Winter Sun di Josie Walking_Disaster Vengeance (/viewuser.php?uid=109036)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Just a smart boy and a lonely guy ***
Capitolo 3: *** No one knows what it's like to be stuck in my mind ***
Capitolo 4: *** Storm, Horror Movies and Nightmares ***
Capitolo 5: *** He's just a runaway ***
Capitolo 6: *** Maybe I'm a sinner, but you make me feel so damn good ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Winter Sun - Epilogo
Il paesaggio buio
scorreva
velocemente di fianco a lui, ombre scure, troppo scure per essere
riconosciute. L'aria entrava dai finestrini riempendo la macchina e
tormentando i capelli dei passeggieri al suo interno: della donna che
gli stava urlando contro, del bambino dai capelli biondi addormentato
nel sedile posteriore e i suoi.
Le occasionali luci dei
lampioni
gettavano lampi di bagliore bianco all'interno dell'abitacolo che
infastidivano gli occhi del conducente.
Era stanco, arrabbiato,
nervoso e non riusciva a prestare attenzione alla strada.
Le stradine di campagna
avevano sostituito quelle della periferia e, ancora prima, quelle della
città.
Oltre al getto luminoso
dei fanali dell'auto non vi era altra fonte di luce. Solo buio, vento e
la voce alterata della donna.
Quella voce lo
innervosiva, il buio totale lo oprrimeva.
Ribatté alle
accuse della
donna, arrabbiato, la macchina che continuava a sfrecciare nella
tortuosa stradina deserta. Accellerò. Voleva tornare a casa.
Voleva lasciarsi alle
spalle quell' irritante voce, quell' opprimente buio.
In un attimo una intensa
luce
abbagliante riempì l'abitacolo, la donna si
ammutolì e il
bambinò gridò, svegliandosi all'improvviso e
spalancando
gli occhioni verdi:
"Papà!"
E poi fu buio di nuovo.
Zack aprì gli occhi svegliandosi di soprassalto. La fronte
era
madida di sudore, il petto saliva e scendeva a ritmo del suo respiro
frenetico, il cuore che martellava contro il costato.
Aveva anche
cominciato a sognarlo. Non sarebbe mai riuscito a liberarsi di quel ricordo....
Si alzò nonostante fuori dalla finestra fosse ancora buio,
si
vestì e uscì di casa. Non riusciva a stare in
luoghi
chiusi per troppo tempo.
***
Brian
fissava il soffitto come nella speranza che li si trovasse quella
forza che lo avrebbe aiutato ad alzare il culo dal letto. Dopo almeno
una decina di minuti di contemplazione poté constatare che
quel
soffitto era solo un semplice... bè soffitto.
Guardò il display
della sveglia e si maledisse. Le quattro e cinquanta, era stato
più di
venti minuti li immobile senza fare niente.
Raccogliendo a se tutta
la buona volontà si alzò. Aveva faticato tanto
per trovarsi quel lavoro
e non poteva permettersi di perderlo.
Andò a lavarsi e vestirsi, facendo tutto in stato
semi-comatoso, tanto che quando arrivò davanti alla porta di
casa non
sapeva neanche come ci fosse arrivato.
Decise di recarsi alla
Caffetteria, suo attuale luogo di lavoro, a piedi. Non ci volevano
più
di quindici minuti e, l'aria fresca del mattino e la prima luce del
sole che cominciava ad intravedersi oltre l'orizzonte della
città lo rilassavano.
Una
volta arrivato trovò Al -il suo capo- già intento
a sistemare per
l'apertura, che non sarebbe avvenuta prima di un'altra mezz'oretta.
Brian
si era subito trovato bene a lavorare con Al: era un tipo molto alla
mano, che aveva fin da subito voluto che gli desse del tu e lo
chiamasse "Al". Infatti ancora Brian non era a conoscienza di quale
fosse il suo nome per esteso.
-Buongiorno Brian. Fatto tardi anche ieri sera?- chiese con il tono che
usava solitamente per prenderlo amichevolmente in giro.
-'Giorno-
rispose semplicemente Brian, evitando di rispondere alla domanda.
-Dai aiutami a sistemare le ultime cose che appena abbiamo fatto
apriamo- lo intimò, mentre era intento a sistemare le sedie
che erano girate sopra i tavoli.
Brian rimase stupito che volesse aprire con anticipo. Al era sempre
stato molto preciso con gli orari.
-Perché apriamo prima?- domandò infatti Brian.
Al smise un attimo di sistemare i tavoli per voltarsi verso di lui e
fargli un cenno con la testa.
-Quel ragazzo è li da un bel po'. Non capisco
perché,
dato che c'è il cartello con l'orario appeso fuori, ma mi
sento
un po' in colpa a lasciarlo li.
Brian si voltò verso la porta a vetro che dava sull'esterno
e notò un
ragazzo in jeans, camicia a scacchi e cappello con la
visieria
che se ne stava con le mani in tasca appena fuori il Caffè.
Probabilmente
non era di Huntington Beach perché non l'aveva mai visto in
giro e,
dato che sembrava avere più o meno la sua stessa
età, sarebbe stato
difficile non conoscerlo.
Mentre era perso nelle sue osservazioni,
il ragazzo si voltò verso di lui e Brian distolse subito gli
occhi. Lo
sguardo che gli aveva lanciato gli aveva fatto venire i
brividi per un
attimo. Era... strano. Però si convinse che era dovuto tutto
a una sua
illusione o a un qualche gioco di luci, perché quando si
voltò di nuovo
lo trovò a scrutare il cielo azzurrino del mattino con
disinvoltura e
innocenza.
Buooonasera
:D
Mi mancava scrivere una bella Synacky, quindi ho dovuto per forza
rimettermi a lavoro :)
Vi avviso che forse questa ff sarà un po' particolare e
probabilmente più seria di quello che avevo programmato. E'
un po' un esperimento, vediamo che ne esce.
Lo so che come inizio è un po' cortino il capitolo, ma
è solo il prologo e intanto ringrazio chiunque abbia letto e
spero che come inizio vi abbia incuriosito un po' :P
Non credo di aver nient'altro da dire, perciò al prossimo
capitolo! Byeee
Josie
|
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Capitolo 2 *** Just a smart boy and a lonely guy ***
winter sun cap 1
Quando tutto fu pronto per l'apertura, Al andò ad aprire
personalmente la porta del locale in modo che il misterioso ragazzo che
aveva continuato ad aspettare paziente potesse entrare.
Brian fingeva di sistemare qua e la le varie cose dietro il bancone,
mentre lo scrutava stando attento a non farsi vedere. Non sapeva dire
da cosa dipendesse quel suo comportamento. Semplicemente quel ragazzo
sembrava circondato da un aurea misteriosa che gli impediva di
distogliere lo sguardo.
Si aspettava che il tipo si mettesse seduto in uno dei tavoli sparsi
per la Caffetteria, invece venne diretto verso di lui, che distolse
subito gli occhi e continuò a fingere di essere indaffarato.
-Un caffè, per favore- ordinò semplicemente il
ragazzo.
-Arriva subito- fece Brian andando verso la macchinetta.
Mentre gli preparava il caffè il suo sguardo si
posò
nuovamente su di lui. Brian dovette constatare che effettivamente quel
tipo aveva davvero bisogno di una bella tazza di caffè.
Sembrava uno che aveva
fatto le ore piccole, un po' come faceva lui per almeno cinque giorni
alla settimana. Però guardandolo bene, Brian
pensò che infondo quel ragazzo non doveva essere come lui.
Lui faceva tardi praticamente ogni sera, non aveva un lavoro serio e
non aveva particolari preoccupazioni a fargli venire le ansie. Prendeva
tutto con molta semplicità. Al contrario l'altro sembrava
come schiacciato da un peso che gli recava una grande angoscia.
Brian non sapeva dire come avesse potuto capire tutto ciò in
soli cinque minuti. Probabilmente era solo un'intuizione e niente di
tutto quello che pensava era davvero così.
-Ecco a te- fece porgendogli la tazza fumante e rimanendo li impalato.
L'altro soffiò sul liquido bollente e prese a bere.
Dopo' un po' notò gli occhi di Brian che lo scrutavano
incessantemente come se stesse cercando di venire a capo di
chissà quale mistero. Inizialmente non gli dava fastidio, ma
ora cominciava a metterlo un po' in soggezione,
così
gli lanciò uno sguardo come a chiedere che volesse da lui.
Per tutta risposta Brian parve accorgersi di quel gesto di
indiscrezione solo in quel momento e tossicchiò un po' per
celare l'imbarazzo.
-Sei nuovo di qui?- chiese fingendo indifferenza -E' per questo che ti
stavo fissando. Cercavo di capire se potevo averti visto da qualche
parte, non volevo darti fastidio- concluse grattandosi il capo.
Per un attimo il ragazzo rimase serio, lo scrutava come se stesse
cercando di capire se lo stesse prendendo in giro o meno.
-In realtà sono arrivato da qualche giorno- rispose infine.
-Mi sembravi una faccia nuova infatti- spiegò Brian,
cercando di
salvarsi dalla figura da impiccione che aveva fatto qualche istante
prima -E' che più o meno conosco tutti quelli della nostra
età, sai sempre la solita gente...- fece, pensando solo in
un
secondo momento che in realtà non aveva la minima idea di
che
età potesse avere l'altro.
Conosceva quel tizio da due minuti e stava già facendo la
figura
del idiota. Ma non sembrava che l'altro ci facesse particolarmente caso.
-Comunque io sono Brian- disse, porgendogli la mano.
-Zackary, ma ti sarei molto grato se mi chiamassi Zack, o Zacky al
massimo- fece lui, con un mezzo sorriso.
Vedendo le labbra dell'altro curvarsi leggermente verso l'alto, Brian
si sentì un po' più rilassato.
Zack riprese a sorseggiare il suo caffè e Brian non
poté
non notare come il suo sguardo si stava perdendo lentamente in un punto
non specifico del locale, come se con la mente si fosse appena spostato
in un altro luogo e magari anche in un altro tempo.
Ora Brian poteva esserne sicuro: qualcosa affligeva quel ragazzo e lui
sentiva il dovere morale e infondato di tirarlo un po' su.
-Ehy Zacky, visto che sei nuovo qui e non conosci nessuno magari questa
sera potresti venire con me a un concerto di miei amici. Lo
fanno
all'aperto, qui al parco di Huntington, anche se non è il
massimo del caldo, ma potrebbe essere una buona occasione per
ambientarsi- propose Brian tutto d'un fiato.
Zack alzò lo sguardo dalla tazza fumante e sembrò
pensarci un po' su.
-Grazie, sei molto gentile. Ma credo che passerò.
Brian non riuscì a trattenere una smorfia di delusione, che
si
apprestò subito a nascondere sperando che l'altro non se ne
fosse accorto.
-Fa niente, magari la prossima volta- disse Brian, cercando di mostrare
un sorriso quanto meno credibile. In fondo era stato troppo
precipitoso, conosceva Zack solo da pochi minuti, come gli era preso
di invitarlo a uscire?!
-Certo. Ora devo andare, quanto ti devo?
-Niente, per oggi offre la casa.
Zack accennò un sorriso e i loro occhi si incrociarono un'
ultima volta, prima che il ragazzo uscisse dalla Caffetteria.
Brian rimase a fissare attraverso la porta a vetro la figura del
ragazzo allontanarsi, con le mani in tasca e l'andatura di uno che non
aveva una particolare meta da raggiungere. Mentre lo guardava andar via
si domandò se sarebbe tornato anche l'indomani o se, in ogni
caso, lo avrebbe mai rivisto.
Irritato per questo interrogativo senza risposta, Brian prese a
sistemare cose a casaccio, sbattendo rumorosamente tutto ciò
che
gli passava per le mani sul ripiano. Era stato sempre un suo problema
quello di arrabbiarsi anche per motivi inesistenti.
-Come mai quest'aria scorbutica?- chiese Al, spuntando da qualche parte
ignota del locale -Cos'è, quel ragazzo ti ha dato buca?-
domandò ridendo.
Brian si limitò a sbuffare e a continuare di fingersi
indaffarato, pensando a quanto Al fosse arrivato vicino alla
realtà. O meglio l'aveva centrata in pieno. Ma non poteva
semplicemente intimarlo di fare piano per non rompere niente come
avrebbe fatto qualsiasi altro capo normale?!
Il rumore della porta che si apriva facendo entrare un
ragazzo trafelato distolse Brian dai suoi pensieri.
-Ciao Al, ciao Brian, scusate il ritardo!
-Sei scusato, ma fa tardi un'altra volta e ti licenzio-
scherzò Al, al ragazzo appena entrato.
-Ciao Bradley- salutò Brian incurante, facendo un cenno del
capo al diciannovenne che lavorara assieme a lui.
-Ho tardato per colpa della mia stupida sveglia. Non ha suonato- li
avvertì Bradley, mentre si affrettava a prendere il suo
posto
alla cassa.
-Un giorno la sveglia, un altro c'è traffico, un
altro
ancora ti hanno rapito gli alieni, tutte a te, eh Brad?- lo prese
bonariamente in giro Al, mentre il ragazzo abbassava il capo
mortificato.
-Non è proprio iniziata nel migliore dei modi la giornata!
-Sicuramente meglio di quella di Brian. Non sono neanche le sei e ha
già guadagnato un rifiuto!- fece Al scoppiando a
ridere.
-Credo tu abbia superato ogni mio record- sorrise Brad mettendoci il
carico da novanta.
A Brian, che gli giravano già alquanto, un po' per quel
motivo un
po' perché era mattina presto, ignorò entrambi
alzando
gli occhi al cielo.
-Senti Brad- iniziò Brian dopo un po' attirando l'attenzione
del
ragazzo -stasera ti va di venire a sentire dei miei amici che suonano
giù al parco?
Brian pensò che infondo doveva andarci e piuttosto che
andarci
da solo preferiva andarci con Brad, che nonostante fosse a volte un po'
troppo chiacchierone e irritante era un ragazzo simpatico. E poi non
gli avrebbe detto di no. Infatti gli sorrise entusiasta e
accettò.
Zack aveva camminato per quasi due ore vedendo il sole invernale
sorgere lentamente e alzarsi piano in cielo, emettendo quella chiara
luce dorata delle otto del mattino.
Non amava particolarmente il sole, preferiva la pioggia, forse
perché il tempo brutto era un po' lo specchio della sua
anima.
Ma quella mattina sentiva il venticello freddo di Gennaio riuscire a
superare la barriera dei vestiti e penetrargli fino alle ossa,
così volse il viso verso l'astro luminoso in modo che i suoi
raggi lo inondassero e lo riscaldassero un po'. Ma neanche il sole
sembrava riuscirci, era un sole freddo, che non scaldava.
Era tornato a casa e per le otto e mezza era di nuovo fuori dal
portone, pronto per una nuova giornata di lavoro.
A quell'ora il traffico era intenso e ci mise quasi tre quarti d'ora a
raggiungere l'alto edificio che aveva almeno venti piani, dove avrebbe
lavorato nei prossimi anni.
Nonostante tutto era riuscito ad arrivare con un quarto d'ora
di anticipo e aveva fatto tutto abbastanza con comodo.
Si recò al settimo piano dove si trovava il suo ufficio e si
mise subito dietro la scrivania.
Erano solo due giorni che lavorara per quell'azienda e già
si
sentiva soffocare. Non amava gli uffici, i palazzi troppo alti e i
vestiti troppo grigi delle persone che andavano di qua e di la talmente
di fretta da non aver nemmeno il tempo di fare due chiacchiere. Eppure
quando aveva fatto il colloquio ed era stato accettato, il suo
superiore gli aveva detto che doveva ritenersi fortunato che fosse
stato assunto a soli ventitré anni. Non era da tutti, aveva
detto.
Improvvisamente gli era venuto un gran mal di testa e si
portò una mano a strofinarsi gli occhi.
Zack non amava quel lavoro, ma sentiva di meritarselo. Sentiva di
meritarsi ogni cosa brutta che gli accadeva.
Rimase appoggiato alla sedia con gli occhi chiusi, fregandosene se
qualcuno lo avesse beccato li, apparentemente addormentato.
La mente gli tornò al ragazzo che aveva conosciuto alla
Caffetteria e il pensiero, per qualche motivo, gli fece
aprire
istantaneamente gli occhi.
Brian, aveva detto di chiamarsi.
A Zack sul momento non era sembrato strano che uno sconosciuto gli
avesse chiesto di accompagnarlo a un concerto, ma ora che ci pensava
non era una cosa da tutti.
Rimase un po' a pensarci su e per un riflesso quasi involontario si
portò le mani davanti al viso e ne studiò i
polpastrelli.
Una volta erano pieni di calli per via delle ore che passava sulla sua
chitarra, e qualche segno era rimasto.
Portò lo sguardo su un grande orologio a muro che segnava le
nove e mezza di mattina. Doveva fare otto ore di lavoro e questo
significava che per le cinque sarebbe potuto uscire.
Il concerto di cui parlava Brian era all'aperto e quindi con molta
probabilità sarebbe iniziato per le sei, massimo sei e
mezza.
Accese in fretta il suo computer e si mise subito a lavoro. Se finiva
tutto in tempo e si sbrigava, magari avrebbe potuto farcela.
Brian tirò un po' più su la cerniera della felpa
per coprirsi dal vento freddo, mentre si dirigeva al parco di
Huntington. Non era eccessivamente freddo, dopotutto erano in
Califorina, ma lui era un tipo che amava il caldo e il sole.
Brad, di fianco a lui, non aveva smesso un' attimo di parlare da quando
erano usciti di casa e lui lo ascoltava a malapena. Con Brad bastava
annuire di tanto in tanto, interromperlo con qualche "sì,
hai ragione" o "la penso anch'io così" e in questo
modo si poteva benissimo pensare agli affari propri.
Attraversarono il parco fino ad arrivare in uno spiazzo abbastanza
largo dove era stato sistemato un palchetto.
Era già tutto pieno e i due amici si mischiarono un po' in
mezzo alla folla, anche per ripararsi dal freddo.
Brian però non era proprio di buon umore. Di solito amava
assistere a questi concerti, si svagava un po' e gli piaceva quel
genere di musica. Quel giorno invece aveva proprio la luna di traverso
e non gli andava di vedere o parlare con nessuno.
Dopo un po' sentì una mano afferrargli la spalla e si
girò scocciato pensando fosse Brad con le sue solite
chiacchiere, invece quandò si voltò si
trovò a contatto con due grandi occhi verdi.
-Zack- disse semplicemente. Era sorpreso di vederlo li, dopo che la
mattina stessa gli aveva detto che non nsarebbe venuto.
-Ciao- rispose questo un po' imbarazzato.
-Alla fine sei venuto!- fece Brian entusiasta.
- Sì. Ti avevo visto piuttosto deluso sta mattina,
così ho pensato di venire- lo stuzzicò, facendolo
arrossire impercettibilmente. Allora aveva notato il suo diaappunto
quella mattina.
-Non ero deluso- disse subito per pararsi il culo, ma Zack
reagì mettendosi a ridere.
La risata di Zack lo fece sentire subito un po' più allegro.
Vide che si portava le mani a strofinarsi le braccia nel tentativo di
scaldarsi un po' e, effettivamente, anche Brian non sentiva proprio
caldo. E poi la voglia di vedere il concerto gli era passata,
desiderava solo parlare un po' con quel ragazzo in santa pace.
Nonostante sembrasse un po' più allegro di quanto fosse
quella stessa mattina, Brian notava ancora una certa ombra oscurargli
gli occhi e voleva a tutti i costi farla sparire. Come se qualcuno gli
avesse affidato quel compito.
-Senti che ne dici se andiamo a prenderci una birra? Qui congeliamo-
gli chiese.
-E i tuoi amici? Non si offenderanno se li abbandoni così?-
domadò Zack, ma si vedeva che preferiva l'idea di andare in
un posto caldo.
-Tanto loro saranno impegnati a suonare, non si accorgeranno e poi li
ho sentiti un milione di volte- disse Brian facendo spallucce.
Il suo unico problema era Brad che aveva perso di vista da un po' e non
voleva andarsene così senza dirgli niente.
Cercò un po' con lo sguardo e lo vide con un gruppetto di
ragazzini della sua età e sembrava essersi praticamente
dimenticato della sua presenza.
-Allora andiamo?- riprese Brian -Questa volta non accetterò
un "no" come risposta- disse sorridendo, prima che Zack potesse
rispondere, ma questi si limitò a sorridergli di rimando e
insieme s'incamminarono.
Saaaalve
:D
Ecco qui il primo
capitolo, decisamente un po' più lunghetto del prologo :)
Molte di voi hanno
espresso la loro confusione sulla prima parte del capitolo scorso, ma
non vi preoccupate a tempo debito verrà tutto spiegato, vi
chedo un po' di pazienza.
Non ho
granché da dire, quindi passo subito a ringraziare:
Un immenso grazie a Vengeance_AS, friem, Aoi Takashima, Slash is so
passe, Rossaa, _Mpenziwe e IWalkAlone! Grazie per il sostegno
così caloroso e spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^
Grazie
anche a chi ha semplicemente letto, messo fra le
preferite/seguite/ricordate.
Alla prossima, un
bacione :D
Josie
|
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Capitolo 3 *** No one knows what it's like to be stuck in my mind ***
Winter Sun - Capitolo 2
Quando Zack e Brian varcarono la
porta di un bar a pochi metri dal parco entrambi sospirarono di
sollievo.
L'aria all'interno era calda anche se un po' pesante, ma sempre meglio
di starsene fuori a congelare.
Tutti e due ordinarono una birra e si sedettero ad uno dei tavoli
più lontani dall'entrata, per evitare gli spifferi ogni
volta
che la porta si apriva.
Per qualche minuto rimasero entrambi in silenzio a sorseggiare ognuno
la propria birra, mentre Brian sbirciava di sottecchi i movimenti
dell'altro.
Solitamente quando scendono silenzi fra due persone che si conoscono
poco si può avvertire un certo imbarazzo, invece a Brian
sembrava che Zack fosse perfettamente a suo agio. Anche quando
cominciarono a chiacchierare avendo trovato un interesse comune -la
musica- Brian notava che Zack preferiva starlo ad ascoltare piuttosto
che dire la sua. Sembrava un tipo estremamente riservato e introverso.
-Come mai hai deciso di venire qui a Huntington? Io ci vivo
praticamente da sempre e non conosco granché del mondo la
fuori-
provò a chiedere Brian nel tentativo di far aprire l'altro,
sperando di non sembrare troppo indiscreto.
Zack infatti fece una smorfia appena visibile che sparì
praticamente subito, ma bastò a Brian per capire che non
aveva particolare voglia di parlare di se stesso.
-Più che altro motivi di lavoro- si limitò a
rispondere
Zack, guardando fisso il suo bicchiere, con cui giocherellava per
evitare lo sguardo di Brian.
-Dove vivevi prima?- provò ancora. Si rendeva conto che
quelli
non erano proprio affari suoi, ma qualcosa dentro di lui lo spingeva a
voler sapere. In fondo se voleva aiutarlo ad abbandonare
quell'aspetto sempre così triste e lontano doveva conoscerlo
perlomeno.
-A Santa Ana, non tanto distante da qui... anche se negli ultimi anni
ho sempre girato, non sono mai stato per più di un anno
nello stesso posto.
Quest'ultima affermazione fece agitare Brian, che si mosse a disagio
sulla sua sedia. L'idea che Zack avrebbe potuto andarsene di li a
qualche mese lo aveva lasciato abbastanza deluso. Sentiva che fra loro
due c'era una sorta di alchimia, o qualcosa del genere, dal primo
istante che lo aveva visto fuori dalla Caffetteria. Ovvero il giorno
prima.
Si sentiva abbastanza stupido a sperare così tanto in uno
che
conosceva da un giorno, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno
di pensare che se si erano incontrati c'era un motivo.
-Deve essere bello non stare sempre nello stesso posto. Così
la
monotonia della quotidianità non ti fotte- fece Brian con un
sorrisetto forzato.
Zack finalmente alzò lo sguardo dal suo bicchiere per
puntare
gli occhi in quelli di Brian. Sembrava che attraverso quelli stesse
cercando di leggergli nell'anima e Brian si sentì scoperto
per
un attimo, tanto che questa volta fu lui ad abbassare lo sguardo.
Quando lo alzò di nuovo, vedendo che Zack non parlava, lo
vide
guardare la pioggia cadere fuori dalle vetrate e di nuovo sembrava come
perso in qualche ricordo.
Brian rimase a fissarlo. Lui non era abituato a tipi del genere. Anche
lui aveva una band con altri suoi tre amici e ormai era abbastanza
conosciuto in città, e sembrava che tutti lo trovassero
interessante o comunque alla gente faceva sempre piacere girargli
intorno. Quindi trovava strano un tipo che prima rifiutava un suo
invito ad uscire e che quando parlavano si distraeva tanto che sembrava
quasi scordarsi della sua presenza. Eppure tutto ciò non lo
infastidiva, anzi al contrario suscitava in lui la voglia di
conoscerlo, non tanto per capire perché si comportasse
così con lui, quanto per conoscere i motivi dei suoi
tormenti.
Se di quelli si trattava.
-E giri per la California da solo?- domandò, attirando di
nuovo
su di sé l'attenzione di Zack -O che ne so... hai
una
fidanzata o qualcosa del genere?
Brian era perfettamente consapevole di quanto potesse sembrare
invadente, eppure gli premeva fargli quella domanda. Per qualche motivo
la sola idea che Zack potesse avere già una ragazza lo
infastidiva. Era sempre stato un po' geloso nei confronti dei suoi
amici, ma il fatto che avessero delle ragazze non lo aveva mai turbato.
Ok, era ufficiale. Zack gli stava fottendo il cervello, e forse non
solo quello.
Si limitò a guardarlo in attesa della risposta, ma questa
volta l'altro ragazzo sembrava ancora più a disagio di prima.
-Io...- cominciò, guardandosi attorno, quasi stesse cercando
un punto di fuga.
-Scusa ma devo andare- fece, alzandosi di scatto e afferrando la felpa
che aveva appoggiato allo schienale della sedia.
Fu tutto così rapido che Brian ci mise qualche secondo a
capire cosa stava succedendo.
Zack posò una banconota da dieci dollari sul tavolo di legno
scuro -con questi pagaci anche la tua birra. Mi dispiace, Brian,
scusami...-
-Zacky aspetta- tentò Brian, alzandosi per provare a
fermarlo,
ma l'altro era già fuori sotto la pioggia, con il cappuccio
calato fino agli occhi per coprirsi.
Quella sera Brian la passò facendo due cose: maledicendosi
per non essersi fatto gli affari propri e domandandosi per quale motivo
Zack fosse scappato così di fretta.
In fondo cosa gli aveva detto di male?
Si rigirò nel letto con mille pensieri in testa, chiedendosi
se fosse il caso di chiedergli scusa o di lasciarlo perdere
definitivamente, ma quell'ultima opzione gli faceva venire mal di
stomaco al solo pensarci. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma non si
sarebbe dato per vinto di sicuro.
Nella sua vita aveva avuto a che fare con un altissimo numero di
ragazzi, dopo aver scoperto che le ragazze non gli interessavano, ma
nessuno sembrava avergli mai fatto lo stesso effetto che gli faceva
Zack. In realtà non riusciva neanche a capire che tipo di
"effetto" fosse, perciò non aveva altro da fare che
scoprirlo.
Quando si addormentò l'ultima immagine che gli rimase
impressa nella mente furono due occhi verdi incastrati in un viso dalla
pelle diafana, che lo guardavano con muta implorazione d'aiuto.
Con gli occhi fissi sul monitor del computer, Zack faceva tutto tranne
che concentrarsi sul lavoro. Non si stava neanche impegnando, a dir la
verità.
Aveva anche saltato la pausa pranzo, cosa che non doveva
particolarmente fargli male dato che aveva qualche chiletto in
più.
La mente gli tornava da sola al giorno prima, più
precisamente all'uscita con Brian. Doveva essergli sembrato uno
psicopatico probabilmente. Prima lo raggiungeva per passare un po' di
tempo insieme a lui per poi andarsene così senza avergli
dato neanche il tempo di replicare.
Si portò le mani a reggersi la testa, stanco per non aver
dormito granché la notte precedente. In realtà
erano molte di più le notti che aveva passato insonne, ma
quella precedente era rimasto sveglio per un altro motivo, per la prima
volta dopo anni. Era stata la prima notte in cui il solito incubo non
lo tormentava.
Si sentiva in colpa ripensando allo sguardo afflitto di Brian mentre lo
vedeva correre via. Avrebbe voluto non farlo, ma non era una cosa che
riusciva a sopportare. L'aria si era fatta troppo pesante per lui,
così aveva fatto quello che faceva di solito. Era scappato.
Anche quel suo sportarsi annualmente di città in
città era una sorta di fuga e sperava che sarebbe riuscito a
fermarsi prima o poi.
Lo stomaco gli faceva male e chiuse gli occhi per dargli un
po' di sollievo da quell'intensa luce bianca sopra di lui.
Continuava a pensare a Brian tanto che cominciò quasi a
vederlo davanti a sè che lo guardava a metà fra
il preoccupato e lo spaventato. La sua mente non voleva lasciarlo in
pace neanche nelle sue fantasticherie, era intrappolato dal suo stesso
inconscio. Dopo qualche istante gli occhi scuri di Brian si schiarirono
fino a diventare di un verde brillante e al suo posto era lentamente
comparso un bambino che gli ricordava se stesso da piccolo: gli stessi
occhi, i capelli neri arruffati e la pelle bianchissima. Il bambino
protendeva la mano davanti a sé come se si aspettasse che
qualcuno l'afferrasse, poi, vedendo che nessuno lo faceva,
scoppiò a piangere.
Zack si alzò di scatto riparendo immediatamente gli occhi.
Si guardò intorno confuso e nel computer lesse che erano le
sedici e quaranta. Doveva essersi addormentato sulla propria scrivania.
Avrebbe dovuto rimanere ancora per un'altra ventina di minuti, ma
sentiva che sarebbe impazzito se fosse rimasto li anche solo per un
altro minuto.
Si asciugò il sudore dalla fronte con una mano e radunate le
sue cose uscì.
Il giorno
dopo era sabato e per fortuna non doveva andare a lavoro,
così dopo pranzo decise di andare alla Caffetteria
dove lavorava Brian. Anche se erano solo le due del pomeriggio
il cielo era talmente scuro che sembrava quasi sera e i nuvoloni grigi
minacciavano di far scoppiare il finimondo da un momento all'altro. In
venticinque anni che Zack viveva in California non aveva mai visto un
inverno più grigio di quello. Si mise il capuccio della
felpa per proteggersi un po' meglio dal vento.
Arrivato difronte alla porta del locale tentennò per qualche
istante. Magari dopo la bella scenetta del giorno prima, Brian non
avrebbe avuto voglia di vederlo. Forse era arrabbiato o magari era
semplicemente già stufo di lui. Però Zack sentiva
che necessitava della sua presenza. Finche non si metteva a fare
domande scomode Brian gli influiva una certa serenità.
Senza pensarci ancora si fece forza e entrò nel locale, dove
venne prontamente intercettato da Al.
-Buongiorno ragazzo, cosa posso portarti?
Zack si infilò una mano nella tasca e l'altra se la
passò fra i capelli, come era solito fare quando si sentiva
a disagio.
-Veramente sono venuto per sapere se c'è un ragazzo che
lavora qui. Brian...- disse, grattandosi il capo.
-Certo, dovrebbe essere da qualche parte a fingere di lavorare da bravo
scansafatiche- fece Al, facendo sorridere Zack -Brian! Vieni di qua, ti
cercano- disse ad alta voce, facendo voltare verso di lui
metà della clientela.
Qualche istante dopo Zack vide apparire Brian da una porta laterale un
po' nascosta dietro il bancone.
-Chi mi cerca?- domandò ad Al.
-Questo bel ragazzo qua.
Ma Brian aveva già notato chi fosse il visitatore ancor
prima che Al rispondesse. Lanciò ad Al
un'occhiataccia che lo fece ridere. Infatti lui sapeva della sua
omosessualità, ed era anche uno dei pochi, ma si divertiva
un mondo a pronunciare frasi ambigue davanti alla gente.
In un'altra occasione Brian gli avrebbe risposto per le rime, ma ora
era troppo stupito che Zack fosse li.
-Ehy- disse avvicinandosi a quest'ultimo -che ci fai qui?- disse
cercando di suonare il più neutro possibile.
Brian era contento di vedere che fosse venuto a cercarlo, ma allo
stesso tempo quel comportamento lo confondeva. Non riusciva a capire se
la sua presenza lo infastidiva o meno. Per quel che ne sapeva poteva
anche essere passato solo per dirgli di lasciarlo in pace.
-In realtà...- cominciò Zack, visibilmente
impacciato -sono passato per sapere se ti andava di venire a fare un
giro.
Ecco, ora sì che Brian era confuso.
-Vuoi che venga a fare un giro con te?- chiese stupidamente.
Zack si limito ad annuire. Aveva immaginato che Brian avrebbe trovato
strano il suo comportamento, ma era anche sicuro che la pensasse
già così, quindi non si era fatto tanti problemi.
-Se ti va- aggiunse, per mettere fine a quel silenzio.
Brian rimase per un attimo a fissarlo, come se stesse decidendo se
credergli o meno e a quanto pareva gli aveva creduto perché
sul suo viso comparve un sorriso spontaneo.
-Vado a cambiarmi e arrivo- disse e sparì di nuovo oltre la
porta dietro il bancone per poi tornare vestito di jeans e una semplice
felpa nera.
-Stavi bene anche con la divisa da barista- ridacchiò Zack,
prendendolo ovviamente in giro, dato che la divisa di Brian era di un
giallo acceso da capo a piedi, con tanto di cappellino.
Brian scosse la testa sorridendo e afferrò Zack per un
braccio per condurlo fuori.
-Io stacco prima Al- disse, come se potesse fare come voleva.
Questo gli si avvicinò e gli parlò all'orecchio:
-solo perché il tipo è molto carino se no te lo
scordi che la prossima volta tagli la corda così, chiaro?-
fece Al cercando di usare un tono autoritario, per poi mettersi a
ridere due secondi dopo. Non ce la faceva proprio a rimanere serio per
un tempo che andava oltre i dieci secondi.
Brian alzò gli occhi al cielo e raggiunse Zack che lo
aspettava fuori, con la felpa chiusa fino al collo per proteggersi dal
vento freddo, e si incamminarono insieme sotto il cielo plumbeo.
Ok, con mio grande
stupore sono riuscita a scrivere anche il terzo capitolo LOL Questa
università mi sta distruggendo D:
Comunque non siamo qui
per parlare di ciò u____u
Dato che sono un po' di
fretta passo subito a ringraziare come al solito chi legge, mette fra
le preferite/seguite/ricordate!
Grazie soprattutto a Vengeance_AS, Victorias Nightmare,
LoveLeonScottKennedy__,
Mpenziwe, IWalkAlone e Aoi Takashima
<3 Sappiate sempre che vi adoro
ù___ù
Oggi sono di poche
parole, perciò vi lascio e ci sentiamo presto :) Un bacione,
Josie
|
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Capitolo 4 *** Storm, Horror Movies and Nightmares ***
Winter Sun - Cap 4
Gennaio stava lentamente lasciando posto al mese
seguente e in
tutto questo periodo non vi era stato giorno che Brian e Zack non
avessero passato insieme. Anche quando entrambi avevano molto da
lavorare, soprattutto Zack i cui orari diventavano spesso
impressionanti, quest' ultimo si alzava un po' prima la mattina e
raggiungeva l'altro in Caffetteria.
Quando Zack aveva chiesto a Brian di andare a fare un giro, il giorno
dopo che se l'era data a gambe, le cose avevano decisamente preso una
piega migliore per lui.
Brian aveva smesso di fare domande troppo personali per paura di
un'altra reazione negativa da parte del più piccolo e Zack
da
parte sua, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva un po' meno
solo. Certo, continuava comunque ad avere gli incubi la notte e certe
volte rimaneva sopraffatto da una sensazione di prigionia tanto che gli
sembrava di soffocare, ma un risvolto positivo c'era stato.
Per questo era così importante la sua nuova amicizia con
Brian,
o comunque la sua presenza. Non era sicuro che solo dopo poche
settimane quella fra loro potesse si chiamare amicizia, non voleva
sminuire un così nobile sentimento. Però da
quando lo
conosceva e passava le giornate in sua compagnia, era come se qualcuno
avesse aperto una finestra nella cella in cui si era rinchiuso da solo.
Così anche quel pomeriggio si era lasciato alle spalle la
sua
casa vuota per dirigersi alla Caffetteria dove lo aspettava Brian,
entusiasta come al solito.
I venerdì erano soliti passarli chiusi nel caldo soffocante
di
locali affollati dove si esibiva il gruppo di turno, ma prima se ne
andavano sempre a prendere una pizza o a fare una capatina al McDonald,
tanto per evitare di svenire per calo di zuccheri, se no ne avrebbero
fatto anche a meno.
Non appena Zack varcò la soglia della Caffetteria,
cercò
con lo sguardo l'amico e lo trovò dietro la cassa, al suo
solito
posto. Quando si accorse della presenza di Zack, gli sorrise e gli fece
un cenno di saluto con la mano, poi sparì per andare a
cambiarsi.
Zack rimase a fare quattro chiacchiere con Al, che lo aveva preso
decisamente in simpatia, e che non mancava mai di fingere di
rimproverarlo perché gli portava via Brian sempre nell'ora
in
cui c'erano più clienti, anche se puntualmente il locale era
semivuoto.
-Ci vediamo domani Al- salutò Brian sbrigativo comparendo
dal nulla - Andiamo?- chiese rivolto a Zack.
Zack salutò Al e si calò il cappuccio della felpa
quasi
fin sopra gli occhi, per via delle piccole goccioline che piovevano
timidamente dal cielo, coperto da una compatta coltre di nuvoloni.
-Hai un ombrello, Brian?- domandò Zack incamminandosi e
rivolgendo preoccupato lo sguardo verso l'alto.
-Ombrello?- fece Brian, come se non sapesse di che cosa l'altro stesse
parlando -non credo ne producano in California.
Zack rise facendo comparire un sorriso soddisfatto sulle
labbra
del più grande. Si tirò il cappuccio un po'
più
giù nel tentativo di coprirsi la frangia che rimaneva
esposta
alla pioggierella
-Pizza o Mec?- chiese Brian dopo un po', quando arrivarono a un bivio.
-Mec, decisamente- rispose Zack senza neanche pensarci due secondi.
Svoltarono per dirigersi verso le vie del Centro, dato che si trovavano
piuttosto in periferia. Nonostante potessero benissimo prendere
l'autobus preferivano sempre andare a piedi. Per prima cosa Brian
odiava aspettare, anche che fosse solo per dieci minuti, era un aspetto
del suo carattere quello di volere tutto subito, in più era
anche presto e soprattutto avevano più tempo per
chiacchierare,
come se non stessero per passare l'intera serata insieme e di tempo non
ce ne fosse abbastanza. Eppure a loro sembrava non bastare mai. Avevano
sempre qualcosa da dirsi.
Mentre Brian raccontava con una certa frustrazione di un cliente
intrattabile che
quella mattina lo aveva mandato letteralmente fuori di testa, la
pioggia che prima scendeva leggera e quasi impercettibile
cominciò a trasformarsi velocemente in grossi goccioloni che
quasi infradiciarono con effetto immediato i due ragazzi, che per un
pelo riuscirono a trovare rifugio sotto il tendone di un bar a pochi
metri dalla spiaggia.
-Che facciamo?- chiese Brian con gli occhi fissi verso la strada che si
stava riempiendo di pozzanghere -ci vuole ancora mezz'ora per arrivare
al Mec, ci arriveremo fradici- concluse storcendo il naso.
Zack non poté far a meno di sorridere alla buffa espressione
dell'amico. Reagiva sempre così se qualcuno o qualcosa
rovinava
i suoi piani.
-Mi è venuta in mente una cosa- iniziò Zack
sperando che
la sua proposta gli avrebbe fatto tornare il buon umore -qui non siamo
tanto distanti da casa mia, possiamo cenare lì, sperando che
il
frigo non sia vuoto, e se dopo smette di piovere usciamo. Oppure, cosa
più sensata, prendiamo un ombrello e usciamo lo stesso-
finì sorridendo.
Il volto di Brian parve illuminarsi -sei un genio- disse tirandogli
giù il cappuccio e scompigliandogli i capelli.
-Cazzo, Brian, stai fermo!- disse Zack allontanandolo, ma
comunque contento di aver trovato una soluzione, mentre
Brian
scoppiava a ridere.
Per arrivare fino a casa di Zack ci misero solo cinque minuti, che
però bastarono per far sì che i due ragazzi
avessero
capelli e vestiti completamente zuppi.
Entrati, entrambi tirarono un sospiro di sollievo essendosi lasciati
alle spalle la pioggia e il freddo.
Zack si avviò subito verso le scale, con una certa urgenza a
volersi mettere qualcosa di asciutto, mentre Brian rimaneva impalato
sulla porta.
-Hai bisogno di un invito scritto ad entrare o vieni su?-
domandò Zack voltandosi.
-Sono bagnato dalla testa ai piedi- si difese Brian -non voglio
incasinarti casa.
Zack scosse la testa e sorrise.
-Brian, guardati intorno- lo invitò -mi pare che questa casa
sia
già un bel casino di suo, quindi non preoccuparti- disse e
riprese a salire le scale.
Prima di seguirlo Brian si guardò intorno. Ora che Zack
glielo
faceva notare la casa, o quel poco che riusciva a vederne, era tutta
sotto-sopra. Tutto era cosparso di scatoloni, alcuni ancora imballati e
con il simbolo della ditta di trasloco. In cucina c'era solo un tavolo
con un paio di sedie molto alla mano, i ripiani erano semi vuoti e per
il resto non vi erano mobili, foto o nessun genere di oggetto
personale. Brian pensò che doveva essere piuttosto triste
vivere
così. Rimase anche un po' confuso: Zack era a Huntington
ormai
da almeno tre settimane e gli sembrava strano che ancora non avesse
tirato fuori tutta quella roba.
Forse non ha avuto tempo, pensò e con un alzata di spalle si
affrettò a raggiungere l'altro al piano superiore.
-Di qua a sinistra- sentì Zack avvertirlo, una volta
arrivato in cima alle scale.
Brian seguì la voce e si avviò verso il corridoio.
Di sopra la situazione non era molto diversa. Mentre attraversava il
cooridoio buttò un occhio dentro le stanze a cui passava
davanti
e tutte erano semplicemtente piene di scatoloni, solo una sembrava
arredata. Era dal lato opposto a dove si trovava la camera di Zack,
però appena di fianco alle scale, e dentro c'erano un letto,
una
scrivania e diversi mobili. Anche questa dava la sensazione di vuoto,
ma l'effetto generale era che avrebbe potuto diventare piuttosto
accogliente se personalizzata un po'.
Brian si domandò se per caso Zack avesse qualche fratello o
sorella che viveva con lui, ma non si ricordava che glie ne avesse mai
parlato. Il
respirò gli si fermò in gola quando gli venne in
mente che
forse poteva avere una ragazza, o un ragazzo, ma poi si convinse a
ricredersi, pensando che normalmente le persone che stanno insieme
condividono la stessa camera e non stanno in stanze separate. Si diede
mentalmente dell'idiota per aver dato tanta importanza a quella che con
molta probabilità era semplicemente una stanza per gli
ospiti,
come avevano tutte le case di quella zona. Perfino lui che aveva una
casa tre volte più piccola di quella ne aveva una. Decise di
non
pensarci più e corse a raggiungere Zack, anche
perché ci
stava mettendo un po' troppo tempo e non voleva farsi sorprendere a
curiosare.
-Brian, ti sei perso?- gli domandò, infatti, Zack dall'altra
stanza.
-No, arrivo- rispose, facendo finta di niente.
Giunto alla soglia della camerà, trovò Zack
già senza maglia, con le mani infilate
nell'armadio, e si
bloccò lì, come se improvvisamente si fosse
dimenticato
come si faceva a camminare.
Rimase lì fermo, a fissare la schiena bianca di Zack,
respirando
a malapena. Le spalle erano più larghe di come sembravano
quando
indossava la maglietta e s'intravedeva una pancetta appena accennata
che Brian non aveva mai notato, ma non gli dispiaque affatto.
Improvvisamente desiderò che le sue mani avessero un
contatto con
quel corpo, per sentire se la sua pelle era veramente delicata e
morbida come gli suggerivano i suoi occhi.
-Tieni, puoi prendere queste- disse Zack, risvegliandolo da
quel
momento di assenza, lanciandogli una maglietta e una felpa -ora vedo di
cercarti anche dei pantaloni.
Tanto per distrarsi a fare qualcosa e scacciare dalla mente gli ultimi
pensieri che aveva avuto prima di cadere in stato vegetale, Brian
iniziò a spogliarsi per mettere i vestiti asciutti.
Quando ebbe finito Zack era già completamente rivestito e
gli
stava porgendo un paio di jeans neri -questi dovrebbero starti bene, li
mettevo io due taglie fa- disse, chiaramente ironico.
-Già, credo proprio che dovresti prendere in considerazione
l'idea di andare da un dietologo- lo stuzzicò Brian puntando
per
un attimo gli occhi sulla pancia di Zack e facendolo ridere.
Sentire la sua risata lo fece sorridere a sua volta e pensò
a
quanto fosse strano che Zack incassasse ogni sua battuta e offesa,
detta ovviamente solo per scherzare, e reagisse sempre con un sorriso o
una risata. La cosa gli faceva piacere perché quello era
sempre stato il suo intento fin dall'inizio. Vederlo sorridere e magari
aprirsi un po'.
Infatti Zack continuava ogni tanto a chiudersi momentaneamente in se
stesso e a isolarsi in qualche pensiero. Nonostante ora lo
facesse più di rado, Brian in quei momenti desiderava
entrare
nella testa dell'altro per capire e per far in modo che tornasse a
sorridere di nuovo e vedere i suoi occhi illuminarsi ancora, proprio
come facevano in quel preciso istante.
-Io vado si sotto a vedere cosa c' in frigo e inizio a preparare
qualcosa, tu fai con calma, poi raggiungimi- disse Zack, dopo un po'.
Brian annuì e Zack sparì oltre la porta della
camera.
Si vestì prendendosi tutto il tempo necessario, perso
com'era
nei suoi pensieri, e raggiunse Zack solo una ventina di
minuti
dopo.
-Sei in assoluto una delle persone più lente che abbia mai
conosciuto- lo accolse il più piccolo, non appena mise piede
in
cucina -prima per le scale, poi adesso, ti perdi in qualche tunnel
spazio-temporale quando cammini solitamente?
-Vaffanculo Zack- disse semplicemente Brian, cercando di ignorare il
commento.
-Vaffanculo a me? Non te l'hanno mai detto, Haner, che non si morde la
mano che ti nutre? chiese Zack, mentre portava i piatti con due pizze
sopra e le appoggiava sul tavolo.
-Se mi nutre con una pizza surgelata posso mordergli anche l'intero
braccio!- disse Brian, non resistendo a prenderlo in giro.
-Ah, perfetto. Se è così allora la tua pizza la
prendo
io, tu mangiati il piatto- fece Zacky fingendosi offeso, prendendo la
pizza dal piatto di
Brian e facendo per addentarla, ma Brian gli afferrò veloce
il
braccio e con l'altra mano gli tappò la bocca per impedirgli
di mangiare
-Non ti azzardare, ho lavorato tutto il giorno, ho fame!
Zack cercò di ribattere ma Brian gli teneva la bocca
saldamente
chiusa, così gli diede un morso alla mano, attento a non
fargli
male, e quello lo lasciò, così poté
parlare di nuovo.
-Perché secondo te io cos' ho fatto tutto il giorno?
-Mi hai morso!- esclamò Brian ignorando l'ultima domanda
-neanche
mezz'ora fa ti ho suggerito di metterti a dieta e tu ti vuoi mangiare
due pizze e tenti anche di addentarmi la mano? Lo faccio per il tuo
bene o diventerai obeso, dammi la pizza- lo minacciò, anche
se
si stava divertendo un mondo, perciò il suo tono sembrava
tutto
tranne che credibile.
Continuarono così per almeno altri venti minuti, prima di
sedersi e potersi finalmente mettere a mangiare.
-La mia pizza è gelata- si lagnò Brian.
-Potevi non fare l'idiota e magari te la mangiavi calda- rispose
tranquillamente Zack che si gustava la sua.
-Ma se hai cominciato tu!
-Ah sì? Chi è che mi ha detto di mettermi a dieta
prima?
-Ah, ho capito, quindi tu faci così. Fingi di aver incassato
l'offesa e poi ti vendichi, non l'avrei mai detto Baker.
Zack si mise a ridere alle parole di Brian. Gli sembrava di non stare
così bene da una vita, neanche se la ricordava l'ultima
volta.
Sì, quel ragazzo gli faceva davvero bene. Finche era con lui
si
dimenticava di tutto il resto del mondo.
-Dai, andiamo a mangiare davanti alla TV. Se siamo fortunati becchiamo
un film decente.
-Se è un patetico tentativo di distrarmi da questa pizza
fredda sappi che non funziona.
Zack si ritrovò a ridere di nuovo e si alzò.
-Dai, smettila di fare l'idiota e muoviti.
Alla fine, dopo essere passati per canali che sembravano dare solo
pubblicità, canali di cucina, di sport e uno che trasmetteva
in russo, ne trovarono uno sperduto fra i mille mila canali sconosciuti
che dava una maratona di film Horror e rinunciarono all'idea di uscire
quasi senza rendersene conto, sdraiati sul divano a fingere di non
saltare per i colpi che gli facevano prendere alcune scene. In
più il tempo fuori aiutava a ricreare l'atmosfera giusta per
quel genere di film.
Zack era davvero appasionato e teneva gli occhi incollati allo schermo,
mentre aveva combattutto tutta la sera per cercare di far tacere Brian
che si metteva sempre a parlare durante le scene più
importanti.
-Wow, che film- commentò Zack, completamente in estasi,
mentre i titoli di coda del quarto film scorrevano nello schermo.
Il display della TV dava le due e mezza di notte e infatti Zack si
ritrovò a strofinarsi gli occhi, cominciando a sentire il
peso della stanchezza.
-Brian, forse è ora che tu vada.
Non voleva cacciarlo via, anzi era solo preoccupato che il giorno dopo
non sarebbe riuscito a svegliarsi per andare a lavoro, ma dall'altro
ottené come risposta solo una serie di mormorii confusi.
Brian infatti, se ne stava abbracciato al cuscino apparentemente
addormentato e con la testa sulla spalla di Zack, il quale,
probabilmente troppo impegnato nel film, non se ne era neanche accorto.
Si mosse piano piano e cercò di scuotere Brian che si
raddrizzò di scatto nel vano tentativo di nascondere il
fatto che si era addormentato.
-Sì Zacky, che c'è?- disse svelto, ma con voce
impastata.
Zack sorrise -sono le due, è un po' tardi. Credo che ti sei
addormentato.
-Addormentato io? Assolutamente no- fece Brian stiracchiandosi -alla
fine gli zombie l'hanno mangiato il cervello della protagonista?
-Gli zombie?- chiese Zack confuso, per poi mettersi a ridere dopo aver
compreso -quello era un film fa, questo parlava di vampiri. Da
quant'è che dormi?
-Non stavo dormendo!
-Riposavi gli occhi?
-Esattamente.
Zack ridacchiò.
Stettero qualche istante in silenzio fino a che un tuono non scosse la
casa, facendo quasi saltare entrambi.
-Forse è meglio che vada- fece Brian, non tanto convinto
delle proprie parole. Infondo erano le due di notte e lui doveva
tonrarsene a casa a piedi, per di più sotto il temporale.
-Non mi pare tanto il caso... potresti rimanere a dormire qui, se vuoi.
Brian rimase a studiare il suo sguardo per un po' prima di rispondere.
Infatti Zack non era tanto sicuro della sua stessa proposta. Lui la
notte aveva continui incubi, a volte si svegliava persino urlando e non
gli andava granché che Brian assistesse. Però era
a piedi e non poteva farlo uscire di casa a quell'ora e sotto la
pioggia.
-Per me non è un problema- aggiunse nel tentativo di fargli
capire che ne era convinto -tanto vivo da solo e il mio letto
è grande, se ci facciamo un po' di spazio ci stiamo.
A Brian lo lasciò un po' interdetto il fatto che gli aveva
detto che avrebbe dormito con lui. Non che volesse dormire nel divano,
ma la camera degli ospiti ce l'aveva, no?
Comunque non si sarebbe di certo opposto, anche perché
l'idea di mettere un piede fuori di casa quasi lo angosciava.
Soprattutto dopo una serata del genere si sarebbe aspettato di veder
sbucare fuori da un cespuglio zombie, serial killler armati di
motosega, vampiri o qualche creatura della notte...
-Se non do fastidio, per me va bene.
-Te l'ho detto, non c'è problema- fece Zack con un gran
sorriso -andiamo su.
Si fece prestare da Zack una semplice maglietta bianca e dei
pantaloncini, intenzionato a disturbarlo il meno possibile, e Zack si
mise praticamente la stessa roba, però indossava una
canottiera al posto della maglia.
Il doversi mettere a letto con lui era stato sull'inizio un po'
imbarazzante e Brian se ne stava da un lato attento a non muoversi
troppo. Ma quella sensazione era durata poco, Zack si era addormentato
quasi subito stanco morto e lui era rimasto a sentire il suo respiro
leggero riempire la stanza. Dormiva a pancia in su con la testa che
durante il sonno si era leggermente inclinata verso di lui.
Mentre lo guardava, Brian pensò che era davvero un bel po'
di tempo che non condivideva il letto con qualcuno, anche un semplice
amico, e si era scordato di quanto potesse essere piacevole. Era una
sensazione che lo faceva sentire appagato e al sicuro. Anche
lui si sentiva stanco e le osse gli sembravano incredibilmente pesanti
eppure non voleva dormire. Rimase per più di un'ora a
pensare e a guardare Zack che dormiva beato di fianco a lui, finche
quest'ultimo non aveva cominciato ad agitarsi.
Sulle prime Brian si era quasi preso paura, perché sembrava
che l'altro avesse un qualche attacco o si sentisse male, invece poi
capì che stava avendo un incubo.
Respirava a fatica e, nonostante gli occhi chiusi, aveva il viso di uno
che aveva paura o che stava per mettersi a piangere.
Brian si domandò se era il caso di svegliarlo, ma poi si
avvicinò a lui e gli cinse il corpo con un braccio, mentre
con l'altra mano gli accarezzava i capelli nel tentativo di calmarlo.
Zack continuò ad agitarsi per qualche istante, poi nel giro
di un paio di minuti il respirò gli tornò
regolare e l'espressione del viso si fece un po' più serena.
Brian aspettò qualche altro minuto nei quali l'altro gli era
rimasto avvinghiato addosso, ma sembrava calmo. Decise di allontanarsi
un po', in modo che l'altro potesse dormire più tranquillo e
comodo, ma non appena lo fece sembrò che Zack
cominciò ad agitarsi di nuovo, emettendo un basso mormorio
che sfociò in un singhiozzo.
-Tranquillo piccolo, sono qui, non mi muovo- sussurrò piano
Brian a un Zack addormentato, riprendendo ad accarezzargli i capelli,
per fargli sentire la sua presenza.
Zack appoggiò istintivamente la testa nel petto dell'altro e
si calmò un po', nonstante il respiro fosse ancora
accellerato.
Brian aveva intuito che l'incubo che aveva avuto Zack doveva avere
qualcosa a che fare con ciò che lo tormentava anche da
sveglio, perché non aveva mai visto nessuno essere
così sofferente per un sogno.
Gli portò una mano nella schiena e lo strinse più
a sè, giurando che non si sarebbe mai allontanato da lui
finche tutto quello non avesse avuto fine.
Ammazza che papiro, mi
complimento con chiunque è arrivato fin qui! XD
Come vedete finalmente
Zacky e Bri hanno cominciato proprio ad essere amici e non è
una cosa fantastica? :3 Non riferito alla mia ff ovviamente, ma loro
due insieme sono qualcosa di spettacolare ç____ç
e mi scuso per il ritardo, ma oggi ho avuto un po' di ispirazione
dovuta anche a un bellissimo sogno (durato due minuti) che vedeva
protagonisti questi due esserini *w* In realtà non
avevo neanche il tempo, ma oggi ho saltato due lezioni, mi sono chiusa
in biblioteca e ho scritto, scritto, scritto! ù.ù
Quindi niente, spero che
il capitolo sia stato di vostro gradimento, io ho fatto del mio meglio
:3
Ovviamente ringrazio Victorias
Nightmare, _Mpenziwe,
Vengeance_AS, LoveLeonScottKennedy__ e Amelie__ che hanno recensito lo scorso
capitolo! Sappiate che mi rendete molto felice, davvero davvero tanto
:3
Grazie anche a chi ha solo letto :)
Al prossimo capitolo, un bacione <3
Josie
|
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Capitolo 5 *** He's just a runaway ***
Winter Sun - cap 5
L'edificio sembrava
pericolante e
prossimo a cadere a pezzi, mentre la pioggia schiaffava i
vetri e
sembrava sfidare quel già instabile equilibrio.
All'interno la
situazione era appena migliore, anche se le lampade al neon davano
un'aria inquietante all'intero corridoio.
Per tutto il piano c'era
un silenzio innaturale, quel silenzio che è presagio di
qualcosa di brutto.
Un bimbo moro dagli
occhi verdi se ne
stava con lo sguardo fisso su una lucina rossa posta sopra un
cartellino che diceva "sala operatoria" e aspettava soltanto che quella
lucina si spegnesse, segno che avrebbe finito di aspettare.
Eppure era li in piedi
da ormai ben
sei ore, non si era mosso, né seduto, né aveva
spostato lo sguardo
dalla lucina rossa, che gli diceva di aspettare ancora e ancora.
Dovette aspettare ancora
altre due
ore prima di vedere finalmente la luce spegnersi, ma invece di poter
correre incontro alla donna dai capelli biondi che era sua madre,
uscì un medico a sguardo basso che si limitò a
guardare
l'uomo che era seduto in una delle sedie della sala d'aspetto e a
scuotere la testa.
***
Il suono insistente del cellulare che squillava fece svegliare Brian di
soprassalto, che si sporse immediatamente verso il comodino di fianco a
lui per mettere a tacere quel suono fastidioso. Si strofinò
gli
occhi e guardandosi un attimo intorno non riuscì
immediatamente
a capire dove si trovava. Poi il rumore del respiro leggero di Zack che
dormiva con la testa appoggiata al suo petto gli ricordò
della
serata prima e di quanto avesse fatto tardi, tanto da non poter tornare
a casa a piedi, soprattutto per via della pioggia.
La serranda era tirata su e oltre la finestra scorgeva dei pesanti
nuvoloni, ma non sembrava che stesse piovendo.
Afferrò di nuovo il cellulare e vide che erano quasi le
sette.
Per un attimo gli prese quasi un colpo, pensando che fosse in ritardo
per il lavoro, ma poi si ricordò che era sabato e che quindi
il
suo turno cominciava alle dieci. Comunque ormai era sveglio e
perciò decise di alzarsi.
Si scostò piano Zack di dosso, stando attento a cercare di
non
svegliarlo e si tirò su in piedi. Rimase qualche
secondo a
guardare l'altro dormire e si chiese se era il caso di lasciarlo solo,
ma Zack, dopo quei primi momenti di agitazione, era stato calmo per
tutta la notte quindi Brian decise
che poteva scendere per bersi qualcosa dato che aveva la gola secca.
Tirò giù la serranda dato che di li a poco
avrebbe
cominciato a entrare una luce troppo forte e avrebbe potuto svegliare
Zack. Gli lanciò un ultimo sguardo e si chiuse la porta alle
spalle. Non poteva negare che la sera prima si fosse abbastanza
spaventato. Ormai aveva intuito che c'era qualcosa che lo tormentava e
che lui glielo nascondeva, ma dopo quella notte ne aveva avuto la
conferma, e ormai si era convinto a provare a chiedergli delle
spiegazioni. Dopo il lavoro ci avrebbe parlato e questa volta
non lo avrebbe lasciato scappare come la prima volta che si erano
incontrati.
Una volta sceso in cucina aprì tutti gli sportelli delle
mensole
fino a che non trovò il pane per i tost e della marmellata
da
metterci sopra. Si sentiva un po' a disagio a rovistare nella cucina di
Zack, ma era certo che lui non si sarebbe arrabbiato, e poi preferiva
non svegliarlo.
Preparato il suo toast si sedette al tavolo, rimase seduto a
smangiucchiare, senza neanche avere realmente fame, e si perse nelle
sue riflessioni che avevano come unico punto di riferimento il moro che
dormmiva al piano di sopra.
Con un certo nodo allo stomaco Brian si rese conto che ogni volta che
aveva tempo per pensare, che si fermava a riflettere o semplicemente
cercava di staccare per liberarsi un po' da tutte le sue
preoccupazioni era proprio il pensiero di Zack che prendeva ad
occupargli la mente. Non erano sempre pensieri concreti, ma spesso lo
vedeva con gli occhi della mente, lo vedeva ridere, o
semplicemente sorridere ogni volta che faceva l'idiota, vedeva i suoi
occhi a volte felici e a volte tristi. Era come se da quando l'aveva
conosciuto fosse diventato un po' il centro del suo mondo, gli amici
gli chiedevano che fine avesse fatto e Al si ritrovava a riprenderlo
ogni volta che, distratto com'era, serviva il cliente sbagliato o
faceva cascare e rompere qualcosa.
-Buongiorno. Già sveglio?
La voce di Zack, che era appena entrato in cucina,
alle sue spalle lo fece riscuotere dai
suoi pensieri e sorridere stupidamente.
-Sì, mi sono scordato di disattivare la sveglia del
cellulare e ha suonato presto. Ti ho svegliato?
-No no- fece Zack strofinandosi gli occhi e mettendosi a sedere di
fronte a Brian -mi alzo sempre presto.
-Se l'avessi saputo avrei preparato qualcosa anche a te- disse Brian
indicando il suo toast.
-Non ti preoccupare, tanto non ho mai fame la mattina... Comunque-
riprese Zack, come se stesse per dire qualcosa di difficile -hai
dormito bene sta notte? Cioè, non ti ho tirato calci o che
ne
so... parlato, qualcosa del genere?
Brian si morse la lingua indeciso se parlare e esporre i suoi dubbi.
-Io ho dormito bene. Tu?- decise di dire semplicemente, nella speranza
che fosse l'altro a dargli qualche indizio.
-Meglio del solito- fece Zack sovrappensiero.
Brian lo guardò con un mezzo sorriso e qualche secondo dopo
Zack arrossì e abbassò lo sguardo.
-Non perché hai dormito con me- si affrettò a
dire -Cioè, sì mi ha fatto piacere, ma...
Zack sembrava essersi incartato e Brian, tanto per metterci il carico,
si mise a ridere. Ma lo fece anche per alleggerire la situazione. Era
sicuro che il più piccolo si stesse riferendo al fatto che
la
sua vicinanza aveva fatto sì che non avesse avuto incubi,
anche
se lui non sapeva che era perché gli era stato abbracciato
per
tutta la notte. A quel pensiero Brian sentì quasi una fitta
al
cuore. Guardò l'altro che cercava di dissimulare il suo
imbarazzo, ma per il resto sembrava che fosse tranquillo e i suoi occhi
sembravano sereni. Ma per quanto tempo ancora li avrebbe visti
così, prima che tornassero di nuovo a oscurarsi?
-A che pensi?
Brian si accorse di aver staccato per un attimo il cervello solo quando
la voce di Zack lo richiamò. Ormai era talmente abituato a
quei
vuoti di silenzio che ormai quasi non se ne accorgeva.
-Niente- rispose Brian, anche se la risposta giusta sarebbe stata, a te.
Lo guardò intensamente negli occhi tanto che ebbe paura che
Zack gli avesse potuto leggere nella mente la vera risposta,
così distolse lo sguardo e si alzò
improvvisamente in
piedi.
-E' meglio che vado, devo passare a casa a cambiarmi e poi andare a
lavoro- disse sbrigativo.
Zack parve confuso dal repentino movimento dell'altro.
-Stasera ci vediamo?
-Certo- fece Brian sorridendo, essendosi accorto di essere stato un po'
troppo brusco -a stasera.
-Ok... ma non è meglio se prima ti vesti?
Brian abbassò lo sguardo su di sé e si
ricordò
solo in quel momento che indossava giusto un paio di boxer e una
maglietta a maniche corte, quelle con cui aveva dormito.
-Mi pare il caso- disse e lasciò l'altro a ridere, mentre
lui correva di sopra a cambiarsi.
Imprecò constatando che i suoi vestiti erano ancora umidi e
gli
sarebbe preso un colpo se fosse uscito con quelli. Rimase un attimo
incerto sul da farsi e poi prese i jeans e la maglietta che gli aveva
prestato Zack il giorno prima. Glieli avrebbe riportati la sera stessa.
-Allora passo come al solito verso le sei e mezzo, ok?-
domandò Zack quando Brian tornò di sotto.
-Ok, ciao Zacky- gli disse e l'abbracciò per salutarlo.
Zack rimase un attimo sorpreso e poi ricambiò. A Brian non
importava che all'altro potesse sembrare strano, a lui era mancata la
sensazione di stringerlo fra le braccia e, nel momento in cui lo
lasciò, desiderò di poterlo fare di nuovo presto.
-A dopo- salutò un'ultima volta prima di dirigersi a lavoro
sotto la pioggia.
Zack aveva passato l'intero pomeriggio sul divano a guardare i
programmi musicali alla TV, in particolare era riuscito a trovare un
live dei Misfits che lo aveva tenuto occupato per un'oretta.
Per il resto della giornata si era annoiato tutto il tempo. Aveva
pensato di andare a fare un giro fuori, ma il tempo non era dei
migliori e pensò che non si sarebbe divertito senza Brian, e
senza neanche accorgersene se ne rimase sdraiato sul divano,
ignorando la TV accesa, a pensare all' amico. Sentiva sui
suoi
vestiti il suo odore e rimase per qualche istante a ispirare aria per
sentirlo il meglio possibile. Era davvero buono. Sapeva di Brian, per
questo era buono.
Più ci pensava e più ringraziava il destino per
averlo
condotto in quella città e in quella Caffetteria qualche
settimana prima. Il fatto di poter contare su qualcuno dopo aver
passato una vita da solo era più di quanto si sarebbe mai
aspettato.
Dopo un'altra ora a riflettere sul divano decise di alzarsi e
raggiungere Brian. Erano solo le cinque, ma non ce la faceva
più
a starsene li senza fare niente, preferiva aspettare che Brian finisse
di lavorare direttamente alla Caffetteria.
Una volta fatto la doccia e vestito, circa una mezz'ora dopo, era
pronto per uscire, ma la vibrazione del cellulare lo fermò.
Era
un messagio da Brian:
"So che mi avevi detto
che saresti
venuto qui, ma vediamoci direttamente al solito locale. Ho appena
incontrato un amico che non vedevo da tempo e Al mi ha fatto
staccare prima. Mi dispiace davvero che salteremo la nostra solita
cena, stasera ti offro un drink!"
Zack sbuffò e si appostò nuovamente
sul divano dove sprofondò stancamente, senza avere niente da
fare.
Diverse ore dopo camminava fiancheggiando il lungo mare, diretto verso
il luogo di incontro con Brian. Teneva un'andatura piuttosto
accellerata, perché era riuscito a fare tardi nonostante non
avesse fatto niente per tutto il pomeriggio.
Quando si fu avvicinato abbastanza lo scorse davanti all'entrata che si
stava fumando una sigaretta, ma non era da solo.
-Ciao Zacky, ce l'hai fatta! Pensavo ti fossi perso- lo accolse Brian
non appena lo vide.
-In qualche modo sono riuscito comunque a fare tardi- si
scusò grattandosi il capo.
-Fa niente... ah, questo è l'amico di cui ti parlavo, Matt.
Matt lui è Zack.
Il ragazzo alto dagli occhi verdi che stava a fianco a Brian gli porse
la mano -piacere di conoscerti Zack. Anche se, in sole quattro ore, ho
sentito
talmente parlare di te che mi sembra già di conoscerti.
Brian rifilò una gomitata a Matt mentre Zack se la rideva e
gli stringeva la mano -Piacere mio.
-Bene, vogliamo entrare? Così ti presento gli altri- fece
Brian prendendo Zack per un braccio e portandolo dentro.
All'interno come al solito la musica era sparata a tutto volume e Zack
notò due ragazzi ad un tavolo che stavano facendo cenni
verso di
loro.
Brian gli fece segno di seguirlo e s'incamminarono verso gli altri.
Farsi strada fra le miriadi di persone non era affatto cosa facile e
Zack riusciva malapena a stare dietro a Brian, tanto che
questo,
una volta che se ne fu accorto, gli afferrò la mano e lo
trascinò dietro di sè in mezzo alla folla,
facendolo
arrossire leggermente per quel contatto, ma Zack si costrinse a pensare
che il rossore sulle sue guance fosse dovuto al caldo.
Arrivati al tavolo Zack fu presentato anche agli altri due ragazzi,
tali Jimmy e Johnny.
Gli amici
di Brian sembravano abbastanza simpatici, anche se a Zack sembrava
strano che non gli avesse mai parlato di loro.
-Quindi sei tu il motivo per cui Brian è sparito in tutto
questo tempo?
Zack si voltò verso il ragazzo dagli occhi azzurri intuendo
che
si stava riferendo a lui. Nonostante la domanda potesse sembrarlo, il
tono che aveva usato Jimmy non era accusatorio, ma una semplice
constatazione. Nonostante questo non sapeva che rispondere e si
limitò a grattarsi il capo e balbettare qualcosa senza senso.
-Lascialo in pace Jimmy- fece Brian mettendogli un braccio intorno alle
spalle -sono io che non ho saputo gestire bene le cose... e poi tu non
avevi da fare per lavoro?
-Si, ma il tempo per una birra lo avevo.
-Te ne offro una ora?- chiese Brian per farsi perdonare.
-Si, bravo. Fai qualcosa di utile nella vita!- lo prese in giro Jimmy
alzandosi in piedi e Brian scosse la testa e lo seguì,
lasciando
Zack a chiacchierare con Matt e Johnny.
Jimmy e Brian tornarono una decina di minuti dopo con in mano cinque
birre.
-Offro una birra ciascuno per farmi perdonare, così non
potete
dubitare che io non sia un buon amico!- fece Brian appoggiando i
bicchieri sul tavolo.
-Lo sai che con la birra vai sempre sul sicuro- fece Johnny
gustandosi immediatamente la sua.
Brindarono a qualcosa di non ben precisato e ordinarono altre birre,
tanto che dopo nemmeno un' ora sia Johnny che Matt erano
partiti.
-Odio essere quello che guida- si lamentò Jimmy -ho preso
solo una birra e neanche avrei dovuto.
-Infatti vederti sobrio è abbastanza una novità-
constatò Brian.
-Solo perché Sanders ha la macchina dal meccanico-
sbuffò
-credo che andrò al bancone, c'è una tizia che mi
fissa
da venti minuti- e detto questo fece l'occhiolino e sparì in
mezzo alla folla di gente.
Johnny e Matt stavano qualche metro lontano da loro e ridevano come se
avessero sparato la battuta del secolo.
-Che ne dici di andare un attimo fuori?- chiese Brian -comincio a
sentire un po' troppo caldo qui.
-Sì, andiamo- rispose Zacky e, afferrate le loro
giacche, a fatica riuscirono a farsi strada nel senso opposto
fino a raggiungere l'uscita.
Il contrasto fra il caldo
soffocante del locale e il
venticello freddo all'esterno fece rabbrividire entrambi, ma infondo si
sentivano meglio.
Brian tirò fuori immediatamente una sigaretta e prese a
fumare appoggiato al muro, tanto per rilassarsi un po'.
Aveva intenzione di chiedere a Zack spiegazioni sul suo comportamento
un po' cupo, ma era certo che l'altro non ne sarebbe stato felice.
Però doveva provarci.
-Comunque sei sicuro di esser stato bene sta notte?- chiese, come se
non avessero mai sospeso il discorso che avevano avuto quella stessa
mattina.
Zack lo guardò subito confuso prima di capire a cosa si
riferisse.
-Sì, te l'ho detto... meglio del solito almeno- fece,
puntando lo sguardo in un'altra direzione.
-Cosa c'è di solito che non va?
Brian sapeva che quel discorso era scomodo per Zack, che infatti
cominciò a dare i primi segni di nervosismo.
-Niente...
Zack si torturava le mani e Brian decise che era di nuovo il caso di
lasciar perdere. La serata stava procedendo bene e non se la sentiva di
rovinarla. Spense la sigaretta che aveva fumato neanche a
metà e
la gettò a terra.
-Non importa. Se un giorno ti andrà di parlamene lo
deciderai tu.
Zack lo guardò e poi abbassò lo sguardo prima di
parlare di nuovo:
-Ho avuto un incubo vero?
Brian fu sorpreso del fatto che glie l'avesse chiesto.
-Credo di sì- si limitò a rispondere.
-Immaginavo- disse con gli occhi bassi -ma non mi sembra l'argomento
più felice di cui parlare in questo momento.
-Zacky, io vorrei solo aiutarti- fece Brian mettendosi davanti a lui
per costringerlo a guardarlo negli occhi.
Zack ora sembrava come intrappolato da quello sguardo, da quegli occhi
scuri in cui riusciva a percepire quanto l'altro fosse
preoccupato per lui.
-Tu neanche lo sai quanto mi hai aiutato in queste settimane- disse
dopo un attimo di esitazione, e Brian riuscì a leggere nei
suoi
occhi quanto fosse dannatamente sincero.
Gli portò una mano fino alla frangia e gli scostò
i capelli che ricadevano quasi sugli occhi.
-Vorrei vederti felice. Ti vedo sempre sorridere con le labbra, ma i
tuoi occhi rimangono sempre tristi. Cosa posso fare?
Zack rimase spiazzato da quelle parole. Era tanto che qualcuno non si
preoccupava per lui in quel modo. Neanche se lo ricordava quanto.
-Perché ti interessa così tanto che io sia felice?
-Non lo so. So solo che è stato il mio unico scopo dal
momento
che ti ho incontrato. Ma non pare che ci stia riuscendo più
di
tanto.
-Stare con te mi fa stare bene Brian- fece Zack guardandolo serio, per
fargli capire che non mentiva -è solo che è tanto
tempo
che scappo dagli altri....
Brian gli accarezzò delicatamente il viso, poi gli prese la
mano e la strinse nella sua, e Zack non fece opposizioni.
-Se provo a fare una cosa mi prometti che ora non scappi?
Zack rimase immobile per un paio di secondi, il viso vicinissimo a
quello di Brian, e poi annuì. Qualche istante dopo Brian
premeva
dolcemente le labbra nelle sue. Zack si stupì di non esserne
rimasto sorpreso, ma anzi si aggrappò all'altro attirandolo
più vicino. Era come se non si fosse reso conto di
quanto
avesse desiderato quel contatto, di quanto ne avesse realmente bisogno,
ormai inconsciamente aveva capito quanto stare con Brian gli avesse
fatto bene. Si sentiva completo, protetto e sicuro. E fu proprio quello
a spaventarlo maggiormente.
Si staccò di colpo e mise le mani sul petto di Brian per
spingerlo via.
Si guardarono per un interminabile istante in cui il più
grande lo guardava confuso e preoccupato.
Zack voleva spiegargli che lo aveva spinto via perché non
voleva
soffrire, perché quando vuoi bene a qualcuno può
succedere che te lo portano via e lui era andato incontro a quel
destino troppe volte per poterlo sopportare ancora. Voleva
spiegarglielo, voleva farlo davvero.
Invece si voltò solamente e corse via per le
strade buie di Huntington Beach.
Mi ci è
voluto un po' di tempo, ma ecco il quinto capitolo!
Ringrazio subito
chiunque abbia letto, sperando che sia stato di vostro gradimento, io
non ne sono tanto convinta ^^"
Ma l'ho riscritto
trecento volte e se lo scrivevo un'altra volta credo che avrei dato di
matto D:
Comunque alla fine mi
sono decisa ad
aggiungere anche gli altri tre perché infondo che ff sugli
avenged è se non ci sono tutti? Non ho resistito :3 Anche se
comunque avranno un ruolo piuttosto marginale.
Bene, basta con le
chiacchiere, passo
subito a ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo, e scusatemi
se vi ho fatto aspettare!
Amelie_, Vengeance_As, LoveLeonScottKennedy e _Mpenziwe,
grazie mille! *^* Non c'è bisogno che ripeto ogni volta che
vi
adoro vero? ...ma si dai, una volta in più non fa mai male
:'D
vi adoro *-*
Come al solito se
c'è qualche errore che mi è sfuggito, qualcosa
che non va, vi invito a segnalarmelo :)
Ps: ma avete visto il Cionni che si è fatto i capelli... che
colore è, lilla? LOL Bellino lui :') E i capelli di Syn *-*
Ok, basta bimbominkieggiare :'D
Al prossimo capitolo! Un
bacione,
Josie
|
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Capitolo 6 *** Maybe I'm a sinner, but you make me feel so damn good ***
Capitolo 6
Il vento scompigliava i capelli del ragazzino che
se ne stava con i
piedi a mollo nell'acqua e lo sguardo che si perdeva nel vasto oceano.
I suoi occhi color acquamarina riflettevano il colore del mare. Era
cresciuto, il suo sguardo si era fatto più serio, le braccia
appena
più robuste e macchiate di segni e di tagli, solo gli occhi
erano rimasti grandi e verdi, unico segno che donava
infantilità
al suo volto pallido. Rimase a scrutare il sole che andava a
nascondersi oltre l'orizzonte e, prima che potesse sparire del tutto,
lasciò la spiaggia deserta per dirigersi al piccolo
supermercato
e prendersi qualcosa da mangiare per la cena. Girovagò per
le
strade polverose e le case fatiscenti fino a che non fu abbastanza
tardi da trovare casa sua immersa nel silenzio, segno che suo padre se
ne era andato a dormire. O meglio, che fosse crollato dopo aver
ingurgitato litri di alcol come era di sua abitudine. Chiuse la porta e
si tolse le scarpe per camminare senza fare rumore e dirigersi nella
sua camera, il suo unico rifugio, poi non così tanto sicuro.
Mentre giaceva sul materasso duro con le lenzuola portate fin sopra la
testa sentì la porta aprirsi e la luce proveniente dal
corridoio
inondare la sua stanza. "Zack.." la voce roca e strascicata di suo
padre
gli giunse alle orecchie, graffiante, mentre un secondo dopo sentiva il
rumore di vetri di una bottiglia infrangersi nel pavimento e
sparpagliare a terra quel poco di liquido che era rimasto al suo
interno.
Zack si svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi e
scoprendosi coperto di sudore. Ci mise almeno un paio di minuti per
capire che aveva avuto un incubo e che si trovava nella sua stanza
della sua casa a Huntington Beach e non nella vecchia casa in cui
viveva con suo padre, più di dieci anni prima. Quel sogno lo
aveva lasciato stordito, anche perché era diverso tempo che
ormai non ne aveva e non se l'era aspettato.
Quella sera se ne era andato a dormire più agitato del
solito e
propbabillmente era per quello che non era riuscito a dormire
tranquillo. Sì, era andato a dormire agitato... ma
perché?
Non appena riacquisì un po' di lucidità, i
ricordi della
sera precedente lo colpirono come un fiume in piena e si
portò
di istinto una mano alla fronte. Brian l'aveva baciato. Brian.
Ripeté mentalmente quel nome tante e tante volte
finché
quelle cinque lettere persero di significato e ne rimase solo il suono.
La stanchezza gli era completamente passata e non riuscendo
più
a stare fermo nel letto decise di levarsi la canottiera sudata e
alzarsi. Andò in bagno a
sciacquarsi la faccia con dell'acqua fredda, poi rimase a fissare il
riflesso che scorgeva nello specchio.
Sapeva che era sbagliato, che Brian era un suo amico e gli amici, due
ragazzi, non
si baciano. E' peccato, c'è scritto anche nella sacra
Bibbia. Questo era quello che gli era sempre stato insegnato. O
meglio quello che aveva recepito, nessuno si era mai degnato di
insegnargli qualcosa spontaneamente. Era sbagliato, tutto sbagliato.
Ma se era così sbagliato, perché quando chiudeva
gli
occhi sentiva lo stomaco stringersi per la forza con cui desiderava che
Brian lo baciasse di nuovo?
Lo aveva fatto sentire bene, lo aveva fatto sentire vivo, quando lui si
sentiva morto dentro da un tempo che non riusciva neanche a
ricordare.
Le labbra premute nelle sue, le braccia che lo stringevano e
lo avvicinavano a lui, il respiro leggero che soffiava sulla sua pelle.
Era sbagliato, ma non capiva perché. Era come un blocco del
suo
cervello, una vocina che gli ripeteva che non era così che
andavano le cose. La classica lotta fra cuore e cervello: fallo, non lo
fare.
La vocina che proveniva dal suo cervello urlava e gridava; non poteva
farlo, non doveva.
Sentiva li cuore pulsargli il sangue nelle orecchie, rendendo i suoni
intorno a lui ovattati. Fuori pioveva di nuovo, anzi sembrava che
stesse imperversando un temporale, un po' come succedeva dentro di lui.
Dei colpi improvvisi lo fecero scattare in allerta e si diresse verso
la finestra pensando che avesse cominciato a grandinare, invece quando
si sporse notò una figura con il capuccio tirato su che gli
copriva la visuale, davanti al portone di casa sua che bussava
sbattendo il pugno sul legno scuro.
Zack non si domandò neanche chi fosse e scese di
corsa prima che Brian si infradiciasse tutto.
Era deciso a mantenere una certa distanza fra loro per evitare che
accadesse di nuovo quello che era successo giusto qualche ora prima, ma
non appena aprì quella fottuta porta e vide il volto
preoccupato
dell'altro sotto i capelli sgocciolanti, tutte le sue convinzioni si
sbriciolarono come polvere al vento.
-Fammi entrare- disse con tono deciso, spingendolo di lato e entrando
prepotentemente in casa.
-Brian...- cominciò Zack, chiudendosi la porta alle spalle
per poi rivolgersi verso l'altro.
-Vedi di tenere chiusa quella bocca, ora sono io che ti devo parlare-
lo interruppe combattento col fiatone... doveva aver corso per arrivare
li. Era strano che si rivolgesse a lui in modo così
autoritario quando di solito scherzava sempre o al massimo assumeva un
tono preoccupato.
-Io non so quale sia il tuo problema, ma ho capito che tu non vuoi
parlarmene- riprese qualche istante dopo -non ci conosciamo da una
vita, non siamo amici di infanzia, fratelli, fidanzati o
quello che ti pare e non hai il dovere di dirmi niente,
perciò se non vuoi non farlo.
-Brian...- tentò di nuovo Zack, ma venne interrotto ancora.
-Credimi, questo non mi fa incazzare o altro, sono affari tuoi e
rispetto il tuo silenzio. Ti chiedo solo un' unica cosa- si
fermò un attimo e puntò bene gli occhi in quelli
di Zack, che lo ascoltava muto -smettila di fuggire da me.
Brian smise di parlare apparentemente soddisfatto del proprio discorso,
anche se sembrava comunque turbato. Zack rimase a guardare l'altro dal
basso, le rotelle che facevano girare gli ingranaggi del suo cervello
improvvisamente ferme dopo aver lavorato intensamente nelle ultime ore.
Con la mente sgombra, nessuna vocina maledetta in testa che gli diceva
che stava sbagliando, fece un passo in avanti eliminando la poca
distanza che lo separava dal moro, gli afferrò la stoffa
della felpa fino ad abbassarlo alla sua altezza, per poi premere con
tutta la forza che gli rimaneva sulle labbra
dell'altro.
Fanculo chi pensava che fosse sbagliato, fanculo la sua vita sempre
troppo difficile e tutte le persone che lo avevano abbandonato, in quel
momento c'era solo Brian che ricambiava il suo bacio, che con
i capelli fradici gli solleticava e bagnava la pelle e, soprattutto,
che non se ne andava, anzi sembrava convinto a non perderlo di vista un
attimo.
Dopo un tempo che parve infinito entrambi si separarono quel tanto da
permettergli di prendere aria, le labbra che si sfioravano, quasi
avessero paura di allontanarsi troppo l'uno dall'altro.
Brian sorrise appena sulle labbra dell'altro e scosse la testa -mi
manderai al manicomio prima o poi.
Zack rise appena e nascose la testa nell'incavo del collo del
più grande, lasciandosi accarezzare dal tocco leggero delle
sue mani.
In effetti Brian aveva ragione. Da quando si conoscevano Zack era stato
spesso con la mente assente, malinconico e spesso scappava lasciando
l'altro da solo con la sua confusione e le sue domande. Ma in tutto
quel tempo Brian non lo aveva mandato a farsi fottere, ma anzi aveva
continuato a stargli vicino, a cercare di farlo ridere, e
semplicemente, a voler stare con lui. Avrebbe potuto trovarsi contro
anche tutto il mondo a dirgli che quello che facevano era sbagliato, ma
questa volta si sarebbe tappato le orecchie e avrebbe dato retta solo a
se stesso.
Aprì gli occhi e lo sguardo gli cadde sullo specchio appeso
alla parete di fianco a loro: nel riflesso vedeva lui e Brian stretti
in un abbraccio, mentre il ragazzo aveva una mano sprofondata nei suoi
capelli e lo accarezzava piano. Sorrise e si diede dello stupido per
essersi fatto tutti quei problemi. Per qualche istante non
riuscì a staccare gli occhi da quell'immagine che li
rifletteva. In fondo quel che vedeva non gli sembrava così
strano.
-Rimani anche stanotte?- chiese staccandosi appena e guardandolo poi
negli occhi.
-Se mi fai gli occhioni non posso dirti di no- rispose Brian
scompigliandogli i capelli.
Zack rise, lo prese per mano accompagnandolo con lui di sopra e dopo
avergli dato della roba asciutta si misero di nuovo a letto
come la sera prima.
Brian lo avvicinò a sé e Zack si
accoccolò sul suo petto.
-Mi era mancata questa sensazione- fece Brian sorridendo sotto i baffi.
-Che vuoi dire?- chiese Zack non capendo a cosa si riferisse.
-Niente, ieri notte devi aver fatto un brutto sogno, così ti
ho abbracciato e ti sei calmato. Appena provavo a spostarmi ti agitavi
di nuovo, credimi era una cosa alquanto imbarazzante- concluse Brian
scoppiando a ridere.
Zack arrossì e si girò dall'altra parte
fingendosi offeso.
-Bene, se era così imbarazzante sta notte
cercherò conforto nel muro- disse, per poi andarsi a premere
contro la parete contro cui era poggiato il letto.
Brian rise di nuovo e lo afferrò per un braccio
avvicinandoselo di nuovo e facendoselo finire sopra.
-Era imbarazzante, ma credo che farò questo sacrificio per
te, ma solo perché ti amo.
Zack, che aveva preso a ridere anche lui, si fermò di colpo
per rimanere poi immobile a guardare l'altro dall'alto.
-C-cosa hai detto?- domandò supidamente, ma era l'unica cosa
che in quel momento il suo cervello era riuscito a fargli dire.
Si sentiva completamente scombussolato, mentre Brian sembrava
tranquillo e sicuro di quello che diceva.
-Ho detto che ti amo, Zacky- ripeté nuovamente,
accarezzandogli una guancia. Poteva anche dubitare di quelle parole, ma
i suoi occhi non mentivano. Era sincero.
Zack boccheggiava, si sentiva totalmente idiota e impotente. Brian
sembrava divertirsi molto per lo sguardo da ebete che doveva aver
assunto, così decise di riprendersi e fingere indifferenza.
-Sì, credo che forse ti amo anche io- disse noncurante per
poi riappoggiare la testa sull petto dell'altro, che scoppiò
a ridere.
-"Credo che"?
- chiese scettico-
"Forse"?
-Già- rispose Zack non dandogli attenzione.
Brian scosse la testa -credo che per oggi mi accontenterò di
questo.
-"Credi che"?- gli fece eco Zack, che si prese una cuscinata in faccia.
-Vedi di tacere piccoletto, non mi hai mai visto arrabbiato!- lo
ammonì Brian scherzando.
-Tremo di paura- lo canzonò Zack.
Continuarono a giocare per un altro po' di tempo finché
inesorabilmente, vista anche l'ora tarda, crollarono addormentati.
Zack si addormentò in un sonno profondo e senza sogni, ma
cosa più importante, senza incubi.
Pfff, giuro che non
volevo metterci tutto sto miele in questo capitolo D: ...LOL si che
volevo :') E' che ho un periodo un po' da schifo e stranamente invece
di prendermela con il mondo -cosa che fa la gente normale - mi vengono
gli eccessi di zuccherosità. Andate un po' a capire il mio
cervello contorto :'D
Scusate il ritardo, ma
ultimamente ho poco tempo e soprattutto mi sento poco ispirata, infatti
non sono granché soddisfatta di questo capitolo :S Mi
è venuto anche cortino...
Però dopo
tanti problemi glielo volevo concedere a queste due povere anime un
capitoletto in cui potevano essere carini e coccolosi XD
Non ho
granché da dire, ringrazio chiunque abbia letto, messo fra
le seguite/preferite/ricordate.
Grazie a quelle
coraggiose ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ovvero: Vengeance_AS, Victorias
Nightmare, Amelie__, LoveLeonScottKennedy e _Mpenziwe. Thank you, girls <3
Spero che questo
capitolo non vi abbia fatto totalmente schifo e spero anche di riuscire
ad aggiornare presto :')
Ah, comunque non credo che la ff avrà moltissimi altri
capitoli, al massimo un paio :) A presto, Un bacione,
Josie
|
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