Love, Live and Joy di redcokehobos (/viewuser.php?uid=79843)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Love, Live and Joy ***
Capitolo 2: *** Happy (pink) Bday! ***
Capitolo 3: *** London: the dream comes true! ***
Capitolo 4: *** Daddy, Peter Pan and Pink Candy Cloud ***
Capitolo 5: *** Goodbye, Kris. ***
Capitolo 6: *** Something Good ***
Capitolo 7: *** Happy meal, happy family! ***
Capitolo 8: *** Complementary colors of the life ***
Capitolo 9: *** Little Pattz men ***
Capitolo 10: *** He is not hot... he is daddy! ***
Capitolo 11: *** I'm an actress. I'm a mum. ***
Capitolo 12: *** Wake up in the morning feeling like… fuck! ***
Capitolo 13: *** Just perfect ***
Capitolo 14: *** Christmas pics ***
Capitolo 15: *** I wanna be... ***
Capitolo 1 *** Love, Live and Joy ***
Eccomi qui - ancora!
direte -
con una one shot mooooooolto speciale (:
Un momento di serenità in un roseo futuro Robsten...
- e il termine roseo
non è casuale :D -
La posto per la gioia di qualcuno *fischietta evasiva*
e la dedico a tutte le pazze che mi riempiono il pomeriggio di sclero e
la cronologia
di msn (:
Buona lettura!
Love,
Live and
Joy
“E chi
c’è qui? E chi c’è
qui?” continuava a ripetere
con una vocina stupida, facendo il solletico sul pancino della bambina
“... C’è
Joy! Joy? Joy? Ciao Joy!” ripeteva battendo le mani - mi
sembrava tanto mia
madre! - ma la bambina lo fissava, immobile, con
un’espressione
indecifrabile.
“Secondo me ti sta mandando a quel paese...”
commentai, seduta sul divano a
godermi la scena.
“Invece no” ribatté Rob, facendomi una
smorfia “...non lo farebbe mai perché
lei ama il suo papino... vero Joy?” disse, rivolgendosi alla
bambina di nuovo
con quel tono... stupido.
“Invece sì, perché è mia
figlia, ed io da piccola odiavo chi faceva così con
me, li mandavo tutti a quel paese...” dissi, alzandomi dal
divano e andando a
liberare la piccola da quella tortura psicologica. La alzai in aria e
la portai
all’altezza del mio viso “... non è
vero, amore di mamma?”
“Ma dillo alla mamma che le sue zie brutte, vecchie e
antipatiche non sono il tuo
bel papà!” le disse, dandole un bacio sulla
guancia. Guardai l’orologio: era
ora di mangiare.
“Bel papà, vai a preparare un po’ di
latte per sfamare questa boccuccia!”
Fece un piccolo inchino. “Al vostro servizio, mie belle
fanciulle!” poi sparì
dietro la porta della cucina.
“Ribadisco: è mia figlia, non te la caverai
incantandola come con il resto
delle donne!” gli dissi a voce alta per farmi sentire fino in
cucina, poi, con
la piccola in braccio, lo raggiunsi. Stava armeggiando con tutti gli
attrezzi e
quando ebbe finito, mi passò il biberon, ma lo guardai
sconcertata.
“Che c’è?” mi chiese, con fare
innocente.
“Robert” dissi, cercando di reprimere la mia voglia
di staccargli la testa “...
mi spieghi perché il latte della bambina è
marrone?”
“Beh, i biscotti per neonati sono finiti così ho
messo quelli al caffè” mi
spiegò “sai quelli che mi piacciono tanto, con le
gocce di cioccolato...”
Sospirai, rassegnata. “Signore, perché
l’hai fatto così idiota?” Gli passai la
bambina in braccio, che fece cominciare a volare in aria,
sempre
parlandole con la vocina stupida, e aprii l’anta di un
pensile. “I biscotti
sono qui!” gli dissi, indicandoli.
“Ma quelli hanno la confezione blu!”
“E’ solo cambiata la grafica!”
“Ah...” disse stupito. Continuai a preparare
l’altro biberon, quando ad un
certo punto disse “Scusa, ma facciamole provare quelli al
caffè!”
“Vuoi davvero dare i biscotti al caffè con il
cioccolato ad una bambina di 8
mesi?” gli chiesi scioccata.
“Beh, che c’è di male, deve cominciare a
cambiare sapori, non solo pastina,
formaggino, latte e biscotti...”
Mi girai a guardarlo. “Guarda, per una volta nella tua vita
hai detto una cosa
giusta... ma non il caffè e il cioccolato! Ci
manca solo che viene su
come te, per giunta con la diarrea!” dissi, ridendo.
“Cosa?” disse Robert, avvicinando la boccuccia
della bambina al suo orecchio
“Come hai detto, amore? Ci vuoi un po’ di
caffè?” le chiese, facendomi ridere
“... e che caffellatte sia!” acconsentì.
“Visto? Lo dice pure lei!” Scossi la
testa, ridendo, mentre mettevo i biscotti – quelli giusti!
– nel biberon, poi
mi sedetti ad una sedia e mi misi Joy seduta sulle gambe, per darle da
mangiare. Robert si sedette a terra, di fronte a noi, per arrivare
all’altezza
della bambina. “La prossima volta lo correggiamo con un
po’ di scotch!”
mormorò, con fare da complotto, a Joy che intanto beveva il
latte,
completamente incantata dal padre.
Okay, come non detto: le ammaliava tutte!
Ma anche Robert non era da meno. Lui era praticamente devoto a
sua
figlia. Dicevo sempre che, quando sarebbe cresciuta, lo avrebbe
convinto a
farle fare qualunque cosa. Anche se era tremendamente geloso. E
paranoico.
Appena nata cercava tutte le scuse possibili ed immaginabili per non
farla
prendere in braccio dai parenti per troppo tempo, come se potessero
consumarla.
“Non
tenerla troppo tempo così vicino a
te...” disse a sua sorella Lizzie, che stava cullando Joy.
“Perché?” chiese lei, stupita.
“Potresti avere dei virus!”
“Stai scherzando, vero?” gli chiese, con
un’occhiataccia.
“No... e alzale la testa, se no si fa male!”
“La sto tenendo alzata, Robert!” rispose seccata
lei.
“Allora alzala di più!” insistette.
Lizzie sbuffò. “Credo di avere un po’
più istinto materno di te, sai com’è...
sei un uomo!”
“Ma vedi! Non si prende così... le potrebbe venire
un trauma cranico!” la
riproverò.
“Sei leggermente paranoico!” disse lei, ironica.
“Robert...” lo rimproverai, con
un’occhiata del tipo NON ROMPERE LE SCATOLE.
“Kristen, questa è capace di smontarle la testa,
io ho visto che fine hanno
fatto tutti i suoi bambolotti!” mi disse, togliendole la
bambina dalle braccia
e accoccolandosela a lui. “Vieni da papà,
amore...”
Lizzie mi guardò sconcertata ed io non potei fare altro che
ridere.
“La incanti,
Robert...” gli sussurrai.
Scosse la testa. “No, è lei che incanta me: per
quegl’occhi potrei uccidere...”
mormorò “che poi, guarda caso, sono gli stessi
della mamma...” aggiunse,
sorridendomi. Abbassai lo sguardo, un po’ in imbarazzo, sulla
bambina, che nel
frattempo aveva finito il latte. “Vieni un po’ da
papà, che tra un po’ deve
andare a lavoro” le disse, alzandosi e prendendola in
braccio, mentre io andai
a lavare il biberon. “Ricordati, principessina: non fare mai
l’attrice”
cominciò, con tono da padre serio “se no poi mi
diventi famosa e incontri
brutta gente, come la mamma...”
“Hey!” protestai, ma continuò, senza
darmi retta.
“Non fare la cantante country, se no muori di fame come zia
Lizzie... non ti
fidanzare mai con un vampiro, o una scimmia... diventa ragioniera, o
medico, o
insegnante, scegli tu...”
“Soprattutto, non ti far mai abbindolare dall’uomo
più sexy dell’anno” aggiunsi
“perché alla fine è sempre stupido come
il tuo papà!”
“Te lo sta dicendo una che fa l’attrice ed
è stata sia con un vampiro che con
una scimmia: a te la scelta di chi fidarti tra i due!” Joy
rispose con un
risolino allegro che fece illuminare il volto di Robert.
“Ottima scelta
piccolina! Quando torno ti porto qualcosa...”
“No, no, la stai corrompendo, non vale!” dissi, con
finto disappunto, poi
guardai l’orologio. “Rob tra un po’ devi
andare, vai a prepararti...”
Ci pensò un attimo. “E se... non ci
andassi?”
“Robert...” lo rimproverai. Era sempre la solita
storia: non si voleva separare
dalla figlia neanche per andare a lavoro.
“Allora mi porto Joy insieme sul set...”
“Rob!”
“Okay, okay... non ti incavolare...” si arrese,
dandomi la piccola in braccio
che, appena il padre si allontanò di un passo,
cominciò a piagnucolare,
agitandosi con le braccia verso di lui. La cosa era reciproca.
“No, amore, non
cominciare a piangere!” cercò di consolarla lui,
avvicinandosi di nuovo, ma Joy
non voleva saperne: stava quasi per scoppiare a piangere.
“Papà torna presto, tesoro...” le
sussurrai, cullandola un po’ per calmarla, ma
continuava a lamentarsi, sporgendosi dalle mie braccia verso Robert.
Sospirai.
“Dai, vai, si sta facendo tardi, tanto tra un po’
si calma...”
“Non la lascio mentre piange!”
“Sai com’è: senza protagonista, sul set
di un film, non girano!” gli ricordai,
ironica.
“Appunto, aspetteranno...” mi rispose,
tranquillamente.
Sospirai. “Robert...”
“No...”
“Ecco da chi ha preso Joy la testardaggine...
Robert...” lo rimproverai, per
l’ennesima volta.
“Non mi schiodo da qui finché non si
calma” mi disse, deciso, mentre Joy
continuava a dimenarsi. “Su, la prendo io...”
sussurrò, allungando le braccia.
“ROOOOB!” Un grido ci fece rimanere congelati sul
posto. Non ero stata io a
parlare, e neanche lui. Una vocina lo aveva chiamato, anzi strillato
quasi come
una pretesa, anche se la R si era a malapena sentita. Ci guardammo
negl’occhi e
poi abbassammo lo sguardo su Joy, che ora si era calmata un
po’, visto che suo
padre le stava dando attenzione. Ma non era possibile...
“Che hai detto, amore?” le chiese, tutto
emozionato, quasi sull’orlo delle
lacrime. “Hai detto Rob?”
“Ma no, dai...” cercai di convincerlo, anche se
anche a me era sembrato di
sentirlo “sarà stata la nostra immaginazione!
È troppo piccola per parlare...”
“Kris, ha detto Rob, l’ho sentita!”
ribatté convinto, poi tornò a rivolgersi
alla bambina “Dillo di nuovo, amore... Rob... Rob...
Rob!” Ecco che riattaccava
con la vocina stupida.
“Ma non ha detto ROB! Era più
un ooob... poteva essere qualsiasi
cosa... un semplice lamento come gli altri... oppure Bob...
Tob...
Sob... bombolone alla crema...”
Robert mi guardò con un
sopracciglio alzato. “Che c’è?”
“Certo, perché è più
ragionevole che volesse dire bombolone alla crema invece
che Rob...”
Feci spallucce. “L’hai detto anche tu: magari vuole
conoscere nuovi sapori...”
“...OOOBEEEEERT!” gridò di nuovo la
piccola, richiamando di nuovo l’attenzione
del padre su di sé. Rimasi di stucco, senza parole. Mia
figlia aveva detto la
sua prima parola, ed era stata Robert. Quel Robert
che, ovviamente, me
la strappò dalle braccia e se la strapazzò tutta,
saltando come un bambino che
aveva trovato il regalo che desiderava sotto l’albero di
Natale. Ma Joy era
troppo piccola per parlare, o per lo meno, per parlare così.
Le uniche
cose che aveva detto fino ad allora erano suoni senza senso, ma ora
avrebbe
dovuto continuare con cose tipo bau bau, pappa...
o per
esempio...
“Ma la prima parola non dovrebbe essere mamma?!”
chiesi, indignata.
“Mi dispiace amore, nostra figlia è
l’eccezione che conferma la regola! È
troppo intelligente per semplici parole come mamma!”
mi rispose, tutto
orgoglioso. Almeno, ora che era in braccio a lui, Joy aveva smesso
completamente di lamentarsi e aveva cominciato a ridere. Sbuffai:
dovevo
ammetterlo, ero un po’ gelosa.
“Robert, ora è veramente tardi... e voglio proprio
vedere come convincerai tua
figlia a staccarsi da te senza aprire le dighe!” dissi,
lanciandogli
un’occhiata di sfida, poiché sapevo benissimo che
era un’impresa impossibile.
“Guarda il maestro all’opera!” mi
rispose, prima di avvicinarsi al seggiolone e
far sedere dentro Joy. Si avvicinò all’orecchio
della piccola e le sussurrò
qualcosa, la guardò dritta negl’occhi e Joy fece
un risolino, al quale
ovviamente anche Robert si mise a ridere, poi le diede un bacio sulla
fronte.
Quando si allontanò, Joy non si mise a piangere, ma
cominciò a giocare
tranquillamente con un pupazzo che c’era sul tavolino del
seggiolone. Lo
guardai stupita mentre si avvicinava a me.
“Come cavolo hai fatto?” gli chiesi, sconvolta.
“L’hai detto tu prima: è pur sempre tua
figlia” mi sussurrò all’orecchio, poi
mi stampò un bacio prima di indossare la giacca che era sul
divano. “Io vado,
mie donne: ci vediamo domani mattina!”
“Che girate stasera?” gli chiesi, risvegliandomi
dal mio stato confusionale in
un attimo – se c’era una persona a cui tenevo
quanto a Joy, e di cui ero gelosa
marcia, quello era Robert - e avvicinandomi a nostra figlia.
“Esterni... un appuntamento che, ovviamente, finisce con del
sesso sfrenato!”
disse, prendendomi in giro.
Gli risposi con una linguaccia. “Non lasciarne troppe
incinte!”
“Starò attento... ciao!” Vidi
Robert chiudere la porta e poi mi voltai
verso Joy. “Perché non ne vogliamo altri bimbi,
vero?” le chiesi mentre la
prendevo in braccio, ma la piccola mi fissò sorridente,
completamente
indifferente a ciò che stavo dicendo. “Oppure lo
vorresti un fratellino?”, ma
Joy continuava a giocare con il suo pupazzo. “Non te ne
può fregar di meno...”
conclusi. Guardai l’orologio: si era fatto tardi.
“Beh, andiamo a dormire,
piccolina...” dissi, portandola nella culla, ma appena la
poggiai dentro,
cominciò a lamentarsi: non voleva dormire. “Dai,
Joy, pensa che quando ti
sveglierai ci sarà papà...” cercai di
convincerla “su, dormi, amore di mamma!”
Le diedi un bacio e rimboccai la copertina, ma appena mi allontanai di
poco,
sentì un urletto provenire dalla culla. “Ma...
maaaa... mam-maaaa!”Aveva
detto mamma. Più balbettato, che detto,
ma lo aveva detto. Finalmente lo
aveva detto. Mi avvicinai di nuovo alla culla, e lei
ricominciò a ridere, con
uno sguardo furbetto. La guardai, cercando di trattenere un sorriso, ma
non ci
riuscii.
“Si sbaglia tuo padre, tu non sei intelligente... tu sei paracula!”
Spazio
tutto mio *____*
Okay, ora rispondo a tutte le recensioni della scorsa cazzata
drabble su
Robsten, "Il primo amore non si scorda mai"... Povera chitarra
ç_ç
@Broken Heart: Ciao! No, purtroppo non la continuo, la lascio
così: una piccola
drabble solitaria in questo universo. Per ora ho altre idee in testa,
ma non si
sa mai (: Sono contenta che ti sia piaciuta! Comunque l' "entrambe"
era riferito a Kris e alla chitarra: lo sappiamo che Robert
è innamorato anche
della musica *_* grazie per aver letto e recensito (:
@mokky: Ciao! Come ho già detto, lascierò la
drabble così, senza un seguito per
ora ma... mai dire mai :D Sono contenta che ti sia piaciuta a tal punto
di
metterla nelle preferite *me arrossisce*... grazie mille!!
@Fiorels:
Fiòòòòòòòò...
e non hai capito XD Vedi? Invece questa volta, di mia completa
e spontanea volontà *tosse*, ne ho scritta una su
di lei *__* su Joy *__*
sono contenta che ti sia piaciuta :D Spero ti piaccia anche questa, ed
aspetto
la tuaaaaa (: Un bacio!
@julietta__: Ciao Julietta! E anche tu poi non avevi capito che era la
chitarra
ç___ç vabbè, fa niente (: Ora eccone
una sulla piccolina... spero ti piaccia!
Ciao!!
@cloe cullen: Cloooooe :) Ma
sììììì
ribattezziamo anche la chitarra Joy!
Ahahah... sono contenta che ti sia piaciuta *__* Ed ora invece tocca
davvero
alla piccolina *___* spero che ti piaccia un po' anche questa e vale
anche per
te, aspetto la tua... un bacio!
@SeaOfLove: Oriiiiiii (: Che bello, ti è piaciuta! No, non
credo di
continuarla, ma poi... chi può saperlo! Mi potrebbe venire
qualche "botta
di crisi" delle mie XD Spero ti piaccia anche questa su Joy *___* Un
bacio!
@ledyang: "alla prossima, parlerà di Joy vero?" Eh, tu
chiedi, io eseguo
u_u Visto? Comunque sono felice che la drabble ti sia piaciuta... ora
goditi la
tua piccolina Un bacio dalla cess number two XD
@Struppi: Ciao! Non ti preoccupare, non sei la sola che non ha colto XD
E
comunque i film mentali su quei due ce li facciamo tutti XD Grazie per
aver
letto e recensito (:
@dot: nooooooooo, se è piacuta ad Hamtaro, posso morire
felice u_u Grazie mille
Letì, sono davvero davvero contenta che ti sia piaciuta
*___* Ora tocca alla
mia Joy... spero ti piaccia almeno la metà di quanto mi
è piaciuta la tua *___*
Un bacio.
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Capitolo 2 *** Happy (pink) Bday! ***
Buonasera!
Poichè la shot con Joy è piaciuta tanto, eccomi
con il bis (:
Spero possa piacervi!
Devo dire che se una
certa persona
non avesse insistito tanto, non sarebbe mai
venuta alla luce.
Quindi, se vi
farà sorridere almeno un po', ringraziate lei!
Buona lettura! (:
Happy
(pink)
Bday!
“Papà?” chiamai, cantilenando, Robert,
da
camera della piccola “vieni a vedere come siamo
belle!” continuai, aggiustando
il fiocco del vestitino di Joy.
“Arrivo!”
gridò lui dalla cucina.
“Papààààà?”
lo chiamò di nuovo Joy, con la sua
vocina squillante.
“Eccomi,
eccomi...” disse, comparendo vicino
alla porta e facendo il finto stupito quando vide la bambina.
“Oh! Chi è questa
bella bambina?” le chiese, con la voce riservata solo a Joy
– sì, un’evoluzione
della tipica vocina stupida -.
“E’
Joy!” rispose, ridendo divertita.
“Joy?”
chiese Rob, fingendo di non capire.
“E chi è Joy?”
“Io!”
gridò lei, facendo una giravolta e
facendo svolazzare la gonnellina del vestito.
“Davvero?”
chiese lui, stupito. La piccola
annuì,
sorridente. “Ma oggi Joy non compie gli anni?”
continuò, sempre con quella voce
da deficiente.
“Sì,
sì” rispose lei,
annuendo di nuovo.
“E quanti ne
compie?”
“Così!”
disse lei, allungando il
braccino verso
il padre e facendo tre con la manina.
“Non
è possibile, Joy è la mia bambina
piccolina! Non può avere già tre anni!”
“Papà...”
sbuffò lei
“Io sono grande ormai! E
poi...” continuò, portandosi un ditino al mento,
mentre pensava “...oggi faccio
così...” riprese seria, facendo di nuovo tre con
le dita “...basta la vocina
stupida!” Robert rimase di stucco e mi guardò
stupito, mentre io cercai in tutti i modi non scoppiare a ridere.
Era il compleanno di
Joy: tre anni. La mia
piccola peste compieva già
tre
anni. Ovviamente, la principessina
di casa non
aveva chiesto, ma aveva PRETESO una festa, con “tanti
palloncini rosa, la torta
grande grande, e poi tutti i cuginetti, gli zii, i nonni, gli altri
bimbi e
tanti, tanti, tanti regali!”, come aveva ordinato sua
maestà. Poteva Robert
rimanere inerme dinanzi ad una richiesta della sua principessina?
“E’
mio dovere renderla felice...”
“No, è tuo dovere non renderla viziata!”
lo corressi, mentre
sparecchiavo.
“Ma dai, organizzare una festa per il suo compleanno non
è
viziarla!” insistette “Lo fanno tutti...”
“Con le principesse Disney viventi?” gli chiesi
ironica, con un
sopracciglio alzato.
“Beh...” si bloccò un attimo
“Dai, solo Cenerentola!” mi supplicò. Lo
guardai seria.
“Robert, le faremo una festa, ma non con la casa di Barbie
gonfiabile con tanto di mobili e giocolieri vestiti da ballerine! Una
normale
festa di compleanno... o vogliamo anche fare un red carpet e chiamare i
fotografi?” gli chiesi, un po’ acida.
“Mmm... magari un pink-carpet...” disse lui,
facendo finta di
pensarci. Gli lanciai un’occhiata glaciale, poi mi girai
verso il lavandino e,
sbuffando, aprii il rubinetto. Robert allungò la mano e lo
chiuse, poi mi
abbracciò da dietro, poggiando il mento sulla mia spalla.
“Dai, mamma...” mi
supplicò, facendo la vocina da bambino triste.
“Robert, lo sai perché non voglio...”
gli dissi, seria “se cominciamo
fin da ora a cedere, quando crescerà, non la fermeremo
più. Non voglio che
diventi una piccola diva superficiale solo perché
è nostra figlia. Deve
crescere come tutte le altre bambine, deve avere una vita normale! Io
ci sono
cresciuta qui, so com’è...”
“E sei cresciuta magnificamente, visto?” mi fece
notare,
interrompendomi. Sospirai. “Kris...” mi
sussurrò, facendomi girare verso di lui
“Joy non sarà mai una piccola diva superficiale,
come dici tu...” disse serio,
guardandomi dritta negl’occhi “Come potrebbe
esserlo con una madre come te?”
“Non fare il cretino...” mi lamentai, distogliendo
lo sguardo dal
suo e concentrandomi sui bottoni della sua camicia.
“Non sto facendo il cretino! È la pura
verità! Kris, sei la madre
migliore che una figlia possa avere! Certo, a volte sembri
più un
maresciallo...” precisò, strappandomi un sorriso
“ma... è così e basta.”
concluse, facendo spallucce. Sospirai, indecisa, quando mi
alzò il mento con un
dito e mi diede un bacio, che finì troppo presto,
così mi alzai sulla punta dei
piedi e prolungai quel contatto. “La bambina?” mi
chiese preoccupato,
staccandosi un attimo.
“Da mia madre” lo rassicurai.
“Perfetto!” esclamò, prima di prendermi
per i fianchi, farmi sedere
sul piano della cucina e ricominciare a pensare un po’ a noi.
Conclusione
di quella discussione? In quel
momento avevo il giardino addobbato peggio di un negozio di Barbie, con
tanto
di palloncini rosa, buffet, torta a quattro piani e, non Cenerentola o
Biancaneve, ma clown che distribuivano palloncini.
Suonarono il campanello. “Vado io!”
trillò
Joy, fiondandosi in salotto. “Mi sa
che è ora di abolire la vocina!”
sospirò, sconsolato. Annuii, convinta. “Quella
piccola arpia è proprio tua
figlia!” disse poi, scuotendo la testa e raggiungendola: era
stato ferito nell’orgoglio,
il ragazzo. Lo seguii all’ingresso dove Joy, davanti alla
porta, saltava
cercando di arrivare alla maniglia. “Aspetta,
scemina...” la chiamò Robert,
alzandola all’altezza giusta e aiutandola ad aprire.
“Nonna!” gridò lei, saltando in braccio
a mia
madre appena la vide.
“Amore mio!” disse mia madre, stampandole un
bacio sulla guancia. “Auguri! Oddio, Joy, stai crescendo
troppo in fretta!” La
piccola rise, sporgendosi verso mio padre appena
entrò.
“Ciao Nonno!” gridò, facendosi prendere
tra le
braccia di mio padre per salutarlo. Mia madre, libera da quella peste,
mi venne
incontro.
“Ciao Kris, ciao Robert!” ci salutò con
un
abbraccio. “Come va?”
“Bene, grazie...” risposi io.
“Bene per niente!” disse invece Robert,
contrariato. “Mia figlia mi ha appena detto di non parlarle
con la vocina stupida!”
“Ah, non ti preoccupare...” lo rassicurò
mia
madre “anche Kris la odiava!”
“Lo avevo intuito!” commentò, sarcastico.
“Ziaaaa!” sentimmo strillare Joy, quando vidi
entrare Ashley accompagnata da Kellan.
“Ciao piccolina! Auguri!” rispose Ash, dolce
come sempre, abbassandosi all’altezza della piccola e
allargando le braccia per
accoglierla. “Ma come siamo belle!” Joy rise, poi
Kellan la prese in braccio
per salutarla.
“Ciao caramellina!” disse, dandole un bacio
sulla guancia “Dove sono quei vecchi bacucchi dei tuoi
genitori?”
Mi avvicinai a loro. “Ti ho sentito, eh?” dissi
a Kellan, fingendo di essere seria. “Ashley, ciao!”
“Ciao tesoro!” mi salutò.
“Ciao Robert!” disse
con voce più alta per farsi sentire da Robert, che stava
parlando con i miei
genitori.
“Zia!” la chiamò Joy, tirandole la gonna
per
avere l'attenzione “vieni fuori? È tutto
rosa!” disse allegra, prendendola per
mano e tirandola verso la vetrata che portava al giardino.
“Allora alla zia piace sicuramente!” disse
Kellan, ridendo. “Devo dire che anche dentro non si scherza,
eh...” aggiunse
guardando tutte le decorazioni intorno a noi. “Ma se a te non
piace, la
passione per il rosa alla bambina chi l’ha trasmessa?
Rob?” mi chiese,
facendomi ridere.
“Oh, sì, certo Kellan, io adoro il
rosa!” disse
Rob, facendo la voce da ragazzina.
“Scusate, è colpa nostra se è venuto su
così!”
Una voce alle nostre spalle ci fece voltare di scatto. Due teste bionde
erano
appena entrate, chiudendo la porta d’ingresso. “Da
piccole lo vestivamo da
bambina e lo chiamavamo Claudia!” Rimasi scioccata.
“Oh mio Dio! Vicky, Lizzie!” esclamai, correndo
ad abbracciarle “Che ci fate qui?”
“Non potevamo mica perderci il compleanno della
nostra nipotina!” disse Lizzie, come se fosse scontato.
Scossi la testa,
incredula.
“Voi siete fuori di testa! Siete venute da
Londra! Ma quando siete arrivate?”
“Mmm... un paio d’ore fa, circa...”
rispose
Victoria. “Ma non importa! Dov’è Joy?
Non la vedo dall’anno scorso!” disse, tutta
emozionata. Qualcuno alle mie spalle tossì. Ovviamente era
Robert, che era stato completamente ignorato dalle sorelle: gelosone.
“No, sapete com’è... ci sono pure
io!” disse
alle sorelle, acido. “Ciao, eh!”
“Oh, giusto! Ciao Claudia! Scusaci...” lo
salutò Lizzie “Dov’è
tua figlia?” gli chiese, lasciandolo di nuovo di stucco. Un
broncio da
bambinone comparì sul suo viso.
“Che schifo. Nessuno mi vuole bene...” disse,
scuotendo la testa, ed uscendo fuori a prendere la bambina "Vado ad
acchiappare l'unica donna che mi ama!"
"Anche mamma ti ama!" gridò Lizzie, facendoci ridere. Dopo
poco, Robert ritornò
con Joy tra le braccia che, imbarazzata per la presenza delle zie
che non
vedeva quasi da un anno, nascondeva la testolina nel collo del padre.
“Ehi,
saluta le zie!” le disse lui, dolce.
“Joy! Come sei cresciuta! Ti ricordi di noi?”
disse Victoria, avvicinandosi alla piccola. Joy fece sì con
la testolina, anche
se si accoccolò sempre più al padre.
“Ehi, non fare la timidona!” gli
sussurrò
Robert, dandogli un bacio sulla fronte. Mi avvicinai a loro e la presi
in
braccio.
“Joy, sai che anche alle zie piace Barbie?” le
dissi, per rompere un po’ il ghiaccio. “A casa loro
hanno tutta la collezione...”
Infondo era la verità: Lizzie e Victoria avevano messo su
nel tempo un esercito
di Barbie da far invidia a qualunque collezionista, finché
poi non erano
passati a torturare il loro bambolotto vivente, Robert. A quella
notizia, Joy
alzò la testa di scatto verso le zie.
“Fuori è tutto rosa!” disse orgogliosa,
con un
sorrisone.
“Perché non porti le zie a far vedere?”
la
convinsi. Lei mi annuì sorridente così, una volta
scesa dalle mie braccia,
cominciò a fare da guida turistica alle zie londinesi,
attaccando poi a parlare
di tutte le sue bambole, bambolotti, ville con piscina, salotti per il
trucco,
castelli con draghi, dvd dei cartoni animati... Sì: Robert
la viziava,
decisamente.
Pian piano la casa cominciò a riempirsi:
arrivarono i miei fratelli con le rispettive consorti e i loro figli;
ci
raggiunsero Peter, sua moglie e le loro bambine, con le quali Joy aveva
un legame
bellissimo; non potevano mancare gli amici di Robert, quelli che si
trovavano in America,
con le loro ragazze; i miei suoceri, di certo non temerari come le loro
figlie,
chiamarono Joy per farle gli auguri, promettendole che, la prossima
volta che
saremmo andati a Londra, avrebbe trovato un regalo enorme – e
rosa – tutto per
lei: ovviamente Joy aveva cominciato a saltare per tutta casa, e ad
assillarci
con “ma mi portate a Londra? E quando? Domani?”. La
serata continuò tranquillamente, con i
bambini che si divertivano come i pazzi in giardino con i clown, mentre noi più grandi
seduti sui divani a
rivangare i vecchi tempi.
“Vi ricordate quando Kristen ci ha detto di
essere incinta?” disse Ashley “Eravamo sul
set...”
“Oh mio dio, è vero!” esclamò
Kellan “Rob,
appena arrivato, aveva un sorriso ebete stampato in faccia, e lo ha
tenuto su
per tutto il giorno! Io chiesi a Kristen “Ma che
ha?” e lei “Reazione alle
belle notizie!”” Scoppiai a
ridere al ricordo, come tutti gli
altri.
“Scusate, Kristen me lo aveva appena detto! Ero
felice!” si giustificò lui.
“Robert!”
lo chiamai. Ero in cucina, in piedi, poggiata al tavolo:
non sapevo come si comunicavano ad un ragazzo certe notizie. Non ero
pronta.
“Dimmi” disse affacciandosi alla porta. Mi morsi il
labbro,
nervosamente: come cavolo dovevo fare?
“Ti puoi sedere un attimo?” gli chiesi indicando
una sedia. Sedersi:
il 50% degli uomini sveniva, per cui farlo sedere mi sembrò
perfetto. “Ti devo
parlare...”
“Okay...” disse tranquillo, sedendosi sulla sedia
accanto a me e
prendendomi i fianchi. “Dimmi tutto!” Mi torturai
un attimo le mani non sapendo
come cominciare.
“Ascolta...” dissi nervosa “ma... tu mi
ami?” mi venne di
getto da chiedergli.
Certo che ti ama, stupida! disse la mia mente. Mi
guardò confuso e un po’ allarmato.
“Mi sto per preoccupare...” disse.
Sospirai.
“Sì, lo so, è che...” mi
bloccai. Non ce la facevo, cazzo. Mi coprii
gli occhi con una mano: trova
il coraggio, Kris,
tanto accadrà lo stesso e tra nove mesi si
accorgerà che stai per partorire!
“Kris...”
mi chiamò.
“Okay” dissi decisa “Partendo dal
presupposto che io ti amo e tu mia
ami...”
“Supponi bene” confermò.
“E che sei troppo giovane per avere un infarto” e
anche un figlio, ma va beh... aggiunsi
mentalmente “te lo faccio vedere perché non... non
l’ho ancora...
metabolizzato, ecco!” conclusi, andando poi in camera a
prendere gli esami, e
tornando da lui. “Tieni” gli dissi dandogli i fogli
in mano.
“Cosa
sono?” disse accigliato “Perché sei
andata dal medico? Stai
male?” mi chiese allarmato.
Quello
che starà male tra i due sarai tu, dammi
retta... “Leggi meglio!”
“Amore,
non ci capisco un tubo di medicina, dimmi che cavolo hai!”
chiese, cominciando ad agitarsi sul serio. Uomini! pensai. Alzai gli occhi al cielo,
sbuffando.
“Robert,
calmati... cioè, non tanto...” mi corressi
“Dipende dai
punti di vista...”
“ESPLICITA KRISTEN!”
“Okay, okay... sono...” dissi, piuttosto agitata
“Sono...” e feci
segno con la mano, come se fosse ovvio.
“Sei...?” domandò, in attesa.
“Oddio!” esclamai, sedendomi su una sedia
“Robert, sono in...
incinta!” dissi tutto d’un fiato. Non
lo
sentii respirare per un minuto intero. Giuro,
non respirava. “Robert?” lo
chiamai, preoccupata.
“Tu... tu co... cosa?” mi disse, anzi
balbettò, dopo quel minuto di
trance.
“Sono incinta” ripetei di nuovo.
“Con me? Cioè... di me?” mi chiese
stupito.
“No, del vicino!” sbottai acida “Certo
che di te!” Stette un altro
po’ in silenzio, poi disse solo un “Ah”
secco. “Già...”
mormorai, aspettando che si riprendesse. Passò un altro
attimo – per me eterno! – di silenzio, quando si
risvegliò dalla trance: riuscii a scorgere
proprio la scintilla di vita nei suoi occhi nel momento in cui
realizzò.
“Siamo incinti?” disse incredulo, facendomi ridere.
Annuii, non
riuscendo a dire altro perché la sua faccia era...
fantastica! Un sorriso
enorme si stampò sul suo viso e – come al solito
– cominciò a gioire come una
bambino di cinque anni. “Avremo un bambino!” Mi
alzai, più sollevata: l’aveva
presa bene... forse anche troppo! Mi prese improvvisamente per i
fianchi e mi fece
fare un giro su noi stessi, poi mi poggiò a terra,
stampandomi un bacio e cominciando quasi a piangere
per la gioia “Non ci credo!” continuava a ripetere,
felice. Mi avvicinai di nuovo
e lo abbracciai fortissimo: avevo bisogno di lui, ora più
che mai: infondo
eravamo ancora “piccoli” per avere un figlio.
“Kris, ma tu sei sicura?” mi
chiese, ricambiando l’abbraccio.
“Mi ami?” chiesi di nuovo. Annuì
convinto. “Allora andrà tutto
bene... papà!” dissi, facendo scoppiare a ridere
entrambi, come due scemi...
“Mamma!”
Una vocina mi riportò al presente: Joy
mi stava chiamando, continuando a toccarmi la gamba.
“Dimmi, tesoro...”
“Voglio la torta!” mi disse allegra, facendo gli
occhietti dolci.
“Certo, piccola! Andiamo!” le risposo, alzandomi
dal divano e prendendola in braccio. Concludemmo la serata nel
più tradizionale
dei modi, non mancò niente: la torta, che era più
grande di Joy, la canzoncina “tanti
auguri”, il soffio delle candeline con tanto di desiderio
– in cui, conoscendo mia figlia, sicuramente
c'entrava una Barbie -, le foto con tutti gli invitati, e poi la parte
che di
certo Joy ha preferito: lo scarto dei regali.
“Nooo! Barbie principessa delle nevi!”
gridò
allegra, quando Lizzie e Victoria le diedero il loro regalo.
“Grazie zie!”
“Prego, tesoro!” risposero loro,
abbracciandola.
“Mica fessa, ora le chiama anche zie!” mi
sussurrò all’orecchio Robert, facendomi sorridere.
“E’ una paracula... come te!” gli
risposi,
beccandomi un bacio sulla guancia al posto di qualche insulto.
Quando la festa terminò, Joy era stanchissima:
neanche il tempo di salutare tutti, che si addormentò sul
divano nel soggiorno,
in braccio a Robert. Portammo Joy in
camera sua, mettendola nel lettino, insieme all’enorme
peluche a forma di panda
che Ashley e Kellan le avevano regalato, e rimboccandole le coperte.
Robert le diede una bacio sulla fronte
ed uscì dalla stanza, ed anch’io lo stavo seguendo
quando, prima di spegnere la
luce, la piccola vocina mi bloccò.
“Mamma?” mormorò, con il dito in bocca e
gli
occhietti chiusi: probabilmente sognava.
“Dimmi, piccolina” le chiesi, sussurrando.
Fece un piccolo sbadiglio, poi mi rispose piano,
facendomi sorridere. “Londra...”
Spazio
tutto mio *____*
Risposta
alle recensioni della scorsa puntata :D
@Fiorels: Tesoroooooo *_* sono contenta che ti sia piaciuta! Eccone
sfornata un'altra su Joy! E se esiste, sai chi devi ringraziare XD
Spero ti piaccia anche questa, però non ci sono le gocciole
XD Un bacio, cess#1!
@_rose_red_: Manuuu! Beh, mi fa piacere che proprio con la mia hai
trovato la volontà di recensire (: Sperò ti
piaccia anche questa *_* Un bacio!
@crazyfred: Ecco fatto! Ne ho postata un'altra sulla Robsten family!
Anche a noi piace, tanto tanto *_* Grazie mille per i complementi,
Fede! Un bacio!
@cloe cullen: Claudiettaaaa!! Se mi avessi eliminata, poi come svresti
fatto a vivere senza me? u_u eh? u_u Sono strafelice che ti sia
piaciuta *_* Spero sia lo stesso per questa *_* Un bacio dalla cess#2!
@dot: *lacrima, emozionata* Grazie Leti *_* Spero ti piaccia anche
questa *_* Che dici, non è che sto diventando troppo dolce?
O.o Un bacio!
@yesido: Meeeeel! Sì, la bambina ha capito tutto della vita
già a 8 mesi XD Voglio dire, con due genitori
così! Un bacio!
@Broken Heart: Grazie mille *me arrossisce* e alla fine ho scritto di
nuovo! Spero ti piaccia! P.s.: comunque NESSUNO si staccherebbe mai da
Rob u_u
@SeaOfLove: Oriiiiiii (: Già, mica scema la bambina! Sono
contenta che ti sia piaciuta, davvero! Spero di aver fatto un buon
lavoro anche con questa! Un bacio!
@Crazy_La: Laaaaaaa, grazie *_* non me lo aspettavo *_* ecco, ne ho
sfornata un'altra! Sperò ti piaccia (: Un bacio!
@Anto_Pattz: Ed ecco che, sempre sotto stretto "consiglio" della Queen,
Rossana ne scrisse un'altra! Spero ti piaccia anche questa, Anto! Un
bacio!
|
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Capitolo 3 *** London: the dream comes true! ***
Leggete un po'
il titolo?
Ecco,
questa one shot è esattamente il "sogno che diventa
realtà" di tanta gente XD
Anzi, più che altro
è la concretizzazione di una speranza che stava morendo in
molte persone...
Oh, scrivere "London" è stato peggio di un
travaglio XD
Bene, due paroline prima di lasciarvi: ringrazio la
"catenina" di Manu che mi ha ridato, non so come, la voglia di
continuare questa
storia sconnessa e senza senso! E poi grazie anche a tutte
quelle pazze
che mi hanno rotto l'anima affinchè scrivessi questa
benedetta shot (:
Ed
ora, vi lascio alla lettura!
Un
bacio, Rox.
London:
the
dream comes true!
“Dai,
ti
prego!”
“Kristen, ho
detto che non è possibile...” ribadì
per l’ennesima volta. Sbuffai.
“Ma che ti
costa!” lo pregai, di nuovo.
“Kristen, i
dirigenti non vogliono correre rischi” mi spiegò,
serio “potrebbero vederti
occhi che non devono. Ci vivete da abbastanza tempo in questa
situazione da
sapere come comportarvi, come vanno le cose e
com’è che funz...”
“Sì, è ci
viviamo da così tanto tempo da sapere anche che mi sono
rotta le scatole!”
risposi contrariata.
“Poi Robert
sta lavorando qui” riprese “e tra poco
tornerà a L.A., cosa ti costa
aspettare?”
Rimasi a
bocca aperta. “Tra poco? Tu, un mese intero, lo chiami
poco?!” gli chiesi,
scioccata.
“Sì, ma dopo
girerete insieme, ti ricordo” precisò. Non mollava
l’osso. A
me Robert mancava da morire, e lui parlava
solo di tempo, di dirigenti, di possibilità, di
come
funzionano queste cose, con una freddezza
matematica che mi faceva saltare i nervi. Allora era di business che
stavamo
parlando? Benissimo...
“Nick,
come
sta Robert?” gli chiesi tranquilla, lasciandolo un attimo
senza parole.
“Bene...”
rispose sicuro “si sta impegnando tantissimo in questo nuovo
progetto, sta
lavorando sodo...”
“Nick” lo
interruppi “vuoi che ti ricorda con chi stai parlando? Non
sono la Summit, sono
la sua ragazza e tu sai benissimo che io so come sta veramente
Robert!” Male, ecco come stava...
Come stavo
io, d’altronde. Erano due mesi interi che ci sentivamo solo
per telefono, senza
vederci neanche un minuto, se non sui giornali o in tv. “Come
pensavo” ripresi,
sicura di me, approfittando del silenzio dall’altra parte,
“e tu sai benissimo
che Robert, se non sta bene emotivamente, non dà il meglio
di sé, anche se
cerca in tutti i modi di nasconderlo, e se Robert Pattinson non
è fantastico, i
grandi capi non sono contenti,
giusto?”
gli domandai, sentendo già il gusto della vittoria.
“Già...”
ammise, mormorando.
“E tu sai
anche cosa, o meglio chi, ci vuole in questo
momento per Robert, giusto?” Sospirò: avevo il
coltello dalla parte del manico.
“Quindi?”
mi
chiese.
“Kristen a
Londra, Robert felice, i dirigenti entusiasti!” conclusi
“Prenota il volo per
domani mattina! E non lo dire a Robert, voglio fargli una sorpresa!
Ah... grazie
mille, Nick!”
“Joy,
abbottona il giubbottino, non siamo a Los Angeles, qui a
Natale nevica!” disse Robert alla piccola.
“Ma non è Natale” rispose lei, schietta.
Robert si abbassò alla sua altezza, e le chiuse la zip della
giacca. “Sì, ma c’è sempre un
po’ di vento.”
“Joy, per caso devi andare in bagno?” le chiesi.
“No, mamy!” mi disse sicura.
“Sicura? Guarda che casa della nonna è un
po’ lontana, dovrai
aspettare poi...” la avvertii, ma lei scosse la testa decisa.
“Okay, però ora vieni
qui e non lasciarmi la mano, andiamo fuori ad aspettare i nonni mentre
papà
prende le valigie” le dissi, prendendola per mano. La piccola
annuì, tenendo
stretta a sé, con la mano libera, una delle sue tante
Barbie, che aveva
torturato in aereo durante il viaggio. Come avevo previsto fin dal
momento che
Joy ne aveva espresso desiderio, eravamo partiti per Londra. Era la
prima volta
che affrontava un viaggio così lungo, ma sembrava non
essersi nemmeno accorta
di ciò che aveva fatto: dodici ore di aereo, con tanto di
scalo a New York e
fuso orario, non era esattamente una passeggiata. E poi stava per
visitare, per
la prima volta, il posto dov’era cresciuto suo padre e dove
aveva lasciato un
pezzo del suo cuore ma credo che per questo il più eccitato
tra i due non fosse
di certo lei. “Sono
arrivati?” mi chiese Robert, che intanto ci aveva raggiunte
con tutte le valigie in spalla.
“Non ancora...” gli risposi, guardandomi in giro.
“Mamma?” mi chiamò la piccola
“...mi scappa la pipì!” disse,
cominciando a saltellare. Sbuffai.
“Joy, ora aspetti, ti avevo avvertita!” la
rimproverai. Mi guardò
triste.
“Ma mi è venuta ora!”
piagnucolò.
“Dai, Kris, è un bisogno fisiologico”
intervenne Robert, ovviamente in
difesa della figlia
“quando scappa, scappa!” Lo fulminai con uno
sguardo – perché doveva sempre
darmi torto? – e poi abbassai lo sguardo su Joy che,
guardandomi con sguardo
supplichevole, annuiva appoggiando la teoria del padre.
“Va bene, ma ti accompagna papà” mi
arresi. La piccolina sorrise,
girandosi verso il padre. “Ma se mi rapiscono, scippano
qualche valigia o
narcotizzano, sappiate che sarà colpa vostra e mi dovrete
avere sulla coscienza
per tutta la vita!”
“Andiamo, papi!” gli disse Joy, ignorandomi e
completamente, e
tirando Robert verso l’interno dell’aeroporto.
Sbuffai, sedendomi su una
valigia e aspettando che arrivassero i miei suoceri, mentre Robert e la
bambina
erano dentro. Mi ritrovai a fissare i passanti: persone che arrivavano,
persone
che partivano, un viavai e una frenesia continua che non smetteva mai e
andava
avanti ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Una
ragazza,
sola, con uno zaino in spalla, catturò la mia attenzione:
aveva appena varcato
la soglia delle porte automatiche, che subito era entrata in una
macchina
parcheggiata lì davanti, come se avesse paura di essere
vista. Sorrisi
involontariamente.
“Pronto?”
“Dove sei,
con chi sei e cosa stai facendo” gli ordinai.
“Stai male
Kris?” mi chiese, sospettoso.
“Non mi hai
risposto” gli feci notare.
“Sono in
camerino con la mia amante a fare sesso sfrenato... ma stai male sul
serio?” mi
domandò di nuovo.
“Se è la
verità lo scoprirò, non ti preoccupare
amore!” lo avvertii, facendolo ridere.
“Allora,
solo una delle mie tre affermazioni è vera: scegli tu
quale!”
“Spero sia
la prima, altrimenti ti uccido, come minimo...Giura solo che non devo
aspettarmi sorprese, come dire, poco
desiderate” dissi, ironica.
“Ma
sei
impazzita?” mi chiese di nuovo, ridendo. Tornai seria.
“A parte gli
scherzi, sei in camerino, solo?”
“No, sono
con la mia amante... ops, ti ho dato la soluzione!” Sorrisi.
“Robert, se
non sei solo, non posso fare una cosa...”
“Cosa?”
chiese curioso, ora.
“Ah, non mi
hai risposto!” gli feci notare, facendolo sbuffare.
“Sì, sono da
solo... Allora che cosa?”
“Se mi hai
detto una cazzata, la paghi eh?” lo minacciai, poi tornai
più seria. “Beh, non
potrei fare questo...” dissi chiudendo il cellulare con uno
scatto e aprendo la
porta...
“Papà
sono buonissimi!” Mi voltai verso le porte automatiche dalle
quali uscirono Joy, che mangiava beata e felice un pacchetto di
Smarties, e suo
padre, che ogni tanto se ne faceva versare un paio in una mano, mentre
con
l’altra reggeva un bicchiere di caffè.
“Alla toilette danno anche gli Smarties ora?” gli
chiesi ironica,
seguendolo con uno sguardo micidiale finché non si
fermò di fronte a me.
“Doveva assaggiarli, Kris! Sai che sono molto meglio degli
m&m’s...” mi spiegò. Sbuffai.
“Vuoi, mamma?” mi chiese la piccola, allungando la
manina con il
pacchetto.
“No, amore, grazie... mangiali tu, approfitta
finché puoi...” le
dissi, sorridendole “cioè finché non
uccido tuo padre!” conclusi, fulminando di
nuovo Rob con un’occhiataccia, ma lui mi sorrise.
“Caffè?” mi chiese, porgendomi il
bicchiere che aveva in mano.
“Grazie, ma non attacca Pattison!” risposi,
prendendolo e
cominciando a bere.
“Eccoli!” esclamò Joy, allegra.
“Nonna!” gridò, cominciando a
correre verso Claire, che stava scendendo dalla macchina parcheggiata
proprio
di fronte a noi.
“Joy! Mio Dio, come sei cresciuta!” disse mia
suocera, prendendola
in braccio e quasi commovendosi. Robert mi tese una mano e mi
aiutò ad alzarmi
dalle valige, così ci avvicinammo anche noi. “Rob,
Kristen, ciao!” ci salutò,
abbracciandoci affettuosamente uno alla volta, con Joy ancora in
braccio. “E’
andato bene il viaggio? Siete stanchi?”
“No che non sono stanchi, Claire!” rispose Richard,
il padre di
Robert, raggiungendoci dopo aver chiuso la macchina “Ti
dimentichi quanti
viaggetti si sono fatti questi due?” scherzò,
dando una pacca sulla spalla del
figlio, e facendoci sorridere al ricordo. “Signorinella, tu
sei stanca?” chiese
a Joy.
“Io no, lei un po’ sì...”
rispose, indicando la Barbie che aveva
in mano “ma è di plastica, quindi che
fa!” aggiunse poi, facendo spallucce.
“Allora portiamola a nanna, su!” suggerì
Claire, andando verso la
macchina, mentre Rob e il padre presero le valige e le caricarono sul
cofano.
Il viaggio, come avevo previsto, durò una
mezz’oretta, durante la quale Joy non
smise di parlare neanche un secondo, e fece domande a raffica sul
famoso regalo
che la aspettava a casa. Arrivammo a destinazione, dove ci aspettavano
Victoria
e Lizzie, le sorelle di Robert, che praticamente assalirono Joy
riempiendola
di coccole, e
lasciando me e Robert
liberi di disfare le valige e sistemarci nella sua vecchia camera.
“Wow” sospirai, sedendomi sul bordo del letto,
quando notai che
era esattamente come l’aveva – anzi, avevamo
– lasciata quasi quattro anni
prima. “Mi è mancata” ammisi.
“Già, anche a me” disse Robert,
sedendosi accanto a me e
stringendomi a sé. “Saranno stati un po’
anni del cavolo, ma devo ammettere che
è stato abbastanza divertente...”
continuò, sorridendo “vederti spuntare ogni
tanto, senza dirmi niente!”
“L’ho fatto solo una volta!” precisai
ridendo.
“Ma è stata di sicuro la sorpresa più
bella di tutta la
mia vita” disse, dandomi un bacio “
quel giorno, praticamente, mi ha dato tutto!”
“Tu...
sei... pazza!” mi disse, tra un bacio e l’altro,
mentre entravamo in camera
sua. Scoppiai a ridere, mentre chiudeva la porta con un calcio, visto
che le
mani erano troppo impegnate ad aiutarmi a togliermi la giacca, che
andò a
finire con un volo su una sedia lì vicino.
“Non sono
pazza, mi mancavi troppo” confessai, tirandolo verso il
letto, sul quale
cademmo uno sopra l’altro, e ricominciando a baciarlo.
“Ciò non
toglie il fatto che sei pazza!” ripeté, dandomi un
altro bacio e stringendomi a
sé.
“E i tuoi
genitori? Voglio salutarli...”
“Hanno
accompagnato quella pazze delle mie sorelle a fare shopping, torneranno
tra un
paio d’ore” mi rispose con le labbra tra i miei
capelli, dove lasciò un bacio.
Intrecciai la mia mano a quella che aveva sulla mia spalla,
accoccolandomi di
più a lui.
“Non vedo l’ora
che torni da me” gli sussurrai.
“Torno
presto Kris, manca poco” mi rassicurò
“poi non ci allontaneremo mai più, te lo
giuro...” Alzai lo sguardo e annuii, allungandomi verso il
suo viso per
baciarlo e ritrovarlo ancora lì, dove ci perdemmo insieme,
isolandoci dal mondo
e approfittando della casa libera...
“Mamma,
papà, guardate che mi ha dato nonna!”
urlò Joy, entrando
di corsa in camera e salendo sul letto con noi.
“Cosa, Joy?” chiesi, notando che non aveva niente
in mano o
comunque qualcosa di diverso.
“Nonno! Dai!” urlò, saltando sul letto,
allegra, quando Richard
entrò in camera portando una capanna enorme tutta rosa, con
delle immagini di
Barbie stampate sopra.
“Ecco a lei, signorina!” disse poggiando
quell’affare a terra. Joy
sgusciò giù dal letto e si infilò
nella capanna.
“Mamma, dormo qui stanotte!” disse, decisa
“e anche le zie, vero?”
chiese, rivolgendosi a Lizzie e Vicky, che si erano affacciate alla
porta.
“Mi sa che le zie sono un po’ grandi per starci
lì dentro” le
disse Rob.
“Ma io voglio dormire con loro!” si
lagnò, mettendo il broncio.
“Amore, se vuoi puoi dormire in camera di zia Lizzie o zia
Victoria e poi vieni a giocare nella tenda”
suggerì Richard, mentre usciva
dalla camera, facendole tornare il sorriso.
“Posso mamma?” mi domandò, con gli occhi
dolci e un sorrisino
furbetto. Annuii, dandole il permesso, così
cominciò a canticchiare allegra “che
bello, che bello!” saltando per la camera.
“Questa la lasciamo nella camera del tuo
papà?” le chiese Lizzie, indicando
la tenda, al che Joy si bloccò, e si girò di
scatto verso Robert.
“Questa è la tua cameretta,
papà?” gli domandò, curiosa.
“Sì, tesoro...” le rispose lui, dolce.
“E avevi i giochi qui da piccolo? E giocavi con gli altri
bimbi?”
continuò lei, mentre si guardava intorno, assorta.
“Soprattutto con le bimbe!” scherzò
Lizzie, facendo sorridere me e
Vicky, ricevendo invece uno sguardo inceneritore da Robert. Joy stette
un po’ in
silenzio, pensierosa.
“Anche con mamma?” chiese poi, incuriosita. Il
volto di Robert si
dipinse di bianco, e si girò di scatto per chiedermi aiuto,
ma fui solo in
grado di mormorare un non lo so con
il labiale: avevamo una figlia troppo perspicace. Robert si
schiarì la voce,
mentre pensava a cosa dire.
“Ehm, Joy... veramente la mamma non er...”
“Sì, tesoro, anche con la mamma” rispose
veloce Lizzie, ridendo “si
chiudevano ore in camera e non uscivano più!”
“E a cosa giocavate, papà?” chiese
ancora la piccola a Robert, che
in quel momento aveva una grande voglia di staccare la testa alla
sorella, come
fosse una barbie.
“Beh...” cominciò lui, in
difficoltà “è passato tanto
temp...”
“Ragazzi, è pronta la cena!” La voce di
mia suocera lo salvò in calcio
d’angolo, cosicché le ragazze uscirono dalla
camera e anche Joy le seguì,
prendendo per mano la zia.
“E zia? A cosa giocavano?” domandò di
nuovo.
“Al dottore, Joy...”
“Anch’io ci gioco con i miei
orsacchiotti!” esclamò lei, la voce
che si allontanava man mano scendeva le scale, mentre io e Robert
rimanemmo
seduti sul letto.
“Grazie, mamma!” sospirò lui, come se lo
avessero salvato da
chissà quale tortura psicologica. Scoppiai a ridere mentre
mi alzavo e lo
prendevo per mano, trascinandolo verso la porta per raggiungere gli
altri di
sotto. “Non ridere!” mi rimproverò.
“Scusa, solo che dovevi vedere la tua faccia: sei
sbiancato!” gli
dissi, continuando a ridere. Mi lasciò la mano e mi
abbracciò da dietro,
dandomi un bacio sul collo.
“Voglio proprio vedere come la prenderà quando
scoprirà che è
giocando al dottore in questa camera che mamma e papà
l’hanno concepita” mi
sussurrò, con un sorriso, all’orecchio.
“Papà!” gridò la piccola,
irrompendo in camera, tutta eccitata “Zia
mi ha detto che domani mi porta a vedere la giostra grande grande,
l’orologio
grande grande e gli uomini con il cappello nero lungo lungo! Che
bello!”
esclamò, sparendo di nuovo nel corridoio. Mi girai verso di
Robert, che aveva
stampato sul viso un sorriso enorme e orgoglioso.
“Credo che la prenderà più che
bene!”
Spazio mio, tutto tutto
mio *______*
Allooooora, eccomi qui per
ringraziarvi di tutte le recensioni che mi avete lasciato, ne sono
veramente onorata (:
@ledyang: Non te
l'aspettavi, dillo, DILLO! E invece eccola :D non mi convince tanto, ma
lo sai: quando mai mi convince una cosa! Alla prossima, che non so
proprio di cosa parlerà :S e grazie di tutto (: we love you!
@Anto_Pattz: Anto *-*
ne ho sfornata un'altra, spero ti piaccia e ti faccia ridere almeno la
metà del tuo "una cippa!" XD ormai è diventato un
tormentone! Ti adoro tesò, un bacio!
@ariel7: Letiiiiiiii
*-* grazie mille per tutti quei complimenti, troppi TROPPI! Tanto tempo
e tante minacce dopo, eccomi qui XD Spero ti piaccia! Un bacio, tesoro
(:
@Broken Heart: Oh mio
dio, non so che dire, veramente *me arrossisce*... eh sì,
Robert di certo sa cosa fare per rendere felici le sue donne (e non
solo, aggiungerei XD)! Spero ti piaccia anche questa (: Alla prossima!
@pally: Grazie mille,
davvero, non so cosa dire! Sono felicissima del fatto che ti sia
addirittura innamorata di Joy *-* Spero ti piaccia anche questa shot!
Alla prossima (:
@yesido: Meeeeeel!
Eccola qui, la minacciatrice #2! London è arrivata, stappa
lo champagne! Spero con tutto il cuore ti piaccia, davvero (: Un bacio!
@cloe cullen e
@Fiorels: tesori miei, vi rispondo insieme, perchè devo
farvi un discorsetto :D oltre dirvi di essere meno sadiche *muahahah*
volevo ringraziarvi per avermi incoraggiata ieri, che ero in fase
despressione sullo scrivere... davvero, grazie mille tesori (: Beh, ora
godetevi London *balla la macarena* e poi sopportatemi mentre penso a
cosa potrei scrivere nella prossima... sapete, uno zucchero filato
tutto rosa... mmm... XD
@alekikka94: Wow, non
so cosa dire, ti ringrazio infinitamente! Spero ti posso piacere anche
questa shot, anche se non ne sono molto convinta a dire il vero XD Alla
prossima!
@KristenAlice: Grazie
mille, spero ti piaccia anche questa shoot! Alla prossima (:
@BabyVery: Oh, grazie
mille (: Spero che ti piaccia anche questa shot e che continuerai a
seguirmi! Alla prossima!
@Soffiotta: Grazie
mille, davvero (:
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Capitolo 4 *** Daddy, Peter Pan and Pink Candy Cloud ***
Allooooooora,
I’m back!
Anzi, questa volta
siamo in due (:
La mente e la penna:
io e Claudietta (cloe cullen), Claudietta ed
io!
Dietro questa shot
c’è una luuuunga storia, che
parte da Parigi
fino ad arrivare a casa della nostra Fio *_* e questo viaggio
è stato fatto a
bordo di una nuvoletta dolce e rosa, tipo Nuvola Speedy di Goku
*muahahah*
Okay, basta sclerare XD
Comunque, eccovi qui
un’altra shot sulla piccola Joy e il suo
paparino (:
Buona lettura da Rox e
Cloe (:
Daddy, Peter
Pan and
Pink Candy Cloud
“Papà,
perché la zia non è venuta con noi?” La
vocina dispiaciuta
di mia figlia, che camminava accanto a me, mano nella mano, mi
raggiunse dal
basso del suo metro e cinque.
“Perché è andata con la
mamma” le spiegai, mentre passeggiavamo davanti
al Big Ban, o meglio, l’orologio
grande
grande come lo chiamava lei.
“E la mamma?” mi chiese, sempre con quella vocina
dispiaciuta.
“Beh, perché...” ci pensai un
po’ perché, sinceramente, non avevo
idea di dove fossero scappate “perché è
andata con la zia!”
“E dove sono andate?”
“Già, dove sono andate?” mormorai tra me
e me “Non lo so Joy,
scusa” le risposi, mesto.
“Fa niente, papà, allora oggi siamo io e
te!” mi rispose allegra.
“E non ti dispiace?” le chiesi, stupito.
“No, no” mi rispose, scuotendo la testa
“Che facciamo?”
“Tu cosa vuoi fare?”
“Mi porti in un posto bello?” mi pregò.
“Anzi no, un posto bello
bello!” si corresse.
“Va bene lo stesso anche se non ci sono le Barbie?”
la presi in
giro.
“Papà, ormai sono grande! Non ci devono essere
sempre le Barbie!”
sbuffò, come se fosse una donnina.
“Va bene lo zoo?” proposi.
“No, puzza!” mi rispose, storcendo il naso: era
uguale a sua madre
quando lo faceva.
“Allora l’acquario?” tentai, facendole
illuminare gli occhietti
vispi.
“Sì, a vedere i pesciolini,
sì!” esclamò, cominciando a saltare.
“Okay, allora andiamo alla macchina” le dissi,
prendendola in braccio
e raggiungendo l’auto che avevo preso in prestito da mio
padre. Quando
arrivammo all’acquario, Joy si tuffò subito sulla
classica mappa che danno
all’ingresso quando acquisti il biglietto, cominciando a dire
“voglio andare
qui, poi qui, e anche qui” e indicando praticamente tutto il
parco. “Vuoi
andare a vedere anche gli squali?” le chiesi, stupito e anche
un po’
sconcertato.
“Certo, sono belli e grandi” mi rispose, facendo
spallucce.
“Ma non hai paura?”
“Macché!” rispose, con un schiocco di
lingua. Spesso mi scordavo
che mia figlia, a solo quasi quattro anni, era più
intelligente e matura di me,
o meno fifona della madre.
“Che
tunnel
è questo?” mi chiese quando entrammo in
un’altra galleria colorata di blu, con
a destra una parete di vetro dalla quale si poteva vedere
l’interno delle
vasche.
“Qui ci sono
i pesci tropicali” le risposi, indicandole la grande vetrata
con tantissimi
pesci di varie dimensioni, tutti multicolore.
“Robert,
guarda questo piccolino! E’ stupendo!” disse,
avvicinandosi al vetro e
indicando un pesciolino minuscolo, tutto giallo, che si era posato a
terra tra
la sabbia “Non si può portare a casa,
vero?” mi chiese, ridendo.
“Ma se non
hai neanche l’acquario, Kris!”
“Lo compro!”
disse, facendo spallucce e tornando vicino a me “Anzi, lo
compriamo” precisò,
sussurrando sulle mie labbra, dove poi mi stampò un bacio.
“Mi piace
sentirti parlare del futuro al plurale” le dissi
all’orecchio, intrecciando le
mie mani con le sue.
“E a me
piace farlo” mi rispose sorridente, prima di baciarmi di
nuovo. Si allontanò un
po’, tenendo sempre le mani intrecciate, e mi
trascinò nel nuovo tunnel quando,
improvvisamente, rallentò il passo.
“Che c’è?”
le chiesi, preoccupato.
“Wow, gli
squali” mormorò, affascinata, fermandosi davanti
alla nuova vetrata “sai che
non li avevo mai visti?”
“Eppure vivi
in California” le dissi, guardando quegli enormi bestioni
nuotare lenti
nell’acqua, mentre con la coda dell’occhio ci
fissavano, scocciati.
“Non è che
ora mi butto nell’oceano aspettando uno squalo solo
perché vivo in California!”
disse ridendo. “Guarda come ci fissano”
mormorò, con la voce un po’ incrinata,
stringendosi di più al mio braccio.
“Kris, c’è
il vetro, non ti spaventare!”
“E se ci
sbattono contro, lo rompono, qui si allaga tutto e ci
sbranano?” mi chiese, ora
un po’ paranoica. La guardai, sorridendo.
“Ma che
immaginazione hai!” dissi, dandole un bacio sulla tempia.
“Vuoi portarti pure
lui da mettere dell’acquario?” le chiesi, visto che
continuava a reggere lo
sguardo di uno squalo.
“Direi di no”
disse nervosamente. “Robert, non è che io abbia
paura” cominciò, con una voce
che dimostrava esattamente l’opposto “ma diciamo
che mi sta venendo un po’...
un po’ d’ansia, ecco! Quindi che dici di
andare?” concluse, velocemente.
Sorrisi pensando a quanto fosse assurda alcune volte, così
le cinsi le spalle e
cominciai a camminare verso l’uscita della galleria.
“Okay, mai
più squali!”
“Com’era
la pizza?”
“Buona!” mi rispose, mentre beveva
l’ultimo sorso di Coca Colo
dopo aver mangiato una fetta enorme di pizza che, se l’avesse
vista Kris, mi
avrebbe torturato lentamente e dolorosamente solo per aver permesso a
nostra
figlia di poterne sentire l’odore “e anche le
patatine!” Dopo la lunga
mattinata all’acquario, a Joy era venuta fame,
così avevo deciso di portarla in
una pizzeria vicino Hyde Park, uno dei luoghi che amavo di
più di Londra.
“Che dici di andare a digerire un po’ al
parco?”
“Va bene!” disse allegra, saltando giù
dalla sedia e prendendomi per
mano. Arrivati dentro il parco, la lasciai libera di correre e
rotolarsi tra
l’erba, di fare un po’ quello che tutti i bambini
dovrebbero fare, ma che a Los
Angeles non sempre era possibile. “Papi, guarda!”
esclamò, correndo verso il
lago e arrampicandosi alla staccionata in legno del lago “Le
barchette!” Mi
avvicinai anch’io e mi ci poggiai di schiena mentre Joy
guardava incantata le
barche prese in affitto dalle coppiette galleggiare
sull’acqua che brillava
alla luce del sole.
“Ci vuoi fare un giro?” le chiesi, accarezzandole
il capelli.
Sgranò gli occhi per la sorpresa: pensava davvero che se me
lo avesse chiesto
non ce l’avrei portata?
“Davvero? Sì!” esclamò
allegra, saltandomi in braccio.
“Pronta, capitano?” le domandai, facendo il verso
del pirata.
“Certo, Spugna!” rispose lei, come Capitan Uncino
“Andiamo a
prendere Peter Pan!” Andammo verso il piccolo molo ed
affittammo una barchetta,
con la quale l’avrei dovuta portare verso
“l’isola che non
c’è”.
“Joy, non è che ti viene da vomitare?”
“No, papà” rispose sorridente. Bene,
almeno non soffriva di mal di
mare! “Papà?” mi chiamò.
“Dimmi piccola”
“Posso remare io?” mi chiese, lamentandosi
“Tu vai troppo piano!”
“Certo, capitano, venga pure!” le dissi, ridendo.
La feci sedere
davanti a me, e le feci afferrare i remi - che erano il doppio di lei
–
mettendo le mie mani sulle sue e aiutandola a remare.
“Così va meglio?”
“Sì sì” rispose contenta.
Tutto fu così tranquillo, finché non
sentii la barca agitarsi e non vidi più Joy seduta davanti a
me: in un batter
d’occhio, la teppista si era liberata dalla mia stretta ed
era arrivata
all’altra punta della barca. “Un
pesciolino!” esclamò, sporgendosi, anzi,
sporgendosi un po’ troppo
verso l’acqua!
Mollai subito i remi e la acchiappai da dietro, rimettendola seduta
sulla
panchetta.
“Joy, non ti affacciare più così,
rischi di cadere in acqua, mi
hai fatto prendere un colpo!” la rimproverai, ma invece di
piangere o
arrabbiarsi come tutti i bambini normali dopo una sgridata, mi
fissò un po’ e
se ne uscì con un “facciamo il bagno,
papà?” facendomi scoppiare a ridere. La
presi in braccio e le stampai un bacio sulla guancia. “Amore,
il bagno lo
facciamo al mare quando torniamo a casa, okay?”
“Perché qui no?” mi chiese, curiosa,
“Perché questo è un lago in un parco,
Joy, non si può fare il
bagno!”
“E perché non si può fare il bagno in
un laco?”
continuò, imperterrita.
“In un laco?”
la presi
in giro, sorridendole “Joy, si chiama lago,
con la g”
“Perché non si può in un lago?”
mi domandò di nuovo, sottolineando la g.
“Beh... perché...” cominciai, cercando
le parole adatte ad una
bambina di quasi quattro anni per spiegare alcuni concetti della vita
che non
erano chiari neanche a me: perché non si poteva? “Perché
altrimenti, potresti sembrare pazza
come la mamma!” conclusi, ripensando a circa quattro anni
prima. Joy sorrise,
tornando a guardare l’acqua.
“Com’è
rilassante farsi cullare dalle onde” sospirò,
sdraiata sulla panchina della
barca, con gli occhi chiusi.
“Certo,
tanto quello che rema da tre ore sono io!” dissi, mentre
continuavo a spingere
quei cosi pesanti di legno, facendola sorridere “La prossima
volta affittiamo
quella con il motore!”
“Nah, tutto
quel caos, poi non ci sarebbe niente di romantico...”
“Perché tu
ci trovi qualcosa di romantico in te che prendi il sole - praticamente
inesistente visto che è il tramonto – ed io che
fatico come un mulo per far
muovere la barca?” le domandai, un po’ acido.
“No” mi
rispose alzandosi e venendosi a sedere accanto a me
“però è divertente!”
aggiunse, stampandomi un bacio.
“Tu sei
sadica!” la presi in giro, sorridendo.
“Non è vero!
Dai, molla i remi, marinaio!” mi ordinò,
sfilandomi i remi dalle mani e
allontanandoli, per poi sedersi sulle mie gambe. La barca si
fermò, così la
abbracciai ai fianchi, stringendola un po’ e facendola
accoccolare a me.
“Ti piace?”
le chiesi, indicando l’acqua che brillava di arancio per il
sole che stava
tramontando.
“E’
stupendo” sussurrò, incantata.
“Hyde Park,
a quest’ora, è meraviglioso: ci venivo tutti i
giorni a passeggiare, per
pensare...”
“A che
pensavi?” mi interruppe con un sussurro.
“A tante
cose. Alla mia vita, a quello che facevo, a quello che avrei voluto
fare... poi
ho cominciato soprattutto a pensare a te” confessai,
lasciandole un bacio sulla
fronte.
“Beh, allora
devo ringraziarlo” disse, sorridendo. Feci un respiro
profondo, e mi feci
coraggio per fare quello che stavo per fare. Era il passo
più importante di
tutta la mia vita, probabilmente, e speravo che quel posto, che per me
significava moltissimo, mi potesse aiutare ancora una volta.
“Kris,
ascolta, poi sederti qui accanto un secondo?” le chiesi con
il tono più rassicurante
che potessi avere. Mi guardò confusa, e anche un
po’ spaventata: forse non ero
stato poi così rassicurante. “Non ti
preoccupare! Siediti qui...” le dissi, facendole segno
accanto a me con la
mano.
“Okay”
mi
rispose, un po’ incerta, sedendosi sulla panchetta. La
guardai dritto negli
occhi.
“Kris”
cominciai “lo sai che faccio schifo a fare i discorsi lunghi,
perché comincio
ad imbrogliare le cose, senza dare al discorso un filo logico. Forse
l’unica
cosa logica nella mia vita sei stata tu, anzi, il mio amore per te,
perché
anche tu non sei tanto logica!” scherzai, facendola ridere.
“Ma come potresti
esserlo per stare con un idiota come me? Comunque... ecco mi sono perso
di
nuovo!” sbuffai, facendola ridere ancora. “Non
ridere, che mi confondo!” la
rimproverai, ridendo anch’io con lei.
“Scusa
amore, continua...”
“Ecco, perfetto,
mi hai chiamato amore, il che fa supporre che tu mi ami e che quindi
non sto
facendo proprio una cazzata in questo momento. Kris, volevo farlo
quando sarei
venuto a Los Angeles, tra un mese, ma poi sei piombata qui e... e non
puoi
sapere quanto cavolo mi sei mancata! Però una cosa la sai,
cioè quanto ti amo e
sai che non ho mai amato nessuno così. Ora voglio che lo
sappia anche il resto
del mondo, quindi...” mi fermai per prendere
l’anello dalla tasca dei jeans, ed
anche un po’ d’ aria.
“Oh cazzo”
mormorò.
“Bonjour
finesse” la presi in giro, poi tornai più serio
che potessi “Kristen Jaymes
Stewart, mi vuoi sposare?” Non ci potevo credere, lo avevo
detto sul serio.
Vidi i suoi occhi cominciare a riempirsi di
lacrime che caddero subito sulle sue guance, rendendola
ancora più bella
e indifesa di quanto già fosse.
“Oh mio dio”
mormorò, fissando l’anello, con il respiro e il
battito accelerato “E c’è
bisogno di chiederlo, idiota che non sei altro?” mi disse,
tra le lacrime “Sì,
Rob, sì!” Forse il mio cuore perse un paio di
battiti, non pompando più sangue
al cervello, perché non capii immediatamente che avesse
accettato, che Kris mi
avesse detto sì. Quando mi ripresi dal mio stato di shock,
le infilai subito l’anello
al dito, ormai anch’io con le lacrime agli occhi, e Kris mi
buttò le braccia al
collo così forte, che facemmo ribaltare la barca e cademmo
in acqua, tra le
risate e le lacrime. La presi tra le mie braccia e la bacia con
più amore che
potessi metterci, finché avemmo bisogno di prendere fiato.
“Ti amo,
pazza” le sussurrai all’orecchio, facendola
ridacchiare.
“Ti amo
anch’io, idiota!”
“Joy,
guarda un po’ là cosa
c’è?” le dissi, indicando un punto
davanti a noi. Joy strinse gli occhi,
per mettere a fuoco in lontananza.
“Papà! Peter Pan!” gridò
quando riuscì a vedere, vicino alla riva
del lago che si affacciava su Kensington
Gradens, la statua di Peter Pan. “Abbiamo trovato
l’isola che non c’è!”
“Tu l’hai trovata, Capitano!” le dissi,
sorridendo “Però ora
torniamo sulla terra ferma, che dici?”
“Papi, quando scendiamo mi compri la nuvoletta?” mi
chiese con gli
occhietti dolci, facendo illuminare quei due gioielli identici a quelli
di
Kristen. La guardai, accigliato.
“La che?” le
chiesi, non
capendo cosa fosse la nuvoletta. Sbuffò.
“Papà, la nuvoletta rosa!”
“Mamma!” gridò, appena
entrammo in casa.
“Piccolina, ciao!” la salutò Kris,
scendendo le scale e
prendendola in braccio “Com’è andata la
giornata?”
“Papà mi ha portata in tanti posti belli
belli!” disse lei,
entusiasta. Kris le sfiorò la manina, quando la vidi fare
una faccia strana.
“Joy, perché sei tutta appiccicosa?”
“Perché papà mi ha comprato la
nuvoletta rosa!” esclamò, scendendo
dalle braccia della madre e cominciando a saltellare per casa
“Poi mi ha
portata dagli squali, poi al parco, poi sulla barca e siamo andati
sull’isola
che non c’è!” Kris mi guardò
la piccola un po’ sconcertata, poi mi si avvicinò.
“Cosa hai fatto sniffare a nostra figlia?” mi
chiese ridendo, dopo
avermi stampato un bacio.
“Non sapevo che lo zucchero filato mandasse su di giri,
altrimenti
non glielo avrei comprato!” dissi, guardando Joy che
saltellava e canticchiava
per il salotto.
“Ah, la nuvoletta rosa!” esclamò Kris,
capendo.
“Mamma, sai che poi siamo andati al centro del
mondo?” gridò,
saltando sul divano.
“Dove?” le chiese, stupita. La abbracciai da dietro.
“Mamma, dovresti saperlo, ci sei stata anche tu al centro del
mondo!” le dissi all’orecchio. Si voltò
verso di me, con un sorriso enorme
stampato in volto, e mi diede un bacio.
“Siete voi il centro del mio
mondo” disse, ripetendo le mie parole di pochi anni
prima.
“Oddio, è
stupendo qua su!” disse, affacciandosi alla ringhiera del
balcone dell’osservatorio.
“Questo
posto mi è sempre piaciuto, a dire la
verità...” dissi, mentre guardavo da un
telescopio il cielo, non trovando niente visto che era pieno giorno.
Con la
coda dell’occhio vidi Kris avvicinarsi al primo meridiano, il
meridiano di
Greenwich.
“Guarda, ci
sono tutte le città” dissi, abbassandosi per
leggere meglio le scritte sul
pavimento “Los Angeles, 118° 15’ ad
Ovest” Mi avvicinai anch’io a guardare
“Praticamente
siamo sulla linea che divide a metà il mondo, è
spettacolare!” gridò, facendomi
ridere. Con un salto, si mise in piedi esattamente sulla traccia del
meridiano “Vieni!”
mi disse, prendendomi per mano “Mettiti qui!”
“Kris, che...?”
“Mettiti di
fronte a me, muoviti!” mi ordinò. Feci come disse,
poi mi prese entrambe le
mani e mi guardò dritto negli occhi “Non
è un po’ come essere al centro del
mondo?” Scoppiai a ridere per quanto fosse meravigliosa,
tutta illuminata dall’entusiasmo,
poi le presi il
volto tra le mani e la
baciai.
“Kris” le
sussurrai, con le nostre fronti incollate “sei tu il centro
del mio mondo!”
Spazio mio mio, tutto
mioooo *_*
Ragazze,
oggi non ce la faccio a rispondere a tutte le recensioni, ma sappiate
che vi
adoro tutte, dalla prima all’ultima (: Grazie mille per aver
recensito e per
continuare a leggere queste cose.
Spero
vi sia piaciuto anche quest’altro sclero, ma questa volta ho
avuto una valida
aiutante ;) quindi lo sclero è stato doppio! Alla prossima,
un bacio! Rox
|
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Capitolo 5 *** Goodbye, Kris. ***
Salve
ragazze.
Già dal
titolo, potete capire l’andazzo
di questa shot.
Anche per me
è un momento un po’ così.
Purtroppo nella vita
non può andare sempre tutto
bene.
In un matrimonio, in
una relazione, ci sono alti
e bassi.
E questa è
la volta di una shot un po’ triste,
visto che racconta di un basso.
Beh, ci vediamo a
fondo pagina. Buona lettura
ç__ç
Goodbye,
Kris.
“Robert,
sono a casa!” urlai, chiudendo la porta
d’ingresso e poggiando le chiavi della mia Mini sul mobiletto
lì vicino.
“Robert!” chiamai di nuovo, ma non rispose
nessuno.
“Joy!” provai. Kris, tua
figlia ha 4 mesi, come fa a risponderti?! mi dissi
mentalmente.
Eppure
ero convinta che sarebbe rimasto a casa, a giocare con la bambina.
Andai in cucina, ma anche quella era vuota.
Mi avvicinai alla porta del bagno, la aprii ma
anche lì non c’era nessuno.
In camera da letto, niente.
Nella camera della piccola, ancora niente.
Cominciai seriamente a preoccuparmi.
Presi il cellulare dalla tasca, e lo chiamai. Staccato.
Tornai in salotto, cercando non so cosa, quando
notai una busta da lettera accanto al telefono.
Per
Kristen.
La
aprii lentamente, diventando sempre più preoccupata
e cominciai a leggere.
“Cara
Kristen,
ti
amo.
Volevo sapessi solo questo prima di lasciare questo mondo.
Lo
faccio perché non mi sento all’altezza di stare
con te;
non
mi
sento all’altezza di essere padre;
non
mi
sento all’altezza di recitare;
non
mi
sento all’altezza di vivere.
Sappi
solo che ti amo e che amo Joy, quella splendida bambina, alla follia.
L’ho
portata dai tuoi genitori, è lì, al sicuro, tra
gente che la ama e che se ne
prende cura.
Ha
con
se tutti i suoi pupazzetti preferiti, anche quello che comprai appena
mi
dicesti che eri incinta.
Vivrà
meglio senza un padre che con uno come me.
Per
fortuna è abbastanza piccola da
non ricordare la mia inutile presenza.
Quanto
a te, rifatti una vita, Kristen.
Quella
vita
a cui hai rinunciato nel momento in cui ti sei impelagata nella
relazione più
complicata di tutta la terra, con me.
Addio,
amore.
Vi
proteggerò da lassù.
Robert.”
“Robert”
sussurrai, tra le lacrime.
“Robert!” gridai, poi, quando la consapevolezza
fece breccia in me.
Ma era impazzito?!
Come poteva solo pensare delle cose del genere?!
Scattai, afferrando le chiavi della Mini e mi
fiondai alla porta per uscire a cercarlo, neanche io sapevo dove,
quando...
“Robert” dissi spaventata. Mi
guardò dritta negli occhi, ancora pieni di lacrime.
Poi
scoppiò a ridere, gridando
“Pesce
d’Aprile!”
“Robert”
ripetei più dura “MA VAFFANCULO!”
gridai,
sbattendogli la porta in faccia.
Spazio mioooooooooo (:
Scusate
*muahahahahah* Scusate scusate scusate
*muahahah*
Sono la prima che odia il 1° aprile, però non ho
resistito!
Quello che ho detto più su è vero,
però non
credo che in questa raccolta vadano bene momenti di bassi.
Infondo, parliamo di Joy qui *____*
Okay, non mi uccidere ragazze! Un bacio a
tutteeeeeeee (:
GODOOOOOOOOOO! *muahahahah*
|
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Capitolo 6 *** Something Good ***
Ma
buongiornooooooo!
Eccomi qui, con
un’altra shot.
In cantiere ne avevo
due, una allegra e un po’ stupida
e questa, più triste ma sentimentale.
Non vi preoccupate,
tanto poi posto pure l’altra
se proprio ci tenete xD
Dopo la shot del
1° Aprile (ridoridorido) eccola
qua e, no, non è uno scherzo questa volta, è
triste sul serio ç_ç
Ringrazio coloro che
recensiscono (vi amo,
girls!), coloro che leggono, i seguiti, preferiti e da ricordare.
Buona lettura. Un
bacio, Rox.
Something
good;
00:40
“Pronto?”
“Signor
Pattinson?”
“Sì,
sono io”
“Chiamo
dal Pronto Soccorso del UCLA Medical Center di L.A.
C’è stato un incidente
sulla statale, due macchine si sono scontrate mandandone un altro paio
fuoristrada. Purtroppo l’auto di sua moglie è
stata coinvolta nell’incidente...”
“Co-come,
prego? Non è possibile...”
“La
signora Stewart è stata ricoverata qui da noi. Se
potreb-”
“Arrivo
subito!”
00:43
“Jules?”
“Robert?
Come mai a quest’ora?”
“Kris
ha avuto un incidente, mi hanno appena chiamato
dall’ospedale...”
“Cosa?!
Come sta? Cosa ti hanno detto?”
“Non so
niente, devo andare ora, però ho Joy che sta
dormendo...”
“Vengo
subito, me ne occupo io, non ti preoccupare, corri!”
“Okay,
grazie mille!”
1:15
Entrai
di corsa in ospedale: nella mente avevo
di tutto, dalle immagini migliori a quelle più agghiaccianti
a cui non avrei
mai voluto pensare. Cosa diavolo era successo? Com’era potuto
accadere? A Kris
poi, la mia Kris... Quante volte le avevo ripetuto di farsi
accompagnare dalle
macchine messe a disposizione dalla produzione la sera tardi! Invece
lei no: perché devo tradire la mia
amata Mini? Io so
guidare benissimo, al contrario tuo! Di lei mi fidavo
tantissimo – in casa
chi sapeva guidare meglio non ero io di certo, aveva perfettamente
ragione – ma
era degli altri che non mi fidavo, specialmente dopo un certo orario.
Mi
avvicinai alla reception con il fiatone per la corsa dal parcheggio,
appoggiandomi al bancone per prendere un attimo di respiro, anche se
non avrei
dovuto perdere tempo neanche per quello. “Mi scusi, mia
moglie ha avuto un
incidente e...”
“Deve andare al Pronto Soccorso: in fondo al
corridoio, subito a destra” mi indicò
l’infermiera con professionalità.
Risposi con un “grazie mille” velocissimo, prima
di ricominciare a correre per il corridoio, seguendo le indicazioni.
Arrivai al
Pronto Soccorso: c’era un via vai di medici, infermieri e
barelle, e pregai il
cielo che non ci fosse Kristen su una di quelle, che magari fosse in
una stanza
con una piccola fasciatura o al massimo un gesso, ma non con qualcosa
di grave.
“Mi scusi” bloccai un’infermiera che
passava di lì con una cartellina in mano
“mia moglie ha avuto un incidente e...”
“Nome?” mi interruppe, velocemente.
“Pattinson” L’infermiera fece scorrere la
penna
sull’elenco, cercando il nome con espressione corrucciata, ma
sembrava non
riuscisse a trovarlo.
“Mi può dare il nome completo?” mi
chiese
gentilmente.
“Robert Thomas Pattinson” Alzò gli occhi
di
scattò, sorridendomi e guardandomi da dietro gli occhiali,
ma sinceramente in
quel momento non avevo voglia di fare autografi o scattare fotografie.
“Signore, il nome di sua moglie” mi disse,
continuando a sorridere.
“Ah, mi scusi” risposi, facendo una risata priva
di divertimento per la mia coglionaggine “Stewart, Kristen
Jaymes Stewart”
“Ecco qui!” disse, ricontrollando la lista
“mi
segua, la porto dal dottor Brown, sta seguendo lui il caso.”
“Grazie” sospirai, prima di seguirla tra i mille
corridoi del reparto. Non ce la facevo più, volevo vederla,
assicurarmi che
stesse bene, che saremmo tornati a casa presto, da Joy, e che quella
notte da
incubo sarebbe finita prestissimo, ma quel luogo mi metteva
un’ansia e un’angoscia
che quel futuro, che mi stavo imponendo d’immaginare, mi
sembrò molto lontano.
“Dottore” la voce dell’infermiera, che
aveva
fermato un medico nel corridoio, mi riportò alla
realtà “c’è qui il marito
della Stewart.”
“Grazie Josephin” la congedò il dottore
prima di
rivolgersi a me, porgendomi una mano che strinsi “piacere,
sono il dottor
Brown. Devo essere sincero, la situazione non è ottima ma si
risolverà tutto
per il meglio: uscendo fuori strada, sua moglie ha subito qualche
trauma dovuto
all’impatto con il volante. Ci sono un paio di costole rotte,
più una ferita al
polpaccio destro che vuole un piccolo intervento, ma non potevo
portarla in
sala senza il consenso di un parente...”
“Certo dottore, faccia tutto quello che può e
che deve” lo supplicai.
“Benissimo: segua l’infermiera e firmi tutti i
moduli, così possiamo subito intervenire. Jenny!”
chiamò un’infermiera lì
vicino “Accompagni il signore per i moduli, sono
già tutti pronti!”
“Certo dottore” rispose lei gentile prima di
farmi strada verso uno sportello tipico degli uffici di un ospedale
dove mi
consegnò un questionario pieno di domande su Kristen oltre i
moduli dell’assicurazione.
Mi sedetti su una sedia nella sala d’aspetto per compilare
quella marea di
fogli, quando ad un certo punto squillò il telefono
dell’ufficio a cui rispose
l’infermiera, Jenny. “Pronto?”
Domanda
75: il paziente ha problemi a livello di prostata?
Prostata?
Ma se è una donna!
“Sì, è qui che sta firmando la
documentazione”
sentii dire Jenny. Mi guardai intorno e notai che non c’era
nessun altro, e che
quindi si stesse riferendo sicuramente a me. Che fosse successo
qualcosa a
Kris? Ancora? Cominciai ad agitarmi finché non
riattaccò e, timidamente, si
avvicinò a me, che intanto avevo ricominciato a rispondere a
quello stupido
questionario. “Signor Pattinson?”
“Sì?” risposi, alzando lo sguardo di
scatto dai
fogli, non riuscendo sicuramente a celare l’ansia.
“Senta, sono le 3:35 e sono passate circa tre
ore dall’incidente, ma la notizia diciamo si
è...” cercò un termine adatto
“diffusa, ecco, e di sotto c’è la stampa
che preme...” Feci un sospiro di
sollievo per il fatto che il problema fossero solo
i giornalisti e che non fosse successo altro.
“Ovviamente noi
non diremmo nulla, c’è il segreto professionale,
ma vorremmo sapere se...”
“Senta” sospirai “con tutto il rispetto
per i
giornalisti e i paparazzi - che sono anche loro esseri umani, eh
– ma per
quanto mi riguarda in questo momento potete ignorarli, ucciderli a
colpi di
bisturi, lanciargli delle bombolette d’ossigeno, prenderli
sotto con le
ambulanze, non mi interessa, basta che non mi ronzino intorno, va
bene?” Jenny
ridacchiò, probabilmente perché le facevo
veramente pena.
“Chiarissimo, non si preoccupi” mi rispose,
cordiale “Ha finito con i moduli?”
“Ehm... potrebbe aspettare solo un secondo?
Dovrei chiamare mia suocera per alcune domande...”
“Certo!” rispose, tornando al suo posto dietro
il bancone. Presi il cellulare dalla tasca del telefonino e cercai il
numero in
rubrica.
“Robert?”
“Jules, ascolta: Kris è allergica a qualche tipo
di lassativo in particolare?”
4:15
Mi
vibrò il telefono. Come la notizia
dell’incidente si era diffusa tra amici e parenti, il mio
cellulare era
diventato un centralino. Avevo incaricato i nostri manager di tenere a
bada la
stampa, almeno una volta per una valida ragione. Guardai il numero: casa. “Pronto?”
“Robert? Sono Jules. Novità?”
“No, niente” sospirai, stropicciandomi gli occhi
“È ancora in sala operatoria...”
“Speriamo bene” mormorò, addolorata.
“Tranquilla, tua figlia è forte” la
rassicurai.
Infatti Kristen era forte, ero io quello che stava quasi per piangere.
“Ecco, a proposito di figlie, c’è la
vostra che
si è appena svegliata e ora sta piangendo come una
disperata” mi spiegò, e solo
allora feci caso alle grida di sottofondo, riconoscibilissime: era Joy
che
piangeva. “Non riesco a fermarla: dove si spegne?”
Sorrisi un po’ per la prima
volta in quella nottata: povera piccola, l’avevo lasciata
sola nel cuore nella
notte, senza salutarla.
“Passamela” sospirai. Sentii mia suocera
chiamare Joy, che non smetteva di urlare, e tentarle di avvicinarle il
telefono
all’orecchio.
“Joy, è papà! Non vuoi parlare con
papà?” le
ripeteva.
“Sì” piagnucolò, e me la
immaginai mentre si
strofinava quei due smeraldi luccicanti che aveva al posto degli occhi.
“Papà?”
singhiozzò, prendendo il telefono.
“Amore, perché piangi?” le chiesi.
“Papi, qua- quando ve- venite?”
singhiozzò di
nuovo.
“Veniamo presto, non ti preoccupare” Speriamo
aggiunsi mentalmente.
“E ma- mamma?”
“La mamma sta...” cercai qualcosa di adatto ad
una bambina di 5 anni “la mamma sta dormendo,
Joy...”
“Ma- ma ha la bua?”
mi chiese, piangendo.
“Sì, tesoro, ma passa presto, non ti
preoccupare. Però non piangere, se no fai diventare triste
papà” dissi, facendo
la voce triste “e tu vuoi il tuo Papi triste?”
“N- no...” singhiozzò.
“Allora fai la brava, obbedisci alla nonna, che
domani mattina ti vengo a prendere, okay?” tentai di
tranquillizzarla.
“Si...” singhiozzò, più calma
“ciao papi”
“Ciao amore” la salutai “passami la
nonna, ora”
Sentii il telefono che passava da una mano all’altra,
finché non mi rispose mia
suocera.
“Robert? Dimmi...”
“Ascolta, mettila a letto” dissi, facendo mente
locale di tutto ciò che bisognava fare “domani
mattina chiama l’asilo, avvisa
che non andrà. Non la portate qui perché fuori
è pieno di fotografi, neanche
stesse ricoverato il Papa” dissi, un po’ acido
“e poi non è l’ambiente adatto.
Puoi mandare qualcuno a casa a prendere un borsone con un po’
di roba per
Kris?”
“Certo, non ti preoccupare” mi rispose, attiva
come sempre: avrebbero dovuto fare santa quella donna.
“Okay, grazie mille Jules, non saprei come fare
senza te!”
“Figurati, è pur sempre la mia bambina. Robert,
ma tu come stai?” mi chiese poi, preoccupata. Sospirai.
“Uno schifo. Sto male, ho paura...” confessai
“Non potevo esserci io su quella maledetta macchina?
E’ così fragile e delicata
e...” presi aria, per non piangere “Mi possono
toccare tutto, Jules, tutto ma
Joy e Kris no!”
4:45
Odiavo
aspettare.
Odiavo le attese.
Odiavo le sale d’attesa.
Odiavo le sale d’attesa degli ospedali.
Odiavo quel preciso momento. Poggiai la testa al
muro chiudendo gli occhi, stanchi per la nottataccia. Erano quasi 5 ore
che
vivevo in quell’agonia. Senza notizie, senza che nessuno mi
dicesse niente. Era
ancora dentro la sala operatoria e, solo ad immaginarla piccola e
indifesa
sotto i ferri, un brivido mi salì lungo la schiena, passando
vertebra per
vertebra, disco per disco. Solo con me stesso, mi ritrovai in uno di
quei
momenti di riflessione, quasi religiosa, in cui ti chiedi perché.
Perché era successo proprio a Kris?
Perché, tra milioni di persone sulle strade,
proprio a lei?
Forse la nostra vita era troppo felice? Avevamo
osato chiedere troppo?
Ma allora perché non a me?
Lei non aveva fatto niente di male, era la
persona più dolce del mondo, non avrebbe mai fatto male ad
una mosca, eppure
era successo. Avevo appena saputo che a causare l’incidente
era stato un
ragazzo al volante dopo aver bevuto. Ma non potevo prendermela neanche
con lui,
visto che non ne era uscito vivo, ucciso dalla sua stessa incoscienza.
Allora con chi potevo prendermela? Come se non
ci fossero già abbastanza preoccupazioni ad affollare la mia
mente, si
aggiunsero anche tantissime domande senza risposta ad aggrovigliarmi il
cervello, finché non arrivai ad una conclusione: dovevo
ringraziare il cielo
che fosse andata così e non peggio. O per lo meno, lo
speravo. Kristen diceva
che da ogni esperienza c’è sempre del positivo da
trarre. Qual era il positivo
in quella situazione? Una gamba rotta?
Sbuffai: ero nervoso e non potevo neanche
fumare. Mi alzai e andai verso le macchinette del caffè,
cercando di trarre un
po’ di buono almeno dalla caffeina.
6:00
“Signor
Pattinson?” Alzai la testa di scatto al
suono di quel cognome. Una dottoressa, vestita con la tipica tuta verde
da sala
operatoria, mi chiamò facendo segno di seguirla dietro
quelle che avevo
ribattezzato le porte maledette.
“L’intervento è riuscito perfettamente,
ora è sotto anestesia. L’effetto sta
quasi per finire, ma ogni persona ha bisogno dei propri tempi per
riprendersi,
quindi bisogna solo aspettare, specialmente dopo un incidente del
genere” mi
spiegò, professionalmente “il dottor Brown le
vuole parlare, poi potrà andare
dalla signora. Mi raccomando, per ora non faccia entrare nessuno in
camera, ha
bisogno di molto riposo” si raccomandò, aprendo la
porta dell’ufficio del
dottore in cui mi fece accomodare.
“Grazie mille” dissi, con tutto il cuore.
“Signor Pattinson” mi accolse il medico
“volevo
parlarle velocemente, prima di tornare in sala...”
“Com’è andato
l’intervento?” chiesi, ansioso.
“Perfettamente riuscito: le abbiamo messo un po’
di punti sulla ferita, ovviamente ingessato la gamba e dovrà
camminare con le
stampelle per circa un mesetto; per le costole, erano due fratture,
quindi non
deve fare sforzi, deve riposare tanto, alzarsi il meno possibile e
prendere tutte
le precauzioni del caso. Sua moglie è stata veramente
fortunata, visto
l’incidente e anche le condizioni in cui si trova, poteva
essere rischiosissimo.
Per fortuna abbiamo fatto le analisi prima di operare che ci hanno
aperto gli
occhi...”
“Scusi” lo interruppi “cosa intende
esattamente
per condizioni?” chiesi
confuso.
“Beh, mi sembra ovvio...”
e non potetti credere a ciò che mi disse.
Non era possibile.
Non ci potevo credere.
Kris me lo avrebbe detto.
Allora perché non lo aveva fatto?
9:30
Sentii
qualcosa muoversi tra i miei capelli. Un
tocco delicato che si muoveva come se qualcuno me li stesse
massaggiando. Era
rilassante. Tentai di aprire gli occhi, ma una luce bianca mi
accecò, così li
richiusi e mi girai dall’altro lato, volendo rimanere nel
mondo dei miei sogni
da cui ero stato bruscamente strappato da quel movimento sinuoso;
sentii la
barba sfregare contro una superficie un po’ ruvida e rigida,
che di certo non
era il mio adorato cuscino. Una risata debole ma divertita mi
arrivò alle
orecchie. La conoscevo benissimo. L’avrei riconosciuta
sempre. In fondo, me
n’ero innamorato. Kristen...
Kristen.
Kristen?
Oh cazzo, Kristen!
Aprii gli occhi di scatto, ricordandomi
improvvisamente di tutto. Kristen, l’incidente,
l’ospedale, l’intervento... ma
allora da dove veniva quella risata? Forse era solo un sogno, o
forse...
Ero poggiato sul bordo del letto d’ospedale,
sicuramente mi ero addormentato come un coglione in un momento del
genere ed,
infatti, come voltai la testa, incrocia due occhioni verdi e stanchi
che a
malapena riuscivano a tenersi aperti. “Buongiorno”
mi sussurrò, con la voce
ancora rauca, continuando ad accarezzarmi i capelli. Le presi la mano
con
delicatezza – sembrava che tutto gridasse fragile
in quel momento – e la avvicinai alle mie labbra.
“Mi hai fatto preoccupare” mormorai, quasi
sull’orlo del pianto.
“Non ci vuole molto per farti preoccupare” mi
ricordò, sorridendomi. Scossi la testa.
“Mi hai fatto preoccupare sul serio, Kris”
ribadii.
“Sto bene” disse, schiarendosi la voce un
po’ roca
“anzi, quanti danni ho fatto?” mi chiese,
guardandosi un po’ il corpo. Continuai
a guardarla, senza proferire parola: ma non si rendeva davvero conto di
ciò che
le era successo?
“Non
molti, ma se fosse successo qualcosa di più grave,
eh?” le chiesi.
“Robert...”
“No, Kris. Come avrei fatto senza di te?
Spiegamelo”
dissi, mentre la prima lacrima stava per cadere.
“Ma che fai piangi? Scemo, vieni qui” mi
sussurrò, cercando – inutilmente – di
tirarmi a sé. Seguii i suoi movimenti,
che mi portarono dritta vicino al suo viso, dove lasciai un bacio
leggero, per
paura che anche quello potesse spezzarla.
“Dov’è Joy?” mi chiese, poi.
“E’ con Santa
Jules da Los Angeles!” cercai di sdrammatizzare,
facendola ridere un po’
“ha pianto tutta la notte perché era preoccupata
per quella pazza di sua madre
che se ne va in giro per la statale, da sola, la sera tardi!”
dissi, con tono
di rimprovero.
“Ah proposito, la Mini come sta?” mi chiese,
come se fosse un’altra figlia, fregandosene completamente di
ciò che avevo
detto.
“Non ce l’ha fatta, mi dispiace” dissi
veramente
un po’ triste: mi ci ero affezionato.
11:15
Un’infermiera
ci interruppe per medicarla la ferita; io chiamai a casa per
rassicurare tutti,
specialmente Joy che, non so perché, scoppiò a
piangere al telefono. “Amore, la
mamma sta bene, perché piangi?”
“N- non lo
so!” singhiozzò
“Voglio piangere!”
“Dai,
cuoricino, che quando torniamo a casa ti
dobbiamo dire una cosa” dissi allegro, cercando di
rassicurarla.
“Cosa?”
chiese curiosa, con la vocina rotta.
“E’
una sorpresa...”
“Una
bambola?”
“Ehm... non
proprio...” Quando
l’infermiera ebbe
finito, rientrai in camera. Kristen stava decisamente meglio, stava
riacquistando
pian piano il suo colorito naturale. Mi sedetti sul bordo del letto,
per
guardarla dritta negli occhi: le parole del dottore mi rimbombavano
nella
testa, avevo bisogno di sapere la verità, anche se forse era
troppo presto.
Però non ce la facevo a resistere.
“Ehi, che
dice la peste?” mi chiese sorridente.
“Piange”
risposi, facendomi scappare una risata
“non sapeva perché, ma voleva piangere!”
“E’
tua figlia” mi ricordò
“quindi piange sempre!”
“Già”
mormorai. “Bene, cosa abbiamo tratto di buono da questa
esperienza?” le chiesi,
facendo un grosso respiro.
“Mmm...”
ci pensò su.
“Oltre il
fatto che ho scoperto che, da piccola,
hai avuto brutte esperienze con le perette?” suggerii,
trattenendo una risata e
facendola ridere.
“Dai, non
farmi ridere che non posso”
gracchiò,
cercando di trattenere la risata. Presi aria, facendomi forza: era
arrivato il
momento, così tornai più serio.
“Kris, devo
parlarti” le dissi, prendendole la
mano senza flebo tra le mie.
“Che
è successo?” mi chiese
già preoccupata.
“Ehi
calmati, non è niente, devi stare
tranquilla” le dissi, dandole un bacio sulla fronte
“è una cosa bella, però avrei preferito
me l’avessi detta tu, ecco.”
“Robert, che
cosa?” mi chiese confusa.
“Amore, con
le analisi si vede tutto. Non mi
dovevi dire niente?” continuai ad insistere.
“No, ti
giuro... non capisco...” mi disse di
nuovo, e potevo leggerle negli occhi la sua sincerità.
“Tu non lo
sai” mormorai, incredulo: era
un’affermazione,
non una domanda.
“Cosa?”
mi chiese di nuovo. Ma com’era
possibile? Io lo
sapevo, e lei no. Non
ci potevo credere. Oh Dio mio. Era... strano, eppure mi
comparì uno stupido
sorriso sul volto a quel pensiero.
“Kristen”
le spiegai, facendomi coraggio
“prima
di andare in sala operatoria ti hanno fatto le solite analisi di
routine. C’erano
dei valori un po’ sballati così, per non
rischiare, sono andati più affondo,
e...”
“Robert,
cosa? Mi sta venendo l’ansia!
Cos’ho?” mi chiese, agitata. Presi aria e
le strinsi forte la mano.
“Amore, sei
incinta” le sussurrai.
L’espressione
di Kristen era indescrivibile: forse era uguale alla mia nel momento in
cui mi
aveva detto di Joy o – sicuramente – la mia era
stata molto più stupida, ma
vedere i suoi occhi brillare in quel modo era meraviglioso. Pura estasi
che si
trasformò in paura nel giro di un attimo quando, portandosi
la mano sulla pancia,
mi chiese in un sussurro “Sta bene, vero?”
“Sì,
tranquilla, lo hai protetto benissimo,
mammina” la rassicurai, facendole tornare il sorriso.
“Non ci
posso credere” sussurrò,
cominciando a
piangere dalla gioia.
“Ora
però devi riposare, per tutt’e
due...”
“Però
tu non cominciare a rompere per due,
eh!” mi
interruppe, mentre si sistemava tra i
cuscini.
“Noto che si
è ripresa velocemente,
Stewart!” la
presi un po’ in giro, dandole una bacio sulla fronte
“Allora darà lei la lieta
notizia a quella gelosona di sua figlia!”
“Ehm”
tossì di proposito
“Robert, sai com’è, ho
avuto un incidente, sono stanca, devo riposare: non è che
potresti farlo tu al
posto mio?”
Spazio tutto mio!
Ringrazio
una fatina per la mano con le
recensioni xD
@Lorena1992: ahahah xD Sì, ho fatto prendere un
colpo a tutte u_u vabbè, era il 1° Aprile, quel
giorno ogni scherzo vale *muahahah*
Un bacio (:
@yesido: E quindi tu avresti capito subito che
era uno scherzo? u_u Okay, allora attenta, te ne farò un
altro *muahahah* Oops
te ne abbiamo fatto uno ieri
(cattiveeeee xD) Scherzo Mel, grazie! Alla prossima shot (:
@Fiorels: Ceeeeeeees! Una fatina mi suggerisce
che noi siamo anche i geni del cesso
xD grazie tesoro,
un bacio (:
@whitevelyn: Ahahah xD troppo crudele Rob,
cattivoooo ç_ç (ad avercelo però un
Rob! xD) alla prossima (:
@iosi: Ariaaaaaaaa chiamate il 118! Ahahah xD Dai,
era il primo aprile, pure rob voleva fa uno scherzo u_u pazzo lui, non
io! xD
@ariel7: Grazie Letiiiiiiii! E... sì, il
vaffa*** ci stava benissimo ;)
@dot: Ahahah xD Grazie Letizia (conosco troppe
Letizie *muahahah*), sono contenta di averti fatto ridere visto che tu
lo fai
sempre con le tue one shot :D Ti aspetto alla prossima, bye!
@Broken Heart: Ciao! Non ti preoccupare per le
recensioni! Comunque sì, l’intendo era quello di
far venire un coccolone quindi:
missione riuscita! xD Alla prossima!
@Anto_Pattz: O_o devo preoccuparmi, la tua è una
minaccia! *muahahah* Dai, sono contenta che ti sia piaciuta, e poi ci
siamo anche
vendicate con due personcine
*muahahah*
Un bacio, tesoro (:
@BabyVery:
Ahahah xD Eccoti il capitolo vero! Speriamo che ti piaccia, anche se
è un po’
triste ç_ç Alla prossima!
@ledyang: Oh, mia adorata! Ahahah xD Uno scherzo
dovevo farlo! *muahahah* Eccoti il capitolo! L'hai scelto tu, non ti
lamentare
u_u
@julietta__: Sì, sono stata tanto crudele ahahah
xD No, dai, eccoti il nuovo capitolo. Alla prossima Giulcess e
complimenti per
il solitario! ;)
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Capitolo 7 *** Happy meal, happy family! ***
E’
arrivataaaaaaa!
“E
che ci frega?” direte voi?
Boh,
io informo lo stesso! (:
Ecco
finalmente la tanto agognata Joy. ‘Sta bambina sta diventando
capricciosa,
eh... non è più così semplice! Mi sa
che con la prossima shot torno a quando
non sapeva parlare xD
Comunque,
vi lascio alla lettura, anche perché la filosofia chiama!
Non
ho il tempo di rispondere alle recensioni, ma voglio ringraziarvi
tutte, è
fantastico *_* voi siete fantastiche *_* e vorrei ringraziare anche i
preferiti, i seguiti e chi ha messo questa cosetta
tra le storie da ricordare.
In
questa shot c’è di nuovo lo zampino di Cloe
quindi, se ve gusta, è
anche colpa sua xD
Un
bacio, Rox!
Happy meal, happy family
:D
“Cosa?!”
“Scusa,
perché ti stupisci tanto?”
“Cioè,
vuoi dire che ho capito bene?” mi chiese, stupito
“Tu, Kristen Jaymes Stewart,
mia moglie, madre di mia figlia e del futuro nascituro, miss mangiare sano è la prima regola, mi
hai
appena chiesto di portarti a mangiare al Mc Donalds – con
Joy, per giunta –
perché ti è venuta voglia di un Big
Mac?”
“Esattamente”
confermai.
“La
gravidanza ti da alla testa, decisamente!”
“Ringrazia
che non ti abbia chiesto di portarmi una granita fragola e coca cola in
pieno
Gennaio!” dissi, affondando il cucchiaino nel vasetto di Nutella e mangiandone un po’.
“Mmm... Robert, quando ti capita di
fare la spesa prendine una scorta: è troppo
buona!” Si girò, guardandomi
sconcertato. “Che c’è?”
“Kris,
non ti è mai piaciuta” mi ricordò
“ed hai impedito categoricamente
a nostra figlia di mangiarla!”
“Questo
prima che io avessi il pargoletto
qui” spiegai, dando due colpetti leggeri alla pancia che si
notava a malapena
“Ma d’ora in poi tu la comprerai!”
“Quella
l’hanno portata le mie sorelle dall’Inghilterra
perché qui cambiano gli
ingredienti e non ha niente a che fare con
l’originale...”
“Cambiano
gli ingredienti?!” lo interruppi, sconvolta “Ma
è un reato!”
“Già”
confermò “ma la smetti di mangiare, è
quasi mezzogiorno!” mi rimproverò,
togliendomi il vasetto e il cucchiaino dalle mani.
“Ma
ho fame” lo pregai, facendo gli occhi dolci.
“Anch’io
ho fame, e in più dovrò guidare fino al fast
food, chissà per volontà di chi”
disse, alludendo alla mia richiesta “ma non mi metto a
mangiare la cioccolata”.
Sbuffai, poggiandomi al ripiano della cucina.
“Non
è colpa mia, è il boss che comanda!”
spiegai, indicandomi la pancia.
“O
la boss” precisò.
“Da
come scoccia ho la netta sensazione che sia uguale al
papà” dissi, ironica,
sorridendogli. Si avvicinò, abbassandosi
all’altezza del mio ventre.
“Allora
sarai un figo pazzesco!” disse facendo l’occhiolino
al piccolo, quando sentii qualcuno
sbuffare: Joy era entrata in
cucina.
“Sempre
con il coso stanno!”
borbottò tra sé,
mentre saliva su una sedia “Io ho fame, e questi stanno a
parlare con quello!”
Robert alzò lo sguardo verso il
mio, mimando con le labbra un “ops”, come un
bambino che viene beccato dalla
mamma con le mani nei biscotti, poi si allontanò,
raggiungendo la piccola
gelosona. Nei primi tempi, dopo averle annunciato l’arrivo
del bambino, ogni
volta che si toccava l’argomento si chiudeva in se stessa,
isolandosi, mettendo
il broncio e non parlando con nessuno; invece dopo un po’ di
tempo aveva
cominciato a diventare acida e, alcune volte, a sparare battutine degne
di una
quindicenne in piena crisi ormonale gelosa del proprio ragazzo.
“Mangiamo, per
favore?” chiese a Robert, scocciata.
“Oggi
si va al McDonalds, quindi dovrai aspettare un altro
po’” le spiegò.
“Perché?”
chiese, con l’occhietto allegro, che si spense non appena
ebbe risposta.
“Perché
l’ha deciso la mamma... anzi, il piccolino!” No, Robert, ma sei deficiente! Mancava solo questa!
pensai ed,
infatti, Joy scese dalla sedia, sbuffando.
“Certo,
lo dicevo io: no! Lo dice lui: sì!”
continuò a borbottare mentre si trascinò,
arrabbiata, fuori dalla cucina. Robert la guardò sconvolto,
poi si girò verso
di me, che lo fissavo con le braccia incrociate.
“Complimenti,
bel lavoro!” mi congratulai, sorridendogli ironica.
“Ma...
che ho detto?” mi domandò, accigliato. Mi
avvicinai, dandogli una pacca sulla
spalla.
“Tu
e le ragazze gelose...? No, eh?” suggerii, ma lo vidi ancora
confuso “Niente
proprio!”
“Ah,
ecco” esclamò, rilassandosi, quando
capì cosa le era preso “Acida,
incavolata... è gelosa!” Annuii, confermando la
sua grande scoperta.
“Beh, giustamente, uno come me” disse,
accarezzandomi la pancia “e l’altra come
te!” concluse, stampandomi un bacio e
seguendo la figlia fuori, lasciandomi lì come una cretina.
“ROBERT!”
“Io
non sono gelosa, né tantomeno acida!” ripetei per
l’ennesima volta, entrando
nel McDonalds.
“Certo,
Kristen, come no! Hai desiderato solo staccare la testa a
metà della
popolazione femminile mondiale!”
“Senti,
il fatto che voglia uccidere tutte le ragazze che ti fissano per
più di 10
secondi non è gelosia ma pura autodifesa” gli
spiegai, incrociando le braccia
al petto “sono una madre, devo salvaguardare il nucleo
familiare per il bene
dei miei figli, non illuderti che lo faccia per te!”
“Pensi
al tuo nucleo familiare da quando
avevi diciotto anni?” mi chiese, con un sopracciglio alzato.
“Beh,
sono una ragazza previdente” borbottai, amareggiata dal
sapore della sconfitta.
“Papiiii,
ho fameeeee” si lamentò Joy, tentando di tirarlo
per mano verso la cassa.
“Joy,
oggi sei particolarmente rompina, sai?” le dissi, con una
lieve nota di
rimprovero.
“E
voi particalmente distratti,
sai?”
rispose facendomi il verso ma impappinandosi sul particolarmente,
poi si voltò e andò verso la cassa da sola.
Guardai Robert allibita dal comportamento di nostra figlia, cercando un
supporto morale: potevo capire la gelosia, ma stava leggermente
esagerando.
“Non
fare quella faccia perché quella sei tu versione
mignon” mi disse ridendo della
scenetta, beccandosi un cazzotto sugli addominali.
“Io
vado a sedermi, tu seguila: manca solo che si perda!” Occupai
il tavolo infondo
alla sala, quello più riservato, fortunatamente era libero,
in modo che non
avessimo scocciature anche durante il pranzo,e mi soffermai ad
osservare da lontano
mia figlia, che stava scegliendo cosa ordinare, con suo padre. Non mi
sarei mai
aspettata che uscisse fuori un caratterino del genere: era sempre stata
più
sveglia e matura dei suoi coetanei, certo, ed aveva anche dovuto
imparare
presto a relazionarsi con il resto del mondo – per quanto
tentassimo di
proteggerla dai media, rimaneva pur sempre la figlia di Robert
Pattinson e
Kristen Stewart - ma
usare la lingua in
quel modo, soprattutto nei nostri confronto, no. Che avessimo sbagliato
qualcosa? La vibrazione del cellulare interruppe quel flusso di
pensieri.
“Pronto?”
“Kristen?”
rispose la voce di mia madre dall’altro lato.
“Mamma,
ciao! Come state?”
“Bene
tesoro! Voi? Tutto bene?”
“Sì,
siamo al fast food: ho avuto una voglia improvvisa di Big
Mac!” risposi,
facendola scoppiare a ridere.
“Uh,
piccola! E Joy?”
“E’
alla cassa con Rob. Oggi è particolarmente
acidella!”
“Come
mai?” mi chiese, incuriosita.
“Credo
sia la gelosia, e la cosa mi dispiace. La nostra era una famiglia
numerosa ed è
sempre stato così bello per me, e anche in quella di Robert
era lo stesso!
Volevo che crescesse anche lei così, ma qui rischia di farci
fuori il
secondogenito, figurati!”
“Kristen,
è normale. Forse tu e Rob non riuscite a comprenderla
veramente perché siete
stati i piccoli di casa, ma lei è la prima: siete stati
tutti per lei per 5
anni, si vede togliere un po’ di attenzioni. Poi sai
com’è attaccata a Robert,
magari ha paura che il piccolo o la piccola le porti via il suo
affetto!”
“Che
stupidaggine” borbottai.
“Kris,
ha 5 anni” mi ricordò “è
intelligente, ma è pur sempre una bambina”
“Lo
so” sospirai, quando vidi Joy e Rob avvicinarsi al tavolo con
il vassoio “beh
mamma, finalmente si mangia! Salutami papà!”
“Okay,
tesoro. Ciao!” salutò, prima di riattaccare. Joy
si arrampicò sulla sedia,
poggiando il suo cestino dell’Happy Meal sul tavolo, mentre
Robert sistemò le
bibite e le porzioni di patatine.
“Ecco
qua: un bel Big Mac per la mamma affamata!” disse, dandomi il
mio panino.
“Grazie”
risposi prendendolo, quando notai un altro cestino di Happy Meal
“Robert?”
“Dimmi...”
“Ti
sei preso un Happy Meal?” gli chiesi, sconvolta.
“Veram...”
“Sì,
mamma!” lo interruppe Joy, entusiasta, sistemandosi sulla
sedia “A papà
piacciono i pupazzi che stanno dentro! “
“I
pupazzi?” chiesi, alzando un sopracciglio, mentre Joy cercava
il suo dentro la
scatola “E vediamo, cosa sarebbero queste opere
d’arte?”
“Sono...
dei... draghetti...” mi rispose, continuando a cercare.
“Dei
drag... oh no” dissi, quasi terrorizzata al ricordo di
quell’ossessione, quando
vidi cosa aveva preso in mano Joy.
“Ho
fame, ci fermiamo al
Mc?” mi
chiese,
appena entrati in aeroporto.
“Ma devi per forza
mangiare schifezze?” lo rimproverai.
“Mmm...” fece finta di
pensarci “direi di sì” mi rispose serio,
poi sorrise come solo lui sapeva fare,
con il suo sorriso assurdo. Mi venne spontaneo allungare la mano e
avvicinare
il suo viso al mio, per baciarlo. “E da dove viene tutta
questa tenerezza?”
“Colpa tua” taglia il
discorso, prima che di sciogliermi completamente. “Muoviti o
rischiamo di
perdere l’aereo, anche se l’idea di rimanere qui
non è che mi dispiaccia più di
tanto...” dissi, pensando al fatto che avevo passato una
settimana, a Budapest,
praticamente indisturbata.
“Come ti piace fare la
bella vita: il ragazzo a lavoro e lei libera di rilassarsi, mangiare,
dormire...”
“Hai scordato andare in
bagno!” aggiunsi, ironica.
“No, fai anche i
bisogni?” mi chiese, facendo il finto sorpreso.
“Muoviti!” gli ordinai
tra le risate, spingendolo nel fast food e andando verso la cassa. La cassiera –
avrà avuto sì e no la mia età
–
alla vista di Robert, andò in iperventilazione.
“Bu-buon... buongiorno!”
balbettò cercando di parlare inglese.
“Buongiorno! Allora
vorrei...” cominciò Robert, guardando il tabellone
luminoso con il menù “un
menù Happy Meal!”
“Un Happy Meal?” chiese
la ragazza, con un po’ di euforia, dopo essersi ripresa dallo
shock di avere
Robert Pattinson come cliente.
“Sì, grazie”. La ragazza
batté alla cassa, poi si bloccò un attimo,
sovrappensiero.
“Qual...” cominciò,
fermandosi poi per riflettere. “Di qu...”
riprovò con il suo mezzo
inglese/ungherese, ma si bloccò ancora.
“Come prego?” chiese
Robert.
“Ehm...” cominciò
agitata, poi tentò di farsi capire ripetendo piano “Meeeenù...
il meeeeenù!”
“Il meeeeenù?” mormorò
Robert ripetendolo in quell’inglese strano.
“Robert, il menù, devi
scegliere il menù” gli spiegai.
“Ah, il menù! Certo!”
esclamò “Mi scusi” disse poi verso la
cassiera, che gli rivolse un sorriso
“Allora, dire di prendere quelle crocchette di
pollo” disse, fissando il
cartellone luminoso “poi come contorno le patatine, ovvio,
poi... Coca o Pepsi?
Forse è meglio la Coca...” La ragazza continuava a
fissarlo concentrata, ma
anche super agitata: le si leggeva in faccia che non stava capendo
assolutamente niente di ciò che stava dicendo Robert, e lui
non era di certo
d’aiuto! Ma non mi intromisi, lo lasciai fare, godendomi lo
spettacolo “poi la
barretta ai cereali!” concluse, guardando la cassiera, che
era estremamente in
imbarazzo.
“Allora...” cominciò
quella, poi sospirò rassegnata
“Potresti...” e fece segno di indicarle sul
tabellone.
“Cosa?” le chiese,
confuso.
“Istenem!” disse,
continuando ad indicare il tabellone “Azt
mutatják” cominciò a dire in
ungherese, ma Robert non riusciva proprio a capire.
“Ma che cazz...” sbuffò
disperato “Cosa vuole sapere?”
“Indicare!” esclamò la
ragazza come se avesse vinto alla lotteria, dopo aver avuto
un’illuminazione di
inglese.
“Ah, ti devo indicare
sul tabellone!” Questa lo guardò di nuovo confusa:
ma non gli entrava che la
ragazza l’inglese non lo capiva?
“Sì, Robert, sì! Idica!”
risposi al posto suo.
“Allora” cominciò,
guardando in faccia la ragazza per sapere se lo stava seguendo, lei
annuì in
segno di conferma “Chicken McNuggets...” Questa si
avvicinò all’insegna e
indicò un McToast.
“Ez az egy?” domandò la
ragazza.
“Che ha detto?” mi
chiese Robert con un’espressione stranissima, tra il confuso
e il disperato, ma
io riuscii solo a ridere, così tornò alla
cameriera.
“Non
quello, su... quello su!” tentò di nuovo,
ma la ragazza non riusciva a capire. “Aspetta un
attimo!” le disse, facendo
segno con la mano. Si tolse lo zaino dalla spalla e cominciò
a cercare
qualcosa, finché non uscì fuori un dizionario
tascabile italiano-ungherese.
“No, ti prego!” dissi,
scoppiando di nuovo a ridere: non ce la facevo più.
“Allora, Chicken
McNuggets!” riprovò, ma quella fece di nuovo di no
con la testa. “Ma questi
hanno i menù in inglese e non capiscono
l’inglese?” borbottò, sfogliando il
dizionario. “Ecco, crocchette di pollo: su...
su...” cominciò a balbettare,
cercando di leggere l’ungherese “Come cavolo si
legge? Su... sült
csirke!”
“Sì!” esclamò la
ragazza, contenta di aver capito “Poi?”
“Bene, finalmente...”
disse, sospirando “Cerchiamo patatine... pa-ta...”
Sbuffai: di quel passo
avremmo sicuramente perso l’aereo.
“Lascia, faccio io!” gli
dissi, togliendogli di mano quel coso e avvicinandomi alla cassiera
“Salve,
allora: Chicken McNuggets, chips, CocaCola e Nesquik”
elencai. La ragazza mi
sorrise raggiante, facendomi il conto, poi sparì dietro il
bancone.
“Come cavolo hai fatto?”
mi chiese Robert stupito.
“Diciamo che all’estero
capiscono più l’americano che il tuo inglese
stretto” lo presi in giro. La
cameriera tornò e ci passò tutto.
“Arrivederci!” disse,
soddisfatta, come se fosse tutto merito suo: chissà dopo
quanti giorni si
sarebbero sbrigati di quel passo... Ci sedemmo ad un tavolo e Robert,
ancora un
po’ offeso per il suo piccolo insuccesso,
cominciò
a mangiare.
“Rob?”
“Mmm?” rispose,
masticando.
“Ma perché hai preso
l’Happy Meal? E’ il menù per bambini e
il più difficile da ordinare...” Si
pulì
le mani e uscì fuori il giocattolo omaggio: un draghetto.
Non ci potevo
credere!
“Per questo, devo finire
la collezione!”
“Robert,
ti prego” gli dissi, sconvolta.
“Hanno
girato Dragon Trainer 2, amore: non potevo non prenderlo, devo metterli
nella
collezione!” mi spiegò “Anzi, Joy: non
è che lo regaleresti a papà il tuo
draghetto?”
“Robert!”
lo rimproverai, sempre più sconvolta.
“Che
c’è?” mi chiese, innocente: no, non era
normale.
“Perché?”
gli domandò lei, un po’ sospettosa.
“Così
lo metto nella collezione, quello non ce l’ho”
“Papi,
è rosa: ci devo far volare sopra la mia barbie! Se vuoi te
lo presto qualche
volta, però!”
“E
dai, Joy!” la pregò, ma lei fece segno di no con
la testa “Se me lo regali,
quando arriverà il bamb...” Lo bloccai con un
calcio, sotto il tavolo, perché
sapevo come stava per terminare la frase. Gli feci segno di tacere.
“Cosa
papà? Quando arriverà cosa?” insistette
lei.
“Niente,
Joy, mangia...” tagliò corto, indicando le
patatine.
“Okay,
come vuoi” rispose lei, tranquilla.
“Perché
mi hai dato un calcio?” mi chiese sussurrando. Lo guardai
storto e continuai a
mangiare: ci mancava solo che gli dicesse cosa aveva in mente di fare
con i
draghetti...
“Ma
perché ci tieni così
tanto a questa cavolo di collezione?” gli chiesi, mentre
mangiavamo la cena che
era andato a prendere e aveva portato a casa. Sempre McDonalds, sempre
Happy
Meal, ovviamente.
“Così...” mi rispose
semplicemente, mangiando una patatina. Mi sedetti sulle sue ginocchia.
“Con te niente è così!” gli ricordai “Dai,
dimmelo...”
“Non
è niente, davvero!”
“Okay, capito, non me lo
vuoi dire” mormorai, facendo per alzarmi, ma mi prese per la
vita e mi ritirò
giù, sulle sue ginocchia.
“Va bene, te lo dico”
sospirò “Ma è una cavolata...”
“Non è una cavolata se
ci tieni così tanto... perché ci tieni, lo
vedo...”
“Lo vedi?”
“Robert, in un mese hai
mangiato dieci volte al McDonalds!” gli feci notare.
“Ma perché non mi
piaceva il cibo ungherese!” si giustificò
“Comunque.. l’altro giorno ero andato
a prendere da mangiare, e ho visto una famiglia ad un tavolo, con due
bambini
che giocavano con questi draghetti e... non lo so, ho rivisto un
po’ quello che
vorrei io, quindi mi sono fissato per questi draghetti illudendomi che
magari, un
giorno, anche i nostri bambini ci giocheranno, ecco!” Lo
guardai negli occhi.
“Visto? Non è una
cavolata...”
“E’ patetico...”
“No, Robert, è
bellissimo...”
“Papà?
Andiamo a vedere la tua collezione?” gridò Joy,
correndo su per le scale di
casa.
“Arrivo,
è in camera da letto!” le gridò di
rimando giù dal salone, togliendosi il
giubbotto e buttandolo sul divano.
“Sei
riuscito a farle tornare il sorriso: forse è vero che mi
somiglia...”
“Nah,
è solo un po’ lunatica” disse,
avvicinandosi e poggiando le mani sui miei
fianchi “quindi sì, ti somiglia
decisamente!”
“Vai
a quel paese” mormorai, prima di abbracciarlo al collo e
baciarlo, alzandomi
sulla punta dei piedi.
“Papà
ti vuoi muovere!” urlò Joy dal piano di sopra,
interrompendoci.
“Trattienimi
che oggi la uccido!” mormorai tra i denti, facendolo ridere.
“Rompe,
rompe... come la madre!”
“Papi?”
lo chiamò di nuovo la piccola, affacciandosi dalle scale
“Papi, staccati dalla
mamma, che altri fratellini non ne voglio...”
sbuffò, vedendo il nostro
abbraccio, prima di risalire al piano di sopra e gridare “Ah,
e quel coso
il mio
draghetto non
lo
tocca!”
Fast food
post!
Per l'ungherese ho usato il traduttore di Google, quindi non so quanto
sia
affidabile xD poi non mi ricordo neanche più che ho scritto
xD
Bye bye!
|
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Capitolo 8 *** Complementary colors of the life ***
Okay,
eccomi di nuovo qui! Non sono morta!
L’ispirazione è tornata *__*
Non come la voglia di studiare però perché,
sì,
a giugno sono ancora sui libri -.-
Quindi non mi dilungo, vi lascio al capitolo
e...
VI
ASPETTO DI SOTTO, CON UN AVVISO IMPORTANTE!
Ah,
approfitto per una cosa: AUGURI
LARETTAAAAAAAAAAAA <3
Complementary
colors of the life
“Pronto?”
“E’
perfetta!” esclamai appena aprì la chiamata.
“Che-?”
“Robert,
è fantastica, stupenda, meravigliosa...è
perfetta!” continuai a raffica, senza
dargli tempo di rispondere, tanto sicuramente se n’era
scordato.
“Ah,
bene, sono contento... ma che cosa?” mi chiese, confuso: come
pensavo.
“La
casa, Rob, la casa è... è... non so...
è...
no, aspetta, te n’eri dimenticato?”
“Io? Ma
no, figurati se me ne dimenticavo!” rispose, poi
cambiò velocemente discorso
“Allora, è...?”
“Te
n’eri dimenticato!” lo accusai, come se ne fossi
veramente stupita.
“Okay,
mi è passato di mente!” confessò
“Però, non ti incazzare, ti prego!”
“Io
sono qui per scegliere casa nostra, ti chiamo per dirti quello che
penso, ti
sei scordato dell’appuntamento con l’agente
immobiliare e io non mi dovrei
incazzare!?”
“Scusa,
scusa, scusa! Perdonami!” mi supplicò.
“Era
una cosa importante” dissi tanto
amareggiata
“non bastano delle semplici scuse per farti perdonare, non
questa volta...” Lo
sentii ridacchiare: mi aveva scoperta. Forse ci avevo messo un
po’ troppa
enfasi.
“E
come
potrei farmi perdonare?” mi chiese, stando al mio gioco.
“Avendo
un po’ di fiducia in me e...” Sospirò.
“Se ti
piace così tanto -”
“Sai
che ti amo, vero?” esclamai, cominciando a saltare per strada
dalla felicità.
“Perdonato?”
mi chiese ridendo.
“Più
che perdonato, direi” risposi, andando verso la mia Mini
“Chiudo, devo
guidare... ti amo, ti amo, ti amo...”
“Smettila!”
disse, ridendo “Ho già detto
sì!”
“E’
vero, hai detto sì” ripetei, incredula.
“Perché?
Avevi qualche dubbio?”
“Direi
di no: infatti avevo già assicurato al tizio che
l’avremmo comprata, quindi non
avresti avuto altra scelta!”
“Perfetto,
ora lascia libera la mia linea telefonica!”
“Ti
amo, ti amo, ti amo...” continuai a ripetere, sorridendo.
“Morirò
a causa tua, sarai la mia rovina, oltre quella del mio conto in
banca!”
“Lo so,
ma morirai con tanto amore intorno, perché ti
amo!” gli feci notare, sedendomi
in macchina “Ho già detto che ti amo?”
Rise.
“Mi
manchi, Kris... non sai quanto...”
“Quanto
manchi tu a me” sospirai “Chiudo. Ti
amo.”
“Ti amo
anch’io...”
“Come
vanno i lavori, uomo?” dissi, poggiandomi
allo stipite della porta.
“Sapevi che...” cominciò, concentrato a
centrare
un chiodo con il martello, con un occhio chiuso ed uno aperto per
prendere la
mira “mettere un chiodo al muro senza schiacciarsi un dito
può diventare
un’impresa titanica?”
“Addirittura...”
“Beh, ora lo sai” concluse, battendo un paio di
colpi.
“Sssh! Fai piano che Joy sta dormendo” lo
rimproverai a mezza voce “Ecco, far addormentare tua figlia,
quella sì che è
un’impresa titanica!”
“Scusa” mormorò, mentre mi sedevo su uno
dei
mille scatoloni che c’erano sul pavimento.
“Ricordami come ti ho permesso di stare solo tra
questi attrezzi pericolosi...”
“Mantieni” mi disse sovrappensiero, passandomi
il martello e cercando qualcosa in uno scatolone “Vediamo:
perché volevo
sentirmi un po’ più utile in casa e dare una botta
di vita alla mia autostima”
“Giusto” dissi, giocherellando con il martello
“Perché
essere uno degli attori più bravi, belli e ricercati di
Hollywood non è per
niente utile per la propria autostima!” Dallo scatolone
tirò fuori una piccola
bacheca con alcune foto di Joy e la appese al chiodo.
“E questo lo mettiamo qui... fatto!”
esclamò soddisfatto.
“Bravo, sei riuscito ad appendere un quadro! Da
oggi puoi fare il falegname!” lo presi in giro.
“Ehi, questo sono le piccole soddisfazioni della
vit...” cominciò a dire, quando il rumore di
qualcosa che cadeva lo interruppe:
la bacheca aveva fatto un volo dalla parete al pavimento. Rob
sbuffò,
prendendomi il martello dalle mani e lanciandolo nella cassetta degli
attrezzi.
“Come non detto! Basta, ci rinuncio...” si arrese.
“Non ti demoralizzare, non si può avere tutto
dalla
vita” lo consolai.
“Quindi ti può bastare un marito bello,
talentuoso, intelligente, ma che non sa fare i lavori
manuali?” Stavo per
rispondere quando un pianto a squarciagola, che proveniva dalla camera
da
letto, risuonò in tutta la casa. Sul volto di Robert si
dipinse un’espressione
colpevole: il rumore aveva svegliato Joy.
“No, non mi basta, perché non ce l’ho,
visto che
il mio è bello, talentuoso, che non sa fare i lavori manuali
e DEFICIENTE!”
urlai, sull’orlo di una crisi di nervi “Ora chi la
fa riaddormentare più!”
“Amore, rilassati” disse calmo “Vado io,
non ti
preoccupare”
“Va bene, grazie” sospirai, rilassandomi con la
schiena contro la parete mentre lui usciva dalla camera. Avevamo appena
fatto
un acquisto molto importante: la cameretta per Joy. Fino a quel momento
aveva
sempre dormito nella culla, in camera nostra ma, per lei, era arrivato
il
momento di abituarsi a dormire sola, nel proprio spazio. Era un evento
molto
importante: il primo tipo di distacco da noi. Ed avevamo già
rimandato troppo,
ne eravamo coscienti. Ma come potevamo lasciare la nostra piccolina
sola, tutta
la notte, in un’altra camera? Il vero trauma sarebbe stato il
nostro, non il
suo... Ed ora la stavamo arredando in modo da renderla più
accogliente,
rassicurante, allegra: più sua.
“Kristen?” mi chiamò Robert
dall’altra camera,
con un tono un po’ agitato.
“Dimmi...”
“Ehm... ci siamo persi la... la bambina...” disse,
ma non riuscii a capire perfettamente poiché il pianto di
Joy copriva la voce.
“Che cosa?”
“Kristen, non trovo la bambina, cazzo!”
ripeté
più forte. Non trovava la bambina?!
“Che vuol dire non trovi più la
bambina?!” gli
gridai, mentre correvo in camera da letto. Il nostro lettone, su cui
avevo
lasciato Joy che dormiva attorniata da cuscini, in modo che non
cadesse, era
vuoto. Il suo
pianto proveniva da quella
stanza, ma non era bene udibile, come se Joy fosse chiusa da qualche
parte.
D’istinto, feci il giro dall’altro lato del letto,
per controllare se fosse
caduta, ma sul pavimento non c’era. Vidi Rob precipitarsi sul
letto e cominciare
a muovere le lenzuola e i cuscini. “Robert, è
piccola, ma non una sottiletta!
Si vedrebbe!” urlai, in preda all’agitazione.
“E che ne so! Ho controllato!” urlò lui
ancora
più forte. Continuai a cercare: dietro i comodini, niente;
spostai le tende, ma
niente; corsi nel bagno della nostra camera, ma di Joy nemmeno traccia.
Quando
tornai in camera, trovai Rob che apriva tutti i cassetti come un
disperato: ma
davvero credeva possibile che nostra figlia riuscisse a nascondersi in
un
cassetto? Non so perché – forse
l’agitazione, forse l’esempio
di uomo che avevo davanti agli
occhi – cominciai ad aprire gli sportelli quando, chinandomi,
notai un piccolo
movimento sotto il letto e la voce di Joy arrivò
più chiara alle mie orecchie.
Feci un sospiro di sollievo.
“Joy, ma come diamine ai fatto...” sussurrai,
più a me stessa che a lei – ovviamente –
piegandomi vicino al letto. “Rob, l’ho
trovata!”
“Dov’è? Sta bene? Respira? Ha
fame?” cominciò a
chiedere a raffica. Lo guardai, sconcertata.
“Robert, non l’hanno rapita! È finita
solo sotto
il letto!”
“Sotto il letto?!” chiese stupito, abbassandosi
anche lui, in modo che riuscissi a vedere dall’altro lato.
Esattamente al
centro del pavimento, c’era Joy che, alla vista del padre
smise di piangere.
“Oddio, Joy! Vieni qui...” le disse, allungandosi
per prenderla e portarla
fuori da lì sotto.
“Controlla, si è fatta male?” domandai,
avvicinandomi e lasciando un bacio sulla fronte della piccola.
“No, sembra di no” mi rassicurò,
cullandola un
po’ “vai di là, la faccio riaddormentare
io, nella culla però!” Risi.
“Sì, mi sa che è meglio!”
Poggiata alla ringhiera delle scale
all’ingresso, decisi di fumarmi una sigaretta: quando avevo
scoperto di essere
incinta di Joy avevo smesso, ma ogni tanto me ne concedevo una, per
rilassarmi. “Ehi”
mi sentii dire alle spalle.
“Ehi” sussurrai, spegnendo la sigaretta e
voltandomi verso di lui “Dorme?” Agitò
un po’ con una mano il
walky talky collegato
ad uno in camera di Joy, per farmi
sentire che era tutto tranquillo.
“Sei agitata?” mi chiese, sedendosi accanto a
me.
“Perché?”
“Stavi fumando. Ormai fumi solo quando sei
agitata” disse, un po’ preoccupato “che
succede?”
“Non riesco a dormire in queste notti, non so
perché” sospirai, poggiando la testa sulla sua
spalla.
“E’ per Joy e la cameretta, eh? Non sono solo il
paranoico allora!” Risi del suo entusiasmo.
“Mi dispiace deluderti, amore, ma non è per
quello!”
“Peccato... E allora per
cos’è?”
“Niente, Robert. È l’insieme delle cose.
Un po’
di stress. Tutte le mamme sono stressate, deve essere così.
Nel momento in cui
concepisci un figlio, diventi una bomba di stress e
preoccupazioni” spiegai,
con finta saggezza “dovresti preoccuparti se fosse il
contrario!”
“Ma c’è super Robert che per le sue
donzelle
rimedia a tutto, quindi perché stressar-”
“Ti ricordi quando avevamo deciso di pitturare
la cassetta della posta?” lo interruppi, stringendomi
più a lui “Abbiamo
litigato tantissimo quel giorno solo perché ti eri fissato
con il giallo!”
dissi, ridendo al ricordo.
“Gialla...”
“Rossa!”
“Gialla!”
“Ho
detto rossa!”
“Ma
perché la vuoi rossa?” mi chiese, stupito.
“E tu
perché la vuoi gialla?”
“Perché
sarà gialla!” mi spiegò, come se fosse
ovvio.
“Scordatelo!”
“Sono
l’uomo di casa, decido io!”
“Ed io
sono incinta! E MAI contraddire una donna incinta” ribattei.
“Appunto,
sei una donna incinta! Non dovresti nemmeno essere qui vicino alla
vernici,
allontanati!” mi rimproverò.
“Siamo
all’aperto, e poi se mi allontano mi ritrovo la cassetta
della posta giallo
canarino!” Mi incenerì con lo sguardo.
“Kris,
allontanati da qui, te lo chiedo per piacere” mi
pregò “non fare la scema!”
“Solo
se la dipingerai di rosso” mi impuntai. Sbuffò.
“D’accordo,
te la faccio anche a pois se vuoi, basta che ti allontani dalla
vernice, ti fa
male!” Lo guardai con un sorriso vittorioso e soddisfatto, e
andai verso gli
scalini dell’ingresso, per sedermi e controllare il suo
lavoro. “Che poi, io
dico, perché rossa?” chiese, con la sua faccia da
stupido “Perché non verde? Il
rosso è così banale e scontato, il giallo invece
è più vivo, luminoso,
allegro...” A quelle parole mi bloccai e tentai anche di
bloccare le lacrime
che stavano per scendere. “Kris?” mi sentii
chiamare, ma non mi voltai.
“Kristen?” mi chiamò di nuovo, ma non
volevo girarmi.
Il
rosso era scontato. Era banale.
Mentre
il giallo luminoso. Vivo. Allegro.
Era
questo quello che pensava, allora.
Le
prime lacrime cominciarono a scendere sulle mie guance, quando lo vidi
di
fronte a me. “Kristen, perché piangi? Stai male,
ti fa male qualcosa?” mi
chiese ansioso, ma non riuscii a rispondergli “Kristen,
parla!”
“Lasciami
passare” riuscii solo a sussurrare, mentre lo oltrepassavo
per correre in casa.
Mi buttai sul divano, stringendo un cuscino a me mentre piangevo.
Quelle parole
continuavano a rimbombarmi in testa, come un martello. Scontato,
banale,
scontato, banale. Mentre il giallo...
“Amore”
non l’avevo neanche sentito entrare, ed era già in
ginocchio di fronte a me “ma
stai male?”
“No!
Non sto male!” gridai, esasperata “Non –
sto - male!”
“Ma
allora perché piangi? Se è per la cassetta, la
dipingo di rosso, non ti
preoccupare!” cercò di consolarmi.
“No,
dipingila di giallo, l’hai detto tu, il giallo è
più allegro! A te piace di più
il giallo, quindi falla gialla!” cominciai a sclerare tra le
lacrime. Mi guardò
come se fossi impazzita: perché non capiva?
“Robert, io sono castana-rossiccia,
e a te il rosso non
piace! Quindi non ti
piaccio!”
“Amore,
ma tu non sei una cassetta della posta...” mi fece notare,
non capendo.
“Non
c’entra niente! Tutte le tue co-star sono sempre bionde, e
l’hai detto tu: il
giallo è allegro, solare, vivace! Mentre io sono una povera
fessa
castana-rossiccia, banale e scontata, e per di più incinta e
che presto
diventerà pure una balena!” spiegai tra le
lacrime, facendolo scoppiare a
ridere. “E non ridere!”
“Kristen!
Ma come ti viene in mente una cosa del genere?” mi disse,
sedendosi accanto a
me e prendendomi in braccio.
“E’
così! Lo so che è così!”
insistetti “Ammettilo!”
“Tu sei
tutta pazza!”
“Non
sono pazza, dimmi la verità!” gli ordinai.
“Io amo
te, non le bionde” mi spiegò, semplicemente
“Loro non le guardo neanche!”
“Quindi
vuol dire che se mi rifacessi bionda, tu non mi guarderesti
più?” dissi,
cercando di fermare un nuovo flusso di lacrime.
“Ehi,
ehi, ferma le fontane!” mi disse, stampandomi un bacio
“Ti devo ricordare che
la prima volta che ti ho vista in quel film e mi hai colpita, eri
bionda?”
“Appunto!”
urlai, alzandomi di scatto “Visto? A te piacciono le bionde!
Quindi io non ti
piaccio!”
“Kristen,
dimmi che sono gli ormoni che ti fanno quest’effetto, ti
prego...” disse
esasperato.
“Sì,
credo di sì!” urlai di nuovo.
“Ma
perché urli?”
“Non lo
so” piagnucolai, buttandomi di nuovo tra
le sue braccia, che mi strinsero forte “Sopportami per altri
6 mesi, ti prego!”
Ridacchio.
“E
comunque, anche con i capelli fuxia, ti amerei lo stesso! Ti ho amata
versione
rockettara, sono pronto a tutto ormai!”
“Eri
assurda!”
“Sì, lo ero!” confermai, continuando a
ridere e
a guardare la cassetta della posta, che poi era rimasta inverniciata.
“E
comunque dovremmo verniciarla, prima o
poi...”
“Nah, lasciamola così!” Dei piccoli
lamenti
provennero dal walky talky che Rob aveva poggiato sulle scale: Joy si
era
svegliata. Ci alzammo e rientrammo in casa: io andai in camera nostra
per
vedere come stava la piccola, mentre Robert si diresse nella cameretta.
Si era
svegliata completamente, i piccoli occhietti vispi, che si guardavano
intorno
alla ricerca di qualcuno che la togliesse da quella culla –
che, a mio parere,
vista dalla sua prospettiva poteva sembrare molto una galera, con tutte
quelle
sbarre –, erano completamente spalancati.
“Ciao amore” le sussurrai, prendendola in
braccio “dormito bene?” le domandai, come se
potesse rispondermi, dandole un
bacino sul capo e controllando se ci fosse qualche bernoccolo.
“Hai fatto un
bel volo prima. Volevi imparare a volare? Cos’era, un momento
di esaltazione
come quelli di tuo padre?” le dissi, facendole il solletico
sul pancino e
facendola ridere. “Vieni, ti porto in un bel
posto!” La portai con me nella
cameretta dove c’era Robert, che si stava guardando intorno,
analizzando non so
cosa. “Papà, guarda chi
c’è?” Robert si voltò di
scatto, come se lo avessi
tolto da chissà quali pensieri, poi ci sorrise.
“Ciao principessina!” esclamò con la
vocina
stupida riservata a Joy “Ti piace la cameretta che ti stanno
preparando mamma è
papà?” Joy si guardava intorno con gli occhietti
verdi pieni di curiosità e
stupore per quel luogo tutto colorato che non aveva mai visto. Era
incantata.
Più o meno come quando si fermava a guardare Robert.
“A che stavi pensando?” gli chiesi a bassa voce,
per non svegliare Joy da quel sogno ad occhi aperti.
“Stavo pensando che vorrei farle fare un disegno
su quella parete lì infondo” mi spiegò,
indicando una parete rosa vuota.
“Sì, è una bella idea, ma che
cosa?”
“Un castello” propose lui.
“Nah, i castelli sono così... così...
non so, ma
appena cresce un po’ si stancherebbe. Secondo me ci starebbe
bene un bel
unicorno” dissi, sognante “Maestoso, pieno di
misteri... non passa mai di moda,
a nessuna età!”
“Un unicorno?” mi chiese, alzando un
sopracciglio “Non esistono neanche!”
“Perché, i draghi che collezioni tu
esistono?”
“Touchè! Comunque sarà un
castello...”
“Un unicorno!”
“Castello!”
“Unicorno...”
“Castello!”
“U-N-I-C-O-R-N-O”
“CASTELLO!”
“Se lo sceglie quando cresce!”
“Perfetto!” acconsentì. Mi
lanciò uno sguardo
d’intesa poi, uscendo dalla camera, disse a voce
più alta “Tanto lo sai che
darà ragione a me! Sarà un castello!”
SPAZIO MIOOOO, YEAH!
Allora:
lo studio mi mangia il tempo, quindi non
ho potuto rispondere alle recensioni, comunque sappiate che le ho amate
e
adorate TUTTE! Vi ringrazio infinitamente (:
Ah: l’episodio del letto, è successo a mia
sorella da piccola XD
Ma ho una cosa importantissima da dirvi.
Se riesco a scrivere ciò, è solo grazie a quei
due scemotti che ci fanno impazzire (non solo in senso figurato!):
Robert e
Kristen. Sapete che una data importante si avvicina: gli MTV movie
awardsssss. Questi
due ragazzotti sono candidati al BEST KISS per New Moon, e noi tutti
VOGLIAMO
CHE LORO VINCANO! Quindi, CARISSIME LETTRICI, SOSTENITRICI ED
ESTIMATRICI DI
QUESTA COPPIA, dovete sapere che i Movie Awards 2010 sono minacciati da
alcune
presenze oscure. Di fatti, dovete
sapere che, nella stessa categoria, è candidato il duo
TayTay per il film “Valentine’s
Day”. Twitter continua a cinguettare messaggi su una presunta
vittoria del duo
(neanche fossero le elezioni presidenziali) a sfavore dei nostri amati
Robsten
ç__ç
Quindi, ora vi chiedo: volete davvero vedere la
Swift e Lautner che limonano su quel palco?
La
risposta spero sia unanime e negativa.
Mi
appello anche a voi, team Jacob e team Taylor: volete davvero vederlo
sbaciucchiarsi una che lo ha mollato?! So che a lei piacerebbe, a
chiesto di
farsi votare tramite il suo twitter, ma a lui?
Invece voi, oh team Robsten! Se la pensate come
me e anche voi agognate da più di un anno questo tanto
atteso bacio, desiderato
e che l’anno scorso ci è stato brutalmente negato:
VOTATE E FATE VOTARE Robert e Kristen per il
Best Kiss!
Lasciate perdere il sonno, le colazione, i
pranzi e le cene, le uscite con gli amici, i film al cinema, i
programmi in tv
e, anche se va a mio discapito, le fan fiction!
VOTATE! Premete quel bottone e fate realizzare
un sogno!
ROBSTENINE D'ITALIA E DEL MONDO UNITEVI TUTTE
PER L'OBIETTIVO COMUNE.
Il 7 Giugno, alle 3:00, rendete possibile ciò
che attendiamo da quel lontano 31 maggio 2009.
VOTATE VOTATE VOTATE!
LINK
PER VOTARE!
Alla prossima!
|
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Capitolo 9 *** Little Pattz men ***
Shot.
Anzi, SHOCK!
Fa abbastanza schifo,
vi avviso!
Ci vediamo
giù (:
Little
Pattz men;
“Okay,
puoi rivestirti” disse pacata la dottoressa, passandomi la
carta per pulire
quel gel antipatico dalla mia pancia. Lasciai la mano di Robert
– che avevo stritolato
per l’emozione durante tutta l’ecografia
– e mi ricomposi. Lo avevamo visto per
la prima volta: il nostro piccolo. Avevo ancora addosso una sensazione
assurda
ed indescrivibile. Ed ero felice, come non mai. Robert, ancora con gli
occhi
lucidi – sì, ovviamente aveva pianto –
mi aiutò a scendere dal lettino,
lasciandomi un bacio leggero sulla fronte. “Ragazzi, potreste
raggiungermi un
attimo, vi dovrei parlare” disse con molta
professionalità la ginecologa,
richiamandomi da quel momento spensierato.
“C’è
qualcosa che non va? Il bambino sta bene?” chiesi subito
ansiosa. Alzò lo
sguardo verso di me, sorridendomi per rassicurarmi.
“Certo
Kristen, il bambino sta benissimo, è solo che...”
cominciò, poi fece segno di
sederci. Automaticamente afferrai la mano di Robert che era accanto a
me, lo
sguardo ancora più preoccupato del mio, e mi sedetti su una
delle poltrone
davanti alla scrivania. “Allora, il bambino sta bene, lo
avete sentito anche
voi il cuoricino che batte forte, ma quello che non sapete è
che l’embrione non
era solo uno” disse, attenta che la stessimo seguendo
“erano due...”
“D- due?”
balbettai sconvolta, guardando Robert:
oddio, se un figlio era una cosa inaspettata, figuriamoci due bambini
in giro
per casa.
“Vuol
dire che sono gemel-”
“Aspettate”
ci interruppe la dottoressa “gli embrioni sono due, ma
purtroppo uno non si è
sviluppato, quindi...”
“Ah”
risposi delusa, ritornando alla realtà da quel futuro che
già si stava
cominciando a formare nella mia mente “Ho capito”
sospirai, stringendo più forte
la mano di Robert, che ricambiò la stretta.
“Mi
dispiace...”
“Maschio”
“Femmina”
“Ho detto maschio!”
“E io dico femmina” ribatté, facendomi
il verso.
“Robert, una madre certe cose le sente! Ed io
che sono la madre” dissi, alzando la mano dal cambio ed
indicando la mia pancia
gonfia “ti dico che è un maschio!”
“L’omino per concepirlo l’ho messo io?
Allora ti
dico che era un’ometta!”
“Che omini papà?” gli chiese curiosa
Joy, dai
sedili posteriori.
“Niente, amore, non dargli retta” le dissi,
facendo manovra per parcheggiare davanti casa dei miei genitori
“lo sai che
ogni tanto dice cose insensate!”
“Non solo ogni tanto” precisò lei.
“Ehi, io sono qui con voi” ci riprese, facendo
l’indignato “e voi continuate a prendermi in giro,
complimenti! Dobbiamo cominciare
a mettere un po’ di regole in questa famiglia: non si
può trattare così l’uomo
di casa...”
“Sì, certo papà, va bene” lo
liquidò veloce la
piccola, affacciandosi ai sedili davanti – dopo essersi
slegata da sola dal
seggiolino - e stampandogli un bacio sulla guancia. Ridacchiando,
suonai un
paio di volte il clacson, mentre Joy scendeva dalla macchina gridandoci
un “Ciao!”
e subito mia madre uscì fuori dall’ingresso per
prenderla.
“Fai la brava con la nonna!” le urlai dal
finestrino, salutandole con la mano, e aspettai che rientrassero in
casa prima
di rimettere in moto l’auto per ripartire verso la nostra
meta, l’ospedale.
Odiavo quel posto ogni giorno di più: lo visitavo un po’
troppo spesso per
i miei gusti.
“Non dovresti influenzare così tua figlia, mi
bastava essere maltrattato da te!”
sbuffò, imbronciato, riprendendo il discorso.
“Io non influenzo proprio nessuno” risposi
ridendo, mentre mi fermavo ad un semaforo “sei tu che ispiri
questa... cosa... che nasce proprio
dal profondo
del nostro cuore...”
“Ah-ah-ah! Simpatica!” disse, secco
“Comunque
dovrei guidare io, tu sei incinta, è pericoloso!”
“E’ molto più pericoloso far guidare te,
fidati”
sbuffai, ripartendo lentamente con quella sottospecie di macchina che
solitamente usava Robert. “Rivoglio la mia Mini!”
piagnucolai. Purtroppo era
andata completamente distrutta dopo l’incidente di pochi mesi
prima, dopo il
quale avevo scoperto di essere in dolce attesa del mio secondogenito.
Lo sentii
cominciare a fischiettare, evasivo. “Robert?”
“Dimmi amore” mi rispose, con una faccia da
schiaffi, quasi soddisfatta.
“TACI!
“Non ho detto niente, amore!” si
giustificò, ma
si levò il sorrisino abete dal viso appena lo fulminai con
lo sguardo. Trovai
un posto nell’enorme parcheggio dell’ospedale e
spensi il motore, poi mi
rilassai sul sedile, sbuffando. “Ehi, che
c’è?” mi chiese dolce, accarezzandomi
il braccio. Mi voltai verso di lui.
“Non ci voglio andare, mi sono stufata di
quest’ospedale del cavolo” dissi, come una bambina
capricciosa “Vai tu al posto
mio? Ti presto la pancia!” Ridacchiò della mia
risposta, ed io con lui. Scossi
la testa, mi calai gli occhiali da sole e scesi da quella sottospecie
di
macchina. “Ma una volta non avevamo detto che lo avresti
portato tu il
bambino?” gli chiesi, sorridendo “Te l’ho
già abbonata con Joy, questo potresti
partorirlo tu!”
“Sei stata così brava la prima volta che non
vedo perché non lasciare a te anche l’onore della
seconda!” disse, passandomi
un braccio sulle spalle e baciandomi una guancia.
“Speriamo almeno che questa sia la volta buona:
io voglio sapere il sesso!”
“Magari vuole farci una sorpresa e non vuole che
lo sappiamo prima della nascita, per questo non si gira e ci mostra il
suo... davanzale...”
disse, ridendo “ma perché
ti sei fissata? Non è meglio l’effetto
sorpresa?”
“Sai che voglio avere il controllo di tutto” gli
spiegai “ma se tu non vuoi...”
“No, per me non cambia, come vuoi tu” mi
rassicurò, avvicinandosi per darmi un bacio.
“Sempre come voglio io!” gli ricordai, prima di
baciarlo.
Aprii
la porta del bagno e tornai in camera: comodamente seduto sul letto,
Robert mi
guardava con occhi preoccupati mentre lo raggiungevo. “Scusa,
non volevo
svegliarti” sussurrai, tirando su col naso, nel silenzio
della notte.
“Le hai
avute di nuovo?” mi chiese calmo, troppo
calmo vista la situazione, arrivando subito al
dunque. Annuii e, senza
dire neanche una parola, mi rimisi a letto, dandogli le spalle. Guardai
la
sveglia: erano le 3:00. Mi ero alzata per andare in bagno e scoprire
che avevo
avuto ancora delle perdite, quelle che mi avevano spaventata in una
maniera
assurda la sera prima, specialmente visto lo stato della gravidanza.
“Purtroppo
il feto non è cresciuto: è un po’
piccolo rispetto a quello che dovrebbe
essere” le parole della dottoressa continuavano a rimbombarmi
nella testa
“vediamo un po’ come va”. Male, ecco come
andava! Non sapevo con chi
prendermela, ma di chiunque fosse la colpa, non poteva donarci due
piccole
creature e poi strapparcele via in quel modo, una alla volta. Faceva
male, sia
a me che a Rob. E, non so perché sfogavo tutto il mio dolore
su di lui
trattandolo da schifo, come se fosse colpa sua: così
facendo, però, lo facevo
soffrire ancor più di quel che già soffriva.
Eravamo sulla stessa barca,
stavamo male entrambi ma era come se pensassi che chi ci stava peggio
ero io,
perché in realtà lui non poteva capire. Lui non
lo aveva dentro. Ed anche se
era troppo piccolo per poterlo anche solo sentire, il mio piccolo
c’era e non
volevo che andasse via. La
cosa peggiore
è che continuavo a fare lo stupido errore di tenermi tutto
dentro. Mi ritrovai
di nuovo a bagnare il cuscino con le lacrime e a piangere.
“Vieni
qui” mi sussurrò, abbracciandomi da dietro e
lasciandomi un bacio sulla spalla,
mentre accarezzava il mio ventre leggermente gonfio. Restai ferma
qualche
secondo finché non mi lasciai travolgere completamente dalla
crisi di pianto:
poggiai la testa sul suo petto, lasciandomi cullare nella notte, tra le
lacrime
di entrambi.
“Sempre
come voglio io un bel ca...”
“Ehi! Ci sono dei minorenni in ascolto!” mi
rimproverò Robert, abbracciandomi da dietro per mettere le
mani ai lati del mio
ventre ormai un po’ gonfio, mentre lanciavo la borsa sul
divano.
“Non ti preoccupare, non sente!” gli risposi,
togliendogliele per andarmi a sedere “Tanto lui è
girato di culo, non gli
importa niente della madre! Se mi ascoltasse o gliene importasse, si
sarebbe
messo dritto per farci vedere se... ce
l’ha o non ce
l’ha!” conclusi,
imbronciandomi.
“Dai, non fare così” mi disse, sedendosi
accanto
a me, ancora sorridente per la mia splendida teoria sul mistero
del sesso di nostro figlio, e abbracciandomi a sé
“vuole
solo un po’ più di tempo, succede!”
“Certo, perché loro quando stanno qui dentro se
la prendono sempre comoda, tanto è Kristen che si
dispera” sbuffai.
“E Robert che la sopporta” precisò,
facendomi
innervosire ancor di più.
“Vedi? Questo conferma ancora di più la teoria
che qui dentro c’è un piccolo Robert: mi fate
incazzare tutt’e due!”
“Sssh! Non urlare quando dici le parolacce!” mi
rimproverò di nuovo.
“TI HO DETTO CHE NON MI SENTE!”
“Lui non ti sentirà pure, ma tua figlia che sta
per entrare sì!” disse a mezza voce, facendomi
segno verso la porta. Neanche un
istante dopo, sentii il rumore metallico delle chiavi che giravano
nella
serratura e Joy e mia madre che entravano in casa.
“Mamma!” mi chiamò la vocina acuta di
Joy che
proveniva dall’ingresso “Papà!”
“Come hai fatto a sentirle?” gli sussurrai.
“La macchina di tua madre fa un casino tremendo,
ma eri troppo impegnata a sbraitare per accorgerti di qualunque
rumore” mi
sussurrò, per poi alzare il tono di voce “Siamo in
salotto!”
“Ciao ragazzi!” ci salutò mia madre,
entrando
con Joy, che subito corse verso di noi e si buttò sul divano
tra me e Robert
“Com’è andata la visita?”
“Il marmocchio non si vuole girare, quindi non
so se chiamarlo piccolo Robert o
piccola Roberta” risposi
tra i denti.
“Mmm... però è carino come nome Roberta...” mormorò
mio marito,
sovrappensiero.
“Scordatelo” gli dissi secca, stroncando
direttamente quella fantasia che – lo sapevo per certo
– stava per nascere
nella sua mente idiota “Prima di scegliere un nome, dovremmo
sapere il sesso,
sai com’è!” gli ricordai.
“Lo decido io il nome!” esclamò Joy,
saltando
sul divano “Posso mamma? Dai ti prego! Ti prego, ti prego, ti
prego...”
“Chiedi a papà...”
“Sì, yuppi!” esclamò allegra,
saltando giù dal
divano e saltellando verso il corridoio “Grazie!”
Robert mi guardò sconvolto,
cercando di capire.
“Ma io non le ho detto niente!” Joy si
affacciò
di nuovo alla porta del salotto.
“Lo so papi, ma tu tanto mi dici sì!”
“Ma
che
cazz...” mi alzai dal gabinetto e, guardando dentro, mi
spaventai: avevo avuto
delle perdite. Di nuovo. Ma questa volta erano... “No, non
è possibile”
mormorai, terrorizzata. Mi alzai i pantaloni velocemente e corsi al
telefono,
cercai il numero della mia ginecologa sull’agenda e composi
il numero.
“Pronto?”
mi rispose una voce tranquilla dall’altro lato.
“Dottoressa
Jones? Salve, sono Kristen, Kristen Stewart!”
“Ah,
salve Kristen! Dimmi, ti sento agitata. C’è
qualche problema?”
“Dottoressa,
ascolti: sono andata in bagno e mi sono accorta di avere ancora quelle
perdite...”
“Kristen,
non preoccuparti, è normale: il corpo sta espellendo
ciò che non gli serve più”
mi ripeté di nuovo ciò che mi aveva detto una
settimana prima alla visita di
controllo.
“No,
no” la interruppi velocemente “dottoressa, non sono
quel
tipo di perdite! È quasi come
se...” presi
aria, stavo per scoppiare a piangere “come se mi stessero
venendo le
mestruazioni! Sono... scure e...” cominciai a singhiozzare.
“Calmati
Kristen! Domani alle 10:00 vieni nel mio studio che ti controllo,
d’accordo?
Però adesso calmati, riposati che domani risolveremo tutto,
chiaro? Il bambino
è cresciuto parecchio nelle ultime settimane, quindi non
pensare al peggio”
cercò di tranquillizzarmi “Ci vediamo
domani”
“A
domani” risposi, trattenendo le lacrime, per poi chiudere la
chiamata e
scoppiare a piangere. Domani...
Robert sarebbe tornato a casa solo dopo due giorni. Non potevo
affrontare tutto
da sola, doveva esserci lui con me. Tra le lacrime, composi il suo
numero:
squillava, ma non rispondeva.“Rispondi,
maledizione!” Il telefono continuava a
squillare a vuoto “Dove cazzo sei!” scoppiai,
riattaccando. Mi sedetti sul
pavimento, poggiandomi al muro mentre continuavo a piangere. Non poteva
essere
vero, si era sistemato tutto, il bambino era ricominciato a crescere,
la
gravidanza aveva ripreso il suo giusto ritmo, non poteva andare male.
Non
doveva andare male! Lo squillo del telefono interruppe il flusso di
quegli
orribili pensieri, lo presi e lo avvicinai all’orecchio.
“Pronto?” mormorai con
la voce ancora rotta dal pianto.
“Kris
ho trovat...”
“Dove
cavolo eri finito?” gli chiesi, con un nuovo flusso di
lacrime.
“Ero
dentro lo studio con Nick. Kris che hai? Perché piangi? Stai
male?” cominciò a
chiedere preoccupato, ma non ce la facevo a rispondere, continuavo solo
a
singhiozzare “Kristen!”
“Torna
a casa, ti prego” lo supplicai, piangendo “Ho... ho paura di averlo perso
davvero questa
volta...”
“Allora,
hai pensato a dei nomi?”
“No” rispose secca, continuando a dondolare
ritmicamente le gambe a ciondoloni mentre aspettavamo il nostro turno
“prima
voglio sapere se è un fratellino o una sorellina. Tanto coso o cosa vuole
tempo
ad uscire fuori, giusto?”
“Giusto, non ti preoccupare” la rassicurai,
sorridendo.
“Ma oggi lo scopriamo? Se ha il pisellino o no?”
mi chiese mia figlia.
“Ma chi gliele insegna queste cose?” mi chiese
stupito Robert, seduto accanto a me nella sala d’aspetto
dell’ambulatorio
ginecologico.
“All’asilo, papà!” rispose lei
“Abbiamo fatto
tutto il tempo che i cosi sono
nella
pancia: da quando sono come i fagioli, a quando diventano dei bimbi
tutti
brutti, bleah” ci spiegò, facendo
un’espressione disgustata alla fine del
discorso.
“Guarda che anche tu sei stata così piccola, non
fare tanto la sofisticata!”
“Non faccio la sotifiscata”
gli rispose a tono, imbrogliandosi sull’ultima parola
“voi avete sempre detto che ero la bimba più bella
di tutte, quindi non ero
tutta brutta così!”
“Non fa una piega” la appoggiai, sorridendo.
“Kristen? È il tuo turno...” la
dottoressa Jones
aprì la porta del suo studio, facendoci accomodare
tutt’e tre “Ciao Joy? Come
stai?”
“Bene, dottoressa!”
“Sei venuta a fare compagnia alla mamma?” le
chiese la Jones dolce: l’aveva fatta nascere e si era subito
affezionata a
quella bambina che ce ne aveva fatte passare tante durante la
gravidanza; per
fortuna era andato tutto bene, alla fine.
“No, quello lo fa papà. Io sono venuta
perché
devo sapere se coso ha il
pisellino o
no, perché devo scegliere il nome”
spiegò, andando subito verso il lettino che
si trovava accanto all’ecografo “quindi, mamma,
mettiti qui, su! Dai!” La
dottoressa rise di quella peste e mi invitò ad accomodarmi
sul lettino.
Cominciammo l’ecografia: subito riuscii a sentire il battito
del cuoricino e,
come ogni singola volta, fu un’emozione immensa.
“Lo senti il battito del cuoricino, Joy?” le
chiese la ginecologa, osservandola di sottecchi
mente Joy guardava, stupita, lo schermo. Annuì
forte con la testa,
sorridendo e facendo sorridere anche me e Rob.
“Ora...” cominciò, passando un
po’ più forte la sonda sul mio pancione
“chi vuole sapere se avrà un fratellino
o una sorellina? Perché finalmente si vede!”
“Si riesce a vedere?” chiesi stupita ed
emozionata, stringendo più forte la mano di Robert: non ci
potevo credere.
“Io! Io! Io!” cominciò ad esultare Joy,
girando
intorno al lettino e raggiungendo la dottoressa “Lo voglio
sapere nell’orecchio
prima io!” La Jones ridacchiò, abbassandosi alla
sua altezza, e le sussurrò
qualcosa nell’orecchio. Sul visino di Joy si aprì
un sorriso immenso e gli
occhi cominciarono a brillare, poi cominciò a saltellare per
tutto lo studio
“Sì! Ora posso fare come le zie! Lo vesto da
bambola e lo chiamo Claudia!
Yuppi! Il mio bambolotto!”
“Allora è un maschietto, Joy?” le
domandai,
anche se ormai avevo capito.
“Sì mamma, un piccolo papà!”
disse, continuando
a saltellare.
“Un bel maschietto in perfetta forma”
precisò la
dottoressa, alzandosi dallo sgabello e andando verso la porta
“puoi rivestirti
Kristen! Io intanto vado a sistemare la cartella nell’altra
stanza...” Robert
mi prese la mano e mi aiutò a scendere dal lettino ma, senza
mollare la presa,
mi abbracciò e io mi sciolsi tra le sua braccia.
“Bene, sta per nascere la nuova stella di
Hollywood che interpreterà suo padre nel prossimo film Le mitiche idiozie di Robert Pattinson!”
lo presi in giro “O hai
cambiato idea?”
“No, non ho cambiato idea” disse, ridendo
“Però
mi tocca ammettere che avevi ragione tu: è un
maschio!”
“Ho sempre
ragione io!”
“Forse non ho controllato bene l’omino che era
partito quella not...”
“Quale omino papà? Che notte?” chiese
incuriosita Joy, avvicinandosi a noi. Robert mi guardò in
cerca di aiuto, ma
questa volta non lo avrei salvato: ora glielo avrebbe spiegato lui!
“Beh, vedo che non ti hanno insegnato proprio
tutto
tutto all’asilo...”
GOOOOOOAL! (Non sta
giocando l’Italia, MA-CHE-FA!)
E
dopo che lo spirito dei mondiali è uscito dal
mio corpo *fa ciao ciao* eccomi qui a rispondere alle vostre recensioni
*____*
@Anto_Pattz:
Antonelluzza mia <3 Tu non mi
devi fare tutti ‘sti complimenti, se no poi arrossisco e vado
in
autocombustione come Bella con Edward (ma io sono senza Edward -.-)
comunque
grazie mille *arrossisce* e per il futuro da sceneggiatrice, beh:
è tra le mie
opzioni future (:
@cloe cullen: Bene, ti pago i diritti e mi frego
di nuovo la frase perché
QUESTO
CAPITOLO
NON E’ CHE MI PIACCIA TANTO, devo dire eh XD Spero
piaccia almeno a voi
u.u I love you, un
bacio :*
@ledyang: Se, se, la tua preferita u.u confessa:
lo dici solo per farmi sfornare altre shot! Ah-ah! Awwwwwww Lety eccone
un’altra *__* Spero ti piaccia anche se è un poco
pochino triste XD Love U!
@julietta__: *me arrossisce* grazie Giuli (:
spero ti piaccia anche questa (a me non molto, ma va beh...) un bacio!
<3
@BabyVery: Eccomi e grazie per i complimenti *me
arrossisce di nuovo* su, non è passato tantissimo questa
volta :D finalmente
sono libera dalla scuola *yuppiii* quindi posso scrivere quando e
quanto
voglio! Spero ti piaccia anche questa shot, alla prossima :D
@mm86: Eccomi! Sì, cercherò di postare
più
spesso, giuro! Grazie mille e spero ti piaccia anche questa shot! Alla
prossima
(:
@Fiorels: Ceeeeeess! Tu che non ci credevi: ho
postato! Oggi mi sono usciti un po’ di flashback tristi, che
ci possiamo fare?
Lo sai meglio di me: quando l’ispirazione arriva
così, arriva! I LOVE U, cess
del mio cuore! :*
@Broken Heart: Chiedo venia, d’ora in poi
posterò più spesso, prometto! Entrambe le fan
fiction! Sono contenta che ti
piaccia così tanto Joy *_* spero che questa shot non deludi
le aspettative.
Alla prossima (:
@patrizia 61: Non so, magari nella prossima
vedremo chi l’ha spuntata: il castello o
l’unicorno? XD Comunque ecco qui
un’altra cavolata, spero possa piacerti! Alla prossima (:
@Astoria Malfoy: e così fu!
I nostri scemotti hanno trionfato quella
sera, dandoci un po’ di soddisfazione ;) Bye!
@Stellina96 : Grazie mille, davvero *me
arrossisce* spero ti sia divertita a leggere almeno la metà
di quanto mi sono
divertita io a scrivere, specialmente di Rob :D alla prossima!
@piccolinainnamora: Grazie di cuore *me si
commuove* spero che ti piaccia anche questa shot e le seguenti (sempre
che
madre ispirazione me la mandi buona XD) come le precedenti! Alla
prossima :D
Bene, ora volevo
ringraziare tutti coloro che
seguono la raccolta, che l’hanno aggiunta tra i preferiti e
le storie da
ricordare (: Non dimenticando, ovviamente, quei pazzi che mi hanno
messa tra
gli autori preferiti (come si fa, dico io, non lo so...) Poi volevo
ringraziare
anche tutti quelli che hanno accolto il mio appello lo scorso capitolo
e che
hanno fatto sì che Robsten vincesse il Best Kiss ai Movie
Awards 2010. WE ROCK,
GUYS!
|
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Capitolo 10 *** He is not hot... he is daddy! ***
21/06/2010.
Il giorno in cui ho pubblicato
l’ultima shot di questa raccolta.
È che proprio mi sono bloccata
su questo fronte.
E mi è dispiaciuto, tanto. Non so
perché è successo.
Ma, ora, eccomi qui! Spero che
questo periodo di stop non mi abbia
totalmente arrugginita e che qual cosina ancora di, non dico buono, ma
decente,
sia riuscita scriverla.
Buona lettura!
He is not hot…
he is daddy!
“Rob, siamo a casa!”
“Ehi!” salutò, scendendo le scale e
venendo
verso di me. “Joy?” mi chiese, stampandomi un bacio
veloce.
“E’ fuori in giardino. Ha portato
un’amichetta a
casa dall’asilo!” gli dissi allegra e soddisfatta,
poggiando la borsa sul
divano e le chiavi della mia Mini sul mobiletto all’ingresso:
mi faceva più che
piacere che mia figlia legasse
subito con gli altri bambini.
“Davvero?” mi domandò stupito,
seguendomi in
cucina “Voglio dire… è una cosa
positiva! Si è trovata un’amichetta; una bella
bambina con cui passerà pomeriggi insieme a
giocare…” cominciò “con cui
andrà
al parco giochi, farà dei pigiama party,
festeggerà i compleanni, andrà a
scuola, uscirà a fare shopping… si
confiderà per il primo fidanzatino...”
“Rob” lo richiamai giù sulla terra dal
mondo
delle sue fantasie, mentre preparavo la merenda a Joy e Anne, la famosa
amichetta “ ha solo 5 anni! Diamoci una
calmata…”
“Tra un po’ comincerà la
scuola” continuò
pensieroso, ignorandomi completamente e cominciando a giocare con una
mela del portafrutta
sul tavolo “poi il liceo...”
“Manca più di un anno alla scuola” gli
ricordai,
spalmando un po’ di Nutella su due fette di pane tostato.
“Ma non è un po’ pericoloso mandarla da
sola in
un liceo? Con tutti quei ragazzi più grandi!”
Scossi la testa, sorridendo: non
sarebbe cambiato mai “Anche se… credo che dovremmo
cominciare a pensare a che
college iscriverla, e…”
“Rob!” lo rimproverai con un tono tra
l’esasperato e il divertito, uscendo dalla cucina.
“Scusa” disse secco, tagliando il discorso. Poggiai
il vassoio con la merenda per le bambine sul tavolino del salotto, poi
scesi
nel giardino all’ingresso, dove le due piccole stavano
giocando tranquillamente.
“Signorine, volete la merenda?” chiesi,
scendendo i tre gradini all’entrata, per avvicinarmi a loro.
“Certo mamma!” esclamò Joy, correndo
verso
l’ingresso con l’amichetta al seguito.
“Ciao papi!” salutò Robert, entrando
velocemente
in casa, mentre Anne si fermò dritta di fronte a lui.
“Ehm, ciao Anne! Io sono Robert, il papà di
Joy...”
si presentò, un po’ impacciato.
“Mia mamma dice che sei bono”
rispose lei tranquilla, fissandolo per mezzo minuto, per poi
fare semplicemente spallucce ed entrare tranquillamente in casa. Robert
la
seguì con lo sguardo sbalordito, poi si voltò
verso di me, a bocca aperta e senza
parole. Salii i gradini per rientrare in casa, ridacchiando per la
scenetta ma,
prima di oltrepassare la soglia dell’ingresso, mi voltai
verso di lui,
facendogli l’occhiolino e mimandogli un “sei
bono” con il labiale, e poi
lasciandolo lì, imbambolato.
“Allora,
cosa volete fare dopo la merenda?” chiesi, avvicinandomi alle
bambine che si
erano comodamente sedute sui divani in salotto.
“Possiamo vedere un film di Barbie?” mi
domandò
Joy.
“Certo, quale?”
“Uno con i mostri, c’è?”
chiese Anne. Guardai
Joy per avere una risposa, ma fece no con la testa. “Allora
Barbie Raperonzolo
va bene” acconsentì la sua amichetta, dando un
sorso al proprio bicchiere di
succo “è bello quando butta giù la
treccia e il principe le tira i capelli...”
“Ma non gli
fa male, lui la va a salvare!” disse Joy.
“Sì, fa lo stesso” la liquidò
la piccola.
“Okay” mormorai tra me e me, sconcertata da
quella spiegazione un po’ tetra e sadica, mentre infilavo il
DVD nel lettore e
schiacciavo play. “Tieni il telecomando, Joy”
dissi, poggiandolo sul bracciolo
del divano “io sono di là con papà, se
vi servo”.
“Va bene” mi rispose, dando un morso alla sua
fetta di pane. Salii le scale, cercando di capire dove si fosse
cacciato
Robert. Mi affacciai alla porta della nostra camera e lo trovai
sdraiato sul
letto, a guardare la tv.
“Che guardi?” gli chiesi, poggiandomi allo
stipite della porta.
“Non c’è un cavolo, come al
solito” disse,
mentre faceva zapping.
“Io lavo, tu asciughi, okay?” gli proposi.
“Okay” acconsentì, saltando
giù dal letto e seguendomi
in cucina. Passammo per il salotto, dove Joy guardava dispiaciuta
Raperonzolo
che veniva schiavizzata, mentre Anne urlava cose del tipo
“brava, lavora,
brutta bionda!” ed entrammo in cucina, dove cominciai a
lavare le stoviglie e a
passarle a Robert, che le asciugava. “Quella bambina
è un po’ sadica, secondo
me” mi sussurrò all’orecchio, facendomi
sorridere un po’.
“No, dai. Forse è solo un
po’… meno sensibile di
nostra figlia, ecco…”
“Assomiglia un po’ a quella di The
Ring, non trovi?” mi chiese
improvvisamente dopo un minuto di silenzio, facendomi scoppiare a
ridere. Un
piatto mi scivolò di mano e si frantumò in mille
pezzi sul pavimento.
“Mamma?” arrivò subito l’urlo
di Joy dal salotto.
“Tutto bene, tesoro!” la rassicurò
Robert. “E’ vero,
però” mi sussurrò di nuovo, mentre
raccoglieva da terra i cocci più grossi e li
buttava nel cestino della spazzatura.
“Robert, dai” lo rimproverai, asciugandomi le
lacrime che mi erano uscite per le risate e prendendo la scopa per
spazzare le
schegge di ceramica rimaste.
“Dai, ammettilo” insistette, sorridendomi.
“No!” esclamai ridendo, mentre spazzavo.
Sì,
aveva ragione: effettivamente assomigliava un po’ a Samara
– la bambina di The Ring
-, aveva la stessa aria
inquietante, ma non potevo certo impedire a mia figlia di frequentarla,
specialmente a soli 5 anni.
“Stai ridendo, quindi mi dai ragione” disse
soddisfatto, ricominciando ad asciugare i piatti. Misi la scopa al suo
posto e
mi sedetti sul tavolo della cucina a fissare il mio bel
casalingo.
“Sai che sei proprio bono
mentre asciughi i piatti?” lo presi in giro. Mi
lanciò lo
strofinaccio addosso, ridendo, poi mi si avvicinò e mi
abbracciò.
“Almeno ora abbiamo da chi mandarla quando
vogliamo stare un po’ soli” mi sussurrò
all’orecchio, lasciandomi un bacio sul
collo “dovrà pur ricambiare la visita a casa di
Samar... volevo dire, Anne!” si
corresse, dopo una mia occhiataccia.
“Non saprei, sinceramente” dissi, un po’
sconcertata “E comunque c’è anche mia
madre a cui lasciarla…”
“Povera Jules, sembra che le stiamo facendo
crescere la quinta figlia! Un giorno di questi ci dirà
“la figlia è vostra,
crescetevela voi ora che siete adulti!””
disse,
facendo una pessima imitazione di mia madre, ma facendomi ridere.
“Non credo le dispiaccia, anzi” dissi,
giocherellando con la sua maglietta “può sfogare
tutta la sua maternità repressa su
Joy. Sai… tutte
quelle cose madre/figlia che non le ho fatto fare: shopping a caccia di
vestitini, giocare con le bambole, vestirsi da principessa a
carnevale... non
davo molte soddisfazioni come figlia: preferivo vestirmi da rapper e
giocare
con le pistole ad acqua!”
“La mia maschiaccia sexy” mi prese in giro,
stampandomi un bacio.
“Figurati, io ero tutto questo e Joy è venuta su
così! Ho sempre pensato che tutto quel
rosa lo abbia preso da te” dissi ridendo, dandogli
un altro bacio che prima
cominciò lentamente ma poi approfondimmo un po’ di
più, fino a quando non lo
sentì sussultare e staccarsi immediatamente da me. Si
schiarì la gola,
ricomponendosi.
“La bambina” mi disse tra i denti. Lo guardai un
attimo imbambolata e confusa, quando capii e mi voltai di scatto: sulla
porta
c’era Anne che ci stava fissando senza nessun tipo di
espressione in volto.
“Devo andare in bagno” disse semplicemente la
piccola.
“Oh, certo tesoro! Ti accompagno!” esclamai
imbarazzata, scendendo dal tavolo.
“Okay” rispose lei tranquilla, tornando in
soggiorno. Guardai Robert, prendendo un respiro per calmarmi: che
figuraccia.
“Avevamo chiuso la porta” dissi a mezza voce,
cercando di giustificarci.
“Lo so! Io l’ho detto che è come
Samara…
probabilmente è uscita dal televisore!”
“Grazie” mi ringraziò gentile e dolce
Anne,
uscendo dal bagno. Ma aveva una doppia personalità quella
bambina?
“Oh, figurati tesoro” risposi, accarezzandole i
capelli.
“Sai che sei molto bella? Anche la mia mamma lo
dice…”
“Oh, grazie” risposi, imbarazzata. Percorremmo
tutto il corridoio, prima di arrivare alle scale.
“Tu eri fidanzata con un vampiro?” mi chiese
improvvisamente, facendomi sorridere.
“No, facevo finta. Era un film, non era
vero…”
“Infatti mamma dice sempre che vorrebbe un
vampiro come marito, non papà, ma
però
i vampiri non esistono, purtroppo” mi spiegò,
facendomi sorridere ancor di più “e
poi anche Giorgia vorrebbe un fidanzato vampiro!”
“Chi è Giorgia, la tua sorellina?”
“No, è la mia cuginetta grande”
spiegò “che poi,
tutti questi vampiri, qui! È molto meglio un ragazzo-lupo,
è più bono!”
disse convinta, prima di tornare
da Joy e continuare a guardare la tv. Sorridendo, tornai in cucina dove
trovai
Rob che, poggiato al tavolo, fissava l’aria davanti a
sé con uno sguardo serio.
“Ehi, che è successo?” chiesi,
preoccupata.
“Lasci un po’ di libertà alla tua
piccolina di 5
anni, e lei cosa fa?” Mi guardò, con uno sguardo
quasi disperato, anche se nei
suoi occhi riuscivo a vedere una manciata di ironia “Ti porta
a casa una team Jacob!”
mi disse, quasi
schifato “Non è possibile! Allora a 15 anni, che
combinerà? Verrà a casa
dicendo “mamma, sono incinta di un
cucciolo?”
Come posso fidarmi di nuovo, come?!” Lo guardai dritto negli
occhi, cercando di
rimanere seria, ma non riuscii più a trattenermi dal ridere.
“Non c’è niente da
ridere, Kristen, ci crescerà una figlia senza
gusto…”
“Oh, sono sicura che, quando arriverà il
momento, si rifarà alla figura paterna” lo
rassicurai, sorridendo.
“Lo spero, altrimenti non metterà piede in casa
mia quel… quel… cane!”
affermò,
disgustato.
“Mami?” mi chiamò Joy, che si era
fermata vicino
la porta “Potresti accompagnare Anne a casa sua? La mamma non
può venire…”
“Certo, arrivo subit-”
“E poi, io e te” disse con vocina minacciosa,
indicando Robert “dobbiamo fare un discorsetto,
Papi” lo avvertì. Girò i tacchi
e se ne tornò in salotto, per salutare la sua amichetta.
Fissai Rob con un
sopracciglio alzato, ma l’unica risposta che ebbi fu un
“aiuto”.
Appena rientrai in
casa, le voci di Robert e Joy
arrivarono forti dalla cucina. Probabilmente non mi sentirono arrivare
- presi
com’erano dalla loro discussione -, così potei
benissimo nascondermi dietro lo
stipite della porta e ascoltare la conversazione senza disturbare ed
essere
disturbata. Joy era di spalle, inginocchiata sulla sedia ed appoggiata
al
tavolo per arrivare all’altezza di Rob, che le sedeva di
fronte.
“Papi, ma io
questa storia non l’ho capita bene”
disse, incuriosita da non
so cosa.
“Joy, era un
film” le rispose Rob, esasperato.
Probabilmente era più di una volta che le stava ripetendo la
stessa cosa.
“Quindi tu
da giovane non eri un vampiro vero?”
Dovetti fare di tutto per non scoppiare a ridere e farmi scoprire. Non
ci
credevo: era arrivato il fatidico giorno della verità. Avevo
sempre detto a Rob
che un giorno Joy sarebbe venuta a conoscenza della serie di film che
ci aveva
dato tanta fama, era inevitabile. Anche se erano passati circa 5 anni
dalla
fine di tutta quella follia, il ricordo sarebbe sempre rimasto: era
stata una
cosa troppo grande per essere messa nel dimenticatoio da tutti.
“Perché,
ora sono vecchio?” chiese Rob, offeso.
“Non si
risponde ad una domanda con un’altra
domanda” replicò lei, saggiamente.
“Chi te
l’ha insegnata quest’altra frase?”
“Mamma…
comunque rispondi, ora!”
“No, era un
film come tutti gli altri che fa
papà, solo che recitavo la parte di un vampiro” le
spiegò, paziente.
“Come hai
fatto con il pittore gay?” Gli occhi
di Rob si spalancarono dalla sorpresa.
“E tu che ne
sai?” le chiese, sconvolto.
“Me
l’ha detto Anne, però aveva detto di non
dirtelo perché forse ti vergognavi, ma io lo so che con te
posso parlare,
perché tu sei Papi!” esclamò, come se
fosse una cosa ovvia “A proposito, che
vuol dire gay?”
“Torniamo al
vampiro, va” cercò di cambiare velocemente
discorso Rob. Ogni tanto mi domandavo se mia figlia avesse sul serio
solo cinque
anni…
“Va bene.
Quindi c’era anche questo lupo…”
“Esatto”
confermò, lui.
“E tutti
volevate la mamma, ma alla fine l’hai
sposata tu, giusto?” Rob annuì, sorridendo
dell’espressione pensierosa di Joy –
sicuramente le si era formata una fossetta tra le sopracciglia e aveva
la bocca
corrucciata -. “Quindi avete fatto due feste?”
“Amore,
quella era finta, il nostro matrimonio è
stato uno solo…”
“E quindi
non c’è nessuna bambina oltre me?”
chiese, più allegra: quant’era gelosa!
“No, non ti
preoccupare” la rassicurò.
“Bene…
Papino, ma un giorno li posso vedere quei
film?”
“Certo”
rispose, nervoso “ma un giorno, come
dire… molto lontano!”
“Perché
tu e mamma fate sesso?”
domandò Joy, facendomi spalancare la bocca per lo stupore,
ed anche a Robert.
“Questo te
l’ha detto sempre Anne, giusto?”
“Sì”
confermò lei, sicura “però, boh, non so
che
significa, so solo che lo facevi anche con il pittore gay”
disse
innocentemente.
“Okay, credo
che per oggi possa bastare la
lezione sulla mia filmografia” disse Rob, alzandosi dalla
sedia.
“Non ti
preoccupare papà, tanto Anne ha detto
che mamma lo fa in quasi tutti i film e sempre con ragazzi boni, quindi non credo sia una
cosa brutta!” Scoppiai a ridere così
forte da farmi scoprire, e beccarmi un’occhiataccia da Rob
– sicuramente perché
non l’avevo salvato prima. “Ciao Mami!”
“Da quanto
tempo ti stai godendo lo spettacolo?”
mi chiese lui – veramente poco divertito.
“Quel che
basta per sfotterti a vita” risposi,
continuando a ridere.
“Io vado a
giocare in camera” disse Joy,
scendendo dalla sedia e facendo per andarsene, ma ci ripensò
e tornò da noi -
la fossetta tra le sopracciglia ben marcata -. “Ah, comunque
io non capisco!
Anne ha detto che sua mamma dice che papà è bono
tante volte... ma, voglio dire: come fanno a dire che è bono?! Lui è Papi e
basta! Mah!”
Joy,
mi sei mancata tanto, ma
tanto, MA TANTO!
Sappiate
che la volontà per ricominciare a
scrivere l’ho trovata guardando quei numerini nelle colonne preferiti, seguiti
e da ricordare.
Quindi, sostanzialmente, è colpa vostra XD
Non volevo deludervi e, soprattutto, spero
di non averlo fatto con questa schifezzuola!
Ringrazio coloro che hanno recensito
(taaaaanto tempo fa XD) la scorsa shot, tra cui
c’è gente che è colpevole dei
miei sensi di colpa giornalieri ù.ù
Bene, sono contenta di poter dire di nuovo…
ALLA PROSSIMA SHOT! :D
Ah,
scordavo: piccolo spazio pubblicità!
La mia nuova fan fiction And
when it rains... (detta anche la
vedova nera XD)
È un esperimento, però mi farebbe piacere
la leggeste :D
Ciao!
|
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Capitolo 11 *** I'm an actress. I'm a mum. ***
Alla cess de mi
corazòn.
Grazie per avermi
fatto sentire in colpa.
Ti voglio bene.
I’m an
actress. I’m a mum.
«Kristen
is very focused on being an actress.
I mean,
that’s what she is—she’s an actress.
Whereas
I—I just don’t really know.»
Robert
Pattinson
“Dove li
ho messi, dove li ho messi…” continuavo a
ripetere mettendo a soqquadro la camera. Aprii tutti i cassetti,
l’armadio,
ogni borsa presente in quella stanza, tastai le lenzuola del letto
– guardai
perfino sotto il letto – ma dei miei Rayban nemmeno
l’ombra. “Dove cazzo li ho
messi?!” Eppure ero convinta di averli lasciati sul comodino
il giorno prima. Uscii
di corsa dalla camera e feci il giro completo del villino, guardando
ovunque,
ma niente. “Cazzo, è tardi!” esclamai
quando l’occhio mi cadde su un orologio.
Coì abbandonai la mia disperata ricerca e decisi di
accontentarmi di uno delle mille
paia di Robert. Sentii una chiave girare nella serratura e la porta
d’ingresso
aprirsi mentre mi precipitavo giù per le scale.
“Ehi…”
“Ehi…”
gli risposi velocemente, correndo in cucina. Mi bloccai quando notai un
particolare dell’abbigliamento di Robert e feci
immediatamente marcia indietro.
“Li avevi tu!”
“Cosa?”
mi chiese confuso, poggiando l’oggetto incriminato
– i miei tanti ricercati
Rayban - sul mobiletto dell’ingresso.
“Gli
occhiali da sole, li ho cercati ovunque, rischiavo
d’impazzire” gli spiegai
velocemente, mentre gli schizzavo davanti un paio di volte per
raccogliere
tutto ciò che mi serviva prima di uscire di casa.
“Ah sì,
erano sul tuo comodino”
“Eh, lo
so” risposi, correndo qua e là per la stanza.
“Kristen,
calmati” mi rimproverò.
“Amore,
ti giuro, da domani potrai tenermi tutto il giorno, tutti i giorni, per
nove
mesi, a letto, tranquilla e rilassata se è quel che
desideri, ma oggi no. E’
l’ultimo giorno, concedimelo” provai a convincerlo.
“Ma al
bambino starà venendo il mal di mare!”
“E’
troppo piccolo per averlo, e la nausea a prima mattina è una
prerogativa della
madre” spiegai, prendendo cellulare, portafogli, chiavi di
casa, accendino e
sigarette in mano. Aspetta… accendino e sigarette? Lasciai
il pacchetto come se
mi fossi scottata e guardai subito Rob, che mi lanciò
un’occhiata
indecifrabile. “Scusa, la forza
dell’abitudine” mi discolpai.
“Quando
tornerai non troverai più una molecola di nicotina in questa
casa” mi
rassicurò.
“Okay”
risposi, correndo verso la borsa poggiata sul divano e ficcando tutto
dentro.
“Uh, le chiavi della macchina!”
“Non ti
serve la macchina, c’è John che ti aspetta
fuori…”
“Giusto”
sospirai. Presi la borsa e corsi a dargli un bacio veloce.
“Tu non vieni?”
“Ti
raggiungo più tardi” mi disse, accarezzandomi una
guancia “Stai attenta, ti
prego…”
“Sì,
paparino” mormorai, con un sorriso sulle labbra. Gli stampai
un altro bacio
veloce ed uscii di casa, dove la macchina della produzione mi stava
aspettando
per andare sul set: l’ultimo giorno di riprese di Breaking
Dawn. E come ogni giorno
di lavoro che si rispetti… avevo dimenticato il copione in
salotto. Feci
velocemente marcia indietro ed entrai di nuovo in casa, dove trovai
Robert,
poggiato al divano, già con il copione in mano.
“Lo sai che ti amo?” dissi
afferrandolo.
“Ehi,
aspetta, cos’è quell’altro?”
mi chiese, indicando uno script sul tavolino.
“Ah, la
final draft di Snow White, è arrivata stamattina”
spiegai aprendo di nuovo la
porta d’ingresso “E’ bello ma, a meno che
Biancaneve non porti uno dei sette
nani in grembo, non posso più farlo”
“Un po’
mi dispiace, sai? Ti piaceva così
tanto…”
“E’ un
po’ tardi per gli scrupoli, Pattinson, avresti dovuto
pensarci un paio di mesi
ed un bambino fa! Ciao!” dissi ridendo, chiudendomi la porta
alle spalle.
“E’
tardi, è tardi, è tardi!” Mi fiondai
già per
le scale, mentre tentavo di legarmi i capelli in una coda
più o meno decente.
Mi fermai un istante a metà scale per guardarmi allo
specchio appeso alla
parete e controllare che il mio aspetto non fosse totalmente
impresentabile,
poi scesi gli ultimi due gradini cercando di non inciampare.
“E’ tardi!”
“Calmati Kristen, sei in perfetto orario”
cercò
di tranquillizzarmi Robert, mentre sfrecciavo accanto al divano su cui
era
seduto con nostro figlio in braccio. Anche i gorgoglii rilassati e
spensierati
di David, che si divertiva a saltare sulle gambe di Robert, sembravano
appoggiarlo. Entrai di corsa in cucina, dove Joy stava facendo
tranquillamente
colazione con la sua tazza di latte e cereali.
“Buongiorno mami” mi salutò, prima di
mangiare
una cucchiaiata.
“Buongiorno amore, tutto bene?”
“Benissimo” rispose, con ancora il boccone
pieno.
“Non si parla con la bocca piena, Joy, è
disgustoso. Dovresti saperlo, ormai sei grande” la
rimproverai, mentre aprivo tutti
i pensili della cucina in cerca di un biberon pulito da scaldare.
“Scusa” rispose subito “però
zio Tom e papà lo
fanno sempre…”
“Infatti zio Tom e papà sono due
bambini”
tagliai il discorso, sbattendo l’ultimo sportello
“Ma dove li teniamo i biberon
in questa casa?” Robert entrò in cucina, con David
in braccio, aprì un pensile
e mi passò un biberon, lasciandomi a bocca aperta.
“Forse dov’erano ieri, l’altro ieri ed il
giorno
prima ancora?” mi prese in giro. Afferrai quel maledetto
aggeggio dalla sua mano,
guardandolo torvo.
“Non sei una brava persona, Pattinson, sappilo”.
Sorrise divertito, poi fece sedere David nel seggiolone mentre io
preparavo
velocemente lo scaldabiberon.
“Lascia, faccio io qui. Finisci di prepararti,
su” disse, avvicinandosi al fornello. Gli diedi un bacio
veloce, mentre mia
figlia borbottava un “questo
è
davvero disgustoso”, e corsi al piano superiore, in camera da
letto. “Le chiavi
di casa ci sono, il portafogli c’è, il cellulare
anche… le sigarette, non si sa
mai…” elencai a me stessa, frugando nella borsa.
“C’’è tutto!” La
misi in
spalla e scesi di nuovo rapidamente le scale. “Che ore
sono?” gridai, prima di
entrare in cucina e prendere uno yogurt dal frigo.
“Le 8.00” mi rispose Rob.
“Cazzo!”
“Mamma! Non si dicono le parolacce!” mi
rimproverò Joy.
“Sì amore, l’importante è che
non le ripeta tu”
dissi, chiudendo il frigo e scoccandole un bacio sulla fronte
“Ehi, ma tu
scotti”
“No, sto bene” mi rispose lei.
“Niente scuola per oggi e fili dritto dalla
nonna, non sia mai contagi anche tuo fratello” dissi
preoccupata.
“Va bene, però non è giusto! Devo
andare via io,
per lui!”
“Joy” la riprese Robert.
“Uffa” sbuffò lei. Mi avvicinai a David,
che si
ciucciava tranquillamente il biberon, e gli lascia un bacio sulla
testolina.
“Ciao amore mio, la mamma torna presto” gli
sussurrai, come se mi potesse
capire sul serio. Mi voltai verso Rob, che sorrideva. “Sai,
non sono sicura che
questa sia una buona id-”
“Esci da questa casa e vai su quel set, ora!”
“Ma lui è così piccolo e Joy ha la
febbre e poi…
poi non mi ricordo perfettamente come si recita, sai? Voglio
dire…”
“Sparisci!” mi ordinò, ridendo.
“Antipatico” borbottai, prima di stampargli un
bacio.
“Buona fortuna” mi rispose, dolcemente. Sbuffai,
cercando di scaricare la tensione che avevo addosso. “Ci
vediamo stasera!”
“Ciao!”
“Ciao” rispose acida mia figlia. Uscii
velocemente di casa ed, in fondo al vialetto, vidi una macchina nera e
John che
mi stavano aspettando. Dopo la seconda gravidanza, tornavo a lavorare.
E, com’era
successo per la volta precedente, farlo mi sembrava assolutamente
sbagliato. Mi
sentivo un’egoista, privavo i miei figli della presenza della
propria madre
solo per il puro piacere di recitare, visto che di problemi economici
non ne
avevamo. Io e Rob avevamo affrontato quella discussione milioni di
volte e lui
non ammetteva obiezioni. Avrei dovuto continuare a recitare.
“Non
posso
credere che le riprese siano finite” mormorai, non sapendo se
essere triste o
felice. “Non vedrò più un set per molto
tempo, ora”
“Già” sospirò
“però prometti una cosa?” Alzai lo
sguardo verso di lui: ero comodamente
sdraiata sul divano, con la testa sulle sue ginocchia. Finalmente
potevo
rilassarmi dopo l’ultima giornata di stress, solo io, lui ed
il nostro ancora
minuscolo bambino.
“Cosa?”
“Non
appena il pargoletto crescerà abbastanza, tu torni a
lavorare” disse serio.
“Eh?!”
chiesi stupita. “Rob,
no-”
“Promettimelo”
ripeté ancora.
“Non
voglio che mio figlio sia uno di quei bambini cresciuti dalle
babysitter perché
la madre è troppo impegnata per prendersene cura. Io voglio
esserci sempre, non
voglio perdermi niente!”
“Infatti
lavorare non vuol dire rinunciare ad essere madre, come essere madre
non vuol
dire rinunciare a lavorare” mi fece notare, tranquillamente,
mentre continuava
ad accarezzarmi i capelli “Miliardi di madri lavorano, anche
le nostre…”
“Ma le
nostre madri non erano costrette a lasciare il paese per andare su un
set
dall’altra parte del mondo! Robert, non dire cavolate, per
favore…”
“Vorresti
farmi credere che tu riusciresti a vivere senza recitare?” mi
disse in tono di
sfida. Abbassai lo sguardo.
“Quando
si hanno dei figli è normale rinunciare a qualcosa, si
devono fare dei
sacrific-”
“Fare
dei sacrifici non vuol dire rinunciare a se stessi!” mi
interruppe “Amore, per
te recitare è troppo importante, è quello che
sei…”
“Non
posso lasciare mio figlio da solo perché voglio fare qualcosa!”
“Ma
non
sarà da solo, ha anche un padre nel caso te ne fossi
dimenticata!”
“Lo so,
ed è proprio questo il punto: anche tu spesso sarai in giro,
e può benissimo
capitare di essere fuori nello stesso periodo. Non potremo certo dire
alla
produzione “oh, scusate, non posso venire, mio figlio
rimarrebbe senza genitori
per tre settimane!” Non ha senso…”
“Non lo
facciamo capitare” rispose, semplicemente.
“Robert,
la vita reale ti chiama, mi senti?” dissi io sarcastica
quella volta.
“Spiritosa,
signorina, sul serio” mi punzecchiò, tornando poi
serio. “Comunque, piuttosto
che fare smettere te di recitare, rinuncio io. Rimango a casa e faccio
il
casalingo che vive di rendita: aver avuto la faccia stampata perfino
sui
perizomi sarà servito pur a qualcosa!”
esclamò. Scossi la testa, mordendomi il
labbro.
“Te lo
scordi!”
“Non si
discute: dopo il lieto evento, un po’ di mesi a casa e poi
alzi quel bellissimo
culetto sexy e vai a guadagnare la grana per la famiglia”
“Non te
lo lascerò fare, lo sai…”
“Vedremo”
mi sussurrò per sfida, prima di abbassarsi e baciarmi
dolcemente.
“Buongiorno
John!”
“Buongiorno Kris! Pronta a tornare in pista?” mi
chiese sorridendo, mentre mi apriva lo sportello.
“Lo spero” risposi, ricambiando il sorriso.
“Hai preso lo script, vero?” mi domandò.
Oh no,
lo script. “Bentornata!” ridacchiò.
Buttai la borsa sul sedile e mi precipitai
di nuovo verso la porta di casa quando la vidi aprirsi e comparire
Robert con
David in braccio ed il copione in mano.
“Sei un brava persona, Pattinson” gli dissi con
l’affanno, afferrando lo script e stampandogli un
bacio.“Ciao amore!” salutai
anche David, scoccandogli un bacio sulla guancia.
“Ciao mammina, buon lavoro!” esclamò
Robert, con
la famosa vocina stupida che aveva
riadattato al piccolino. Li salutai un’ultima volta, prima di
salire in
macchina, pronta per tornare su un set dopo più di un anno.
Fanculo,
che Dio me la mandi buona.
“Ho
tenuto un bambino in braccio!”
“Che?”
“Sul
set, mi hanno fatto girare con un bambino in braccio”
spiegò meglio, senza
perdere quella nota di entusiasmo “e non si è
rotto!”
“Cosa
non si è rotto?” domandai confusa, sdraiandomi sul
divano e coprendomi con un
plaid.
“Il bambino”
rispose, come fosse ovvio. Solo per lui rompere un
bambino sarebbe potuto essere ovvio.
“Rob,
quante volte ti devo spiegare che i bambini non si rompono? Al massimo
gli puoi
far male e loro, per vendetta, ti vomitano
addosso…”
“Che
schifo!”
“Già…”
sospirai, stordita.
“Amore,
ma che hai?” mi domandò, dopo qualche secondo di
silenzio.
“Febbre.
Però sono decimi, non ti preoccupare” mi affrettai
ad aggiungere, prima che
cominciasse a fare il paranoico premuroso.
“Hai
preso qualcosa? Ti sei coperta? Stai facendo gli impacchi di acqua
fredda? E
non-” Appunto.
“Sì,
sì, sì e no, non metterò piede fuori
casa. Ho già avvisato Bill. Contenta,
mamma?”
“Brava,
cuore di mamma” rispose, la voce era una pessima imitazione
di quella di mia
madre, ma mi fece sorridere ugualmente.
“Ora
chiudi, rompi bambini, corteggia elefanti, ammalia ragazzine e torna
qui…”
“Va
bene” acconsentì. “Comunque, ti ricordi
il figlio di Matilda? Quel bambino non
funzionava sul serio…”
“Era
solamente un bimbo buono, per questo non piangeva, non
perché fosse rotto!”
esclamai, ridendo.
“Secondo
me avrebbero dovuto premere qualche bottone alla nascita e non
l’hanno fatto,
quindi si era impallato” bofonchiò.
“Bene,
allora spera che i tuoi figli non funzionino,
altrimenti…”
“Altrimenti?”
“Kristen,
dove si spegne?!” esclamò esasperato,
attraverso la cornetta, facendomi sorridere.
“Ti rendi conto che questo giorno è solo il
primo di una lunga serie? E sei stato proprio tu ad
insistere!”
“Aiutami” piagnucolò.
“Beh,
almeno hai la certezza che funziona” lo presi in giro, ma mi
rispose solo con
un lamento mentre, come sottofondo, riuscivo a sentire David piangere.
“Gli hai
cambiato il pannolino?”
“Sì”
“L’hai cullato un po’?”
“Sì, ma non ne vuole sapere di
addormentarsi”
“Eppure la poppata l’ha fatta” dissi,
fingendo
di essere sovrappensiero. Sapevo benissimo perché David
continuava a strillare:
il giorno prima mi ero accorta che stava per spuntargli il primo
dentino. Solo
che… amavo far disperare Robert: sotto stress dava il meglio
di sé. “Comincio a
preoccuparmi. Non è che l’hai rotto sul
serio?”
“Ah – ah. Continua pure a prendermi in
giro” mi
rispose, acido “Joy non faceva tutti questi capricci da
piccola”
“Con te,
non di certo. Ma non appena giravi l’angolo cominciava a
strillare come una
piccola bambina impossessata” gli ricordai.
“E perché con lui non è lo
stesso?” mi domandò,
agitato.
“Perché è un maschio, idiota.”
“Giusto” mi rispose velocemente, prima di
rivolgersi al piccolo. “David, ti prego,
smettila…”
“Cullalo un po’” gli suggerii.
“Lo sto facendo!” piagnucolò Rob
“Secondo te se
gli parlo di calcio si azzittisce?”
“Nah, non credo” ridacchiai “Prova a
fargli
vedere qualcosa in tv…”
“Così cresce come uno di quei bambini
rincoglioniti, brava Kristen!”
“Perché? Il calcio non è
uguale?”
“Il calcio è uno sport salutare, aiuta a
sviluppare il senso di gioco di squadra” mi
spiegò, convinto della sua teoria.
“Cosa ci vedi di salutare nel
rincorrere una palla…”
“Americana. Non puoi capire” sospirò,
rassegnato. Bussarono alla porta del camerino da cui fece capolino
un’assistente del regista.
“Kristen, tra dieci minuti tocca a te” mi
avvisò, gentilmente.
“Okay, grazie” risposi, prima di tornare alla
conversazione “Ehi, devo andare. Joy come sta? Dovrei
chiamare mia madre…”
“Ha i decimi, ma la stava intrattenendo
decidendo che disegno dipingere sulla parete della cameretta”
mi spiegò, come
sottofondo il pianto un po’ meno disperato di nostro figlio.
“Si è calmato” gli feci notare.
“Così sembra…”
“E sta sbavando” Non era una domanda.
“Sì, hai ragione” disse, un
po’ interdetto, poi
mi chiese stupito “Ehi, tu come fai a saperlo?”
“Amore, sta solo mettendo il primo dentino, è
normale che pianga” gli spiegai, tranquillamente.
“Cosa?!” esclamò “Quando te ne
sei accorta?”
“Ieri sera” ridacchiai, immaginando la sua faccia
sconvolta “Dagli qualche giochino da mordere, si spegnerà più
velocemente”
“Quindi tu mi hai fatto penare tutto questo
tempo inutilmente?” mi domandò, sentendosi tradito
“Ma che str-”
“Ciao paparino”
lo salutai tra le risate.
“Ciao. E non ti aspettare che prepari la cena
anche per te questa sera: resterai digiuna, è la tua
punizione!”
Poggiai le chiavi di
casa sul mobiletto
dell’ingresso e buttai la borsa sul divano. Finalmente ero a
casa, sfinita. Mi
era mancata durante quella giornata. Mi erano mancati i miei figli, le
urla, i
giochi. Mi era mancato Rob. Ma… mi era mancato anche
recitare, e non me n’ero resa
conto fino a quando non avevo messo piede sul set. Robert aveva avuto
ragione
anche quella volta, come quella prima, come sempre: ero
un’attrice, non sarei
riuscita a vivere senza recitare. Salii le scale, per tutta la casa
regnava il
silenzio assoluto, a parte il suono leggero di una chitarra che
proveniva dalla
camera da letto. Robert, seduto sul letto, strimpellava una musichetta
dolce
mentre David dormiva nella sua culla. “Ehi” mi
sussurrò, non appena notò la mia
presenza. Gli sorrisi, poi mi avvicinai alla culla di nostro figlio: il
respiro
era regolare, il suo sonno tranquillo e beato. Sembrava un angioletto,
era
stupendo. Mi abbassai per baciargli la testolina, gli accarezzai piano
una guancia,
sperando di non svegliarlo, poi raggiunsi mio marito sul letto.
“Hai trovato
un metodo per farlo addormentare?”
sussurrai, indicando la chitarra.
“E’’
incredibile, si è calmato all’istante, non
ha voluto più neanche il giocattolino gommoso”
rispose stupito. Mi accoccolai a
lui, lasciandomi abbracciare. “A te
com’è andata?”
“Sono
sfinita” sussurrai “ma è andata bene.
Anzi, benissimo. Sentivo che tutto era al proprio posto, anche se mi
siete
mancati tanto…”
“Noi ce la
siamo cavata piuttosto bene qui, non
ti devi preoccupare” mi rassicurò, lasciandomi un
bacio sulla fronte.
“Oh,
l’ho sentito al telefono” ridacchiai,
prendendolo in giro.
“Bastava
solo capire il metodo giusto, ed ecco
il risultato” rispose, indicando con un gesto teatrale nostro
figlio che
dormiva tranquillo nella culla. “E’ decisamente mio
figlio, ha ottimi gusti
musicali”
“Avrete
qualcosa da condividere, strimpellerete
chitarre insieme…”
“Potremmo
farne altri e potrei mettere su un
piccolo complesso, tipo i Jackson Five” esclamò,
lasciandosi prendere
dall’entusiasmo.
“Sssh,
abbassa la voce, altrimenti si sveglia”
lo rimproverai.
“Una band
però è meglio della classica squadra di calcetto, no?”
“Decisamente”
confermai, dandogli un bacio.
“Dov’è Joy?”
“Dorme.
Appena tua madre l’ha accompagnata qui le
ho dato l’antipiretico, fatto gli impacchi di acqua fredda e
messa subito a
letto” mi spiegò. Gli diedi un altro bacio.
“Ti
amo” sussurrai, prima di alzarmi dal
lettone. “Vedo come sta, mangio e vengo a
dormire…”
“Vado a
riscaldarti la cena, anche se non te la
meriteresti dopo lo scherzetto di oggi” disse, seguendomi
fuori dalla camera da
letto. Ridacchiai e mi avvicinai alla porta socchiusa della cameretta
di Joy. Entrai
piano, mi avvicinai al lettino dove dormiva, le guance arrossate e la
fronte
sudata, e le poggiai una guancia sulla fronte: era leggermente
accaldata, non
scottava più. Ma i sensi di colpa mi invasero lo stesso. Era
stato un errore
tremendo ricominciare a lavorare, avevo lasciato a casa mia figlia
febbricitante e mio figlio di pochi mesi solamente per puro egoismo.
“Mami…”
un lamento catturò la mia attenzione.
Joy si stava svegliando.
“Amore mio,
come stai?” le sussurrai,
accarezzandole i capelli.
“Mmmm”
mugugnò, aprendo piano gli occhietti “ma
sono a casa?”
“Sì,
sei a casa…” Si guardò ancora un
po’
intorno, spaesata, con gli occhietti socchiusi.
“Mami, sento
caldo” sbuffò poi, buttando
all’aria le coperte.
“Vuol dire
che stai meglio e la temperatura sta
scendendo” le spiegai. “Ti sei divertita dalla
nonna?”
“Sì,
abbiamo scelto il disegno da fare lì”
disse, indicando la parete “e poi ha telefonato a Papi
perchè c’era nano che piangeva. Comunque non ci va proprio
d’accordo con coso” disse lei,
scuotendo la testolina
“è meglio se Papi sta con me e lui va da nonna,
tanto io non sono piccola e
piagnucolona come lui…” Alzai gli occhi al cielo,
non sopportava che Robert
desse un po’ di attenzioni al piccolo. Sbadigliò,
con gli occhi che le si
chiudevano da soli.
“Su, ora
continua a dormire” le dissi,
coprendola solo con un lenzuolo.
“Mami, oggi
hai fatto un nuovo film?” mi chiese,
girandosi di lato con le mani sotto la testolina. Annuii.
“Poi voglio vederlo…
sei bravissima…” mormorò piano, prima
di addormentarsi completamente. Mi sarei
aspettata pianti disperati, capricci insensate e brutte parole
perché non c’ero
stata mentre stava male, ed invece lei era semplicemente orgogliosa di
me. Mi
morsi il labbro inferiore e con gli occhi lucidi, mi alzai piano ed
uscii dalla
stanza.
“Buonanotte
amore mio…”
Piccole note a fine
pagina.
Cosa
dire? Sono… ehm… 5 mesi e 13 giorni
che non aggiorno questa raccolta.
Su, ridete per non piangere!
Piccole precisazioni, in caso a qualcuno
fossero sfuggite.
Sì, il piccolo finalmente ha un nome e,
anche se in questa shot non viene detto per intero, è David
Thomas Jr. Pattinson.
Thomas come Robert Thomas.
L’ha
scelto Joy, come chiesto ai genitori in una shot precendente, quindi
magari un
giorno vi racconterò anche quell’evento.
I tre falshback di questa shot: i primi due
sono dello stesso giorno (fine riprese BD, pochi giorni dopo che Kris
dice a
Rob di essere incinta di Joy), il terzo è durante il reshot
di WFE, quindi un quattro
mesi prima circa.
Il disegno sulla parete della cameretta di
Joy… sì, è quello della lotta
“unicorno” contro “castello”
dell’altra shot. Hanno
chiesto alla nonna artista di dipingerlo. Magari racconterò
anche quello.
Okay, credo non debba dire più niente.
Ah, la shot è stata ispirata da quella frase
di Rob. Rob ha detto che lui non sa ancora cos’è,
quindi un giorno potrebbe
anche dedicarsi alla musica e la scrittura, altre sue passioni, ben
più
sedentarie, oltre che al cinema. Mentre Kris… beh,
è un’attrice. E, secondo me,
sarebbe più difficile separarsi dal suo lavoro.
Comunque, spero non dobbiate aspettare più
così tanto per leggere un’altra shot.
Grazie per l’attesa.
Un bacio.
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Capitolo 12 *** Wake up in the morning feeling like… fuck! ***
È
veramente,
veramente breve. E stupida.
Ma mi sono divertita
a scriverla.
Buona lettura!
Wake up
in the morning
feeling like… fuck!
I
raggi del sole mi riscaldano il viso.
Le
onde del mare mi cullano in quella oasi di pace.
Il
profumo della salsedine mi inonda le narici.
Il
silenzio più assoluto intorno a me.
Niente
pianti, niente grida, niente orari… niente di niente.
Solo
la pace, la quiete.
Davanti
a me, in lontananza, una meravigliosa spiaggia dorata.
Arriva
un’onda leggermente più alta delle altre, lo yacht
si muove un po’.
Poi
tutto si rilassa ancora una volta in quell’angolo di paradiso.
Un’altra
onda, un altro lieve movimento.
E
poi un altro, leggermente più forte.
Ed
uno ancora.
E
ancora.
Apro
gli occhi e…
Aprii
piano gli occhi e…
Gemetti.
No, non
c’era alcuna
spiaggia. Era solo un sogno meraviglioso.
Eppure sotto di me
qualcosa continuava a muoversi.
Non ero più sdraiata
sullo yacht a prendere il sole, beata ma… mi trovavo nella
mia camera da letto,
al buio, sotto le lenzuola. Alzai la testa e mi guardai intorno,
confusa e
assonnata. Il materasso si muoveva e no, non lo stavo sognando.
«Ma che ca-» mi
interruppi quando capii da cosa provenisse tutto quel movimento.
Con un lamento ributtai la testa sul cuscino, a peso
morto. «Rob…»
«Mmm» mormorò, girandosi
ancora. E facendo molleggiare il materasso, ancora.
Mi stava venendo il mal di mare, si muoveva con l’eleganza di
un elefante.
«’a piano» mi lamentai,
cercando di riprendere sonno. Facendo esattamente il contrario di
ciò che gli
avevo chiesto, si girò ancora. «E
dai…» Improvvisamente si fermò. Forse aveva trovato la
posizione giusta. Finalmente,
sospirai mentalmente.
Ero
pronta a tornare nella mia oasi felice… Uno
scossone. Di nuovo.
«Rob» piagnucolai,
tenendo gli occhi serrati «Fai piano!» Ma il
materasso si mosse ancora. E
ancora. E ancora. Continuava a fare su e giù, sempre
più forte, come se
qualcuno ci stesse saltando sopra. Come se qualcuno…
Come
se qualche cretino lo stesse facendo apposta!
Mi
voltai di scatto, con
sguardo omicida. Si stava divertendo un mondo, un sorriso da schiaffi
stampato
sul volto «La vuoi smettere?!»
«Buongiorno anche a te»
mi rispose, trattenendo le risate. Scossi la testa, innervosita, chiusi
gli
occhi e mi ributtai sul cuscino. E il materasso si mosse di nuovo. Gli
tirai un
calcio sotto le lenzuola ma lui, in risposta, cominciò a
saltellare
ritmicamente. Un bambino, è un
bambino! «Smettila!»
piagnucolai, esasperata. Ma lui rideva a crepapelle. E quando
cominciava a
ridere, era contagioso. Non riuscii a rimanere seria, ma feci di tutto
per
nasconderglielo, cosa che non mi riusciva decisamente bene. Alzai la
testa dal
cuscino e lo guardai in cagnesco.
«Finiscila» lo
rimproverai, trattenendo un sorriso. Alzò un sopracciglio,
insolente.
«Altrimenti?» Mi scostai
le coperte di dosso e gli saltai addosso, sedendomi sui suoi
addominali, mentre
lui tese le braccia per pararsi da un eventuale mio colpo. Gli levai le
mani
davanti, intrecciandole alle mie e abbassai il viso alla sua altezza.
«Altrimenti» cominciai, sensualmente
minacciosa, portando le
nostre mani sulla sua gola e facendo una lieve pressione «ti
strozzo» conclusi,
sfiorandogli leggermente le labbra con le mie. Tentò di
alzare il viso per
baciarmi ma mi allontanai di scatto, mordendomi
il labbro inferiore e guardandolo, vittoriosa.
«Kris, se avevi
intenzione di far muovere il materasso in un altro modo»
disse, ribaltando
velocemente le posizioni e portandosi su di me «bastava dirlo
senza fare tutto
questo teatrino!» Lo guardai sbalordita.
«In realtà la mia unica
intenzione era continuare a dormire e non svegliarmi mai più
da quel
meraviglioso sogno che stavo facendo…»
«Io c’ero?»
«No»
«Allora non poteva
essere meraviglioso» concluse, cominciando a torturarmi con
le labbra il collo.
Ridacchiai, ma il mio sorriso si bloccò non appena la scia
di baci cominciò a
farsi strada sempre più giù: tra le clavicole,
tra i seni, sul mio stomaco, al
confine con…
«Rob» boccheggiai,
infilandogli le mani tra i capelli «No-» ma lui
continuò, fino ad arrivare
nell’interno coscia, così vicino…
Gemetti piano. Alzò gli occhi verso il mio
viso.
«No, eh?» mi prese in
giro. Piagnucolai, non poteva farmi impazzire in quel modo! Ripercorse
al
contrario il mio corpo, continuando a venerarlo con le sue labbra, che
catturai
tra le mie non appena furono alla mia altezza. Una sua mano
scivolò verso il
basso, cominciando a stuzzicare l’elastico dei mie slip.
«No… no…» protestai
ansimando,
ma non convincevo neanche me stessa, figuriamoci lui
«Smettila...»
«Cambia disco, amore» mi
suggerì, riappropriandosi delle mie labbra. Due dita fecero
capolino oltre il confine, e non
riuscii a trattenere
un gemito di piacere, che lui soffocò con un bacio.
«Sssh, fai piano!»
«E tu leva quella mano
di lì!» lo rimproverai a mezza voce, esasperata.
Le mosse ancora un po’,
arrivando a sfiorare la mia parte
sensibile. Spalancai la bocca, in un urlo muto.
«Sicura?» disse,
infierendo ancor di più. Un altro grido, ma questa volta non
riuscì a
trattenermi. «Okay, basta» Non appena
allontanò quella maledetta mano dal mio
slip, tutto il mio corpo si rilassò, ma ormai il gioco era
fatto. «Certo che la
mattina sei piuttost-»
«Stai zitto e sbrigati,
deficiente» lo rimproverai, assalendo le sue labbra.
«Agli ordini» ridacchiò
sulle mie labbra. Le mie mani corsero a levargli la maglietta,
così da poter
ammirare e toccare quel fisico perfetto che si ritrovava, poi immersi
le dita
tra quei capelli che adoravo. Una sua mano dietro la mia schiena,
l’altra sulla
mia coscia, cercando di farsi spazio tra le mie gambe. Il suo corpo si
muoveva
su di me, il mio rispondeva a quel movimento, le nostre lingue si
ricorrevano, i
nostri bacini si scontravano, pronti uno all’altro, i gemiti
e i sospiri
rompevano il silenzio, e…
«Mamma!»
Spalancammo gli occhi di
colpo. Girammo il volto di scatto.
Joy.
E David.
Sulla porta.
Oh
porc-
«AAAAH!»
urlai,
spingendo Rob lontano da me talmente forte che finì
giù dal letto. Lo sguardo
di Joy andò da me a suo padre, interdetta, per poi tornare
di nuovo a me.
«Mamma, nano ti
vuole» disse tranquillamente,
mentre manteneva David dalle manine, in piedi davanti a lei. Erano
entrambi nel
loro pigiamino, mio figlio che mi guardava con il ciuccio in bocca
nella sua
tutina blu mentre lei aveva lo sguardo scocciato, come se il pianto di
suo
fratello l’avesse svegliata.
«Ehm… sì amore,
arrivo…»
tossicchiai, imbarazzata.
«Okay» borbottò ma prima
di sparire nel corridoio guardò suo padre e disse
«Papi, alzati da terra: il
pavimento è freddo, ti prendi il raffreddore» Mi
girai verso Rob e lo fulminai
con lo sguardo.
«Ma il tuo è un vizio.
LA SERA. CHIUDI. QUELLA CAZZO. DI PORTA» mormorai tra i denti.
«Ti giuro, l’ho chiusa
ieri sera… sul serio… ho controllato prima di
metterci a letto…» Scossi la
testa e scesi dal letto. «Kris, davvero… ho
controllato!» Lui era ancora per lì
terra, che blaterava, mentre mi infilavo la maglietta che gli avevo
levato di
dosso prima. Lo scavalcai, ignorando le sue scuse e mormorando un
«idiota».
Ehm,
ehm...
Devo commentare?
No, meglio di no.
Tornerò
con qualcosa di più sostanzioso, don’t worry.
Spero vi siate
divertiti
almeno un po’, poco poco.
Un bacio, bye!
|
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Capitolo 13 *** Just perfect ***
Non ho niente da dire.
Tranne TANTI AUGURI
LETY!
Senza te, Joy non
sarebbe mai esistita.
Questa è
tutta per te!
just
perfect.
«Kris?»
«Dimmi»
«Perché
sembra che l’abbiano appena assunto in paradiso?»
«Nah,
semplice reazione alle belle notizie»
«PETEEEEER! Ciao!»
«Rob… Ciao!»
«Amico mio, come stai?»
«Bene. Al contrario tuo. Cos’hai bevuto?
Kristen, aiuto!»
«Cos’ha
il tuo ragazzo? Manca poco e comincia a saltare per il set…
Ah no, già fatto»
«Dakota,
ti devo dire una cosa»
«Che
succede?»
«Non
ci posso ancora credere, mio dio…»
«Cos’è
successo? Mi sto preoccupando… Kris, parla!»
«Ce l’ho fatta!»
«Cosa?»
«Tom! Tom, Tom, TOM… Tom!»
«So come mi chiamo»
«Non ci crederai mai!»
«Se non me lo dici…»
«Tom. Oh, Tom. Thomas…»
«Jess…»
«Che?»
«E’
successo»
«Cosa?»
«Pattz,
è vero?»
«Chi ve l’ha detto?»
«Tom»
«Infame…»
«Allora è vero! Whoa!»
«Devo
dirvi una cosa…»
«Siete
seduti?»
«Avrei
voluto aspettare di essere a LA e farlo di persona,
però…»
«Ora
siete seduti?»
«Non
volevo foste gli ultimi a saperlo»
«Okay,
non è niente di particolare, solo
che…»
«Sono
incinta»
«Diventerete
nonni! Hey, cos’era quel
tonfo?»
«Dalla
a me, dalla a
me!»
«No, voglio tenerla un
po’ io!»
«Hey, è il mio turno!»
«Oh, quella è mia
figlia, non una bambola!»
Nel momento in
cui avevo
messo piede in casa, appena dimessa dal reparto maternità,
avevo capito che nei
giorni a seguire non avrei avuto pace.
Come
volevasi dimostrare…
Da circa
due giorni, casa
nostra era sovraffollata.
Pullulava di gente eccitata
ed emozionata per il nuovo arrivo in famiglia.
I miei genitori. I suoi
genitori.
I miei fratelli, le sue
sorelle.
I nostri migliori amici.
Per non parlare di amici e parenti lontani, anche molto
lontani, che sembravano apparire dal nulla.
Era un viavai continuo, tipico
di occasioni come quella, e sapevo benissimo che sarebbe durato almeno
per un altro
paio di mesi o più.
La verità era che mia figlia
– mia figlia, mi faceva
ancora strano
dirlo o solo pensarlo – incantava tutti e nessuno voleva
più staccarsene,
trasformando così brevi visite alla nascitura in lunghe e
prolungate permanenze.
Tutti la strapazzavano e coccolavano, lasciandomela godere veramente
poco. Ma
era giusto che fosse così. Molti di loro sarebbero dovuti
ripartire a breve e
chissà quando avrebbero avuto la possibilità di
rivederla, soprattutto la
famiglia di Rob.
Tutto l’amore, la vita e la gioia
che regnavano
in casa mi facevano stare bene nonostante la confusione generale e la
mia
stanchezza, anche se una piccola parte di me non vedeva l’ora
di rimanere un
po’ sola.
Sola con Rob e Joy.
«Signorinella,
torna
immediatamente seduta!»
Ciò che mi faceva stare un
po’ meno bene era l’incessante,
maniacale preoccupazione di mia madre per me
da quando avevo partorito.
Viste e considerate le complicazioni
che c’erano state durante la gravidanza, i medici si erano
raccomandati massimo
riposo, cosa che Jules Mann-Stewart non dimenticava neanche un istante
di
ricordarmi. In quanto ad ossessività, se la batteva alla
pari con Rob.
«Volevo solo andare in
cucina a bere» dissi, innocentemente.
«Puoi chiedere a
qualcuno, non c’è bisogno che sia tu ad
alzarti»
«Mamma, ho partorito,
non sono malata!»
«Sì, ma sei debole e la
dottoressa ha detto che devi rilassarti, non devi fare
sforzi…» Blah, blah, blah
«E non fare quella
faccia!»
«Sai, mentre perdevi
tempo parlando, sono già arrivata a destinazione e guarda un
po’? Sono viva» le
feci notare un
po’ acidamente.
Aprii il frigo e presi
una bottiglietta d’acqua, sbattendo lo sportello con forza.
Per fortuna la
guarnizione ne attutì il colpo o avrebbe fatto un gran
rumore, rischiando di
svegliare Joy. Mi poggiai al ripiano della cucina, cercando di godermi
un po’ il
silenzio. Provai a stappare la bottiglia sigillata ma trovai non poca
difficoltà. Mi sforzai ancora po’, ma la mano
continuava a scivolare a vuoto
sul tappo. Ero a secco di energie. Fanculo.
«Dai a me…» Sbuffando,
mi arresi e gli passai la bottiglietta, voltandomi verso di lui.
«Ti ha mandato mia madre?»
«Jules sarà anche
asfissiante, ma nessuno supererà mai la paranoia del
sottoscritto, mia cara»
disse, passandomi la bottiglietta aperta e stampandomi un bacio
«Avevo paura
svenissi da un momento all’altro quindi ti ho
seguita»
«Sto bene…»
«Sei stanca» notò,
accarezzandomi una guancia.
«Un po’» ammisi.
«Se vuoi faccio partire
l’allarme antincendio così scappano tutti e tu
puoi riposare in santa pace»
scherzò.
«Che idiota che sei» lo
presi in giro, sorridendo. Bevvi un sorso d’acqua.
«Sono tutti adorabili, ci
vogliono un gran bene»
«Lo so, però… perché non
vai a dormire un po’?» propose, dolcemente .
«Rob, non posso
andarmene in camera e mollarli lì»
«Solo un’oretta» tentò
di convincermi «Quando ti sveglierai, saranno ancora qui, non
scappano. Anzi…»
Già, anzi. Se avessero
potuto, si
sarebbero accampati nel nostro salotto.
«No, non è educato»
borbottai, giocherellando con il tappo della bottiglietta.
«E chi se ne importa!»
Gli lanciai un’occhiataccia «Okay,
d’accordo» si arrese, sospirando tra i miei
capelli «però almeno siediti sul divano e stai
ferma lì. La dottoressa ha
dett-»
«So cosa ha detto»
sbuffai, irritata «Sono io quella che ha partorito quel
giorno, nessuno l’ha
notato?»
«Io l’ho notato. Le mie
orecchie, che hanno dovuto sentire tutti quei fanculo
e altre parole che non voglio neanche ripetere, lo hanno
notato. La mia mano che hai stritolato e che, dopo tre giorni,
è ancora
dolorante lo ha notato…»
«Non esagerare, non l’ho
stretta poi così forte» dissi, per discolparmi. Mi
guardò sbalordito. «Caro,
stavo partorendo tua figlia. Quello che avete provato tu e la tua
fragilissima
mano non è stato neanche un decimo del dolore che ho provato
io in quel momento
mentre la mia vagina si allargava fino a strapparsi per far uscire la
sua test…»
«Okay, okay» mi
interruppe, disgustato dalla
mia
descrizione dettagliata «Stop. Mi arrendo. Hai
vinto!» Soddisfatta, gli stampai
un bacio.
«Il nasino è uguale al
tuo, Kris, ma i lineamenti del viso assomigliano tanto ai suoi appena
nato»
«Davvero?» Claire annuì
sorridendo mentre cullava piano Joy, che si era addormentata
placidamente tra
le braccia della nonna dopo la sua poppata.
«Claire, non provare
nemmeno a paragonare la mia meravigliosa nipotina a questo
qui» disse Tom,
indicando Rob «Guarda che brutta faccia che ha! Non capisco
come abbia potuto
contribuire alla creazione di questo capolavoro…»
«Non ti hanno mai
insegnato come si concepiscono i bambini, Tom?»
scherzò Rob. Risi,
accoccolandomi di più tra le sue braccia.
«Le orecchie sono di
Kris» intervenne mia madre.
«Non è vero, le sue
orecchie sono perfette!»
«Anche le tue…»
«Ehi, Dumbo!» mi prese
in giro mio fratello Taylor, facendo ridacchiare tutti. Mugolai
imbarazzata,
nascondendo il viso nel collo di Rob, che mi lasciò un bacio
sulla fronte.
«Io adoro le tue orecchie»
mi sussurrò, sorridendo e facendomi sorridere.
«Chissà di che colore
saranno gli occhi» si domandò Cameron
«Ora sono blu ma la maggior parte dei
neonati li ha così»
«Saranno come quelli di
Kris» affermò sicuro Rob. Lo guardai incuriosita
da tanta convinzione «Fidati,
sono come i tuoi» Lasciai perdere, nessuno avrebbe potuto
fargli cambiare idea.
Era testardo.
«Di certo non scuri»
«Lo spero per Rob»
scherzò Tom, facendomi scoppiare a ridere. Rob prese un
cuscino accanto a noi e
glielo tirò dietro, lui si abbassò di scatto e lo
schivò.
«E tu non ridere!»
«Scusa» ridacchiai,
stampandogli un bacio sulla guancia.
La stanchezza
cominciava
a farsi sentire. Sentivo le palpebre cedere sul serio.
«Vuoi andare di sopra?»
sussurrò Rob in modo che gli altri non lo sentissero. Sapeva
che mi sarei
sentita a disagio se fossero andati via a causa mia. Scossi la testa,
dandogli
un bacio leggero. Mi strinse più forte ed io mi accoccolai
meglio a lui.
Le chiacchiere e le
risate continuarono, ma non fui più capace di seguire il
discorso poiché la
stanchezza prese il sopravvento. Il vocio di sottofondo mi
cullò verso
l’incoscienza.
L’ultima cosa che sentii
fu qualcuno che mi copriva con una coperta e le sue labbra che si
posavano
sulla mia fronte, in un bacio delicato.
«Hey, papi» Completamente
incantato da sua figlia e con un sorriso ebete
stampato sul viso, si voltò verso di me, distogliendo per un
secondo lo sguardo
da Joy, che dormiva nella culla. Era talmente assorto da non essersi
neanche
accorto della mia presenza.
«Hey, sei sveglia» bisbigliò
dolcemente. Mi avvicinai, abbracciandolo e lasciandomi abbracciare
nella
penombra della stanza - l’unica luce proveniva dal corridoio
e da qualche lampione
che si poteva intravedere fuori alla finestra.
«Sono andati tutti via?»
gracchiai, ancora assonnata.
«Sì, pochi minuti dopo esserti
addormentata. Come ti senti?»
«Bene» sospirai, accoccolandomi
ancora di più a lui. Mi studiò di sottecchi, per
accertarsi che non stessi
mentendo «Sto bene, sul serio»
«Okay» rispose,
lasciandomi un bacio sulla fronte «Però tra poco
torni a letto. La dottoressa
ha detto che devi riposare e n-»
«Lo so, lo so, non ti
preoccupare» lo tranquillizzai. Ero più rilassata,
non mi alterai neanche
all’udire delle parole “la dottoressa ha
detto…” come avevo fatto per tutto il
giorno. Finalmente c’era pace in casa. Il totale silenzio
interrotto solo dal
suono dei nostri respiri. Dei nostri tre respiri.
Tornammo entrambi con lo sguardo a Joy, stregati da quella piccola
creatura. «E’
meravigliosa» mormorai.
«Ed è tutta mia»
«Nostra»
«Pff, tu ormai l’hai
sfornata, ora è tutta per me!» Ridacchiai,
poggiando le labbra sotto il suo
orecchio, dove lasciai un piccolo bacio per poi sussurrargli un
«Siamo stati
proprio bravi, ammettilo».
«Se c’è una cosa in cui
siamo veramente bravi, è
proprio quello» rispose,
ammiccando.
«Sono così distrutta che
non riesco neanche a pensarci, ti giuro» confessai, sedendomi
sul letto e
trascinandolo per mano con me «Conviene che ti trovi
un’amante. O una bambola
gonfiabile»
«Sai cosa? Dovrei
chiedere se hanno conservato la bambola che usavamo sul set, quella a
forma di
te…»
«Che schifo, Rob! Faceva
impressione! Oddio, no…» esclamai a mezza voce,
mentre lui sogghignava piano
per non svegliare Joy «Non sembravo così mentre
partorivo, vero?»
«No, no» mi rassicurò,
lasciando un bacio sull’angolo delle mie labbra
«Eri bellissima» sussurrò, un
bacio ancora «Sei bellissima». Sorrisi, voltandomi
completamente verso lui e unendo
le mie labbra alle sue.
«Ma se mi sento uno
straccio per lavare a terra…»
«E invece sei ancora più
bella di prima. E sei stata bravissima. Al contrario mio»
ammise, scoppiando a
ridere. Risi anch’io, accarezzandogli i capelli alla base
della nuca. «Me la
stavo facendo sotto! Ci sarebbe voluto qualcuno lì per
consolare me, mi veniva
da piangere!» Avvicinai il suo viso al mio mentre ridevamo
entrambi al ricordo
della sala parto. Due sclerati, fuori di testa, che si urlavano addosso
di
tutto, passando dai “ti amo” ai
“vaffanculo” nel giro di pochi minuti, ma che
alla vista della loro piccola creatura erano scoppiati in lacrime come
dei
bambini. La piccola creatura che, in quel momento, stava cominciato a
piangere
nella sua culla, attirando la nostra attenzione. «Che
ha?» mi chiese, già
preoccupato.
«Fame» risposi,
stampandogli un ultimo bacio prima di alzarmi ed avvicinarmi a Joy.
«Amore,
ciao» le sussurrai, prendendola tra le braccia e cullandola
piano mentre tornavo
a sedermi accanto a Rob, che subito si strinse a noi, gli occhi che
brillavano
come due stelle in piena notte. Joy ricacciò immediatamente
indietro le lacrime,
come se il contatto l’avesse calmata. Era come se ci avesse
riconosciuto, come
se tra le mie braccia si sentisse al sicuro tanto da non dover piangere
più. Ed
era una sensazione stupenda, erano quelle piccole emozioni che mi
facevano
sentire madre.
«Piccolina» sussurrò
Rob, con un sorriso enorme che gli illuminava il viso, mentre con un
dito le
sfiorava la guancia liscia e rosea. Joy, con quegli occhioni dolcissimi
che si
ritrovava, ci guardava attentamente, muovendo piano la boccuccia
«Hai fame,
mm?»
«Già» sospirai,
sbottonando la maglia del mio pigiama e portando la coda in cui avevo
raccolto
i capelli ad una lato, per allattarla. La avvicinai al seno e subito ci
si
attaccò, avida della sua poppata. «Whoa amore, sei
affamata!» Sentii Rob
sorridere accanto a me e poggiarsi piano con il mento alla mia spalla,
gli
occhi incollati a sua figlia. Mi voltai e lo fissai per un paio di
secondi. Lo avevo
visto allegro, di buonumore, entusiasta. Lo avevo visto esaltato,
eccitato,
emozionato. Lo avevo visto felice. Ma non avevo mai visto quella
particolare luce
nei suoi occhi… «Sai cosa mi ha detto Tom un paio
di giorni fa?» Mi guardò,
incuriosito, il viso vicinissimo al mio. «Che ti ha visto
guardare con quegli
occhi solamente un’altra persona in tutta la tua
vita»
«Che occhi?»
«Questi. Quelli con cui
guardi Joy. Quello sguardo…»
Mi
sorrise, con uno dei sorrisi più belli che gli avessi mai
visto sul viso, perché
sapeva esattamente di cosa parlavo. Sapeva esattamente di quale sguardo
mi
aveva parlato Tom. Quello sguardo
innamorato. Quello con cui gli aveva visto solamente guardare
me.
«Sai invece cosa mi ha
detto tuo padre?» mi domandò, le labbra sulla mia
fronte, dove lasciò un bacio «Che
quando vedrò un giovanotto guardare Joy con questi occhi,
sarà il giorno in cui
dovrò seriamente preoccuparmi» disse, ridendo.
Scossi la testa esasperata,
alzando gli occhi al cielo. Sono padri,
condannati ad essere gelosi delle loro figlie.
Sentii Joy allontanarsi
dal seno, finalmente sazia. La adagiai cautamente sulla mia spalla,
scuotendola
un po’ in attesa che… Mmm,
complimenti. «Amore!
Cos’era quello?» rise Rob, stupito dalla potenza
del ruttino di sua figlia,
lanciandomi un’occhiata divertita.
«Sei tutta tuo padre,
cucciola» le sussurrai divertita, baciandole la testolina. La
avvolsi nella sua
copertina – era Gennaio, il suo arrivo era stato un
fantastico regalo di Natale
in ritardo – e la adagiai tra le braccia di Rob
«Tienila un po’ tu prima che si
riaddormenti» Pronto la afferrò anche se, in cuor
suo, aveva sempre paura di
poterla rompere. Mi inginocchiai dietro
di lui, il mento poggiato sulla sua spalla, e lo abbracciai stretto
alle spalle,
mentre entrambi eravamo persi nel guardare Joy, tranquilla tra le sue
braccia.
E
pensai che quel
momento era semplicemente perfetto.
C’era vita.
C’era gioia.
C’era amore.
C’eravamo io, lui e Joy.
Quindi… sì, era tutto
perfetto.
Noi
eravamo perfetti.
Piccole notine.
Volevo
che fosse
semplice, perché non credo che ci sia niente di
più puro di momenti come
questi.
Avrei dovuto postare
un po’ di tempo fa, ma ho deciso di farlo oggi, piccolo
regalo per la nostra
amata Letizia. È soprattutto colpa sua se io, Fio e Cloe
abbiamo cominciato a
scrivere su Joy, quindi ERA DI DOVERE!
Ora fatele tutti gli
auguri, su u.u
Quella piccola
scritta in grassetto… beh, finché non
l’ho riletta non mi ero accorta di aver
praticamente scritto il titolo della raccolta. Il che è un
bene, perché siamo
proprio all’inizio della vita di Joy.
Okay, ho deciso una
cosa.
Ormai mi sono
rassegnata. A me vengono i mente solo dei flash e il fatto che io posti
raramente è perché ogni volta devo sforzarmi per
trovare dei contesti in cui
inserirli, senza essere banale. Quindi ho deciso che posterò
storie più brevi
ma lo farò più spesso, perché se
aspettiamo la mia fantasia… buonanotte xD
Per oggi è tutto,
alla prossima!
Byeee byeee <3
Ah, se volete vi
invito a leggere le mie nuove shot, Bluberry
pie (una Edward/Bella completamente umani) e She
needs her mother (Daddy Edward <3). Per chi
me lo ha chiesto: Menta
e Cioccolato la aggiornerò presto, devo solo
concludere
la shot. Così anche When
it rains. Don’t worry! Bye.
ULTIMA COSA:
sono entrata anch’io nella rete come
autrice, potete trovarmi su Facebook qui.
Per qualsiasi domanda o sclero sulle mie
storie e no, NON ESITATE!
|
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Capitolo 14 *** Christmas pics ***
E’
microscopica, ma non avevo niente da
fare.
Ecco a voi. Questa è per Mel.
Auguri in ritardo, Lunetta :)
Christmas
pics;
«Amore, guarda papà!»
«Joy!
Joy,
guarda qui! Guarda papino!»
Joy
alzò lo sguardo dal
giocattolo appena ricevuto sul quale era concentrata e
guardò Rob, che seguiva
ogni suo movimento con la videocamera.
«Amore,
fai ciao!»
continuò lui, con la vocina riservata solo a Joy e un
sorriso enorme sul volto,
salutando con la mano e sperando che Joy lo imitasse. Speranza
che morì nello
stesso istante in cui la piccola girò la testa e
tornò ad occuparsi della sua
renna rosa canterina, ignorandolo completamente.
Era il suo primo
Natale
e volevamo immortalare ogni istante.
Ma nostra figlia
di
undici mesi aveva ben pensato di non degnarci di uno sguardo. E,
in più, non stava
ferma un secondo.
Se tentavamo di
bloccarla un solo attimo da qualunque
cosa stesse facendo per scattarle una foto, scoppiava a
piangere come una
disperata. Così avevamo provato con un video ma non
era andata meglio.
«Niente,
oggi non ne
vuole sapere» sbuffò Rob, chiudendo lo sportellino
con lo schermo e alzandosi.
«E’
presa dal regalo,
più tardi ti darà retta» lo rassicurai,
passandogli la fotocamera «Falle
qualche foto nel frattempo…»
«Faccio
schifo come
fotografo, lo sai» mi disse, un po’ imbronciato
«Scattale tu» Accesi la fotocamera
e mi accovacciai dove prima era seduto lui.
«Joy,
Joy… guarda la
mamma!»
La piccola
alzò di nuovo lo sguardo dalla renna canterina e si
voltò
verso di me. Non appena vide la fotocamera, cominciò a
ridere e a gattonare
scattante verso di noi. Rob le corse vicino, pronto ad
afferrarla se avesse perso
l’equilibrio.
«Perché
con te sì e con
me no? Mi ritengo offeso!»
«La
mamma è sempre la
mam… no, come non detto» mi interruppi appena Joy
afferrò la custodia della
fotocamera che avevo poggiato accanto a me e cominciò a
giocarci. Stava per
metterla in bocca quando io e Rob la fermammo. «No,
amore…»
«No,
questa non in bocca»
le disse Rob prendendogliela dalle mani e cercando di guardarla negli
occhi ma
le si allungava verso la custodia, piagnucolando «No, non si
ciuccia» ripeté
Rob, nascondendo la mano con la custodia dietro la schiena. Joy,
imperterrita
nell’ottenere quello che aveva deciso essere il suo nuovo giocattolo, aggirò il
padre gattonando. Robert rise, alzando
la mano in aria e Joy lo seguì con lo sguardo, cercando di
alzarsi per
afferrarla.
«Ta-ta-taaaaaa!»
«Ta-ta-ta che? Eh?» la prendeva
in giro, inginocchiato di fronte a
lei. «Vuoi questa?»
«Ghù» fece un tono
gutturale, che avevamo imparato riconoscere
come un sì, montando su
uno sguardo da cucciolo. Rob la avvicinò alle sue
manine ma, appena fece per afferrarla, la allontanò
velocemente.
«Non
c’è più!» esclamò,
fingendosi stupito.
«Ta?» disse
Joy, guardandolo
triste. Così Rob la tirò di nuovo fuori e i suoi
occhietti si
illuminarono «Ta!»
La avvicinava e
la
nascondeva. E Joy rideva.
Rideva di una
risata
cristallina, divertita, meravigliosa.
Pura.
E noi ridevamo
con lei.
«Eccola
qui, e… puff! Sparita!»
ripeteva lui. Ogni volta che la custodia riappariva, Joy
lanciava un gridolino
allegro. «Ah! Sparita. Ah! Sparita. Ah, sparita, ah, sparita,
ah sparita ah
sparita, aaaah!»
Rob cominciò a riempirle il viso di baci per distrarla,
mentre
lei rideva allegra «Ti mangio
tuttaaaa!»
esclamò, passandomi velocemente quel benedetto affare da
dietro la schiena. «Falla
sparire» mi sussurrò, voltandosi per un secondo.
Scoppiai a ridere.
Joy aveva
cominciato già da un po’ a mettere mani ovunque. Gattonava
veloce come un razzo
e dovevamo tenerla continuamente sotto controllo.
Mi avvicinai
alla porta
della nostra camera, la lanciai sul letto e tornai in salotto. Mi
posizionai a
gambe incrociate sulla poltrona per godermi quello spettacolo.
Joy e Rob.
Sul tappeto,
dietro di
loro l’albero di Natale illuminato, i regali di Joy sparsi
per il pavimento.
Ridevano, come se i bambini sdraiati lì sopra
fossero
stati due.
E finalmente
potei scattare la foto.
«Chiamala,
su… Mamma, vieni qui con noi?»
disse Rob appena notò che li stavo fissando,
tenendo la piccola tra le braccia «Mamma!»
«Ma-ma-maaaaaa!»
balbettò lei, allungando le braccia verso di me.
Non me lo feci
ripete
due volte e li raggiunsi, buttandomi a terra con loro.
E
così trascorremmo il nostro primo
Natale.
Il primo Natale della nostra famiglia.
Note
“jinglebelliose”. Ci vediamo presto
con qualche altra cosa - non so cosa – sicuramente prima di
Natale. Potete
trovarmi anche
su facebook
ora, nella mia pagina autrice (OOOOOOOOOH u.u) che trovate qui.
Vi
aspetto in tanti!
Bye bye <3
|
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Capitolo 15 *** I wanna be... ***
Piccola
one shot per
questo domenica pomeriggio.
Spero sorridiate
almeno un po’.
Ciao :)
I
wanna be...
Su.
Giù.
Su. Giù.
Su… e
giù.
Scendeva
e risaliva.
Scendeva
ancora… e risaliva un’altra volta.
Era questo
ciò che faceva mia figlia più o meno da
mezz’ora, consumando il parquet delle
scale che portavano al piano superiore di casa.
Scendeva
lentamente in salotto, lanciava un’occhiata indecisa in mia
direzione, poi
scuoteva la testa e tornava su spedita come un razzo. E questa scenetta
si
ripeteva all’incirca ogni cinque minuti. Sicuramente
pensava non l’avessi vista.
Sembrava
pensierosa. Anzi, piuttosto… combattuta.
«Cosa
sarà preso a tua sorella? Eh, bambolotto?»
sussurrai a David, che giocava
tranquillamente nel suo box al centro del salotto. Ma tutto
ciò che mi rispose fu
un «ta, ta, ta», mentre
sbatteva
ripetutamente la testa di un innocente Winnie the Pooh di peluche
contro una
macchinina di gomma.
Mi alzai
dal pavimento e mi sedetti sul divano lì vicino,
così da continuare a tenerlo d’occhio
ma capire cosa passasse per la testa di mia figlia. Forse aveva
combinato
qualcosa e aveva timore di dirmelo per non beccarsi un rimprovero. Ma,
conoscendola, tutto quello che potevo immaginare era al massimo un
brutto voto
a scuola.
«Joy?»
la chiamai quando vidi il suo bel faccino affacciarsi da dietro il
passamano
delle scale per l’ennesima volta. Balzò sul posto,
come se fosse stata colta a
fare qualche marachella e ora avesse paura del rimprovero. Okay, questo è decisamente strano.
«Amore, mi dici che succede?»
Sbuffò
per essere stata beccata, mollando il pomello del corrimano a cui era
poggiata e
avvicinandosi al divano. La guardai in attesa che dicesse qualcosa
finché non
decise di parlare. «Voglio andare a danza»
annunciò.
«Cosa?»
le chiesi di
getto, forse un po’ troppo
sbigottita
perché lei borbottò un «ecco, lo
sapevo» tra sé e sé. «No Joy,
sono solo
stupita» spiegai subito, tranquillizzandola per tono che
avevo usato
involontariamente «Cosa hai detto?»
«Che
voglio fare la
ballerina» affermò, questa volta decisamente
più convinta.
«E da
quando?»
«Da taaaaaaanto tempo» rispose
lei. La fissai, confusa.
«E
perché non me lo hai
detto?» Non aveva mai espresso il desiderio di frequentare
lezioni di nessun
genere, specialmente di danza. Certo, andava in giro per casa saltando
e
facendo qualche piroette qua e là, ma non l’avevo
mai presa seriamente. Forse
aveva trovato la sua passione, ma non capivo tutto quel timore di pochi
minuti
prima.
«Avevo
paura che mi dicessi
di no. Però poi ho chiesto a nonna Jules e mi ha detto
“tranquilla, dillo a
mamma” perché anche tu hai fatto i film quando
avevi la mia età quindi non mi
avresti detto di no. E ora te l’ho detto» concluse.
«Okay…»
risposi, parecchio
sconcertata da tutta quella spiegazione, tornando al punto principale
della
discussione «Ma ne sei sicura? Perché per
diventare ballerina ci vuole
tantissimo impegno…»
«Lo
so, lo so. Con la
scuola siamo andati a teatro e abbiamo visto i saggi di quelli
che suonavano, quelli che
facevano karate e quelli che
ballavano e ci hanno spiegato tutto tutto.
Lo so, ma io m’impegno, te lo giuro!» Sorrisi per
tutto quell’entusiasmo che
potevo benissimo capire. In lei rivedevo veramente
me da piccola e sapevo anche qual era la cosa giusta da fare,
nonché ciò
che avevano semplicemente fatto i miei genitori con me. Incoraggiarmi e
sostenermi, sempre.
«Hai
chiesto a papà?» Ma
a quella semplice domanda, il visino di Joy si scurì un
po’.
«E se
mi dice no?» fece,
preoccupata.
«Prova
a chiederglielo,
è nello studio» risposi, indicandogli la porta con
il capo. Come se Rob le direbbe mai detto no,
pensai. «Dai, vai…» Mi guardò
di nuovo indecisa, per poi scuotere la testa.
«Quando
esce» affermò.
Da dove nasceva tutta questa paura? Solitamente sarebbe andata in giro
saltando
dalla gioia e ripetendo “tanto Papi mi dice
sìììì”, come
fosse una cosa
scontata. Perché lo era, in effetti. Invece questa volta la
vedevo parecchio
restia.
«Su,
bussa ed entra,
tanto sta perdendo un po’ di tempo con la chitarra»
la incoraggiai, ma lei
scosse ancora la testa sussurrando “dopo, dopo” e
sedendosi accanto a me sul
divano. «Joy, che c’è? Perché
non vuoi chiederlo a papà?» domandai,
accarezzandole i lunghi capelli che, man mano cresceva, si scurivano
sempre
più. Lei fece spallucce, continuando a fissare suo fratello
– in quel momento impegnato
a torturare un piccolo Tigro – davanti a sé, il mento poggiato su una
mano e l’espressione
pensierosa. «Joy…»
«Ma
non è che… papà
vuole che io faccio pianoforte?»
«Perché
dici questo?»
«Perché
lui è contento
che suono» rispose, un po’ triste
«però io non voglio fare quello» Mi si
strinse il cuore, intenerita. Aveva paura di deludere suo padre. Era
vero, Rob
le aveva insegnato qualcosa al piano e alla chitarra, come io le avevo
insegnato a leggere e a scrivere già a cinque anni, ma solo
perché lo aveva
chiesto lei. Era brava perché era estremamente intelligente
e noi ovviamente ne
andavamo fieri, ma non l’avremmo mai costretta a fare nulla.
Volevamo trovasse
la sua strada come noi avevamo trovato la nostra.
«Scemina, papà vuole solo che
tu faccia ciò che vuoi e che ti renda
felice. Non pensare neanche ad una cosa del genere» cercai di
rassicurarla,
guardandola dritto negli occhi.
«Sicuro?»
«Certo»
«E il
pianoforte?» mi
domandò, titubante «Perché a me piace,
però…»
«Lo
suonerai a casa
quando vuoi, se vorrai» la tranquillizzai «Ora vai
e chiediglielo, su!» Joy mi
guardò, ancora un po’ indecisa «Vengo
anch’io, dai…»
«Okay»
disse rincuorata,
scendendo dal divano. La seguii fino alla porta dello studio, alla
quale bussò –
Joy che bussa in casa? Un miracolo! -,
poi aprì piano, infilando la testa dentro.
«Papi?» Mi appoggiai allo stipite per
osservare la scena. Joy quasi tremava dall’agitazione. Era
davvero ipersensibile, ma
soprattutto era
veramente attaccata a suo padre. Lanciai un’occhiata
intenerita a Rob, che mi
guardò confuso. Probabilmente aveva notato anche lui la
vocina tremante di Joy,
cosa che non le si addiceva proprio. Era sempre così sicura
di sé.
«Principessa,
che
succede?» le chiese, avvicinandosi e aprendo del tutto la
porta. Joy dondolava
sui suoi piedini, agitata, con lo sguardo basso. «Hey
piccola, che c’è?»
«Posso…
posso andare a
scuola di danza?» mormorò, quasi timorosa di
ricevere un rimprovero. Notai
com’era passata dal voglio andare al
posso andare.
«A
scuola di danza?»
chiese lui, confuso quanto me. Joy annuì, senza alzare lo
sguardo. «Vuoi fare
la ballerina?»
«Sì…»
«Mamma
che ha detto?»
«Ha
detto sì»
«Allora
lunedì ti
accompagno ad iscriverti, okay?» Joy alzò la testa
di scatto, fissando il padre
incredula.
«Davvero?»
«Certo»
rispose lui, tranquillamente.
Gli occhi di Joy si illuminarono e un sorriso enorme le
comparì sul viso.
«Grazie,
grazie, grazie!
Grazie Papi, grazie Mami!» esclamò, cominciando a
saltellare e scappando via
dallo studio mentre urlava «Faccio la ballerina!
Sììììììììì!»
La seguii con lo
sguardo e risi di cuore: quella era
mia figlia. Mi avvicinai a Rob, che mi guardò con sguardo
interrogativo.
«Aveva
paura le dicessi
di no» gli spiegai.
«Perché?»
domandò,
stupito.
«Aveva
paura di deluderti…
Sai, che volessi prendesse lezioni di pianoforte invece che di
danza…» Rob alzò
gli occhi al cielo, divertito per quella reazione.
«Che
sciocchezze!»
«Già»
«Come
se la obbligherei
mai a fare qualcosa…»
«Gliel’ho
detto anch’io»
«Non
potrei mai costringerla
a studiare pianoforte… o chitarra…»
«Infatti…»
«Tanto
sarà David il
musicista!»
Certo,
Rob. Convinto.
E
Joy vuole fare la
ballerina! Chi se lo sarebbe mai aspettato? Tutti.
Io ho il trauma di
quei saggi che ti portano a vedere con la scuola, però
grazie a uno di questi
ho fatto i miei anni d’oro di pianoforte, che rimpiango come
non mai. Perché i
miei non mi hanno costretta a
continuare? Uffa, ho avuto troppa libertà LOL
Okay, a parte i miei
non problemi
dell’infanzia… David per
cosa sarà più incline? La musica come vuole
papino Rob o altro? Vedremo, ma
tanto si sa che i figli non fanno mai ciò che sperano i
genitori xD
Bene, mon c’è nient’altro
da dire. Grazie a chi segue, a
chi recensisce (vi adoro!), a chi legge solamente. È una
delle mie più grandi
soddisfazioni farvi sorridere con così poco, sul serio.
Ieri ho pubblicato
il prologo della mia nuova fanfiction, Beautiful
Mess – è una EB (AU), se vi va
fateci una salto. Come, sempre se vi va, venite a trovarmi su facebook
nella
mia pagina “autrice”. Anche solo per sclerare,
minacciarmi di morte o
imbrattarmi la bacheca.
Un in bocca al lupo a Cloe, che
domani ha
un esame e… alla prossima shot.
Bye!
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