitter continua a cinguettare messaggi su una presunta vittoria del duo (neanche fossero le elezioni presidenziali) a sfavore dei nostri amati Robsten ç__ç
Quindi, ora vi chiedo: volete davvero vedere la Swift e Lautner che limonano su quel palco?
La risposta spero sia unanime e negativa.
Mi appello anche a voi, team Jacob e team Taylor: volete davvero vederlo sbaciucchiarsi una che lo ha mollato?! So che a lei piacerebbe, a chiesto di farsi votare tramite il suo twitter, ma a lui?
Invece voi, oh team Robsten! Se la pensate come me e anche voi agognate da più di un anno questo tanto atteso bacio, desiderato e che l’anno scorso ci è stato brutalmente negato:
VOTATE E FATE VOTARE Robert e Kristen per il Best Kiss!
Lasciate perdere il sonno, le colazione, i pranzi e le cene, le uscite con gli amici, i film al cinema, i programmi in tv e, anche se va a mio discapito, le fan fiction!
VOTATE! Premete quel bottone e fate realizzare un sogno!
ROBSTENINE D'ITALIA E DEL MONDO UNITEVI TUTTE PER L'OBIETTIVO COMUNE.
Il 7 Giugno, alle 3:00, rendete possibile ciò che attendiamo da quel lontano 31 maggio 2009.
VOTATE VOTATE VOTATE!

LINK PER VOTARE!

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Little Pattz men ***


Shot.
Anzi, SHOCK!
Fa abbastanza schifo, vi avviso!
Ci vediamo giù (: 
 

 

 Little Pattz men;

 
“Okay, puoi rivestirti” disse pacata la dottoressa, passandomi la carta per pulire quel gel antipatico dalla mia pancia. Lasciai la mano di Robert – che avevo stritolato per l’emozione durante tutta l’ecografia – e mi ricomposi. Lo avevamo visto per la prima volta: il nostro piccolo. Avevo ancora addosso una sensazione assurda ed indescrivibile. Ed ero felice, come non mai. Robert, ancora con gli occhi lucidi – sì, ovviamente aveva pianto – mi aiutò a scendere dal lettino, lasciandomi un bacio leggero sulla fronte. “Ragazzi, potreste raggiungermi un attimo, vi dovrei parlare” disse con molta professionalità la ginecologa, richiamandomi da quel momento spensierato.
“C’è qualcosa che non va? Il bambino sta bene?” chiesi subito ansiosa. Alzò lo sguardo verso di me, sorridendomi per rassicurarmi.
“Certo Kristen, il bambino sta benissimo, è solo che...” cominciò, poi fece segno di sederci. Automaticamente afferrai la mano di Robert che era accanto a me, lo sguardo ancora più preoccupato del mio, e mi sedetti su una delle poltrone davanti alla scrivania. “Allora, il bambino sta bene, lo avete sentito anche voi il cuoricino che batte forte, ma quello che non sapete è che l’embrione non era solo uno” disse, attenta che la stessimo seguendo “erano due...”
“D-  due?” balbettai sconvolta, guardando Robert: oddio, se un figlio era una cosa inaspettata, figuriamoci due bambini in giro per casa.
“Vuol dire che sono gemel-”
“Aspettate” ci interruppe la dottoressa “gli embrioni sono due, ma purtroppo uno non si è sviluppato, quindi...”
“Ah” risposi delusa, ritornando alla realtà da quel futuro che già si stava cominciando a formare nella mia mente “Ho capito” sospirai, stringendo più forte la mano di Robert, che ricambiò la stretta.
“Mi dispiace...”

 
“Maschio”
“Femmina”
“Ho detto maschio!”
“E io dico femmina” ribatté, facendomi il verso.
“Robert, una madre certe cose le sente! Ed io che sono la madre” dissi, alzando la mano dal cambio ed indicando la mia pancia gonfia “ti dico che è un maschio!”
“L’omino per concepirlo l’ho messo io? Allora ti dico che era un’ometta!”
“Che omini papà?” gli chiese curiosa Joy, dai sedili posteriori.
“Niente, amore, non dargli retta” le dissi, facendo manovra per parcheggiare davanti casa dei miei genitori “lo sai che ogni tanto dice cose insensate!”
“Non solo ogni tanto” precisò lei.
“Ehi, io sono qui con voi” ci riprese, facendo l’indignato “e voi continuate a prendermi in giro, complimenti! Dobbiamo cominciare a mettere un po’ di regole in questa famiglia: non si può trattare così l’uomo di casa...”
“Sì, certo papà, va bene” lo liquidò veloce la piccola, affacciandosi ai sedili davanti – dopo essersi slegata da sola dal seggiolino - e stampandogli un bacio sulla guancia. Ridacchiando, suonai un paio di volte il clacson, mentre Joy scendeva dalla macchina gridandoci un “Ciao!” e subito mia madre uscì fuori dall’ingresso per prenderla.
“Fai la brava con la nonna!” le urlai dal finestrino, salutandole con la mano, e aspettai che rientrassero in casa prima di rimettere in moto l’auto per ripartire verso la nostra meta, l’ospedale. Odiavo quel posto ogni giorno di più: lo visitavo un po’ troppo spesso per i miei gusti.
“Non dovresti influenzare così tua figlia, mi bastava essere maltrattato da te!”  sbuffò, imbronciato, riprendendo il discorso.
“Io non influenzo proprio nessuno” risposi ridendo, mentre mi fermavo ad un semaforo “sei tu che ispiri questa... cosa... che nasce proprio dal profondo del nostro cuore...”
“Ah-ah-ah! Simpatica!” disse, secco “Comunque dovrei guidare io, tu sei incinta, è pericoloso!”
“E’ molto più pericoloso far guidare te, fidati” sbuffai, ripartendo lentamente con quella sottospecie di macchina che solitamente usava Robert. “Rivoglio la mia Mini!” piagnucolai. Purtroppo era andata completamente distrutta dopo l’incidente di pochi mesi prima, dopo il quale avevo scoperto di essere in dolce attesa del mio secondogenito. Lo sentii cominciare a fischiettare, evasivo. “Robert?”
“Dimmi amore” mi rispose, con una faccia da schiaffi, quasi soddisfatta.
“TACI!
“Non ho detto niente, amore!” si giustificò, ma si levò il sorrisino abete dal viso appena lo fulminai con lo sguardo. Trovai un posto nell’enorme parcheggio dell’ospedale e spensi il motore, poi mi rilassai sul sedile, sbuffando. “Ehi, che c’è?” mi chiese dolce, accarezzandomi il braccio. Mi voltai verso di lui.
“Non ci voglio andare, mi sono stufata di quest’ospedale del cavolo” dissi, come una bambina capricciosa “Vai tu al posto mio? Ti presto la pancia!” Ridacchiò della mia risposta, ed io con lui. Scossi la testa, mi calai gli occhiali da sole e scesi da quella sottospecie di macchina. “Ma una volta non avevamo detto che lo avresti portato tu il bambino?” gli chiesi, sorridendo “Te l’ho già abbonata con Joy, questo potresti partorirlo tu!”
“Sei stata così brava la prima volta che non vedo perché non lasciare a te anche l’onore della seconda!” disse, passandomi un braccio sulle spalle e baciandomi una guancia.
“Speriamo almeno che questa sia la volta buona: io voglio sapere il sesso!”
“Magari vuole farci una sorpresa e non vuole che lo sappiamo prima della nascita, per questo non si gira e ci mostra il suo... davanzale...” disse, ridendo “ma perché ti sei fissata? Non è meglio l’effetto sorpresa?”
“Sai che voglio avere il controllo di tutto” gli spiegai “ma se tu non vuoi...”
“No, per me non cambia, come vuoi tu” mi rassicurò, avvicinandosi per darmi un bacio.
“Sempre come voglio io!” gli ricordai, prima di baciarlo.

 
Aprii la porta del bagno e tornai in camera: comodamente seduto sul letto, Robert mi guardava con occhi preoccupati mentre lo raggiungevo. “Scusa, non volevo svegliarti” sussurrai, tirando su col naso, nel silenzio della notte.
“Le hai avute di nuovo?” mi chiese calmo,
troppo calmo vista la situazione, arrivando subito al dunque. Annuii e, senza dire neanche una parola, mi rimisi a letto, dandogli le spalle. Guardai la sveglia: erano le 3:00. Mi ero alzata per andare in bagno e scoprire che avevo avuto ancora delle perdite, quelle che mi avevano spaventata in una maniera assurda la sera prima, specialmente visto lo stato della gravidanza. “Purtroppo il feto non è cresciuto: è un po’ piccolo rispetto a quello che dovrebbe essere” le parole della dottoressa continuavano a rimbombarmi nella testa “vediamo un po’ come va”. Male, ecco come andava! Non sapevo con chi prendermela, ma di chiunque fosse la colpa, non poteva donarci due piccole creature e poi strapparcele via in quel modo, una alla volta. Faceva male, sia a me che a Rob. E, non so perché sfogavo tutto il mio dolore su di lui trattandolo da schifo, come se fosse colpa sua: così facendo, però, lo facevo soffrire ancor più di quel che già soffriva. Eravamo sulla stessa barca, stavamo male entrambi ma era come se pensassi che chi ci stava peggio ero io, perché in realtà lui non poteva capire. Lui non lo aveva dentro. Ed anche se era troppo piccolo per poterlo anche solo sentire, il mio piccolo c’era e non volevo che andasse via.  La cosa peggiore è che continuavo a fare lo stupido errore di tenermi tutto dentro. Mi ritrovai di nuovo a bagnare il cuscino con le lacrime e a piangere.
“Vieni qui” mi sussurrò, abbracciandomi da dietro e lasciandomi un bacio sulla spalla, mentre accarezzava il mio ventre leggermente gonfio. Restai ferma qualche secondo finché non mi lasciai travolgere completamente dalla crisi di pianto: poggiai la testa sul suo petto, lasciandomi cullare nella notte, tra le lacrime di entrambi.

 
Sempre come voglio io un bel ca...”
“Ehi! Ci sono dei minorenni in ascolto!” mi rimproverò Robert, abbracciandomi da dietro per mettere le mani ai lati del mio ventre ormai un po’ gonfio, mentre lanciavo la borsa sul divano.
“Non ti preoccupare, non sente!” gli risposi, togliendogliele per andarmi a sedere “Tanto lui è girato di culo, non gli importa niente della madre! Se mi ascoltasse o gliene importasse, si sarebbe messo dritto per farci vedere se... ce l’ha o non ce l’ha!” conclusi, imbronciandomi.
“Dai, non fare così” mi disse, sedendosi accanto a me, ancora sorridente per la mia splendida teoria sul mistero del sesso di nostro figlio, e abbracciandomi a sé “vuole solo un po’ più di tempo, succede!”
“Certo, perché loro quando stanno qui dentro se la prendono sempre comoda, tanto è Kristen che si dispera” sbuffai.
“E Robert che la sopporta” precisò, facendomi innervosire ancor di più.
“Vedi? Questo conferma ancora di più la teoria che qui dentro c’è un piccolo Robert: mi fate incazzare tutt’e due!”
“Sssh! Non urlare quando dici le parolacce!” mi rimproverò di nuovo.
“TI HO DETTO CHE NON MI SENTE!”
“Lui non ti sentirà pure, ma tua figlia che sta per entrare sì!” disse a mezza voce, facendomi segno verso la porta. Neanche un istante dopo, sentii il rumore metallico delle chiavi che giravano nella serratura e Joy e mia madre che entravano in casa.
“Mamma!” mi chiamò la vocina acuta di Joy che proveniva dall’ingresso “Papà!”
“Come hai fatto a sentirle?” gli sussurrai.
“La macchina di tua madre fa un casino tremendo, ma eri troppo impegnata a sbraitare per accorgerti di qualunque rumore” mi sussurrò, per poi alzare il tono di voce “Siamo in salotto!”
“Ciao ragazzi!” ci salutò mia madre, entrando con Joy, che subito corse verso di noi e si buttò sul divano tra me e Robert “Com’è andata la visita?”
“Il marmocchio non si vuole girare, quindi non so se chiamarlo piccolo Robert o piccola Roberta” risposi tra i denti.
“Mmm... però è carino come nome Roberta...” mormorò mio marito, sovrappensiero.
“Scordatelo” gli dissi secca, stroncando direttamente quella fantasia che – lo sapevo per certo – stava per nascere nella sua mente idiota “Prima di scegliere un nome, dovremmo sapere il sesso, sai com’è!” gli ricordai.
“Lo decido io il nome!” esclamò Joy, saltando sul divano “Posso mamma? Dai ti prego! Ti prego, ti prego, ti prego...”
“Chiedi a papà...”
“Sì, yuppi!” esclamò allegra, saltando giù dal divano e saltellando verso il corridoio “Grazie!” Robert mi guardò sconvolto, cercando di capire.
“Ma io non le ho detto niente!” Joy si affacciò di nuovo alla porta del salotto.
“Lo so papi, ma tu tanto mi dici sì!”

 
“Ma che cazz...” mi alzai dal gabinetto e, guardando dentro, mi spaventai: avevo avuto delle perdite. Di nuovo. Ma questa volta erano... “No, non è possibile” mormorai, terrorizzata. Mi alzai i pantaloni velocemente e corsi al telefono, cercai il numero della mia ginecologa sull’agenda e composi il numero.
“Pronto?” mi rispose una voce tranquilla dall’altro lato.
“Dottoressa Jones? Salve, sono Kristen, Kristen Stewart!”
“Ah, salve Kristen! Dimmi, ti sento agitata. C’è qualche problema?”
“Dottoressa, ascolti: sono andata in bagno e mi sono accorta di avere ancora quelle perdite...”
“Kristen, non preoccuparti, è normale: il corpo sta espellendo ciò che non gli serve più” mi ripeté di nuovo ciò che mi aveva detto una settimana prima alla visita di controllo.
“No, no” la interruppi velocemente “dottoressa, non sono
quel tipo di perdite! È quasi come se...” presi aria, stavo per scoppiare a piangere “come se mi stessero venendo le mestruazioni! Sono... scure e...” cominciai a singhiozzare.
“Calmati Kristen! Domani alle 10:00 vieni nel mio studio che ti controllo, d’accordo? Però adesso calmati, riposati che domani risolveremo tutto, chiaro? Il bambino è cresciuto parecchio nelle ultime settimane, quindi non pensare al peggio” cercò di tranquillizzarmi “Ci vediamo domani”
“A domani” risposi, trattenendo le lacrime, per poi chiudere la chiamata e scoppiare a piangere.
Domani... Robert sarebbe tornato a casa solo dopo due giorni. Non potevo affrontare tutto da sola, doveva esserci lui con me. Tra le lacrime, composi il suo numero: squillava, ma non rispondeva.“Rispondi, maledizione!” Il telefono continuava a squillare a vuoto “Dove cazzo sei!” scoppiai, riattaccando. Mi sedetti sul pavimento, poggiandomi al muro mentre continuavo a piangere. Non poteva essere vero, si era sistemato tutto, il bambino era ricominciato a crescere, la gravidanza aveva ripreso il suo giusto ritmo, non poteva andare male. Non doveva andare male! Lo squillo del telefono interruppe il flusso di quegli orribili pensieri, lo presi e lo avvicinai all’orecchio. “Pronto?” mormorai con la voce ancora rotta dal pianto.
“Kris ho trovat...”
“Dove cavolo eri finito?” gli chiesi, con un nuovo flusso di lacrime.
“Ero dentro lo studio con Nick. Kris che hai? Perché piangi? Stai male?” cominciò a chiedere preoccupato, ma non ce la facevo a rispondere, continuavo solo a singhiozzare “Kristen!”
“Torna a casa, ti prego” lo supplicai, piangendo “Ho...  ho paura di averlo perso davvero questa volta...”

 
“Allora, hai pensato a dei nomi?”
“No” rispose secca, continuando a dondolare ritmicamente le gambe a ciondoloni mentre aspettavamo il nostro turno “prima voglio sapere se è un fratellino o una sorellina. Tanto coso o cosa vuole tempo ad uscire fuori, giusto?”
“Giusto, non ti preoccupare” la rassicurai, sorridendo.
“Ma oggi lo scopriamo? Se ha il pisellino o no?” mi chiese mia figlia.
“Ma chi gliele insegna queste cose?” mi chiese stupito Robert, seduto accanto a me nella sala d’aspetto dell’ambulatorio ginecologico.
“All’asilo, papà!” rispose lei “Abbiamo fatto tutto il tempo che i cosi sono nella pancia: da quando sono come i fagioli, a quando diventano dei bimbi tutti brutti, bleah” ci spiegò, facendo un’espressione disgustata alla fine del discorso.
“Guarda che anche tu sei stata così piccola, non fare tanto la sofisticata!”
“Non faccio la sotifiscata” gli rispose a tono, imbrogliandosi sull’ultima parola “voi avete sempre detto che ero la bimba più bella di tutte, quindi non ero tutta brutta così!”
“Non fa una piega” la appoggiai, sorridendo.
“Kristen? È il tuo turno...” la dottoressa Jones aprì la porta del suo studio, facendoci accomodare tutt’e tre “Ciao Joy? Come stai?”
“Bene, dottoressa!”
“Sei venuta a fare compagnia alla mamma?” le chiese la Jones dolce: l’aveva fatta nascere e si era subito affezionata a quella bambina che ce ne aveva fatte passare tante durante la gravidanza; per fortuna era andato tutto bene, alla fine.
“No, quello lo fa papà. Io sono venuta perché devo sapere se coso ha il pisellino o no, perché devo scegliere il nome” spiegò, andando subito verso il lettino che si trovava accanto all’ecografo “quindi, mamma, mettiti qui, su! Dai!” La dottoressa rise di quella peste e mi invitò ad accomodarmi sul lettino. Cominciammo l’ecografia: subito riuscii a sentire il battito del cuoricino e, come ogni singola volta, fu un’emozione immensa.
“Lo senti il battito del cuoricino, Joy?” le chiese la ginecologa, osservandola di sottecchi  mente Joy guardava, stupita, lo schermo. Annuì forte con la testa, sorridendo e facendo sorridere anche me e Rob. “Ora...” cominciò, passando un po’ più forte la sonda sul mio pancione “chi vuole sapere se avrà un fratellino o una sorellina? Perché finalmente si vede!”
“Si riesce a vedere?” chiesi stupita ed emozionata, stringendo più forte la mano di Robert: non ci potevo credere.
“Io! Io! Io!” cominciò ad esultare Joy, girando intorno al lettino e raggiungendo la dottoressa “Lo voglio sapere nell’orecchio prima io!” La Jones ridacchiò, abbassandosi alla sua altezza, e le sussurrò qualcosa nell’orecchio. Sul visino di Joy si aprì un sorriso immenso e gli occhi cominciarono a brillare, poi cominciò a saltellare per tutto lo studio “Sì! Ora posso fare come le zie! Lo vesto da bambola e lo chiamo Claudia! Yuppi! Il mio bambolotto!”
“Allora è un maschietto, Joy?” le domandai, anche se ormai avevo capito.
“Sì mamma, un piccolo papà!” disse, continuando a saltellare.
“Un bel maschietto in perfetta forma” precisò la dottoressa, alzandosi dallo sgabello e andando verso la porta “puoi rivestirti Kristen! Io intanto vado a sistemare la cartella nell’altra stanza...” Robert mi prese la mano e mi aiutò a scendere dal lettino ma, senza mollare la presa, mi abbracciò e io mi sciolsi tra le sua braccia.
“Bene, sta per nascere la nuova stella di Hollywood che interpreterà suo padre nel prossimo film Le mitiche idiozie di Robert Pattinson!” lo presi in giro “O hai cambiato idea?”
“No, non ho cambiato idea” disse, ridendo “Però mi tocca ammettere che avevi ragione tu: è un maschio!”
“Ho sempre ragione io!”
“Forse non ho controllato bene l’omino che era partito quella not...”
“Quale omino papà? Che notte?” chiese incuriosita Joy, avvicinandosi a noi. Robert mi guardò in cerca di aiuto, ma questa volta non lo avrei salvato: ora glielo avrebbe spiegato lui!
“Beh, vedo che non ti hanno insegnato proprio             tutto tutto all’asilo...”

 

 




GOOOOOOAL! (Non sta giocando l’Italia, MA-CHE-FA!)
E dopo che lo spirito dei mondiali è uscito dal mio corpo *fa ciao ciao* eccomi qui a rispondere alle vostre recensioni *____*
@Anto_Pattz: Antonelluzza mia <3 Tu non mi devi fare tutti ‘sti complimenti, se no poi arrossisco e vado in autocombustione come Bella con Edward (ma io sono senza Edward -.-) comunque grazie mille *arrossisce* e per il futuro da sceneggiatrice, beh: è tra le mie opzioni future (:
@cloe cullen: Bene, ti pago i diritti e mi frego di nuovo la frase perché                    QUESTO CAPITOLO NON E’ CHE MI PIACCIA TANTO, devo dire eh XD Spero piaccia almeno a voi u.u I love you, un bacio :*
@ledyang: Se, se, la tua preferita u.u confessa: lo dici solo per farmi sfornare altre shot! Ah-ah! Awwwwwww Lety eccone un’altra *__* Spero ti piaccia anche se è un poco pochino triste XD Love U!
@julietta__: *me arrossisce* grazie Giuli (: spero ti piaccia anche questa (a me non molto, ma va beh...) un bacio! <3
@BabyVery: Eccomi e grazie per i complimenti *me arrossisce di nuovo* su, non è passato tantissimo questa volta :D finalmente sono libera dalla scuola *yuppiii* quindi posso scrivere quando e quanto voglio! Spero ti piaccia anche questa shot, alla prossima :D
@mm86: Eccomi! Sì, cercherò di postare più spesso, giuro! Grazie mille e spero ti piaccia anche questa shot! Alla prossima (:
@Fiorels: Ceeeeeess! Tu che non ci credevi: ho postato! Oggi mi sono usciti un po’ di flashback tristi, che ci possiamo fare? Lo sai meglio di me: quando l’ispirazione arriva così, arriva! I LOVE U, cess del mio cuore! :*
@Broken Heart: Chiedo venia, d’ora in poi posterò più spesso, prometto! Entrambe le fan fiction! Sono contenta che ti piaccia così tanto Joy *_* spero che questa shot non deludi le aspettative. Alla prossima (:
@patrizia 61: Non so, magari nella prossima vedremo chi l’ha spuntata: il castello o l’unicorno? XD Comunque ecco qui un’altra cavolata, spero possa piacerti! Alla prossima (:
@Astoria Malfoy: e così fu! I nostri scemotti hanno trionfato quella sera, dandoci un po’ di soddisfazione ;) Bye!
@Stellina96 : Grazie mille, davvero *me arrossisce* spero ti sia divertita a leggere almeno la metà di quanto mi sono divertita io a scrivere, specialmente di Rob :D alla prossima!
@piccolinainnamora: Grazie di cuore *me si commuove* spero che ti piaccia anche questa shot e le seguenti (sempre che madre ispirazione me la mandi buona XD) come le precedenti! Alla prossima :D

Bene, ora volevo ringraziare tutti coloro che seguono la raccolta, che l’hanno aggiunta tra i preferiti e le storie da ricordare (: Non dimenticando, ovviamente, quei pazzi che mi hanno messa tra gli autori preferiti (come si fa, dico io, non lo so...) Poi volevo ringraziare anche tutti quelli che hanno accolto il mio appello lo scorso capitolo e che hanno fatto sì che Robsten vincesse il Best Kiss ai Movie Awards 2010. WE ROCK, GUYS!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** He is not hot... he is daddy! ***


21/06/2010.
Il giorno in cui ho pubblicato l’ultima shot di questa raccolta.
È che proprio mi sono bloccata su questo fronte.
E mi è dispiaciuto, tanto. Non so perché è successo.
Ma, ora, eccomi qui! Spero che questo periodo di stop non mi abbia totalmente arrugginita e che qual cosina ancora di, non dico buono, ma decente, sia riuscita scriverla.
Buona lettura! 

 

He is not hot… he is daddy!

 
“Rob, siamo a casa!”
“Ehi!” salutò, scendendo le scale e venendo verso di me. “Joy?” mi chiese, stampandomi un bacio veloce.
“E’ fuori in giardino. Ha portato un’amichetta a casa dall’asilo!” gli dissi allegra e soddisfatta, poggiando la borsa sul divano e le chiavi della mia Mini sul mobiletto all’ingresso: mi faceva più che piacere che mia figlia legasse subito con gli altri bambini.
“Davvero?” mi domandò stupito, seguendomi in cucina “Voglio dire… è una cosa positiva! Si è trovata un’amichetta; una bella bambina con cui passerà pomeriggi insieme a giocare…” cominciò “con cui andrà al parco giochi, farà dei pigiama party, festeggerà i compleanni, andrà a scuola, uscirà a fare shopping… si confiderà per il primo fidanzatino...”
“Rob” lo richiamai giù sulla terra dal mondo delle sue fantasie, mentre preparavo la merenda a Joy e Anne, la famosa amichetta “ ha solo 5 anni! Diamoci una calmata…”
“Tra un po’ comincerà la scuola” continuò pensieroso, ignorandomi completamente e cominciando a giocare con una mela del portafrutta sul tavolo “poi il liceo...”
“Manca più di un anno alla scuola” gli ricordai, spalmando un po’ di Nutella su due fette di pane tostato.
“Ma non è un po’ pericoloso mandarla da sola in un liceo? Con tutti quei ragazzi più grandi!” Scossi la testa, sorridendo: non sarebbe cambiato mai “Anche se… credo che dovremmo cominciare a pensare a che college iscriverla, e…”
“Rob!” lo rimproverai con un tono tra l’esasperato e il divertito, uscendo dalla cucina.
“Scusa” disse secco, tagliando il discorso. Poggiai il vassoio con la merenda per le bambine sul tavolino del salotto, poi scesi nel giardino all’ingresso, dove le due piccole stavano giocando tranquillamente.
“Signorine, volete la merenda?” chiesi, scendendo i tre gradini all’entrata, per avvicinarmi a loro.
“Certo mamma!” esclamò Joy, correndo verso l’ingresso con l’amichetta al seguito. “Ciao papi!” salutò Robert, entrando velocemente in casa, mentre Anne si fermò dritta di fronte a lui.
“Ehm, ciao Anne! Io sono Robert, il papà di Joy...” si presentò, un po’ impacciato.
“Mia mamma dice che sei bono” rispose lei tranquilla, fissandolo per mezzo minuto, per poi fare semplicemente spallucce ed entrare tranquillamente in casa. Robert la seguì con lo sguardo sbalordito, poi si voltò verso di me, a bocca aperta e senza parole. Salii i gradini per rientrare in casa, ridacchiando per la scenetta ma, prima di oltrepassare la soglia dell’ingresso, mi voltai verso di lui, facendogli l’occhiolino e mimandogli un “sei bono” con il labiale, e poi lasciandolo lì, imbambolato.
“Allora, cosa volete fare dopo la merenda?” chiesi, avvicinandomi alle bambine che si erano comodamente sedute sui divani in salotto.
“Possiamo vedere un film di Barbie?” mi domandò Joy.
“Certo, quale?”
“Uno con i mostri, c’è?” chiese Anne. Guardai Joy per avere una risposa, ma fece no con la testa. “Allora Barbie Raperonzolo va bene” acconsentì la sua amichetta, dando un sorso al proprio bicchiere di succo “è bello quando butta giù la treccia e il principe le tira i capelli...”
“Ma non gli fa male, lui la va a salvare!” disse Joy.
“Sì, fa lo stesso” la liquidò la piccola.
“Okay” mormorai tra me e me, sconcertata da quella spiegazione un po’ tetra e sadica, mentre infilavo il DVD nel lettore e schiacciavo play. “Tieni il telecomando, Joy” dissi, poggiandolo sul bracciolo del divano “io sono di là con papà, se vi servo”.
“Va bene” mi rispose, dando un morso alla sua fetta di pane. Salii le scale, cercando di capire dove si fosse cacciato Robert. Mi affacciai alla porta della nostra camera e lo trovai sdraiato sul letto, a guardare la tv.
“Che guardi?” gli chiesi, poggiandomi allo stipite della porta.
“Non c’è un cavolo, come al solito” disse, mentre faceva zapping.
“Io lavo, tu asciughi, okay?” gli proposi.
“Okay” acconsentì, saltando giù dal letto e seguendomi in cucina. Passammo per il salotto, dove Joy guardava dispiaciuta Raperonzolo che veniva schiavizzata, mentre Anne urlava cose del tipo “brava, lavora, brutta bionda!” ed entrammo in cucina, dove cominciai a lavare le stoviglie e a passarle a Robert, che le asciugava. “Quella bambina è un po’ sadica, secondo me” mi sussurrò all’orecchio, facendomi sorridere un po’.
“No, dai. Forse è solo un po’… meno sensibile di nostra figlia, ecco…”
“Assomiglia un po’ a quella di The Ring, non trovi?” mi chiese improvvisamente dopo un minuto di silenzio, facendomi scoppiare a ridere. Un piatto mi scivolò di mano e si frantumò in mille pezzi sul pavimento.
“Mamma?” arrivò subito l’urlo di Joy dal salotto.
“Tutto bene, tesoro!” la rassicurò Robert. “E’ vero, però” mi sussurrò di nuovo, mentre raccoglieva da terra i cocci più grossi e li buttava nel cestino della spazzatura.
“Robert, dai” lo rimproverai, asciugandomi le lacrime che mi erano uscite per le risate e prendendo la scopa per spazzare le schegge di ceramica rimaste.
“Dai, ammettilo” insistette, sorridendomi.
“No!” esclamai ridendo, mentre spazzavo. Sì, aveva ragione: effettivamente assomigliava un po’ a Samara – la bambina di The Ring -, aveva la stessa aria inquietante, ma non potevo certo impedire a mia figlia di frequentarla, specialmente a soli 5 anni.
“Stai ridendo, quindi mi dai ragione” disse soddisfatto, ricominciando ad asciugare i piatti. Misi la scopa al suo posto e mi sedetti sul tavolo della cucina a fissare il mio bel casalingo.
“Sai che sei proprio bono mentre asciughi i piatti?” lo presi in giro. Mi lanciò lo strofinaccio addosso, ridendo, poi mi si avvicinò e mi abbracciò.
“Almeno ora abbiamo da chi mandarla quando vogliamo stare un po’ soli” mi sussurrò all’orecchio, lasciandomi un bacio sul collo “dovrà pur ricambiare la visita a casa di Samar... volevo dire, Anne!” si corresse, dopo una mia occhiataccia.
“Non saprei, sinceramente” dissi, un po’ sconcertata “E comunque c’è anche mia madre a cui lasciarla…”
“Povera Jules, sembra che le stiamo facendo crescere la quinta figlia! Un giorno di questi ci dirà “la figlia è vostra, crescetevela voi ora che siete adulti!”” disse, facendo una pessima imitazione di mia madre, ma facendomi ridere.
“Non credo le dispiaccia, anzi” dissi, giocherellando con la sua maglietta “può sfogare tutta la sua maternità repressa su Joy. Sai… tutte quelle cose madre/figlia che non le ho fatto fare: shopping a caccia di vestitini, giocare con le bambole, vestirsi da principessa a carnevale... non davo molte soddisfazioni come figlia: preferivo vestirmi da rapper e giocare con le pistole ad acqua!”
“La mia maschiaccia sexy” mi prese in giro, stampandomi un bacio.
“Figurati, io ero tutto questo e Joy è venuta su così! Ho sempre pensato che tutto quel rosa lo abbia preso da te” dissi ridendo, dandogli un altro bacio che prima cominciò lentamente ma poi approfondimmo un po’ di più, fino a quando non lo sentì sussultare e staccarsi immediatamente da me. Si schiarì la gola, ricomponendosi.
“La bambina” mi disse tra i denti. Lo guardai un attimo imbambolata e confusa, quando capii e mi voltai di scatto: sulla porta c’era Anne che ci stava fissando senza nessun tipo di espressione in volto.
“Devo andare in bagno” disse semplicemente la piccola.
“Oh, certo tesoro! Ti accompagno!” esclamai imbarazzata, scendendo dal tavolo.
“Okay” rispose lei tranquilla, tornando in soggiorno. Guardai Robert, prendendo un respiro per calmarmi: che figuraccia.
“Avevamo chiuso la porta” dissi a mezza voce, cercando di giustificarci.
“Lo so! Io l’ho detto che è come Samara… probabilmente è uscita dal televisore!”

 
“Grazie” mi ringraziò gentile e dolce Anne, uscendo dal bagno. Ma aveva una doppia personalità quella bambina?
“Oh, figurati tesoro” risposi, accarezzandole i capelli.
“Sai che sei molto bella? Anche la mia mamma lo dice…”
“Oh, grazie” risposi, imbarazzata. Percorremmo tutto il corridoio, prima di arrivare alle scale.
“Tu eri fidanzata con un vampiro?” mi chiese improvvisamente, facendomi sorridere.
“No, facevo finta. Era un film, non era vero…”
“Infatti mamma dice sempre che vorrebbe un vampiro come marito, non papà, ma però i vampiri non esistono, purtroppo” mi spiegò, facendomi sorridere ancor di più “e poi anche Giorgia vorrebbe un fidanzato vampiro!”
“Chi è Giorgia, la tua sorellina?”
“No, è la mia cuginetta grande” spiegò “che poi, tutti questi vampiri, qui! È molto meglio un ragazzo-lupo, è più bono!” disse convinta, prima di tornare da Joy e continuare a guardare la tv. Sorridendo, tornai in cucina dove trovai Rob che, poggiato al tavolo, fissava l’aria davanti a sé con uno sguardo serio.
“Ehi, che è successo?” chiesi, preoccupata.
“Lasci un po’ di libertà alla tua piccolina di 5 anni, e lei cosa fa?” Mi guardò, con uno sguardo quasi disperato, anche se nei suoi occhi riuscivo a vedere una manciata di ironia “Ti porta a casa una team Jacob!” mi disse, quasi schifato “Non è possibile! Allora a 15 anni, che combinerà? Verrà a casa dicendo “mamma, sono incinta di un cucciolo?” Come posso fidarmi di nuovo, come?!” Lo guardai dritto negli occhi, cercando di rimanere seria, ma non riuscii più a trattenermi dal ridere. “Non c’è niente da ridere, Kristen, ci crescerà una figlia senza gusto…”
“Oh, sono sicura che, quando arriverà il momento, si rifarà alla figura paterna” lo rassicurai, sorridendo.
“Lo spero, altrimenti non metterà piede in casa mia quel… quel… cane!” affermò, disgustato.
“Mami?” mi chiamò Joy, che si era fermata vicino la porta “Potresti accompagnare Anne a casa sua? La mamma non può venire…”
“Certo, arrivo subit-”
“E poi, io e te” disse con vocina minacciosa, indicando Robert “dobbiamo fare un discorsetto, Papi” lo avvertì. Girò i tacchi e se ne tornò in salotto, per salutare la sua amichetta. Fissai Rob con un sopracciglio alzato, ma l’unica risposta che ebbi fu un “aiuto”.

 
Appena rientrai in casa, le voci di Robert e Joy arrivarono forti dalla cucina. Probabilmente non mi sentirono arrivare - presi com’erano dalla loro discussione -, così potei benissimo nascondermi dietro lo stipite della porta e ascoltare la conversazione senza disturbare ed essere disturbata. Joy era di spalle, inginocchiata sulla sedia ed appoggiata al tavolo per arrivare all’altezza di Rob, che le sedeva di fronte.
“Papi, ma io questa storia non l’ho capita bene” disse, incuriosita da non so cosa.
“Joy, era un film” le rispose Rob, esasperato. Probabilmente era più di una volta che le stava ripetendo la stessa cosa.
“Quindi tu da giovane non eri un vampiro vero?” Dovetti fare di tutto per non scoppiare a ridere e farmi scoprire. Non ci credevo: era arrivato il fatidico giorno della verità. Avevo sempre detto a Rob che un giorno Joy sarebbe venuta a conoscenza della serie di film che ci aveva dato tanta fama, era inevitabile. Anche se erano passati circa 5 anni dalla fine di tutta quella follia, il ricordo sarebbe sempre rimasto: era stata una cosa troppo grande per essere messa nel dimenticatoio da tutti.
“Perché, ora sono vecchio?” chiese Rob, offeso.
“Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda” replicò lei, saggiamente.
“Chi te l’ha insegnata quest’altra frase?”
“Mamma… comunque rispondi, ora!”
“No, era un film come tutti gli altri che fa papà, solo che recitavo la parte di un vampiro” le spiegò, paziente.
“Come hai fatto con il pittore gay?” Gli occhi di Rob si spalancarono dalla sorpresa.
“E tu che ne sai?” le chiese, sconvolto.
“Me l’ha detto Anne, però aveva detto di non dirtelo perché forse ti vergognavi, ma io lo so che con te posso parlare, perché tu sei Papi!” esclamò, come se fosse una cosa ovvia “A proposito, che vuol dire gay?”
“Torniamo al vampiro, va” cercò di cambiare velocemente discorso Rob. Ogni tanto mi domandavo se mia figlia avesse sul serio solo cinque anni…
“Va bene. Quindi c’era anche questo lupo…”
“Esatto” confermò, lui.
“E tutti volevate la mamma, ma alla fine l’hai sposata tu, giusto?” Rob annuì, sorridendo dell’espressione pensierosa di Joy – sicuramente le si era formata una fossetta tra le sopracciglia e aveva la bocca corrucciata -. “Quindi avete fatto due feste?”
“Amore, quella era finta, il nostro matrimonio è stato uno solo…”
“E quindi non c’è nessuna bambina oltre me?” chiese, più allegra: quant’era gelosa!
“No, non ti preoccupare” la rassicurò.
“Bene… Papino, ma un giorno li posso vedere quei film?”
“Certo” rispose, nervoso “ma un giorno, come dire… molto lontano!”
“Perché tu e mamma fate sesso?” domandò Joy, facendomi spalancare la bocca per lo stupore, ed anche a Robert.
“Questo te l’ha detto sempre Anne, giusto?”
“Sì” confermò lei, sicura “però, boh, non so che significa, so solo che lo facevi anche con il pittore gay” disse innocentemente.
“Okay, credo che per oggi possa bastare la lezione sulla mia filmografia” disse Rob, alzandosi dalla sedia.
“Non ti preoccupare papà, tanto Anne ha detto che mamma lo fa in quasi tutti i film e sempre con ragazzi boni, quindi non credo sia una cosa brutta!” Scoppiai a ridere così forte da farmi scoprire, e beccarmi un’occhiataccia da Rob – sicuramente perché non l’avevo salvato prima. “Ciao Mami!”
“Da quanto tempo ti stai godendo lo spettacolo?” mi chiese lui – veramente poco divertito.
“Quel che basta per sfotterti a vita” risposi, continuando a ridere.
“Io vado a giocare in camera” disse Joy, scendendo dalla sedia e facendo per andarsene, ma ci ripensò e tornò da noi - la fossetta tra le sopracciglia ben marcata -. “Ah, comunque io non capisco! Anne ha detto che sua mamma dice che papà è bono tante volte... ma, voglio dire: come fanno a dire che è bono?! Lui è Papi e basta! Mah!”

 

Joy, mi sei mancata tanto, ma tanto, MA TANTO!
Sappiate che la volontà per ricominciare a scrivere l’ho trovata guardando quei numerini nelle colonne preferiti, seguiti e da ricordare.
Quindi, sostanzialmente, è colpa vostra XD
Non volevo deludervi e, soprattutto, spero di non averlo fatto con questa schifezzuola!
Ringrazio coloro che hanno recensito (taaaaanto tempo fa XD) la scorsa shot, tra cui c’è gente che è colpevole dei miei sensi di colpa giornalieri ù.ù
Bene, sono contenta di poter dire di nuovo…
ALLA PROSSIMA SHOT! :D




Ah, scordavo: piccolo spazio pubblicità!
La mia nuova fan fiction And when it rains... (detta anche la vedova nera XD)
È un esperimento, però mi farebbe piacere la leggeste :D
Ciao!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** I'm an actress. I'm a mum. ***


Alla cess de mi corazòn.
Grazie per avermi fatto sentire in colpa.
Ti voglio bene.

 

I’m an actress. I’m a mum.

 
 

«Kristen is very focused on being an actress.
I mean, that’s what she is—she’s an actress.
Whereas I—I just don’t really know.» 

Robert Pattinson

 

 
“Dove  li ho messi, dove li ho messi…” continuavo a ripetere mettendo a soqquadro la camera. Aprii tutti i cassetti, l’armadio, ogni borsa presente in quella stanza, tastai le lenzuola del letto – guardai perfino sotto il letto – ma dei miei Rayban nemmeno l’ombra. “Dove cazzo li ho messi?!” Eppure ero convinta di averli lasciati sul comodino il giorno prima. Uscii di corsa dalla camera e feci il giro completo del villino, guardando ovunque, ma niente. “Cazzo, è tardi!” esclamai quando l’occhio mi cadde su un orologio. Coì abbandonai la mia disperata ricerca e decisi di accontentarmi di uno delle mille paia di Robert. Sentii una chiave girare nella serratura e la porta d’ingresso aprirsi mentre mi precipitavo giù per le scale. “Ehi…”
“Ehi…” gli risposi velocemente, correndo in cucina. Mi bloccai quando notai un particolare dell’abbigliamento di Robert e feci immediatamente marcia indietro. “Li avevi tu!”
“Cosa?” mi chiese confuso, poggiando l’oggetto incriminato – i miei tanti ricercati Rayban - sul mobiletto dell’ingresso.
“Gli occhiali da sole, li ho cercati ovunque, rischiavo d’impazzire” gli spiegai velocemente, mentre gli schizzavo davanti un paio di volte per raccogliere tutto ciò che mi serviva prima di uscire di casa.
“Ah sì, erano sul tuo comodino”
“Eh, lo so” risposi, correndo qua e là per la stanza.
“Kristen, calmati” mi rimproverò.
“Amore, ti giuro, da domani potrai tenermi tutto il giorno, tutti i giorni, per nove mesi, a letto, tranquilla e rilassata se è quel che desideri, ma oggi no. E’ l’ultimo giorno, concedimelo” provai a convincerlo.
“Ma al bambino starà venendo il mal di mare!”
“E’ troppo piccolo per averlo, e la nausea a prima mattina è una prerogativa della madre” spiegai, prendendo cellulare, portafogli, chiavi di casa, accendino e sigarette in mano. Aspetta… accendino e sigarette? Lasciai il pacchetto come se mi fossi scottata e guardai subito Rob, che mi lanciò un’occhiata indecifrabile. “Scusa, la forza dell’abitudine” mi discolpai.
“Quando tornerai non troverai più una molecola di nicotina in questa casa” mi rassicurò.
“Okay” risposi, correndo verso la borsa poggiata sul divano e ficcando tutto dentro. “Uh, le chiavi della macchina!”
“Non ti serve la macchina, c’è John che ti aspetta fuori…”
“Giusto” sospirai. Presi la borsa e corsi a dargli un bacio veloce. “Tu non vieni?”
“Ti raggiungo più tardi” mi disse, accarezzandomi una guancia “Stai attenta, ti prego…”
“Sì, paparino” mormorai, con un sorriso sulle labbra. Gli stampai un altro bacio veloce ed uscii di casa, dove la macchina della produzione mi stava aspettando per andare sul set: l’ultimo giorno di riprese di Breaking Dawn. E come ogni giorno di lavoro che si rispetti… avevo dimenticato il copione in salotto. Feci velocemente marcia indietro ed entrai di nuovo in casa, dove trovai Robert, poggiato al divano, già con il copione in mano. “Lo sai che ti amo?” dissi afferrandolo.
“Ehi, aspetta, cos’è quell’altro?” mi chiese, indicando uno script sul tavolino.
“Ah, la final draft di Snow White, è arrivata stamattina” spiegai aprendo di nuovo la porta d’ingresso “E’ bello ma, a meno che Biancaneve non porti uno dei sette nani in grembo, non posso più farlo”
“Un po’ mi dispiace, sai? Ti piaceva così tanto…”
“E’ un po’ tardi per gli scrupoli, Pattinson, avresti dovuto pensarci un paio di mesi ed un bambino fa! Ciao!” dissi ridendo, chiudendomi la porta alle spalle.
 

“E’ tardi, è tardi, è tardi!” Mi fiondai già per le scale, mentre tentavo di legarmi i capelli in una coda più o meno decente. Mi fermai un istante a metà scale per guardarmi allo specchio appeso alla parete e controllare che il mio aspetto non fosse totalmente impresentabile, poi scesi gli ultimi due gradini cercando di non inciampare. “E’ tardi!”
“Calmati Kristen, sei in perfetto orario” cercò di tranquillizzarmi Robert, mentre sfrecciavo accanto al divano su cui era seduto con nostro figlio in braccio. Anche i gorgoglii rilassati e spensierati di David, che si divertiva a saltare sulle gambe di Robert, sembravano appoggiarlo. Entrai di corsa in cucina, dove Joy stava facendo tranquillamente colazione con la sua tazza di latte e cereali.
“Buongiorno mami” mi salutò, prima di mangiare una cucchiaiata.
“Buongiorno amore, tutto bene?”
“Benissimo” rispose, con ancora il boccone pieno.
“Non si parla con la bocca piena, Joy, è disgustoso. Dovresti saperlo, ormai sei grande” la rimproverai, mentre aprivo tutti i pensili della cucina in cerca di un biberon pulito da scaldare.
“Scusa” rispose subito “però zio Tom e papà lo fanno sempre…”
“Infatti zio Tom e papà sono due bambini” tagliai il discorso, sbattendo l’ultimo sportello “Ma dove li teniamo i biberon in questa casa?” Robert entrò in cucina, con David in braccio, aprì un pensile e mi passò un biberon, lasciandomi a bocca aperta.
“Forse dov’erano ieri, l’altro ieri ed il giorno prima ancora?” mi prese in giro. Afferrai quel maledetto aggeggio dalla sua mano, guardandolo torvo.
“Non sei una brava persona, Pattinson, sappilo”. Sorrise divertito, poi fece sedere David nel seggiolone mentre io preparavo velocemente lo scaldabiberon.    
“Lascia, faccio io qui. Finisci di prepararti, su” disse, avvicinandosi al fornello. Gli diedi un bacio veloce, mentre mia figlia borbottava un “questo è davvero disgustoso”, e corsi al piano superiore, in camera da letto. “Le chiavi di casa ci sono, il portafogli c’è, il cellulare anche… le sigarette, non si sa mai…” elencai a me stessa, frugando nella borsa. “C’’è tutto!” La misi in spalla e scesi di nuovo rapidamente le scale. “Che ore sono?” gridai, prima di entrare in cucina e prendere uno yogurt dal frigo.
“Le 8.00” mi rispose Rob.
“Cazzo!”
“Mamma! Non si dicono le parolacce!” mi rimproverò Joy.
“Sì amore, l’importante è che non le ripeta tu” dissi, chiudendo il frigo e scoccandole un bacio sulla fronte “Ehi, ma tu scotti”
“No, sto bene” mi rispose lei.
“Niente scuola per oggi e fili dritto dalla nonna, non sia mai contagi anche tuo fratello” dissi preoccupata.
“Va bene, però non è giusto! Devo andare via io, per lui!”
“Joy” la riprese Robert.
“Uffa” sbuffò lei. Mi avvicinai a David, che si ciucciava tranquillamente il biberon, e gli lascia un bacio sulla testolina. “Ciao amore mio, la mamma torna presto” gli sussurrai, come se mi potesse capire sul serio. Mi voltai verso Rob, che sorrideva. “Sai, non sono sicura che questa sia una buona id-”
“Esci da questa casa e vai su quel set, ora!”
“Ma lui è così piccolo e Joy ha la febbre e poi… poi non mi ricordo perfettamente come si recita, sai? Voglio dire…”
“Sparisci!” mi ordinò, ridendo.
“Antipatico” borbottai, prima di stampargli un bacio.
“Buona fortuna” mi rispose, dolcemente. Sbuffai, cercando di scaricare la tensione che avevo addosso. “Ci vediamo stasera!”
“Ciao!”
“Ciao” rispose acida mia figlia. Uscii velocemente di casa ed, in fondo al vialetto, vidi una macchina nera e John che mi stavano aspettando. Dopo la seconda gravidanza, tornavo a lavorare. E, com’era successo per la volta precedente, farlo mi sembrava assolutamente sbagliato. Mi sentivo un’egoista, privavo i miei figli della presenza della propria madre solo per il puro piacere di recitare, visto che di problemi economici non ne avevamo. Io e Rob avevamo affrontato quella discussione milioni di volte e lui non ammetteva obiezioni. Avrei dovuto continuare a recitare.
 

“Non posso credere che le riprese siano finite” mormorai, non sapendo se essere triste o felice. “Non vedrò più un set per molto tempo, ora”
“Già” sospirò “però prometti una cosa?” Alzai lo sguardo verso di lui: ero comodamente sdraiata sul divano, con la testa sulle sue ginocchia. Finalmente potevo rilassarmi dopo l’ultima giornata di stress, solo io, lui ed il nostro ancora minuscolo bambino.
“Cosa?”
“Non appena il pargoletto crescerà abbastanza, tu torni a lavorare” disse serio.
“Eh?!” chiesi stupita.  “Rob, no-”
“Promettimelo” ripeté ancora.
“Non voglio che mio figlio sia uno di quei bambini cresciuti dalle babysitter perché la madre è troppo impegnata per prendersene cura. Io voglio esserci sempre, non voglio perdermi niente!”
“Infatti lavorare non vuol dire rinunciare ad essere madre, come essere madre non vuol dire rinunciare a lavorare” mi fece notare, tranquillamente, mentre continuava ad accarezzarmi i capelli “Miliardi di madri lavorano, anche le nostre…”
“Ma le nostre madri non erano costrette a lasciare il paese per andare su un set dall’altra parte del mondo! Robert, non dire cavolate, per favore…”
“Vorresti farmi credere che tu riusciresti a vivere senza recitare?” mi disse in tono di sfida. Abbassai lo sguardo.
“Quando si hanno dei figli è normale rinunciare a qualcosa, si devono fare dei sacrific-”
“Fare dei sacrifici non vuol dire rinunciare a se stessi!” mi interruppe “Amore, per te recitare è troppo importante, è quello che sei…”
“Non posso lasciare mio figlio da solo perché
voglio fare qualcosa!”
“Ma non sarà da solo, ha anche un padre nel caso te ne fossi dimenticata!”
“Lo so, ed è proprio questo il punto: anche tu spesso sarai in giro, e può benissimo capitare di essere fuori nello stesso periodo. Non potremo certo dire alla produzione “oh, scusate, non posso venire, mio figlio rimarrebbe senza genitori per tre settimane!” Non ha senso…”
“Non lo facciamo capitare” rispose, semplicemente.
“Robert, la vita reale ti chiama, mi senti?” dissi io sarcastica quella volta.
“Spiritosa, signorina, sul serio” mi punzecchiò, tornando poi serio. “Comunque, piuttosto che fare smettere te di recitare, rinuncio io. Rimango a casa e faccio il casalingo che vive di rendita: aver avuto la faccia stampata perfino sui perizomi sarà servito pur a qualcosa!” esclamò. Scossi la testa, mordendomi il labbro.
“Te lo scordi!”
“Non si discute: dopo il lieto evento, un po’ di mesi a casa e poi alzi quel bellissimo culetto sexy e vai a guadagnare la grana per la famiglia”
“Non te lo lascerò fare, lo sai…”
“Vedremo” mi sussurrò per sfida, prima di abbassarsi e baciarmi dolcemente.

 

“Buongiorno John!”
“Buongiorno Kris! Pronta a tornare in pista?” mi chiese sorridendo, mentre mi apriva lo sportello.
“Lo spero” risposi, ricambiando il sorriso.
“Hai preso lo script, vero?” mi domandò. Oh no, lo script. “Bentornata!” ridacchiò. Buttai la borsa sul sedile e mi precipitai di nuovo verso la porta di casa quando la vidi aprirsi e comparire Robert con David in braccio ed il copione in mano.
“Sei un brava persona, Pattinson” gli dissi con l’affanno, afferrando lo script e stampandogli un bacio.“Ciao amore!” salutai anche David, scoccandogli un bacio sulla guancia.
“Ciao mammina, buon lavoro!” esclamò Robert, con la famosa vocina stupida che aveva riadattato al piccolino. Li salutai un’ultima volta, prima di salire in macchina, pronta per tornare su un set dopo più di un anno.

Fanculo, che Dio me la mandi buona. 


“Ho tenuto un bambino in braccio!”
“Che?”
“Sul set, mi hanno fatto girare con un bambino in braccio” spiegò meglio, senza perdere quella nota di entusiasmo “e non si è rotto!”
“Cosa non si è rotto?” domandai confusa, sdraiandomi sul divano e coprendomi con un plaid.
“Il bambino” rispose, come fosse ovvio. Solo per lui
rompere un bambino sarebbe potuto essere ovvio.
“Rob, quante volte ti devo spiegare che i bambini non si rompono? Al massimo gli puoi far male e loro, per vendetta, ti vomitano addosso…”
“Che schifo!”
“Già…” sospirai, stordita.
“Amore, ma che hai?” mi domandò, dopo qualche secondo di silenzio.
“Febbre. Però sono decimi, non ti preoccupare” mi affrettai ad aggiungere, prima che cominciasse a fare il paranoico premuroso.
“Hai preso qualcosa? Ti sei coperta? Stai facendo gli impacchi di acqua fredda? E non-” Appunto.
“Sì, sì, sì e no, non metterò piede fuori casa. Ho già avvisato Bill. Contenta, mamma?”
“Brava, cuore di mamma” rispose, la voce era una pessima imitazione di quella di mia madre, ma mi fece sorridere ugualmente.
“Ora chiudi, rompi bambini, corteggia elefanti, ammalia ragazzine e torna qui…”
“Va bene” acconsentì. “Comunque, ti ricordi il figlio di Matilda? Quel bambino non funzionava sul serio…”
“Era solamente un bimbo buono, per questo non piangeva, non perché fosse rotto!” esclamai, ridendo.
“Secondo me avrebbero dovuto premere qualche bottone alla nascita e non l’hanno fatto, quindi si era impallato” bofonchiò.
“Bene, allora spera che i tuoi figli non funzionino, altrimenti…”
“Altrimenti?”

 
“Kristen, dove si spegne?!” esclamò esasperato, attraverso la cornetta, facendomi sorridere.
“Ti rendi conto che questo giorno è solo il primo di una lunga serie? E sei stato proprio tu ad insistere!”
“Aiutami” piagnucolò.
 “Beh, almeno hai la certezza che funziona” lo presi in giro, ma mi rispose solo con un lamento mentre, come sottofondo, riuscivo a sentire David piangere. “Gli hai cambiato il pannolino?”
“Sì”
“L’hai cullato un po’?”
“Sì, ma non ne vuole sapere di addormentarsi”
“Eppure la poppata l’ha fatta” dissi, fingendo di essere sovrappensiero. Sapevo benissimo perché David continuava a strillare: il giorno prima mi ero accorta che stava per spuntargli il primo dentino. Solo che… amavo far disperare Robert: sotto stress dava il meglio di sé. “Comincio a preoccuparmi. Non è che l’hai rotto sul serio?”
“Ah – ah. Continua pure a prendermi in giro” mi rispose, acido “Joy non faceva tutti questi capricci da piccola”
Con te, non di certo. Ma non appena giravi l’angolo cominciava a strillare come una piccola bambina impossessata” gli ricordai.
“E perché con lui non è lo stesso?” mi domandò, agitato.
“Perché è un maschio, idiota.”
“Giusto” mi rispose velocemente, prima di rivolgersi al piccolo. “David, ti prego, smettila…”
“Cullalo un po’” gli suggerii.
“Lo sto facendo!” piagnucolò Rob “Secondo te se gli parlo di calcio si azzittisce?”
“Nah, non credo” ridacchiai “Prova a fargli vedere qualcosa in tv…”
“Così cresce come uno di quei bambini rincoglioniti, brava Kristen!”
“Perché? Il calcio non è uguale?”
“Il calcio è uno sport salutare, aiuta a sviluppare il senso di gioco di squadra” mi spiegò, convinto della sua teoria.
“Cosa ci vedi di salutare nel rincorrere una palla…”
“Americana. Non puoi capire” sospirò, rassegnato. Bussarono alla porta del camerino da cui fece capolino un’assistente del regista.
“Kristen, tra dieci minuti tocca a te” mi avvisò, gentilmente.
“Okay, grazie” risposi, prima di tornare alla conversazione “Ehi, devo andare. Joy come sta? Dovrei chiamare mia madre…”
“Ha i decimi, ma la stava intrattenendo decidendo che disegno dipingere sulla parete della cameretta” mi spiegò, come sottofondo il pianto un po’ meno disperato di nostro figlio.
“Si è calmato” gli feci notare.
“Così sembra…”
“E sta sbavando” Non era una domanda.
“Sì, hai ragione” disse, un po’ interdetto, poi mi chiese stupito “Ehi, tu come fai a saperlo?”
“Amore, sta solo mettendo il primo dentino, è normale che pianga” gli spiegai, tranquillamente.
“Cosa?!” esclamò “Quando te ne sei accorta?”
“Ieri sera” ridacchiai, immaginando la sua faccia sconvolta “Dagli qualche giochino da mordere, si spegnerà più velocemente”
“Quindi tu mi hai fatto penare tutto questo tempo inutilmente?” mi domandò, sentendosi tradito “Ma che str-”
“Ciao paparino” lo salutai tra le risate.
“Ciao. E non ti aspettare che prepari la cena anche per te questa sera: resterai digiuna, è la tua punizione!”

 
Poggiai le chiavi di casa sul mobiletto dell’ingresso e buttai la borsa sul divano. Finalmente ero a casa, sfinita. Mi era mancata durante quella giornata. Mi erano mancati i miei figli, le urla, i giochi. Mi era mancato Rob. Ma… mi era mancato anche recitare, e non me n’ero resa conto fino a quando non avevo messo piede sul set. Robert aveva avuto ragione anche quella volta, come quella prima, come sempre: ero un’attrice, non sarei riuscita a vivere senza recitare. Salii le scale, per tutta la casa regnava il silenzio assoluto, a parte il suono leggero di una chitarra che proveniva dalla camera da letto. Robert, seduto sul letto, strimpellava una musichetta dolce mentre David dormiva nella sua culla. “Ehi” mi sussurrò, non appena notò la mia presenza. Gli sorrisi, poi mi avvicinai alla culla di nostro figlio: il respiro era regolare, il suo sonno tranquillo e beato. Sembrava un angioletto, era stupendo. Mi abbassai per baciargli la testolina, gli accarezzai piano una guancia, sperando di non svegliarlo, poi raggiunsi mio marito sul letto.
“Hai trovato un metodo per farlo addormentare?” sussurrai, indicando la chitarra.
“E’’ incredibile, si è calmato all’istante, non ha voluto più neanche il giocattolino gommoso” rispose stupito. Mi accoccolai a lui, lasciandomi abbracciare. “A te com’è andata?”
“Sono sfinita” sussurrai “ma è andata bene. Anzi, benissimo. Sentivo che tutto era al proprio posto, anche se mi siete mancati tanto…”
“Noi ce la siamo cavata piuttosto bene qui, non ti devi preoccupare” mi rassicurò, lasciandomi un bacio sulla fronte.
“Oh, l’ho sentito al telefono” ridacchiai, prendendolo in giro.
“Bastava solo capire il metodo giusto, ed ecco il risultato” rispose, indicando con un gesto teatrale nostro figlio che dormiva tranquillo nella culla. “E’ decisamente mio figlio, ha ottimi gusti musicali”
“Avrete qualcosa da condividere, strimpellerete chitarre insieme…”
“Potremmo farne altri e potrei mettere su un piccolo complesso, tipo i Jackson Five” esclamò, lasciandosi prendere dall’entusiasmo.
“Sssh, abbassa la voce, altrimenti si sveglia” lo rimproverai.
“Una band però è meglio della classica squadra di calcetto, no?”
“Decisamente” confermai, dandogli un bacio. “Dov’è Joy?”
“Dorme. Appena tua madre l’ha accompagnata qui le ho dato l’antipiretico, fatto gli impacchi di acqua fredda e messa subito a letto” mi spiegò. Gli diedi un altro bacio.
“Ti amo” sussurrai, prima di alzarmi dal lettone. “Vedo come sta, mangio e vengo a dormire…”
“Vado a riscaldarti la cena, anche se non te la meriteresti dopo lo scherzetto di oggi” disse, seguendomi fuori dalla camera da letto. Ridacchiai e mi avvicinai alla porta socchiusa della cameretta di Joy. Entrai piano, mi avvicinai al lettino dove dormiva, le guance arrossate e la fronte sudata, e le poggiai una guancia sulla fronte: era leggermente accaldata, non scottava più. Ma i sensi di colpa mi invasero lo stesso. Era stato un errore tremendo ricominciare a lavorare, avevo lasciato a casa mia figlia febbricitante e mio figlio di pochi mesi solamente per puro egoismo.
“Mami…” un lamento catturò la mia attenzione. Joy si stava svegliando.
“Amore mio, come stai?” le sussurrai, accarezzandole i capelli.
“Mmmm” mugugnò, aprendo piano gli occhietti “ma sono a casa?”
“Sì, sei a casa…” Si guardò ancora un po’ intorno, spaesata, con gli occhietti socchiusi.
“Mami, sento caldo” sbuffò poi, buttando all’aria le coperte.
“Vuol dire che stai meglio e la temperatura sta scendendo” le spiegai. “Ti sei divertita dalla nonna?”
“Sì, abbiamo scelto il disegno da fare lì” disse, indicando la parete “e poi ha telefonato a Papi perchè c’era nano che piangeva. Comunque non ci va proprio d’accordo con coso” disse lei, scuotendo la testolina “è meglio se Papi sta con me e lui va da nonna, tanto io non sono piccola e piagnucolona come lui…” Alzai gli occhi al cielo, non sopportava che Robert desse un po’ di attenzioni al piccolo. Sbadigliò, con gli occhi che le si chiudevano da soli.
“Su, ora continua a dormire” le dissi, coprendola solo con un lenzuolo.
“Mami, oggi hai fatto un nuovo film?” mi chiese, girandosi di lato con le mani sotto la testolina. Annuii. “Poi voglio vederlo… sei bravissima…” mormorò piano, prima di addormentarsi completamente. Mi sarei aspettata pianti disperati, capricci insensate e brutte parole perché non c’ero stata mentre stava male, ed invece lei era semplicemente orgogliosa di me. Mi morsi il labbro inferiore e con gli occhi lucidi, mi alzai piano ed uscii dalla stanza.
“Buonanotte amore mio…”
 

 

Piccole note a fine pagina.
Cosa dire? Sono… ehm… 5 mesi e 13 giorni che non aggiorno questa raccolta.
Su, ridete per non piangere!
Piccole precisazioni, in caso a qualcuno fossero sfuggite.
Sì, il piccolo finalmente ha un nome e, anche se in questa shot non viene detto per intero, è David Thomas Jr. Pattinson. Thomas come Robert Thomas. L’ha scelto Joy, come chiesto ai genitori in una shot precendente, quindi magari un giorno vi racconterò anche quell’evento.
I tre falshback di questa shot: i primi due sono dello stesso giorno (fine riprese BD, pochi giorni dopo che Kris dice a Rob di essere incinta di Joy), il terzo è durante il reshot di WFE, quindi un quattro mesi prima circa.
Il disegno sulla parete della cameretta di Joy… sì, è quello della lotta “unicorno” contro “castello” dell’altra shot. Hanno chiesto alla nonna artista di dipingerlo. Magari racconterò anche quello.
Okay, credo non debba dire più niente.
Ah, la shot è stata ispirata da quella frase di Rob. Rob ha detto che lui non sa ancora cos’è, quindi un giorno potrebbe anche dedicarsi alla musica e la scrittura, altre sue passioni, ben più sedentarie, oltre che al cinema. Mentre Kris… beh, è un’attrice. E, secondo me, sarebbe più difficile separarsi dal suo lavoro.
Comunque, spero non dobbiate aspettare più così tanto per leggere un’altra shot.
Grazie per l’attesa.
Un bacio.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Wake up in the morning feeling like… fuck! ***


È veramente, veramente breve. E stupida.
Ma mi sono divertita a scriverla.
Buona lettura!
 

 

Wake up in the morning

feeling like… fuck!

 

 

I raggi del sole mi riscaldano il viso.
Le onde del mare mi cullano in quella oasi di pace.
Il profumo della salsedine mi inonda le narici.
Il silenzio più assoluto intorno a me.
Niente pianti, niente grida, niente orari… niente di niente.
Solo la pace, la quiete.
Davanti a me, in lontananza, una meravigliosa spiaggia dorata.
Arriva un’onda leggermente più alta delle altre, lo yacht si muove un po’.
Poi tutto si rilassa ancora una volta in quell’angolo di paradiso.
Un’altra onda, un altro lieve movimento.
E poi un altro, leggermente più forte.
Ed uno ancora.
E ancora.
Apro gli occhi e…
 


Aprii piano gli occhi e…
Gemetti.

No, non c’era alcuna spiaggia. Era solo un sogno meraviglioso.
Eppure sotto di me qualcosa continuava a muoversi.
Non ero più sdraiata sullo yacht a prendere il sole, beata ma… mi trovavo nella mia camera da letto, al buio, sotto le lenzuola. Alzai la testa e mi guardai intorno, confusa e assonnata. Il materasso si muoveva e no, non lo stavo sognando. «Ma che ca-» mi interruppi quando capii da cosa provenisse tutto quel movimento. Con un lamento ributtai la testa sul cuscino, a peso morto. «Rob…»
«Mmm» mormorò, girandosi ancora. E facendo molleggiare il materasso, ancora. Mi stava venendo il mal di mare, si muoveva con l’eleganza di un elefante.
«’a piano» mi lamentai, cercando di riprendere sonno. Facendo esattamente il contrario di ciò che gli avevo chiesto, si girò ancora. «E dai…» Improvvisamente si fermò.  Forse aveva trovato la posizione giusta. Finalmente, sospirai mentalmente. 
Ero pronta a tornare nella mia oasi felice… Uno scossone. Di nuovo.
«Rob» piagnucolai, tenendo gli occhi serrati «Fai piano!» Ma il materasso si mosse ancora. E ancora. E ancora. Continuava a fare su e giù, sempre più forte, come se qualcuno ci stesse saltando sopra. Come se qualcuno…
Come se qualche cretino lo stesse facendo apposta!
Mi voltai di scatto, con sguardo omicida. Si stava divertendo un mondo, un sorriso da schiaffi stampato sul volto «La vuoi smettere?!»
«Buongiorno anche a te» mi rispose, trattenendo le risate. Scossi la testa, innervosita, chiusi gli occhi e mi ributtai sul cuscino. E il materasso si mosse di nuovo. Gli tirai un calcio sotto le lenzuola ma lui, in risposta, cominciò a saltellare ritmicamente. Un bambino, è un bambino! «Smettila!» piagnucolai, esasperata. Ma lui rideva a crepapelle. E quando cominciava a ridere, era contagioso. Non riuscii a rimanere seria, ma feci di tutto per nasconderglielo, cosa che non mi riusciva decisamente bene. Alzai la testa dal cuscino e lo guardai in cagnesco.
«Finiscila» lo rimproverai, trattenendo un sorriso. Alzò un sopracciglio, insolente.
«Altrimenti?» Mi scostai le coperte di dosso e gli saltai addosso, sedendomi sui suoi addominali, mentre lui tese le braccia per pararsi da un eventuale mio colpo. Gli levai le mani davanti, intrecciandole alle mie e abbassai il viso alla sua altezza.
«Altrimenti» cominciai, sensualmente minacciosa, portando le nostre mani sulla sua gola e facendo una lieve pressione «ti strozzo» conclusi, sfiorandogli leggermente le labbra con le mie. Tentò di alzare il viso per baciarmi ma mi allontanai di scatto, mordendomi  il labbro inferiore e guardandolo, vittoriosa.
«Kris, se avevi intenzione di far muovere il materasso in un altro modo» disse, ribaltando velocemente le posizioni e portandosi su di me «bastava dirlo senza fare tutto questo teatrino!» Lo guardai sbalordita.
«In realtà la mia unica intenzione era continuare a dormire e non svegliarmi mai più da quel meraviglioso sogno che stavo facendo…»
«Io c’ero?»
«No»
«Allora non poteva essere meraviglioso» concluse, cominciando a torturarmi con le labbra il collo. Ridacchiai, ma il mio sorriso si bloccò non appena la scia di baci cominciò a farsi strada sempre più giù: tra le clavicole, tra i seni, sul mio stomaco, al confine con…
«Rob» boccheggiai, infilandogli le mani tra i capelli «No-» ma lui continuò, fino ad arrivare nell’interno coscia, così vicino… Gemetti piano. Alzò gli occhi verso il mio viso.
«No, eh?» mi prese in giro. Piagnucolai, non poteva farmi impazzire in quel modo! Ripercorse al contrario il mio corpo, continuando a venerarlo con le sue labbra, che catturai tra le mie non appena furono alla mia altezza. Una sua mano scivolò verso il basso, cominciando a stuzzicare l’elastico dei mie slip.
«No… no…» protestai ansimando, ma non convincevo neanche me stessa, figuriamoci lui «Smettila...»
«Cambia disco, amore» mi suggerì, riappropriandosi delle mie labbra. Due dita fecero capolino oltre il confine, e non riuscii a trattenere un gemito di piacere, che lui soffocò con un bacio. «Sssh, fai piano!»
«E tu leva quella mano di lì!» lo rimproverai a mezza voce, esasperata. Le mosse ancora un po’, arrivando a sfiorare la mia parte sensibile. Spalancai la bocca, in un urlo muto.
«Sicura?» disse, infierendo ancor di più. Un altro grido, ma questa volta non riuscì a trattenermi. «Okay, basta» Non appena allontanò quella maledetta mano dal mio slip, tutto il mio corpo si rilassò, ma ormai il gioco era fatto. «Certo che la mattina sei piuttost-»
«Stai zitto e sbrigati, deficiente» lo rimproverai, assalendo le sue labbra.
«Agli ordini» ridacchiò sulle mie labbra. Le mie mani corsero a levargli la maglietta, così da poter ammirare e toccare quel fisico perfetto che si ritrovava, poi immersi le dita tra quei capelli che adoravo. Una sua mano dietro la mia schiena, l’altra sulla mia coscia, cercando di farsi spazio tra le mie gambe. Il suo corpo si muoveva su di me, il mio rispondeva a quel movimento, le nostre lingue si ricorrevano, i nostri bacini si scontravano, pronti uno all’altro, i gemiti e i sospiri rompevano il silenzio, e… 

«Mamma!»
Spalancammo gli occhi di colpo. Girammo il volto di scatto.
Joy.
E David.
Sulla porta.

Oh porc-
«AAAAH!» urlai, spingendo Rob lontano da me talmente forte che finì giù dal letto. Lo sguardo di Joy andò da me a suo padre, interdetta, per poi tornare di nuovo a me.
«Mamma, nano ti vuole» disse tranquillamente, mentre manteneva David dalle manine, in piedi davanti a lei. Erano entrambi nel loro pigiamino, mio figlio che mi guardava con il ciuccio in bocca nella sua tutina blu mentre lei aveva lo sguardo scocciato, come se il pianto di suo fratello l’avesse svegliata.
«Ehm… sì amore, arrivo…» tossicchiai, imbarazzata.
«Okay» borbottò ma prima di sparire nel corridoio guardò suo padre e disse «Papi, alzati da terra: il pavimento è freddo, ti prendi il raffreddore» Mi girai verso Rob e lo fulminai con lo sguardo.
«Ma il tuo è un vizio. LA SERA. CHIUDI. QUELLA CAZZO. DI PORTA» mormorai tra i denti.
«Ti giuro, l’ho chiusa ieri sera… sul serio… ho controllato prima di metterci a letto…» Scossi la testa e scesi dal letto. «Kris, davvero… ho controllato!» Lui era ancora per lì terra, che blaterava, mentre mi infilavo la maglietta che gli avevo levato di dosso prima. Lo scavalcai, ignorando le sue scuse e mormorando un «idiota». 
 

Ehm, ehm...
Devo commentare?
No, meglio di no. Tornerò con qualcosa di più sostanzioso, don’t worry.
Spero vi siate divertiti almeno un po’, poco poco.
Un bacio, bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Just perfect ***


Non ho niente da dire.
Tranne TANTI AUGURI LETY!
Senza te, Joy non sarebbe mai esistita.
Questa è tutta per te!

 

 

just perfect.

 

 
«Kris?»
«Dimmi»
«Perché sembra che l’abbiano appena assunto in paradiso?»
«Nah, semplice reazione alle belle notizie»

 
«PETEEEEER! Ciao!»
«Rob… Ciao!»
«Amico mio, come stai?»
«Bene. Al contrario tuo. Cos’hai bevuto? Kristen, aiuto!»

 
«Cos’ha il tuo ragazzo? Manca poco e comincia a saltare per il set… Ah no, già fatto»
«Dakota, ti devo dire una cosa»
«Che succede?»
«Non ci posso ancora credere, mio dio…»
«Cos’è successo? Mi sto preoccupando… Kris, parla!»

 
«Ce l’ho fatta!»
«Cosa?»
«Tom! Tom, Tom, TOM… Tom!»
«So come mi chiamo»
«Non ci crederai mai!»
«Se non me lo dici…»
«Tom. Oh, Tom. Thomas…»

 
«Jess…»
«Che?»
«E’ successo»
«Cosa?»
 

«Pattz, è vero?»
«Chi ve l’ha detto?»
«Tom»
«Infame…»
«Allora è vero! Whoa!»

 

«Devo dirvi una cosa…»

«Siete seduti?»

«Avrei voluto aspettare di essere a LA e farlo di persona, però…»

«Ora siete seduti?»

«Non volevo foste gli ultimi a saperlo»

«Okay, non è niente di particolare, solo che…»

«Sono incinta»

«Diventerete nonni! Hey, cos’era quel tonfo?»

 

 

«Dalla a me, dalla a me!»
«No, voglio tenerla un po’ io!»
«Hey, è il mio turno!»
«Oh, quella è mia figlia, non una bambola!» 

Nel momento in cui avevo messo piede in casa, appena dimessa dal reparto maternità, avevo capito che nei giorni a seguire non avrei avuto pace.
Come volevasi dimostrare…
Da circa due giorni, casa nostra era sovraffollata.
Pullulava di gente eccitata ed emozionata per il nuovo arrivo in famiglia.
I miei genitori. I suoi genitori.
I miei fratelli, le sue sorelle.
I nostri migliori amici. Per non parlare di amici e parenti lontani, anche molto lontani, che sembravano apparire dal nulla.
Era un viavai continuo, tipico di occasioni come quella, e sapevo benissimo che sarebbe durato almeno per un altro paio di mesi o più.
La verità era che mia figlia – mia figlia, mi faceva ancora strano dirlo o solo pensarlo – incantava tutti e nessuno voleva più staccarsene, trasformando così brevi visite alla nascitura in lunghe e prolungate permanenze. Tutti la strapazzavano e coccolavano, lasciandomela godere veramente poco. Ma era giusto che fosse così. Molti di loro sarebbero dovuti ripartire a breve e chissà quando avrebbero avuto la possibilità di rivederla, soprattutto la famiglia di Rob.
Tutto l’amore, la vita e la gioia che regnavano in casa mi facevano stare bene nonostante la confusione generale e la mia stanchezza, anche se una piccola parte di me non vedeva l’ora di rimanere un po’ sola.
Sola con Rob e Joy.
 

«Signorinella, torna immediatamente seduta!»
Ciò che mi faceva stare un po’ meno bene era l’incessante, maniacale preoccupazione di mia madre per  me da quando avevo partorito.
Viste e considerate le complicazioni che c’erano state durante la gravidanza, i medici si erano raccomandati massimo riposo, cosa che Jules Mann-Stewart non dimenticava neanche un istante di ricordarmi. In quanto ad ossessività, se la batteva alla pari con Rob.
«Volevo solo andare in cucina a bere» dissi, innocentemente.
«Puoi chiedere a qualcuno, non c’è bisogno che sia tu ad alzarti»
«Mamma, ho partorito, non sono malata!»
«Sì, ma sei debole e la dottoressa ha detto che devi rilassarti, non devi fare sforzi…» Blah, blah, blah «E non fare quella faccia!»
«Sai, mentre perdevi tempo parlando, sono già arrivata a destinazione e guarda un po’? Sono viva» le feci notare  un po’ acidamente.
Aprii il frigo e presi una bottiglietta d’acqua, sbattendo lo sportello con forza. Per fortuna la guarnizione ne attutì il colpo o avrebbe fatto un gran rumore, rischiando di svegliare Joy. Mi poggiai al ripiano della cucina, cercando di godermi un po’ il silenzio. Provai a stappare la bottiglia sigillata ma trovai non poca difficoltà. Mi sforzai ancora po’, ma la mano continuava a scivolare a vuoto sul tappo. Ero a secco di energie. Fanculo.
«Dai a me…» Sbuffando, mi arresi e gli passai la bottiglietta, voltandomi verso di lui.
«Ti ha mandato mia madre?»
«Jules sarà anche asfissiante, ma nessuno supererà mai la paranoia del sottoscritto, mia cara» disse, passandomi la bottiglietta aperta e stampandomi un bacio «Avevo paura svenissi da un momento all’altro quindi ti ho seguita»
«Sto bene…»
«Sei stanca» notò, accarezzandomi una guancia.
«Un po’» ammisi.
«Se vuoi faccio partire l’allarme antincendio così scappano tutti e tu puoi riposare in santa pace» scherzò.
«Che idiota che sei» lo presi in giro, sorridendo. Bevvi un sorso d’acqua. «Sono tutti adorabili, ci vogliono un gran bene»
«Lo so, però… perché non vai a dormire un po’?» propose, dolcemente .
«Rob, non posso andarmene in camera e mollarli lì»
«Solo un’oretta» tentò di convincermi «Quando ti sveglierai, saranno ancora qui, non scappano. Anzi…» Già, anzi. Se avessero potuto, si sarebbero accampati nel nostro salotto.
«No, non è educato» borbottai, giocherellando con il tappo della bottiglietta.
«E chi se ne importa!» Gli lanciai un’occhiataccia «Okay, d’accordo» si arrese, sospirando tra i miei capelli «però almeno siediti sul divano e stai ferma lì. La dottoressa ha dett-»
«So cosa ha detto» sbuffai, irritata «Sono io quella che ha partorito quel giorno, nessuno l’ha notato?»
«Io l’ho notato. Le mie orecchie, che hanno dovuto sentire tutti quei fanculo e altre parole che non voglio neanche ripetere, lo hanno notato. La mia mano che hai stritolato e che, dopo tre giorni, è ancora dolorante lo ha notato…»
«Non esagerare, non l’ho stretta poi così forte» dissi, per discolparmi. Mi guardò sbalordito. «Caro, stavo partorendo tua figlia. Quello che avete provato tu e la tua fragilissima mano non è stato neanche un decimo del dolore che ho provato io in quel momento mentre la mia vagina si allargava fino a strapparsi per far uscire la sua test…»
«Okay, okay» mi interruppe, disgustato  dalla mia descrizione dettagliata «Stop. Mi arrendo. Hai vinto!» Soddisfatta, gli stampai un bacio.

 
«Il nasino è uguale al tuo, Kris, ma i lineamenti del viso assomigliano tanto ai suoi appena nato»
«Davvero?» Claire annuì sorridendo mentre cullava piano Joy, che si era addormentata placidamente tra le braccia della nonna dopo la sua poppata.
«Claire, non provare nemmeno a paragonare la mia meravigliosa nipotina a questo qui» disse Tom, indicando Rob «Guarda che brutta faccia che ha! Non capisco come abbia potuto contribuire alla creazione di questo capolavoro…»
«Non ti hanno mai insegnato come si concepiscono i bambini, Tom?» scherzò Rob. Risi, accoccolandomi di più tra le sue braccia.
«Le orecchie sono di Kris» intervenne mia madre.
«Non è vero, le sue orecchie sono perfette!»
«Anche le tue…»
«Ehi, Dumbo!» mi prese in giro mio fratello Taylor, facendo ridacchiare tutti. Mugolai imbarazzata, nascondendo il viso nel collo di Rob, che mi lasciò un bacio sulla fronte.
«Io adoro le tue orecchie» mi sussurrò, sorridendo e facendomi sorridere.
«Chissà di che colore saranno gli occhi» si domandò Cameron «Ora sono blu ma la maggior parte dei neonati li ha così»
«Saranno come quelli di Kris» affermò sicuro Rob. Lo guardai incuriosita da tanta convinzione «Fidati, sono come i tuoi» Lasciai perdere, nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea. Era testardo.
«Di certo non scuri»
«Lo spero per Rob» scherzò Tom, facendomi scoppiare a ridere. Rob prese un cuscino accanto a noi e glielo tirò dietro, lui si abbassò di scatto e lo schivò.
«E tu non ridere!»
«Scusa» ridacchiai, stampandogli un bacio sulla guancia.
 

La stanchezza cominciava a farsi sentire. Sentivo le palpebre cedere sul serio.
«Vuoi andare di sopra?» sussurrò Rob in modo che gli altri non lo sentissero. Sapeva che mi sarei sentita a disagio se fossero andati via a causa mia. Scossi la testa, dandogli un bacio leggero. Mi strinse più forte ed io mi accoccolai meglio a lui.
Le chiacchiere e le risate continuarono, ma non fui più capace di seguire il discorso poiché la stanchezza prese il sopravvento. Il vocio di sottofondo mi cullò verso l’incoscienza.
L’ultima cosa che sentii fu qualcuno che mi copriva con una coperta e le sue labbra che si posavano sulla mia fronte, in un bacio delicato.
 

«Hey, papi» Completamente incantato da sua figlia e con un sorriso ebete stampato sul viso, si voltò verso di me, distogliendo per un secondo lo sguardo da Joy, che dormiva nella culla. Era talmente assorto da non essersi neanche accorto della mia presenza.
«Hey, sei sveglia» bisbigliò dolcemente. Mi avvicinai, abbracciandolo e lasciandomi abbracciare nella penombra della stanza - l’unica luce proveniva dal corridoio e da qualche lampione che si poteva intravedere fuori alla finestra.
«Sono andati tutti via?» gracchiai, ancora assonnata.
«Sì, pochi minuti dopo esserti addormentata. Come ti senti?»
«Bene» sospirai, accoccolandomi ancora di più a lui. Mi studiò di sottecchi, per accertarsi che non stessi mentendo «Sto bene, sul serio»
«Okay» rispose, lasciandomi un bacio sulla fronte «Però tra poco torni a letto. La dottoressa ha detto che devi riposare e n-»
«Lo so, lo so, non ti preoccupare» lo tranquillizzai. Ero più rilassata, non mi alterai neanche all’udire delle parole “la dottoressa ha detto…” come avevo fatto per tutto il giorno. Finalmente c’era pace in casa. Il totale silenzio interrotto solo dal suono dei nostri respiri. Dei nostri tre respiri. Tornammo entrambi con lo sguardo a Joy, stregati da quella piccola creatura. «E’ meravigliosa» mormorai.
«Ed è tutta mia»
«Nostra»
«Pff, tu ormai l’hai sfornata, ora è tutta per me!» Ridacchiai, poggiando le labbra sotto il suo orecchio, dove lasciai un piccolo bacio per poi sussurrargli un «Siamo stati proprio bravi, ammettilo».
«Se c’è una cosa in cui siamo veramente bravi, è proprio quello» rispose, ammiccando.
«Sono così distrutta che non riesco neanche a pensarci, ti giuro» confessai, sedendomi sul letto e trascinandolo per mano con me «Conviene che ti trovi un’amante. O una bambola gonfiabile»
«Sai cosa? Dovrei chiedere se hanno conservato la bambola che usavamo sul set, quella a forma di te…»
«Che schifo, Rob! Faceva impressione! Oddio, no…» esclamai a mezza voce, mentre lui sogghignava piano per non svegliare Joy «Non sembravo così mentre partorivo, vero?»
«No, no» mi rassicurò, lasciando un bacio sull’angolo delle mie labbra «Eri bellissima» sussurrò, un bacio ancora «Sei bellissima». Sorrisi, voltandomi completamente verso lui e unendo le mie labbra alle sue.
«Ma se mi sento uno straccio per lavare a terra…»
«E invece sei ancora più bella di prima. E sei stata bravissima. Al contrario mio» ammise, scoppiando a ridere. Risi anch’io, accarezzandogli i capelli alla base della nuca. «Me la stavo facendo sotto! Ci sarebbe voluto qualcuno lì per consolare me, mi veniva da piangere!» Avvicinai il suo viso al mio mentre ridevamo entrambi al ricordo della sala parto. Due sclerati, fuori di testa, che si urlavano addosso di tutto, passando dai “ti amo” ai “vaffanculo” nel giro di pochi minuti, ma che alla vista della loro piccola creatura erano scoppiati in lacrime come dei bambini. La piccola creatura che, in quel momento, stava cominciato a piangere nella sua culla, attirando la nostra attenzione. «Che ha?» mi chiese, già preoccupato.
«Fame» risposi, stampandogli un ultimo bacio prima di alzarmi ed avvicinarmi a Joy. «Amore, ciao» le sussurrai, prendendola tra le braccia e cullandola piano mentre tornavo a sedermi accanto a Rob, che subito si strinse a noi, gli occhi che brillavano come due stelle in piena notte. Joy ricacciò immediatamente indietro le lacrime, come se il contatto l’avesse calmata. Era come se ci avesse riconosciuto, come se tra le mie braccia si sentisse al sicuro tanto da non dover piangere più. Ed era una sensazione stupenda, erano quelle piccole emozioni che mi facevano sentire madre.
«Piccolina» sussurrò Rob, con un sorriso enorme che gli illuminava il viso, mentre con un dito le sfiorava la guancia liscia e rosea. Joy, con quegli occhioni dolcissimi che si ritrovava, ci guardava attentamente, muovendo piano la boccuccia «Hai fame, mm?»
«Già» sospirai, sbottonando la maglia del mio pigiama e portando la coda in cui avevo raccolto i capelli ad una lato, per allattarla. La avvicinai al seno e subito ci si attaccò, avida della sua poppata. «Whoa amore, sei affamata!» Sentii Rob sorridere accanto a me e poggiarsi piano con il mento alla mia spalla, gli occhi incollati a sua figlia. Mi voltai e lo fissai per un paio di secondi. Lo avevo visto allegro, di buonumore, entusiasta. Lo avevo visto esaltato, eccitato, emozionato. Lo avevo visto felice. Ma non avevo mai visto quella particolare luce nei suoi occhi… «Sai cosa mi ha detto Tom un paio di giorni fa?» Mi guardò, incuriosito, il viso vicinissimo al mio. «Che ti ha visto guardare con quegli occhi solamente un’altra persona in tutta la tua vita»
«Che occhi?»
«Questi. Quelli con cui guardi Joy. Quello sguardo…» Mi sorrise, con uno dei sorrisi più belli che gli avessi mai visto sul viso, perché sapeva esattamente di cosa parlavo. Sapeva esattamente di quale sguardo mi aveva parlato Tom. Quello sguardo innamorato. Quello con cui gli aveva visto solamente guardare me.
«Sai invece cosa mi ha detto tuo padre?» mi domandò, le labbra sulla mia fronte, dove lasciò un bacio «Che quando vedrò un giovanotto guardare Joy con questi occhi, sarà il giorno in cui dovrò seriamente preoccuparmi» disse, ridendo. Scossi la testa esasperata, alzando gli occhi al cielo. Sono padri, condannati ad essere gelosi delle loro figlie.
Sentii Joy allontanarsi dal seno, finalmente sazia. La adagiai cautamente sulla mia spalla, scuotendola un po’ in attesa che… Mmm, complimenti. «Amore! Cos’era quello?» rise Rob, stupito dalla potenza del ruttino di sua figlia, lanciandomi un’occhiata divertita.
«Sei tutta tuo padre, cucciola» le sussurrai divertita, baciandole la testolina. La avvolsi nella sua copertina – era Gennaio, il suo arrivo era stato un fantastico regalo di Natale in ritardo – e la adagiai tra le braccia di Rob «Tienila un po’ tu prima che si riaddormenti» Pronto la afferrò anche se, in cuor suo, aveva sempre paura di poterla rompere. Mi inginocchiai dietro di lui, il mento poggiato sulla sua spalla, e lo abbracciai stretto alle spalle, mentre entrambi eravamo persi nel guardare Joy, tranquilla tra le sue braccia.

E pensai che quel momento era semplicemente perfetto.
C’era vita.
C’era gioia.
C’era amore.
C’eravamo io, lui e Joy.
Quindi… sì, era tutto perfetto.

Noi eravamo perfetti.

 

Piccole notine.
Volevo che fosse semplice, perché non credo che ci sia niente di più puro di momenti come questi.
Avrei dovuto postare un po’ di tempo fa, ma ho deciso di farlo oggi, piccolo regalo per la nostra amata Letizia. È soprattutto colpa sua se io, Fio e Cloe abbiamo cominciato a scrivere su Joy, quindi ERA DI DOVERE!
Ora fatele tutti gli auguri, su u.u
Quella piccola scritta in grassetto… beh, finché non l’ho riletta non mi ero accorta di aver praticamente scritto il titolo della raccolta. Il che è un bene, perché siamo proprio all’inizio della vita di Joy.
Okay, ho deciso una cosa.
Ormai mi sono rassegnata. A me vengono i mente solo dei flash e il fatto che io posti raramente è perché ogni volta devo sforzarmi per trovare dei contesti in cui inserirli, senza essere banale. Quindi ho deciso che posterò storie più brevi ma lo farò più spesso, perché se aspettiamo la mia fantasia… buonanotte xD
Per oggi è tutto, alla prossima!
Byeee byeee <3

 
Ah, se volete vi invito a leggere le mie nuove shot, Bluberry pie (una Edward/Bella completamente umani) e She needs her mother (Daddy Edward <3). Per chi me lo ha chiesto: Menta e Cioccolato la aggiornerò presto, devo solo concludere la shot. Così anche When it rains. Don’t worry! Bye.

 

 

ULTIMA COSA: sono entrata anch’io nella rete come autrice, potete trovarmi su Facebook qui.
Per qualsiasi domanda o sclero sulle mie storie e no, NON ESITATE!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Christmas pics ***


E’ microscopica, ma non avevo niente da fare.
Ecco a voi. Questa è per Mel.
Auguri in ritardo, Lunetta :) 
 

 

Christmas pics;



«Amore, guarda papà!»

«Joy! Joy, guarda qui! Guarda papino!» 

Joy alzò lo sguardo dal giocattolo appena ricevuto sul quale era concentrata e guardò Rob, che seguiva ogni suo movimento con la videocamera.

«Amore, fai ciao!» continuò lui, con la vocina riservata solo a Joy e un sorriso enorme sul volto, salutando con la mano e sperando che Joy lo imitasse. Speranza che morì nello stesso istante in cui la piccola girò la testa e tornò ad occuparsi della sua renna rosa canterina, ignorandolo completamente.

Era il suo primo Natale e volevamo immortalare ogni istante.

Ma nostra figlia di undici mesi aveva ben pensato di non degnarci di uno sguardo. E, in più, non stava ferma un secondo. 

Se tentavamo di bloccarla un solo attimo da qualunque cosa stesse facendo per scattarle una foto, scoppiava a piangere come una disperata. Così avevamo provato con un video ma non era andata meglio. 

«Niente, oggi non ne vuole sapere» sbuffò Rob, chiudendo lo sportellino con lo schermo e alzandosi.

«E’ presa dal regalo, più tardi ti darà retta» lo rassicurai, passandogli la fotocamera «Falle qualche foto nel frattempo…»

«Faccio schifo come fotografo, lo sai» mi disse, un po’ imbronciato «Scattale tu» Accesi la fotocamera e mi accovacciai dove prima era seduto lui.

«Joy, Joy… guarda la mamma!» 

La piccola alzò di nuovo lo sguardo dalla renna canterina e si voltò verso di me. Non appena vide la fotocamera, cominciò a ridere e a gattonare scattante verso di noi. Rob le corse vicino, pronto ad afferrarla se avesse perso l’equilibrio.

«Perché con te sì e con me no? Mi ritengo offeso!»

«La mamma è sempre la mam… no, come non detto» mi interruppi appena Joy afferrò la custodia della fotocamera che avevo poggiato accanto a me e cominciò a giocarci. Stava per metterla in bocca quando io e Rob la fermammo. «No, amore…»

«No, questa non in bocca» le disse Rob prendendogliela dalle mani e cercando di guardarla negli occhi ma le si allungava verso la custodia, piagnucolando «No, non si ciuccia» ripeté Rob, nascondendo la mano con la custodia dietro la schiena. Joy, imperterrita nell’ottenere quello che aveva deciso essere il suo nuovo giocattolo, aggirò il padre gattonando. Robert rise, alzando la mano in aria e Joy lo seguì con lo sguardo, cercando di alzarsi per afferrarla.

«Ta-ta-taaaaaa!»

«Ta-ta-ta che? Eh?» la prendeva in giro, inginocchiato di fronte a lei. «Vuoi questa?»

«Ghù» fece un tono gutturale, che avevamo imparato  riconoscere come un sì, montando su uno sguardo da cucciolo. Rob la avvicinò alle sue manine ma, appena fece per afferrarla, la allontanò velocemente.

«Non c’è più!» esclamò, fingendosi stupito.

«Ta?» disse Joy, guardandolo triste. Così Rob la tirò di nuovo fuori e i suoi occhietti si illuminarono «Ta!»

La avvicinava e la nascondeva. E Joy rideva.

Rideva di una risata cristallina, divertita, meravigliosa.

Pura.

E noi ridevamo con lei.

«Eccola qui, e… puff! Sparita!» ripeteva lui. Ogni volta che la custodia riappariva, Joy lanciava un gridolino allegro. «Ah! Sparita. Ah! Sparita. Ah, sparita, ah, sparita, ah sparita ah sparita, aaaah!» Rob cominciò a riempirle il viso di baci per distrarla, mentre lei rideva allegra «Ti mangio tuttaaaa!» esclamò, passandomi velocemente quel benedetto affare da dietro la schiena. «Falla sparire» mi sussurrò, voltandosi per un secondo. Scoppiai a ridere. 

Joy aveva cominciato già da un po’ a mettere mani ovunque. Gattonava veloce come un razzo e dovevamo tenerla continuamente sotto controllo.

Mi avvicinai alla porta della nostra camera, la lanciai sul letto e tornai in salotto. Mi posizionai a gambe incrociate sulla poltrona per godermi quello spettacolo.

Joy e Rob.

Sul tappeto, dietro di loro l’albero di Natale illuminato, i regali di Joy sparsi per il pavimento.

Ridevano, come se i bambini sdraiati lì sopra fossero stati due.

E finalmente potei scattare la foto.

«Chiamala, su… Mamma, vieni qui con noi?» disse Rob appena notò che li stavo fissando, tenendo la piccola tra le braccia «Mamma!»

«Ma-ma-maaaaaa!» balbettò lei, allungando le braccia verso di me.

Non me lo feci ripete due volte e li raggiunsi, buttandomi a terra con loro.

E così trascorremmo il nostro primo Natale.

Il primo Natale della nostra famiglia.

 

 

 

 

Note “jinglebelliose”.
Ci vediamo presto con qualche altra cosa - non so cosa – sicuramente prima di Natale.
Potete trovarmi anche su facebook ora, nella mia pagina autrice (OOOOOOOOOH u.u) che trovate qui. Vi aspetto in tanti! Bye bye <3

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** I wanna be... ***


Piccola one shot per questo domenica pomeriggio.
Spero sorridiate almeno un po’.
Ciao :)
 

 

 

I wanna be...

 

Su. Giù. Su. Giù.

Su… e giù.

Scendeva e risaliva.

Scendeva ancora… e risaliva un’altra volta.

Era questo ciò che faceva mia figlia più o meno da mezz’ora, consumando il parquet delle scale che portavano al piano superiore di casa.

Scendeva lentamente in salotto, lanciava un’occhiata indecisa in mia direzione, poi scuoteva la testa e tornava su spedita come un razzo. E questa scenetta si ripeteva all’incirca ogni cinque minuti.  Sicuramente pensava non l’avessi vista.

Sembrava pensierosa. Anzi, piuttosto… combattuta.

«Cosa sarà preso a tua sorella? Eh, bambolotto?» sussurrai a David, che giocava tranquillamente nel suo box al centro del salotto. Ma tutto ciò che mi rispose fu un «ta, ta, ta», mentre sbatteva ripetutamente la testa di un innocente Winnie the Pooh di peluche contro una macchinina di gomma.

Mi alzai dal pavimento e mi sedetti sul divano lì vicino, così da continuare a tenerlo d’occhio ma capire cosa passasse per la testa di mia figlia. Forse aveva combinato qualcosa e aveva timore di dirmelo per non beccarsi un rimprovero. Ma, conoscendola, tutto quello che potevo immaginare era al massimo un brutto voto a scuola.

«Joy?» la chiamai quando vidi il suo bel faccino affacciarsi da dietro il passamano delle scale per l’ennesima volta. Balzò sul posto, come se fosse stata colta a fare qualche marachella e ora avesse paura del rimprovero. Okay, questo è decisamente strano. «Amore, mi dici che succede?»

Sbuffò per essere stata beccata, mollando il pomello del corrimano a cui era poggiata e avvicinandosi al divano. La guardai in attesa che dicesse qualcosa finché non decise di parlare. «Voglio andare a danza» annunciò.

«Cosa?» le chiesi di getto, forse un po’ troppo sbigottita perché lei borbottò un «ecco, lo sapevo» tra sé e sé. «No Joy, sono solo stupita» spiegai subito, tranquillizzandola per tono che avevo usato involontariamente «Cosa hai detto?»

«Che voglio fare la ballerina» affermò, questa volta decisamente più convinta.

«E da quando?»

«Da taaaaaaanto tempo» rispose lei. La fissai, confusa.

«E perché non me lo hai detto?» Non aveva mai espresso il desiderio di frequentare lezioni di nessun genere, specialmente di danza. Certo, andava in giro per casa saltando e facendo qualche piroette qua e là, ma non l’avevo mai presa seriamente. Forse aveva trovato la sua passione, ma non capivo tutto quel timore di pochi minuti prima.

«Avevo paura che mi dicessi di no. Però poi ho chiesto a nonna Jules e mi ha detto “tranquilla, dillo a mamma” perché anche tu hai fatto i film quando avevi la mia età quindi non mi avresti detto di no. E ora te l’ho detto» concluse.

«Okay…» risposi, parecchio sconcertata da tutta quella spiegazione, tornando al punto principale della discussione «Ma ne sei sicura? Perché per diventare ballerina ci vuole tantissimo impegno…»

«Lo so, lo so. Con la scuola siamo andati a teatro e abbiamo visto i saggi di quelli che suonavano, quelli che facevano karate e quelli che ballavano e ci hanno spiegato tutto tutto. Lo so, ma io m’impegno, te lo giuro!» Sorrisi per tutto quell’entusiasmo che potevo benissimo capire. In lei rivedevo veramente me da piccola e sapevo anche qual era la cosa giusta da fare, nonché ciò che avevano semplicemente fatto i miei genitori con me. Incoraggiarmi e sostenermi, sempre.  

«Hai chiesto a papà?» Ma a quella semplice domanda, il visino di Joy si scurì un po’.

«E se mi dice no?» fece, preoccupata.

«Prova a chiederglielo, è nello studio» risposi, indicandogli la porta con il capo. Come se Rob le direbbe mai detto no, pensai. «Dai, vai…» Mi guardò di nuovo indecisa, per poi scuotere la testa.

«Quando esce» affermò. Da dove nasceva tutta questa paura? Solitamente sarebbe andata in giro saltando dalla gioia e ripetendo “tanto Papi mi dice sìììì”, come fosse una cosa scontata. Perché lo era, in effetti. Invece questa volta la vedevo parecchio restia.

«Su, bussa ed entra, tanto sta perdendo un po’ di tempo con la chitarra» la incoraggiai, ma lei scosse ancora la testa sussurrando “dopo, dopo” e sedendosi accanto a me sul divano. «Joy, che c’è? Perché non vuoi chiederlo a papà?» domandai, accarezzandole i lunghi capelli che, man mano cresceva, si scurivano sempre più. Lei fece spallucce, continuando a fissare suo fratello – in quel momento impegnato a torturare un piccolo Tigro – davanti a sé,  il mento poggiato su una mano e l’espressione pensierosa. «Joy…»

«Ma non è che… papà vuole che io faccio pianoforte?»

«Perché dici questo?»

«Perché lui è contento che suono» rispose, un po’ triste «però io non voglio fare quello» Mi si strinse il cuore, intenerita. Aveva paura di deludere suo padre. Era vero, Rob le aveva insegnato qualcosa al piano e alla chitarra, come io le avevo insegnato a leggere e a scrivere già a cinque anni, ma solo perché lo aveva chiesto lei. Era brava perché era estremamente intelligente e noi ovviamente ne andavamo fieri, ma non l’avremmo mai costretta a fare nulla. Volevamo trovasse la sua strada come noi avevamo trovato la nostra.

«Scemina, papà vuole solo che tu faccia ciò che vuoi e che ti renda felice. Non pensare neanche ad una cosa del genere» cercai di rassicurarla, guardandola dritto negli occhi.

«Sicuro?»

«Certo»

«E il pianoforte?» mi domandò, titubante «Perché a me piace, però…»

«Lo suonerai a casa quando vuoi, se vorrai» la tranquillizzai «Ora vai e chiediglielo, su!» Joy mi guardò, ancora un po’ indecisa «Vengo anch’io, dai…»

«Okay» disse rincuorata, scendendo dal divano. La seguii fino alla porta dello studio, alla quale bussò – Joy che bussa in casa? Un miracolo! -, poi aprì piano, infilando la testa dentro. «Papi?» Mi appoggiai allo stipite per osservare la scena. Joy quasi tremava dall’agitazione. Era davvero ipersensibile, ma soprattutto era veramente attaccata a suo padre. Lanciai un’occhiata intenerita a Rob, che mi guardò confuso. Probabilmente aveva notato anche lui la vocina tremante di Joy, cosa che non le si addiceva proprio. Era sempre così sicura di sé.

«Principessa, che succede?» le chiese, avvicinandosi e aprendo del tutto la porta. Joy dondolava sui suoi piedini, agitata, con lo sguardo basso. «Hey piccola, che c’è?»

«Posso… posso andare a scuola di danza?» mormorò, quasi timorosa di ricevere un rimprovero. Notai com’era passata dal voglio andare al posso andare.

«A scuola di danza?» chiese lui, confuso quanto me. Joy annuì, senza alzare lo sguardo. «Vuoi fare la ballerina?»

«Sì…»

«Mamma che ha detto?»

«Ha detto sì»

«Allora lunedì ti accompagno ad iscriverti, okay?» Joy alzò la testa di scatto, fissando il padre incredula.

«Davvero?»

«Certo» rispose lui, tranquillamente. Gli occhi di Joy si illuminarono e un sorriso enorme le comparì sul viso.

«Grazie, grazie, grazie! Grazie Papi, grazie Mami!» esclamò, cominciando a saltellare e scappando via dallo studio mentre urlava «Faccio la ballerina! Sììììììììì!» La seguii con lo sguardo e risi di cuore: quella era mia figlia. Mi avvicinai a Rob, che mi guardò con sguardo interrogativo.

«Aveva paura le dicessi di no» gli spiegai.

«Perché?» domandò, stupito.

«Aveva paura di deluderti… Sai, che volessi prendesse lezioni di pianoforte invece che di danza…» Rob alzò gli occhi al cielo, divertito per quella reazione.

«Che sciocchezze!»

«Già»

«Come se la obbligherei mai a fare qualcosa…»

«Gliel’ho detto anch’io»

«Non potrei mai costringerla a studiare pianoforte… o chitarra…»

«Infatti…»

«Tanto sarà David il musicista!»

 

 

 

 

 

 

 

 

Certo, Rob. Convinto.
E Joy vuole fare la ballerina! Chi se lo sarebbe mai aspettato? Tutti.
Io ho il trauma di quei saggi che ti portano a vedere con la scuola, però grazie a uno di questi ho fatto i miei anni d’oro di pianoforte, che rimpiango come non mai. Perché i miei non mi hanno costretta a continuare? Uffa, ho avuto troppa libertà LOL
Okay, a parte i miei non problemi dell’infanzia… David per cosa sarà più incline? La musica come vuole papino Rob o altro? Vedremo, ma tanto si sa che i figli non fanno mai ciò che sperano i genitori xD
Bene, mon c’è nient’altro da dire. Grazie a chi segue, a chi recensisce (vi adoro!), a chi legge solamente. È una delle mie più grandi soddisfazioni farvi sorridere con così poco, sul serio.
Ieri ho pubblicato il prologo della mia nuova fanfiction, Beautiful Mess – è una EB (AU), se vi va fateci una salto. Come, sempre se vi va, venite a trovarmi su facebook nella mia pagina “autrice”. Anche solo per sclerare, minacciarmi di morte o imbrattarmi la bacheca.
Un in bocca al lupo a Cloe, che domani ha un esame e… alla prossima shot. 
Bye!
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=465611