PAIRING:
Merthur
e molti altri.
RATING:
La
storia è
ancora in fase di stesura, ma credo che oltre il giallo non mi
spingerò.
GENERE:
Comico,
Romantico, Parodia.
AVVERTIMENTI:
“Fiat
slash, et slash fuit” (cit.) e OOC grande come una casa per
tutti i personaggi.
DISCLAIMER:
I
personaggi non mi appartengono, né i diritti della serie
(ahimè) che vanno
tutti alla BBC; non guadagno niente dal mio fangirleggiare.
DEDICA:
A
coloro che
hanno avuto fiducia in me, mi hanno supportata, sopportata e non si
sono ancora
stufati di star dietro ai miei deliri; in particolare Cloud che ha
tanto
insistito perché pubblicassi al più presto il
primo capitolo.
NOTE:
Alle
vecchie e
nuove lettrici, benvenute nel seguito di A midsummer night’s dream… in
Camelot
e As you like it!
Sarò
breve, anche perché non ho molto da dire se non che
l’ammmòòòre
è nell’aria e che non esistono più le
mezze stagioni. E che sono follemente
innamorata di Benedict Cumberbatch –sapevatelo.
Buona
lettura e che il Delirio sia con voi!
In
una terra di miti e in un'era di magia, il destino
di un grande regno si poggia sulle spalle di un ragazzo. Il suo nome:
Merlin.
Ah
no, scusate!
Devo aver fatto un po’ di confusione con i copioni,
l’altra sera. Sapete, Tonio
Cartonio mi paga in natura (tsk, sempre a pensar male) per tutta la
pubblicità
occulta che gli ho fatto nelle long precedenti, sicché al
momento mi ritrovo la
camera da letto invasa da casse ricolme di bottiglie di Scivolizia,
Tiramisuper
e Blumele. Così, benché io sia astemia, ogni
tanto mi capita di sorseggiare
qualche pinta -solo perché odio gli sprechi, intendiamoci- e
insomma, sapete
com’è: la sete vien bevendo, una Pioggialatte
tira l’altra…
Ma
certamente al
gentile pubblico non interessa ascoltare il resoconto dei miei bagordi
notturni. Fate pertanto finta che io non abbia proferito parola.
Lasciatevi
cullare dal suono della Voce Narrante (che poi sarei io) e allacciate
le
cinture, si parte. Destinazione: Camelot.
(Quindici
anni dopo i fatti narrati in As You Like It.)
Il
regno e la città
di Camelot erano in fermento. L’indomani si sarebbe celebrato
il quindicesimo
compleanno dei principini reali, Castiel ed Elizabeth Pendragon-Emrys.
La
campagna
circostante, le strade ed i tetti delle abitazioni erano ricoperti da
una
spessa coltre di neve. Si era nel mese di dicembre ed il giorno
seguente il
popolo britannico avrebbe festeggiato Yule, conosciuto dagli esimi
lettori con
il nome di Natale. Capirete dunque perché i camelottiani non
vedessero l’ora
che la Vigilia trascorresse in fretta. I bambini, in particolare,
aspettavano
con trepidazione che giungesse mezzanotte. A quell’ora,
infatti, il camaleonte
Super Carletto si introduceva nelle case passando per i comignoli e
depositava
accanto al camino ricchi doni avvolti in carta colorata, uno per
ciascun membro
di ogni famiglia.
Nel
corso della
giornata, poi, venivano offerti divertimenti di ogni genere: tornei di
tiro con
l’arco e pugilato, giostre, duelli e incontri di lotta
greco-romana con tanto
di combattenti unti d’olio e abbigliati con corte tuniche che
lasciavano ben
poco all’immaginazione. E inoltre spettacoli pirotecnici,
esibizioni circensi,
spettacoli di magia, un discreto numero di bancarelle prese
d’assalto dalla popolazione
femminile di Camelot e diversi stand gastronomici, tra cui quello di
Tonio
Cartonio, che promettevano degustazioni gratis fino ad esaurimento
scorte.
Alle
cinque del
pomeriggio -l’ora in cui i principi erano nati- veniva acceso
un enorme falò al
centro della radura nei pressi del castello (marcondirondirondello) che
di
sicuro i lettori ricorderanno, attorno cui la folla festante era
invitata a
raccogliersi. A quel punto, Materializzandosi o calando dal cielo in
groppa ad
Aithusa, la famiglia reale al completo faceva la sua maestosa entrata
in scena.
Uno schiocco di dita da parte di Re Merlin bastava ad Evocare un cumulo
altissimo di regali destinati ai sudditi, che esplodevano in un boato
di
applausi e urla di apprezzamento, benedicendo a gran voce e nei loro
cuori la
magnanimità dei sovrani.
Nei
loro primi
sedici anni di governo Merlin ed Arthur avevano avuto modo di
conquistarsi il
rispetto e la benevolenza del popolo per la lealtà e la
devozione mostrate nei
confronti del regno. Avevano dato inizio ad un periodo di pace e
prosperità,
grazie ai patti di non belligeranza stipulati con i re delle contee
confinanti
e all’abolizione di imposte e balzelli inutilmente gravosi
per le tasche dei
cittadini più umili, nonché
all’emanazione di un editto sulla libertà di
pensiero e di culto che aveva aperto le porte di Camelot ad
ambasciatori,
diplomatici e visitatori di etnie e culture fino ad allora sconosciute
in terra
inglese.
Ai due sovrani, inoltre, andava l’ultimo ma non meno
importante merito di aver
messo al mondo i principi ereditari più nobili
d’animo e promettenti che si
potessero desiderare.
Il
maschio,
Castiel, aveva ereditato i capelli corvini, il fisico sottile ma forte
e gli
occhi blu di Merlin, le orecchie ed il naso dei Pendragon. Era bello
come il cielo
stellato durante la notte di San Lorenzo, come l’aurora
boreale che si diceva
fosse visibile in Paesi così freddi da essere ricoperti di
neve e ghiaccio
tutto l’anno.
Scriveva e parlava correntemente cinque lingue ed era un lettore
onnivoro e insaziabile;
era dotato altresì di poteri magici di cui si serviva
unicamente per fare del
bene. Per volere di Arthur era stato addestrato dai migliori cavalieri
del
regno, sicché era in grado di padroneggiare qualsiasi arma
la situazione
richiedesse, battersi in duello e gareggiare in un torneo -solitamente
uscendone vincitore- e a cavalcare gli stalloni più bizzosi.
Aveva imparato
anche a cacciare ma, poiché come Merlin
amava
gli animali ed era vegetariano, aveva ben presto chiesto e ottenuto di
essere
esonerato dal partecipare ad un simile, sanguinoso passatempo.
Tuttavia, nonostante i suoi numerosi pregi e la sua indiscutibile
avvenenza, il
giovane principe era timidissimo ed introverso. Davanti ad una
qualsiasi
esponente del gentil sesso che non fosse sua sorella, l’amica
d’infanzia
Jessica, zia Morgana o nonna Hunith, egli diveniva rosso come un
peperone e
cominciava a balbettare e a traspirare copiosamente. Viceversa, con i
suoi
pochi amici fidati ed i compagni d’arme e di scorribande si
trovava
incredibilmente a suo agio, non disdegnando di azzuffarsi e rotolare
nel fango
con loro e, insomma, di prendere parte ai giochi turbolenti e rumorosi
tipici
dei maschi adolescenti. I genitori sapevano, per mezzo della profezia
di Tom,
che era destinato ad una vita sentimentale all’insegna della
gaiezza (sarebbe
stato strano il contrario, dopotutto) ma non volevano forzarlo a
confidarsi con
loro. Quando sarebbe stato pronto per affrontare l’argomento,
l’avrebbero
ascoltato e sommerso di raccomandazioni ansiogene e totalmente inutili.
Elizabeth
era la
maggiore tra i due (solo di dieci minuti, ma lei sosteneva, scherzando
fino ad
un certo punto, di aver conservato quel vantaggio rispetto al fratello)
ed era
molto legata a Castiel, sebbene fisicamente non avrebbero potuto essere
più
diversi. Se quella di lui era un tipo di bellezza notturna, lei veniva
spesso
paragonata ad un tramonto infuocato di rosa ed arancio. I suoi lunghi
capelli
rossi splendevano e crepitavano come fiamme vive, gli occhi verdissimi
avevano
lo stesso taglio obliquo e felino di quelli di Arthur e la bocca
sensuale
celava una chiostra di denti un po’ irregolari ma armoniosi.
Alta e flessuosa,
con un collo da cigno e mani affusolate ereditati da Merlin, aveva un
unico
cruccio di natura estetica: una simpatica spruzzata di lentiggini su
naso e
gote, che -parole sue- deturpavano il candore della sua pelle
alabastrina
altrimenti priva d’imperfezioni.
Era piuttosto vanitosa e amava i bei vestiti, i gioielli e le
acconciature
elaborate. Era sicura del suo fascino, eppure non se ne serviva per far
innamorare di sé i giovanotti di nobili natali e non che le
ronzavano intorno,
ma unicamente per soddisfare il suo ego.
In comune con il fratello aveva la pronta intelligenza e una cultura
notevole
anche per quanto riguardava l’arte militare. Amava
trascorrere i suoi pomeriggi
liberi a cavallo, andando a cacciare in compagnia del padre, e
manifestava una
predisposizione per il comando ed un certo piglio autorevole che
mancavano del
tutto in Castiel. In fin dei conti, se Tom non si era sbagliato,
Elizabeth era
destinata ad un futuro di grande regina; Arthur e Merlin non avevano
dubbi su
quale dei loro figli avrebbe ereditato il trono di Camelot.
Ed
il resto della
famiglia reale?, vi starete chiedendo. Un attimo di pazienza, miei
cari, e
avrete una risposta ai vostri interrogativi.
Aithusa,
da piccolo
ammasso di ossa e squame si era trasformata in una bellissima
dragonessa bianca
di dimensioni ancora contenute, data la sua giovane età,
benché in altezza
superasse le due iarde e fosse già in grado di trasportare
quattro persone
adulte senza problemi. La sua adorazione per Nagini non era venuta meno
con il
passare del tempo. La femmina di cobra aveva raggiunto i due metri di
lunghezza,
il suo manto baluginava di riflessi porpora, oro e blu cobalto ed era
rimasta
di indole affettuosa e giocherellona. Entrambe le creature avevano
imparato ad
esprimersi nel linguaggio umano, telepaticamente e solo con chi garbava
loro;
di fronte agli estranei si limitavano a sbatacchiare le ali o a
sibilare con
diffidenza.
Gli
orgogliosi
genitori, dal canto loro, non avevano nulla di cui lamentarsi. Il tempo
era
stato clemente con loro, non avendo cuore di intaccarne la giovanile
bellezza,
sicché, a trentotto primavere inoltrate, i loro volti non
mostravano che
qualche sottile ruga d’espressione, le chiome erano ancora
folte e lucide
-senza neanche un capello bianco- ed il fisico muscoloso
dell’uno e quello
sottile dell’altro avevano mantenuto vigore e
agilità.
Tutto
procedeva per
il meglio, in quel di Camelot, insomma.
Ma
la quiete
sarebbe durata ancora per poco.
Nel
Fantabosco, il
giorno seguente, fatti inspiegabili e misteriosi si verificarono.
Dal
cielo ormai
buio (era quasi l’ora del vespro e la luce del
falò al centro della radura
rischiarava i
dintorni) una cabina
telefonica blu atterrò con un certo frastuono, coperto
però dai rumori dal
vocio della folla festante, tra gli alberi ed i pini innevati. Da essa
uscì un
uomo con un ciuffo scuro spiovente sugli occhi ed una giacca di tweed.
“Uh,
freddino
spizzichino” constatò, rabbrividendo visibilmente.
Dietro
di lui spuntò
una coppia di ragazzi. Il più alto dei due sfiorava il metro
e novanta, aveva
un’aria piuttosto innocua ed occhi miti di un verde
rassicurante. L’altro era
biondo e vagamente lentigginoso; le iridi, verdi anch’esse,
scintillavano
spavalde. Entrambi accolsero con sollievo l’aria fredda che
li colpì in volto e
si sfregarono le mani coperte da pesanti guanti di lana.
“Finalmente
siamo
arrivati! Un altro minuto dentro quella cabina e mi sarebbe venuto un
attacco
di claustrofobia” esclamò il biondino.
“Non che non abbia apprezzato il suo
aiuto, Dottore” aggiunse subito dopo, rivolgendosi al loro
accompagnatore.
“Non
preoccuparti,
ragazzo” sorrise quegli. “Piuttosto, siete sicuri
che questo sia il posto
giusto?”
I
due giovani si
scambiarono un’occhiata di intesa. Il castello
(marcondirondirondello), il
grande falò, i fuochi d’artificio: tutto
corrispondeva a quanto aveva
raccontato loro Chuck.
“Nessun
dubbio”
rispose lo spilungone, sorprendentemente solenne per i suoi
vent’anni. “E’ qui
che i nostri destini si compiranno”.
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Colpo
di scena: chi
saranno mai i due stranieri venuti dal cielo? Quali altre strabilianti
sorprese
l’autrice ha in serbo per voi e per i nostri eroi?
Per
scoprirlo, non
vi resta che aspettare il prossimo aggiornamento.
Questa,
se
v’interessa, è la mia pagina autore su Facebook,
per seguire in diretta i miei
scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).
Un
bacio a tutti!
*si
eclissa*