Mum&Dady

di xMoonyx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mumy's POV ***
Capitolo 2: *** Dady's POV ***
Capitolo 3: *** Mumy's POV II ***
Capitolo 4: *** Dady's POV II ***
Capitolo 5: *** Uncle's POV ***



Capitolo 1
*** Mumy's POV ***


Mum&Dady

Dedico il capitolo a tutte le ragazze che mi sostengono in queste mie pazzie, a Marta e Valentina, agli Elements (loro sapranno a chi mi riferisco v.v), e in particolare a Edian, perché ancora non le ho dedicato niente e penso sia giunta l'ora di farlo e perché è stata la prima a sapere di questo esperimento v.v


Mum&Dady

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Mumy's POV

Merlin non poteva credere ai propri occhi: quella testina bianca emersa dall'uovo non poteva essere veramente un drago.

Kilgarrah aveva ragione... era davvero una chance su un milione.

E lui, un semplice ragazzo di campagna che per puro caso si era ritrovato a svolgere il ruolo del valletto personale del principe Arthur -adesso Re-, aveva avuto l'occasione di assistere ad un tale meraviglioso evento.

Il fato aveva scelto lui; e nessun altro.

Era stato considerato degno di essere la prima figura messa a fuoco dalla creatura: per una volta la Natura lo compensava con un dono così grande.

Si aprì in un sorriso, con la voglia di correre, urlare di gioia, cantare.

E ridere.

Perché era felice, e tanto bastava.

Il piccolo batté le palpebre carnose, emettendo un sibilo adorabile.

E Merlin avrebbe voluto semplicemente abbracciarlo.

Ascoltava a stento i discorsi del drago... ma sentì distintamente le parole "Albion" ed "Arthur" buttate lì come per puro caso. 

Kilgarrah non sarebbe cambiato mai; probabilmente era in pieno di uno dei tanti sproloqui sul mondo che, almeno in teoria, lui e il babbeo avrebbero dovuto creare assieme.

Ed eccolo lì, il suo piccolino.

Aithusa. Pensò con le lacrime agli occhi. Lui gli aveva assegnato quel nome, che nell'antica lingua significava Luce del Sole. Ti piace?

Quell'uovo che prima aveva tenuto tra le braccia adesso si era schiuso, solo per lui.

Il draghetto candido emerse dai resti dell'uovo, agitò la coda, dispiegò le piccoli ali e fissò Merlin coi tondi occhi neri come il fondo di un pozzo. Poi aprì la boccuccia mostrando una coppia di minuscoli canini ed emise un suono gutturale molto simile alla parola:

"Mamma."

Merlin, interdetto, batté le palpebre, sicuro di aver sentito male.

Il draghetto mosse la coda e aprì di nuovo la bocca.

«Mamma... mamma!»

«Mamma?» ripeté Merlin sconvolto mentre il piccolo saltava giù dal ceppo per raggiungerlo.

Il moro indietreggiò, cercando gli occhi lampeggianti di Kilgarrah, che sembrava non riuscire a trattenere le risate.

«Cosa significa questo?!»

«Ops. Credevo di averti già parlato dell'imprinting di un drago.»

«Impri-che?» biascicò Merlin, distraendosi, e di conseguenza inciampando su una radice. Cadde a terra e il drago neonato ne approfittò per saltargli sul petto e strofinare la testina contro il suo mento, continuando a pigolare un debole "Mamma".

Kilgarrah rise apertamente mentre Merlin tentava di allontanare la bestiolina dal viso, sempre più preoccupato.

«I draghi sono così: la prima creatura che scorgono aprendo gli occhi diverrà la loro fonte di cibo.»

«Intendi dire che vuole mangiarmi?» quasi urlò Merlin, scattando letteralmente in piedi in preda al panico.

Il niveo rettile caracollò giù dalle sue spalle, cadendo a terra su un fianco, e guaì deluso.

«No, giovane mago, no.» lo rassicurò Kilgarrah, con lo spettro di una risata tra i denti aguzzi, e Merlin lanciò un sospiro di sollievo.

«Intendo dire che si aspetta che sia tu a dargli da mangiare.»

Il sollievo del giovane mago scemò veloce come era arrivato.

«Cosa?!»

Kilgarrah abbassò piano la testa come per annuire e Merlin aprì la bocca, per poi allargare le braccia e guardarsi intorno scandalizzato.

«Ma non sono la sua mamma!» tentò, incredulo. «Non posso dargli da mangiare! Non... non so nemmeno cosa mangia un drago!»

«Aithusa resterà con me, Merlin.» concluse Kilgarrah, mentre il piccolo si strofinava giocondo contro le caviglie del mago.

«Tuttavia mi aspetto che tu venga a trovarlo almeno una volta a settimana.»

Merlin abbassò la testa con un sospiro, scorgendo il draghetto intento a mordicchiare la punta dei suoi stivali.

«Gli hai salvato la vita e, sebbene lui non possa capirlo, in un modo assolutamente naturale ti è riconoscente.»

Aithusa ad un certo punto starnutì e dalle narici ne emerse un soffio di fuoco; il mago si ritrovò intenerito dalla scena e venne riportato alla realtà dalla risata sommessa del vecchio amico.*

Doveva proprio aver assunto un sorriso ebete, a giudicare dall'ilarità palesata al drago.

«Aithusa farà parte del tuo destino, d'ora in poi. E di conseguenza apparterà a quello di Arthur, fin quando entrambi non fonderete Albion.»

Merlin lo fissò per un attimo interminabile, senza trovare qualcosa di abbastanza intelligente da dire.

Fu solo quando il mini-drago gli solleticò la gamba con la punta della coda, che si convinse ad abbassare di nuovo lo sguardo, ed anche la mano, per carezzare il collo candido della creaturina.

«Mamma.» commentò il piccolo allungando la testina per ricevere più coccole.

 E il moro risolse che, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio ad arrabbiarsi con quell'esserino così tenero.



 *Un chiaro riferimento alla puntata 4xo2 quando Merlin definisce Kilgarrah in questo modo. Amo quella scena <3


~To be continued~ 


Dady's POV



_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.


Sì, lo so, LO SO. Vorrete linciarmi perché continuo a pubblicare storie nuove invece di aggiornare quelle in corso ma sappiate che non le ho dimenticate!
Semplicemente quando si ha ispirazione bisogna scrivere, scrivere e scrivere! :3
E questa quarta stagione offre tantissimi spunti per delle storie!
Comunque, ritengo che porgervi delle delucidazioni sia d'obbligo xD

Note: Mi sono letteralmente ed incondizionatamente innamorata di quell'immagine che ho utilizzato. C'è anche una gif (che trovate qui: http://24.media.tumblr.com/tumblr_ltk7yhYVVv1r2q69vo2_400.gif) che è di una dolcezza e tenerezza unica, da sciogliersi! *_____*
E così non ho potuto fare a meno di scriverci su qualcosa. Questa storia è pensata per dividersi in due capitoli, questo dal punto di vista della mammina di Aithusa, e l'altro da quello del paparino v.v Quando nella puntata di sabato ho visto Merlin piangere di gioia mi si è allargato il cuore... è da spupazzare!! <3 E il drago slash che prospetta un futuro per mamma e papi, aaaaaaaawwww °w°

 Poi può essere che mi verrà voglia di continuarla, rendendola una long, ma vi assicuro anche che il quinto capitolo di changing sarà presto online! :D
Per quanto riguarda la brolin invece... non so proprio quando l'aggiornerò, perché siccome dovrei descrivere una scena natalizia ho pensato "Caspian, ma perché non pubblicarla a Natale??" del resto sarà composta solo di due capitoli e il primo potete sempre rileggerlo, così da non dimenticarla al momento di leggere il secondo!
Sappiate che non vi abbandonerò, anche perché non lascio quasi mai una storia incompleta, e questa volta di sicuro non accadrà! :)
Intanto vi delizio con queste storielle ^^
Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=



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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

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Capitolo 2
*** Dady's POV ***


Mum&Dady 2

Dedico il capitolo a Suicidal_Love, Edian, Illlunis, crownless, elfin emrys, Dark_lady88, Il_Genio_del_Male, valentinamiky, Lily Castiel Winchester e layla84 per le loro fantastiche recensioni :) 

Piccola nota: il trattino ~ è in rosso se indica le scene POV di Arthur, in blu se invece il POV è di Merlin! ^-^


Mum&Dady

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Mumy's POV

Rassettare la stanza del somaro non era mai stato un compito facile, ma l'abitudine -il doverlo fare, cioè, praticamente tutti i giorni- l'aveva reso quasi automatico alle dita del mago ormai pratico in quei familiari gesti.
Era sempre la solita storia: sistemare il letto, picchiettare i cuscini, lisciare le lenzuola, aprire le finestre per fare entrare aria, rassettare le tende, lucidare l'armatura, strigliare gli stivali, passare uno straccio sul pavimento e infine tergersi il sudore con la manica della giacca -e sospirare, a seconda dei casi- a lavoro ultimato.
Ogni tanto questi comuni lavoretti erano intervallati da battute, sogghigni o commenti da parte del regal babbeo, che possibilmente potevano avere due conseguenze: far tornare il buon umore a Merlin o fargli saltare i nervi.
Quel giorno, tuttavia, del biondo pupillo non c'era traccia e con un senso di abbandono e insieme sollievo -nemmeno lui sapeva cosa provare in situazioni come questa- il maghetto si impose di sbrigarsi, in modo da trascorrere il resto del tempo aiutando Gaius, scherzando coi cavalieri o in alternativa riposandosi per riacquistare le forze.
Qualcosa picchiettò alla finestra e Merlin inizialmente pensò, con incredulità e insieme sconforto, che avesse iniziato a piovere.
Diede uno strattone alle tende rosse e si voltò, pronto a imprecare alla volta del cielo.
Tuttavia ciò che vide lo fece impallidire come un morto.
«Aithusa!» sibilò sconvolto fiondandosi sulla finestra per aprirla. La spalancò e il draghetto, che batteva furiosamente le alette candide per non perdere quota, emise un guaito gioioso.
«Non dovresti essere qui!» lo redarguì il moro muovendo una mano per scacciarlo. Il draghetto fece una giravolta in aria e, scambiando le mosse di Merlin per un invito a giocare, aprì la boccuccia emettendo acuti fischi.
«No, no, no, devi andare via!» Merlin cercò qualcosa per cacciarlo, senza successo. «Vattene via, Aithusa! Se qualcuno ti dovesse vedere...»
In quello stesso momento, tanto per confermare il detto "parli del diavolo e spuntano le corna" il vetro di una finestra vibrò luccicando, illuminato dai raggi solari.
Una chioma riccia e scura ne emerse, insieme ad un lungo panno che scivolò lungo il muro esterno della torre.
Merlin sussultò, allungando immediatamente le mani per recuperare il rettile perplesso, cercando di nasconderlo sotto i vestiti.
Aithusa si dibatté, lanciando stridii irritati e Gwen, confusa, alzò la testa.
«Oh, Merlin!»
Il ragazzo si impose un ampio sorriso, mentre cercava in tutti i modi di far star fermo, zitto e nascosto il figlioletto adottivo, e si beccò perfino un paio di morsi. Gwen sollevò un sopracciglio quando lo vide iniziare a muoversi in maniera strana, come preda del solletico o di preoccupanti convulsioni.
«Ti senti bene?»
«BENISSIMO!» le gridò Merlin per sovrastare i lamenti del draghetto e il suo raspare contro le sue dita.
Con una risatina che sapeva di isterico richiuse la finestra e spostò le tende per coprirla. Infine lanciò un sospiro di sollievo e lasciò andare l'animaletto, che volò via sdegnoso, gustandosi la libertà appena riconquistata.
Merlin, esausto, scivolò lungo la parete fino a toccar terra.
«Accidenti, c'è mancato poco...»
Il draghetto bianco, atterrato sul letto del somaro, batté le palpebre, mostrando a tratti i suoi grandi occhioni neri, e declinò la testa di lato, con un pigolio di sorpresa.
«Mamy?»
Merlin sorrise raddolcito da quella visione e allungò una mano per prendere in braccio il piccolo. Ma quello fu più veloce e gli saltò in grembo, iniziando a strofinare il collo e... a fare le fusa?!
Sul corpicino magro iniziavano a formarsi scaglie luccicanti e le alluce si erano ingrandite: Merlin non sapeva nemmeno se fosse un maschio o una femmina -Kilgarrah si era limitato a scrollare il testone mostrando una chiostra di denti affilati, e a spiegare che fino al primo anno di età un drago era asessuato- ma di una cosa era certo: quel draghetto cresceva, ed in fretta anche!
Presto sarebbe diventato così grande che se avesse osato fargli di nuovo una visita avrebbe attirato l'attenzione della guardie, calamitandosi le loro pericolose frecce.
«Ora però vedi di sgattaiolare fuori, eh?»
Aithusa lo fissò, e Merlin si rispecchiò nelle sue grosse pupille.
«Mamy?»
La maniglia si abbassò e Merlin trasalì, agghiacciando.
Avrebbe dovuto cacciare il drago subito! E adesso?
Se il somaro l'avesse visto l'avrebbe sicuramente ucciso.
Col cuore in gola e il panico nelle vene Merlin afferrò la testina di Aithusa tra le mani a coppa e avvicinò il volto al suo.
«Promettimi che rimarrai nascosta, intesi?»
«Mamy?»
«Aithusa, la mamma è in pericolo! Fa' come ti ho detto!»
Senza aspettare un cenno del draghetto, Merlin lo spinse sotto il letto della testa di fagiolo, curandosi di coprire la visione con il copriletto.
La porta si aprì, mostrando il volto corrucciato del biondo Pendragon.
«Sire!» quasi urlò Merlin, per apparire assolutamente innocente. Si pentì subito di averlo fatto, quando Arthur aggrottò le sopracciglia in sua direzione, per poi alzare gli occhi e fissare con cipiglio le tende.
«Sei una talpa, per caso?»
Merlin notò le tende abbassate e ci mise qualche secondo in più per comprendere. Quando ciò accadde scattò in piedi e, un po' titubante all'idea di allontanarsi dal rifugio, le spalancò con un gesto secco.
I raggi del sole aggredirono il volto del principe.
«Così va meglio?» domandò Merlin.
«Mmm.»
Un pigolio debolissimo si levò da un punto imprecisato del lenzuolo, e Merlin si affrettò a posizionarsi di fronte al letto, con una disinvoltura tale ed un mezzo sorriso che lasciarono Arthur perplesso.

Dady's POV

Arthur odiava le riunioni coi membri del consiglio; finivano sempre con un nulla di fatto, rimandando le decisioni ad un ipotetico dopo, sebbene tutti conoscessero l'antifona fin troppo bene: alla fine era Agravaine, suo zio, ad avere voce in capitolo. Più che un Re, Arthur si sentiva un bambino ripetente in cerca di lezioni.
Ma se c'era una cosa che odiava più delle riunioni era trovare la sua stanza in disordine e, soprattutto, non riuscire a leggere nella mente di quel folle del suo servitore.
Incomprensibile era un eufenismo, se attribuito a Merlin.
Come in quel momento: a volte -ma diciamo anche sempre- si chiedeva cosa vagasse nel cervello dell'amico, quale forza sovrumana gli facesse compiere certe idiozie.
Perché davvero non ci poteva essere altra spiegazione.
Quando i raggi del sole gli ferirono gli occhi, costringendolo a socchiuderli, il pupillo Pendragon si riscosse, tornando al presente.
Con un sbuffo sonoro avanzò verso il letto, armeggiando con il fermaglio della cintura di pelle.
Quando tuttavia non percepì il tocco freddo del servo si insospettì. «Beh? Che aspetti lì impalato? Aiutami!»
Merlin sembrava essersi appena svegliato da un sogno.
«Oh? Perché, non sapete farlo da solo, sire?»
«Merlin?»
«Sì, lo so: Taci.»
Arthur sorrise: Merlin era irrimediabilmente irresponsabile e insolente [e iniziavano tutte con le I, pensa!] ma bisognava ammettere che imparava in fretta.
Con un sospiro di accettazione il servo si mosse, aiutandolo a liberarsi del pesante mantello rosso.
Arthur si schiarì la gola, con la prospettiva di una lunga chiacchierata -o meglio, litigata- a proposito degli avvenimenti di quella giornata, eppure l'unica cosa che avvertì fu un fastidioso silenzio.
E dal momento che in condizioni normali era impossibile tacitare Merlin, quelle dovevano necessariamente non essere condizioni normali.
«Non mi chiedi come è andata la riunione?»
Ancora una volta il suo servitore sembrò cadere dalle nuvole. «Riunione?»
«Ma sì, quella coi membri del consiglio, non faccio che parlarne da ieri! A volte mi chiedo se mio padre non avesse avuto ragione, quando ti aveva accusato di soffrire di qualche disturbo mentale.»
Si voltò appena a guardarlo e quando lo vide arricciare le labbra in quel suo solito modo sorrise compiaciuto.
Era così giusto quel sorriso. Gli lasciava sempre un senso di completezza... non sapeva spiegarsi bene perché, ma ogni volta che lo scorgeva la giornata sembrava più luminosa.
E... un momento.
Da quando faceva discorsi da ragazzina?
«Potrei mandarti alla gogna!» lo avvertì, tanto per dire qualcosa.
«Non lo fareste.» ribatté Merlin, sicuro. «I miei servigi vi servono ancora.»
«Ma che sfacciato!» scosse la testa -l'irriverenza del moro non aveva limiti- e sfilandosi la giacca si avvicinò al letto.
«Muoio di sonno...»
«No, il letto no!» quasi urlò Merlin, stonandogli le orecchie.
Arthur si bloccò, mentre il servo, ansimante, lo superava, mettendosi proprio davanti al regal giaciglio.
Il più grande si passò una mano sulla mascella.
Questa ne era la conferma: suo padre aveva davvero ragione.
«Ma sì, giusto, che pensieri che faccio! Non si dorme mica sui letti.»
Merlin deglutì. «Non è questo...»
«Hai forse qualche idea migliore? Che so, il tavolo? Dici che potresti prepararlo in... cinque minuti esatti?»
«Non vi piacerebbe.» rise Merlin, calciando le coperte.
Arthur lo fissò: ora maltrattava anche il suo letto? Era forse impazzito?
«Stareste scomodo.»
Arthur gli camminò intorno, cercando di capire se gli stesse nascondendo qualcosa e il ragazzo continuò a girarsi in modo da non dargli mai le spalle, sempre con quel sorriso sfrontato sul volto e le mani dietro la schiena.
«Vi serve altro, sire?»
«Spostati.»
«Sapete che porta male dormire in un letto non fatto.»
«Ho detto: Spostati.»
«Ma sire, davvero, non sarebbe il caso.»
«Il letto è, mi dispiace dirlo, a dir poco perfetto. Perciò ti sarei enormemente grato se allontanassi il tuo caro sederino dalle mie lenzuola.»
Merlin aprì la bocca per replicare ma la richiuse subito dopo.
Arthur, soddisfatto, annuì con decisione. «Bene, vedo che capisci. Non sei così stupido come pensavo!» bussò sulla sua fronte, e quello fece una smorfia, massaggiandosi la parte lesa. «Siete un somaro.»
«E tu un idiota. Su, levati di mezzo.» Lo spostò con la forza, facendo per spogliare il letto delle coperte e infilarsi dentro.
Un pigolio di protesta lo raggiunse, facendolo voltare confuso.
Merlin lo stava fissando, pallido come un cencio.
Arthur scosse la testa, con un lungo sospiro: e da quando Merlin aveva la voce da bambino?
«Mamy.»
«Cosa?»
Si voltò di nuovo, e Merlin raddrizzò immediatamente la schiena, fissandolo. «EH?» domandò con enfasi.
Arthur allungò il collo per vedere se nascondesse qualcosa dietro la schiena, ma rimase deluso.
Lanciandogli un'ultima occhiata sospettosa tornò a smuovere le lenzuola.
«Aiah!»
Arthur contò fino a dieci, puntando intensamente la spalliera del letto, prima di voltarsi a guardare il servo, con le braccia sui fianchi.
Merlin adesso -chissà come mai, poi- si trovava disteso a terra, e si stringeva un dito insanguinato.
Arthur fu colto subito da un giramento di stomaco.
«Merlin!» in un attimo lo raggiunse, preoccupato.
«Non è... niente.» cercò di rimediare quello, imbarazzato, ma Arthur non lo lasciò finire. Afferrò il dito rosso e se infilò in bocca.
Merlin lo scrutò sconvolto. «Si-sire?»
Arthur arrossì vistosamente e gli allontanò il dito, come se all'improvviso si fosse scottato. «Gwen ha detto che si fa così, dalle sue parti!» si schermì: che accidenti gli saltava in mente? Si schiarì di nuovo la gola e si rimise in piedi, dandogli le spalle.
Fissò la finestra luminosa e si passò le mani sulla faccia accaldata.
Dietro di lui Merlin aveva prorotto in un attacco di tosse.
«Mamy?»
«Ah?»
La tosse si intensificò. Arthur si voltò, confuso, e scorse il volto inorridito di Merlin.
«Ma cos...»
«Daaaaaaaady!»
«AAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHH!!!!!!»
Arthur cadde a terra, sovrastato dal peso di un...
«UN DRAGO!» scattò in piedi al colmo del terrore, raggiungendo con un salto Merlin ed afferrandogli la maglia con urgenza.
«Sta' dietro di me!»
«Ma...»
Idiota, che voleva sempre fare l'eroe!
Senza aspettare che si ribellasse Arthur se lo cacciò dietro la schiena, per poi estrarre la spada dalla cintura abbandonata sul tavolo e puntarla verso il... mostro.
Un.. un drago?!
Ma come accidenti c'era entrato un drago nella sua stanza?
E perché era ancora vivo?
I draghi si erano estinti due anni prima, quando lui stesso aveva ucciso l'ultimo esemplare!
«Non farlo, Arthur...» Merlin gli afferrò un braccio ma lui se lo scrollò via.
Il drago, con la pelle lattea e grandi occhi scuri, batté le ali e aprì la bocca, mostrando una chiostra di denti bianchissimi.
Poi, con un uggiolio contento saltò verso di loro.
Arthur sbiancò quando si rese conto che l'animale avrebbe attaccato il suo Merlin e si gettò coraggiosamente su di lui.
«STA' GIU'!»
«Uh?» Merlin lo guardò, senza capire, un attimo dopo Arthur gli era rovinato addosso, premendolo a terra col suo corpo.

~


Merlin gemette per aver sbattuto la testa e si rese conto di non potersi muovere.
Sentiva il fiato corto del principe sul collo e il suo odore lo invase, stordendolo.
Il profumo di Arthur...
Si schiarì la gola per attirarne l'attenzione e il somaro si sollevò appena, guardandolo negli occhi.
Merlin si preparò ad una delle sue battute sfrontate ma esse si bloccarono in fondo alla gola. Richiuse la bocca, sconfortato, perdendosi nell'oceano di quelle iridi dalle mille sfumature.
«Dady?»
Entrambi sussultarono, voltandosi a guardare lo stesso punto.
Aithusa li stava fissando, battendo le alluce.
Oh no! Pensò Merlin col cuore in gola

~

«Dady?»
Arthur batté le palpebre, scuotendo la testa, poi tornò ad osservare il drago, che adesso aveva allargato le narici fiutando l'aria. «Dady?»
Aveva parlato?!
Saltò su come morso da uno spillo, agitando la spada.
«Guardie, guardieeeeee!»
Il draghetto si spaventò, agitò la coda nervoso ed emise un fischio mentre Arthur, deciso, stringeva le dita sull'elsa della spada, sollevandola sopra la testa.
«NO!» Merlin si scagliò letteralmente sul draghetto, stringendolo tra le braccia magre e affondando il viso contro le scaglie lucenti di esso, aspettando il colpo.
Arthur ci mise qualche secondo ancora per comprendere.
Quando ciò accadde lasciò ricadere la mano che reggeva la spada lungo il fianco.
«Che cosa significa questo?! Perché lo difendi?»
Merlin sollevò uno sguardo languido verso di lui, con gli occhi blu pieni di lacrime. «Non avrei voluto che lo veniste a scoprire così!» si sincerò, con la voce incrinata e il volto arrossato, come se stesse per piangere.
Arthur sentì il suo cuore pesante come piombo quando scorse quelle gocce salate nelle palpebre del servo.
Tuttavia, l'assurdità della vicenda ebbe il sopravvento.
«Che diavolo...»
«Porterò il drago fuori di qui, ve lo prometto. Ma vi prego, vi prego Arthur, non fategli del male!»
Il tono di voce, le lacrime... era una visione così pietosa. Arthur non riusciva a raccapezzarsi.
Un drago era nelle sue stanze, e li aveva attaccati. E ora Merlin lo stringeva tra le braccia?
Sinceramente non ci avrebbe creduto se glielo avessero raccontato. Ma adesso che lo vedeva coi propri occhi -e il drago era perfino più spaventato di Merlin!- Arthur fu messo di fronte alla realtà.
Toccava a lui accettarla o meno.
«Non puoi metterti a fare l'animalista anche adesso! Quella cosa è pericolosa!»
«No, non...»
«Allontanati subito dal drago, Merlin! Non capisci che potrebbe farti del male?» stringendo ancora una volta l'elsa della spada, avanzò determinato; Merlin di riflesso indietreggiò, sempre tremante, avvicinando la creaturina terrorizzata al proprio petto.
«Oh no, è innocuo!»
«E' un drago!»
«Non potrebbe mai farmi del male, te lo posso assicurare. Del resto ho assistito alla sua nascita.»
Arthur distese le sopracciglia, incapace di crederci. «Eeeh?»
«Ho assistito alla schiusa del suo uovo.» borbottò ancora Merlin, distogliendo lo sguardo.
Il principe -ora Re- aspettò che il suo cuore rallentasse i battiti ma poiché ciò non stava accadendo, avanzò ancora di un passo.
Adesso tutti i tasselli del puzzle erano al loro posto e l'immagine venuta fuori risultava semplicemente incredibile.
«Credevo che l'uovo fosse rimasto seppellito dalle macerie...»
Le orecchie di Merlin presero fuoco e ciò fu una conferma dei suoi dubbi.
«Mi hai mentito... del resto ormai sei allenato, no? L'uovo ce l'avevi con te. L'hai sempre avuto con te.»
Merlin tornò finalmente a guardarlo, affranto. «Non potevo lasciarlo morire.» spiegò semplicemente, e una lacrima fece capolino dalle sue ciglia.
Qualcosa morse lo stomaco di Arthur, mozzandogli il respiro.
«No... no, no, no, smettila.»
Merlin si strofinò le dita sugli occhi, per cancellare le lacrime, ma ormai era troppo tardi. Tirò su col naso.
«Mi dispiace... mi dispiace un sacco. Non avrei potuto vivere sereno con la consapevolezza di aver lasciato perire una creatura innocente, quando avrei potuto far qualcosa per evitarlo! Non ce l'ho fatta, va bene? Potete anche mettermi alla gogna, o in prigione o quello che volete, ma per favore... vi prego... non fate del male ad Aithusa.»
«Aithusa?» Arthur spalancò gli occhi. «Gli hai anche dato un nome?»
Il draghetto, sentendosi nominare, zigò contento, strofinandosi contro il collo di Merlin.
«Mammina!»
«Ti ha chiamato... Mamma?»
Merlin assunse le stesse sfumature di un pomodoro maturo, sfuggendo al suo sguardo. «E' convinto così.»
Arthur guardò lo strano quadretto, confuso, poi lasciò andare la spada e sospirò. Il modo in cui Merlin accarezzava il drago, e come quello gli si strofinava contro facendolo ridere lo intenerì come una ventata di calore.
Arthur non si accorse di starlo fissando, fin quando Aithusa non alzò lo  sguardo su di lui, puntandogli addosso due occhioni scuri e luccicanti.
«Papàà!»
Fu un colpo.
«Che cosa?!»
Merlin si accorse del suo sguardo ed aprì la bocca per replicare, ma fu troppo tardi: il drago aveva raggiunto Arthur, buttandolo nuovamente a terra.
Il regal babbeo cercò in tutti i modi di fuggire da quelle coccole, ma il draghetto gli impediva di muoversi, continuando a leccargli la faccia e agitare ali e coda.
La risata cristallina di Merlin ebbe la conseguenza di fargli smettere di lottare.
Arthur smise di borbottare frasi sconnesse e imbarazzate come "levati di dosso" "via" "togliti" "lasciami stare" rivolte al drago e si limitò a regalare un'occhiata sconfitta a Merlin.
Quando lo vide ridere, ancora con le lacrime agli occhi, qualcosa si agitò nel suo petto.

~


Arthur e Aithusa. Insieme.
Merlin sorrise con le lacrime agli occhi e non poté impedirsi di ridere commosso, con una mano sulle labbra.
Non avrebbe mai creduto che potesse finire così.
Kilgarrah aveva ragione: il drago bianco aveva davvero portato fortuna!
E poi Arthur era così buffo, così tenero... tenero? Il principe?
Riformuliamo.
Era così buffo, con l'espressione imbarazzata di chi ti vorrebbe dire "tu non hai visto niente, intesi? Nessuno dovrà sapere che il nobile e impavido Arthur Pendragon si è fatto atterrare da un cucciolo di drago".
Continuò a guardarli: erano adorabili.
E in un modo assolutamente nuovo si sentì a casa. Finalmente.


*


«Ma come... come ti è saltato in mente? Adottare un drago!»
Merlin si era aspettato una scenata del genere. Così, con uno sbuffo, tornò ad accarezzare il dorso rugoso di Aithusa, incurante delle occhiate sdegnate scoccategli dalla regal testa di legno.
La nivea creaturina riposava tranquilla nello spazio di pavimento tra lui e Arthur, e il suo piccolo petto si sollevava con un ritmo regolare e placido: probabilmente immersa nel mondo dei sogni.
«E' solo un cucciolo.»
«Tu sai cosa diventerà da grande, vero?»
Merlin si volse in direzione del biondo, con cipiglio. «Un... drago adulto?»
«Oh!» ringhiò Arthur agitando le mani. «I draghi mangiano quelli come noi!»
«No! Non Aithusa...»
«Possiamo essere il loro pranzo, non i loro amici!»
«Arthur...» sospirò, catturando i suoi occhi blu.
Doveva ricordarsi di parlare con il Re, ogni tanto...
«Sire. Ne abbiamo già discusso: lo porterò via da Camelot e non tornerà mai più. Sul serio.»
«D'accordo.» Arthur sospirò.
Poi cadde il silenzio.
Merlin continuò ad accarezzare distrattamente il collo del draghetto addormentato, passando in rassegna la stanza con lo sguardo: sembrava il centro di un ciclone. Probabilmente avrebbe impiegato ore -se non giorni- per rimetterla completamente a posto.
Ma non gli importava.
Arthur aveva accettato Aithusa: aveva accettato l'esistenza di un drago, aveva perfino permesso che rimanesse dentro le sue stanze -sebbene solo a tempo determinato- e non aveva fatto storie sul fatto che adesso la creaturina fosse accucciata tra loro due.
Forse c'era una speranza per se stesso e il suo piccolo segreto.
Forse c'era una speranza per la sua magia... e forse Aithusa avrebbe contribuito.
Albion... pensò Merlin col cuore punto di gioia irrefrenabile.
Continuò a tracciare il dorso del draghetto con le dita, sovrappensiero, fin quando non incontrò una superficie più liscia e calda, che rabbrividì al contatto.
Ancora perso nei propri pensieri Merlin si voltò a guardare la propria mano e si accorse che stava accarezzando quella del somaro: la ritirò immediatamente, arrossendo.
Arthur, dal canto suo, fece lo stesso, fingendo poi un colpo di tosse.
Entrambi si voltarono a guardare tutto tranne che loro stessi e Aithusa aprì un occhietto furbo.
Se qualcuno l'avesse vista in quel momento avrebbe notato il ghigno vittorioso assunto dal suo musetto.





~To be continued~ 


Aithusa's POV


_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.


Mi dispiace di non aver potuto aggiornare prima, davvero! Ma ho avuto troppi impegni, un lutto, compiti e tante altre cose! I'm sorry ç__ç In ogni caso questo capitolo è molto più lungo dello scorso, perché presenta i punti di vista di entrambi e davvero non avrei saputo come accorciarlo. Spero di non avervi deluso, anche perché non mi convince tanto! Ma a voi l'ardua sentenza!!

 Note:  Arthur nomina il sederino di Merlin, perché nel telefilm lo fa praticamente ad ogni puntata! x°°D Chissà come mai è tanto interessato al lato B del maghetto?? [Noi conosciamo la risposta v.v] 

Avrete notato la scritta "To be Continued" -o per lo meno, me lo auguro x°D- questo perché sì, l'idea è di aggiungere un terzo capitolo conclusivo come POV del piccolo draghetto! Andiamo, c'è stato quello della Mamma, quello del Papà, ci sta anche quello del Figlio -o meglio, futura figliA v.v- no?? :D

 Perciò non perdetevi il prossimo capitolo, in cui ci sarà l'incontro di Aithusa coi cavalieri!!! ;)



Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=


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Capitolo 3
*** Mumy's POV II ***


Mum&Dady 3

Dedico il capitolo a alice cullen88, Sakura Georgina Nakamura, crownless, chibisaru81, valentinamiky, layla84 e Il_Genio_del_Male per le loro fantastiche recensioni :) 

Piccola nota: il trattino ~ è in rosso se indica le scene POV di Arthur, in blu se il POV è di Merlin e in bianco se è di Aithusa! ^-^ [Ma questo cap è solo un POV della mammina :)]


Mum&Dady
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Mumy's POV


Merlin non aveva mai amato cacciare: non capiva cosa ci trovassero gli uomini -ogni riferimento a somari regali è puramente casuale- di divertente nel togliere la vita ad un innocente animale.
Eppure ribellarsi e far valere le sue ragioni era da escludere e così, curvo sotto il peso di balestre, lance, spade e sacchi di varie dimensioni, il maghetto avanzava traballando.
«Oh, Merlin, sei affaticato?» gli domandò Arthur affabile, raggiungendolo. Il moro lo guardò dal basso e con la bocca aperta alla ricerca d'aria e si domandò se il principe fosse idiota o meno.
Ma secondo te? Avrebbe voluto rispondere, ma ingoiò ogni possibile replica scettica.
«Beh, sì.»
L'espressione di Arthur era troppo ingenua. Troppo.
«Allora così non dovrebbe cambiare la situazione.» concluse infatti il nobile asino, afferrando un grosso sacco pieno d'armi dalla sella del cavallo e gettandolo sulle spalle del servo.
Inutile dire che Merlin stramazzò al suolo con nelle orecchie un languido: «Oh, scusa, mi dispiace così tanto.»
Doveva capire che il principe non sarebbe mai stato gentile con lui.
O se lo fosse stato sicuramente scherzava o era sotto l'influsso di un incantesimo.

E questo andava avanti da quel giorno in cui aveva preso parte all'incontro con Aithusa. Non che prima avesse mai avuto dei riguardi nei confronti del moro, sia chiaro.
Semplicemente, in quest'ultimo periodo si era particolarmente incarognito.
Merlin era sicuro che volesse fargliela pagare per aver attentato alla sua salute psichica conducendo all'interno delle sue nobili stanze un lucertolone bianco dalle fauci ben poco raccomandabili. Ma tenne quelle considerazioni per sé e si affrettò a tallonare il baldanzoso principe che quando seguiva le piste delle orme lasciate dalle sue innocenti prede pareva saltellare dall'eccitazione.

Poi, almeno fosse stata una chicca esclusiva del principe, Merlin avrebbe potuto sopportare quella giornata.
Ma no, ci si mettevano anche i cavalieri!
Gwaine non faceva che specchiarsi ad ogni pozza d'acqua incontrata nei paraggi, affermando che avrebbe potuto far stecchire una lepre con un solo sguardo.
Percival rideva alle battute del primo e difendeva a spada tratta i diritti degli animali: che poi con la sua stazza non è che ci facesse una gran figura, a mostrarsi così sensibile di cuore.
Anche se Merlin dubitava di quella bontà esagerata: aveva visto il cavaliere all'opera e di certo non poteva definirsi un'animalista.
Sir Leon, in silenzio, si limitava a puntare la balestra in mezzo al fogliame ogni qualvolta un rumore sospetto attirasse la sua attenzione, fermandosi di colpo sul posto con i nervi all'erta; rischiando di conseguenza di far inciampare e cadere con effetto domino tutti gli altri, specialmente Gwaine che non stava mai attento a dove metteva i piedi.
Elyan era probabilmente il più saggio ed accorto di tutti, ma aveva la tendenza di lamentarsi per il caldo esagerato e per la lunga strada da fare, esortandoli ad accelerare il passo. Anche se Merlin fu sicuro di averlo visto sonnecchiare vicino ad un albero, qualche minuto prima.
«Ah-ah!» urlò Arthur indicando qualcosa. Ma urlò così all'improvviso che Leon sobbalzò e la freccia nella sua balestra partì, fischiando ad una distanza preoccupante dall'orecchio di tutti.
Gwaine perse l'equilibrio e cadde su Percival che rotolò su Elyan che si svegliò di colpo inciampando su Merlin, che infine ricadde a terra accompagnato dal frastuono delle armi che rotolavano dai sacchi in mezzo al fogliame.
Qualcosa frusciò tra le foglie, con un guaito spaventato e nel bosco calò un silenzio carico di tensione.
Merlin riaprì gli occhi per assicurarsi che Arthur non si fosse avvicinato con la cattiva intenzione di decapitarlo e quando si rese conto che il principe non aveva mosso un passo si rimise in piedi, recuperando le armi.
Gli altri fecero lo stesso, tra lamentele querule ed imprecazioni generali, e quando Arthur si voltò, correlato ad un paio di occhi che baluginavano come fiamme scoppiettanti, imprecarono di nuovo per essersi fatti sfuggire la cena, tranne Gwaine, che fissava con espressione affranta una ciocca di capelli inguantata di fango sgocciolante.
Arthur continuò a fissarli col respiro corto e la bocca serrata come se nella sua testa si stesse svolgendo una battaglia tra calmi propositi e indisciplinati istinti omicidi.
«Beh, potremo sempre raccogliere dei frutti e mangiare quelli, per adesso.» tentò di sdrammatizzare Merlin, con un sorrisetto.
«O magari mangiamo te!» replicò Arthur furioso.
Poi avanzò insultando tutto e tutti e sparì tra il fogliame.
Probabilmente Gwaine -dopo aver abilmente ripulito la ciocca incriminata- notò la frustrazione che aleggiava nel volto del maghetto perché gli strinse la spalla con un sorriso che doveva essere di consolazione. «Lascialo perdere, non sa stare allo scherzo!»
Merlin annuì distratto e i cavalieri lo superarono, per seguire le orme del re di Camelot, misteriosamente inghiottito dalle frasche.
Merlin sospirò, stringendo la bretella della sua sacca-sacco (che bel gioco di parole **) e si accinse ad imitarli.
Ad un tratto, tra le foglie brillanti di rugiada e i rovi spinosi, Merlin intravide il proprietario del trono di Camelot.
Si fermò per riprendere fiato e notò solo in quell'istante che i cavalieri avevano tutti messo mano su un'arma contundente, con gli occhi vigili puntati tra i cespugli.
Qualcosa si muoveva, in effetti, o non si sarebbe spiegato l'agitarsi improvviso delle foglie.
Arthur avanzava con passi felpati e la lancia in resta, quando ad un tratto qualcosa saltò fuori dal cespuglio.
Il principe trattenne il fiato e Merlin accorse da lui, allungando il collo per capire.
Una lepre senza vita giaceva a pochi centimetri dal somaro che si accucciò per assicurarsi di non averla solo immaginata.
«Il nostro pranzo!» constatò Gwaine in un soffio, scuotendo la testa: una magra consolazione ma pur sempre qualcosa.
Arthur tuttavia aveva ridotto le palpebre a due fessure ed un attimo dopo Merlin comprese perché: il fogliame continuava a muoversi.
«Ma che cavolo...?»
«Stai indietro!» lo avvisò Arthur rimettendosi in piedi, e afferrandogli il fazzoletto per trascinarlo dietro di se'. «Potrebbe essere pericoloso!»
Dove ho già visto questa scena? si interrogò Merlin distratto, mentre qualcosa, effettivamente, sbucava dalle foglie.
E appunto, la scena si ripeteva. Di nuovo.
«Mamy!» gracchiò un draghetto bianco, agitando la codina cosparsa di squame. «Dady!»
Arthur si irrigidì e Merlin corrugò le sopracciglia, ma qualcos'altro li distrasse dal rimirare la candida creaturina.
I cavalieri, sussultando in preda al panico, avevano iniziato a cincischiare con i foderi delle spade, lanciando urla e imprecazioni, tra le quali spiccarono frasi come "Moriremo tutti!" "Un drago, un drago!" "State giù, sire, potreste non vedere l'alba, domani!" "Per Camelot" "Fino alla morte!"
«No, no, fermi!» urlò Arthur risvegliato da quel frastuono, ponendosi a braccia aperte di fronte al draghetto, che sollevò le zampette anteriori allungando il collo e annusando l'aria turbato.
Merlin lanciò un sospiro di sollievo ma esso durò ben poco, e scemò del tutto quando il moro si rese conto che i cavalieri erano, se possibile, più sconvolti di lui.
Urgeva una spiegazione, o la situazione avrebbe preso una piega preoccupante. Come avrebbero reagito i cavalieri? Ormai non potevano semplicemente fingere di non aver visto niente, i cavalieri si sarebbero posti delle domande. Cosa ci faceva un drago in mezzo alla foresta? E perché Arthur si ostinava a difenderlo col proprio corpo, quando era risaputo che fosse stato lui stesso ad aver annientato l'ultimo esemplare di drago, due anni prima, e che suo padre e i suddetti lucertoloni non avevano precisamente stretto dei rapporti di amicizia in passato?
Lanciò un'occhiata ad Arthur e quando ebbe ottenuto i suoi occhi cercò di trasmettergli i suoi timori. Il principe si limitò ad indicare con un cenno del mento il piccolo drago, che si era accucciato contro il suo stivale, in cerca di protezione, e poi i cavalieri, allibiti.
Il maghetto capì e il suo stomaco fu stretto da una morsa piacevole: lui e Arthur complici di qualcosa? Non era una novità, ma si sentì particolarmente affezionato al Re per la sua premurosità.
Si accucciò raccogliendo il piccolo spaventato, che si rifugiò contro il suo petto con un guaito tremante, e cercò di rassicurarlo con parole e mormorii gentili.
Percival deglutì, Leon si arricciò un... ricciolo, Elyan si morse il labbro gonfio e Gwaine spostò il peso da una gamba all'altra, in attesa.
L'ansia divideva loro e l'amorevole famigliola.
Arthur si schiarì la gola e Merlin si alzò in piedi, col draghetto tra le braccia.
«Oh... ehm... ragazzi, vi presento Aithusa.»
I cavalieri lo fissarono inebetiti.
Poi Gwaine svenne.


*


«Questa lepre è deliziosa.» bofonchiò Gwaine con la bocca piena ed un rivolo di grasso che si avventurava nel mento.
«C'è qualcosa che non trovi deliziosa?» si aggregò Percival sarcastico, con un sopracciglio che aveva ormai raggiunto l'attaccatura dei capelli.
Il baldo giovane -più comunemente conosciuto come sir Gwaine- ridacchiò asciugandosi il muso con il dorso della mano e rivolse un cenno in direzione dell'amico. «Il broncio del re.»
E come un sol uomo, tutti si volsero a guardare Arthur, che alzò la testa di scatto, imbarazzato da tutta quella attenzione.
Merlin scoppiò a ridere, non riuscendo a resistere, ma il suo momento di ilarità durò ben poco perché qualcosa di umido raspò contro le sue dita.
Riconobbe Aithusa, che annusava con malcelato interesse la ciotola di legno che il maghetto reggeva in grembo, e sorrise raddolcito, allungandogli una coscia.
Il candido rettile spolverò la carne in pochi secondi, ingoiandola praticamente intera, poi riprese a guaire e scodinzolare, per avvertire che il suo stomaco non era ancora pieno.
«Aithusa ha fame.» sussurrò allora Merlin ad Arthur, mentre Gwaine si riempiva il piatto di brodo -preparato da Merlin stesso con qualche frutto raccolto in seguito e carne di quaglia-.
Il biondo Pendragon non ribatté, si limitò a sbuffare e a scoccargli uno sguardo di sfida.
«Perché non ti offri tu come pranzo, Merlin?»
«Non sarei molto nutriente: lo dite sempre, sire, che sono magro quanto un manico di scopa.»
«Credo invece che il drago apprezzerà: almeno ci libererà della tua presenza.»
Merlin scosse la testa, divertito, e Arthur accennò un sorrisetto strafottente.
«Forse, sire, potreste offrire ad Aithusa un po' della vostra pancetta.»
Il re si irrigidì di colpo e Merlin sorrise sotto i baffi -sebbene non ne avesse-, vittorioso.
Scacco matto!
«Stai dicendo che sono grasso?»
«Non potrei mai, sire!»
«Io non sono grasso, Merlin! Quante volte devo dirtelo?»
«Appunto! Per mantenere la linea potreste offrire un po' di...-Aiha!»
Merlin sollevò la ciotola sgocciolante del somaro e trattenne il fiato mentre il sugo gli scivolava sui capelli e sul volto.
Uno scoppio di risate gli annunciò che i cavalieri avevano colto quel movimento, e infatti quando si voltò a guardarli li scorse piegati in due dalle risate, Gwaine addirittura a terra, con le mani strette al ventre e i capelli disordinati.
Arthur ghignava esultante e Merlin provò forte l'istinto di vendicarsi. Così, quando il somaro si alzò per servirsi un'altra porzione di brodo Merlin -attento a non farsi vedere- formulò un incantesimo.
Come se fosse incappato in una corda invisibile l'asino inciampò ricadendo dritto dritto dentro... la pentola.
I cavalieri, a stento ripresosi dalle risate -occhi lucidi e respiro corto ancora persistenti- se possibile risero ancora più forte.
Arthur si risollevò digrignando i denti ed avanzò furioso, brandendo il mestolo.
«MMMERLIN!»
Il servo, intento a ghignare, sbiancò all'improvviso e si alzò in piedi.
I cavalieri ridevano, Aithusa sibilava gioiosa agitando la codina squamosa, e Arthur raggiunse il moro, afferrandogli il fazzoletto con fare minaccioso.
«Adesso basta!» tuonò il re, imperioso, e Merlin deglutì spaventato, occhieggiando il mestolo.
Poi un dolore indicibile gli si irradiò nel sedere, e come se fosse stato punto da uno spillo sobbalzò, ricadendo proprio... sulle labbra del somaro.
Arrossì furiosamente, avvertendo sulla lingua il sapore dolce del sugo della carne.
Arthur spalancò gli occhi, lo allontanò sconvolto e scagliò lontano il mestolo.
I cavalieri erano ormai affogati nella polvere del terreno, scossi da interminabili risate, e Aithusa saltellava soddisfatta.
Nessuno -a parte i cavalieri, o forse nemmeno loro, troppo intenti a ridere- si era accorto che Aithusa aveva morso il lato B del giovane mago, provocando tutto quel casino.
Adesso, il draghetto bianco si leccava gli artigli, soddisfatto del suo operato.

*


Merlin fissava le fiamme, e le fiamme ricambiavano scocciate il suo sguardo, scoppiettando come in una danza ancestrale.
Il fumo gli risaliva lungo le narici, riscaldandogli i polmoni e facendogli lacrimare gli occhi.
Uno sbadiglio lo colse impreparato, tanto che non ebbe nemmeno il tempo di sollevare una mano per tapparsi la bocca.
Schioccò un paio di volte la lingua, come se avesse ancora il sapore della carne in bocca, poi provò a stirare i muscoli della gamba: niente da fare, erano intirizziti.
Un sonoro russare lo raggiunse e quando fece correre lo sguardo per la natura ne scoprì anche l'origine: il largo petto di Gwaine si sollevava ritmicamente, con una lentezza esasperante a dire il vero. Il prode e impavido sir stava dormendo. E russava così tanto che ad un tratto una scarpa emerse chissà da dove andandogli a colpire il naso.
Gwaine grugnì qualcosa nel sonno, arricciando il naso e agitando le mani per scacciare la scarpa: poi diede la schiena alla visuale di Merlin e riprese a russare come se niente fosse.
Sir Leon -che si scoprì possessore della scarpa- sbuffò contrariato e si coprì le orecchie con una sacca di cuoio.
Elyan sembrava svenuto: non si muoveva minimamente, con il capo reclinato di lato e le braccia spalancate.
Percival -in tutta la sua lunghezza- era abbandonato con la schiena ad un tronco d'albero, con il volto chino sul petto e le braccia incrociate.
Lui pareva una sentinella.
Merlin represse a stento un ennesimo sbadiglio e si concesse di esaminare il somaro al suo fianco: Arthur sembrava impiegare tutte le sue forze nel tentativo di non cadere addormentato: con le palpebre pesanti, gli occhi gonfi di sonno e le labbra imbronciate smuoveva le ceneri del braciere con un legnetto.
Ma era un movimento automatico dettato dall'abitudine e vedendolo così stanco Merlin realizzò di essere perfino più esausto di lui.
Sbadigliò di nuovo e tentò di aprire gli occhi e fissare il braciere: il fumo gli invase i polmoni di nuovo, diffondendo un piacevole torpore che gli fece perdere la percezione della realtà.
I colori del fuoco divennero particolarmente luminosi, poi tutto si fece confuso e scuro.
Merlin percepì solo il profumo del somaro e la morbidezza della sua tunica: poi Morfeo l'avvolse nelle sue braccia.
O forse non era Morfeo?


~To be continued~ 


Aithusa's POV


_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.

Sì, sono spaventosamente in ritardo e LO SO. Come so anche che questo cap sarebbe dovuto essere un POV del draghetto. Ma vi dico solo questo: la storia si è allungata più del previsto perché ho deciso di aggiungervi una storiella inedita (un'idea che avevo da tempo ma che, riflettendo, ho capito che non avrei potuto inserire nell'altra mia fic, Changing). Così questa, da due semplici capitoli alla quale era stata predestinata, passerà ad averne ben cinque! :D State tranquilli, comunque, perché il quarto capitolo è già scritto e il cinque è un work in progress quasi terminato, quindi tra pochissimi giorni dovrei aggiornare! :3 [Non è nemmeno colpa mia se il finale della quarta stagione mi ha convinto e/o costretto ad aggiungere una scena in più x°D] Per quanto riguarda la questione POV, mi piace variare e spaziare molto, a seconda delle idee che ho in mente. Nel prossimo capitolo avrete le bellezza di quattro POV diversi, per la vostra gioia: Merlin, Arthur, Aithusa e un personaggio a sorpresa [uno dei cavalieri, vediamo se indovinate chi :P].  

Note:  Alla fine, come spero avrete notato, i nostri eroi si ritrovano seduti attorno ad un focolare. Ho immaginato che, dopo un bel pranzetto a base delle prede conquistate durante la caccia, sia calato il sonno un po' a tutti x°D Insomma, perché tornare subito a Camelot se possono rinfocillarsi di cibo e sonno in un colpo solo già lì nel bosco? u_ù 

Comunque, spero di poter aggiornare presto Changing [quell'accidenti di settimo capitolo è sempre a metà, non ho avuto molta ispirazione! x°D] E mi scuso con tutti se sono sparita da questo sito, ma ho i miei motivi [per quanto assolutamente degni di biasimo >_>]: 

-Mi sono concentrata sul mio libro fantasy originale [finito il 27 Dicembre, che emozione! *w* 970 pagine che si tramuteranno magicamente in una trilogia xD] 

-Dopo che ho finito il libro ho dato inizio all'ozio-time, ovvero al "niente storie per una settimana" che inevitabilmente si è protatto per più di sette giorni. Insomma, volevo diciamo dimenticare come si scrive per un po' di tempo, tanto per riprendermi dallo stress di un libro originale xD Poi mi sono sentita in colpa e ho deciso di riprendere a scrivere. 

-Questa non è una giustificazione ma un appello di scuse. E' da parecchio che non leggo o commento delle fic, ma vi prometto che mi rifarò presto v.v 

E adesso direi anche che mi sto dilungando troppo perciò auguri a tutte voi befanine mie [e auguri a me stessa, in primis, anche se mi chiedo dove sia finita la mia calza piena di cioccolati, quest'anno! ç__ç] e buone vacanze in generale! E siccome queste note dell'autrice stanno diventando più lunghe della storia stessa vi abbandono.

Perciò non perdetevi il prossimo capitolo, in cui sarà l'incontro con un personaggio molto particolare. E povero Arthur! ;)



Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=


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Capitolo 4
*** Dady's POV II ***


Mum&Dady 4

Dedico il capitolo a elfin emrys, Princess Mithian, alice cullen88, chibisaru81 per le loro fantastiche recensioni :) 

Mum&Dady

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Leon's POV


Gwaine si esibì in una manciata di respiri particolarmente rasposi, alché lo sfortunato Sir Leon meditò seriamente di tagliargli la gola durante il sonno e seppellire il corpo dove non sarebbe potuto essere visto.
Con i nervi a fior di pelle e i timpani che reclamavano pietà il prode guerriero senza macchia e senza paura si spostò alla ricerca di una posizione più comoda -che gli permettesse di ignorare la fonte di disturbo costituita dal bruno- e batté le palpebre perplesso quando ai suoi occhi gli si presentò in una visione piuttosto... assurda.
Merlin dormiva silenziosamente, col capo abbandonato sulla spalla del Re, il quale non sembrava minimamente turbato della cosa.
Inizialmente il cavaliere fu tentato di chiudere gli occhi e riprendere il sonno interrotto, sicuro che certe immagini fossero solo frutto della sua mente.
Quando riaprì gli occhi si rese conto che non poteva certo attribuire la visione alla stanchezza: Merlin rabbrividì nel sonno, affondando sempre di più nella tunica di Arthur che, come se fosse una cosa ovvia e naturale, lo avvolse con un braccio.
Sir Leon batté le palpebre, si pizzicò le guance, si tormentò l'interno della guancia alla ricerca della lucidità, e alla fine accolse piacevolmente la più saggia delle decisioni: rimettersi a dormire e smetterla di sognare ad occhi aperti.

Dady's POV



Arthur aveva sonno.
Ma questo gli era chiaro da un paio d'ore.
Eppure, adesso, non era solo il sonno a farlo rabbrividire: no, anche il freddo faceva la sua parte.
Con gli occhi chiusi e ormai praticamente avvolto dal mondo dei sogni l'asino cercò il calore.
E lo trovò. Fu semplicemente un sollievo.
Sospirò, in preda al conforto.
Era così rilassato...
Tutto andava meravigliosamente bene...

Aithusa's POV


Aithusa aprì un occhietto, poi un altro, e dal suo musetto spuntò una coppia di canini affilati e lucenti.
Agitò la codina, scuotendo la testina candida, e un solo sibilo si levò dalla sua gola.
Poi, ignorando le lamentele del tipo capelloso, sfuggì dalle sue braccia per andare a rifugiarsi tra i suoi genitori.
Quando si fu accucciata al calore di quei due corpi si permise, finalmente, di abbassare le palpebre. Il sonno colpì anche lei.
Nessuno ne era immune, nemmeno i draghi.

Mumy's POV


Merlin rabbrividì, quando qualcosa di umido e gelido gli solleticò una guancia.
Qualcos'altro nel naso.
Merlin fece una smorfia, con un fremito.
Quando quel qualcosa gli calò anche sulla palpebra destra Merlin aprì di scatto gli occhi, cercando di mettere a fuoco ciò che lo circondava: realizzò che delle goccioline di rugiada tamburellavano tutto attorno, di tanto in tanto, scivolando giù dalle morbide foglie verdi.
La seconda sensazione che lo investì fu uno strano, ma più che piacevole, calore: quando mosse le mani per capire se erano ancora attaccate alla sua colonna vertebrale le trovò occupate.
Corrucciò le sopracciglia, perplesso, e quando abbassò lo sguardo rimase inebetito a fissare ciò che vide -e che, chissà come, stringeva tra le braccia-.
«Arthur?» chiamò, confuso, e quello mugugnò qualcosa di gutturale, stringendosi ancora di più a lui.
Merlin arrossì, timoroso perfino di muovere le mani -una immersa nei biondi capelli dell'altro, chissà come e perché- l'altra poggiata sulla sua schiena, e tentò di schiarirsi la gola.
Niente da fare.
Provò a discostarsi dal corpo dell'altro ma quello grugnì, stringendo ancora di più la presa e affondando sempre di più il naso nell'incavo del suo collo.
Merlin sospirò, sconfitto.
«Ho capito, lasciamo stare.»
Qualcuno ridacchiò e Merlin sussultò, cercando la fonte.
I cavalieri erano -bontà divina!- tutti svegli, e lo scrutavano ghignando, ma fingendo al contempo di svolgere le solite mansioni, in quel caso preparare la colazione.
Merlin si districò in un lampo dal corpo di Arthur, in preda all'imbarazzo, e quando lo fece qualcosa sibilò.
Un sibilo che non apparteneva al somaro -Arthur si limitò a corrugare la fronte e stringere il vuoto, alla ricerca del suo cuscino umano.
Una testina bionda irritata fece capolino dalle sue braccia, ringhiando il suo disappunto.
«B-buongiorno ragazzi!» li salutò Merlin, forse con troppa enfasi.
Gwaine si coprì la bocca per nascondere la risata liberatoria che fremeva per uscirne, mentre gli altri distolsero lo sguardo divertiti, fischiettando.
«Non devi spiegarci niente.» lo accolse Elyan, con un sorrisetto che non prometteva niente di buono. «Sospettavamo già da tempo.»
«Non c'è niente da sospettare!» ribatté Merlin rosso come un pomodoro «Che avete capito?»
«Stai tranquillo, non ci scandalizziamo.» gli diede corda Percival, ficcandosi in bocca senza tante cerimonie una coscia di chissà quale delle tante quaglie arrostite.
Gwaine continuò a ridacchiare e quando Merlin tentò di sviare il discorso il bruno non resistette e si spanciò nuovamente dal ridere, aggrappandosi alle proprie ginocchia per riprendere fiato.
Merlin, imbronciato e al colmo dell'imbarazzo, si sentì a disagio quando si sedette tra di loro per fare colazione.
I loro sguardi maliziosi gli davano sui nervi.
Più che mangiare arrossì, e ciò che seguì non servì a calmare le acque.
Dopo appena pochi minuti, infatti, il principino -ora re- si era alzato: uno si sarebbe aspettato un tipetto aitante col volto roseo e riposato, e invece una coppia di macchie nere si mostrò sotto gli occhi del somaro, correlata ad un'espressione  alla stregua di quella dell'esorcista.
Gwaine finse di spaventarsi quando lo vide e allorché il somaro prese posto a sedere, senza una parola, buio, cupo e gonfio di sonno come prima, il prode cavaliere non resistette dal far nota la sua.
«Freddo, eh, Arthur?»
Quello grugnì un assenso, senza distogliere lo sguardo dal fuoco e Merlin arrossì conscio della domanda che sarebbe seguita.
«Già, certo, dopo tutto quel calore confortante il freddo è proprio fastidioso, nevvero?»
«Mh?» Arthur batté le palpebre senza capire, massaggiandosi un sopracciglio.
I cavalieri si scambiarono occhiate complici, ridacchiando, e Merlin affondò sempre di più dietro la sua ciotola, con le orecchie a fuoco.
«Massì, comodo, caldo e morbido il tuo cuscino, vero?»
Il biondo scrollò le spalle, continuando a non seguire quel discorso. Poi si servì da mangiare e affogò i dubbi nel cibo.
Merlin si morse il labbro, mentre Aithusa gli si strofinava contro il fianco, facendo le fusa.
Arthur, fortunatamente, si era dimostrato ancora una volta un asino. E meno male!
Il non capire le cose sembrava una sua prerogativa, ormai, e per una volta -probabilmente l'unica- Merlin fu grato al cielo per questo.

~


Aithusa seguì annoiata con lo sguardo gli spostamenti di quegli strani draghi alti e senza squame, con la pelle tenera e rosea come quella dei passeri appena nati che zio Kil le mostrava, quando volavano fianco a fianco sopra le creste degli alberi di Camelot.
Erano più che strani questi draghi: camminavano su due zampe, si coprivano di pellicce e non avevano una coda, e nemmeno le ali.
Come si può sopravvivere senza coda e ali?
Inoltre ringhiavano continuamente, ma non assumevano l'aspetto minaccioso dei draghi normali.
Era come un ringhio... amichevole, ecco.
Poi ognuno di loro aveva un comportamento diverso: c'era il drago bruno, che dormiva quasi sempre o si lamentava, poi c'era quello capelloso, che si divertiva a scuotere il piumaggio come un pavone vanitoso, quello alto e lucido, che tuttavia era sempre gentile e premuroso con lei, ed infine quello che sembrava avere un cespuglio di ortiche gialle sulla testa, e che non sembrava mai a suo agio.
Aithusa era riuscita a graziarseli al buio di prima: bastava guaire e muovere la coda e immediatamente quei draghi le offrivano da mangiare.
Semplice, no?
E poi c'erano loro, mamma e papà, i draghi più strani e incomprensibili che avesse mai incontrato.
Mamma guardava papà, papà non la notava.
Poi papà guardava mamma, ma mamma non se ne accorgeva.
E andava avanti così per diverso tempo.
Era frustrante.
Zio Kill le aveva spiegato che i suoi genitori erano destinati ad un grande futuro insieme, e che avrebbero fondato un potente regno, chiamato Albion.
Aithusa non aveva idea di cosa significasse regno, ma almeno a giudicare dalle parole dello zio, doveva essere come un grande nido in cui tutti i draghi sono amici e non si combattono a vicenda per la sopravvivenza.
 Era felice di poter vivere coi suoi genitori, anche se non le era possibile vederli tutti i giorni.
Per fortuna zio Kill si occupava di lei.
Aithusa voleva anche molto bene ai suoi genitori: certo, papà era molto diffidente, specialmente all'inizio, ma Aithusa sapeva come prenderlo, e in ogni caso papà tendeva a fare tutto ciò che mamma voleva - ovviamente senza accorgersene-.
Era bella quella vita... e sarebbe rimasta così.
Aithusa sospirò, socchiudendo gli occhi. Una dormitina prima di partire e dire addio ai suoi genitori era la prospettiva più allettante, al momento.
Era così bello avere una mamma e un papà che si amavano!


~


Merlin attese che i cavalieri si fossero allontanati abbastanza, in sella ai propri cavalli, per richiamare indietro il biondo somaro e subito dopo poggiare un dito sulle proprie labbra.
«Cosa?» sussurrò Arthur, senza capire, e Merlin allungò il collo osservando le schiene dei cavalieri allontanarsi oltre la sua spalla.
Quando il pericolo fu sventato artigliò il polso dell'asino e lo condusse tra gli alberi, con un laconico: «Seguimi.»
«Sono il tuo re, Merlin!» protestò però il babbeo reale. «Si può sapere che accidenti...»
«Dopo che avremo varcato l'ultima fila di alberi non potremo più vedere Aithusa per un lungo tempo.» illustrò il mago, senza rallentare il passo e nemmeno voltarsi. «Così, devo farvi vedere una cosa, prima che andiate. Un qualcosa che, dovrete promettermi, rimarrà un segreto.»
«Di che stai parlando?» lo redarguì a quel punto Arthur, divincolandosi dalla stretta. «E cosa ha a che fare con me?»
Merlin sospirò, interrompendo il suo incedere per voltarsi a guardarlo. «Riguarda entrambi... e anche Aithusa.»
Allorché l'asino sembrò sul punto di replicare, saggiamente il maghetto pensò di fargli segno di tacere. Poi avanzarono a passo felpato tra gli sterpi spinosi e i cespugli folti e larghi.
Arthur imprecò quando quei rametti arcuati e tentatori gli si infilarono nella cotta di maglia e Merlin lo zittì nuovamente, con un dito sulle labbra.
«Voglio mostrarvi, sire, colui che ha badato ad Aithusa quando io non ho potuto.»
Arthur sgranò gli occhi, improvvisamente attento e incurante dei graffi provocati dagli sterpi. «Colui? Vuoi dire che un'altra persona è a conoscenza dell'esistenza di un drago?»
Merlin avanzò ancora, silenziosamente. «Sì e no.»
«Com'è possibile? Hai appena detto che ha badato a...»
«Ciò che intendo.» lo interruppe Merlin, col cuore a mille.
Cavolo, lo stava facendo davvero?! «E' che c'è qualcun altro che, effettivamente, è a conoscenza dell'esistenza dei draghi, ma...»
«Ma?» lo incitò il re.
«Ma non è, ehm, ecco... esattamente una persona.»
Arthur corrugò la fronte, senza capire, e Merlin sospirò lasciandogli andare il polso.
«Dovete promettermi, Arthur, che nessuno verrà a sapere di quello che so fare.»
«Tu sai fare qualcosa?»
«Sto parlando seriamente!»
Il biondo fece una smorfia. «Sono io il Re: non prometto niente, se prima non mi spieghi che accidenti sta succedendo.»
«Per una buona volta, volete fidarvi di me?»
Arthur lo studiò intensamente, da capo a piedi, come soppesando le sue parole e la situazione.
Merlin deglutì, sentendosi sotto pressione, ma ricacciò indietro ogni possibile replica, aspettando pazientemente che l'altro comunicasse coi propri neuroni, fidandosi di lui.
Quando ciò accadde il somaro annuì, riluttante, e Merlin si ritrovò a sorridere da orecchio a orecchio.
«Non così entusiasta, però!» lo biasimò il re all'istante, cogliendo la luce esaltata dei suoi occhi. «Non sono ancora sicuro al cento per cento di potermi fidare. Quindi, chi è questo... essere?... che devi farmi vedere?»
Merlin sorrise, se possibile, ancora di più.
L'aveva già chiamato prima, il vecchio Kill, lontano da orecchie indiscrete. Adesso doveva soltanto mostrarlo all'asino.
«Kilgarrah?» chiamò.
Non accadde niente, e Arthur roteò gli occhi al cielo.
«Eih, Kilgarrah! Sono io, Merlin! Devo farti incontrare una persona!»
Dal momento che nemmeno dopo questo annuncio qualcuno apparve tra le frasche, Arthur ghignò senza allegria.
«Molto sveglio il tuo amico, eh?»
Parlò troppo presto, e se ne pentì subito dopo quando qualcosa si sollevò dal fondo del bosco e quella che fino ad un momento prima aveva scambiato per una collinetta si rivelò essere...
Un drago?!
Oh merda! fu la reazione dell'asino reale.



~To be continued~ 


Uncle's POV




_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.

Sì, va bene, linciatemi pure, sta volta ho esagerato... da quand'è che non aggiorno? Due mesi. Perdonooo, chiedo umilmente venia, non speditemi alla gogna da Uther, vi prego!! T___T 

Se volete dare la colpa a qualcosa datela a Supernatural, che mi ha catturata per più di un mese (per vedere ben sette stagioni) e adesso, per colpa di questo telefilm, non riesco a leggere o scrivere qualcosa che non lo riguardi D: Ma mantengo le promesse, e questa fic avrà una fine (il prossimo capitolo, l'ultimo, che è work in progress ma che, salvo imprevisti, vedrà la luce la prossima settimana su questo sito ;) Naturalmente non abbandonerò nemmeno Changing (l'unica long ancora in corso), che continuerò a pubblicare regolarmente. Non è neanche detto che abbandoni questo fandom, anche perché ho incontrato delle persone fantastiche e sono un po' restia a dar loro le spalle ** E poi, avevo ancora due bozze di due storie su Merlin (una scritta a metà, l'altra ancora totalmente nella mia mente) e una fic su Gwaine che aveva partecipato ad un concorso ma che, per un mio errore, non ha potuto gareggiare poichè non era una drabble. Dunque immagino che quest'ultima sarà presto nei vostri schermi, se vi andrà di leggere, è un tentativo di angst per questo personaggio che nel corso della quarta stagione, almeno a mio dire, è stato messo un po' da parte :) 

Note: Il capitolo è corto e non succede un granché, ne sono consapevole, ma è per preparare il tutto al prossimo che è, lo ricordo, l'ultimo. Naturalmente ho pensato di mischiare un'idea che avevo avuto inizialmente per l'altra mia long (Changing) ma che per motivi di cui non posso parlare, ho pensato potesse risultare fuori trama in quella. E così la vedrete nel prossimo capitolo, intessuta ovviamente dell'ironia che caratterizza il mio stile in questa fic xD Mi auguro di non ricevere pomodori, dunque *w* In ogni caso, ho deciso di seguire gli eventi di Aithusa fin quando compare nel telefilm (il prossimo cap sarà un mezzo spoiler per chi non ha visto l'ultima puntata... ma se siete arrivate fino a qui immagino che abbiate già provveduto a tale mancanza xD) analizzando i pensieri della dragonessa.... Questo è quanto, non so che altro dire, pardòn! ^O^ 

Oh, eccomi ancora qui :3 Volevo ringraziare quelle dolcissime persone che hanno messo la fic tra le seguite/preferite/ricordate, avete uno spazio nel mio cuoricino e mi fate venir voglia di continuare a scrivere. Grazie <3
Un ringraziamento particolare, ovviamente, va a chi ha recensito. Sono sempre contentissima di leggere i vostri pareri, quindi non temete nemmeno voi, lettori silenziosi, perché a noi autori fa piacere :D  

Ma mi sto dilungando come sempre (aih aih sono logorroica ç_ç) ergo vi lascio qui. 

Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=

Perciò non perdetevi il prossimo capitolo, in cui sarà uno strano dialogo con un personaggio molto particolare. E povero Arthur! ;)






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Capitolo 5
*** Uncle's POV ***


Mum&Dady 5

Dedico il capitolo a elfin emrys, chibisaru81, Your guardian Angel, Deb, Lycoris, valentinamiky e RossKL per le loro fantastiche recensioni :)


Mum&Dady
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Mumy's POV

Arthur era atterrito, pallido e scandalizzato.

«Salve, giovane Pendragon.» lo salutò amabilmente Kilgarrah, facendo un buffo inchino -che consistette nell'abbassare il grande testone-.

Arthur aprì la bocca ma gli uscì appena un gemito rauco.

«Kilgarrah, ti presento Arthur.»

«Lo conosco già.»

«Arthur, ti presento Kilgarrah.»

Il nobile somaro era una maschera di granito.

Quando lo guardò, nei suoi occhi baluginava un fuoco.

«Dannazione, Merlin!» imprecò, sfoderando la spada. «Ma quante altri draghi mi hai tenuto nascosti, eh?? Spiegami: li allevi, per caso? Ti diletti ad affilare le loro zanne e a cantar loro la ninna nanna? Mio dio santissimo!»

«No, in realtà sono ottimi come compagnia.» considerò il mago mentre il re sudava freddo.

«Questo drago è enorme!»

«Lo vedo, sire.»

«Potrebbe distruggere Camelot con una vampa di fuoco!»

«Sì, potrebbe in effetti.»

«Per la barba di Balinor, Merlin! Si può sapere dove hai perso la testa?!»

«Kill non farebbe male ad una mosca, sire.»

Arthur barcollò, la spada tremante nelle mani sudate.

Era stravolto, incredulo, molto vicino ad una crisi isterica.

«Kill? Ha anche un soprannome, adesso?»

Merlin annuì, accogliendo tra le braccia Aithusa, che li aveva -a quanto pareva- seguiti tutto il tempo.

«E' lui che ha badato ad Aithusa.»

«E parla, anche!» ricordò Arthur, ancora più sconvolto.

«Beh, che credevi?» si inserì il lucertole, offeso nell'orgoglio. «Sono un drago istruito, io.»

«Dei santissimi.» pigolò Arthur, debolissimo.

«Suvvia, sire, non avete ancora visto la parte migliore!»

Lo sguardo che gli rivolse Arthur fu molto eloquente.

«Ce n'è un altro?»

«Magari.» brontolò Kilgarrah e Arthur impallidì boccheggiando, come ogni volta che il drago apriva bocca, scoprì più tardi Merlin.

«No, temo di no.» gli fece presente il maghetto, con un tono conciliante che doveva calmare l'ansia del principe.

«Porca di quella lamia.» imprecò Arthur mentre Merlin lo trascinava a forza verso Kilgarrah.

«Sei sicuro che questo è il grande Re Arthur, colui che fonderà Albion e che diventerà il più grande sovrano di tutti i tempi?» domandò Kill rivolto direttamente a Merlin, che scrollò le spalle.

«Direi di sì.»

«Un giorno scriveranno libri su di te, e anche molte fan fiction. Ah, sì, e naturalmente anche dei film e dei telefilm.»

Arthur, completamente trasecolato, non rispose, né accennò a fare altro se non lasciarsi condurre senza opporre resistenza dal suo servo idiota.

«Volevo mostrarvi qualcosa che apprezzerete molto, sire.» Merlin gli sorrise, ma Arthur non distolse nemmeno un attimo lo sguardo smarrito dalla vasta mole del drago.

«Io l'ho già visto, questo, Merlin.»

«No, vi sbagliate, Arthur.»

«L'ho già visto, ti dico.»

«Fandonie. Io sono unico ed irripetibile.» si schermì Kilgarrah, altezzoso.

Arthur fece il broncio, ancora non convinto del tutto.

«Non assomiglia a quel drago che ho ucciso due anni fa?»

«No, sire, quello era molto più brutto.» stette al gioco Merlin, dando sonore pacche sul collo di Kilgarrah che soffiò tra i denti, nel tentativo di frenare una risata.

«Mmm.»

«E quello aveva tentato di distruggere Camelot. Kilgarrah, invece, non lo farebbe mai.»

Arthur, come folgorato da un ricordo all'improvviso, si voltò a guardare Merlin, additandolo.

«Tu!»

«Io?»

«Tu mi avevi detto che avevo ucciso il drago, ma non c'era nessun corpo!»

Balzò all'indietro, fissando il drago come se l'avesse visto per la prima volta.

«L'hai salvato! Dannazione, Merlin, l'hai...»

«Oh, ma è tocco questo qui?» fece Kill, querulo, interrompendo quel fiume di parole. «Altro che Re in eterno, questo è un idiota senza speranza. Allooora.» aggiunse, voltando il testone all'indirizzo del sovrano. «Quello della valle era il mio fratello gemello. Dio solo sa quanto possano essere diversi due gemelli. E per quanto riguarda il corpo... noi draghi quando moriamo ci dissolviamo nel nulla.»

Merlin corrugò la fronte, mordendosi a sangue l'interno della guancia per non ridere, mentre Arthur ascoltava rapito le parole del drago, quasi fossero oro colato, incantato dal suo sguardo antico e saggio, di chi ha visto cose che gli umani non possono neanche immaginare.

«Un gemello? Ma quanti siete?» lo travolse alché il somaro. In realtà, non voleva conoscere realmente la risposta, perché puntò gli occhi stupiti sul servitore. «Merlin, non sarà che anche tu sei un drago sotto mentite spoglie?»

Merlin sollevò un sopracciglio, domandandosi ingenuamente se, per errore, non avesse versato del vino nella colazione del somaro.

«Temete che possa sputare fuoco?»

«A questo punto non mi sorprendo più di niente.»

Merlin rise, scuotendo la testa, e Aithusa gorgheggiò tra le sue braccia, allungando il collo candido, attirandosi dei deliziosi gratini sulla nuca.

«I draghi sono delle creature antiche e potenti, ma non hanno ancora appreso la conoscenza della metamorfosi. Come se ce ne fosse bisogno, perché mai dovremmo voler trasformarci in piccole pulci senza ali?» Kilgarrah si erse in tutta la sua altezza, come a voler mostrare l'ampio ventre, dove scaglie luccicanti facevano bella mostra di sé, quasi a prendersi gioco della confusione del re.

«Smettila di vantarti, Kill.» lo ammonì Merlin, divertito, e il drago sbuffò una fiammata dalle narici.

Arthur lanciò un urletto acuto quando le lingue di fuoco gli sfiorarono la guancia, incenerendo le punte dei suoi capelli.

Merlin fu colto dall'istinto di correre a sorreggerlo, temendo che le ginocchia dell'asino avrebbero potuto cedere da un momento all'altro, ma poi Aithusa attirò nuovamente la sua attenzione, mordicchiandogli i polpastrelli per imporgli di continuare con le coccole e il moro non se lo fece ripetere due volte.

«Mi hai condotto qui per farmi sbranare, Merlin?» domandò Arthur cercando di riguadagnare un po' di contegno, ma la voce tremula lo tradì e Pendragon junior si maledì mentalmente in tutte le lingue che conosceva.

«Saresti un boccone succulento.» confermò Kilgarrah, ispirato, e Aithusa sbatté le alucce con un ringhio ferino, volando al fianco del ragazzo.

«Dady no!» soffiò levandosi sulle zampette anteriori, quasi a volerlo difendere.

Era una scena piuttosto patetica, considerò Merlin osservano il piccolo corpicino bianco che a stento arrivava alle ginocchia di Arthur.

«Allora fate sul serio!» il somaro sembrava aver perso i toni virili della sua voce e Merlin si trattenne a stento dal ridere, promettendo a se stesso che si sarebbe servito del fatto per comprarsi il favore del babbeo.

«In realtà, Arthur, volevo solo... farvi vedere una cosa.»

«Non era questa, la cosa?» replicò Arthur, indicando il grosso lucertole che nel frattempo si stava esaminando le unghie.

«Parlate piano, sire, potrebbe offendersi.» Merlin agguantò il polso del somaro, conducendolo verso un fianco di Kilgarrah, e si morse le labbra per non ridere al biancore che aveva tinto il volto del re.

«I draghi odiano essere definiti delle cose... potrebbero ridurci in cenere da un momento all'altro.»

Adesso Arthur era diventato grigio.

«Ma naturalmente loro non lo farebbero.» si affrettò a rassicurarlo Merlin, indicando con un ampio gesto zio e figlia, che nel frattempo stavano comunicandosi qualcosa nella loro lingua.

«Certo che no!» si aggregò Arthur, mettendo mano all'elsa della spada. «Ci provassero, e dovranno vedersela con me!»

«Che paura.» ironizzò Kilgarrah, all'orecchio di Arthur che sobbalzò, preso alla sprovvista, con un urlo stupito.

Il somaro mise mano alla spada, ma prima che potesse voltarsi e affondarla nella carne squamosa del drago, egli gli aveva avvolto la coda attorno ad una caviglia, sollevandolo a testa in giù all'altezza del suo muso, per scrutarlo con più attenzione -o forse per incutergli timore-.

La spada di Arthur disegnò una circonferenza in aria, prima di infilzarsi nel terreno.

Il povero testa di fagiolo, con il sangue fluito alla testa e il mantello a ventaglio che ondeggiava al vento, si dibatteva furiosamente.

«Merlin, accidenti, fa' qualcosa!»

«Ma se dite sempre che non so fare nulla.» gli ricordò ingenuamente il servo, godendosi il momento: per una volta era lui a reggere le redini!

«Ti manderò alla gogna dopo, ricordalo!»

«Sempre se sarete ancora vivo, dopo

Arthur fermò per un attimo il suo dibattersi per lanciargli un'occhiataccia, ma un cupo terrore sembrava diffondersi nelle sue pupille.

Merlin tramontò gli occhi. «Va bene, va bene.» si schiarì la gola. «Lascialo andare, Kil.»

«Mi stavo divertendo» obiettò il drago, ma poi lo riportò a terra.

Arthur si rimise in piedi in un lampo, tentando di scostarsi di dosso il mantello, che nella manovra l'aveva avvolto impedendogli i movimenti. E se il suo volto non fosse stato acceso dall'ira Merlin si sarebbe volentieri spanciato dal ridere.

«Adesso volete ascoltarmi, sire?»

«Ascoltarti? Ascoltarti?! Vorrei che tu ascoltassi la lama della mia spada, al momento.» con uno strattone Arthur fece emergere un braccio dal mantello, ma quando provò a prendere la spada inciampò in un lembo di esso e finì direttamente a terra.

Merlin non si scompose ma Kilgarrah iniziò a singhiozzare senza controllo.

«Un drago si sta prendendo gioco di me, è il colmo!» sbraitò Arthur, estraendo la spada e riponendola nel fodero con sdegno, come se fosse un affronto.

All'improvviso sembrava aver dimenticato la paura che l'aveva divorato in precedenza.

«Sono sicuro che mi perdonerete...» continuò Merlin avanzando verso di lui e aiutandolo a stabilizzarsi in piedi, ma l'altro cacciò le sue mani e fece da solo. «... dopo che avrete assaporato ciò che ho in mente di mostrarvi.»

Poi, senza dare tempo al babbeo di concepire una replica plausibile, diede una pacca sul fianco di Kilgarrah e, aiutato dalle squame sporgenti, si issò su, per poi aggrapparsi ad una scaglia appuntita sulla schiena, circondandola con le dita per rimanere in equilibrio.

A lavoro ultimato abbassò lo sguardo su Arthur, rimasto immobile dove l'aveva lasciato, più che pallido adesso proprio verdastro.

«Su, cosa aspettate?»

«Stai scherzando, vero?» lo aggredì lui, per poi scuotere con decisione la testa. «Non vorrai sul serio che io vada lì sopra?» e fece una smorfia al solo pensiero.

«In realtà è proprio così, e non ve ne pentirete. Arthur, fidatevi di me.»

«Non se ne parla, io lì sopra non ci salgo! Non è mica un cavallo, razza di idiota, è un drago!»

«E voi siete o non siete un cavaliere?»

«Io non cavalco draghi!»

Arthur sembrava vagamente isterico ma Merlin non demorse.

«C'è sempre una prima volta, no?»

Il verso che produsse Arthur fu un mix tra sconvolgimento, sorpresa e obiezione.

Ma prima che potesse estrarre nuovamente la spada, fuggire o rispondere qualcosa, Kilgarrah l'aveva di nuovo avvolto con la cosa, questa volta al petto e sollevato da terra.

«Uoooo-ooh, e adesso basta!» Arthur si aggrappò alle scaglie sulla coda, con i piedi che penzolavano nel vuoto e si agitavano alla ricerca di un sostegno.

«E' diventato un vizio?» Merlin interrogò il drago, il cui dorso vibrò sotto le sue gambe, scosso da una risata sorda.

«Non avrebbe mai avuto l'orgoglio di farlo da solo.»

«O il coraggio.» lo corresse Merlin ignorando bellamente che il soggetto di cui stavano amabilmente discutendo era a una spanna da lui.

Arthur -prima troppo attento a cercare di non cadere o bestemmiare alla volta del grande testone del drago- all'improvviso risvegliò la propria attenzione e lanciò a Merlin uno sguardo di fuoco.

«Mi stai dando del codardo?»

«Non potrei mai, maestà.»

«Io non sono un codardo, e avrei benissimo potuto salire su questo bestione da solo, senza l'aiuto di nessuno!»

Kilgarrah, che stava giusto per deporlo sul proprio dorso, si bloccò di colpo, a mezz'aria, vagamente offeso. «Ah sì? Vediamo se è come dici.»

Lo lasciò andare all'improvviso e ad Arthur mancò il fiato, mentre percorreva in caduta libera l'ultimo metro che lo separava dalla schiena squamosa del rettile.

Scivolò di lato ma riuscì in tempo ad aggrapparsi ad una scaglia, poi coi piedi trovò un pertugio tra le squame e provò ad issarsi su.

Merlin si incantò a fissare i muscoli delle braccia che si erano gonfiati per lo sforzo, con le gocce di sudore che impertinenti rotolavano giù fino alla piega del gomit--- si riscosse, arrossendo di colpo, e cercando di scacciare la visione.

Arthur, il volto contratto dalla fatica, allungò una mano fino ad avvolgere la schiena del drago, e provò a sollevare un piede per mettersi a cavalcioni ma Kilgarrah rise tra i denti aguzzi e dispiegò le ali, proiettando ombra sui due ragazzi.

Merlin, che si era sporto appena, allungandosi per aiutare l'amico ad arrampicarsi, si accorse troppo tardi delle intenzioni del drago che -in risposta all'urletto eccitato di Aithusa-, fece pressione con le zampe e spiccò il volo, frustando l'aria con la coda.

Il movimento di quest'ultima fece sbalzare Arthur in avanti proprio... tra le braccia di Merlin.

«Kill!» lo rimproverò il servo, riuscendo a stento a rimanere incollato alla scaglia con una mano. Arthur si rialzò a fatica, ritrovandosi ad un centimetro dalla sua faccia.

«Sicuro che Kill non stia per Killer?» domandò, irritato.

Merlin arrossì, perdendosi nei suoi occhi, ed era così intento ad assaporare il suo profumo che non colse subito la domanda.

«Eh... ehm...» balbettò quando comprese il senso delle parole, incespicando con la lingua. «Non lo so... cioè no, non penso che...»

«Potrei offendermi.» completò per lui Kilgarrah, continuando a battere le ali regolarmente.

In quell'istante -e forse anche perché l'aria gli frustava piacevolmente i capelli e i vestiti- Merlin si rese conto del fatto che... sì, accidenti, stavano volando!


 [Scusate se mi inserisco durante la lettura ma... vi invito ad ascoltare questa musica da qui in poi. Io l'ho fatta partire ripetutamente per scrivere questa scena e davvero, rende dieci volte meglio che senza :3 http://www.youtube.com/watch?v=nyrC8R_whCU]


Guardandosi intorno vide le creste degli alberi che scorrevano ai fianchi di Kilgarrah come fiumi di foglie, e poi scomparvero anch'essi, sostituiti da due sentieri di cielo azzurro.

Con un urlo liberatorio Merlin si aggrappò con entrambe le mani alla scaglia a forma di corno, solo dopo essersi assicurato che anche Arthur avesse fatto lo stesso con quella successiva.

Con un sorriso grande quanto una casa si voltò a guardare il suo viso stravolto.

«Sire, guardate!» la sua risata si disperse nell'aria, mentre anche Aithusa appariva al fianco di Kilgarrah, volteggiando e ruotando su se stessa, come un fuoco d'artificio.

Aithusa li notò e interruppe i suoi giochi d'abilità, allargando le alucce bianche e mostrando la chiostra di dentini bianchissimi -più del suo manto- in un gorgoglio estasiato.

Arthur si perse a fissarla, accucciato e terrorizzato contro la scaglia, le ginocchia strette quasi convulsamente attorno ai fianchi del dragone, tanto che Merlin fu sicuro di averlo sentito lamentarsi.

«Va tutto bene, non cadrete.» lo rassicurò Merlin incapace di smettere di ridere.

Era così felice!

E cavalcare su un drago era sempre un'emozione grandissima... per di più, con Arthur al fianco era semplicemente perfetta.

«Questo lo dici tu!» sputò Arthur a stento, mentre il vento gli scompigliava i capelli come una carezza decisa.

«Kil non vi lascerà cadere.» gli confidò, più dolcemente, abbozzando un sorriso sincero -di quelli che sicuramente l'asino avrebbe colto, a dispetto del suo essere un totale ed inguaribile somaro- «Io non lo permetterei.»

Arthur continuò ad osservarlo, perseguendo a tacere, e riducendo le labbra ad una linea sottile.

Ma Merlin fu sicuro, nel profondo, che fosse un po' più tranquillo, adesso.

Il battito regolare delle ali di Kilgarrah era come un balsamo rassicurante per le sue orecchie, e il modo in cui planava nel cielo, ed evitava nuvole ed uccelli spaventati, era semplicemente qualcosa di indescrivibile a parole.

Ad un certo punto, trascinato dal momento Merlin lasciò andare la cresta, stringendo le ginocchia attorno ai fianchi di Kilgarrah -consapevole che poi avrebbe avuto le piaghe dolenti per giorni, ma che importava?- e allargò le braccia, cacciando fuori dalle labbra un urlo di pura felicità, come la prima volta che era salito sul dorso di Kilgarrah.

«Merlin!» lo sgridò Arthur, preoccupato, ma Merlin non si fece contagiare dalla sua paura e anzi lanciò un secondo urlo.

«Non cadrò, sire, non preoccupatevi!»

«Non puoi saperlo.»

«Siete seriamente in pensiero per me?» Merlin ritirò le braccia -più per accontentarlo che per mera necessità- scoccandogli un'occhiata con la coda dell'occhio.

Arthur distolse lo sguardo, imbarazzato.

«No, ma un servo idiota come te è difficile da trovare, al giorno d'oggi.»

Merlin si limitò a sorridere, felice.

Aveva ormai capito che quello era il modo di Arthur di dirgli che ci teneva a lui.

In un modo personalissimo, asinino e ben poco gentile, ma non l'avrebbe cambiato con nessun altro.

Anzi, era anche grato al fatto che il babbeo non avesse iniziato a stonargli le orecchie elencandogli i rischi del volo, dei draghi e del cielo, i doveri di un re, le preoccupazioni che qualcuno avrebbe potuto vederli... niente di niente.

Merlin meditò che forse Arthur era troppo sconcertato per aprire bocca, ma poi qualcos'altro attirò la sua attenzione, discostandolo da quelle domande senza risposta.

Lì, all'orizzonte, oltre la cappa di vaporose e candide nubi che stavano attraversando, le creste merlate del castello di Camelot, con gli stendardi che garrivano al vento e il sole che  donava ai doccioni una luce rasserenante, si ergeva in tutta la sua maestosità.

«Sire, guardate!» lo chiamò, e quando Arthur alzò lo sguardo e seguì la traiettoria del suo indice, i suoi occhi si spalancarono e le sue labbra si dischiusero, al colmo dell'ammirazione.

«E' Camelot!» sibilò, incapace di alzare il tono della voce, tanto era la sua emozione. Merlin fu sicuro di vederlo sorridere, con gli occhi lucidi e commossi, ma non fu in grado di indagare oltre a riguardo perché Kilgarrah, con un vigoroso battito d'ali, si buttò a capofitto verso il castello, in picchiata.

Merlin e Arthur urlarono, colti di sorpresa, ma per motivi diversi: Merlin dalla gioia, Arthur dal terrore.

Aithusa non si accorse subito del cambiamento di rotta, e quando ciò avvenne si affrettò ad emulare lo zio.

Proprio quando Merlin pensò che fossero troppo vicini alle creste del castello e le loro bandiere -vicini abbastanza perché qualcuno, alzando gli occhi, avesse potuto vederli-, Kilgarrah distese le ali in tutta la loro estensione (fibre carnose dalle quali filtrava pallida la luce del sole) e planò.

Merlin e Arthur vennero trascinati dolcemente all'indietro dal movimento, ma questa volta non temettero nemmeno di scivolare giù dal dorso del lucertolone.

Quando la manovra fu conclusa Arthur lanciò un sospiro di sollievo.

Poi, nel momento in cui Kilgharrah riprese a fustigare il vento con le ali, Arthur si affacciò di lato, attento a non sporgersi troppo.

«La città bassa!» esclamò con enfasi, con gli occhi che percorrevano febbrili i tetti dei negozi del mercato e delle case, come se cercasse di catturarne ogni minimo dettaglio.

«E i cancelli!» si unì Merlin con lo stesso tono, indicandoli.

«E la cittadella» elencò Arthur come un bambino che rincorre una farfalla «E il cortile, e guarda, lì c'è la taverna!»

«E' vero, chissà se Gwaine non l'ha già raggiunta.» rise Merlin al pensiero e Arthur si unì a lui.

Pura e semplice, quella risata.

Così... sincera.

Merlin non ebbe tempo di sorprendersi, perché la sua visuale venne occupata da un affusolato corpicino bianco, che si avvitò su se stesso con gli occhietti vispi e ridenti.

«Aithusa!» la chiamò, non riuscendo a contenere la felicità che lo invadeva al momento.

Il draghetto bianco volò attorno a Kilgarrah e perfino il grosso lucertole si unì alla gioia collettiva, con una roboante risata gutturale proveniente dal fondo della gola, che gli fece fremere i fianchi come in un terremoto.

Arthur contemplava il paesaggio che si inseguiva molti metri sotto di loro, innamorato di quella visione e Merlin faceva lo stesso... col volto del suo signore.

Vederlo così felice e sereno gli scaldava il cuore.

Da quando era diventato Re Arthur era maturato, e aveva avuto ben poco tempo per rilassarsi.

Doveri, doveri e ancora doveri.

Uther aveva portato con sé nella tomba anche la sua felicità.

Ma adesso era lì, il suo migliore amico, il suo signore, il re di Camelot e in futuro, anche di Albion.

Era lì e stava ridendo.

Era lì e non pensava a niente.

Arthur, probabilmente attirato dal suo sguardo insistente, alzò gli occhi su di lui e il suo sorriso si allargò.

«Grazie, Merlin.» disse, colpito, mostrando ancora una volta quel lato gentile che Merlin tanto amava.

Il servo annuì, sentendosi completo.

«E di che, prima eravate così riluttante!»

«Non pensavo che potesse...» Arthur lasciò vagare lo sguardo intorno, tra le nuvole, ma le parole gli morirono in gola di fronte alla bellezza della natura. «Solo questo: Grazie. E' il più bel regalo che potessi farmi... il migliore che abbia mai ricevuto.»

Merlin sollevò gli angoli della bocca, senza staccare gli occhi da lui.

«E pensate, non è nemmeno il vostro compleanno» rispose agitando un dito accusatore, ma poi tutto venne smorzato da una risata.

«Smettetela di fare i piccioncini, voi due, lassù, che non ho intenzione di morire di diabete.» borbottò Kilgarrah decisamente divertito, virando all'improvviso.

Il colpo fece sbalzare di nuovo Merlin dalla cresta.

Si tuffarono in una nuvola frizzante e morbida, e quando ne riemersero Merlin si accorse di aver qualcosa attaccato alle labbra.

Spalancò gli occhi e incontrò quelli di Arthur.

Si discostò con uno schioppo, trattenendo il respiro, le guance più rosse di un pomodoro maturo.

Kilgarrah! Lo rimproverò mentalmente, mentre Arthur ammiccava, senza capire ancora cosa fosse successo.

Accidenti! continuò a lamentarsi Merlin mentre riprendeva possesso del suo posto vicino alla grande scaglia a forma di corno, mettendo tra sé e il babbeo più distanza possibile.

Era la seconda volta in dodici ore che, a causa di un drago, si ritrovava a ba.... ba... baciare il somaro!

Arrossì fino alla punta dei capelli, le orecchie che bruciavano, e incassò il volto nelle spalle, per nascondere l'imbarazzo e il disagio.

Al momento si sarebbe volentieri lasciato scivolare giù dalla schiena del drago.

Scoccò all'asino un'occhiata in tralice e lo vide continuare a grattarsi la guancia, confuso.

Sospirò di sollievo: fortuna che fosse così asino!

Anche se... aveva un buon sapo--no, Merlin, basta!


Uncle's POV



Kilgarrah rise silenziosamente, senza interrompere il monotono battito delle ali, che scandiva il tempo ad intervalli regolari.

Il giovane mago aveva con sé un grande potere, un destino eroico e una forza di volontà invidiabile.

Eppure, in fondo al cuore, era un essere umano come il Re e come tutti gli altri Senza Ali.

Anche lui aveva dei sentimenti... e il vecchio Kil aveva capito da subito che tra lui e Arthur non sarebbe intercorso solo il filo rosso del destino ad unire i loro mignoli.

No... c'era di più. Qualcosa di più potente, qualcosa di accecante e indissolubile nel tempo, qualcosa di totalizzante e potenzialmente distruttivo. Naturalmente, quando quattro anni prima si erano incontrati Kil non poteva immaginare come il rapporto si sarebbe potuto evolvere da semplice sogno scolpito nella nebbia del tempo -e delle profezie- a tangibile realtà.

A quel tempo, durante il loro primo incontro, Kil non avrebbe certo potuto rivelare tutta la verità. Certe considerazioni era necessario che rimanessero taciute, per evitare che il destino non si ripetesse. Esso doveva procedere con cura, passo dopo passo, senza fretta, come i mattoni di un casa, posti ad incastro l'uno sopra l'altro.

Se anche uno di questi fosse stato tolto, tutta la struttura sarebbe crollata.

Kilgarrah non poteva permetterlo.

Se era vero che era un drago, non l'avrebbe permesso.

Non avrebbe potuto rivelare al giovane mago che il principe Arthur, oltre che il suo destino, si sarebbe tramutato nel suo chiodo fisso, il suo pensiero continuo e perché no, anche la sua unica ragione di vita.

Non poteva fargli notare che la sua devozione andava al di là del significato proprio del termine. Non poteva certo spiegargli che quel sentimento si chiamava Amore.

Il giovane mago era già molto saggio... Kil non dubitava che l'avrebbe capito presto.

O forse no?

Il giovane mago era saggio sì, ma anche profondamente testardo. Per non parlare del Re-orgoglio-Pendragon.

Kil scosse la testa, ridacchiando al pensiero dei due giovani uomini e alla loro imbarazzata confusione sopra la sua schiena ricca di scaglie.

Solo il tempo avrebbe potuto concedere delle risposte. Per quanto lo riguardava, lui aveva concluso il suo compito di precettore già da tempo.


*

Aithusa's POV

Aithusa, con un'altra manciata di battiti d'ali, superò un venditore ambulante, il quale si discostò tanto in fretta che rischiò di rovinare a terra, trascinato dal peso della cassa piena di mele che stava trasportando.

Il draghetto bianco come la neve virò per sfuggire dalla presa di una donnina incallita, poi si levò più in alto, fino a raggiungere le vetrate di quella che suo zio chiamava "sala del trono".

Allungò il collo per guardarvi all'interno, oltre le vetrate che avevano decisamente visto giorni migliori, e scoprì tanti draghi, tutti lustri e profumati, ritti in piedi a fissare qualcosa... o meglio, qualcuno.

Aithusa seguì la traiettoria del loro sguardo e scoprì suo padre, lì, con una pelliccia color sangue e lo sguardo fiero di un drago.

Aithusa si sentì fiera di lui e rullò le ali, eccitata, emettendo uno strilletto acuto, che suo zio avrebbe definito infantile.

Ma a lei non interessava nemmeno di essere scoperta... del resto quei draghi senza coda sia dentro le mura che fuori sembravano non prestarle minimamente attenzione, tutti concentrati sulle loro faccende o su suo padre, che mostrava il petto liscio coperto da pelli.

Sulla testa arruffata faceva sfoggio di sé una strana cosa tutta brillante e appuntita... com'è che l'aveva chiamata zio Kil?

Corana... corolla... ah no, giusto, corona.

Cosa fosse Aithusa non ne aveva idea, ma il paziente lucertolone le aveva spiegato che per i draghi senza coda era un simbolo di potere.

Il suo paparino era quindi come il capo branco dei Senza Ali, ma... al suo fianco non vi era la mamma.

Vi era un drago femmina, con un vello scuro in testa... sì, era la stessa pelliccia di lana delle pecore che lei e lo zio tante volte avevano divorato a pranzo.

E anche lei indossava il simbolo del potere.

Aithusa si agitò, soffiando minacce in direzione della creatura, poi con gli occhietti passò in rassegna il gruppo nutrito di Senza Ali, alla ricerca di sua mamma, e la trovò... il suo sguardo azzurrino era così triste che Aithusa avrebbe voluto sfondare il vetro e accoccolarsi tra le sue braccia, per farla sentire meno sola.

Ma sapeva che Merlin non l'avrebbe mai perdonata... e nemmeno Arthur.

Non capiva cosa stesse succedendo... se mamma Merlin amava papà e papà ricambiava, perché Arthur stava rendendo un altro drago capo-branco al suo fianco?

Aithusa continuò a rumoreggiare dietro la finestra, agitando le ali e lanciando acuti stridii che avrebbero potuto far esplodere il vetro in grappoli di cocci.

Ma sua madre non alzò lo sguardo, e nemmeno suo padre.

O la dragonessa con la pecora in testa.

Nessuno le diede conto, nessuno si accorse della sua presenza.

Infuriata sopra ogni limite contro la dragonessa col simbolo del potere al fianco di suo padre, e triste per il volto affranto di mamma Merlin, Aithusa si staccò dal vetro con un frullio di ali e, col sole che giocava con la membrana della tenera pelle, proiettando un'ombra deformata sul muro di marmo, virò su se stessa e si allontanò veloce.

Se fosse rimasta lì ancora avrebbe fatto irruzione nel castello e divorato la dragonessa che aveva rubato papà a mamma, sì... l'avrebbe fatto, e al diavolo le conseguenze.

Sempre più inferocita Aithusa si defilò veloce, deviando all'indirizzo della foresta, per nascondersi agli occhi curiosi della gente.

Sotto le fronde l'aria era più tiepida, ma al drago non importò.

Continuò a sprofondare tra le ombre, sempre più in profondità nella selva, incurante dei ringhi dello zio nella sua mente.

O meglio, il ricordo di essi.

Era sfuggita dalla protezione delle sue ali per vedere cosa stesse succedendo in città.

Ormai era cresciuta, aveva spiegato, ribellandosi alle assurde richieste di Kilgarrah.

Lei voleva vedere i suoi genitori... l'ultimo loro incontro risaliva ad un paio di mesi prima, e quel volo era stato il suo più bel ricordo... e invece, adesso, quella dragonessa con la pecora in testa aveva rovinato tutto.

La vita era crudele... suo zio gliel'aveva spiegato, ma lei non gli aveva creduto.

La vita era facile, bastava saper cogliere i momenti al volo, come le prede... bastava serrare le mascelle attorno alla felicità, carpirla coi denti e farla propria.

Kil le aveva spiegato inutilmente che quei ragionamenti erano dettati dalla sua giovinezza -adolescenza, l'aveva definita- ma Aithusa aveva rifiutato di credervi.

E così, distratta dai suoi pensieri, non si accorse subito dei rumori provenienti dal retro di un cespuglio spinoso.

Aithusa interruppe il suo volo, battendo furiosamente le ali per arrestarsi, atterrò con delicatezza e precisione, e rizzò il collo con tutti i nervi all'erta, attenta a non far rumore.

Silenziosa come un'ombra sgusciò vicino al cespuglio e si appiattì al suolo, riparata dall'ombra di una pietra.

Quando affacciò lo sguardo al di là di essa scorse una Senza Ali riversa sul terriccio, che sembrava... morta.

Aithusa emise un suono sorpreso, inclinando la testolina bianca, poi si acquattò di nuovo al suolo e strisciò fuori, cauta, un passo dopo l'altro approssimandosi alla creatura Senza Respiro.

Si fermò a pochi passi e la annusò, confusa.

Respirava, a stento, ma respirava... quindi era ancora viva.

Osservandone il volto Aithusa credette di vedere una versione più delicata del suo papà... era così simile a lui, solo aveva la pelliccia scura sul capo... ed era una dragonessa.

La voce di suo zio le rombò nuovamente in testa: le ordinava di stare lontana dagli sconosciuti, perché potevano essere pericolosi.

Ma quella creatura era così pallida, così debole... così indifesa!

Non avrebbe potuto far male a nessuno e poi... Aithusa riusciva a percepire una sorta di odio nella creatura Senza Ali.

Un odio dimostrabile dal fatto che, tra le dita, stringeva una ciocca scura.

Aithusa annusò il ciuffo e scoprì che apparteneva alla pecora in testa alla dragonessa capo-branco al fianco di suo padre.

Dunque anche la dragonessa Senza Ali, come lei, odiava la capo-branco!

Con un gorgoglio complice Aithusa zampettò fino al cospetto della creatura e le soffiò in volto, per farla rinsavire.

Il soffio dei draghi aveva un potere salvifico, le aveva raccontato suo zio. In punto di morte, era l'unica cosa in grado di salvare qualcuno.

Così non si sorprese più di tanto quando la creatura aprì gli occhi -così verdi e grigi insieme, così freddi ma al contempo così ricchi di emozioni- e ammiccò in sua direzione, senza capire.

Aithusa si erse sulle zampe inferiori e gorgogliò, soddisfatta, inclinando la testa.

Aveva una nuova amica!



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Angolo Autrice.

Eccomiii, questa volta puntuale come un orologio svizzero... o quasi :3 Ho pensato che ero già stata abbastanza cattiva con voi, con tutto quel ritardo... e quindi eccomi qui, con l'ultimo capitolo di questa fic, che inizialmente doveva essere solo una breve one-shot. Non so cosa dire su questo capitolo, forse vi aspettavate un lieto fine? Beh... volutamente ho lasciato le cose un po' in sospeso. Innanzitutto non ho voluto approfondire troppo certe questioni, proprio perchè l'atmosfera di questa fic è leggera, e se mi fossi messa a sottolineare certe cose me ne sarei uscita col mio solito angst, e almeno per questa ff volevo tenerlo alla larga v.v Inoltre... il finale non poteva essere che questo. Del resto la quarta stagione finisce in questo modo, non potevo andare fuori dalla timeline xD In ogni caso, sappiatelo, non sono fan dell'Arwen (e come potrei?) e ho cercato di dare una spiegazione allo strano comportamento di Aithusa dell'ultimo capitolo o.o (cioè quando ha risvegliato Morgana ero tipo "Ma che caz...?! O__O") e in fondo, il lieto fine c'è, in un certo senso xD Morale della favola? Mamma Merlin e papà Arthur sono innamorati l'uno dell'altro MA papà ha dovuto sposare Gwen. Ma chissà... forse se nella quinta stagione Aithusa comparirà nuovamente potrò tornare a rompervi le balle col sequel di questa ff, anche per questo ho voluto lasciare il finale in mano alla vostra immaginazione :) 

Note: Come promesso questo capitolo è molto più lungo del precedente, ben 22 pagine, quindi mi auguro che ve le siate godute! ^^ Nel caso non si fosse capire la scena finale è ambientata nella 4x13 di Merlin, a mo' di spiegazione del comportamento di Aithusa. Ho immaginato che i draghi, sebbene non fossero telepatici, riuscissero a leggere le emozioni degli esseri umani -da questo spiegato perché la nostra lucertolina bianca ha avvertito l'odio di Morghy nei confronti di Gwen-. Il filo rosso del destino citato da zio Kill è una leggenda giapponese, che lega due persone destinate a stare insieme (tipo anime gemelle, in pratica >> colpa di xxxholic delle CLAMP, sorry D:) Poi... sì, la tipa con la pecora in testa è proprio lei, la vacca-Guinevieve, e la Senza Ali moribonda ovviamente Morgana (ma questo l'avrete sicuramente capito xD) e poi che dire... la scena del volo mi ha emozionato tanto, specialmente ascoltando quella soundtrack che vi ho linkato. Buh, mi da' un senso di pace, quanto vorrei che inserissero una cosa simile nel telefilm <3 Ma ovviamente siete voi i miei giudici, quindi bando alle ciance e aspetto i vostri pareri ** 

A titolo informativo, il prossimo capitolo di Changing sarà presto online, quindi ci risentiremo lì se volete leggere qualcos'altro di mio :3 Non so... spero di avervi divertito con queste brevi chicche che a me hanno divertito molto scrivendole, anche se sono pochi capitoli, lo so. A voi la sentenza ^^ Ah, per altro... non so a chi possa interessare ma ho fatto il mio primo video su Merlin, ecco il link :3 = http://www.youtube.com/watch?v=eT6JMq0j8D4&feature=channel (Se qualcuno di voi fosse su Youtube e volesse aggiungermi, il mio account è Remyfan95 :D) 

P.s_: e giuro che è l'ultima cosa che vi dico! x°D Bbeeene, riguardo a tutto la fic... come avrete notato oltre che ai POV dei nostri eroi (essendo una Merthur ovviamente quelli di Merlin e Arthur sono i più numerosi), ho provato a giocare anche coi pensieri di altri personaggi, perchè mi piace analizzare personalità diverse e farle interagire tra loro, naturalmente cercando di mantenerli IC ^^ Quindi avete letto di Leon, e ho cercato di usare un linguaggio piuttosto normale e forse un po' lamentoso come si confa ad un personaggio come Leon che pure è poco descritto nel TF, secondo me. Poi di Aithusa e perfino di Kilgarrah. Nel caso del bestione ho cercato di utilizzare un linguaggio un po' più adulto -anche nella scelta del lessico-, magari anche un po' criptico -del resto stiamo parlando di LUI, che mai è stato chiaro col nostro Merlin! x°D- e vagamente filosofico. E di Aithusa, ho provato al contrario a ricercare un linguaggio più semplice, diretto e diciamolo, anche un po' infantile v.v Non so, spero che la differenza si sia notata... in caso contrario mi do' all'ippica!! x°D Scherzo... v.v  Ovviamente descrivere i pensieri dei draghi è stato più difficile; specialmente di Aithusa, che del mondo degli uomini sa poco e niente. Ergo mi appello a voi: che ne pensate? Ecco ora ho concluso v.v

Per adesso, arrivederci alla prossima storia! =(°-°)=





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