Much ado about nothing

di Il_Genio_del_Male
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This must be the place ***
Capitolo 2: *** Everything they do is magic ***
Capitolo 3: *** We are family ***
Capitolo 4: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** This must be the place ***


PAIRING: Merthur e molti altri.

RATING: La storia è ancora in fase di stesura, ma credo che oltre il giallo non mi spingerò.

GENERE: Comico, Romantico, Parodia.

AVVERTIMENTI: “Fiat slash, et slash fuit” (cit.) e OOC grande come una casa per tutti i personaggi.

DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono, né i diritti della serie (ahimè) che vanno tutti alla BBC; non guadagno niente dal mio fangirleggiare.

DEDICA: A coloro che hanno avuto fiducia in me, mi hanno supportata, sopportata e non si sono ancora stufati di star dietro ai miei deliri; in particolare Cloud che ha tanto insistito perché pubblicassi al più presto il primo capitolo.

NOTE: Alle vecchie e nuove lettrici, benvenute nel seguito di A midsummer night’s dream… in Camelot e As you like it!

Sarò breve, anche perché non ho molto da dire se non che l’ammmòòòre è nell’aria e che non esistono più le mezze stagioni. E che sono follemente innamorata di Benedict Cumberbatch –sapevatelo.

Buona lettura e che il Delirio sia con voi!

 

 

 

 

 

In una terra di miti e in un'era di magia, il destino di un grande regno si poggia sulle spalle di un ragazzo. Il suo nome: Merlin.

 

Ah no, scusate! Devo aver fatto un po’ di confusione con i copioni, l’altra sera. Sapete, Tonio Cartonio mi paga in natura (tsk, sempre a pensar male) per tutta la pubblicità occulta che gli ho fatto nelle long precedenti, sicché al momento mi ritrovo la camera da letto invasa da casse ricolme di bottiglie di Scivolizia, Tiramisuper e Blumele. Così, benché io sia astemia, ogni tanto mi capita di sorseggiare qualche pinta -solo perché odio gli sprechi, intendiamoci- e insomma, sapete com’è: la sete vien bevendo, una Pioggialatte  tira l’altra…

Ma certamente al gentile pubblico non interessa ascoltare il resoconto dei miei bagordi notturni. Fate pertanto finta che io non abbia proferito parola. Lasciatevi cullare dal suono della Voce Narrante (che poi sarei io) e allacciate le cinture, si parte. Destinazione: Camelot.

 

 

(Quindici anni dopo i fatti narrati in As You Like It.)

 

Il regno e la città di Camelot erano in fermento. L’indomani si sarebbe celebrato il quindicesimo compleanno dei principini reali, Castiel ed Elizabeth Pendragon-Emrys.

La campagna circostante, le strade ed i tetti delle abitazioni erano ricoperti da una spessa coltre di neve. Si era nel mese di dicembre ed il giorno seguente il popolo britannico avrebbe festeggiato Yule, conosciuto dagli esimi lettori con il nome di Natale. Capirete dunque perché i camelottiani non vedessero l’ora che la Vigilia trascorresse in fretta. I bambini, in particolare, aspettavano con trepidazione che giungesse mezzanotte. A quell’ora, infatti, il camaleonte Super Carletto si introduceva nelle case passando per i comignoli e depositava accanto al camino ricchi doni avvolti in carta colorata, uno per ciascun membro di ogni famiglia.

Nel corso della giornata, poi, venivano offerti divertimenti di ogni genere: tornei di tiro con l’arco e pugilato, giostre, duelli e incontri di lotta greco-romana con tanto di combattenti unti d’olio e abbigliati con corte tuniche che lasciavano ben poco all’immaginazione. E inoltre spettacoli pirotecnici, esibizioni circensi, spettacoli di magia, un discreto numero di bancarelle prese d’assalto dalla popolazione femminile di Camelot e diversi stand gastronomici, tra cui quello di Tonio Cartonio, che promettevano degustazioni gratis fino ad esaurimento scorte.

Alle cinque del pomeriggio -l’ora in cui i principi erano nati- veniva acceso un enorme falò al centro della radura nei pressi del castello (marcondirondirondello) che di sicuro i lettori ricorderanno, attorno cui la folla festante era invitata a raccogliersi. A quel punto, Materializzandosi o calando dal cielo in groppa ad Aithusa, la famiglia reale al completo faceva la sua maestosa entrata in scena. Uno schiocco di dita da parte di Re Merlin bastava ad Evocare un cumulo altissimo di regali destinati ai sudditi, che esplodevano in un boato di applausi e urla di apprezzamento, benedicendo a gran voce e nei loro cuori la magnanimità dei sovrani.

Nei loro primi sedici anni di governo Merlin ed Arthur avevano avuto modo di conquistarsi il rispetto e la benevolenza del popolo per la lealtà e la devozione mostrate nei confronti del regno. Avevano dato inizio ad un periodo di pace e prosperità, grazie ai patti di non belligeranza stipulati con i re delle contee confinanti e all’abolizione di imposte e balzelli inutilmente gravosi per le tasche dei cittadini più umili, nonché all’emanazione di un editto sulla libertà di pensiero e di culto che aveva aperto le porte di Camelot ad ambasciatori, diplomatici e visitatori di etnie e culture fino ad allora sconosciute in terra inglese.
Ai due sovrani, inoltre, andava l’ultimo ma non meno importante merito di aver messo al mondo i principi ereditari più nobili d’animo e promettenti che si potessero desiderare.

Il maschio, Castiel, aveva ereditato i capelli corvini, il fisico sottile ma forte e gli occhi blu di Merlin, le orecchie ed il naso dei Pendragon. Era bello come il cielo stellato durante la notte di San Lorenzo, come l’aurora boreale che si diceva fosse visibile in Paesi così freddi da essere ricoperti di neve e ghiaccio tutto l’anno.
Scriveva e parlava correntemente cinque lingue ed era un lettore onnivoro e insaziabile; era dotato altresì di poteri magici di cui si serviva unicamente per fare del bene. Per volere di Arthur era stato addestrato dai migliori cavalieri del regno, sicché era in grado di padroneggiare qualsiasi arma la situazione richiedesse, battersi in duello e gareggiare in un torneo -solitamente uscendone vincitore- e a cavalcare gli stalloni più bizzosi. Aveva imparato anche a cacciare ma, poiché come Merlin amava gli animali ed era vegetariano, aveva ben presto chiesto e ottenuto di essere esonerato dal partecipare ad un simile, sanguinoso passatempo.
Tuttavia, nonostante i suoi numerosi pregi e la sua indiscutibile avvenenza, il giovane principe era timidissimo ed introverso. Davanti ad una qualsiasi esponente del gentil sesso che non fosse sua sorella, l’amica d’infanzia Jessica, zia Morgana o nonna Hunith, egli diveniva rosso come un peperone e cominciava a balbettare e a traspirare copiosamente. Viceversa, con i suoi pochi amici fidati ed i compagni d’arme e di scorribande si trovava incredibilmente a suo agio, non disdegnando di azzuffarsi e rotolare nel fango con loro e, insomma, di prendere parte ai giochi turbolenti e rumorosi tipici dei maschi adolescenti. I genitori sapevano, per mezzo della profezia di Tom, che era destinato ad una vita sentimentale all’insegna della gaiezza (sarebbe stato strano il contrario, dopotutto) ma non volevano forzarlo a confidarsi con loro. Quando sarebbe stato pronto per affrontare l’argomento, l’avrebbero ascoltato e sommerso di raccomandazioni ansiogene e totalmente inutili.

Elizabeth era la maggiore tra i due (solo di dieci minuti, ma lei sosteneva, scherzando fino ad un certo punto, di aver conservato quel vantaggio rispetto al fratello) ed era molto legata a Castiel, sebbene fisicamente non avrebbero potuto essere più diversi. Se quella di lui era un tipo di bellezza notturna, lei veniva spesso paragonata ad un tramonto infuocato di rosa ed arancio. I suoi lunghi capelli rossi splendevano e crepitavano come fiamme vive, gli occhi verdissimi avevano lo stesso taglio obliquo e felino di quelli di Arthur e la bocca sensuale celava una chiostra di denti un po’ irregolari ma armoniosi. Alta e flessuosa, con un collo da cigno e mani affusolate ereditati da Merlin, aveva un unico cruccio di natura estetica: una simpatica spruzzata di lentiggini su naso e gote, che -parole sue- deturpavano il candore della sua pelle alabastrina altrimenti priva d’imperfezioni.
Era piuttosto vanitosa e amava i bei vestiti, i gioielli e le acconciature elaborate. Era sicura del suo fascino, eppure non se ne serviva per far innamorare di sé i giovanotti di nobili natali e non che le ronzavano intorno, ma unicamente per soddisfare il suo ego.
In comune con il fratello aveva la pronta intelligenza e una cultura notevole anche per quanto riguardava l’arte militare. Amava trascorrere i suoi pomeriggi liberi a cavallo, andando a cacciare in compagnia del padre, e manifestava una predisposizione per il comando ed un certo piglio autorevole che mancavano del tutto in Castiel. In fin dei conti, se Tom non si era sbagliato, Elizabeth era destinata ad un futuro di grande regina; Arthur e Merlin non avevano dubbi su quale dei loro figli avrebbe ereditato il trono di Camelot.

Ed il resto della famiglia reale?, vi starete chiedendo. Un attimo di pazienza, miei cari, e avrete una risposta ai vostri interrogativi.

Aithusa, da piccolo ammasso di ossa e squame si era trasformata in una bellissima dragonessa bianca di dimensioni ancora contenute, data la sua giovane età, benché in altezza superasse le due iarde e fosse già in grado di trasportare quattro persone adulte senza problemi. La sua adorazione per Nagini non era venuta meno con il passare del tempo. La femmina di cobra aveva raggiunto i due metri di lunghezza, il suo manto baluginava di riflessi porpora, oro e blu cobalto ed era rimasta di indole affettuosa e giocherellona. Entrambe le creature avevano imparato ad esprimersi nel linguaggio umano, telepaticamente e solo con chi garbava loro; di fronte agli estranei si limitavano a sbatacchiare le ali o a sibilare con diffidenza.

Gli orgogliosi genitori, dal canto loro, non avevano nulla di cui lamentarsi. Il tempo era stato clemente con loro, non avendo cuore di intaccarne la giovanile bellezza, sicché, a trentotto primavere inoltrate, i loro volti non mostravano che qualche sottile ruga d’espressione, le chiome erano ancora folte e lucide -senza neanche un capello bianco- ed il fisico muscoloso dell’uno e quello sottile dell’altro avevano mantenuto vigore e agilità.

Tutto procedeva per il meglio, in quel di Camelot, insomma.

Ma la quiete sarebbe durata ancora per poco.

 

 

Nel Fantabosco, il giorno seguente, fatti inspiegabili e misteriosi si verificarono.

Dal cielo ormai buio (era quasi l’ora del vespro e la luce del falò al centro della radura rischiarava  i dintorni) una cabina telefonica blu atterrò con un certo frastuono, coperto però dai rumori dal vocio della folla festante, tra gli alberi ed i pini innevati. Da essa uscì un uomo con un ciuffo scuro spiovente sugli occhi ed una giacca di tweed.

“Uh, freddino spizzichino” constatò, rabbrividendo visibilmente.

Dietro di lui spuntò una coppia di ragazzi. Il più alto dei due sfiorava il metro e novanta, aveva un’aria piuttosto innocua ed occhi miti di un verde rassicurante. L’altro era biondo e vagamente lentigginoso; le iridi, verdi anch’esse, scintillavano spavalde. Entrambi accolsero con sollievo l’aria fredda che li colpì in volto e si sfregarono le mani coperte da pesanti guanti di lana.

“Finalmente siamo arrivati! Un altro minuto dentro quella cabina e mi sarebbe venuto un attacco di claustrofobia” esclamò il biondino. “Non che non abbia apprezzato il suo aiuto, Dottore” aggiunse subito dopo, rivolgendosi al loro accompagnatore.

“Non preoccuparti, ragazzo” sorrise quegli. “Piuttosto, siete sicuri che questo sia il posto giusto?”

I due giovani si scambiarono un’occhiata di intesa. Il castello (marcondirondirondello), il grande falò, i fuochi d’artificio: tutto corrispondeva a quanto aveva raccontato loro Chuck.

“Nessun dubbio” rispose lo spilungone, sorprendentemente solenne per i suoi vent’anni. “E’ qui che i nostri destini si compiranno”.

 

 

 

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Colpo di scena: chi saranno mai i due stranieri venuti dal cielo? Quali altre strabilianti sorprese l’autrice ha in serbo per voi e per i nostri eroi?

Per scoprirlo, non vi resta che aspettare il prossimo aggiornamento.

Questa, se v’interessa, è la mia pagina autore su Facebook, per seguire in diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).

Un bacio a tutti!

*si eclissa*

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Capitolo 2
*** Everything they do is magic ***


NOTE: In ritardissimo, lo so, ma se sapeste quel che mi è capitato in queste ultime due settimane... Una botta di sfiga da manuale, sintetizzando. Ma io non mi arrendo -ci vuole ben altro per scoraggiarmi- sicché rieccomi qui con il secondo capitolo (che, tra l’altro, era pronto da tantissimo tempo). Non vi voglio rovinare la sorpresa, ma sappiate che si tratta di un POV insolito e piuttosto divertente da trattare. Non escludo l’idea di utilizzarlo ancora, in futuro. Chissà?

Detto questo, bando alle ciance e che la festa cominci (?).

Buona lettura e a risentirci a fine capitolo!

 

 

 

 

 

Il ventiquattro dicembre, nella Londra dei giorni nostri, un ragazzo pallido, bruno e very faigo entrò nel Paiolo Magico, che da bettola fumosa e mal frequentata si era trasformato nel locale più chic ed esclusivo del mondo magico.

C’erano voluti tanto olio di gomito, sacrifici, tagli delle spese superflue e diversi mesi di attesa prima che quelli dell’Ufficio Licenze rilasciassero i visti e le carte bollate necessari e finalmente, dopo due anni dal loro rilevamento dell’attività, il nuovo Paiolo aveva riaperto.

Alla festa di inaugurazione  si erano presentati gli ex compagni Serpeverde, vari colleghi Auror, il Vice Ministro della Magia e persino i famosi Cercatori Harry Potter e Draco Malfoy, i quali, benché giocassero in due squadre di Quidditch rivali, facevano coppia fissa dai tempi di Hogwarts (Salazar, erano trascorsi già dieci anni). Un successo su tutti i fronti, insomma.

L’uomo misterioso rivolse un cenno di saluto al giovane comproprietario del locale nonché suo socio in affari, al momento impegnato a servire un Bloody Mary alla famosa giornalista Rita Skeeter, e si accomodò a sua volta su uno degli alti sgabelli del bar.

“Una Burrobirra per lei, offerta da quell’impertinente del barman che si ostina a corteggiarla nonostante il suo cuore sia già impegnato” gli si rivolse il ragazzo, allungandogli una bottiglia di vetro ed un boccale.

Il nostro sconosciuto alzò lo sguardo, incrociando quello blu e beffardo dell’altro, per poi soffermarsi sul suo naso aquilino, le occhiaie violacee che spiccavano sulla carnagione eburnea e la bocca sottile e volitiva.

“Ciao, tessoro” sibilò Tom Riddle con dolcezza.

“Hai passato una buona giornata al Ministero?” si informò Mordred, sportosi verso il compagno, esigendo il bacio del ‘bentornato a casa’.

“Abbasstanza, grazie. E tu che combini, a parte provarci sspudoratamente con il primo avventore sstraordinariamente affasscinante che ti capita tra le mani?” gli strizzò l’occhio, bevendo un sorso di Burrobirra direttamente dalla bottiglia.

Un lampo di apprensione attraversò il volto dell’altro.

“Cerco di non rodermi il fegato dall’ansia” mormorò, mordendosi le labbra.

“Domani è il Giorno Gioigloriosso” assentì gravemente Tom. “Fosssi in te non mi agiterei. Non ssuccederà nulla di catasstrofico, in fondo”.

“E se l’eroe dell’Altro Mondo dovesse spezzargli il cuore? Castiel è il mio figlioccio, non posso fare a meno di preoccuparmi per lui”.

Il mago gli prese una mano tra le sue, guardandolo comprensivo. Lui era a sua volta il padrino di Elizabeth e comprendeva benissimo lo stato d’animo di Mordred.

“Ssenti, sse ti può tranquillizzare, arrivati a casa prendo la ssfera di crisstallo e vediamo come sse la passsano a Camelot, eh? Che te ne pare?”

“Oh, amore” gli occhi del druido si illuminarono. “Grazie. Sai sempre come rendermi felice”.

“Per cossì poco” si schermì, arrossendo come un peperone.

 

 

“Allora? Vedi nulla?”

“Non riessco a collegarmi, ci devono esssere problemi col ssegnale. Asspetta, provo a rissintonizzare i canali”.

Seduti vicini su un comodo divano di chintz, fissavano entrambi una palla di cristallo con una piccola antenna sulla sommità, posata sul tavolino di noce di fronte a loro. Tom armeggiò con il telecomando, puntandolo contro lo schermo della sfera, in quel momento grigio a puntini bianchi.

“Certo che, da quando siamo passati al Digitale Terrestre, il segnale va via un giorno sì e l’altro pure” brontolò Mordred, la tempia  destra appoggiata alla spalla del suo ragazzo.

“Dobbiamo ringraziare il nosstro Minisstro” osservò sarcastico Riddle. “Toh, finalmente è ressusscitato. Canale 666, giussto?” digitò i tasti.

“Non vale, perché a Natale da loro nevica sempre e a Londra non scende un fiocco manco a pagarlo oro?” si corrucciò l’altro, confrontando il paesaggio mostrato dalla sfera con quello che faceva capolino dalle finestre incorniciate dalle tende di velluto verde e argento.

“Sse vuoi sstanotte sscateno una tormenta, cossì domani mattina pressto ci Materializzamo a Hyde Park per giocare a palle di neve. Tanto a Camelot ci asspettano per il tardo pomeriggio” suggerì Tom, posando un bacio sui suoi lisci capelli scuri.

“Mi piace quando mi vizi” fece le fusa Mordred, accoccolandosi.

Sullo schermo, intanto, si susseguivano le immagini dei preparativi per la festa di Yule. Fascine e cataste di ciocchi di legno venivano trasportate nella radura, spalatori professionisti di neve si occupavano di sgomberare i vicoli e la strada maestra. Le donne tiravano fuori dalle cassapanche i mantelli di cachemire con il cappuccio foderato di eco pelliccia e gli uomini facevano la fila fuori dalla bottega del barbiere, spediti lì dalle mogli, madri, sorelle e figlie con l’ordine di darsi una sistemata in vista del gran giorno.

“Mosstraci la famiglia reale, per favore” chiese Tom alla sfera magica.

Un bel primo piano di Arthur e Merlin che incartavano personalmente i regali per i figli -umani e non- e gli amici, con le dita rese appiccicose dallo scotch, e al tempo stesso si lanciavano giocosamente le strisce avanzate della carta colorata. Poi fu il turno di Elizabeth, impegnata a riempire di grattini Nagini e Aithusa, rotolandosi con loro sul tappeto della sua stanza da letto mentre l’amica Jessica Watson-Holmes leggeva ad alta voce l’incipit della sua ultima fanfiction a quell’eterogeneo uditorio.
Venne inquadrato Castiel che, in compagnia del fidato Carl Pevensie-Telmarsson, assisteva alla preparazione di una complicata Pozione Ammazzaforuncoli ad opera del dottor Watson, che aveva sostituito Gaius -ormai troppo anziano e affaticato- nel ruolo di medico di corte. Ad aiutarlo, data la sua perizia di chimico, c’era Sherlock (genio sregolato e innamorato cotto del suo John come quindici anni prima), che peraltro aveva trovato impiego come Consulente Detective Reale, divenendo di fatto il primo investigatore privato di Britannia.
La principessa Morgana, bella e giovane come un tempo grazie alle sue arti magiche, venne mostrata mentre rifiutava, ridacchiando, le avances dell’affascinante vampiro Lestat, che in tutta Camelot godeva della nomea di incallito donnaiolo pur concedendosi qualche scappatella con esponenti particolarmente graziosi del suo stesso sesso.

“Adesso mostraci come stanno gli altri nostri amici” ordinò Mordred.

In rapida successione videro gli ormai ex sovrani Peter il Magnifico e Caspian X spaccare legna nel cortile sul retro della loro villetta in muratura, interrompendo il lavoro per bersagliarsi di palle di neve; Percival e Leon mentre si recavano a braccetto dal macellaio per comprare il tacchino da farcire, Lancelot e Gwaine che sorseggiavano una tazza di cioccolata calda davanti al camino. Edward e Jacob, a caccia nel Fantabosco, inseguivano fulminei e voraci un cervo che sarebbe stato la loro cena, mentre Albus subiva un amoroso assalto da parte di Gellert. Aragorn e Legolas si attardavano nell’officina per ultimare gli ultimi gioielli commissionati dagli acquirenti e Uther, impaziente di riabbracciare la sua famiglia, si metteva in viaggio con il marito Cenred alla volta di Camelot.

“Dicci, ssfera delle nosstre brame, è già arrivato Chi-Sai-Tu nel reame?” domandò la voce metallica di Tom.

Per tutta risposta l’oggetto trasmise l’immagine di un ragazzo biondo, con il volto contornato da simpatiche efelidi e luminosi occhi verdi. Il mago trasalì e Mordred alzò il capo, rivolgendogli un’occhiata penetrante.

“E’ lui?”

“Ssì” sospirò l’altro. “Proprio come l’avevo ssognato. La mia profezia ssta per avverarssi”.

 

 

 

 

Uff, eccoci qui. Capitolo breve ma saturo di informazioni e ansia prefestiva.

La narrazione della festa di compleanno dei principi e l’arrivo degli stranieri caduti dal cielo è rimandata ma non temete, arriverà presto (compatibilmente con i miei impegni e sperando che il mio computer riprenda a fare il suo dovere)!

Questa, se vi interessa, è la mia pagina autore su Facebook, per seguire in diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).

Un bacio affettuoso a voi lettori e grazie per i commenti <3.

 

 

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Capitolo 3
*** We are family ***


NOTE: In supermega e deplorevole ritardo, lo so. *si china per scansare i pomodori marci* Però alla fine sono tornata (con un capitoletto breve, interlocutorio e di passaggio che non mi soddisfa granché) ma più di questo non son riuscita a fare, tra le lezioni all’università, le altre storie da plottare e l’uso razionato del computer di mio papà. Che ci volete fare, talvolta tocca accontentarsi! Farò del mio meglio per aggiornare più celermente, in futuro.

Comunque, so che non vi interessa ma lo dico per amor di precisione: questo capitolo partecipa al contest di Pasqua indetto dalla sottoscritta su Facebook, Let’s ship again, con il prompt del Lunedì Colazione.

Buona lettura e a risentirci a fine capitolo!

 

 

 

 

 

Quando, la mattina seguente, il Principe Castiel venne svegliato da una affettuosa lappata da parte di Aithusa, egli non avvertì nulla di strano nell’aria. Rise, dando il buongiorno alla dragonessa che si divertiva un mondo a leccargli il viso con la sua lingua rasposa. Indossò un paio di semplici calzoni ed una casacca di lana, si diede una rinfrescata con l’acqua del catino e si diresse verso la sala dei banchetti per consumare la colazione insieme al resto della famiglia.

“Buongiorno” esclamò raggiante, correndo a dare un bacio ai genitori, già seduti a tavola. “E felice Yule!”

“Felice Yule a te, cucciolo mio” lo salutò Merlin con altrettanto entusiasmo. “E soprattutto, buon compleanno”.

“Tesoro, Castiel è troppo cresciuto perché tu continui a rifilargli simili vezzeggiativi” Arthur prese bonariamente in giro il marito. “Felice genetliaco anche da parte mia, figliolo” aggiunse poi, posando una mano sulla spalla del ragazzo.

“Non preoccuparti, babbo, non mi imbarazza minimamente. E’ piuttosto raro che nelle famiglie nobili o di sangue reale genitori e figli abbiano un qualsivoglia legame affettivo, quindi considero un privilegio che papà mi coccoli spudoratamente” replicò Castiel, gli occhi di zaffiro limpidi e sinceri.

“Sagge parole, figlio mio: non a caso sono stato io a partorirti” approvò Emrys. “E comunque, Arthur, è inutile che ti atteggi a padre stoico e distaccato. Come se l’intera Camelot non sapesse che con Elizabeth ti comporti anche peggio di me”.

Il Re di Camelot, punto sul vivo, ebbe la decenza di arrossire.

“A proposito di Lizzie, dov’è?” s’informò il fratello.

“Se è davvero figlia di Arthur, starà ancora dormendo nella grossa” ridacchiò il mago.

“Mi dispiace contraddirti, padre mio. Ero sveglia ben prima che tutti voi vi alzaste” rispose la voce argentina della principessa, comparsa in quel momento sulla soglia.

Indossava un abito molto accollato, sfarzosamente ricamato con perle e rubini, leggero e vaporoso come spuma. I suoi capelli fulvi erano lasciati sciolti sulle spalle, in morbidi riccioli.

“Allora perché hai deciso di onorarci della tua presenza soltanto adesso?” la punzecchiò Castiel, in parte prevedendo quale sarebbe stata la risposta della sorella.

“Che domande, Cas. Una signora deve sempre apparire al meglio, e per infilarsi in codesto vestituccio e dare ai capelli un look costruito ma naturale ci vogliono almeno dieci giri di clessidra”.

“Ma tu non ne hai bisogno, Lizzie. Sei sempre bellissima, anche senza belletto ed abiti principeschi e acconciature elaborate” osservò candidamente il Principe.

“E tu sei indubbiamente il più galante dei fratelli, nonché il più spupazzabile” rise lusingata Elizabeth, andandogli incontro per abbracciarlo. “Buon compleanno” gli sussurrò all’orecchio.

“Anche a te, sorellona”.

“Liz, tesoro! Non vieni a dare un bacio a tua madre?” Arthur, che stava imbronciandosi per il modo in cui veniva trascurato, reclamò l’attenzione della figlia.

Merlin per poco non si strozzò con il sorso di tè che aveva appena ingerito.

“Amore, tutto bene?” domandò premuroso il sovrano al consorte, assestandogli qualche pacca sulla schiena sotto gli sguardi allarmati dei ragazzi.

Il mago, una volta ripreso a respirare normalmente, scoppiò a ridere a gola spiegata.

“E così tu saresti la madre di Lizzie?” ululò, reggendosi la pancia con le mani. “Parola mia, se non sapessi cosa succede nella nostra camera da letto penserei che tu sia una donna mancata, mio caro”.

Castiel ed Elizabeth si finsero colti da un improvviso attacco di tosse e la carnagione chiara del volto di Arthur assunse un sfumatura tendente al violaceo.

“Idiota, ci sono dei minorenni” sibilò.

“Sei tu che te le cerchi, Asino. O dovrei chiamarti mamma chioccia, eh?” ribatté l’altro con tono ilare, sporgendosi al contempo verso il biondo per baciarlo e impedendogli così di replicare in alcun modo.

“Babbo Merlin è davvero un dritto. Vorrei aver ereditato anche solo metà della sua abilità nel manipolare papà come gli pare e piace” sussurrò ammirata Liz, nascondendo un risolino.

In quel mentre la figura flessuosa ed aggraziata di Morgana fece capolino.

“Maledetta sveglia, non ha suonato” disse a mo’ di scusa. “Sono ancora in tempo per la colazione?”

“Bella zia” la apostrofò amabilmente Castiel. “Stavamo giusto per iniziare a pasteggiare, siediti” e da perfetto gentiluomo quale era le spostò la sedia per farla accomodare.

“Delizioso come sempre, cocco” lo abbagliò lei con i suoi occhi smeraldini. “A proposito, auguri ad entrambi” si rivolse anche alla nipote. “Stanotte ho fatto un sogno esaltante” aggiunse poi con aria misteriosa.

“Gniegnte di peicolofo, fpeo” bofonchiò Arthur, masticando una fetta biscottata.

“Ovviamente no, fratello adorato” Morgana alzò gli occhi al cielo. “Solo buoni presagi e vibrazioni positive: nuovi amori, un certo numero di forestieri, un po’ di cagnara e soprattutto tanta gaiezza. Ho idea che questa sarà una festa di Yule indimenticabile”.

 

 

 

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Jesus Christ Superstar, sono stremata. Quattro e più ore davanti al computer, capitemi.

Vi avevo avvertiti: in pratica non succede una beneamata cippa, ma alcuni lati del carattere dei pischelli vengono fuori… E sì, Morgana trolla da morire. Lei SA, uh uh.

Questa, se vi interessa, è la mia pagina autore su Facebook, per seguire in diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).

Alla prossima e un bacio a tutti voi <3.

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Capitolo 4
*** Avviso ***


Ahimè, erroneamente pensavo che non mi sarebbe mai capitato di dover scrivere una cosa simile. Mi sbagliavo, forse sopravvalutandomi, forse non prevedendo che la più impensabile delle sfighe si sarebbe verificata: la perdita di ispirazione.

Non riesco a continuare questa storia, e va’ a capire perché! Sono arrabbiatissima con me stessa anche se suppongo di non avere colpe, se non quella di aver dedicato buona parte delle mie energie di autrice all’esplorazione di un altro fandom. Non posso farci niente. E’ un blocco spaventoso, e non c’è video/gif/foto/fan fiction/quellochevipare Merthur che mi sia (stato) d’aiuto per venirne fuori.

Lunedì prossimo saranno passati due mesi dal mio ultimo aggiornamento, e mi sembrava giusto spiegarvi il perché del mio silenzio. Non è pigrizia (magari!), non è dimenticanza, non è mancanza di idee: proprio non riesco più scrivere. Il vuoto.

Però, siccome la trama e gli intrecci sono tutti nella mia testa -ironia della sorte- non intendo cancellare questa storia né abbandonarla: la lascio in sospeso, sperando che la Musa torni a farmi visita.

Grazie per avermi seguita fin qui e per la vostra pazienza. Grazie davvero.

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