Mum&Dady di xMoonyx (/viewuser.php?uid=48684)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mumy's POV ***
Capitolo 2: *** Dady's POV ***
Capitolo 3: *** Mumy's POV II ***
Capitolo 4: *** Dady's POV II ***
Capitolo 5: *** Uncle's POV ***
Capitolo 1 *** Mumy's POV ***
Mum&Dady
Dedico
il capitolo a tutte le ragazze che mi sostengono in queste mie pazzie, a Marta e Valentina, agli Elements (loro sapranno a chi mi riferisco v.v), e in particolare a Edian,
perché ancora non le ho dedicato niente e penso sia giunta l'ora
di farlo e perché è stata la prima a sapere di questo
esperimento v.v
Mum&Dady
Mumy's POV
Merlin
non poteva credere ai propri occhi: quella testina bianca emersa
dall'uovo non poteva essere veramente un drago.
Kilgarrah
aveva ragione... era davvero una chance su un milione.
E
lui, un semplice ragazzo di campagna che per puro caso si era ritrovato
a svolgere il ruolo del valletto personale del principe Arthur -adesso
Re-, aveva avuto l'occasione di assistere ad un tale meraviglioso evento.
Il
fato aveva scelto lui; e nessun altro.
Era
stato considerato degno di essere la prima figura messa a fuoco dalla
creatura: per una volta la Natura lo compensava con un dono
così grande.
Si
aprì in un sorriso, con la voglia di correre, urlare di
gioia, cantare.
E
ridere.
Perché
era felice, e tanto bastava.
Il
piccolo batté le palpebre carnose, emettendo un
sibilo adorabile.
E
Merlin avrebbe voluto semplicemente abbracciarlo.
Ascoltava
a stento i discorsi del drago... ma sentì distintamente le
parole "Albion" ed "Arthur" buttate lì come per puro caso.
Kilgarrah non sarebbe cambiato mai; probabilmente
era in pieno di uno dei tanti sproloqui sul mondo che, almeno in
teoria, lui e il babbeo avrebbero dovuto creare assieme.
Ed
eccolo lì, il suo piccolino.
Aithusa.
Pensò con le lacrime agli occhi. Lui gli aveva assegnato quel nome, che nell'antica lingua significava Luce del Sole. Ti piace?
Quell'uovo
che prima aveva tenuto tra le braccia adesso si era schiuso, solo per
lui.
Il
draghetto candido emerse dai resti dell'uovo, agitò la coda,
dispiegò le piccoli ali e fissò Merlin coi tondi
occhi neri come il fondo di un pozzo. Poi aprì la boccuccia
mostrando una coppia di minuscoli canini ed emise un suono gutturale
molto simile alla parola:
"Mamma."
Merlin,
interdetto, batté le palpebre, sicuro di aver sentito male.
Il
draghetto mosse la coda e aprì di nuovo la bocca.
«Mamma...
mamma!»
«Mamma?»
ripeté Merlin sconvolto mentre il piccolo saltava
giù dal ceppo per raggiungerlo.
Il
moro indietreggiò, cercando gli occhi lampeggianti di
Kilgarrah, che sembrava non riuscire a trattenere le risate.
«Cosa
significa questo?!»
«Ops.
Credevo di averti già parlato dell'imprinting di un drago.»
«Impri-che?»
biascicò Merlin, distraendosi, e di conseguenza inciampando
su una radice. Cadde a terra e il drago neonato ne
approfittò per saltargli sul petto e strofinare la testina
contro il suo mento, continuando a pigolare un debole "Mamma".
Kilgarrah
rise apertamente mentre Merlin tentava di allontanare la bestiolina dal
viso, sempre più preoccupato.
«I
draghi sono così: la prima creatura che scorgono aprendo gli
occhi diverrà la loro fonte di cibo.»
«Intendi
dire che vuole mangiarmi?» quasi urlò Merlin,
scattando letteralmente in piedi in preda al panico.
Il
niveo rettile caracollò giù dalle sue spalle,
cadendo a terra su un fianco, e guaì deluso.
«No,
giovane mago, no.» lo rassicurò Kilgarrah, con lo
spettro di una risata tra i denti aguzzi, e Merlin lanciò un
sospiro di sollievo.
«Intendo
dire che si aspetta che sia tu a dargli da mangiare.»
Il
sollievo del giovane mago scemò veloce come era arrivato.
«Cosa?!»
Kilgarrah
abbassò piano la testa come per annuire e Merlin
aprì la bocca, per poi allargare le braccia e guardarsi intorno scandalizzato.
«Ma
non sono la sua mamma!» tentò, incredulo.
«Non posso dargli da mangiare! Non... non so nemmeno cosa
mangia un drago!»
«Aithusa
resterà con me, Merlin.» concluse Kilgarrah,
mentre il piccolo si strofinava giocondo contro le caviglie del mago.
«Tuttavia
mi aspetto che tu venga a trovarlo almeno una volta a settimana.»
Merlin
abbassò la testa con un sospiro, scorgendo il draghetto intento a mordicchiare la punta dei suoi stivali.
«Gli
hai salvato la vita e, sebbene lui non possa capirlo, in un modo
assolutamente naturale ti è riconoscente.»
Aithusa
ad un certo punto starnutì e dalle narici ne emerse un
soffio di fuoco; il mago si ritrovò intenerito dalla scena e
venne riportato alla realtà dalla risata sommessa del
vecchio amico.*
Doveva
proprio aver assunto un sorriso ebete, a giudicare
dall'ilarità palesata al drago.
«Aithusa
farà parte del tuo destino, d'ora in poi. E di conseguenza apparterà a quello di
Arthur, fin quando entrambi non fonderete Albion.»
Merlin
lo fissò per un attimo interminabile, senza trovare qualcosa
di abbastanza intelligente da dire.
Fu
solo quando il mini-drago gli solleticò la gamba con la
punta della coda, che si convinse ad abbassare di nuovo lo sguardo, ed
anche la mano, per carezzare il collo candido della creaturina.
«Mamma.»
commentò il piccolo allungando la testina per ricevere
più coccole.
E il moro risolse che, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio ad arrabbiarsi con quell'esserino così tenero.
*Un chiaro riferimento alla puntata 4xo2 quando Merlin definisce Kilgarrah in questo modo. Amo quella scena <3
~To be continued~
∞Dady's POV
_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.
Sì, lo so, LO SO. Vorrete linciarmi perché continuo a
pubblicare storie nuove invece di aggiornare quelle in corso ma
sappiate che non le ho dimenticate!
Semplicemente quando si ha ispirazione bisogna scrivere, scrivere e scrivere! :3
E questa quarta stagione offre tantissimi spunti per delle storie!
Comunque, ritengo che porgervi delle delucidazioni sia d'obbligo xD
Note: Mi sono letteralmente ed
incondizionatamente innamorata di quell'immagine che ho utilizzato.
C'è anche una gif (che trovate qui: http://24.media.tumblr.com/tumblr_ltk7yhYVVv1r2q69vo2_400.gif) che è di una dolcezza e tenerezza unica, da sciogliersi! *_____*
E così non ho potuto fare a meno di scriverci su qualcosa.
Questa storia è pensata per dividersi in due capitoli, questo
dal punto di vista della mammina di Aithusa, e l'altro da quello del paparino v.v
Quando nella puntata di sabato ho visto Merlin piangere di gioia mi si
è allargato il cuore... è da spupazzare!! <3 E il
drago slash che prospetta un futuro per mamma e papi, aaaaaaaawwww
°w°
Poi può essere che mi verrà voglia di continuarla, rendendola una long, ma vi assicuro anche che il
quinto capitolo di changing sarà presto online! :D
Per quanto riguarda la brolin invece... non so proprio quando
l'aggiornerò, perché siccome dovrei descrivere una scena
natalizia ho pensato "Caspian, ma perché non pubblicarla a
Natale??" del resto sarà composta solo di due capitoli e il
primo potete sempre rileggerlo, così da non dimenticarla al
momento di leggere il secondo!
Sappiate che non vi abbandonerò, anche perché non lascio quasi mai una
storia incompleta, e questa volta di sicuro non accadrà! :)
Intanto vi delizio con queste storielle ^^
Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=
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Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
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Capitolo 2 *** Dady's POV ***
Mum&Dady 2
Dedico
il capitolo a Suicidal_Love, Edian, Illlunis, crownless, elfin emrys,
Dark_lady88, Il_Genio_del_Male, valentinamiky, Lily Castiel Winchester
e layla84 per le loro fantastiche recensioni :)
Piccola nota: il trattino ~ è in rosso se indica le scene POV di Arthur, in blu se invece il POV è di Merlin! ^-^
Mum&Dady
Mumy's POV
Rassettare
la stanza del somaro non era mai stato un compito facile, ma
l'abitudine -il doverlo fare, cioè, praticamente tutti i giorni-
l'aveva reso quasi automatico alle dita del mago ormai pratico in quei
familiari gesti.
Era sempre la solita storia: sistemare il letto, picchiettare i
cuscini, lisciare le lenzuola, aprire le finestre per fare entrare
aria, rassettare le tende, lucidare l'armatura, strigliare gli stivali,
passare uno straccio sul pavimento e infine tergersi il sudore con la
manica della giacca -e sospirare, a seconda dei casi- a lavoro ultimato.
Ogni tanto questi comuni lavoretti erano intervallati da battute,
sogghigni o commenti da parte del regal babbeo, che possibilmente
potevano avere due conseguenze: far tornare il buon umore a Merlin o
fargli saltare i nervi.
Quel giorno, tuttavia, del biondo pupillo non c'era traccia e con un
senso di abbandono e insieme sollievo -nemmeno lui sapeva cosa provare
in situazioni come questa- il maghetto si impose di sbrigarsi, in modo
da trascorrere il resto del tempo aiutando Gaius, scherzando coi
cavalieri o in alternativa riposandosi per riacquistare le forze.
Qualcosa picchiettò alla finestra e Merlin inizialmente
pensò, con incredulità e insieme sconforto, che avesse
iniziato a piovere.
Diede uno strattone alle tende rosse e si voltò, pronto a imprecare alla volta del cielo.
Tuttavia ciò che vide lo fece impallidire come un morto.
«Aithusa!» sibilò sconvolto fiondandosi sulla
finestra per aprirla. La spalancò e il draghetto, che batteva
furiosamente le alette candide per non perdere quota, emise un guaito
gioioso.
«Non dovresti essere qui!» lo redarguì il moro
muovendo una mano per scacciarlo. Il draghetto fece una giravolta in
aria e, scambiando le mosse di Merlin per un invito a giocare,
aprì la boccuccia emettendo acuti fischi.
«No, no, no, devi andare via!» Merlin cercò qualcosa
per cacciarlo, senza successo. «Vattene via, Aithusa! Se qualcuno
ti dovesse vedere...»
In quello stesso momento, tanto per confermare il detto "parli del
diavolo e spuntano le corna" il vetro di una finestra vibrò
luccicando, illuminato dai raggi solari.
Una chioma riccia e scura ne emerse, insieme ad un lungo panno che scivolò lungo il muro esterno della torre.
Merlin sussultò, allungando immediatamente le mani per
recuperare il rettile perplesso, cercando di nasconderlo sotto i
vestiti.
Aithusa si dibatté, lanciando stridii irritati e Gwen, confusa, alzò la testa.
«Oh, Merlin!»
Il ragazzo si impose un ampio sorriso, mentre cercava in tutti i modi
di far star fermo, zitto e nascosto il figlioletto adottivo, e si
beccò perfino un paio di morsi. Gwen sollevò un
sopracciglio quando lo vide iniziare a muoversi in maniera strana, come
preda del solletico o di preoccupanti convulsioni.
«Ti senti bene?»
«BENISSIMO!» le gridò Merlin per sovrastare i lamenti del draghetto e il suo raspare contro le sue dita.
Con una risatina che sapeva di isterico richiuse la finestra e
spostò le tende per coprirla. Infine lanciò un sospiro di
sollievo e lasciò andare l'animaletto, che volò via
sdegnoso, gustandosi la libertà appena riconquistata.
Merlin, esausto, scivolò lungo la parete fino a toccar terra.
«Accidenti, c'è mancato poco...»
Il draghetto bianco, atterrato sul letto del somaro, batté le
palpebre, mostrando a tratti i suoi grandi occhioni neri, e
declinò la testa di lato, con un pigolio di sorpresa.
«Mamy?»
Merlin sorrise raddolcito da quella visione e allungò una mano
per prendere in braccio il piccolo. Ma quello fu più veloce e
gli saltò in grembo, iniziando a strofinare il collo e... a fare
le fusa?!
Sul corpicino magro iniziavano a formarsi scaglie luccicanti e le
alluce si erano ingrandite: Merlin non sapeva nemmeno se fosse un
maschio o una femmina -Kilgarrah si era limitato a scrollare il testone
mostrando una chiostra di denti affilati, e a spiegare che fino al
primo anno di età un drago era asessuato- ma di una cosa era
certo: quel draghetto cresceva, ed in fretta anche!
Presto sarebbe diventato così grande che se avesse osato fargli
di nuovo una visita avrebbe attirato l'attenzione della guardie,
calamitandosi le loro pericolose frecce.
«Ora però vedi di sgattaiolare fuori, eh?»
Aithusa lo fissò, e Merlin si rispecchiò nelle sue grosse pupille.
«Mamy?»
La maniglia si abbassò e Merlin trasalì, agghiacciando.
Avrebbe dovuto cacciare il drago subito! E adesso?
Se il somaro l'avesse visto l'avrebbe sicuramente ucciso.
Col cuore in gola e il panico nelle vene Merlin afferrò la
testina di Aithusa tra le mani a coppa e avvicinò il volto al
suo.
«Promettimi che rimarrai nascosta, intesi?»
«Mamy?»
«Aithusa, la mamma è in pericolo! Fa' come ti ho detto!»
Senza aspettare un cenno del draghetto, Merlin lo spinse sotto il letto
della testa di fagiolo, curandosi di coprire la visione con il
copriletto.
La porta si aprì, mostrando il volto corrucciato del biondo Pendragon.
«Sire!» quasi urlò Merlin, per apparire
assolutamente innocente. Si pentì subito di averlo fatto, quando
Arthur aggrottò le sopracciglia in sua direzione, per poi alzare
gli occhi e fissare con cipiglio le tende.
«Sei una talpa, per caso?»
Merlin notò le tende abbassate e ci mise qualche secondo in
più per comprendere. Quando ciò accadde scattò in
piedi e, un po' titubante all'idea di allontanarsi dal rifugio, le
spalancò con un gesto secco.
I raggi del sole aggredirono il volto del principe.
«Così va meglio?» domandò Merlin.
«Mmm.»
Un pigolio debolissimo si levò da un punto imprecisato del
lenzuolo, e Merlin si affrettò a posizionarsi di fronte al
letto, con una disinvoltura tale ed un mezzo sorriso che lasciarono
Arthur perplesso.
Dady's POV
Arthur
odiava le riunioni coi membri del consiglio; finivano sempre con un
nulla di fatto, rimandando le decisioni ad un ipotetico dopo, sebbene
tutti conoscessero l'antifona fin troppo bene: alla fine era Agravaine,
suo zio, ad avere voce in capitolo. Più che un Re, Arthur si
sentiva un bambino ripetente in cerca di lezioni.
Ma se c'era una cosa che odiava più delle riunioni era trovare
la sua stanza in disordine e, soprattutto, non riuscire a leggere nella
mente di quel folle del suo servitore.
Incomprensibile era un eufenismo, se attribuito a Merlin.
Come in quel momento: a volte -ma diciamo anche sempre- si chiedeva
cosa vagasse nel cervello dell'amico, quale forza sovrumana gli facesse
compiere certe idiozie.
Perché davvero non ci poteva essere altra spiegazione.
Quando i raggi del sole gli ferirono gli occhi, costringendolo a
socchiuderli, il pupillo Pendragon si riscosse, tornando al presente.
Con un sbuffo sonoro avanzò verso il letto, armeggiando con il fermaglio della cintura di pelle.
Quando tuttavia non percepì il tocco freddo del servo si
insospettì. «Beh? Che aspetti lì impalato?
Aiutami!»
Merlin sembrava essersi appena svegliato da un sogno.
«Oh? Perché, non sapete farlo da solo, sire?»
«Merlin?»
«Sì, lo so: Taci.»
Arthur sorrise: Merlin era irrimediabilmente irresponsabile e insolente
[e iniziavano tutte con le I, pensa!] ma bisognava ammettere che
imparava in fretta.
Con un sospiro di accettazione il servo si mosse, aiutandolo a liberarsi del pesante mantello rosso.
Arthur si schiarì la gola, con la prospettiva di una lunga
chiacchierata -o meglio, litigata- a proposito degli avvenimenti di
quella giornata, eppure l'unica cosa che avvertì fu un
fastidioso silenzio.
E dal momento che in condizioni normali era impossibile tacitare
Merlin, quelle dovevano necessariamente non essere condizioni normali.
«Non mi chiedi come è andata la riunione?»
Ancora una volta il suo servitore sembrò cadere dalle nuvole. «Riunione?»
«Ma sì, quella coi membri del consiglio, non faccio che
parlarne da ieri! A volte mi chiedo se mio padre non avesse avuto
ragione, quando ti aveva accusato di soffrire di qualche disturbo
mentale.»
Si voltò appena a guardarlo e quando lo vide arricciare le labbra in quel suo solito modo sorrise compiaciuto.
Era così giusto quel
sorriso. Gli lasciava sempre un senso di completezza... non sapeva
spiegarsi bene perché, ma ogni volta che lo scorgeva la giornata
sembrava più luminosa.
E... un momento.
Da quando faceva discorsi da ragazzina?
«Potrei mandarti alla gogna!» lo avvertì, tanto per dire qualcosa.
«Non lo fareste.» ribatté Merlin, sicuro. «I miei servigi vi servono ancora.»
«Ma che sfacciato!» scosse la testa -l'irriverenza del moro
non aveva limiti- e sfilandosi la giacca si avvicinò al letto.
«Muoio di sonno...»
«No, il letto no!» quasi urlò Merlin, stonandogli le orecchie.
Arthur si bloccò, mentre il servo, ansimante, lo superava, mettendosi proprio davanti al regal giaciglio.
Il più grande si passò una mano sulla mascella.
Questa ne era la conferma: suo padre aveva davvero ragione.
«Ma sì, giusto, che pensieri che faccio! Non si dorme mica sui letti.»
Merlin deglutì. «Non è questo...»
«Hai forse qualche idea migliore? Che so, il tavolo? Dici che potresti prepararlo in... cinque minuti esatti?»
«Non vi piacerebbe.» rise Merlin, calciando le coperte.
Arthur lo fissò: ora maltrattava anche il suo letto? Era forse impazzito?
«Stareste scomodo.»
Arthur gli camminò intorno, cercando di capire se gli stesse
nascondendo qualcosa e il ragazzo continuò a girarsi in modo da
non dargli mai le spalle, sempre con quel sorriso sfrontato sul volto e
le mani dietro la schiena.
«Vi serve altro, sire?»
«Spostati.»
«Sapete che porta male dormire in un letto non fatto.»
«Ho detto: Spostati.»
«Ma sire, davvero, non sarebbe il caso.»
«Il letto è, mi dispiace dirlo, a dir poco perfetto.
Perciò ti sarei enormemente grato se allontanassi il tuo caro
sederino dalle mie lenzuola.»
Merlin aprì la bocca per replicare ma la richiuse subito dopo.
Arthur, soddisfatto, annuì con decisione. «Bene, vedo che
capisci. Non sei così stupido come pensavo!» bussò
sulla sua fronte, e quello fece una smorfia, massaggiandosi la parte
lesa. «Siete un somaro.»
«E tu un idiota. Su, levati di mezzo.» Lo spostò con
la forza, facendo per spogliare il letto delle coperte e infilarsi
dentro.
Un pigolio di protesta lo raggiunse, facendolo voltare confuso.
Merlin lo stava fissando, pallido come un cencio.
Arthur scosse la testa, con un lungo sospiro: e da quando Merlin aveva la voce da bambino?
«Mamy.»
«Cosa?»
Si voltò di nuovo, e Merlin raddrizzò immediatamente la
schiena, fissandolo. «EH?» domandò con enfasi.
Arthur allungò il collo per vedere se nascondesse qualcosa dietro la schiena, ma rimase deluso.
Lanciandogli un'ultima occhiata sospettosa tornò a smuovere le lenzuola.
«Aiah!»
Arthur contò fino a dieci, puntando intensamente la spalliera
del letto, prima di voltarsi a guardare il servo, con le braccia sui
fianchi.
Merlin adesso -chissà come mai, poi- si trovava disteso a terra, e si stringeva un dito insanguinato.
Arthur fu colto subito da un giramento di stomaco.
«Merlin!» in un attimo lo raggiunse, preoccupato.
«Non è... niente.» cercò di rimediare quello,
imbarazzato, ma Arthur non lo lasciò finire. Afferrò il
dito rosso e se infilò in bocca.
Merlin lo scrutò sconvolto. «Si-sire?»
Arthur arrossì vistosamente e gli allontanò il dito, come
se all'improvviso si fosse scottato. «Gwen ha detto che si fa
così, dalle sue parti!» si schermì: che accidenti
gli saltava in mente? Si schiarì di nuovo la gola e si rimise in
piedi, dandogli le spalle.
Fissò la finestra luminosa e si passò le mani sulla faccia accaldata.
Dietro di lui Merlin aveva prorotto in un attacco di tosse.
«Mamy?»
«Ah?»
La tosse si intensificò. Arthur si voltò, confuso, e scorse il volto inorridito di Merlin.
«Ma cos...»
«Daaaaaaaady!»
«AAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHH!!!!!!»
Arthur cadde a terra, sovrastato dal peso di un...
«UN DRAGO!» scattò in piedi al colmo del terrore,
raggiungendo con un salto Merlin ed afferrandogli la maglia con urgenza.
«Sta' dietro di me!»
«Ma...»
Idiota, che voleva sempre fare l'eroe!
Senza aspettare che si ribellasse Arthur se lo cacciò dietro la
schiena, per poi estrarre la spada dalla cintura abbandonata sul tavolo
e puntarla verso il... mostro.
Un.. un drago?!
Ma come accidenti c'era entrato un drago nella sua stanza?
E perché era ancora vivo?
I draghi si erano estinti due anni prima, quando lui stesso aveva ucciso l'ultimo esemplare!
«Non farlo, Arthur...» Merlin gli afferrò un braccio ma lui se lo scrollò via.
Il drago, con la pelle lattea e grandi occhi scuri, batté le ali
e aprì la bocca, mostrando una chiostra di denti bianchissimi.
Poi, con un uggiolio contento saltò verso di loro.
Arthur sbiancò quando si rese conto che l'animale avrebbe attaccato il suo Merlin e si gettò coraggiosamente su di lui.
«STA' GIU'!»
«Uh?» Merlin lo guardò, senza capire, un attimo dopo
Arthur gli era rovinato addosso, premendolo a terra col suo corpo.
~
Merlin gemette per aver sbattuto la testa e si rese conto di non potersi muovere.
Sentiva il fiato corto del principe sul collo e il suo odore lo invase, stordendolo.
Il profumo di Arthur...
Si schiarì la gola per attirarne l'attenzione e il somaro si sollevò appena, guardandolo negli occhi.
Merlin si preparò ad una delle sue battute sfrontate ma esse si
bloccarono in fondo alla gola. Richiuse la bocca, sconfortato,
perdendosi nell'oceano di quelle iridi dalle mille sfumature.
«Dady?»
Entrambi sussultarono, voltandosi a guardare lo stesso punto.
Aithusa li stava fissando, battendo le alluce.
Oh no! Pensò Merlin col cuore in gola
~
«Dady?»
Arthur batté le palpebre, scuotendo la testa, poi tornò
ad osservare il drago, che adesso aveva allargato le narici fiutando
l'aria. «Dady?»
Aveva parlato?!
Saltò su come morso da uno spillo, agitando la spada.
«Guardie, guardieeeeee!»
Il draghetto si spaventò, agitò la coda nervoso ed emise
un fischio mentre Arthur, deciso, stringeva le dita sull'elsa della
spada, sollevandola sopra la testa.
«NO!» Merlin si scagliò letteralmente sul draghetto,
stringendolo tra le braccia magre e affondando il viso contro le
scaglie lucenti di esso, aspettando il colpo.
Arthur ci mise qualche secondo ancora per comprendere.
Quando ciò accadde lasciò ricadere la mano che reggeva la spada lungo il fianco.
«Che cosa significa questo?! Perché lo difendi?»
Merlin sollevò uno sguardo languido verso di lui, con gli occhi
blu pieni di lacrime. «Non avrei voluto che lo veniste a scoprire
così!» si sincerò, con la voce incrinata e il volto
arrossato, come se stesse per piangere.
Arthur sentì il suo cuore pesante come piombo quando scorse quelle gocce salate nelle palpebre del servo.
Tuttavia, l'assurdità della vicenda ebbe il sopravvento.
«Che diavolo...»
«Porterò il drago fuori di qui, ve lo prometto. Ma vi prego, vi prego Arthur, non fategli del male!»
Il tono di voce, le lacrime... era una visione così pietosa. Arthur non riusciva a raccapezzarsi.
Un drago era nelle sue stanze, e li aveva attaccati. E ora Merlin lo stringeva tra le braccia?
Sinceramente non ci avrebbe creduto se glielo avessero raccontato. Ma
adesso che lo vedeva coi propri occhi -e il drago era perfino
più spaventato di Merlin!- Arthur fu messo di fronte alla
realtà.
Toccava a lui accettarla o meno.
«Non puoi metterti a fare l'animalista anche adesso! Quella cosa è pericolosa!»
«No, non...»
«Allontanati subito dal drago, Merlin! Non capisci che potrebbe
farti del male?» stringendo ancora una volta l'elsa della spada,
avanzò determinato; Merlin di riflesso indietreggiò,
sempre tremante, avvicinando la creaturina terrorizzata al proprio
petto.
«Oh no, è innocuo!»
«E' un drago!»
«Non potrebbe mai farmi del male, te lo posso assicurare. Del resto ho assistito alla sua nascita.»
Arthur distese le sopracciglia, incapace di crederci. «Eeeh?»
«Ho assistito alla schiusa del suo uovo.» borbottò ancora Merlin, distogliendo lo sguardo.
Il principe -ora Re- aspettò che il suo cuore rallentasse i
battiti ma poiché ciò non stava accadendo, avanzò
ancora di un passo.
Adesso tutti i tasselli del puzzle erano al loro posto e l'immagine venuta fuori risultava semplicemente incredibile.
«Credevo che l'uovo fosse rimasto seppellito dalle macerie...»
Le orecchie di Merlin presero fuoco e ciò fu una conferma dei suoi dubbi.
«Mi hai mentito... del resto ormai sei allenato, no? L'uovo ce l'avevi con te. L'hai sempre avuto con te.»
Merlin tornò finalmente a guardarlo, affranto. «Non potevo
lasciarlo morire.» spiegò semplicemente, e una lacrima
fece capolino dalle sue ciglia.
Qualcosa morse lo stomaco di Arthur, mozzandogli il respiro.
«No... no, no, no, smettila.»
Merlin si strofinò le dita sugli occhi, per cancellare le lacrime, ma ormai era troppo tardi. Tirò su col naso.
«Mi dispiace... mi dispiace un sacco. Non avrei potuto vivere
sereno con la consapevolezza di aver lasciato perire una creatura
innocente, quando avrei potuto far qualcosa per evitarlo! Non ce l'ho
fatta, va bene? Potete anche mettermi alla gogna, o in prigione o
quello che volete, ma per favore... vi prego... non fate del male ad Aithusa.»
«Aithusa?» Arthur spalancò gli occhi. «Gli hai anche dato un nome?»
Il draghetto, sentendosi nominare, zigò contento, strofinandosi contro il collo di Merlin.
«Mammina!»
«Ti ha chiamato... Mamma?»
Merlin assunse le stesse sfumature di un pomodoro maturo, sfuggendo al suo sguardo. «E' convinto così.»
Arthur guardò lo strano quadretto, confuso, poi lasciò
andare la spada e sospirò. Il modo in cui Merlin accarezzava il
drago, e come quello gli si strofinava contro facendolo ridere lo
intenerì come una ventata di calore.
Arthur non si accorse di starlo fissando, fin quando Aithusa non
alzò lo sguardo su di lui, puntandogli addosso due
occhioni scuri e luccicanti.
«Papàà!»
Fu un colpo.
«Che cosa?!»
Merlin si accorse del suo sguardo ed aprì la bocca per
replicare, ma fu troppo tardi: il drago aveva raggiunto Arthur,
buttandolo nuovamente a terra.
Il regal babbeo cercò in tutti i modi di fuggire da quelle
coccole, ma il draghetto gli impediva di muoversi, continuando a
leccargli la faccia e agitare ali e coda.
La risata cristallina di Merlin ebbe la conseguenza di fargli smettere di lottare.
Arthur smise di borbottare frasi sconnesse e imbarazzate come "levati
di dosso" "via" "togliti" "lasciami stare" rivolte al drago e si
limitò a regalare un'occhiata sconfitta a Merlin.
Quando lo vide ridere, ancora con le lacrime agli occhi, qualcosa si agitò nel suo petto.
~
Arthur e Aithusa. Insieme.
Merlin sorrise con le lacrime agli occhi e non poté impedirsi di ridere commosso, con una mano sulle labbra.
Non avrebbe mai creduto che potesse finire così.
Kilgarrah aveva ragione: il drago bianco aveva davvero portato fortuna!
E poi Arthur era così buffo, così tenero... tenero? Il principe?
Riformuliamo.
Era così buffo, con l'espressione imbarazzata di chi ti vorrebbe
dire "tu non hai visto niente, intesi? Nessuno dovrà sapere che
il nobile e impavido Arthur Pendragon si è fatto atterrare da un
cucciolo di drago".
Continuò a guardarli: erano adorabili.
E in un modo assolutamente nuovo si sentì a casa. Finalmente.
*
«Ma come... come ti è saltato in mente? Adottare un drago!»
Merlin si era aspettato una scenata del genere. Così, con uno
sbuffo, tornò ad accarezzare il dorso rugoso di Aithusa,
incurante delle occhiate sdegnate scoccategli dalla regal testa di
legno.
La nivea creaturina riposava tranquilla nello spazio di pavimento tra
lui e Arthur, e il suo piccolo petto si sollevava con un ritmo regolare
e placido: probabilmente immersa nel mondo dei sogni.
«E' solo un cucciolo.»
«Tu sai cosa diventerà da grande, vero?»
Merlin si volse in direzione del biondo, con cipiglio. «Un... drago adulto?»
«Oh!» ringhiò Arthur agitando le mani. «I draghi mangiano quelli come noi!»
«No! Non Aithusa...»
«Possiamo essere il loro pranzo, non i loro amici!»
«Arthur...» sospirò, catturando i suoi occhi blu.
Doveva ricordarsi di parlare con il Re, ogni tanto...
«Sire. Ne abbiamo già discusso: lo porterò via da
Camelot e non tornerà mai più. Sul serio.»
«D'accordo.» Arthur sospirò.
Poi cadde il silenzio.
Merlin continuò ad accarezzare distrattamente il collo del
draghetto addormentato, passando in rassegna la stanza con lo sguardo:
sembrava il centro di un ciclone. Probabilmente avrebbe impiegato ore
-se non giorni- per rimetterla completamente a posto.
Ma non gli importava.
Arthur aveva accettato Aithusa: aveva accettato l'esistenza di un
drago, aveva perfino permesso che rimanesse dentro le sue stanze
-sebbene solo a tempo determinato- e non aveva fatto storie sul fatto
che adesso la creaturina fosse accucciata tra loro due.
Forse c'era una speranza per se stesso e il suo piccolo segreto.
Forse c'era una speranza per la sua magia... e forse Aithusa avrebbe contribuito.
Albion... pensò Merlin col cuore punto di gioia irrefrenabile.
Continuò a tracciare il dorso del draghetto con le dita,
sovrappensiero, fin quando non incontrò una superficie
più liscia e calda, che rabbrividì al contatto.
Ancora perso nei propri pensieri Merlin si voltò a guardare la
propria mano e si accorse che stava accarezzando quella del somaro: la
ritirò immediatamente, arrossendo.
Arthur, dal canto suo, fece lo stesso, fingendo poi un colpo di tosse.
Entrambi si voltarono a guardare tutto tranne che loro stessi e Aithusa aprì un occhietto furbo.
Se qualcuno l'avesse vista in quel momento avrebbe notato il ghigno vittorioso assunto dal suo musetto.
~To be continued~
∞Aithusa's POV
_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.
Mi dispiace di non aver potuto aggiornare prima, davvero! Ma ho avuto
troppi impegni, un lutto, compiti e tante altre cose! I'm sorry
ç__ç In ogni caso questo capitolo è molto
più lungo dello scorso, perché presenta i punti di vista
di entrambi e davvero non avrei saputo come accorciarlo. Spero di non
avervi deluso, anche perché non mi convince tanto! Ma a voi
l'ardua sentenza!!
Note:
Arthur nomina il sederino di Merlin, perché nel telefilm
lo fa praticamente ad ogni puntata! x°°D Chissà come mai
è tanto interessato al lato B del maghetto?? [Noi conosciamo la
risposta v.v]
Avrete notato la scritta "To be Continued" -o
per lo meno, me lo auguro x°D- questo perché sì,
l'idea è di aggiungere un terzo capitolo conclusivo come POV del
piccolo draghetto! Andiamo, c'è stato quello della Mamma, quello
del Papà, ci sta anche quello del Figlio -o meglio, futura
figliA v.v- no?? :D
Perciò non perdetevi il prossimo capitolo, in cui ci sarà l'incontro di Aithusa coi cavalieri!!! ;)
Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=
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Capitolo 3 *** Mumy's POV II ***
Mum&Dady 3
Dedico
il capitolo a alice cullen88, Sakura Georgina Nakamura, crownless,
chibisaru81, valentinamiky, layla84 e Il_Genio_del_Male per le loro
fantastiche recensioni :)
Piccola
nota: il trattino ~
è in rosso
se indica le scene POV di Arthur, in blu se il POV
è di Merlin e in bianco
se è di Aithusa! ^-^ [Ma questo cap è solo un POV della mammina :)]
Mum&Dady
Mumy's POV
Merlin non aveva mai
amato cacciare: non capiva cosa ci trovassero gli uomini -ogni
riferimento a somari regali è puramente casuale- di divertente
nel togliere la vita ad un innocente animale.
Eppure ribellarsi e far valere le sue ragioni era da escludere e
così, curvo sotto il peso di balestre, lance, spade e sacchi di
varie dimensioni, il maghetto avanzava traballando.
«Oh, Merlin, sei affaticato?» gli domandò Arthur
affabile, raggiungendolo. Il moro lo guardò dal basso e con la
bocca aperta alla ricerca d'aria e si domandò se il principe
fosse idiota o meno.
Ma secondo te? Avrebbe voluto rispondere, ma ingoiò ogni possibile replica scettica.
«Beh, sì.»
L'espressione di Arthur era troppo ingenua. Troppo.
«Allora così non dovrebbe cambiare la situazione.»
concluse infatti il nobile asino, afferrando un grosso sacco pieno
d'armi dalla sella del cavallo e gettandolo sulle spalle del servo.
Inutile dire che Merlin stramazzò al suolo con nelle orecchie un languido: «Oh, scusa, mi dispiace così tanto.»
Doveva capire che il principe non sarebbe mai stato gentile con lui.
O se lo fosse stato sicuramente scherzava o era sotto l'influsso di un incantesimo.
E questo andava avanti da quel giorno in cui aveva preso parte
all'incontro con Aithusa. Non che prima avesse mai avuto dei riguardi
nei confronti del moro, sia chiaro.
Semplicemente, in quest'ultimo periodo si era particolarmente incarognito.
Merlin era sicuro che volesse fargliela pagare per aver attentato alla sua salute psichica conducendo all'interno delle sue nobili stanze
un lucertolone bianco dalle fauci ben poco raccomandabili. Ma tenne
quelle considerazioni per sé e si affrettò a tallonare il
baldanzoso principe che quando seguiva le piste delle orme lasciate
dalle sue innocenti prede pareva saltellare dall'eccitazione.
Poi, almeno fosse stata una chicca esclusiva del principe, Merlin avrebbe potuto sopportare quella giornata.
Ma no, ci si mettevano anche i cavalieri!
Gwaine non faceva che specchiarsi ad ogni pozza d'acqua incontrata nei
paraggi, affermando che avrebbe potuto far stecchire una lepre con un
solo sguardo.
Percival rideva alle battute del primo e difendeva a spada tratta i
diritti degli animali: che poi con la sua stazza non è che ci
facesse una gran figura, a mostrarsi così sensibile di cuore.
Anche se Merlin dubitava di quella bontà esagerata: aveva visto
il cavaliere all'opera e di certo non poteva definirsi un'animalista.
Sir Leon, in silenzio, si limitava a puntare la balestra in mezzo al
fogliame ogni qualvolta un rumore sospetto attirasse la sua attenzione,
fermandosi di colpo sul posto con i nervi all'erta; rischiando di
conseguenza di far inciampare e cadere con effetto domino tutti gli
altri, specialmente Gwaine che non stava mai attento a dove metteva i
piedi.
Elyan era probabilmente il più saggio ed accorto di tutti, ma
aveva la tendenza di lamentarsi per il caldo esagerato e per la lunga
strada da fare, esortandoli ad accelerare il passo. Anche se Merlin fu
sicuro di averlo visto sonnecchiare vicino ad un albero, qualche minuto
prima.
«Ah-ah!» urlò Arthur indicando qualcosa. Ma
urlò così all'improvviso che Leon sobbalzò e la
freccia nella sua balestra partì, fischiando ad una distanza
preoccupante dall'orecchio di tutti.
Gwaine perse l'equilibrio e cadde su Percival che rotolò su
Elyan che si svegliò di colpo inciampando su Merlin, che infine
ricadde a terra accompagnato dal frastuono delle armi che rotolavano
dai sacchi in mezzo al fogliame.
Qualcosa frusciò tra le foglie, con un guaito spaventato e nel bosco calò un silenzio carico di tensione.
Merlin riaprì gli occhi per assicurarsi che Arthur non si fosse
avvicinato con la cattiva intenzione di decapitarlo e quando si rese
conto che il principe non aveva mosso un passo si rimise in piedi,
recuperando le armi.
Gli altri fecero lo stesso, tra lamentele querule ed imprecazioni
generali, e quando Arthur si voltò, correlato ad un paio di
occhi che baluginavano come fiamme scoppiettanti, imprecarono di nuovo
per essersi fatti sfuggire la cena, tranne Gwaine, che fissava con
espressione affranta una ciocca di capelli inguantata di fango
sgocciolante.
Arthur continuò a fissarli col respiro corto e la bocca serrata
come se nella sua testa si stesse svolgendo una battaglia tra calmi
propositi e indisciplinati istinti omicidi.
«Beh, potremo sempre raccogliere dei frutti e mangiare quelli,
per adesso.» tentò di sdrammatizzare Merlin, con un
sorrisetto.
«O magari mangiamo te!» replicò Arthur furioso.
Poi avanzò insultando tutto e tutti e sparì tra il fogliame.
Probabilmente Gwaine -dopo aver abilmente ripulito la ciocca
incriminata- notò la frustrazione che aleggiava nel volto del
maghetto perché gli strinse la spalla con un sorriso che doveva
essere di consolazione. «Lascialo perdere, non sa stare allo
scherzo!»
Merlin annuì distratto e i cavalieri lo superarono, per seguire
le orme del re di Camelot, misteriosamente inghiottito dalle frasche.
Merlin sospirò, stringendo la bretella della sua sacca-sacco (che bel gioco di parole **) e si accinse ad imitarli.
Ad un tratto, tra le foglie brillanti di rugiada e i rovi spinosi, Merlin intravide il proprietario del trono di Camelot.
Si fermò per riprendere fiato e notò solo in
quell'istante che i cavalieri avevano tutti messo mano su un'arma
contundente, con gli occhi vigili puntati tra i cespugli.
Qualcosa si muoveva, in effetti, o non si sarebbe spiegato l'agitarsi improvviso delle foglie.
Arthur avanzava con passi felpati e la lancia in resta, quando ad un tratto qualcosa saltò fuori dal cespuglio.
Il principe trattenne il fiato e Merlin accorse da lui, allungando il collo per capire.
Una lepre senza vita giaceva a pochi centimetri dal somaro che si accucciò per assicurarsi di non averla solo immaginata.
«Il nostro pranzo!» constatò Gwaine in un soffio,
scuotendo la testa: una magra consolazione ma pur sempre qualcosa.
Arthur tuttavia aveva ridotto le palpebre a due fessure ed un attimo
dopo Merlin comprese perché: il fogliame continuava a muoversi.
«Ma che cavolo...?»
«Stai indietro!» lo avvisò Arthur rimettendosi in
piedi, e afferrandogli il fazzoletto per trascinarlo dietro di se'.
«Potrebbe essere pericoloso!»
Dove ho già visto questa scena? si interrogò Merlin distratto, mentre qualcosa, effettivamente, sbucava dalle foglie.
E appunto, la scena si ripeteva. Di nuovo.
«Mamy!» gracchiò un draghetto bianco, agitando la codina cosparsa di squame. «Dady!»
Arthur si irrigidì e Merlin corrugò le sopracciglia, ma
qualcos'altro li distrasse dal rimirare la candida creaturina.
I cavalieri, sussultando in preda al panico, avevano iniziato a
cincischiare con i foderi delle spade, lanciando urla e imprecazioni,
tra le quali spiccarono frasi come "Moriremo tutti!" "Un drago, un
drago!" "State giù, sire, potreste non vedere l'alba, domani!"
"Per Camelot" "Fino alla morte!"
«No, no, fermi!» urlò Arthur risvegliato da quel
frastuono, ponendosi a braccia aperte di fronte al draghetto, che
sollevò le zampette anteriori allungando il collo e annusando
l'aria turbato.
Merlin lanciò un sospiro di sollievo ma esso durò ben
poco, e scemò del tutto quando il moro si rese conto che i
cavalieri erano, se possibile, più sconvolti di lui.
Urgeva una spiegazione, o la situazione avrebbe preso una piega
preoccupante. Come avrebbero reagito i cavalieri? Ormai non potevano
semplicemente fingere di non aver visto niente, i cavalieri si
sarebbero posti delle domande. Cosa ci faceva un drago in mezzo alla
foresta? E perché Arthur si ostinava a difenderlo col proprio
corpo, quando era risaputo che fosse stato lui stesso ad aver
annientato l'ultimo esemplare di drago, due anni prima, e che suo padre
e i suddetti lucertoloni non avevano precisamente stretto dei rapporti
di amicizia in passato?
Lanciò un'occhiata ad Arthur e quando ebbe ottenuto i suoi occhi
cercò di trasmettergli i suoi timori. Il principe si
limitò ad indicare con un cenno del mento il piccolo drago, che
si era accucciato contro il suo stivale, in cerca di protezione, e poi
i cavalieri, allibiti.
Il maghetto capì e il suo stomaco fu stretto da una morsa
piacevole: lui e Arthur complici di qualcosa? Non era una
novità, ma si sentì particolarmente affezionato al Re per
la sua premurosità.
Si accucciò raccogliendo il piccolo spaventato, che si
rifugiò contro il suo petto con un guaito tremante, e
cercò di rassicurarlo con parole e mormorii gentili.
Percival deglutì, Leon si arricciò un... ricciolo, Elyan
si morse il labbro gonfio e Gwaine spostò il peso da una gamba
all'altra, in attesa.
L'ansia divideva loro e l'amorevole famigliola.
Arthur si schiarì la gola e Merlin si alzò in piedi, col draghetto tra le braccia.
«Oh... ehm... ragazzi, vi presento Aithusa.»
I cavalieri lo fissarono inebetiti.
Poi Gwaine svenne.
*
«Questa lepre è deliziosa.» bofonchiò Gwaine
con la bocca piena ed un rivolo di grasso che si avventurava nel mento.
«C'è qualcosa che non trovi deliziosa?» si
aggregò Percival sarcastico, con un sopracciglio che aveva ormai
raggiunto l'attaccatura dei capelli.
Il baldo giovane -più comunemente conosciuto come sir Gwaine-
ridacchiò asciugandosi il muso con il dorso della mano e rivolse
un cenno in direzione dell'amico. «Il broncio del re.»
E come un sol uomo, tutti si volsero a guardare Arthur, che alzò
la testa di scatto, imbarazzato da tutta quella attenzione.
Merlin scoppiò a ridere, non riuscendo a resistere, ma il suo
momento di ilarità durò ben poco perché qualcosa
di umido raspò contro le sue dita.
Riconobbe Aithusa, che annusava con malcelato interesse la ciotola di
legno che il maghetto reggeva in grembo, e sorrise raddolcito,
allungandogli una coscia.
Il candido rettile spolverò la carne in pochi secondi,
ingoiandola praticamente intera, poi riprese a guaire e scodinzolare,
per avvertire che il suo stomaco non era ancora pieno.
«Aithusa ha fame.» sussurrò allora Merlin ad Arthur,
mentre Gwaine si riempiva il piatto di brodo -preparato da Merlin
stesso con qualche frutto raccolto in seguito e carne di quaglia-.
Il biondo Pendragon non ribatté, si limitò a sbuffare e a scoccargli uno sguardo di sfida.
«Perché non ti offri tu come pranzo, Merlin?»
«Non sarei molto nutriente: lo dite sempre, sire, che sono magro quanto un manico di scopa.»
«Credo invece che il drago apprezzerà: almeno ci libererà della tua presenza.»
Merlin scosse la testa, divertito, e Arthur accennò un sorrisetto strafottente.
«Forse, sire, potreste offrire ad Aithusa un po' della vostra pancetta.»
Il re si irrigidì di colpo e Merlin sorrise sotto i baffi -sebbene non ne avesse-, vittorioso.
Scacco matto!
«Stai dicendo che sono grasso?»
«Non potrei mai, sire!»
«Io non sono grasso, Merlin! Quante volte devo dirtelo?»
«Appunto! Per mantenere la linea potreste offrire un po' di...-Aiha!»
Merlin sollevò la ciotola sgocciolante del somaro e trattenne il
fiato mentre il sugo gli scivolava sui capelli e sul volto.
Uno scoppio di risate gli annunciò che i cavalieri avevano colto
quel movimento, e infatti quando si voltò a guardarli li scorse
piegati in due dalle risate, Gwaine addirittura a terra, con le mani
strette al ventre e i capelli disordinati.
Arthur ghignava esultante e Merlin provò forte l'istinto di
vendicarsi. Così, quando il somaro si alzò per servirsi
un'altra porzione di brodo Merlin -attento a non farsi vedere-
formulò un incantesimo.
Come se fosse incappato in una corda invisibile l'asino inciampò ricadendo dritto dritto dentro... la pentola.
I cavalieri, a stento ripresosi dalle risate -occhi lucidi e respiro
corto ancora persistenti- se possibile risero ancora più forte.
Arthur si risollevò digrignando i denti ed avanzò furioso, brandendo il mestolo.
«MMMERLIN!»
Il servo, intento a ghignare, sbiancò all'improvviso e si alzò in piedi.
I cavalieri ridevano, Aithusa sibilava gioiosa agitando la codina
squamosa, e Arthur raggiunse il moro, afferrandogli il fazzoletto con
fare minaccioso.
«Adesso basta!» tuonò il re, imperioso, e Merlin deglutì spaventato, occhieggiando il mestolo.
Poi un dolore indicibile gli si irradiò nel sedere, e come se
fosse stato punto da uno spillo sobbalzò, ricadendo proprio...
sulle labbra del somaro.
Arrossì furiosamente, avvertendo sulla lingua il sapore dolce del sugo della carne.
Arthur spalancò gli occhi, lo allontanò sconvolto e scagliò lontano il mestolo.
I cavalieri erano ormai affogati nella polvere del terreno, scossi da interminabili risate, e Aithusa saltellava soddisfatta.
Nessuno -a parte i cavalieri, o forse nemmeno loro, troppo intenti a
ridere- si era accorto che Aithusa aveva morso il lato B del giovane
mago, provocando tutto quel casino.
Adesso, il draghetto bianco si leccava gli artigli, soddisfatto del suo operato.
*
Merlin fissava le fiamme, e le fiamme ricambiavano scocciate il suo sguardo, scoppiettando come in una danza ancestrale.
Il fumo gli risaliva lungo le narici, riscaldandogli i polmoni e facendogli lacrimare gli occhi.
Uno sbadiglio lo colse impreparato, tanto che non ebbe nemmeno il tempo di sollevare una mano per tapparsi la bocca.
Schioccò un paio di volte la lingua, come se avesse ancora il
sapore della carne in bocca, poi provò a stirare i muscoli della
gamba: niente da fare, erano intirizziti.
Un sonoro russare lo raggiunse e quando fece correre lo sguardo per la
natura ne scoprì anche l'origine: il largo petto di Gwaine si
sollevava ritmicamente, con una lentezza esasperante a dire il vero. Il
prode e impavido sir stava dormendo. E russava così tanto che ad
un tratto una scarpa emerse chissà da dove andandogli a colpire
il naso.
Gwaine grugnì qualcosa nel sonno, arricciando il naso e agitando
le mani per scacciare la scarpa: poi diede la schiena alla visuale di
Merlin e riprese a russare come se niente fosse.
Sir Leon -che si scoprì possessore della scarpa- sbuffò
contrariato e si coprì le orecchie con una sacca di cuoio.
Elyan sembrava svenuto: non si muoveva minimamente, con il capo reclinato di lato e le braccia spalancate.
Percival -in tutta la sua lunghezza- era abbandonato con la schiena ad
un tronco d'albero, con il volto chino sul petto e le braccia
incrociate.
Lui pareva una sentinella.
Merlin represse a stento un ennesimo sbadiglio e si concesse di
esaminare il somaro al suo fianco: Arthur sembrava impiegare tutte le
sue forze nel tentativo di non cadere addormentato: con le palpebre
pesanti, gli occhi gonfi di sonno e le labbra imbronciate smuoveva le
ceneri del braciere con un legnetto.
Ma era un movimento automatico dettato dall'abitudine e vedendolo
così stanco Merlin realizzò di essere perfino più
esausto di lui.
Sbadigliò di nuovo e tentò di aprire gli occhi e fissare
il braciere: il fumo gli invase i polmoni di nuovo, diffondendo un
piacevole torpore che gli fece perdere la percezione della
realtà.
I colori del fuoco divennero particolarmente luminosi, poi tutto si fece confuso e scuro.
Merlin percepì solo il profumo del somaro e la morbidezza della sua tunica: poi Morfeo l'avvolse nelle sue braccia.
O forse non era Morfeo?
~To be continued~
∞Aithusa's POV
_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.
Sì, sono spaventosamente in ritardo e LO SO. Come so
anche che questo cap sarebbe dovuto essere un POV del draghetto. Ma vi
dico solo questo: la storia si è allungata più del
previsto perché ho deciso di aggiungervi una storiella inedita
(un'idea che avevo da tempo ma che, riflettendo, ho capito che non
avrei potuto inserire nell'altra mia fic, Changing). Così
questa, da due semplici capitoli alla quale era stata predestinata,
passerà ad averne ben cinque! :D State tranquilli, comunque,
perché il quarto capitolo è già scritto e il
cinque è un work in progress quasi terminato, quindi tra
pochissimi giorni dovrei aggiornare! :3 [Non è nemmeno colpa mia
se il finale della quarta stagione mi ha convinto e/o costretto ad
aggiungere una scena in più x°D] Per quanto riguarda la
questione POV, mi piace variare e spaziare molto, a seconda delle idee
che ho in mente. Nel prossimo capitolo avrete le bellezza di quattro
POV diversi, per la vostra gioia: Merlin, Arthur, Aithusa e un
personaggio a sorpresa [uno dei cavalieri, vediamo se indovinate chi
:P].
Note:
Alla fine, come spero avrete notato, i nostri eroi
si ritrovano seduti attorno ad un focolare. Ho immaginato che, dopo un
bel pranzetto a base delle prede conquistate durante la caccia, sia
calato il sonno un po' a tutti x°D Insomma, perché tornare
subito a Camelot se possono rinfocillarsi di cibo e sonno in un colpo
solo già lì nel bosco? u_ù
Comunque,
spero di poter aggiornare presto Changing [quell'accidenti di settimo
capitolo è sempre a metà, non ho avuto molta ispirazione!
x°D] E mi scuso con tutti se sono sparita da questo sito, ma ho i
miei motivi [per quanto assolutamente degni di biasimo >_>]:
-Mi
sono concentrata sul mio libro fantasy originale [finito il 27
Dicembre, che emozione! *w* 970 pagine che si tramuteranno magicamente
in una trilogia xD]
-Dopo
che ho finito il libro ho dato inizio all'ozio-time, ovvero al "niente
storie per una settimana" che inevitabilmente si è protatto per
più di sette giorni. Insomma, volevo diciamo dimenticare come si
scrive per un po' di tempo, tanto per riprendermi dallo stress di un
libro originale xD Poi mi sono sentita in colpa e ho deciso di
riprendere a scrivere.
-Questa
non è una giustificazione ma un appello di scuse. E' da
parecchio che non leggo o commento delle fic, ma vi prometto che mi
rifarò presto v.v
E
adesso direi anche che mi sto dilungando troppo perciò auguri a
tutte voi befanine mie [e auguri a me stessa, in primis, anche se mi
chiedo dove sia finita la mia calza piena di cioccolati, quest'anno!
ç__ç] e buone vacanze in generale! E siccome queste
note dell'autrice stanno diventando più lunghe della storia
stessa vi abbandono.
Perciò non perdetevi il prossimo capitolo, in cui sarà l'incontro con un personaggio molto particolare. E povero Arthur! ;)
Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=
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Capitolo 4 *** Dady's POV II ***
Mum&Dady 4
Dedico
il capitolo a elfin emrys, Princess Mithian, alice cullen88, chibisaru81 per le loro
fantastiche recensioni :)
Mum&Dady
Leon's POV
Gwaine
si esibì in una manciata di respiri particolarmente rasposi,
alché lo
sfortunato Sir Leon meditò seriamente di tagliargli la gola
durante il
sonno e seppellire il corpo dove non sarebbe potuto essere visto.
Con
i nervi a fior di pelle e i timpani che reclamavano pietà il
prode
guerriero senza macchia e senza paura si spostò alla ricerca
di una
posizione più comoda -che gli permettesse di ignorare la
fonte di
disturbo costituita dal bruno- e batté le palpebre perplesso
quando ai
suoi occhi gli si presentò in una visione piuttosto...
assurda.
Merlin dormiva silenziosamente, col capo abbandonato sulla spalla del
Re, il quale non sembrava minimamente turbato della cosa.
Inizialmente
il cavaliere fu tentato di chiudere gli occhi e riprendere il sonno
interrotto, sicuro che certe immagini fossero solo frutto della sua
mente.
Quando riaprì gli occhi si rese conto che non poteva certo
attribuire la visione alla stanchezza: Merlin rabbrividì nel
sonno,
affondando sempre di più nella tunica di Arthur che, come se
fosse una
cosa ovvia e naturale, lo avvolse con un braccio.
Sir Leon batté le
palpebre, si pizzicò le guance, si tormentò
l'interno della guancia
alla ricerca della lucidità, e alla fine accolse
piacevolmente la più
saggia delle decisioni: rimettersi a dormire e smetterla di sognare ad
occhi aperti.
Dady's POV
Arthur aveva sonno.
Ma questo gli era chiaro da un paio d'ore.
Eppure, adesso, non era solo il sonno a farlo rabbrividire: no, anche
il freddo faceva la sua parte.
Con gli occhi chiusi e ormai praticamente avvolto dal mondo dei sogni
l'asino cercò il calore.
E lo trovò. Fu semplicemente un sollievo.
Sospirò, in preda al conforto.
Era così rilassato...
Tutto andava meravigliosamente bene...
Aithusa's POV
Aithusa aprì un occhietto, poi un altro, e dal
suo musetto spuntò una coppia di canini affilati e lucenti.
Agitò la codina, scuotendo la testina candida, e un solo
sibilo si levò dalla sua gola.
Poi, ignorando le lamentele del tipo capelloso, sfuggì dalle
sue braccia per andare a rifugiarsi tra i suoi genitori.
Quando si fu accucciata al calore di quei due corpi si permise,
finalmente, di abbassare le palpebre. Il sonno colpì anche
lei.
Nessuno ne era immune, nemmeno i draghi.
Mumy's POV
Merlin rabbrividì, quando qualcosa di umido e
gelido gli solleticò una guancia.
Qualcos'altro nel naso.
Merlin fece una smorfia, con un fremito.
Quando
quel qualcosa gli calò anche sulla palpebra destra Merlin
aprì di
scatto gli occhi, cercando di mettere a fuoco ciò che lo
circondava:
realizzò che delle goccioline di rugiada tamburellavano
tutto attorno,
di tanto in tanto, scivolando giù dalle morbide foglie verdi.
La
seconda sensazione che lo investì fu uno strano, ma
più che piacevole,
calore: quando mosse le mani per capire se erano ancora attaccate alla
sua colonna vertebrale le trovò occupate.
Corrucciò le sopracciglia,
perplesso, e quando abbassò lo sguardo rimase inebetito a
fissare ciò
che vide -e che, chissà come, stringeva tra le braccia-.
«Arthur?» chiamò, confuso, e quello
mugugnò
qualcosa di gutturale, stringendosi ancora di più a lui.
Merlin
arrossì, timoroso perfino di muovere le mani -una immersa
nei biondi
capelli dell'altro, chissà come e perché- l'altra
poggiata sulla sua
schiena, e tentò di schiarirsi la gola.
Niente da fare.
Provò a
discostarsi dal corpo dell'altro ma quello grugnì,
stringendo ancora di
più la presa e affondando sempre di più il naso
nell'incavo del suo
collo.
Merlin sospirò, sconfitto.
«Ho capito, lasciamo stare.»
Qualcuno ridacchiò e Merlin sussultò, cercando la
fonte.
I
cavalieri erano -bontà divina!- tutti svegli, e lo
scrutavano
ghignando, ma fingendo al contempo di svolgere le solite mansioni, in
quel caso preparare la colazione.
Merlin si districò in un lampo dal corpo di Arthur, in preda
all'imbarazzo, e quando lo fece qualcosa sibilò.
Un
sibilo che non apparteneva al somaro -Arthur si limitò a
corrugare la
fronte e stringere il vuoto, alla ricerca del suo cuscino umano.
Una testina bionda irritata fece capolino dalle sue braccia, ringhiando
il suo disappunto.
«B-buongiorno ragazzi!» li salutò
Merlin, forse con troppa enfasi.
Gwaine
si coprì la bocca per nascondere la risata liberatoria che
fremeva per
uscirne, mentre gli altri distolsero lo sguardo divertiti,
fischiettando.
«Non devi spiegarci niente.» lo accolse Elyan, con
un
sorrisetto che non prometteva niente di buono. «Sospettavamo
già da
tempo.»
«Non c'è niente da sospettare!»
ribatté Merlin rosso come un pomodoro «Che avete
capito?»
«Stai
tranquillo, non ci scandalizziamo.» gli diede corda Percival,
ficcandosi in bocca senza tante cerimonie una coscia di
chissà quale
delle tante quaglie arrostite.
Gwaine continuò a ridacchiare e
quando Merlin tentò di sviare il discorso il bruno non
resistette e si
spanciò nuovamente dal ridere, aggrappandosi alle proprie
ginocchia per
riprendere fiato.
Merlin, imbronciato e al colmo dell'imbarazzo, si sentì a
disagio quando si sedette tra di loro per fare colazione.
I loro sguardi maliziosi gli davano sui nervi.
Più che mangiare arrossì, e ciò che
seguì non servì a calmare le acque.
Dopo
appena pochi minuti, infatti, il principino -ora re- si era alzato: uno
si sarebbe aspettato un tipetto aitante col volto roseo e riposato, e
invece una coppia di macchie nere si mostrò sotto gli occhi
del somaro,
correlata ad un'espressione alla stregua di quella
dell'esorcista.
Gwaine
finse di spaventarsi quando lo vide e allorché il somaro
prese posto a
sedere, senza una parola, buio, cupo e gonfio di sonno come prima, il
prode cavaliere non resistette dal far nota la sua.
«Freddo, eh, Arthur?»
Quello grugnì un assenso, senza distogliere lo sguardo dal
fuoco
e Merlin arrossì conscio della domanda che sarebbe seguita.
«Già, certo, dopo tutto quel calore confortante il
freddo è proprio fastidioso, nevvero?»
«Mh?» Arthur batté le palpebre senza
capire, massaggiandosi un sopracciglio.
I
cavalieri si scambiarono occhiate complici, ridacchiando, e Merlin
affondò sempre di più dietro la sua ciotola, con
le orecchie a fuoco.
«Massì, comodo, caldo e morbido il tuo cuscino,
vero?»
Il biondo scrollò le spalle, continuando a non seguire quel
discorso. Poi si servì da mangiare e affogò i
dubbi nel
cibo.
Merlin si morse il labbro, mentre Aithusa gli si strofinava contro il
fianco, facendo le fusa.
Arthur, fortunatamente, si era dimostrato ancora una volta un asino. E
meno male!
Il
non capire le cose sembrava una sua prerogativa, ormai, e per una volta
-probabilmente l'unica- Merlin fu grato al cielo per questo.
~
Aithusa
seguì annoiata con lo sguardo gli spostamenti di quegli
strani draghi
alti e senza squame, con la pelle tenera e rosea come quella dei
passeri appena nati che zio Kil le mostrava, quando volavano fianco a
fianco sopra le creste degli alberi di Camelot.
Erano più che strani questi draghi: camminavano su due
zampe, si
coprivano di pellicce e non avevano una coda, e nemmeno le ali.
Come si può sopravvivere senza coda e ali?
Inoltre ringhiavano continuamente, ma non assumevano l'aspetto
minaccioso dei draghi normali.
Era come un ringhio... amichevole, ecco.
Poi
ognuno di loro aveva un comportamento diverso: c'era il drago bruno,
che dormiva quasi sempre o si lamentava, poi c'era quello capelloso,
che si divertiva a scuotere il piumaggio come un pavone vanitoso,
quello alto e lucido, che tuttavia era sempre gentile e premuroso con
lei, ed infine quello che sembrava avere un cespuglio di ortiche gialle
sulla testa, e che non sembrava mai a suo agio.
Aithusa era riuscita
a graziarseli al buio di prima: bastava guaire e muovere la coda e
immediatamente quei draghi le offrivano da mangiare.
Semplice, no?
E poi c'erano loro, mamma e papà, i draghi più
strani e incomprensibili che avesse mai incontrato.
Mamma guardava papà, papà non la notava.
Poi papà guardava mamma, ma mamma non se ne accorgeva.
E andava avanti così per diverso tempo.
Era frustrante.
Zio
Kill le aveva spiegato che i suoi genitori erano destinati ad un grande
futuro insieme, e che avrebbero fondato un potente regno,
chiamato Albion.
Aithusa non aveva idea di cosa significasse regno,
ma almeno a giudicare dalle parole dello zio, doveva essere come un
grande nido in cui tutti i draghi sono amici e non si combattono a
vicenda per la sopravvivenza.
Era felice di poter vivere coi suoi genitori, anche se non le
era possibile vederli tutti i giorni.
Per fortuna zio Kill si occupava di lei.
Aithusa
voleva anche molto bene ai suoi genitori: certo, papà era
molto
diffidente, specialmente all'inizio, ma Aithusa sapeva come prenderlo,
e in ogni caso papà tendeva a fare tutto ciò che
mamma voleva - ovviamente senza
accorgersene-.
Era bella quella vita... e sarebbe rimasta così.
Aithusa
sospirò, socchiudendo gli occhi. Una dormitina prima di
partire e dire
addio ai suoi genitori era la prospettiva più allettante, al
momento.
Era così bello avere una mamma e un papà che si
amavano!
~
Merlin
attese che i cavalieri si fossero allontanati abbastanza, in sella ai
propri cavalli, per richiamare indietro il biondo somaro e subito dopo
poggiare un dito sulle proprie labbra.
«Cosa?» sussurrò Arthur,
senza capire, e Merlin allungò il collo osservando le
schiene dei
cavalieri allontanarsi oltre la sua spalla.
Quando il pericolo fu sventato artigliò il polso dell'asino
e lo
condusse tra gli alberi, con un laconico: «Seguimi.»
«Sono il tuo re, Merlin!» protestò
però il
babbeo reale. «Si può sapere che
accidenti...»
«Dopo
che avremo varcato l'ultima fila di alberi non potremo più
vedere
Aithusa per un lungo tempo.» illustrò il mago,
senza rallentare il
passo e nemmeno voltarsi. «Così, devo farvi vedere
una cosa,
prima che andiate. Un qualcosa che, dovrete promettermi,
rimarrà un
segreto.»
«Di che stai parlando?» lo redarguì a
quel punto
Arthur, divincolandosi dalla stretta. «E cosa ha a che fare
con
me?»
Merlin sospirò, interrompendo il suo incedere per voltarsi a
guardarlo. «Riguarda entrambi... e anche
Aithusa.»
Allorché
l'asino sembrò sul punto di replicare, saggiamente il
maghetto pensò di
fargli segno di tacere. Poi avanzarono a passo felpato tra gli sterpi
spinosi e i cespugli folti e larghi.
Arthur imprecò quando quei
rametti arcuati e tentatori gli si infilarono nella cotta di maglia e
Merlin lo zittì nuovamente, con un dito sulle labbra.
«Voglio mostrarvi, sire, colui che ha badato ad Aithusa
quando io non ho potuto.»
Arthur
sgranò gli occhi, improvvisamente attento e incurante dei
graffi
provocati dagli sterpi. «Colui? Vuoi dire che un'altra
persona è a
conoscenza dell'esistenza di un drago?»
Merlin avanzò ancora, silenziosamente.
«Sì e no.»
«Com'è possibile? Hai appena detto che ha badato
a...»
«Ciò che intendo.» lo interruppe Merlin,
col cuore a mille.
Cavolo,
lo stava facendo davvero?! «E' che c'è qualcun
altro che,
effettivamente, è a conoscenza dell'esistenza dei draghi,
ma...»
«Ma?» lo incitò il re.
«Ma non è, ehm, ecco... esattamente una
persona.»
Arthur corrugò la fronte, senza capire, e Merlin
sospirò lasciandogli andare il polso.
«Dovete promettermi, Arthur, che nessuno verrà a
sapere di quello che so fare.»
«Tu sai fare qualcosa?»
«Sto parlando seriamente!»
Il biondo fece una smorfia. «Sono io il Re: non prometto
niente,
se prima non mi spieghi che accidenti sta succedendo.»
«Per una buona volta, volete fidarvi di me?»
Arthur lo studiò intensamente, da capo a piedi, come
soppesando le sue parole e la situazione.
Merlin
deglutì, sentendosi sotto pressione, ma ricacciò
indietro ogni
possibile replica, aspettando pazientemente che l'altro comunicasse coi
propri neuroni, fidandosi di lui.
Quando ciò accadde il somaro annuì, riluttante, e
Merlin si ritrovò a sorridere da orecchio a orecchio.
«Non
così entusiasta, però!» lo
biasimò il re all'istante, cogliendo la luce
esaltata dei suoi occhi. «Non sono ancora sicuro al cento per
cento di
potermi fidare. Quindi, chi è questo... essere?... che devi
farmi
vedere?»
Merlin sorrise, se possibile, ancora di più.
L'aveva già chiamato prima, il vecchio Kill, lontano da
orecchie indiscrete. Adesso doveva soltanto mostrarlo all'asino.
«Kilgarrah?» chiamò.
Non accadde niente, e Arthur roteò gli occhi al cielo.
«Eih, Kilgarrah! Sono io, Merlin! Devo farti incontrare una
persona!»
Dal momento che nemmeno dopo questo annuncio qualcuno apparve tra le
frasche, Arthur ghignò senza allegria.
«Molto sveglio il tuo amico, eh?»
Parlò
troppo presto, e se ne pentì subito dopo quando qualcosa si
sollevò dal
fondo del bosco e quella che fino ad un momento prima aveva scambiato
per una collinetta si rivelò essere...
Un drago?!
Oh merda! fu la reazione dell'asino reale.
~To
be continued~
∞Uncle's
POV
_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.
Sì, va bene, linciatemi pure, sta volta ho
esagerato... da quand'è che non aggiorno? Due mesi. Perdonooo,
chiedo umilmente venia, non speditemi alla gogna da Uther, vi prego!!
T___T
Se
volete dare la colpa a qualcosa datela a Supernatural, che mi ha
catturata per più di un mese (per vedere ben sette stagioni) e
adesso, per colpa di questo telefilm, non riesco a leggere o scrivere
qualcosa che non lo riguardi D: Ma mantengo le promesse, e questa fic
avrà una fine (il prossimo capitolo, l'ultimo, che è work
in progress ma che, salvo imprevisti, vedrà la luce la prossima
settimana su questo sito ;) Naturalmente non abbandonerò nemmeno
Changing (l'unica long ancora in corso), che continuerò a
pubblicare regolarmente. Non è neanche detto che abbandoni
questo fandom, anche perché ho incontrato delle persone
fantastiche e sono un po' restia a dar loro le spalle ** E poi, avevo
ancora due bozze di due storie su Merlin (una scritta a metà,
l'altra ancora totalmente nella mia mente) e una fic su Gwaine che
aveva partecipato ad un concorso ma che, per un mio errore, non ha
potuto gareggiare poichè non era una drabble. Dunque immagino
che quest'ultima sarà presto nei vostri schermi, se vi
andrà di leggere, è un tentativo di angst per questo
personaggio che nel corso della quarta stagione, almeno a mio dire,
è stato messo un po' da parte :)
Note: Il
capitolo è corto e non succede un granché, ne sono
consapevole, ma è per preparare il tutto al prossimo che
è, lo ricordo, l'ultimo. Naturalmente ho pensato di mischiare
un'idea che avevo avuto inizialmente per l'altra mia long (Changing) ma
che per motivi di cui non posso parlare, ho pensato potesse risultare
fuori trama in quella. E così la vedrete nel prossimo capitolo,
intessuta ovviamente dell'ironia che caratterizza il mio stile in
questa fic xD Mi auguro di non ricevere pomodori, dunque *w* In ogni
caso, ho deciso di seguire gli eventi di Aithusa fin quando compare nel
telefilm (il prossimo cap sarà un mezzo spoiler per chi non ha
visto l'ultima puntata... ma se siete arrivate fino a qui immagino che
abbiate già provveduto a tale mancanza xD) analizzando i
pensieri della dragonessa.... Questo è quanto, non so che altro
dire, pardòn! ^O^
Oh,
eccomi ancora qui :3 Volevo ringraziare quelle dolcissime persone che
hanno messo la fic tra le seguite/preferite/ricordate, avete uno spazio
nel mio cuoricino e mi fate venir voglia di continuare a scrivere.
Grazie <3
Un ringraziamento particolare, ovviamente, va a chi ha recensito. Sono
sempre contentissima di leggere i vostri pareri, quindi non temete
nemmeno voi, lettori silenziosi, perché a noi autori fa piacere
:D
Ma mi sto dilungando come sempre (aih aih sono logorroica ç_ç) ergo vi lascio qui.
Per adesso, arrivederci al prossimo capitolo! =(°-°)=
Perciò non perdetevi il prossimo capitolo, in cui sarà uno strano dialogo con un personaggio molto particolare. E povero Arthur! ;)
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Capitolo 5 *** Uncle's POV ***
Mum&Dady 5
Dedico
il capitolo a elfin emrys, chibisaru81, Your guardian Angel, Deb, Lycoris, valentinamiky e RossKL per le loro
fantastiche recensioni :)
Mum&Dady
Mumy's POV
Arthur
era atterrito, pallido e scandalizzato.
«Salve,
giovane Pendragon.» lo salutò amabilmente
Kilgarrah, facendo un buffo inchino -che consistette nell'abbassare il
grande testone-.
Arthur
aprì la bocca ma gli uscì appena un gemito rauco.
«Kilgarrah,
ti presento Arthur.»
«Lo
conosco già.»
«Arthur,
ti presento Kilgarrah.»
Il
nobile somaro era una maschera di granito.
Quando
lo guardò, nei suoi occhi baluginava un fuoco.
«Dannazione,
Merlin!» imprecò, sfoderando la spada.
«Ma quante altri draghi mi hai tenuto nascosti, eh??
Spiegami: li allevi, per caso? Ti diletti ad affilare le loro zanne e a
cantar loro la ninna nanna? Mio dio santissimo!»
«No,
in realtà sono ottimi come compagnia.»
considerò il mago mentre il re sudava freddo.
«Questo
drago è enorme!»
«Lo
vedo, sire.»
«Potrebbe
distruggere Camelot con una vampa di fuoco!»
«Sì,
potrebbe in effetti.»
«Per
la barba di Balinor, Merlin! Si può sapere dove hai perso la
testa?!»
«Kill
non farebbe male ad una mosca, sire.»
Arthur
barcollò, la spada tremante nelle mani sudate.
Era
stravolto, incredulo, molto vicino ad una crisi isterica.
«Kill?
Ha anche un soprannome, adesso?»
Merlin
annuì, accogliendo tra le braccia Aithusa, che li aveva -a
quanto pareva- seguiti tutto il tempo.
«E'
lui che ha badato ad Aithusa.»
«E
parla, anche!» ricordò Arthur, ancora
più sconvolto.
«Beh,
che credevi?» si inserì il lucertole, offeso
nell'orgoglio. «Sono un drago istruito, io.»
«Dei
santissimi.» pigolò Arthur, debolissimo.
«Suvvia,
sire, non avete ancora visto la parte migliore!»
Lo
sguardo che gli rivolse Arthur fu molto eloquente.
«Ce
n'è un altro?»
«Magari.»
brontolò Kilgarrah e Arthur impallidì
boccheggiando, come ogni volta che il drago apriva bocca,
scoprì più tardi Merlin.
«No,
temo di no.» gli fece presente il maghetto, con un tono
conciliante che doveva calmare l'ansia del principe.
«Porca
di quella lamia.» imprecò Arthur mentre Merlin lo
trascinava a forza verso Kilgarrah.
«Sei
sicuro che questo è il grande Re Arthur, colui che
fonderà Albion e che diventerà il più
grande sovrano di tutti i tempi?» domandò Kill
rivolto direttamente a Merlin, che scrollò le spalle.
«Direi
di sì.»
«Un
giorno scriveranno libri su di te, e anche molte fan fiction. Ah,
sì, e naturalmente anche dei film e dei telefilm.»
Arthur,
completamente trasecolato, non rispose, né
accennò a fare altro se non lasciarsi condurre senza opporre
resistenza dal suo servo idiota.
«Volevo
mostrarvi qualcosa che apprezzerete molto, sire.» Merlin gli
sorrise, ma Arthur non distolse nemmeno un attimo lo sguardo smarrito
dalla vasta mole del drago.
«Io
l'ho già visto, questo, Merlin.»
«No,
vi sbagliate, Arthur.»
«L'ho
già visto, ti dico.»
«Fandonie.
Io sono unico ed irripetibile.» si schermì
Kilgarrah, altezzoso.
Arthur
fece il broncio, ancora non convinto del tutto.
«Non
assomiglia a quel drago che ho ucciso due anni fa?»
«No,
sire, quello era molto più brutto.» stette al
gioco Merlin, dando sonore pacche sul collo di Kilgarrah che
soffiò tra i denti, nel tentativo di frenare una risata.
«Mmm.»
«E
quello aveva tentato di distruggere Camelot. Kilgarrah, invece, non lo
farebbe mai.»
Arthur,
come folgorato da un ricordo all'improvviso, si voltò a
guardare Merlin, additandolo.
«Tu!»
«Io?»
«Tu
mi avevi detto che avevo ucciso il drago, ma non c'era nessun
corpo!»
Balzò
all'indietro, fissando il drago come se l'avesse visto per la prima
volta.
«L'hai
salvato! Dannazione, Merlin, l'hai...»
«Oh,
ma è tocco questo qui?» fece Kill, querulo,
interrompendo quel fiume di parole. «Altro che Re in eterno,
questo è un idiota senza speranza. Allooora.»
aggiunse, voltando il testone all'indirizzo del sovrano.
«Quello della valle era il mio fratello gemello. Dio solo sa
quanto possano essere diversi due gemelli. E per quanto riguarda il
corpo... noi draghi quando moriamo ci dissolviamo nel nulla.»
Merlin
corrugò la fronte, mordendosi a sangue l'interno della
guancia per non ridere, mentre Arthur ascoltava rapito le parole del
drago, quasi fossero oro colato, incantato dal suo sguardo antico e
saggio, di chi ha visto cose che gli umani non possono neanche
immaginare.
«Un
gemello? Ma quanti siete?» lo travolse alché il
somaro. In realtà, non voleva conoscere realmente la
risposta, perché puntò gli occhi stupiti sul
servitore. «Merlin, non sarà che anche tu sei un
drago sotto mentite spoglie?»
Merlin
sollevò un sopracciglio, domandandosi ingenuamente se, per
errore, non avesse versato del vino nella colazione del somaro.
«Temete
che possa sputare fuoco?»
«A
questo punto non mi sorprendo più di niente.»
Merlin
rise, scuotendo la testa, e Aithusa gorgheggiò tra le sue
braccia, allungando il collo candido, attirandosi dei deliziosi gratini
sulla nuca.
«I
draghi sono delle creature antiche e potenti, ma non hanno ancora
appreso la conoscenza della metamorfosi. Come se ce ne fosse bisogno,
perché mai dovremmo voler trasformarci in piccole pulci
senza ali?» Kilgarrah si erse in tutta la sua altezza, come a
voler mostrare l'ampio ventre, dove scaglie luccicanti facevano bella
mostra di sé, quasi a prendersi gioco della confusione del
re.
«Smettila
di vantarti, Kill.» lo ammonì Merlin, divertito, e
il drago sbuffò una fiammata dalle narici.
Arthur
lanciò un urletto acuto quando le lingue di fuoco gli
sfiorarono la guancia, incenerendo le punte dei suoi capelli.
Merlin
fu colto dall'istinto di correre a sorreggerlo, temendo che le
ginocchia dell'asino avrebbero potuto cedere da un momento all'altro,
ma poi Aithusa attirò nuovamente la sua attenzione,
mordicchiandogli i polpastrelli per imporgli di continuare con le
coccole e il moro non se lo fece ripetere due volte.
«Mi
hai condotto qui per farmi sbranare, Merlin?»
domandò Arthur cercando di riguadagnare un po' di contegno,
ma la voce tremula lo tradì e Pendragon junior si
maledì mentalmente in tutte le lingue che conosceva.
«Saresti
un boccone succulento.» confermò Kilgarrah,
ispirato, e Aithusa sbatté le alucce con un ringhio ferino,
volando al fianco del ragazzo.
«Dady
no!» soffiò levandosi sulle zampette anteriori,
quasi a volerlo difendere.
Era
una scena piuttosto patetica, considerò Merlin osservano il
piccolo corpicino bianco che a stento arrivava alle ginocchia di Arthur.
«Allora
fate sul serio!» il somaro sembrava aver perso i toni virili
della sua voce e Merlin si trattenne a stento dal ridere, promettendo a
se stesso che si sarebbe servito del fatto per comprarsi il favore del
babbeo.
«In
realtà, Arthur, volevo solo... farvi vedere una
cosa.»
«Non
era questa, la cosa?» replicò Arthur, indicando il
grosso lucertole che nel frattempo si stava esaminando le unghie.
«Parlate
piano, sire, potrebbe offendersi.» Merlin agguantò
il polso del somaro, conducendolo verso un fianco di Kilgarrah, e si
morse le labbra per non ridere al biancore che aveva tinto il volto del
re.
«I
draghi odiano essere definiti delle cose... potrebbero ridurci in
cenere da un momento all'altro.»
Adesso
Arthur era diventato grigio.
«Ma
naturalmente loro non lo farebbero.» si affrettò a
rassicurarlo Merlin, indicando con un ampio gesto zio e figlia, che nel
frattempo stavano comunicandosi qualcosa nella loro lingua.
«Certo
che no!» si aggregò Arthur, mettendo mano all'elsa
della spada. «Ci provassero, e dovranno vedersela con
me!»
«Che
paura.» ironizzò Kilgarrah, all'orecchio di Arthur
che sobbalzò, preso alla sprovvista, con un urlo stupito.
Il
somaro mise mano alla spada, ma prima che potesse voltarsi e affondarla
nella carne squamosa del drago, egli gli aveva avvolto la coda attorno
ad una caviglia, sollevandolo a testa in giù all'altezza del
suo muso, per scrutarlo con più attenzione -o forse per
incutergli timore-.
La
spada di Arthur disegnò una circonferenza in aria, prima di
infilzarsi nel terreno.
Il
povero testa di fagiolo, con il sangue fluito alla testa e il mantello
a ventaglio che ondeggiava al vento, si dibatteva furiosamente.
«Merlin,
accidenti, fa' qualcosa!»
«Ma
se dite sempre che non so fare nulla.» gli ricordò
ingenuamente il servo, godendosi il momento: per una volta era lui a
reggere le redini!
«Ti
manderò alla gogna dopo, ricordalo!»
«Sempre
se sarete ancora vivo, dopo.»
Arthur
fermò per un attimo il suo dibattersi per lanciargli
un'occhiataccia, ma un cupo terrore sembrava diffondersi nelle sue
pupille.
Merlin
tramontò gli occhi. «Va bene, va bene.»
si schiarì la gola. «Lascialo andare,
Kil.»
«Mi
stavo divertendo» obiettò il drago, ma poi lo
riportò a terra.
Arthur
si rimise in piedi in un lampo, tentando di scostarsi di dosso il
mantello, che nella manovra l'aveva avvolto impedendogli i movimenti. E
se il suo volto non fosse stato acceso dall'ira Merlin si sarebbe
volentieri spanciato dal ridere.
«Adesso
volete ascoltarmi, sire?»
«Ascoltarti?
Ascoltarti?! Vorrei che tu ascoltassi la lama della mia spada, al
momento.» con uno strattone Arthur fece emergere un braccio
dal mantello, ma quando provò a prendere la spada
inciampò in un lembo di esso e finì direttamente
a terra.
Merlin
non si scompose ma Kilgarrah iniziò a singhiozzare senza
controllo.
«Un
drago si sta prendendo gioco di me, è il colmo!»
sbraitò Arthur, estraendo la spada e riponendola nel fodero
con sdegno, come se fosse un affronto.
All'improvviso
sembrava aver dimenticato la paura che l'aveva divorato in precedenza.
«Sono
sicuro che mi perdonerete...» continuò Merlin
avanzando verso di lui e aiutandolo a stabilizzarsi in piedi, ma
l'altro cacciò le sue mani e fece da solo. «...
dopo che avrete assaporato ciò che ho in mente di
mostrarvi.»
Poi,
senza dare tempo al babbeo di concepire una replica plausibile, diede
una pacca sul fianco di Kilgarrah e, aiutato dalle squame sporgenti, si
issò su, per poi aggrapparsi ad una scaglia appuntita sulla
schiena, circondandola con le dita per rimanere in equilibrio.
A
lavoro ultimato abbassò lo sguardo su Arthur, rimasto
immobile dove l'aveva lasciato, più che pallido adesso
proprio verdastro.
«Su,
cosa aspettate?»
«Stai
scherzando, vero?» lo aggredì lui, per poi
scuotere con decisione la testa. «Non vorrai sul serio che io vada lì sopra?» e fece una smorfia al solo
pensiero.
«In
realtà è proprio così, e non ve ne
pentirete. Arthur, fidatevi di me.»
«Non
se ne parla, io lì sopra non ci salgo! Non è mica
un cavallo, razza di idiota, è un drago!»
«E
voi siete o non siete un cavaliere?»
«Io
non cavalco draghi!»
Arthur
sembrava vagamente isterico ma Merlin non demorse.
«C'è
sempre una prima volta, no?»
Il
verso che produsse Arthur fu un mix tra sconvolgimento, sorpresa e
obiezione.
Ma
prima che potesse estrarre nuovamente la spada, fuggire o rispondere
qualcosa, Kilgarrah l'aveva di nuovo avvolto con la cosa, questa volta
al petto e sollevato da terra.
«Uoooo-ooh,
e adesso basta!» Arthur si aggrappò alle scaglie
sulla coda, con i piedi che penzolavano nel vuoto e si agitavano alla
ricerca di un sostegno.
«E'
diventato un vizio?» Merlin interrogò il drago, il
cui dorso vibrò sotto le sue gambe, scosso da una risata
sorda.
«Non
avrebbe mai avuto l'orgoglio di farlo da solo.»
«O
il coraggio.» lo corresse Merlin ignorando bellamente che il
soggetto di cui stavano amabilmente discutendo era a una spanna da lui.
Arthur
-prima troppo attento a cercare di non cadere o bestemmiare alla volta
del grande testone del drago- all'improvviso risvegliò la
propria attenzione e lanciò a Merlin uno sguardo di fuoco.
«Mi
stai dando del codardo?»
«Non
potrei mai, maestà.»
«Io
non sono un codardo, e avrei benissimo potuto salire su questo bestione
da solo, senza l'aiuto di nessuno!»
Kilgarrah,
che stava giusto per deporlo sul proprio dorso, si bloccò di
colpo, a mezz'aria, vagamente offeso. «Ah sì?
Vediamo se è come dici.»
Lo
lasciò andare all'improvviso e ad Arthur mancò il
fiato, mentre percorreva in caduta libera l'ultimo metro che lo
separava dalla schiena squamosa del rettile.
Scivolò
di lato ma riuscì in tempo ad aggrapparsi ad una scaglia,
poi coi piedi trovò un pertugio tra le squame e
provò ad issarsi su.
Merlin
si incantò a fissare i muscoli delle braccia che si erano
gonfiati per lo sforzo, con le gocce di sudore che impertinenti
rotolavano giù fino alla piega del gomit--- si riscosse,
arrossendo di colpo, e cercando di scacciare la visione.
Arthur,
il volto contratto dalla fatica, allungò una mano fino ad
avvolgere la schiena del drago, e provò a sollevare un piede
per mettersi a cavalcioni ma Kilgarrah rise tra i denti aguzzi e
dispiegò le ali, proiettando ombra sui due ragazzi.
Merlin,
che si era sporto appena, allungandosi per aiutare l'amico ad
arrampicarsi, si accorse troppo tardi delle intenzioni del drago che
-in risposta all'urletto eccitato di Aithusa-, fece pressione con le
zampe e spiccò il volo, frustando l'aria con la coda.
Il
movimento di quest'ultima fece sbalzare Arthur in avanti proprio... tra
le braccia di Merlin.
«Kill!»
lo rimproverò il servo, riuscendo a stento a rimanere
incollato alla scaglia con una mano. Arthur si rialzò a
fatica, ritrovandosi ad un centimetro dalla sua faccia.
«Sicuro
che Kill non stia per Killer?» domandò, irritato.
Merlin
arrossì, perdendosi nei suoi occhi, ed era così
intento ad assaporare il suo profumo che non colse subito la domanda.
«Eh...
ehm...» balbettò quando comprese il senso delle
parole, incespicando con la lingua. «Non lo so...
cioè no, non penso che...»
«Potrei
offendermi.» completò per lui Kilgarrah,
continuando a battere le ali regolarmente.
In
quell'istante -e forse anche perché l'aria gli frustava
piacevolmente i capelli e i vestiti- Merlin si rese conto del fatto
che... sì, accidenti, stavano volando!
[Scusate
se mi inserisco durante la lettura ma... vi invito ad ascoltare questa
musica da qui in poi. Io l'ho fatta partire ripetutamente per scrivere
questa scena e davvero, rende dieci volte meglio che senza :3 http://www.youtube.com/watch?v=nyrC8R_whCU]
Guardandosi
intorno vide le creste degli alberi che scorrevano ai fianchi di
Kilgarrah come fiumi di foglie, e poi scomparvero anch'essi, sostituiti
da due sentieri di cielo azzurro.
Con
un urlo liberatorio Merlin si aggrappò con entrambe le mani
alla scaglia a forma di corno, solo dopo essersi assicurato che anche
Arthur avesse fatto lo stesso con quella successiva.
Con
un sorriso grande quanto una casa si voltò a guardare il suo
viso stravolto.
«Sire,
guardate!» la sua risata si disperse nell'aria, mentre anche
Aithusa appariva al fianco di Kilgarrah, volteggiando e ruotando su se
stessa, come un fuoco d'artificio.
Aithusa
li notò e interruppe i suoi giochi d'abilità,
allargando le alucce bianche e mostrando la chiostra di dentini
bianchissimi -più del suo manto- in un gorgoglio estasiato.
Arthur
si perse a fissarla, accucciato e terrorizzato contro la scaglia, le
ginocchia strette quasi convulsamente attorno ai fianchi del dragone,
tanto che Merlin fu sicuro di averlo sentito lamentarsi.
«Va
tutto bene, non cadrete.» lo rassicurò Merlin
incapace di smettere di ridere.
Era
così felice!
E
cavalcare su un drago era sempre un'emozione grandissima... per di
più, con Arthur al fianco era semplicemente perfetta.
«Questo
lo dici tu!» sputò Arthur a stento, mentre il
vento gli scompigliava i capelli come una carezza decisa.
«Kil
non vi lascerà cadere.» gli confidò,
più dolcemente, abbozzando un sorriso sincero -di quelli che
sicuramente l'asino avrebbe colto, a dispetto del suo essere un totale
ed inguaribile somaro- «Io non lo permetterei.»
Arthur
continuò ad osservarlo, perseguendo a tacere, e riducendo le
labbra ad una linea sottile.
Ma
Merlin fu sicuro, nel profondo, che fosse un po' più
tranquillo, adesso.
Il
battito regolare delle ali di Kilgarrah era come un balsamo
rassicurante per le sue orecchie, e il modo in cui planava nel cielo,
ed evitava nuvole ed uccelli spaventati, era semplicemente qualcosa di
indescrivibile a parole.
Ad
un certo punto, trascinato dal momento Merlin lasciò andare
la cresta, stringendo le ginocchia attorno ai fianchi di Kilgarrah
-consapevole che poi avrebbe avuto le piaghe dolenti per giorni, ma che
importava?- e allargò le braccia, cacciando fuori dalle
labbra un urlo di pura felicità, come la prima volta che era
salito sul dorso di Kilgarrah.
«Merlin!»
lo sgridò Arthur, preoccupato, ma Merlin non si fece
contagiare dalla sua paura e anzi lanciò un secondo urlo.
«Non
cadrò, sire, non preoccupatevi!»
«Non
puoi saperlo.»
«Siete
seriamente in pensiero per me?» Merlin ritirò le
braccia -più per accontentarlo che per mera
necessità- scoccandogli un'occhiata con la coda dell'occhio.
Arthur
distolse lo sguardo, imbarazzato.
«No,
ma un servo idiota come te è difficile da trovare, al giorno
d'oggi.»
Merlin
si limitò a sorridere, felice.
Aveva
ormai capito che quello era il modo di Arthur di dirgli che ci teneva a
lui.
In
un modo personalissimo, asinino e ben poco gentile, ma non l'avrebbe
cambiato con nessun altro.
Anzi,
era anche grato al fatto che il babbeo non avesse iniziato a stonargli
le orecchie elencandogli i rischi del volo, dei draghi e del cielo, i
doveri di un re, le preoccupazioni che qualcuno avrebbe potuto
vederli... niente di niente.
Merlin
meditò che forse Arthur era troppo sconcertato per aprire
bocca, ma poi qualcos'altro attirò la sua attenzione,
discostandolo da quelle domande senza risposta.
Lì,
all'orizzonte, oltre la cappa di vaporose e candide nubi che stavano
attraversando, le creste merlate del castello di Camelot, con gli
stendardi che garrivano al vento e il sole che donava ai
doccioni una luce rasserenante, si ergeva in tutta la sua
maestosità.
«Sire,
guardate!» lo chiamò, e quando Arthur
alzò lo sguardo e seguì la traiettoria del suo
indice, i suoi occhi si spalancarono e le sue labbra si dischiusero, al
colmo dell'ammirazione.
«E'
Camelot!» sibilò, incapace di alzare il tono della
voce, tanto era la sua emozione. Merlin fu sicuro di vederlo sorridere,
con gli occhi lucidi e commossi, ma non fu in grado di indagare oltre a
riguardo perché Kilgarrah, con un vigoroso battito d'ali, si
buttò a capofitto verso il castello, in picchiata.
Merlin
e Arthur urlarono, colti di sorpresa, ma per motivi diversi: Merlin
dalla gioia, Arthur dal terrore.
Aithusa
non si accorse subito del cambiamento di rotta, e quando ciò
avvenne si affrettò ad emulare lo zio.
Proprio
quando Merlin pensò che fossero troppo vicini alle creste
del castello e le loro bandiere -vicini abbastanza perché
qualcuno, alzando gli occhi, avesse potuto vederli-, Kilgarrah distese
le ali in tutta la loro estensione (fibre carnose dalle quali filtrava
pallida la luce del sole) e planò.
Merlin
e Arthur vennero trascinati dolcemente all'indietro dal movimento, ma
questa volta non temettero nemmeno di scivolare giù dal
dorso del lucertolone.
Quando
la manovra fu conclusa Arthur lanciò un sospiro di sollievo.
Poi,
nel momento in cui Kilgharrah riprese a fustigare il vento con le ali,
Arthur si affacciò di lato, attento a non sporgersi troppo.
«La
città bassa!» esclamò con enfasi, con
gli occhi che percorrevano febbrili i tetti dei negozi del mercato e
delle case, come se cercasse di catturarne ogni minimo dettaglio.
«E
i cancelli!» si unì Merlin con lo stesso tono,
indicandoli.
«E
la cittadella» elencò Arthur come un bambino che
rincorre una farfalla «E il cortile, e guarda, lì
c'è la taverna!»
«E'
vero, chissà se Gwaine non l'ha già
raggiunta.» rise Merlin al pensiero e Arthur si
unì a lui.
Pura
e semplice, quella risata.
Così...
sincera.
Merlin
non ebbe tempo di sorprendersi, perché la sua visuale venne
occupata da un affusolato corpicino bianco, che si avvitò su
se stesso con gli occhietti vispi e ridenti.
«Aithusa!»
la chiamò, non riuscendo a contenere la felicità
che lo invadeva al momento.
Il
draghetto bianco volò attorno a Kilgarrah e perfino il
grosso lucertole si unì alla gioia collettiva, con una
roboante risata gutturale proveniente dal fondo della gola, che gli
fece fremere i fianchi come in un terremoto.
Arthur
contemplava il paesaggio che si inseguiva molti metri sotto di loro,
innamorato di quella visione e Merlin faceva lo stesso... col volto del
suo signore.
Vederlo
così felice e sereno gli scaldava il cuore.
Da
quando era diventato Re Arthur era maturato, e aveva avuto ben poco
tempo per rilassarsi.
Doveri,
doveri e ancora doveri.
Uther
aveva portato con sé nella tomba anche la sua
felicità.
Ma
adesso era lì, il suo migliore amico, il suo signore, il re
di Camelot e in futuro, anche di Albion.
Era
lì e stava ridendo.
Era
lì e non pensava a niente.
Arthur,
probabilmente attirato dal suo sguardo insistente, alzò gli
occhi su di lui e il suo sorriso si allargò.
«Grazie,
Merlin.» disse, colpito, mostrando ancora una volta quel lato
gentile che Merlin tanto amava.
Il
servo annuì, sentendosi completo.
«E
di che, prima eravate così riluttante!»
«Non
pensavo che potesse...» Arthur lasciò vagare lo
sguardo intorno, tra le nuvole, ma le parole gli morirono in gola di
fronte alla bellezza della natura. «Solo questo: Grazie. E'
il più bel regalo che potessi farmi... il migliore che abbia
mai ricevuto.»
Merlin
sollevò gli angoli della bocca, senza staccare gli occhi da
lui.
«E
pensate, non è nemmeno il vostro compleanno»
rispose agitando un dito accusatore, ma poi tutto venne smorzato da una
risata.
«Smettetela
di fare i piccioncini, voi due, lassù, che non ho intenzione
di morire di diabete.» borbottò Kilgarrah
decisamente divertito, virando all'improvviso.
Il
colpo fece sbalzare di nuovo Merlin dalla cresta.
Si
tuffarono in una nuvola frizzante e morbida, e quando ne riemersero
Merlin si accorse di aver qualcosa attaccato alle labbra.
Spalancò
gli occhi e incontrò quelli di Arthur.
Si
discostò con uno schioppo, trattenendo il respiro, le guance
più rosse di un pomodoro maturo.
Kilgarrah!
Lo rimproverò mentalmente, mentre Arthur ammiccava, senza
capire ancora cosa fosse successo.
Accidenti!
continuò a lamentarsi Merlin mentre riprendeva possesso del
suo posto vicino alla grande scaglia a forma di corno, mettendo tra
sé e il babbeo più distanza possibile.
Era
la seconda volta in dodici ore che, a causa di un drago, si ritrovava a
ba.... ba... baciare il somaro!
Arrossì
fino alla punta dei capelli, le orecchie che bruciavano, e
incassò il volto nelle spalle, per nascondere l'imbarazzo e
il disagio.
Al
momento si sarebbe volentieri lasciato scivolare giù dalla
schiena del drago.
Scoccò
all'asino un'occhiata in tralice e lo vide continuare a grattarsi la
guancia, confuso.
Sospirò
di sollievo: fortuna che fosse così asino!
Anche
se... aveva un buon sapo--no, Merlin, basta!
Uncle's POV
Kilgarrah rise silenziosamente, senza interrompere il monotono battito delle ali, che scandiva il tempo ad intervalli regolari.
Il giovane mago aveva con sé un grande potere, un destino eroico e una forza di volontà invidiabile.
Eppure, in fondo al cuore, era un essere umano come il Re e come tutti gli altri Senza Ali.
Anche lui aveva
dei sentimenti... e il vecchio Kil aveva capito da subito che tra lui e
Arthur non sarebbe intercorso solo il filo rosso del destino ad unire i
loro mignoli.
No... c'era di
più. Qualcosa di più potente, qualcosa di accecante e
indissolubile nel tempo, qualcosa di totalizzante e potenzialmente
distruttivo. Naturalmente, quando quattro anni prima si erano
incontrati Kil non poteva immaginare come il rapporto si sarebbe potuto
evolvere da semplice sogno scolpito nella nebbia del tempo -e delle
profezie- a tangibile realtà.
A quel tempo,
durante il loro primo incontro, Kil non avrebbe certo potuto rivelare
tutta la verità. Certe considerazioni era necessario che
rimanessero taciute, per evitare che il destino non si ripetesse. Esso
doveva procedere con cura, passo dopo passo, senza fretta, come i
mattoni di un casa, posti ad incastro l'uno sopra l'altro.
Se anche uno di questi fosse stato tolto, tutta la struttura sarebbe crollata.
Kilgarrah non poteva permetterlo.
Se era vero che era un drago, non l'avrebbe permesso.
Non avrebbe
potuto rivelare al giovane mago che il principe Arthur, oltre che il
suo destino, si sarebbe tramutato nel suo chiodo fisso, il suo pensiero
continuo e perché no, anche la sua unica ragione di vita.
Non poteva fargli
notare che la sua devozione andava al di là del significato
proprio del termine. Non poteva certo spiegargli che quel sentimento si
chiamava Amore.
Il giovane mago era già molto saggio... Kil non dubitava che l'avrebbe capito presto.
O forse no?
Il giovane mago era saggio sì, ma anche profondamente testardo. Per non parlare del Re-orgoglio-Pendragon.
Kil scosse la
testa, ridacchiando al pensiero dei due giovani uomini e alla loro imbarazzata confusione sopra la sua schiena ricca di scaglie.
Solo il tempo avrebbe potuto concedere delle risposte. Per quanto lo riguardava, lui aveva concluso il suo compito di precettore già da tempo.
*
Aithusa's POV
Aithusa,
con un'altra manciata di battiti d'ali, superò un venditore
ambulante, il quale si discostò tanto in fretta che
rischiò di rovinare a terra, trascinato dal peso della cassa
piena di mele che stava trasportando.
Il
draghetto bianco come la neve virò per sfuggire dalla presa
di una donnina incallita, poi si levò più in
alto, fino a raggiungere le vetrate di quella che suo zio chiamava
"sala del trono".
Allungò
il collo per guardarvi all'interno, oltre le vetrate che avevano
decisamente visto giorni migliori, e scoprì tanti draghi,
tutti lustri e profumati, ritti in piedi a fissare qualcosa... o
meglio, qualcuno.
Aithusa
seguì la traiettoria del loro sguardo e scoprì
suo padre, lì, con una pelliccia color sangue e lo sguardo
fiero di un drago.
Aithusa
si sentì fiera di lui e rullò le ali, eccitata,
emettendo uno strilletto acuto, che suo zio avrebbe definito infantile.
Ma a
lei non interessava nemmeno di essere scoperta... del resto quei draghi
senza coda sia dentro le mura che fuori sembravano non prestarle
minimamente attenzione, tutti concentrati sulle loro faccende o su suo
padre, che mostrava il petto liscio coperto da pelli.
Sulla
testa arruffata faceva sfoggio di sé una strana cosa tutta
brillante e appuntita... com'è che l'aveva chiamata zio Kil?
Corana...
corolla... ah no, giusto, corona.
Cosa
fosse Aithusa non ne aveva idea, ma il paziente lucertolone le aveva
spiegato che per i draghi senza coda era un simbolo di potere.
Il
suo paparino era quindi come il capo branco dei Senza Ali, ma... al suo
fianco non vi era la mamma.
Vi
era un drago femmina, con un vello scuro in testa... sì, era
la stessa pelliccia di lana delle pecore che lei e lo zio tante volte
avevano divorato a pranzo.
E
anche lei indossava il simbolo del potere.
Aithusa
si agitò, soffiando minacce in direzione della creatura, poi
con gli occhietti passò in rassegna il gruppo nutrito di
Senza Ali, alla ricerca di sua mamma, e la trovò... il suo
sguardo azzurrino era così triste che Aithusa avrebbe voluto
sfondare il vetro e accoccolarsi tra le sue braccia, per farla sentire
meno sola.
Ma
sapeva che Merlin non l'avrebbe mai perdonata... e nemmeno Arthur.
Non
capiva cosa stesse succedendo... se mamma Merlin amava papà
e papà ricambiava, perché Arthur stava rendendo
un altro drago capo-branco al suo fianco?
Aithusa
continuò a rumoreggiare dietro la finestra, agitando le ali
e lanciando acuti stridii che avrebbero potuto far esplodere il vetro
in grappoli di cocci.
Ma
sua madre non alzò lo sguardo, e nemmeno suo padre.
O la
dragonessa con la pecora in testa.
Nessuno
le diede conto, nessuno si accorse della sua presenza.
Infuriata
sopra ogni limite contro la dragonessa col simbolo del potere al fianco
di suo padre, e triste per il volto affranto di mamma Merlin, Aithusa
si staccò dal vetro con un frullio di ali e, col sole che
giocava con la membrana della tenera pelle, proiettando un'ombra
deformata sul muro di marmo, virò su se stessa e si
allontanò veloce.
Se
fosse rimasta lì ancora avrebbe fatto irruzione nel castello
e divorato la dragonessa che aveva rubato papà a mamma,
sì... l'avrebbe fatto, e al diavolo le conseguenze.
Sempre
più inferocita Aithusa si defilò veloce, deviando
all'indirizzo della foresta, per nascondersi agli occhi curiosi della
gente.
Sotto
le fronde l'aria era più tiepida, ma al drago non
importò.
Continuò
a sprofondare tra le ombre, sempre più in
profondità nella selva, incurante dei ringhi dello zio nella
sua mente.
O
meglio, il ricordo di essi.
Era
sfuggita dalla protezione delle sue ali per vedere cosa stesse
succedendo in città.
Ormai
era cresciuta, aveva spiegato, ribellandosi alle assurde richieste di
Kilgarrah.
Lei
voleva vedere i suoi genitori... l'ultimo loro incontro risaliva ad un
paio di mesi prima, e quel volo era stato il suo più bel
ricordo... e invece, adesso, quella dragonessa con la pecora in testa
aveva rovinato tutto.
La
vita era crudele... suo zio gliel'aveva spiegato, ma lei non gli aveva
creduto.
La
vita era facile, bastava saper cogliere i momenti al volo, come le
prede... bastava serrare le mascelle attorno alla felicità,
carpirla coi denti e farla propria.
Kil
le aveva spiegato inutilmente che quei ragionamenti erano dettati dalla
sua giovinezza -adolescenza, l'aveva definita- ma Aithusa aveva
rifiutato di credervi.
E
così, distratta dai suoi pensieri, non si accorse subito dei
rumori provenienti dal retro di un cespuglio spinoso.
Aithusa
interruppe il suo volo, battendo furiosamente le ali per arrestarsi,
atterrò con delicatezza e precisione, e rizzò il
collo con tutti i nervi all'erta, attenta a non far rumore.
Silenziosa
come un'ombra sgusciò vicino al cespuglio e si
appiattì al suolo, riparata dall'ombra di una pietra.
Quando
affacciò lo sguardo al di là di essa scorse una
Senza Ali riversa sul terriccio, che sembrava... morta.
Aithusa
emise un suono sorpreso, inclinando la testolina bianca, poi si
acquattò di nuovo al suolo e strisciò fuori,
cauta, un passo dopo l'altro approssimandosi alla creatura Senza
Respiro.
Si
fermò a pochi passi e la annusò, confusa.
Respirava,
a stento, ma respirava... quindi era ancora viva.
Osservandone
il volto Aithusa credette di vedere una versione più
delicata del suo papà... era così simile a lui,
solo aveva la pelliccia scura sul capo... ed era una dragonessa.
La
voce di suo zio le rombò nuovamente in testa: le ordinava di
stare lontana dagli sconosciuti, perché potevano essere
pericolosi.
Ma
quella creatura era così pallida, così debole...
così indifesa!
Non
avrebbe potuto far male a nessuno e poi... Aithusa riusciva a percepire
una sorta di odio nella creatura Senza Ali.
Un
odio dimostrabile dal fatto che, tra le dita, stringeva una ciocca
scura.
Aithusa
annusò il ciuffo e scoprì che apparteneva alla
pecora in testa alla dragonessa capo-branco al fianco di suo padre.
Dunque
anche la dragonessa Senza Ali, come lei, odiava la capo-branco!
Con
un gorgoglio complice Aithusa zampettò fino al cospetto
della creatura e le soffiò in volto, per farla rinsavire.
Il
soffio dei draghi aveva un potere salvifico, le aveva raccontato suo
zio. In punto di morte, era l'unica cosa in grado di salvare qualcuno.
Così
non si sorprese più di tanto quando la creatura
aprì gli occhi -così verdi e grigi insieme,
così freddi ma al contempo così ricchi di
emozioni- e ammiccò in sua direzione, senza capire.
Aithusa
si erse sulle zampe inferiori e gorgogliò, soddisfatta,
inclinando la testa.
Aveva
una nuova amica!
_____________________________________________________________________________
Angolo Autrice.
Eccomiii, questa
volta puntuale come un orologio svizzero... o quasi :3 Ho pensato che
ero già stata abbastanza cattiva con voi, con tutto quel
ritardo... e quindi eccomi qui, con l'ultimo capitolo di questa fic,
che inizialmente doveva essere solo una breve one-shot. Non so cosa
dire su questo capitolo, forse vi aspettavate un lieto fine? Beh...
volutamente ho lasciato le cose un po' in sospeso. Innanzitutto non ho
voluto approfondire troppo certe questioni, proprio perchè
l'atmosfera di questa fic è leggera, e se mi fossi messa a
sottolineare certe cose me ne sarei uscita col mio solito angst, e
almeno per questa ff volevo tenerlo alla larga v.v Inoltre... il finale
non poteva essere che questo. Del resto la quarta stagione finisce in
questo modo, non potevo andare fuori dalla timeline xD In ogni caso,
sappiatelo, non sono fan dell'Arwen (e come potrei?) e ho cercato di
dare una spiegazione allo strano comportamento di Aithusa dell'ultimo
capitolo o.o (cioè quando ha risvegliato Morgana ero tipo "Ma
che caz...?! O__O") e in fondo, il lieto fine c'è, in un certo
senso xD Morale della favola? Mamma Merlin e papà Arthur sono
innamorati l'uno dell'altro MA papà ha dovuto sposare Gwen. Ma
chissà... forse se nella quinta stagione Aithusa
comparirà nuovamente potrò tornare a rompervi le balle
col sequel di questa ff, anche per questo ho voluto lasciare il finale
in mano alla vostra immaginazione :)
Note: Come
promesso questo capitolo è molto più lungo del
precedente, ben 22 pagine, quindi mi auguro che ve le siate godute! ^^
Nel caso non si fosse capire la scena finale è ambientata nella
4x13 di Merlin, a mo' di spiegazione del comportamento di Aithusa. Ho
immaginato che i draghi, sebbene non fossero telepatici, riuscissero a
leggere le emozioni degli esseri umani -da questo spiegato
perché la nostra lucertolina bianca ha avvertito l'odio di
Morghy nei confronti di Gwen-. Il filo rosso del destino citato da zio
Kill è una leggenda giapponese, che lega due persone destinate a
stare insieme (tipo anime gemelle, in pratica >> colpa di
xxxholic delle CLAMP, sorry D:) Poi... sì, la tipa con la pecora
in testa è proprio lei, la vacca-Guinevieve, e la Senza Ali
moribonda ovviamente Morgana (ma questo l'avrete sicuramente capito xD)
e poi che dire... la scena del volo mi ha emozionato tanto,
specialmente ascoltando quella soundtrack che vi ho linkato. Buh, mi
da' un senso di pace, quanto vorrei che inserissero una cosa simile nel
telefilm <3 Ma ovviamente siete voi i miei giudici, quindi bando
alle ciance e aspetto i vostri pareri **
A
titolo informativo, il prossimo capitolo di Changing sarà presto
online, quindi ci risentiremo lì se volete leggere qualcos'altro
di mio :3 Non so... spero di avervi divertito con queste brevi chicche
che a me hanno divertito molto scrivendole, anche se sono pochi
capitoli, lo so. A voi la sentenza ^^ Ah, per altro... non so a chi
possa interessare ma ho fatto il mio primo video su Merlin, ecco il
link :3 = http://www.youtube.com/watch?v=eT6JMq0j8D4&feature=channel (Se qualcuno di voi fosse su Youtube e volesse aggiungermi, il mio account è Remyfan95 :D)
P.s_:
e giuro che è l'ultima cosa che vi dico! x°D Bbeeene,
riguardo a tutto la fic... come avrete notato oltre che ai POV dei
nostri eroi (essendo una Merthur ovviamente quelli di Merlin e Arthur
sono i più numerosi), ho provato a giocare anche coi pensieri di
altri personaggi, perchè mi piace analizzare personalità
diverse e farle interagire tra loro, naturalmente cercando di
mantenerli IC ^^ Quindi avete letto di Leon, e ho cercato di usare un
linguaggio piuttosto normale e forse un po' lamentoso come si confa ad
un personaggio come Leon che pure è poco descritto nel TF,
secondo me. Poi di Aithusa e perfino di Kilgarrah. Nel caso del
bestione ho cercato di utilizzare un linguaggio un po' più
adulto -anche nella scelta del lessico-, magari anche un po' criptico
-del resto stiamo parlando di LUI, che mai è stato chiaro col
nostro Merlin! x°D- e vagamente filosofico. E di Aithusa, ho
provato al contrario a ricercare un linguaggio più semplice,
diretto e diciamolo, anche un po' infantile v.v Non so, spero che la
differenza si sia notata... in caso contrario mi do' all'ippica!!
x°D Scherzo... v.v Ovviamente descrivere i pensieri dei
draghi è stato più difficile; specialmente di Aithusa,
che del mondo degli uomini sa poco e niente. Ergo mi appello a voi: che
ne pensate? Ecco ora ho concluso v.v
Per adesso, arrivederci alla prossima storia! =(°-°)=
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
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