Winter Sun

di Josie Walking_Disaster Vengeance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Just a smart boy and a lonely guy ***
Capitolo 3: *** No one knows what it's like to be stuck in my mind ***
Capitolo 4: *** Storm, Horror Movies and Nightmares ***
Capitolo 5: *** He's just a runaway ***
Capitolo 6: *** Maybe I'm a sinner, but you make me feel so damn good ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Winter Sun - Epilogo








Il paesaggio buio scorreva velocemente di fianco a lui, ombre scure, troppo scure per essere riconosciute. L'aria entrava dai finestrini riempendo la macchina e tormentando i capelli dei passeggieri al suo interno: della donna che gli stava urlando contro, del bambino dai capelli biondi addormentato nel sedile posteriore e i suoi.
Le occasionali luci dei lampioni gettavano lampi di bagliore bianco all'interno dell'abitacolo che infastidivano gli occhi del conducente.
Era stanco, arrabbiato, nervoso e non riusciva a prestare attenzione alla strada.
Le stradine di campagna avevano sostituito quelle della periferia e, ancora prima, quelle della città.
Oltre al getto luminoso dei fanali dell'auto non vi era altra fonte di luce. Solo buio, vento e la voce alterata della donna.
Quella voce lo innervosiva, il buio totale lo oprrimeva.
Ribatté alle accuse della donna, arrabbiato, la macchina che continuava a sfrecciare nella tortuosa stradina deserta. Accellerò. Voleva tornare a casa.
Voleva lasciarsi alle spalle quell' irritante voce, quell' opprimente buio.
In un attimo una intensa luce abbagliante riempì l'abitacolo, la donna si ammutolì e il bambinò gridò, svegliandosi all'improvviso e spalancando gli occhioni verdi:
"Papà!"
E poi fu buio di nuovo.


Zack aprì gli occhi svegliandosi di soprassalto. La fronte era madida di sudore, il petto saliva e scendeva a ritmo del suo respiro frenetico, il cuore che martellava contro il costato.
Aveva anche cominciato a sognarlo. Non sarebbe mai riuscito a liberarsi di quel ricordo....
Si alzò nonostante fuori dalla finestra fosse ancora buio, si vestì e uscì di casa. Non riusciva a stare in luoghi chiusi per troppo tempo.



***


Brian fissava il soffitto come nella speranza che li si trovasse quella forza che lo avrebbe aiutato ad alzare il culo dal letto. Dopo almeno una decina di minuti di contemplazione poté constatare che quel soffitto era solo un semplice... bè soffitto.
Guardò il display della sveglia e si maledisse. Le quattro e cinquanta, era stato più di venti minuti li immobile senza fare niente.
Raccogliendo a se tutta la buona volontà si alzò. Aveva faticato tanto per trovarsi quel lavoro e non poteva permettersi di perderlo. 
Andò a lavarsi e vestirsi, facendo tutto in stato semi-comatoso, tanto che quando arrivò davanti alla porta di casa non sapeva neanche come ci fosse arrivato.
Decise di recarsi alla Caffetteria, suo attuale luogo di lavoro, a piedi. Non ci volevano più di quindici minuti e, l'aria fresca del mattino e la prima luce del sole che cominciava ad intravedersi oltre l'orizzonte della città lo rilassavano.
Una volta arrivato trovò Al -il suo capo- già intento a sistemare per l'apertura, che non sarebbe avvenuta prima di un'altra mezz'oretta.
Brian si era subito trovato bene a lavorare con Al: era un tipo molto alla mano, che aveva fin da subito voluto che gli desse del tu e lo chiamasse "Al". Infatti ancora Brian non era a conoscienza di quale fosse il suo nome per esteso.
-Buongiorno Brian. Fatto tardi anche ieri sera?- chiese con il tono che usava solitamente per prenderlo amichevolmente in giro.
-'Giorno- rispose semplicemente Brian, evitando di rispondere alla domanda.
-Dai aiutami a sistemare le ultime cose che appena abbiamo fatto apriamo- lo intimò, mentre era intento a sistemare le sedie che erano girate sopra i tavoli.
Brian rimase stupito che volesse aprire con anticipo. Al era sempre stato molto preciso con gli orari.
-Perché apriamo prima?- domandò infatti Brian.
Al smise un attimo di sistemare i tavoli per voltarsi verso di lui e fargli un cenno con la testa.
-Quel ragazzo è li da un bel po'. Non capisco perché, dato che c'è il cartello con l'orario appeso fuori, ma mi sento un po' in colpa a lasciarlo li.
Brian si voltò verso la porta a vetro che dava sull'esterno e notò un ragazzo  in jeans, camicia a scacchi e cappello con la visieria che se ne stava con le mani in tasca appena fuori il Caffè.
Probabilmente non era di Huntington Beach perché non l'aveva mai visto in giro e, dato che sembrava avere più o meno la sua stessa età, sarebbe stato difficile non conoscerlo.
Mentre era perso nelle sue osservazioni, il ragazzo si voltò verso di lui e Brian distolse subito gli occhi. Lo sguardo che gli aveva lanciato gli aveva  fatto venire i brividi per un attimo. Era... strano. Però si convinse che era dovuto tutto a una sua illusione o a un qualche gioco di luci, perché quando si voltò di nuovo lo trovò a scrutare il cielo azzurrino del mattino con disinvoltura e innocenza.









Buooonasera :D
Mi mancava scrivere una bella Synacky, quindi ho dovuto per forza rimettermi a lavoro :)
Vi avviso che forse questa ff sarà un po' particolare e probabilmente più seria di quello che avevo programmato. E' un po' un esperimento, vediamo che ne esce.
Lo so che come inizio è un po' cortino il capitolo, ma è solo il prologo e intanto ringrazio chiunque abbia letto e spero che come inizio vi abbia incuriosito un po' :P
Non credo di aver nient'altro da dire, perciò al prossimo capitolo! Byeee

Josie



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Capitolo 2
*** Just a smart boy and a lonely guy ***


winter sun cap 1

Quando tutto fu pronto per l'apertura, Al andò ad aprire personalmente la porta del locale in modo che il misterioso ragazzo che aveva continuato ad aspettare paziente potesse entrare.
Brian fingeva di sistemare qua e la le varie cose dietro il bancone, mentre lo scrutava stando attento a non farsi vedere. Non sapeva dire da cosa dipendesse quel suo comportamento. Semplicemente quel ragazzo sembrava circondato da un aurea misteriosa che gli impediva di distogliere lo sguardo.
Si aspettava che il tipo si mettesse seduto in uno dei tavoli sparsi per la Caffetteria, invece venne diretto verso di lui, che distolse subito gli occhi e continuò a fingere di essere indaffarato.
-Un caffè, per favore- ordinò semplicemente il ragazzo.
-Arriva subito- fece Brian andando verso la macchinetta.
Mentre gli preparava il caffè il suo sguardo si posò nuovamente su di lui. Brian dovette constatare che effettivamente quel tipo aveva davvero bisogno di una bella tazza di caffè. Sembrava uno che aveva fatto le ore piccole, un po' come faceva lui per almeno cinque giorni alla settimana. Però guardandolo bene, Brian pensò che infondo quel ragazzo non doveva essere come lui.
Lui faceva tardi praticamente ogni sera, non aveva un lavoro serio e non aveva particolari preoccupazioni a fargli venire le ansie. Prendeva tutto con molta semplicità. Al contrario l'altro sembrava come schiacciato da un peso che gli recava una grande angoscia.
Brian non sapeva dire come avesse potuto capire tutto ciò in soli cinque minuti. Probabilmente era solo un'intuizione e niente di tutto quello che pensava era  davvero così.
-Ecco a te- fece porgendogli la tazza fumante e rimanendo li impalato.
L'altro soffiò sul liquido bollente e prese a bere.
Dopo' un po' notò gli occhi di Brian che lo scrutavano incessantemente come se stesse cercando di venire a capo di chissà quale mistero. Inizialmente non gli dava fastidio, ma ora cominciava a metterlo un po' in soggezione, così gli lanciò uno sguardo come a chiedere che volesse da lui.
Per tutta risposta Brian parve accorgersi di quel gesto di indiscrezione solo in quel momento e tossicchiò un po' per celare l'imbarazzo.
-Sei nuovo di qui?- chiese fingendo indifferenza -E' per questo che ti stavo fissando. Cercavo di capire se potevo averti visto da qualche parte, non volevo darti fastidio- concluse grattandosi il capo.
Per un attimo il ragazzo rimase serio, lo scrutava come se stesse cercando di capire se lo stesse prendendo in giro o meno.
-In realtà sono arrivato da qualche giorno- rispose infine.
-Mi sembravi una faccia nuova infatti- spiegò Brian, cercando di salvarsi dalla figura da impiccione che aveva fatto qualche istante prima -E' che più o meno conosco tutti quelli della nostra età, sai sempre la solita gente...- fece, pensando solo in un secondo momento che in realtà non aveva la minima idea di che età potesse avere l'altro.
Conosceva quel tizio da due minuti e stava già facendo la figura del idiota. Ma non sembrava che l'altro ci facesse particolarmente caso.
-Comunque io sono Brian- disse, porgendogli la mano.
-Zackary, ma ti sarei molto grato se mi chiamassi Zack, o Zacky al massimo- fece lui, con un mezzo sorriso.
Vedendo le labbra dell'altro curvarsi leggermente verso l'alto, Brian si sentì un po' più rilassato.
Zack riprese a sorseggiare il suo caffè e Brian non poté non notare come il suo sguardo si stava perdendo lentamente in un punto non specifico del locale, come se con la mente si fosse appena spostato in un altro luogo e magari anche in un altro tempo.
Ora Brian poteva esserne sicuro: qualcosa affligeva quel ragazzo e lui sentiva il dovere morale e infondato di tirarlo un po' su.
-Ehy Zacky, visto che sei nuovo qui e non conosci nessuno magari questa sera  potresti venire con me a un concerto di miei amici. Lo fanno all'aperto, qui al parco di Huntington, anche se non è il massimo del caldo, ma potrebbe essere una buona occasione per ambientarsi- propose Brian tutto d'un fiato.
Zack alzò lo sguardo dalla tazza fumante e sembrò pensarci un po' su.
-Grazie, sei molto gentile. Ma credo che passerò.
Brian non riuscì a trattenere una smorfia di delusione, che si apprestò subito a nascondere sperando che l'altro non se ne fosse accorto.
-Fa niente, magari la prossima volta- disse Brian, cercando di mostrare un sorriso quanto meno credibile. In fondo era stato troppo precipitoso, conosceva Zack solo da pochi minuti, come gli era preso di invitarlo a uscire?!
-Certo. Ora devo andare, quanto ti devo?
-Niente, per oggi offre la casa.
Zack accennò un sorriso e i loro occhi si incrociarono un' ultima volta, prima che il ragazzo uscisse dalla Caffetteria.
Brian rimase a fissare attraverso la porta a vetro la figura del ragazzo allontanarsi, con le mani in tasca e l'andatura di uno che non aveva una particolare meta da raggiungere. Mentre lo guardava andar via si domandò se sarebbe tornato anche l'indomani o se, in ogni caso, lo avrebbe mai rivisto.
Irritato per questo interrogativo senza risposta, Brian prese a sistemare cose a casaccio, sbattendo rumorosamente tutto ciò che gli passava per le mani sul ripiano. Era stato sempre un suo problema quello di arrabbiarsi anche per motivi inesistenti.
-Come mai quest'aria scorbutica?- chiese Al, spuntando da qualche parte ignota del locale -Cos'è, quel ragazzo ti ha dato buca?- domandò ridendo.
Brian si limitò a sbuffare e a continuare di fingersi indaffarato, pensando a quanto Al fosse arrivato vicino alla realtà. O meglio l'aveva centrata in pieno. Ma non poteva semplicemente intimarlo di fare piano per non rompere niente come avrebbe fatto qualsiasi altro capo normale?!
Il rumore della porta che si apriva facendo entrare un ragazzo trafelato distolse Brian dai suoi pensieri.
-Ciao Al, ciao Brian, scusate il ritardo!
-Sei scusato, ma fa tardi un'altra volta e ti licenzio- scherzò Al, al ragazzo appena entrato.
-Ciao Bradley- salutò Brian incurante, facendo un cenno del capo al diciannovenne che lavorara assieme a lui.
-Ho tardato per colpa della mia stupida sveglia. Non ha suonato- li avvertì Bradley, mentre si affrettava a prendere il suo posto alla cassa.
-Un giorno la sveglia, un altro c'è traffico,  un altro ancora ti hanno rapito gli alieni, tutte a te, eh Brad?- lo prese bonariamente in giro Al, mentre il ragazzo abbassava il capo mortificato.
-Non è proprio iniziata nel migliore dei modi la giornata!
-Sicuramente meglio di quella di Brian. Non sono neanche le sei e ha già guadagnato un rifiuto!- fece Al scoppiando a ridere.
-Credo tu abbia superato ogni mio record- sorrise Brad mettendoci il carico da novanta.
A Brian, che gli giravano già alquanto, un po' per quel motivo un po' perché era mattina presto, ignorò entrambi alzando gli occhi al cielo.
-Senti Brad- iniziò Brian dopo un po' attirando l'attenzione del ragazzo -stasera ti va di venire a sentire dei miei amici che suonano giù al parco?
Brian pensò che infondo doveva andarci e piuttosto che andarci da solo preferiva andarci con Brad, che nonostante fosse a volte un po' troppo chiacchierone e irritante era un ragazzo simpatico. E poi non gli avrebbe detto di no. Infatti gli sorrise entusiasta e accettò.



Zack aveva camminato per quasi due ore vedendo il sole invernale sorgere lentamente e alzarsi piano in cielo, emettendo quella chiara luce dorata delle otto del mattino.
Non amava particolarmente il sole, preferiva la pioggia, forse perché il tempo brutto era un po' lo specchio della sua anima. Ma quella mattina sentiva il venticello freddo di Gennaio riuscire a superare la barriera dei vestiti e penetrargli fino alle ossa, così volse il viso verso l'astro luminoso in modo che i suoi raggi lo inondassero e lo riscaldassero un po'. Ma neanche il sole sembrava riuscirci, era un sole freddo, che non scaldava.
Era tornato a casa e per le otto e mezza era di nuovo fuori dal portone, pronto per una nuova giornata di lavoro.
A quell'ora il traffico era intenso e ci mise quasi tre quarti d'ora a raggiungere l'alto edificio che aveva almeno venti piani, dove avrebbe lavorato nei prossimi anni.
Nonostante tutto era riuscito ad arrivare con  un quarto d'ora di anticipo e aveva fatto tutto abbastanza con comodo.
Si recò al settimo piano dove si trovava il suo ufficio e si mise subito dietro la scrivania.
Erano solo due giorni che lavorara per quell'azienda e già si sentiva soffocare. Non amava gli uffici, i palazzi troppo alti e i vestiti troppo grigi delle persone che andavano di qua e di la talmente di fretta da non aver nemmeno il tempo di fare due chiacchiere. Eppure quando aveva fatto il colloquio ed era stato accettato, il suo superiore gli aveva detto che doveva ritenersi fortunato che fosse stato assunto a soli ventitré anni. Non era da tutti, aveva detto.
Improvvisamente gli era venuto un gran mal di testa e si portò una mano a strofinarsi gli occhi.
Zack non amava quel lavoro, ma sentiva di meritarselo. Sentiva di meritarsi ogni cosa brutta che gli accadeva.
Rimase appoggiato alla sedia con gli occhi chiusi, fregandosene se qualcuno lo avesse beccato li, apparentemente addormentato.
La mente gli tornò al ragazzo che aveva conosciuto alla Caffetteria  e il pensiero, per qualche motivo, gli fece aprire istantaneamente gli occhi.
Brian, aveva detto di chiamarsi.
A Zack sul momento non era sembrato strano che uno sconosciuto gli avesse chiesto di accompagnarlo a un concerto, ma ora che ci pensava non era una cosa da tutti.
Rimase un po' a pensarci su e per un riflesso quasi involontario si portò le mani davanti al viso e ne studiò i polpastrelli. Una volta erano pieni di calli per via delle ore che passava sulla sua chitarra, e qualche segno era rimasto.
Portò lo sguardo su un grande orologio a muro che segnava le nove e mezza di mattina. Doveva fare otto ore di lavoro e questo significava che per le cinque sarebbe potuto uscire.
Il concerto di cui parlava Brian era all'aperto e quindi con molta probabilità sarebbe iniziato per le sei, massimo sei e mezza.
Accese in fretta il suo computer e si mise subito a lavoro. Se finiva tutto in tempo e si sbrigava, magari avrebbe potuto farcela.



Brian tirò un po' più su la cerniera della felpa per coprirsi dal vento freddo, mentre si dirigeva al parco di Huntington. Non era eccessivamente freddo, dopotutto erano in Califorina, ma lui era un tipo che amava il caldo e il sole.
Brad, di fianco a lui, non aveva smesso un' attimo di parlare da quando erano usciti di casa e lui lo ascoltava a malapena. Con Brad bastava annuire di tanto in tanto, interromperlo con qualche "sì, hai ragione" o "la penso anch'io così" e in questo modo  si poteva benissimo pensare agli affari propri.
Attraversarono il parco fino ad arrivare in uno spiazzo abbastanza largo dove era stato sistemato un palchetto.
Era già tutto pieno e i due amici si mischiarono un po' in mezzo alla folla, anche per ripararsi dal freddo.
Brian però non era proprio di buon umore. Di solito amava assistere a questi concerti, si svagava un po' e gli piaceva quel genere di musica. Quel giorno invece aveva proprio la luna di traverso e non gli andava di vedere o parlare con nessuno.
Dopo un po' sentì una mano afferrargli la spalla e si girò scocciato pensando fosse Brad con le sue solite chiacchiere, invece quandò si voltò si trovò a contatto con due grandi occhi verdi.
-Zack- disse semplicemente. Era sorpreso di vederlo li, dopo che la mattina stessa gli aveva detto che non nsarebbe venuto.
-Ciao- rispose questo un po' imbarazzato.
-Alla fine sei venuto!- fece Brian entusiasta.
- Sì. Ti avevo visto piuttosto deluso sta mattina, così ho pensato di venire- lo stuzzicò, facendolo arrossire impercettibilmente. Allora aveva notato il suo diaappunto quella mattina.
-Non ero deluso- disse subito per pararsi il culo, ma Zack reagì mettendosi a ridere.
La risata di Zack lo fece sentire subito un po' più allegro. Vide che si portava le mani a strofinarsi le braccia nel tentativo di scaldarsi un po' e, effettivamente, anche Brian non sentiva proprio caldo. E poi la voglia di vedere il concerto gli era passata, desiderava solo parlare un po' con quel ragazzo in santa pace. Nonostante sembrasse un po' più allegro di quanto fosse quella stessa mattina, Brian notava ancora una certa ombra oscurargli gli occhi e voleva a tutti i costi farla sparire. Come se qualcuno gli avesse affidato quel compito.
-Senti che ne dici se andiamo a prenderci una birra? Qui congeliamo- gli chiese.
-E i tuoi amici? Non si offenderanno se li abbandoni così?- domadò Zack, ma si vedeva che preferiva l'idea di andare in un posto caldo.
-Tanto loro saranno impegnati a suonare, non si accorgeranno e poi li ho sentiti un milione di volte- disse Brian facendo spallucce.
Il suo unico problema era Brad che aveva perso di vista da un po' e non voleva andarsene così senza dirgli niente.
Cercò un po' con lo sguardo e lo vide con un gruppetto di ragazzini della sua età e sembrava essersi praticamente dimenticato della sua presenza.
-Allora andiamo?- riprese Brian -Questa volta non accetterò un "no" come risposta- disse sorridendo, prima che Zack potesse rispondere, ma questi si limitò a sorridergli di rimando e insieme s'incamminarono.










Saaaalve :D
Ecco qui il primo capitolo, decisamente un po' più lunghetto del prologo :)
Molte di voi hanno espresso la loro confusione sulla prima parte del capitolo scorso, ma non vi preoccupate a tempo debito verrà tutto spiegato, vi chedo un po' di pazienza.
Non ho granché da dire, quindi passo subito a ringraziare:
Un immenso grazie a Vengeance_AS,  friem, Aoi Takashima, Slash is so passe, Rossaa, _Mpenziwe e IWalkAlone! Grazie per il sostegno così caloroso e spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^
Grazie anche a chi ha semplicemente letto, messo fra le preferite/seguite/ricordate.

Alla prossima, un bacione :D

Josie


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Capitolo 3
*** No one knows what it's like to be stuck in my mind ***


Winter Sun - Capitolo 2 Quando Zack e Brian varcarono la porta di un bar a pochi metri dal parco entrambi sospirarono di sollievo.
L'aria all'interno era calda anche se un po' pesante, ma sempre meglio di starsene fuori a congelare.
Tutti e due ordinarono una birra e si sedettero ad uno dei tavoli più lontani dall'entrata, per evitare gli spifferi ogni volta che la porta si apriva.
Per qualche minuto rimasero entrambi in silenzio a sorseggiare ognuno la propria birra, mentre Brian sbirciava di sottecchi i movimenti dell'altro.
Solitamente quando scendono silenzi fra due persone che si conoscono poco si può avvertire un certo imbarazzo, invece a Brian sembrava che Zack fosse perfettamente a suo agio. Anche quando cominciarono a chiacchierare avendo trovato un interesse comune -la musica- Brian notava che Zack preferiva starlo ad ascoltare piuttosto che dire la sua. Sembrava un tipo estremamente riservato e introverso.
-Come mai hai deciso di venire qui a Huntington? Io ci vivo praticamente da sempre e non conosco granché del mondo la fuori- provò a chiedere Brian nel tentativo di far aprire l'altro, sperando di non sembrare troppo indiscreto.
Zack infatti fece una smorfia appena visibile che sparì praticamente subito, ma bastò a Brian per capire che non aveva particolare voglia di parlare di se stesso.
-Più che altro motivi di lavoro- si limitò a rispondere Zack, guardando fisso il suo bicchiere, con cui giocherellava per evitare lo sguardo di Brian.
-Dove vivevi prima?- provò ancora. Si rendeva conto che quelli non erano proprio affari suoi, ma qualcosa dentro di lui lo spingeva a voler sapere. In fondo se voleva aiutarlo ad abbandonare quell'aspetto sempre così triste e lontano doveva conoscerlo perlomeno.
-A Santa Ana, non tanto distante da qui... anche se negli ultimi anni ho sempre girato, non sono mai stato per più di un anno nello stesso posto.
Quest'ultima affermazione fece agitare Brian, che si mosse a disagio sulla sua sedia. L'idea che Zack avrebbe potuto andarsene di li a qualche mese lo aveva lasciato abbastanza deluso. Sentiva che fra loro due c'era una sorta di alchimia, o qualcosa del genere, dal primo istante che lo aveva visto fuori dalla Caffetteria. Ovvero il giorno prima.
Si sentiva abbastanza stupido a sperare così tanto in uno che conosceva da un giorno, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno di pensare che se si erano incontrati c'era un motivo.
-Deve essere bello non stare sempre nello stesso posto. Così la monotonia della quotidianità non ti fotte- fece Brian con un sorrisetto forzato.
Zack finalmente alzò lo sguardo dal suo bicchiere per puntare gli occhi in quelli di Brian. Sembrava che attraverso quelli stesse cercando di leggergli nell'anima e Brian si sentì scoperto per un attimo, tanto che questa volta fu lui ad abbassare lo sguardo.
Quando lo alzò di nuovo, vedendo che Zack non parlava, lo vide guardare la pioggia cadere fuori dalle vetrate e di nuovo sembrava come perso in qualche ricordo.
Brian rimase a fissarlo. Lui non era abituato a tipi del genere. Anche lui aveva una band con altri suoi tre amici e ormai era abbastanza conosciuto in città, e sembrava che tutti lo trovassero interessante o comunque alla gente faceva sempre piacere girargli intorno. Quindi trovava strano un tipo che prima rifiutava un suo invito ad uscire e che quando parlavano si distraeva tanto che sembrava quasi scordarsi della sua presenza. Eppure tutto ciò non lo infastidiva, anzi al contrario suscitava in lui la voglia di conoscerlo, non tanto per capire perché si comportasse così con lui, quanto per conoscere i motivi dei suoi tormenti. Se di quelli si trattava.
-E giri per la California da solo?- domandò, attirando di nuovo su di sé l'attenzione di  Zack -O che ne so... hai una fidanzata o qualcosa del genere?
Brian era perfettamente consapevole di quanto potesse sembrare invadente, eppure gli premeva fargli quella domanda. Per qualche motivo la sola idea che Zack potesse avere già una ragazza lo infastidiva. Era sempre stato un po' geloso nei confronti dei suoi amici, ma il fatto che avessero delle ragazze non lo aveva mai turbato.
Ok, era ufficiale. Zack gli stava fottendo il cervello, e forse non solo quello.
Si limitò a guardarlo in attesa della risposta, ma questa volta l'altro ragazzo sembrava ancora più a disagio di prima.
-Io...- cominciò, guardandosi attorno, quasi stesse cercando un punto di fuga.
-Scusa ma devo andare- fece, alzandosi di scatto e afferrando la felpa che aveva appoggiato allo schienale della sedia.
Fu tutto così rapido che Brian ci mise qualche secondo a capire cosa stava succedendo.
Zack posò una banconota da dieci dollari sul tavolo di legno scuro -con questi pagaci anche la tua birra. Mi dispiace, Brian, scusami...-
-Zacky aspetta- tentò Brian, alzandosi per provare a fermarlo, ma l'altro era già fuori sotto la pioggia, con il cappuccio calato fino agli occhi per coprirsi.

Quella sera Brian la passò facendo due cose: maledicendosi per non essersi fatto gli affari propri e domandandosi per quale motivo Zack fosse scappato così di fretta.
In fondo cosa gli aveva detto di male?
Si rigirò nel letto con mille pensieri in testa, chiedendosi se fosse il caso di chiedergli scusa o di lasciarlo perdere definitivamente, ma quell'ultima opzione gli faceva venire mal di stomaco al solo pensarci. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma non si sarebbe dato per vinto di sicuro.
Nella sua vita aveva avuto a che fare con un altissimo numero di ragazzi, dopo aver scoperto che le ragazze non gli interessavano, ma nessuno sembrava avergli mai fatto lo stesso effetto che gli faceva Zack. In realtà non riusciva neanche a capire che tipo di "effetto" fosse, perciò non aveva altro da fare che scoprirlo.
Quando si addormentò l'ultima immagine che gli rimase impressa nella mente furono due occhi verdi incastrati in un viso dalla pelle diafana, che lo guardavano con muta implorazione d'aiuto.




Con gli occhi fissi sul monitor del computer, Zack faceva tutto tranne che concentrarsi sul lavoro. Non si stava neanche impegnando, a dir la verità.
Aveva anche saltato la pausa pranzo, cosa che non doveva particolarmente fargli male dato che aveva qualche chiletto in più.
La mente gli tornava da sola al giorno prima, più precisamente all'uscita con Brian. Doveva essergli sembrato uno psicopatico probabilmente. Prima lo raggiungeva per passare un po' di tempo insieme a lui per poi andarsene così senza avergli dato neanche il tempo di replicare.
Si portò le mani a reggersi la testa, stanco per non aver dormito granché la notte precedente. In realtà erano molte di più le notti che aveva passato insonne, ma quella precedente era rimasto sveglio per un altro motivo, per la prima volta dopo anni. Era stata la prima notte in cui il solito incubo non lo tormentava.
Si sentiva in colpa ripensando allo sguardo afflitto di Brian mentre lo vedeva correre via. Avrebbe voluto non farlo, ma non era una cosa che riusciva a sopportare. L'aria si era fatta troppo pesante per lui, così aveva fatto quello che faceva di solito. Era scappato. Anche quel suo sportarsi annualmente di città in città era una sorta di fuga e sperava che sarebbe riuscito a fermarsi prima o poi.
Lo stomaco gli faceva  male e chiuse gli occhi per dargli un po' di sollievo da quell'intensa luce bianca sopra di lui.
Continuava a pensare a Brian tanto che cominciò quasi a vederlo davanti a sè che lo guardava a metà fra il preoccupato e lo spaventato. La sua mente non voleva lasciarlo in pace neanche nelle sue fantasticherie, era intrappolato dal suo stesso inconscio. Dopo qualche istante gli occhi scuri di Brian si schiarirono fino a diventare di un verde brillante e al suo posto era lentamente comparso un bambino che gli ricordava se stesso da piccolo: gli stessi occhi, i capelli neri arruffati e la pelle bianchissima. Il bambino protendeva la mano davanti a sé come se si aspettasse che qualcuno l'afferrasse, poi, vedendo che nessuno lo faceva, scoppiò  a piangere.
Zack si alzò di scatto riparendo immediatamente gli occhi. Si guardò intorno confuso e nel computer lesse che erano le sedici e quaranta. Doveva essersi addormentato sulla propria scrivania.
Avrebbe dovuto rimanere ancora per un'altra ventina di minuti, ma sentiva che sarebbe impazzito se fosse rimasto li anche solo per un altro minuto.
Si asciugò il sudore dalla fronte con una mano e radunate le sue cose uscì.
Il giorno dopo era sabato e per fortuna non doveva andare a lavoro, così dopo pranzo decise di andare alla Caffetteria dove lavorava Brian. Anche se erano solo le due del pomeriggio il cielo era talmente scuro che sembrava quasi sera e i nuvoloni grigi minacciavano di far scoppiare il finimondo da un momento all'altro. In venticinque anni che Zack viveva in California non aveva mai visto un inverno più grigio di quello. Si mise il capuccio della felpa per proteggersi un po' meglio dal vento.
Arrivato difronte alla porta del locale tentennò per qualche istante. Magari dopo la bella scenetta del giorno prima, Brian non avrebbe avuto voglia di vederlo. Forse era arrabbiato o magari era semplicemente già stufo di lui. Però Zack sentiva che necessitava della sua presenza. Finche non si metteva a fare domande scomode Brian gli influiva una certa serenità.
Senza pensarci ancora si fece forza e entrò nel locale, dove venne prontamente  intercettato da Al.
-Buongiorno ragazzo, cosa posso portarti?
Zack si infilò una mano nella tasca e l'altra se la passò fra i capelli, come era solito fare quando si sentiva a disagio.
-Veramente sono venuto per sapere se c'è un ragazzo che lavora qui. Brian...- disse, grattandosi il capo.
-Certo, dovrebbe essere da qualche parte a fingere di lavorare da bravo scansafatiche- fece Al, facendo sorridere Zack -Brian! Vieni di qua, ti cercano- disse ad alta voce, facendo voltare verso di lui metà della clientela.
Qualche istante dopo Zack vide apparire Brian da una porta laterale un po' nascosta dietro il bancone.
-Chi mi cerca?- domandò ad Al.
-Questo bel ragazzo qua.
Ma Brian aveva già notato chi fosse il visitatore ancor prima che  Al rispondesse. Lanciò ad Al un'occhiataccia che lo fece ridere. Infatti lui sapeva della sua omosessualità, ed era anche uno dei pochi, ma si divertiva un mondo a pronunciare frasi ambigue davanti alla gente.
In un'altra occasione Brian gli avrebbe risposto per le rime, ma ora era troppo stupito che Zack fosse li.
-Ehy- disse avvicinandosi a quest'ultimo -che ci fai qui?- disse cercando di suonare il più neutro possibile.
Brian era contento di vedere che fosse venuto a cercarlo, ma allo stesso tempo quel comportamento lo confondeva. Non riusciva a capire se la sua presenza lo infastidiva o meno. Per quel che ne sapeva poteva anche essere passato solo per dirgli di lasciarlo in pace.
-In realtà...- cominciò Zack, visibilmente impacciato -sono passato per sapere se ti andava di venire a fare un giro.
Ecco, ora sì che Brian era confuso.
-Vuoi che venga a fare un giro con te?- chiese stupidamente.
Zack si limito ad annuire. Aveva immaginato che Brian avrebbe trovato strano il suo comportamento, ma era anche sicuro che la pensasse già così, quindi non si era fatto tanti problemi.
-Se ti va- aggiunse, per mettere fine a quel silenzio.
Brian rimase per un attimo a fissarlo, come se stesse decidendo se credergli o meno e a quanto pareva gli aveva creduto perché sul  suo viso comparve un sorriso spontaneo.
-Vado a cambiarmi e arrivo- disse e sparì di nuovo oltre la porta dietro il bancone per poi tornare vestito di jeans e una semplice felpa nera.
-Stavi bene anche con la divisa da barista- ridacchiò Zack, prendendolo ovviamente in giro, dato che la divisa di Brian era di un giallo acceso da capo a piedi, con tanto di cappellino.
Brian scosse la testa sorridendo e afferrò Zack per un braccio per condurlo fuori.
-Io stacco prima Al- disse, come se potesse fare come voleva.
Questo gli si avvicinò e gli parlò all'orecchio: -solo perché il tipo è molto carino se no te lo scordi che la prossima volta tagli la corda così, chiaro?- fece Al cercando di usare un tono autoritario, per poi mettersi a ridere due secondi dopo. Non ce la faceva proprio a rimanere serio per un tempo che andava oltre i dieci secondi.
Brian alzò gli occhi al cielo e raggiunse Zack che lo aspettava fuori, con la felpa chiusa fino al collo per proteggersi dal vento freddo, e si incamminarono insieme sotto il cielo plumbeo.









Ok, con mio grande stupore sono riuscita a scrivere anche il terzo capitolo LOL Questa università mi sta distruggendo D:
Comunque non siamo qui per parlare di ciò u____u
Dato che sono un po' di fretta passo subito a ringraziare come al solito chi legge, mette fra le preferite/seguite/ricordate!
Grazie soprattutto a Vengeance_AS, Victorias Nightmare, LoveLeonScottKennedy__, Mpenziwe, IWalkAlone e Aoi Takashima <3 Sappiate sempre che  vi adoro ù___ù

Oggi sono di poche parole, perciò vi lascio e ci sentiamo presto :) Un bacione,

Josie





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Capitolo 4
*** Storm, Horror Movies and Nightmares ***


Winter Sun - Cap 4

Gennaio stava lentamente lasciando posto al mese seguente e in tutto questo periodo non vi era stato giorno che Brian e Zack non avessero passato insieme. Anche quando entrambi avevano molto da lavorare, soprattutto Zack i cui orari  diventavano spesso impressionanti, quest' ultimo si alzava un po' prima la mattina e raggiungeva l'altro in Caffetteria.
Quando Zack aveva chiesto a Brian di andare a fare un giro, il giorno dopo che se l'era data a gambe, le cose avevano decisamente preso una piega migliore per lui.
Brian aveva smesso di fare domande troppo personali per paura di un'altra reazione negativa da parte del più piccolo e Zack da parte sua, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva un po' meno solo. Certo, continuava comunque ad avere gli incubi la notte e certe volte rimaneva sopraffatto da una sensazione di prigionia tanto che gli sembrava di soffocare, ma un risvolto positivo c'era stato.
Per questo era così importante la sua nuova amicizia con Brian, o comunque la sua presenza. Non era sicuro che solo dopo poche settimane quella fra loro potesse si chiamare amicizia, non voleva sminuire un così nobile sentimento. Però da quando lo conosceva e passava le giornate in sua compagnia, era come se qualcuno avesse aperto una finestra nella cella in cui si era rinchiuso da solo.
Così anche quel pomeriggio si era lasciato alle spalle la sua casa vuota per dirigersi alla Caffetteria dove lo aspettava Brian, entusiasta come al solito.
I venerdì erano soliti passarli chiusi nel caldo soffocante di locali affollati dove si esibiva il gruppo di turno, ma prima se ne andavano sempre a prendere una pizza o a fare una capatina al McDonald, tanto per evitare di svenire per calo di zuccheri, se no ne avrebbero fatto anche a meno.
Non appena Zack varcò la soglia della Caffetteria, cercò con lo sguardo l'amico e lo trovò dietro la cassa, al suo solito posto. Quando si accorse della presenza di Zack, gli sorrise e gli fece un cenno di saluto con la mano, poi sparì per andare a cambiarsi.
Zack rimase a fare quattro chiacchiere con Al, che lo aveva preso decisamente in simpatia, e che non mancava mai di fingere di rimproverarlo perché gli portava via Brian sempre nell'ora in cui c'erano più clienti, anche se puntualmente il locale era semivuoto.
-Ci vediamo domani Al- salutò Brian sbrigativo comparendo dal nulla - Andiamo?- chiese rivolto a Zack.
Zack salutò Al e si calò il cappuccio della felpa quasi fin sopra gli occhi, per via delle piccole goccioline che piovevano timidamente dal cielo, coperto da una compatta coltre di nuvoloni.
-Hai un ombrello, Brian?- domandò Zack incamminandosi e rivolgendo preoccupato lo sguardo verso l'alto.
-Ombrello?- fece Brian, come se non sapesse di che cosa l'altro stesse parlando -non credo ne producano in California.
Zack rise  facendo comparire un sorriso soddisfatto sulle labbra del più grande. Si tirò il cappuccio un po' più giù nel tentativo di coprirsi la frangia che rimaneva esposta alla pioggierella
-Pizza o Mec?- chiese Brian dopo un po', quando arrivarono a un bivio.
-Mec, decisamente- rispose Zack senza neanche pensarci due secondi.
Svoltarono per dirigersi verso le vie del Centro, dato che si trovavano piuttosto in periferia. Nonostante potessero benissimo prendere l'autobus preferivano sempre andare a piedi. Per prima cosa Brian odiava aspettare, anche che fosse solo per dieci minuti, era un aspetto del suo carattere quello di volere tutto subito, in più era anche presto e soprattutto avevano più tempo per chiacchierare, come se non stessero per passare l'intera serata insieme e di tempo non ce ne fosse abbastanza. Eppure a loro sembrava non bastare mai. Avevano sempre qualcosa da dirsi.
Mentre Brian raccontava con una certa frustrazione di un cliente intrattabile che quella mattina lo aveva mandato letteralmente fuori di testa, la pioggia che prima  scendeva leggera e quasi impercettibile cominciò a trasformarsi velocemente in grossi goccioloni che quasi infradiciarono con effetto immediato i due ragazzi, che per un pelo riuscirono a trovare rifugio sotto il tendone di un bar a pochi metri dalla spiaggia.
-Che facciamo?- chiese Brian con gli occhi fissi verso la strada che si stava riempiendo di pozzanghere -ci vuole ancora mezz'ora per arrivare al Mec, ci arriveremo fradici- concluse storcendo il naso.
Zack non poté far a meno di sorridere alla buffa espressione dell'amico. Reagiva sempre così se qualcuno o qualcosa rovinava i suoi piani.
-Mi è venuta in mente una cosa- iniziò Zack sperando che la sua proposta gli avrebbe fatto tornare il buon umore -qui non siamo tanto distanti da casa mia, possiamo cenare lì, sperando che il frigo non sia vuoto, e se dopo smette di piovere usciamo. Oppure, cosa più sensata, prendiamo un ombrello e usciamo lo stesso- finì sorridendo.
Il volto di Brian parve illuminarsi -sei un genio- disse tirandogli giù il cappuccio e scompigliandogli i capelli.
-Cazzo, Brian, stai fermo!- disse Zack allontanandolo,
ma comunque contento di aver trovato una soluzione, mentre Brian scoppiava a ridere.

Per arrivare fino a casa di Zack ci misero solo cinque minuti, che però bastarono per far sì che i due ragazzi avessero capelli e vestiti completamente zuppi.
Entrati, entrambi tirarono un sospiro di sollievo essendosi lasciati alle spalle la pioggia e il freddo.
Zack si avviò subito verso le scale, con una certa urgenza a volersi mettere qualcosa di asciutto, mentre Brian rimaneva impalato sulla porta.
-Hai bisogno di un invito scritto ad entrare o vieni su?- domandò Zack voltandosi.
-Sono bagnato dalla testa ai piedi- si difese Brian -non voglio incasinarti casa.
Zack scosse la testa e sorrise.
-Brian, guardati intorno- lo invitò -mi pare che questa casa sia già un bel casino di suo, quindi non preoccuparti- disse e riprese a salire le scale.
Prima di seguirlo Brian si guardò intorno. Ora che Zack glielo faceva notare la casa, o quel poco che riusciva a vederne, era tutta sotto-sopra. Tutto era cosparso di scatoloni, alcuni ancora imballati e con il simbolo della ditta di trasloco. In cucina c'era solo un tavolo con un paio di sedie molto alla mano, i ripiani erano semi vuoti e per il resto non vi erano mobili, foto o nessun genere di oggetto personale. Brian pensò che doveva essere piuttosto triste vivere così. Rimase anche un po' confuso: Zack era a Huntington ormai da almeno tre settimane e gli sembrava strano che ancora non avesse tirato fuori tutta quella  roba.
Forse non ha avuto tempo, pensò e con un alzata di spalle si affrettò a raggiungere l'altro al piano superiore.
-Di qua a sinistra- sentì Zack avvertirlo, una volta arrivato in cima alle scale.
Brian seguì la voce e si avviò verso il corridoio.
Di sopra la situazione non era molto diversa. Mentre attraversava il cooridoio buttò un occhio dentro le stanze a cui passava davanti e tutte erano semplicemtente piene di scatoloni, solo una sembrava arredata. Era dal lato opposto a dove si trovava la camera di Zack, però appena di fianco alle scale, e dentro c'erano un letto, una scrivania e diversi mobili. Anche questa dava la sensazione di vuoto, ma l'effetto generale era che avrebbe potuto diventare piuttosto accogliente se personalizzata un po'.
Brian si domandò se per caso Zack avesse qualche fratello o sorella che viveva con lui, ma non si ricordava che glie ne avesse mai parlato. Il respirò gli si fermò in gola quando gli venne in mente che forse poteva avere una ragazza, o un ragazzo, ma poi si convinse a ricredersi, pensando che normalmente le persone che stanno insieme condividono la stessa camera e non stanno in stanze separate. Si diede mentalmente dell'idiota per aver dato tanta importanza a quella che con molta probabilità era semplicemente una stanza per gli ospiti, come avevano tutte le case di quella zona. Perfino lui che aveva una casa tre volte più piccola di quella ne aveva una. Decise di non pensarci più e corse a raggiungere Zack, anche perché ci stava mettendo un po' troppo tempo e non voleva farsi sorprendere a curiosare.
-Brian, ti sei perso?- gli domandò, infatti, Zack dall'altra stanza.
-No, arrivo- rispose, facendo finta di niente.
Giunto alla soglia della camerà, trovò Zack  già senza maglia, con le mani infilate nell'armadio, e si bloccò lì, come se improvvisamente si fosse dimenticato come si faceva a camminare.
Rimase lì fermo, a fissare la schiena bianca di Zack, respirando a malapena. Le spalle erano più larghe di come sembravano quando indossava la maglietta e s'intravedeva una pancetta appena accennata che Brian non aveva mai notato, ma non gli dispiaque affatto. Improvvisamente desiderò che le sue mani avessero un contatto con quel corpo, per sentire se la sua pelle era veramente delicata e morbida come gli suggerivano i suoi occhi.
-Tieni, puoi prendere queste-  disse Zack, risvegliandolo da quel momento di assenza, lanciandogli una maglietta e una felpa -ora vedo di cercarti anche dei pantaloni.
Tanto per distrarsi a fare qualcosa e scacciare dalla mente gli ultimi pensieri che aveva avuto prima di cadere in stato vegetale, Brian iniziò a spogliarsi per mettere i vestiti asciutti.
Quando ebbe finito Zack era già completamente rivestito e gli stava porgendo un paio di jeans neri -questi dovrebbero starti bene, li mettevo io due taglie fa- disse, chiaramente ironico.
-Già, credo proprio che dovresti prendere in considerazione l'idea di andare da un dietologo- lo stuzzicò Brian puntando per un attimo gli occhi sulla  pancia di Zack e facendolo ridere.
Sentire la sua risata lo fece sorridere a sua volta e pensò a quanto fosse strano che Zack incassasse ogni sua battuta e offesa, detta ovviamente solo per scherzare, e reagisse sempre con un sorriso o una risata. La cosa gli faceva piacere perché quello era sempre stato il suo intento fin dall'inizio. Vederlo sorridere e magari aprirsi un po'.
Infatti Zack continuava ogni tanto a chiudersi momentaneamente in se stesso  e a isolarsi in qualche pensiero. Nonostante ora lo facesse più di rado, Brian in quei momenti desiderava entrare nella testa dell'altro per capire e per far in modo che tornasse a sorridere di nuovo e vedere i suoi occhi illuminarsi ancora, proprio come facevano in quel preciso istante.
-Io vado si sotto a vedere cosa c' in frigo e inizio a preparare qualcosa, tu fai con calma, poi raggiungimi- disse Zack, dopo un po'.
Brian annuì e Zack sparì oltre la porta della camera.
Si vestì prendendosi tutto il tempo necessario, perso com'era nei suoi pensieri, e raggiunse Zack  solo una ventina di minuti dopo.
-Sei in assoluto una delle persone più lente che abbia mai conosciuto- lo accolse il più piccolo, non appena mise piede in cucina -prima per le scale, poi adesso, ti perdi in qualche tunnel spazio-temporale quando cammini solitamente?
-Vaffanculo Zack- disse semplicemente Brian, cercando di ignorare il commento.
-Vaffanculo a me? Non te l'hanno mai detto, Haner, che non si morde la mano che ti nutre? chiese Zack, mentre portava i piatti con due pizze sopra e le appoggiava sul tavolo.
-Se mi nutre con una pizza surgelata posso mordergli anche l'intero braccio!- disse Brian, non resistendo a prenderlo in giro.
-Ah, perfetto. Se è così allora la tua pizza la prendo io, tu mangiati il piatto- fece Zacky fingendosi offeso, prendendo la pizza dal piatto di Brian e facendo per addentarla, ma Brian gli afferrò veloce il braccio e con l'altra mano gli tappò la bocca per impedirgli di mangiare
-Non ti azzardare, ho lavorato tutto il giorno, ho fame!
Zack cercò di ribattere ma Brian gli teneva la bocca saldamente chiusa, così gli diede un morso alla mano, attento a non fargli male, e quello lo lasciò, così poté parlare di nuovo.
-Perché secondo te io cos' ho fatto tutto il giorno?
-Mi hai morso!- esclamò Brian ignorando l'ultima domanda -neanche mezz'ora fa ti ho suggerito di metterti a dieta e tu ti vuoi mangiare due pizze e tenti anche di addentarmi la mano? Lo faccio per il tuo bene o diventerai obeso, dammi la pizza- lo minacciò, anche se si stava divertendo un mondo, perciò il suo tono sembrava tutto tranne che credibile.
Continuarono così per almeno altri venti minuti, prima di sedersi e potersi finalmente mettere a mangiare.
-La mia pizza è gelata- si lagnò Brian.
-Potevi non fare l'idiota e magari te la mangiavi calda- rispose tranquillamente Zack che si gustava la sua.
-Ma se hai cominciato tu!
-Ah sì? Chi è che mi ha detto di mettermi a dieta prima?
-Ah, ho capito, quindi tu faci così. Fingi di aver incassato l'offesa e poi ti vendichi, non l'avrei mai detto Baker.
Zack si mise a ridere alle parole di Brian. Gli sembrava di non stare così bene da una vita, neanche se la ricordava l'ultima volta. Sì, quel ragazzo gli faceva davvero bene. Finche era con lui si dimenticava di tutto il resto del mondo.
-Dai, andiamo a mangiare davanti alla TV. Se siamo fortunati becchiamo un film decente.
-Se è un patetico tentativo di distrarmi da questa pizza fredda sappi che non funziona.
Zack si ritrovò a ridere di nuovo e si alzò.
-Dai, smettila di fare l'idiota e muoviti.

Alla fine, dopo essere passati per canali che sembravano dare solo pubblicità, canali di cucina, di sport e uno che trasmetteva in russo, ne trovarono uno sperduto fra i mille mila canali sconosciuti che dava una maratona di film Horror e rinunciarono all'idea di uscire quasi senza rendersene conto, sdraiati sul divano a fingere di non saltare per i colpi che gli facevano prendere alcune scene. In più il tempo fuori aiutava a ricreare l'atmosfera giusta per quel genere di film.
Zack era davvero appasionato e teneva gli occhi incollati allo schermo, mentre aveva combattutto tutta la sera per cercare di far tacere Brian che si metteva sempre a parlare durante le scene più importanti.
-Wow, che film- commentò Zack, completamente in estasi, mentre i titoli di coda del quarto film scorrevano nello schermo.
Il display della TV dava le due e mezza di notte e infatti Zack si ritrovò a strofinarsi gli occhi, cominciando a sentire il peso della stanchezza.
-Brian, forse è ora che tu vada.
Non voleva cacciarlo via, anzi era solo preoccupato che il giorno dopo non sarebbe riuscito a svegliarsi per andare a lavoro, ma dall'altro ottené come risposta solo una serie di mormorii confusi.
Brian infatti, se ne stava abbracciato al cuscino apparentemente addormentato e con la testa sulla spalla di Zack, il quale, probabilmente troppo impegnato nel film, non se ne era neanche accorto.
Si mosse piano piano e cercò di scuotere Brian che si raddrizzò di scatto nel vano tentativo di nascondere il fatto che si era addormentato.
-Sì Zacky, che c'è?- disse svelto, ma con voce impastata.
Zack sorrise -sono le due, è un po' tardi. Credo che ti sei addormentato.
-Addormentato io? Assolutamente no- fece Brian stiracchiandosi -alla fine gli zombie l'hanno mangiato il cervello della protagonista?
-Gli zombie?- chiese Zack confuso, per poi mettersi a ridere dopo aver compreso -quello era un film fa, questo parlava di vampiri. Da quant'è che dormi?
-Non stavo dormendo!
-Riposavi gli occhi?
-Esattamente.
Zack ridacchiò.
Stettero qualche istante in silenzio fino a che un tuono non scosse la casa, facendo quasi saltare entrambi.
-Forse è meglio che vada- fece Brian, non tanto convinto delle proprie parole. Infondo erano le due di notte e lui doveva tonrarsene a casa a piedi, per di più sotto il temporale.
-Non mi pare tanto il caso... potresti rimanere a dormire qui, se vuoi.
Brian rimase a studiare il suo sguardo per un po' prima di rispondere. Infatti Zack non era tanto sicuro della sua stessa proposta. Lui la notte aveva continui incubi, a volte si svegliava persino urlando e non gli andava granché che Brian assistesse. Però era a piedi e non poteva farlo uscire di casa a quell'ora e sotto la pioggia.
-Per me non è un problema- aggiunse nel tentativo di fargli capire che ne era convinto -tanto vivo da solo e il mio letto è grande, se ci facciamo un po' di spazio ci stiamo.
A Brian lo lasciò un po' interdetto il fatto che gli aveva detto che avrebbe dormito con lui. Non che volesse dormire nel divano, ma la camera degli ospiti ce l'aveva, no?
Comunque non si sarebbe di certo opposto, anche perché l'idea di mettere un piede fuori di casa quasi lo angosciava. Soprattutto dopo una serata del genere si sarebbe aspettato di veder sbucare fuori da un cespuglio zombie, serial killler armati di motosega,  vampiri o qualche creatura della notte...
-Se non do fastidio, per me va bene.
-Te l'ho detto, non c'è problema- fece Zack con un gran sorriso -andiamo su.
Si fece prestare da Zack una semplice maglietta bianca e dei pantaloncini, intenzionato a disturbarlo il meno possibile, e Zack si mise praticamente la stessa roba, però indossava una canottiera al posto della maglia.
Il doversi mettere a letto con lui era stato sull'inizio un po' imbarazzante e Brian se ne stava da un lato attento a non muoversi troppo. Ma quella sensazione era durata poco, Zack si era addormentato quasi subito stanco morto e lui era rimasto a sentire il suo respiro leggero riempire la stanza. Dormiva a pancia in su con la testa che durante il sonno si era leggermente inclinata verso  di lui. Mentre lo guardava, Brian pensò che era davvero un bel po' di tempo che non condivideva il letto con qualcuno, anche un semplice amico, e si era scordato di quanto potesse essere piacevole. Era una sensazione che lo faceva sentire appagato e al sicuro.  Anche lui si sentiva stanco e le osse gli sembravano incredibilmente pesanti eppure non voleva dormire. Rimase per più di un'ora a pensare e a guardare Zack che dormiva beato di fianco a lui, finche quest'ultimo non aveva cominciato ad agitarsi.
Sulle prime Brian si era quasi preso paura, perché sembrava che l'altro avesse un qualche attacco o si sentisse male, invece poi capì che stava avendo un incubo.
Respirava a fatica e, nonostante gli occhi chiusi, aveva il viso di uno che aveva paura o che stava per mettersi a piangere.
Brian si domandò se era il caso di svegliarlo, ma poi si avvicinò a lui e gli cinse il corpo con un braccio, mentre con l'altra mano gli accarezzava i capelli nel tentativo di calmarlo.
Zack continuò ad agitarsi per qualche istante, poi nel giro di un paio di minuti il respirò gli tornò regolare e l'espressione del viso si fece un po' più serena.
Brian aspettò qualche altro minuto nei quali l'altro gli era rimasto avvinghiato addosso, ma sembrava calmo. Decise di allontanarsi un po', in modo che l'altro potesse dormire più tranquillo e comodo, ma non appena lo fece sembrò che Zack cominciò ad agitarsi di nuovo, emettendo un basso mormorio che sfociò in un singhiozzo.
-Tranquillo piccolo, sono qui, non mi muovo- sussurrò piano Brian a un Zack addormentato, riprendendo ad accarezzargli i capelli, per fargli sentire la sua presenza.
Zack appoggiò istintivamente la testa nel petto dell'altro e si calmò un po', nonstante il respiro fosse ancora accellerato.
Brian aveva intuito che l'incubo che aveva avuto Zack doveva avere qualcosa a che fare con ciò che lo tormentava anche da sveglio, perché non aveva mai visto nessuno essere così sofferente per un sogno.
Gli portò una mano nella schiena e lo strinse più a sè, giurando che non si sarebbe mai allontanato da lui finche tutto quello non avesse avuto fine.












Ammazza che papiro, mi complimento con chiunque è arrivato fin qui! XD
Come vedete finalmente Zacky e Bri hanno cominciato proprio ad essere amici e non è una cosa fantastica? :3 Non riferito alla mia ff ovviamente, ma loro due insieme sono qualcosa di spettacolare ç____ç e mi scuso per il ritardo, ma oggi ho avuto un po' di ispirazione dovuta anche a un bellissimo sogno (durato due minuti) che vedeva protagonisti questi due esserini *w*  In realtà non avevo neanche il tempo, ma oggi ho saltato due lezioni, mi sono chiusa in biblioteca e ho scritto, scritto, scritto! ù.ù
Quindi niente, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, io ho fatto del mio meglio :3

Ovviamente ringrazio Victorias Nightmare, _Mpenziwe, Vengeance_AS, LoveLeonScottKennedy__ e Amelie__ che hanno recensito lo scorso capitolo! Sappiate che mi rendete molto felice, davvero davvero tanto :3
Grazie anche a chi ha solo letto :)

Al prossimo capitolo, un bacione <3


Josie

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Capitolo 5
*** He's just a runaway ***


Winter Sun - cap 5












L'edificio sembrava pericolante e  prossimo a cadere a pezzi, mentre la pioggia schiaffava i vetri e sembrava sfidare quel già instabile equilibrio.
All'interno la situazione era appena migliore, anche se le lampade al neon davano un'aria inquietante all'intero corridoio.
Per tutto il piano c'era un silenzio innaturale, quel silenzio che è presagio di qualcosa di brutto.
Un bimbo moro dagli occhi verdi se ne stava con lo sguardo fisso su una lucina rossa posta sopra un cartellino che diceva "sala operatoria" e aspettava soltanto che quella lucina si spegnesse, segno che avrebbe finito di aspettare.
Eppure era li in piedi da ormai ben sei ore, non si era mosso, né seduto, né aveva spostato lo sguardo dalla lucina rossa, che gli diceva di aspettare ancora e ancora.
Dovette aspettare ancora altre due ore prima di vedere finalmente la luce spegnersi, ma invece di poter correre incontro alla donna dai capelli biondi che era sua madre, uscì un medico a sguardo basso che si limitò a guardare l'uomo che era seduto in una delle sedie della sala d'aspetto e a scuotere la testa.


***


Il suono insistente del cellulare che squillava fece svegliare Brian di soprassalto, che si sporse immediatamente verso il comodino di fianco a lui per mettere a tacere quel suono fastidioso. Si strofinò gli occhi e guardandosi un attimo intorno non riuscì immediatamente a capire dove si trovava. Poi il rumore del respiro leggero di Zack che dormiva con la testa appoggiata al suo petto gli ricordò della serata prima e di quanto avesse fatto tardi, tanto da non poter tornare a casa a piedi, soprattutto per via della pioggia.
La serranda era tirata su e oltre la finestra scorgeva dei pesanti nuvoloni, ma non sembrava che stesse piovendo.
Afferrò di nuovo il cellulare e vide che erano quasi le sette. Per un attimo gli prese quasi un colpo, pensando che fosse in ritardo per il lavoro, ma poi si ricordò che era sabato e che quindi il suo turno cominciava alle dieci. Comunque ormai era sveglio e perciò decise di alzarsi.
Si scostò piano Zack di dosso, stando attento a cercare di non svegliarlo e  si tirò su in piedi. Rimase qualche secondo a guardare l'altro dormire e si chiese se era il caso di lasciarlo solo, ma Zack, dopo quei primi momenti di agitazione, era stato calmo per tutta la notte quindi Brian decise che poteva scendere per bersi qualcosa dato che aveva la gola secca.
Tirò giù la serranda dato che di li a poco avrebbe cominciato a entrare una luce troppo forte e avrebbe potuto svegliare Zack. Gli lanciò un ultimo sguardo e si chiuse la porta alle spalle. Non poteva negare che la sera prima si fosse abbastanza spaventato. Ormai aveva intuito che c'era qualcosa che lo tormentava e che lui glielo nascondeva, ma dopo quella notte ne aveva avuto la conferma, e ormai si era convinto a provare a chiedergli delle spiegazioni. Dopo il lavoro ci avrebbe parlato e questa volta non lo avrebbe lasciato scappare come la prima volta che si erano incontrati.
Una volta sceso in cucina aprì tutti gli sportelli delle mensole fino a che non trovò il pane per i tost e della marmellata da metterci sopra. Si sentiva un po' a disagio a rovistare nella cucina di Zack, ma era certo che lui non si sarebbe arrabbiato, e poi preferiva non svegliarlo.
Preparato il suo toast si sedette al tavolo, rimase seduto a smangiucchiare, senza neanche avere realmente fame, e si perse nelle sue riflessioni che avevano come unico punto di riferimento il moro che dormmiva al piano di sopra.
Con un certo nodo allo stomaco Brian si rese conto che ogni volta che aveva tempo per pensare, che si fermava a riflettere o semplicemente cercava di staccare per liberarsi un po'  da tutte le sue preoccupazioni era proprio il pensiero di Zack che prendeva ad occupargli la mente. Non erano sempre pensieri concreti, ma spesso lo vedeva con gli occhi della mente,  lo vedeva ridere, o semplicemente sorridere ogni volta che faceva l'idiota, vedeva i suoi occhi a volte felici e a volte tristi. Era come se da quando l'aveva conosciuto fosse diventato un po' il centro del suo mondo, gli amici gli chiedevano che fine avesse fatto e Al si ritrovava a riprenderlo ogni volta che, distratto com'era, serviva il cliente sbagliato o faceva cascare e rompere qualcosa.
-Buongiorno. Già sveglio?
La voce di Zack, che era appena entrato in cucina,         alle sue spalle lo fece riscuotere dai suoi pensieri e sorridere stupidamente.
-Sì, mi sono scordato di disattivare la sveglia del cellulare e ha suonato presto. Ti ho svegliato?
-No no- fece Zack strofinandosi gli occhi e mettendosi a sedere di fronte a Brian -mi alzo sempre presto.
-Se l'avessi saputo avrei preparato qualcosa anche a te- disse Brian indicando il suo toast.
-Non ti preoccupare, tanto non ho mai fame la mattina... Comunque- riprese Zack, come se stesse per dire qualcosa di difficile -hai dormito bene sta notte? Cioè, non ti ho tirato calci o che ne so... parlato, qualcosa del genere?
Brian si morse la lingua indeciso se parlare e esporre i suoi dubbi.
-Io ho dormito bene. Tu?- decise di dire semplicemente, nella speranza che fosse l'altro a dargli qualche indizio.
-Meglio del solito- fece Zack sovrappensiero.
Brian lo guardò con un mezzo sorriso e qualche secondo dopo Zack arrossì e abbassò lo sguardo.
-Non perché hai dormito con me- si affrettò a dire -Cioè, sì mi ha fatto piacere, ma...
Zack sembrava essersi incartato e Brian, tanto per metterci il carico, si mise a ridere. Ma lo fece anche per alleggerire la situazione. Era sicuro che il più piccolo si stesse riferendo al fatto che la sua vicinanza aveva fatto sì che non avesse avuto incubi, anche se lui non sapeva che era perché gli era stato abbracciato per tutta la notte. A quel pensiero Brian sentì quasi una fitta al cuore. Guardò l'altro che cercava di dissimulare il suo imbarazzo, ma per il resto sembrava che fosse tranquillo e i suoi occhi sembravano sereni. Ma per quanto tempo ancora li avrebbe visti così, prima che tornassero di nuovo a oscurarsi?
-A che pensi?
Brian si accorse di aver staccato per un attimo il cervello solo quando la voce di Zack lo richiamò. Ormai era talmente abituato a quei vuoti di silenzio che ormai quasi non se ne accorgeva.
-Niente- rispose Brian, anche se la risposta giusta sarebbe stata, a te. Lo guardò intensamente negli occhi tanto che ebbe paura che Zack gli avesse potuto leggere nella mente la vera risposta, così distolse lo sguardo e si alzò improvvisamente in  piedi.
-E' meglio che vado, devo passare a casa a cambiarmi e poi andare a lavoro- disse sbrigativo.
Zack parve confuso dal repentino movimento dell'altro.
-Stasera ci vediamo?
-Certo- fece Brian sorridendo, essendosi accorto di essere stato un po' troppo brusco -a stasera.
-Ok... ma non è meglio se prima ti vesti?
Brian abbassò lo sguardo su di sé e si ricordò solo in quel momento che indossava giusto un paio di boxer e una maglietta a maniche corte, quelle con cui aveva dormito.
-Mi pare il caso- disse e lasciò l'altro a ridere, mentre lui correva di sopra a cambiarsi.
Imprecò constatando che i suoi vestiti erano ancora umidi e gli sarebbe preso un colpo se fosse uscito con quelli. Rimase un attimo incerto sul da farsi e poi prese i jeans e la maglietta che gli aveva prestato Zack il giorno prima. Glieli avrebbe riportati la sera stessa.
-Allora passo come al solito verso le sei e mezzo, ok?- domandò Zack quando Brian tornò di sotto.
-Ok, ciao Zacky- gli disse e l'abbracciò per salutarlo.
Zack rimase un attimo sorpreso e poi ricambiò. A Brian non importava che all'altro potesse sembrare strano, a lui era mancata la sensazione di stringerlo fra le braccia e, nel momento in cui lo lasciò, desiderò di poterlo fare di nuovo presto.
-A dopo- salutò un'ultima volta prima di dirigersi a lavoro sotto la pioggia.



Zack aveva passato l'intero pomeriggio sul divano a guardare i programmi musicali alla TV, in particolare era riuscito a trovare un live dei Misfits che lo aveva tenuto occupato per un'oretta.
Per il resto della giornata si era annoiato tutto il tempo. Aveva pensato di andare a fare un giro fuori, ma il tempo non era dei migliori e pensò che non si sarebbe divertito senza Brian, e senza neanche accorgersene  se ne rimase sdraiato sul divano, ignorando la TV accesa, a pensare all' amico. Sentiva  sui suoi vestiti il suo odore e rimase per qualche istante a ispirare aria per sentirlo il meglio possibile. Era davvero buono. Sapeva di Brian, per questo era buono.
Più ci pensava e più ringraziava il destino per averlo condotto in quella città e in quella Caffetteria qualche settimana prima. Il fatto di poter contare su qualcuno dopo aver passato una vita da solo era più di quanto si sarebbe mai aspettato.
Dopo un'altra ora a riflettere sul divano decise di alzarsi e raggiungere Brian. Erano solo le cinque, ma non ce la faceva più a starsene li senza fare niente, preferiva aspettare che Brian finisse di lavorare direttamente alla Caffetteria.
Una volta fatto la doccia e vestito, circa una mezz'ora dopo, era pronto per uscire, ma la vibrazione del cellulare lo fermò. Era un messagio da Brian:
"So che mi avevi detto che saresti venuto qui, ma vediamoci direttamente al solito locale. Ho appena incontrato un amico che non vedevo da tempo e Al mi ha fatto staccare prima. Mi dispiace davvero che salteremo la nostra solita cena, stasera ti offro un drink!"
Zack sbuffò e si appostò nuovamente sul divano dove sprofondò stancamente, senza avere niente da fare.
Diverse ore dopo camminava fiancheggiando il lungo mare, diretto verso il luogo di incontro con Brian. Teneva un'andatura piuttosto accellerata, perché era riuscito a fare tardi nonostante non avesse fatto niente per tutto il pomeriggio.
Quando si fu avvicinato abbastanza lo scorse davanti all'entrata che si stava fumando una sigaretta, ma non era da solo.
-Ciao Zacky, ce l'hai fatta! Pensavo ti fossi perso- lo accolse Brian non appena lo vide.
-In qualche modo sono riuscito comunque a fare tardi- si scusò grattandosi il capo.
-Fa niente... ah, questo è l'amico di cui ti parlavo, Matt. Matt lui è Zack.
Il ragazzo alto dagli occhi verdi che stava a fianco a Brian gli porse la mano -piacere di conoscerti Zack. Anche se, in sole quattro ore, ho sentito talmente parlare di te che mi sembra già di conoscerti.
Brian rifilò una gomitata a Matt mentre Zack se la rideva e gli stringeva la mano -Piacere mio.
-Bene, vogliamo entrare? Così ti presento gli altri- fece Brian prendendo Zack per un braccio e portandolo dentro.
All'interno come al solito la musica era sparata a tutto volume e Zack notò due ragazzi ad un tavolo che stavano facendo cenni verso di loro.
Brian gli fece segno di seguirlo e s'incamminarono verso gli altri. Farsi strada fra le miriadi di persone non era affatto cosa facile e Zack riusciva malapena a stare dietro a Brian,  tanto che questo, una volta che se ne fu accorto, gli afferrò la mano e lo trascinò dietro di sè in mezzo alla folla, facendolo arrossire leggermente per quel contatto, ma Zack si costrinse a pensare che il rossore sulle sue guance fosse dovuto al caldo.
Arrivati al tavolo Zack fu presentato anche agli altri due ragazzi, tali Jimmy e Johnny.
Gli amici di Brian sembravano abbastanza simpatici, anche se a Zack sembrava strano che non gli avesse mai parlato di loro.
-Quindi sei tu il motivo per cui Brian è sparito in tutto questo tempo?
Zack si voltò verso il ragazzo dagli occhi azzurri intuendo che si stava riferendo a lui. Nonostante la domanda potesse sembrarlo, il tono che aveva usato Jimmy non era accusatorio, ma una semplice constatazione. Nonostante questo non sapeva che rispondere e si limitò a grattarsi il capo e balbettare qualcosa senza senso.
-Lascialo in pace Jimmy- fece Brian mettendogli un braccio intorno alle spalle -sono io che non ho saputo gestire bene le cose... e poi tu non avevi da fare per lavoro?
-Si, ma il tempo per una birra lo avevo.
-Te ne offro una ora?- chiese Brian per farsi perdonare.
-Si, bravo. Fai qualcosa di utile nella vita!- lo prese in giro Jimmy alzandosi in piedi e Brian scosse la testa e lo seguì, lasciando Zack a chiacchierare con Matt e Johnny.
Jimmy e Brian tornarono una decina di minuti dopo con in mano cinque birre.
-Offro una birra ciascuno per farmi perdonare, così non potete dubitare che io non sia un buon amico!- fece Brian appoggiando i bicchieri sul tavolo.
-Lo sai che con la birra  vai sempre sul sicuro- fece Johnny gustandosi immediatamente la sua.
Brindarono a qualcosa di non ben precisato e ordinarono altre birre, tanto che dopo  nemmeno un' ora sia Johnny che Matt erano partiti.
-Odio essere quello che guida- si lamentò Jimmy -ho preso solo una birra e neanche avrei dovuto.
-Infatti vederti sobrio è abbastanza una novità- constatò Brian.
-Solo perché Sanders ha la macchina dal meccanico- sbuffò -credo che andrò al bancone, c'è una tizia che mi fissa da venti minuti- e detto questo fece l'occhiolino e sparì in mezzo alla folla di gente.
Johnny e Matt stavano qualche metro lontano da loro e ridevano come se avessero sparato la battuta del secolo.
-Che ne dici di andare un attimo fuori?- chiese Brian -comincio a sentire un po' troppo caldo qui.
-Sì, andiamo- rispose Zacky e, afferrate le loro giacche, a fatica riuscirono a farsi strada nel senso opposto fino a raggiungere l'uscita.
 Il contrasto fra il caldo soffocante del locale e il venticello freddo all'esterno fece rabbrividire entrambi, ma infondo si sentivano meglio.
Brian tirò fuori immediatamente una sigaretta e prese a fumare appoggiato al muro, tanto per rilassarsi un po'.
Aveva intenzione di chiedere a Zack spiegazioni sul suo comportamento un po' cupo, ma era certo che l'altro non ne sarebbe stato felice. Però doveva provarci.
-Comunque sei sicuro di esser stato bene sta notte?- chiese, come se non avessero mai sospeso il discorso che avevano avuto quella stessa mattina.
Zack lo guardò subito confuso prima di capire a cosa si riferisse.
-Sì, te l'ho detto... meglio del solito almeno- fece, puntando lo sguardo in un'altra direzione.
-Cosa c'è di solito che non va?
Brian sapeva che quel discorso era scomodo per Zack, che infatti cominciò a dare i primi segni di nervosismo.
-Niente...
Zack si torturava le mani e Brian decise che era di nuovo il caso di lasciar perdere. La serata stava procedendo bene e non se la sentiva di rovinarla. Spense la sigaretta che aveva fumato neanche a metà e la gettò a terra.
-Non importa. Se un giorno ti andrà di parlamene lo deciderai tu.
Zack lo guardò e poi abbassò lo sguardo prima di parlare di nuovo:
-Ho avuto un incubo vero?
Brian fu sorpreso del fatto che glie l'avesse chiesto.
-Credo di sì- si limitò a rispondere.
-Immaginavo- disse con gli occhi bassi -ma non mi sembra l'argomento più felice di cui parlare in questo momento.
-Zacky, io vorrei solo aiutarti- fece Brian mettendosi davanti a lui per costringerlo a guardarlo negli occhi.
Zack ora sembrava come intrappolato da quello sguardo, da quegli occhi scuri in cui riusciva a percepire  quanto l'altro fosse preoccupato per lui.
-Tu neanche lo sai quanto mi hai aiutato in queste settimane- disse dopo un attimo di esitazione, e Brian riuscì a leggere nei suoi occhi quanto fosse dannatamente sincero.
Gli portò una mano fino alla frangia e gli scostò i capelli che ricadevano quasi sugli occhi.
-Vorrei vederti felice. Ti vedo sempre sorridere con le labbra, ma i tuoi occhi rimangono sempre tristi. Cosa posso fare?
Zack rimase spiazzato da quelle parole. Era tanto che qualcuno non si preoccupava per lui in quel modo. Neanche se lo ricordava quanto.
-Perché ti interessa così tanto che io sia felice?
-Non lo so. So solo che è stato il mio unico scopo dal momento che ti ho incontrato. Ma non pare che ci stia riuscendo più di tanto.
-Stare con te mi fa stare bene Brian- fece Zack guardandolo serio, per fargli capire che non mentiva -è solo che è tanto tempo che scappo dagli altri....
Brian gli accarezzò delicatamente il viso, poi gli prese la mano e la strinse nella sua, e Zack non fece opposizioni.
-Se provo a fare una cosa mi prometti che ora non scappi?
Zack rimase immobile per un paio di secondi, il viso vicinissimo a quello di Brian, e poi annuì. Qualche istante dopo Brian premeva dolcemente le labbra nelle sue. Zack si stupì di non esserne rimasto sorpreso, ma anzi si aggrappò all'altro attirandolo più vicino.  Era come se non si fosse reso conto di quanto avesse desiderato quel contatto, di quanto ne avesse realmente bisogno, ormai inconsciamente aveva capito quanto stare con Brian gli avesse fatto bene. Si sentiva completo, protetto e sicuro. E fu proprio quello a spaventarlo maggiormente.
Si staccò di colpo e mise le mani sul petto di Brian per spingerlo via.
Si guardarono per un interminabile istante in cui il più grande lo guardava confuso e preoccupato.
Zack voleva spiegargli che lo aveva spinto via perché non voleva soffrire, perché quando vuoi bene a qualcuno può succedere che te lo portano via e lui era andato incontro a quel destino troppe volte per poterlo sopportare ancora. Voleva spiegarglielo, voleva farlo davvero.
Invece si voltò solamente e corse via  per le strade buie di Huntington Beach.










Mi ci è voluto un po' di tempo, ma ecco il quinto capitolo!
Ringrazio subito chiunque abbia letto, sperando che sia stato di vostro gradimento, io non ne sono tanto convinta ^^"
Ma l'ho riscritto trecento volte e se lo scrivevo un'altra volta credo che avrei dato di matto D:
Comunque alla fine mi sono decisa ad aggiungere anche gli altri tre perché infondo che ff sugli avenged è se non ci sono tutti? Non ho resistito :3 Anche se comunque avranno un ruolo piuttosto marginale.
Bene, basta con le chiacchiere, passo subito a ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo, e scusatemi se vi ho fatto aspettare!
Amelie_, Vengeance_As, LoveLeonScottKennedy e _Mpenziwe, grazie mille! *^* Non c'è bisogno che ripeto ogni volta che vi adoro vero? ...ma si dai, una volta in più non fa mai male :'D vi adoro *-*

Come al solito se c'è qualche errore che mi è sfuggito, qualcosa che non va, vi invito a segnalarmelo :)

Ps: ma avete visto il Cionni che si è fatto i capelli... che colore è, lilla? LOL Bellino lui :') E i capelli di Syn *-*
Ok, basta bimbominkieggiare :'D

Al prossimo capitolo! Un bacione,

Josie






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Capitolo 6
*** Maybe I'm a sinner, but you make me feel so damn good ***


Capitolo 6







Il vento scompigliava i capelli del ragazzino che se ne stava con i piedi a mollo nell'acqua e lo sguardo che si perdeva nel vasto oceano. I suoi occhi color acquamarina riflettevano il colore del mare. Era cresciuto, il suo sguardo si era fatto più serio, le braccia appena più robuste e macchiate di segni e di tagli, solo gli occhi erano rimasti grandi e verdi, unico segno che donava infantilità al suo volto pallido. Rimase a scrutare il sole che andava a nascondersi oltre l'orizzonte e, prima che potesse sparire del tutto, lasciò la spiaggia deserta per dirigersi al piccolo supermercato e prendersi qualcosa da mangiare per la cena. Girovagò per le strade polverose e le case fatiscenti fino a che non fu abbastanza tardi da trovare casa sua immersa nel silenzio, segno che suo padre se ne era andato a dormire. O meglio, che fosse crollato dopo aver ingurgitato litri di alcol come era di sua abitudine. Chiuse la porta e si tolse le scarpe per camminare senza fare rumore e dirigersi nella sua camera, il suo unico rifugio, poi non così tanto sicuro. Mentre giaceva sul materasso duro con le lenzuola portate fin sopra la testa sentì la porta aprirsi e la luce proveniente dal corridoio inondare la sua stanza. "Zack.." la voce roca e strascicata di suo padre gli giunse alle orecchie, graffiante, mentre un secondo dopo sentiva il rumore di vetri di una bottiglia infrangersi nel pavimento e sparpagliare a terra quel poco di liquido che era rimasto al suo interno.




Zack si svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi e scoprendosi coperto di sudore. Ci mise almeno un paio di minuti per capire che aveva avuto un incubo e che si trovava nella sua stanza della sua casa a Huntington Beach e non nella vecchia casa in cui viveva con suo padre, più di dieci anni prima. Quel sogno lo aveva lasciato stordito, anche perché era diverso tempo che ormai non ne aveva e non se l'era aspettato.
Quella sera se ne era andato a dormire più agitato del solito e propbabillmente era per quello che non era riuscito a dormire tranquillo. Sì, era andato a dormire agitato... ma perché?
Non appena riacquisì un po' di lucidità, i ricordi della sera precedente lo colpirono come un fiume in piena e si portò di istinto una mano alla fronte. Brian l'aveva baciato. Brian.
Ripeté mentalmente quel nome tante e tante volte finché quelle cinque lettere persero di significato e ne rimase solo il suono.
La stanchezza gli era completamente passata e non riuscendo più a stare fermo nel letto decise di levarsi la canottiera sudata e alzarsi. Andò in bagno a sciacquarsi la faccia con dell'acqua fredda, poi rimase a fissare il riflesso che scorgeva nello specchio.
Sapeva che era sbagliato, che Brian era un suo amico e gli amici, due ragazzi, non si baciano. E' peccato, c'è scritto anche nella sacra Bibbia. Questo era quello che gli era sempre stato insegnato. O meglio quello che aveva recepito, nessuno si era mai degnato di insegnargli qualcosa spontaneamente. Era sbagliato, tutto sbagliato.
Ma se era così sbagliato, perché quando chiudeva gli occhi sentiva lo stomaco stringersi per la forza con cui desiderava che Brian lo baciasse di nuovo?
Lo aveva fatto sentire bene, lo aveva fatto sentire vivo, quando lui si  sentiva morto dentro da un tempo che non riusciva neanche a ricordare.
Le labbra premute nelle sue, le braccia che lo stringevano e lo avvicinavano a lui, il respiro leggero che soffiava sulla sua pelle. Era sbagliato, ma non capiva perché. Era come un blocco del suo cervello, una vocina che gli ripeteva che non era così che andavano le cose. La classica lotta fra cuore e cervello: fallo, non lo fare.
La vocina che proveniva dal suo cervello urlava e gridava; non poteva farlo, non doveva.
Sentiva li cuore pulsargli il sangue nelle orecchie, rendendo i suoni intorno a lui ovattati. Fuori pioveva di nuovo, anzi sembrava che stesse imperversando un temporale, un po' come succedeva dentro di lui.
Dei colpi improvvisi lo fecero scattare in allerta e si diresse verso la finestra pensando che avesse cominciato a grandinare, invece quando si sporse notò una figura con il capuccio tirato su che gli copriva la visuale, davanti al portone di casa sua che bussava sbattendo il pugno sul legno scuro.
Zack non si domandò neanche chi fosse e scese di corsa  prima che Brian si infradiciasse tutto.
Era deciso a mantenere una certa distanza fra loro per evitare che accadesse di nuovo quello che era successo giusto qualche ora prima, ma non appena aprì quella fottuta porta e vide il volto preoccupato dell'altro sotto i capelli sgocciolanti, tutte le sue convinzioni si sbriciolarono come polvere al vento.
-Fammi entrare- disse con tono deciso, spingendolo di lato e entrando prepotentemente in casa.
-Brian...- cominciò Zack, chiudendosi la porta alle spalle per poi rivolgersi verso l'altro.
-Vedi di tenere chiusa quella bocca, ora sono io che ti devo parlare- lo interruppe combattento col fiatone... doveva aver corso per arrivare li. Era strano che si rivolgesse a lui in modo così autoritario quando di solito scherzava sempre o al massimo assumeva un tono preoccupato.
-Io non so quale sia il tuo problema, ma ho capito che tu non vuoi parlarmene- riprese qualche istante dopo -non ci conosciamo da una vita, non siamo amici di infanzia, fratelli,  fidanzati o quello che ti pare e non hai il dovere di dirmi niente, perciò se non vuoi non farlo.
-Brian...- tentò di nuovo Zack, ma venne interrotto ancora.
-Credimi, questo non mi fa incazzare o altro, sono affari tuoi e rispetto il tuo silenzio. Ti chiedo solo un' unica cosa- si fermò un attimo e puntò bene gli occhi in quelli di Zack, che lo ascoltava muto -smettila di fuggire da me.
Brian smise di parlare apparentemente soddisfatto del proprio discorso, anche se sembrava comunque turbato. Zack rimase a guardare l'altro dal basso, le rotelle che facevano girare gli ingranaggi del suo cervello improvvisamente ferme dopo aver lavorato intensamente nelle ultime ore.
Con la mente sgombra, nessuna vocina maledetta in testa che gli diceva che stava sbagliando, fece un passo in avanti eliminando la poca distanza che lo separava dal moro, gli afferrò la stoffa della felpa fino ad abbassarlo alla sua altezza, per poi premere con tutta la  forza che gli rimaneva sulle labbra dell'altro.
Fanculo chi pensava che fosse sbagliato, fanculo la sua vita sempre troppo difficile e tutte le persone che lo avevano abbandonato, in quel momento c'era solo  Brian che ricambiava il suo bacio, che con i capelli fradici gli solleticava e bagnava la pelle e, soprattutto, che non se ne andava, anzi sembrava convinto a non perderlo di vista un attimo.
Dopo un tempo che parve infinito entrambi si separarono quel tanto da permettergli di prendere aria, le labbra che si sfioravano, quasi avessero paura di allontanarsi troppo l'uno dall'altro.
Brian sorrise appena sulle labbra dell'altro e scosse la testa -mi manderai al manicomio prima o poi.
Zack rise appena e nascose la testa nell'incavo del collo del più grande, lasciandosi accarezzare dal tocco leggero delle sue mani.
In effetti Brian aveva ragione. Da quando si conoscevano Zack era stato spesso con la mente assente, malinconico e spesso scappava lasciando l'altro da solo con la sua confusione e le sue domande. Ma in tutto quel tempo Brian non lo aveva mandato a farsi fottere, ma anzi aveva continuato a stargli vicino, a cercare di farlo ridere, e semplicemente, a voler stare con lui. Avrebbe potuto trovarsi contro anche tutto il mondo a dirgli che quello che facevano era sbagliato, ma questa volta si sarebbe tappato le orecchie e avrebbe dato retta solo a se stesso.
Aprì gli occhi e lo sguardo gli cadde sullo specchio appeso alla parete di fianco a loro: nel riflesso vedeva lui e Brian stretti in un abbraccio, mentre il ragazzo aveva una mano sprofondata nei suoi capelli e lo accarezzava piano. Sorrise e si diede dello stupido per essersi fatto tutti quei problemi. Per qualche istante non riuscì a staccare gli occhi da quell'immagine che li rifletteva. In fondo quel che vedeva non gli sembrava così strano.
-Rimani anche stanotte?- chiese staccandosi appena e guardandolo poi negli occhi.
-Se mi fai gli occhioni non posso dirti di no- rispose Brian scompigliandogli i capelli.
Zack rise, lo prese per mano accompagnandolo con lui di sopra e dopo avergli dato della roba asciutta  si misero di nuovo a letto come la sera prima.
Brian lo avvicinò a sé e Zack si accoccolò sul suo petto.
-Mi era mancata questa sensazione- fece Brian sorridendo sotto i baffi.
-Che vuoi dire?- chiese Zack non capendo a cosa si riferisse.
-Niente, ieri notte devi aver fatto un brutto sogno, così ti ho abbracciato e ti sei calmato. Appena provavo a spostarmi ti agitavi di nuovo, credimi era una cosa alquanto imbarazzante- concluse Brian scoppiando a ridere.
Zack arrossì e si girò dall'altra parte fingendosi offeso.
-Bene, se era così imbarazzante sta notte cercherò conforto nel muro- disse, per poi andarsi a premere contro la parete contro cui era poggiato il letto.
Brian rise di nuovo e lo afferrò per un braccio avvicinandoselo di nuovo e facendoselo finire sopra.
-Era imbarazzante, ma credo che farò questo sacrificio per te, ma solo perché ti amo.
Zack, che aveva preso a ridere anche lui, si fermò di colpo per rimanere poi immobile a guardare l'altro dall'alto.
-C-cosa hai detto?- domandò supidamente, ma era l'unica cosa che in quel momento il suo cervello era riuscito a fargli dire.
Si sentiva completamente scombussolato, mentre Brian sembrava tranquillo e sicuro di quello che diceva.
-Ho detto che ti amo, Zacky- ripeté nuovamente, accarezzandogli una guancia. Poteva anche dubitare di quelle parole, ma i suoi occhi non mentivano. Era sincero.
Zack boccheggiava, si sentiva totalmente idiota e impotente. Brian sembrava divertirsi molto per lo sguardo da ebete che doveva aver assunto, così decise di riprendersi e fingere indifferenza.
-Sì, credo che forse ti amo anche io- disse noncurante per poi riappoggiare la testa sull petto dell'altro, che scoppiò a ridere.
-"Credo che"?
- chiese scettico- "Forse"?
-Già- rispose Zack non dandogli attenzione.
Brian scosse la testa -credo che per oggi mi accontenterò di questo.
-"Credi che"?- gli fece eco Zack, che si prese una cuscinata in faccia.
-Vedi di tacere piccoletto, non mi hai mai visto arrabbiato!- lo ammonì Brian scherzando.
-Tremo di paura- lo canzonò Zack.
Continuarono a giocare per un altro po' di tempo finché inesorabilmente, vista anche l'ora tarda, crollarono addormentati.
Zack si addormentò in un sonno profondo e senza sogni, ma cosa più importante, senza incubi.















Pfff, giuro che non volevo metterci tutto sto miele in questo capitolo D: ...LOL si che volevo :') E' che ho un periodo un po' da schifo e stranamente invece di prendermela con il mondo -cosa che fa la gente normale - mi vengono gli eccessi di zuccherosità. Andate un po' a capire il mio cervello contorto :'D
Scusate il ritardo, ma ultimamente ho poco tempo e soprattutto mi sento poco ispirata, infatti non sono granché soddisfatta di questo capitolo :S Mi è venuto anche cortino...
Però dopo tanti problemi glielo volevo concedere a queste due povere anime un capitoletto in cui potevano essere carini e coccolosi XD
Non ho granché da dire, ringrazio chiunque abbia letto, messo fra le seguite/preferite/ricordate.
Grazie a quelle coraggiose ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ovvero: Vengeance_AS, Victorias Nightmare, Amelie__, LoveLeonScottKennedy e _Mpenziwe. Thank you, girls <3
Spero che questo capitolo non vi abbia fatto totalmente schifo e spero anche di riuscire ad aggiornare presto :')
Ah, comunque non credo che la ff avrà moltissimi altri capitoli, al massimo un paio :) A presto, Un bacione,


Josie



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