Let me know if your heart is still beating.

di anteros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pixie. Ma che razza di nome è Pixie?! ***
Capitolo 2: *** Sono Justin, si come Justin Timberlake. ***
Capitolo 3: *** Squallidamente firmate Victoria's Secret. ***
Capitolo 4: *** Everything's gonna be alright. ***
Capitolo 5: *** Never say never, I will fight. ***
Capitolo 6: *** "Tu il mio pixel" "Tu il mio chastin" ***
Capitolo 7: *** 21 Marzo. ***
Capitolo 8: *** Oddio, ma l'hai visto?! Li hai visti?!? ***
Capitolo 9: *** Il problema? Sono ancora innamorato di lei. ***



Capitolo 1
*** Pixie. Ma che razza di nome è Pixie?! ***


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«Pixie? Amore, dai sbrigati!» Pixie. Ma che razza di nome è Pixie? Non so papà, un nome più normale, tipo, non so ...Jenna ? 
«Eccomi, sono pronta!» Urlai io, mentre stavo ancora allacciando le Nike in verità. Che palle andare a scuola. 
«Andiamo tesoro, è tardi!!» Sbraitò lui. E' una palla ancora più assurda se tuo padre è il tuo professore di letteratura.
Salii in macchina sorridente, mentre mio padre invece sembrava di aver visto un fantasma. Okay, stamattina doveva fare un compito in classe, farà dieci minuti di ritardo, pazienza. 
Ormai gli alunni ci sono abituati, e tutti mi riconoscono come: 'quella che ci salva da interrogazioni'. Sì, insomma.
In realtà mi chiamo Pixie Spark, ed abito in California. Già, la bella, soleggiata e calda California, ma se vogliamo essere precisi la bellissima, famosissima, soleggiatissima Los Angeles. Dove l'odore di salsedine e la brezza marina t'inebriano la mente. 
«Pixie, se domani farai tardi come oggi giuro che ti lascio a piedi.» Disse lui, dopo non so quanti minuti di silenzio tombale. 
«Papà, hai detto così anche ieri...» Bisbigliai io. Ormai era la solita routine: io faceva tardi, mi minacciava di non accompagnarmi più ma alla fine si torna a punto e a capo.
Accendo la radio,e cerco una frequenza stabile. 
"Abbiamo qui una pop-star di fama ...mondiale, sì! E ha soli diciassette anni! Justin Bieber!"
"Justin, come mai qui a Los Angeles?" Chiese il radiofonico al cantante. Un attimo, Los Angeles?
"Ma niente, Jerard, il tour è stato molto stancante e quindi..." Non riuscii a sentire il continuo della frase perché mio padre spense tutto, essendo arrivati.
Entrati corriamo nelle rispettive classi, io in terza lui in quarta. Salutai con un bacio sulla guancia il mio adorato "prof" e andai in classe, dove la professoressa Cooper era già intenta a spiegare cosa successe nel 1492 a Cristoforo Colombo. Molto interessante, pensai non appena mi sedetti accanto ad April. 
Oh April, April, perché sei tu April? Okay, mio padre mi ha fissato troppo con Shakespeare. La ragazza con il nome di un mese è una coglionazza con occhialoni da nerd e vestiti color arcobaleno. Non che la mia migliore amica. Pixie ed April, April e Pixie amiche da quando giocavamo nell'erba del parco accanto casa sua, con le barbie ed il tè. 
Volevamo tanto sembrare bambine Londinesi, con il mignolo alzato mentre tenevamo la tazza in mano, parlavamo con tono solenne e alquanto strambo. 
Ora siamo disordinate, rozze e la parola 'raffinate' non sappiamo minimamente cosa significhi. 
April è mora, e dietro gli occhiali nasconde dei meravigliosi occhi verdi, luccicanti come smeraldi. 
Io sono una tipa. Non vi basta? Okay, sono un incrocio tra un labrador ed un pastore tedesco. 
Sì, sono una burlona. 
Okay, okay. Sono mora, una mora anonima, e ho degli occhi azzurri, degli occhi omonimi. Sì, qui in California ce ne sono a bizzeffe con occhi azzurri. 
Mio Dio, forse non avranno qualche schizzetto di verde, blu e giallo, ma ce ne saranno a milioni con questi occhi. 
«Allora Pixie, cosa si fa stasera?» Mi chiese April, mentre masticava del pane. Forse ha saltato una regola del galateo leggendolo.
«Non so... un attimo. Stasera vengono degli ospiti a casa, nuovi vicini, o roba simile. Ma posso chiedere a papà se puoi venire anche tu!» Dissi io, sbottando una della mie idee luminose. (Sì, 'Cattivissimo me' ha effetti collaterali su di me.) Cerco papà in mesa, e dopo averlo trovato io ed April lo implorammo, e lui da bravo padre disse di sì, e da professore stronzo disse che ci avrebbe interrogato l'ora dopo. 
 
 
Look at me now, yeah. (?) 
Non so assolutamente cosa dire, spero vi piaccia. 
Per il nome mi sono ispirata a Pixie Lott, non so perché :'D 
Alla prossima brò! (?)

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Capitolo 2
*** Sono Justin, si come Justin Timberlake. ***


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 Alle 6.30 suonò il campanello, così da farmi svegliare da un sonnellino sul divano. Aprii la porta, ed un uragano moro mi travolse, trascinandomi in cucina. 
 
 Ci nascondemmo sotto la finestra che dava nel viale della casa accanto.
«Pix, il tuo nuovo vicino è un figo pazzesco!» Sbottò lei, facendo un cenno col capo ad un ragazzo biondastro che camminava spensierato nel viale. 
La casa accanto è sempre stata disabitata, era da ormai più di dieci anni che i Jones se ne sono andati. Chissà che fine hanno fatto... 
Man mano, questo ragazzo andava avanti ed indietro, con scatoloni, valigie ed una donna, presumo fosse sua mamma, dietro di lui ad aiutarlo. 
Ridevano e scherzavano, madre e figlio. Io non scherzo con mia mamma da ormai sette anni, ma cerco di parlare ancora. 
Magari prima di andare a dormire, prima di un interrogazione o di un test. Le chiedo consiglio, prima di azzardarmi a fare qualcosa. 
E sì, forse papà dovrebbe buttare, o donare, i suoi vestiti. Dice che non ci riesce, vuole ricordare il suo profumo. 
Come biasimarlo? Mamma profumava di vaniglia, o cannella. Dipendeva dal profumo che indossava, e che indosso ora io. La cannella è decisamente la mia preferita.
Ma negli ultimi anni i capelli neri di mamma cadevano, i suoi unici vestiti erano dei pigiami ed odorava di pulito e sterilizzato. Odiavo quell'odore, l'odio tutt'ora. 
Odio quel posto, quel letto, questi ricordi. Penso che non andrò mai più in quel posto, tutto bianco, pulito e silenzioso. Non tornerò a vagare per quei corridoi, ormai imparati a memoria.  
«Sì, sembra carino...» Dissi io, sporgendomi un po' più avanti. April mi strattona giù e mi sgrida. Mai niente che le vada bene! 
Continuavamo a scrutare quei due, quando poi la donna disse qualcosa al ragazzo, indicò la casa ed il biondo raggiungeva a passi lenti la mia abitazione. 
Ci furono secondi di panico, quando poi ci spaparanziamo sul divano accendendo la TV sulla prima cosa che c'era in onda. Oddio, Jeresy Show no...!Neanche il tempo di pensarlo che bussarono alla porta. 
«Ciao...sono il nuovo vicino, e mia mamma mi ha detto che ci avete gentilmente invitato a cenare a casa vostra. Volevo chiedervi verso che ora venire.» Disse lui, con aria raffinata e solenne. Per poco non gli risi in faccia, ma mi trattenni. Un bel biondino, con un luccichio nei suoi occhi. Un luccichio indimenticabile.
«Dai, che usi il "lei" con una ragazza di diciassette anni? Andiamo! Comunque non ne ho la più pallida idea guarda. Mio padre mi ha soltanto accennato che stasera sarebbero venuti ospiti, né chi e né a che ora. Sai, può essere un professore e intelligente quanto vuole, ma a volte è proprio uno stupido. Comunque piacere, io sono Pixie, lei April e lui è il mio gatto Timmy. Si, come quello dei fantagenitori.» Mi accorsi che stavo parlando a macchinetta quando April mi guardò facendo gesti con le mani. Ora mi servirebbero dei fantagenitori per sprofondare. «Comunque, piacere. Tu sei?» Gli chiesi, scoccandogli un sorriso e tendendogli la mano.
«Justin, si come Justin Timberlake.» Disse lui, ridacchiando e stringendomi la mano. «Ma io sono Bieber, no Timberlake.» Continuò lui.
«Aspetta... tu sei quello che ho sentito oggi in radio! Non pensavo che saresti diventato il mio nuovo vicino, wow.» Dissi io incredula. Sì, insomma. Non avevo niente contro Justin ma non lo amavo neanche, era neutro per me. Però penso sia un bravo ragazzo, sì, lo stimo. Insomma, dona così tanto in beneficenza, l'altra volta ho sentito che ha donato circa 100,000 $ ad una scuola. Sì, ero contenta di aver conosciuto una persona con un cuore grande quanto il suo paese d'origine. 
«Mai dire mai, no?» Disse lui. Beh, insomma, dico mai molte volte io. Tipo: Già mai!! No okay, troppo... stile medievale. Una cosa più tipo: hai studiato religione? Io non ho mai studiato religione, e mai lo farò!   
 
 
BU-BU... SETTETE'! (?) 
Spero vi piaccia... e... bho. 
Non so che dire, seriamente. (?)
Magari lasciate un commentino, tanto per. 
Alla prossima! :D 
 
 
  

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Capitolo 3
*** Squallidamente firmate Victoria's Secret. ***


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Il sole californiano, come ogni mattina, colpisce i miei occhi e mi fa tornare alla realtà. 

Come Pixie Spark passa il sabato? Si sveglia alle 9, odia alzarsi troppo tardi, fa una colazione abbondante, poi infila il Cd preferito nelle stereo e si rinfresca buttandosi in piscina.
Come Richard Spark passa il sabato? Si sveglia alle 5, ama alzarsi presto, va a fare jogging, poi va dalla madre a Santa Monica. Ritorna poco prima di mezzogiorno.
Io amo il sabato. Posso trafficare in casa solo in mutande e maglietta, posso avere la musica a palla e cantare a squarciagola. Ingozzarmi di cioccolato che tengo nascosto per la cucina, altrimenti mio padre lo mangerebbe tutto in meno di mezz'ora. E pure è secco come un'aringa. 
Andai in cucina, ancora assonnata ed in pigiama. Apro la finestra per far passare un po' d'aria, poi prendo delle arance e inizio a fare una spremuta. Prima però, accendo lo stereo. 
I'm feeling sexy and free.
 
Iniziai a saltellare per tutta la stanza, insomma, mi sentivo sexy essendo solo in mutande e maglietta (?) e libera, perché potevo fare finalmente quello che volevo. 
'Domino' era la canzone del sabato. 
Rock my world into the sunlight,
make this dream the best I've ever know,
dirty dancing in the moonlight,
Take me down like I'm a domino!
 
Esaltavo il mio Mondo da sola nella luce del sole californiano, il sabato era il sogno più bello, danzavo per la cucina, sotto la luce della lampada va bene lo stesso?, ora cerca di buttarmi giù come un domino. Tanto non ci riuscirai mai. Con chi parlo? Non lo so, forse con me stessa, con il mio alter ego, oppure la mia coscienza sporca, non lo so. 
«Buongiorno Pixie!» Urlò qualcuno. Porco lemure, ti prego fa che non sia lui! Mi girai lentamente, mentre avevo un toast in bocca ed un braccio sollevato in aria. Oh Pix, sei sempre la solita idiota, come hai fatto a dimenticare che ora hai dei vicini?! 
«Buongiorno Justin...» Dissi timidamente, mentre poso il toast sulla tavola e cercavo di tenere giù la maglietta il più possibile. 
«Jessie J?» Disse lui, sorridendomi. Che ci appizza ora Jessie J? Lo guardai stordita, rise. Andai ancora più nel panico. «E' lei che canta, vero? I'm feeling sexy and free...» Intonò lui. Pazzesco, Justin Bieber mi stava cantando la canzone di Jessie J dalla finestra della cucina mentre io ero in mutande. Ma insomma, lui non vede che sono in imbarazzo?! Okay, Pixie, pensa velocemente su! 
«Ohm, sì lei... Come mai fuori già a quest'ora, interrompi colazioni?» Dissi io, avvicinandomi al bancone così che avessi nascosto metà di me! Che genio.
«In realtà, mi sono svegliato ora. Come puoi vedere sono ancora in pigiama, e dalla finestra della cucina ho notato questa ragazza che saltellava un po' ovunque, e mi son detto: 'Mh, ora vado a dare il buon giorno a Pixie!". E quindi eccomi qua.» Disse lui, mentre mi mostra il suo abbigliamento. Sì, insomma, se lui definisce una canottiera e pantaloncini da calcio un pigiama... «Sai, sono carine le mutande gialle.» Disse lui, mordendosi il labbro per non scoppiare a ridere. Mhrf, dovrò stare più attenta la prossima volta.  
«Grazie, squallidamente firmate Victoria's Secret.» Dissi io. Lui scoppiò a ridere, mentre io ripresi il mio toast. Gli offrì un po' di spremuta d'arancia ed un toast con la marmellata, e tutto questo mentre lui era fuori alla finestra ed io in cucina seduta sul bancone. Poi andai di sopra ad infilarmi un costume, quando notai dalla mia finestra che si vedeva perfettamente quella di Justin. Porco lemure, di nuovo. Se io vedo lui, lui vede me e questo non va affatto bene. Ora dovrò mettere anche delle tendine, uff.
Andai nel giardino dietro casa, dove si trova la piscina, ma l'acqua era decisamente troppo gelida. Insomma, sono le dieci del mattino, il sole deve ancora riscaldarla. 
Quindi misi un telo a bordo piscina e mi coricai, prendendo un po' di sole, nella speranza di abbronzarmi un po' visto che sono pallida quasi come un fantasma. 
Misi i miei occhiali da sole e chiusi gli occhi, canticchiando ogni singola canzone. 
Passarono dieci minuti, sono trascorse quasi sei canzoni. 
Mi sentii sollevata, ma non in aria, da sopra l'asciugamano. Mi spiego? Il tempo di aprire gli occhi che mi ritrovo in acqua e cazzo se brucia il cloro. 
Salii a galla, anche se il silenzio dell'acqua e i riflessi del sole in essa era praticamente il Paradiso. 
«Vedete ragazzi, lei è colei che indossa mutande gialle firmate Victoria's Secret.» Esclamò Justin, sorridendo come un ebete. Esserci o farci, è questo il dilemma. 
«Vedete ragazzi a me sconosciuti, lui è colui che tra...» Iniziai a dire io, mentre mi avvicinavo alla scaletta. «...esattamente... 3 secondi avrà una sberla.» Dissi, per dare un ceffone dietro la nuca a Justin. Asdfghjkl; idiota. I due si misero a ridere, mentre io non ci trovare niente di divertente, almeno non fin quando buttai Justin in piscina con tutti i vestiti. 
«Piacere ragazzi, io sono Pixie.» Dissi io, tendendo la mano prima ad uno poi all'altro. 
Il biondo stringendola disse: «Come? Pixel?» 
«Ma no!! Pixie! Pixii.» Dissi io, scandendo bene le lettere. Dei ragazzi a scuola mi chiamano Pixel per deridermi, ma io non ci trovo niente di divertente. E pure rido anche a battute squallide io. Bha. 
«Okay, Pixie. Io sono Ryan, lui è Charles. Ma tutti lo chiamano Chaz.» Disse lui, sempre il biondino. Scontrai il suo sguardo e mi persi per un attimo nei suoi occhi verdi. 
Mi girai verso Chaz e strinsi la mano anche a lui, quando poi pensai a come cavolo avevano fatto ad entrare nel mio giardino. 
 
  

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Capitolo 4
*** Everything's gonna be alright. ***


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«Ciao papà, come va? La nonna?» Chiesi io, stampandogli un bacio sulla guancia. 
«Oh tutto bene tesoro. La nonna è in gran forma, come sempre. Oggi ha fatto mezz'ora di tapis roulant.» Disse lui, scompigliandomi i capelli ancora umidi. 
«Tu,amore?» Chiese lui. 
«Oh tutto bene, ho conosciuto degli amici di Justin!» Dissi, ripensando agli occhi di Ryan. Pixie, toglili dalla testa. «E Pattie ha detto che voleva ricambiarti il favore, e ci ha invitato a pranzo da lei.» Continuai, facendo gli occhi da cucciolo. Oggi non avevo nessuna intenzione di mangiare cose surgelate. 
«Sì, perché no. Non avevo nessuna voglia di cuc... cioè, sembra scortese non andare.» Disse lui, mentre saliva le scale per andare a cambiarsi. 
«Ah, papà papà...! Comunque, io vado già da loro. Ci si vede lì tra 10 minuti, massimo 15. Capito professor. Spark?!» Sbraitai io, mentre cercavo le mie infradito. Uh già, sotto il divano. 
«Okay signorina Spark.» Urlò a sua volta, poi sentii lo scroscio dell'acqua e uscii fuori, verso casa di Justin.
Bussai alla porta e mi aprii proprio lui, ed incrociai i suoi occhi per la prima volta. Color nocciola, noisette in francese. Però quando pensai agli occhi, ricordai i Sumeri e le loro statue. Facevano degli occhi ai personaggi grandi quanto una pallina da tennis, insomma, mi è rimasta impressa quell'immagine. 
Si, ma adesso non c'entra niente, giusto? 
«Ciao, Pixie! Allora venite a mangiare da noi?» Esclamò lui, facendomi segno di entrare dentro. Mi ritrovai in un gran salone: divano e poltrone in pelle bianca. Un tappeto nero ed un tavolino in vetro e piedi battuti in ferro poggiato su di esso. I muri bianchi, e sopra ad uno di esso è appeso il televisore, penso al plasma, a led... bho, so solo che è gigante, un 50'' ci stanno. 
«Sì,sì.» Risposi distogliendo lo sguardo dalla TV a lui. L'ho detto, vero, che è proprio un bel ragazzo?
Ha i capelli color del grano, tendenti al biondo sulle punte sotto ai raggi del sole.
Occhi grandi, color caramello, come detto prima.
Un nasino un po' all'insù, ma non alla francese. 
Labbra rosse, fini e sembrano anche morbide. Ho notato che il labbro inferiore viene spesso torturato dai denti bianchi e perfetti. 
I suo sorriso è da mozzare il fiato. La sua risata è dolcissima! 
Indossa una maglietta bianca abbastanza aderente che fa risaltare il suo fisico. 
Dita lunghe e affusolate, solito dei pianisti.
Jeans rigorosamente rossi, con la vita alle ginocchia. Riuscivo a vedere perfettamente la firma "Calvin Klein" delle sue mutande. 
Poi portava una cintura nera, come se servisse a qualcosa!
«Tesorino, chi era alla porta?» Domandò Pattie, con un tono estremamente dolce. 
«Sì, tesorino, chi era?» Fece l'eco Chaz, che quando mi vide strabuzzò gli occhi e se ne andò lentamente, prima che Justin lo incenerisse con lo sguardo. 
«La vicina mamma!» Urlò lui, facendosi seguire fino in cucina, da dove proveniva un odore squisito. 
 
 
Dopo pranzo gli amici di Justin andarono via, mentre io ora mi trovavo in camera di Justin. 
Mi affacciai alla finestra e si vedeva benissimo la mia camera, ed anche i vestiti buttati sulla moquette, ed anche i libri sul letto ed altre cose non identificabili. 
La mia camera era il caos, "In principio vi era una voragine nera e senza fine". Quella era la mia camera. 
Quella di Justin sembrava un diamante splendente. I vestiti tutti rigorosamente ordinati nell'armadio, i libri posti in ordine di grandezza, i profumi su di una mensola, cornici su di un'altra. Era tutto in ordine, era pulito, era bianco. Ricordava tanto una camera d'ospedale, se non per l'odore maschile ed il televisore 40" attaccato al muro. 
Mi siedo sulla sedia girevole e noto dei fogli sulla scrivania. Li prendo e realizzo che sono testi di canzoni incompleti ed alcune frasi non attinenti al testo. 
«Justin, cosa starebbe a significare "Mi disse che mi amava, oh è la droga più dolce, ma io non la credevo. Tutto andrà per il verso giusto..." ?» Chiesi io, con aria perplessa.
«Niente, frasi scritte senza un senso logico. Sto cercando l'ispirazione per una canzone, ma ho il blocco dello scrittore. Dicono che quando lo hai non ti passa più. E se non mi passa questo blocco la mia carriera è caput. Morta e sepolta. Deluderò milioni di fans, Pix!» Disse lui, buttandosi sul letto con non molta grazia. 
«Sai una cosa? Dicono che è vero, si ma anche fosse vero, non sarebbe giustificazione per non farlo più.» Dissi io, sedendomi accanto a quelle membra in stato di depressione. « Quindi, ora prendi un foglio, e pensiamo insieme ad una bella canzone. Ti va?» Continuai io, accarezzandogli i capelli. 
Lui tirò in su la testa, affondata nel cuscino un minuto prima, e si girò verso di me incastrandomi con quegli occhi mozzafiato. 
«Lo faresti davvero? Perderesti del tempo appresso a me?» Mi chiede lui, quasi incredulo. 
«Beh, dovrei studiare il XX capitolo della Divina Commedia, ma mio padre mi leggeva quel libro prima di andare a dormire da quando avevo cinque anni. Quindi...» Conclusi la frase ritrovandomi tra le sue braccia, era così tenero. 
Prese la sua chitarra classica sotto braccio, ed io il taccuino con una penna vigorosamente viola. Iniziò a strimpellare note, io a scrivere qualche parola chiave. 
Poi, un'idea luminosa. 
«Ho un'idea! GRANDE PIXIE, EEEEEH!! Potresti dedicare questa canzone alle fans!» Esclamai io, con gli occhi che mi brillavano. 
«Oh Dio, sei un genio!! Quando andai in Italia, incontrai delle fans. Pixie, ho l'ispirazione.» Disse lui, prendendomi il viso e stampandomi un bacio sulla fronte. 
«Mi dissero: Justin, noi per te attraverseremmo l'oceano, cammineremo un milione di chilometri, ma a volte sembra che a te non importi delle fan italiane. E pure, noi crediamo in te. Crediamo nel never say never, ed oggi il nostro sogno più grande si è realizzato". Avevano una strana luce negli occhi, il loro tono di voce era così... non lo so, erano emozionate come se avessero trovato la città d'oro. Io le abbracciai entrambe e quasi non piansi. Sì, scriverò per le mie fans italiane.» Mi raccontò lui, con gli occhi che gli brillavano. Quando entravo in Twitter, praticamente tutti i giorni, qualche volta nei TT c'erano dei messaggi per Justin da parte delle sue fans italiane. Ma lui non li leggeva mai, o perché non era connesso o perché il Tweet scendeva e usciva dai TT. 
Iniziò a strimpellare note e a canticchiare qualcosa, poi mi diceva le parole e me le faceva scrivere sul foglio mentre lui scriveva le note. 
Across the ocean, across the sea
Startin to forget the way you look at me now,
over the ocean and across the sky
starting to forget the way
you look in my eyes
For you I'd walk a thousand miles
To be in your arms
Holding my heart.
 
«Senti questa: "You know that I care for you, I'll always be there for you, I promise I'll stay right here, and I know that you want me too..." e poi non so che aggiungere.» Disse lui, fermando il feltro sulla corda del SOL. 
«Mh, non so. Che ne dici di: " We can make throught anything, everything's gonna be alright." Sì, sono un genio.» Dissi io, passandomi le unghie sulla manica della maglia. Lui canticchiò le parole sulla canzone ed annuiva compiaciuto.
Posò la chitarra e mi abbracciò di nuovo, poi mi fece scendere dal letto, su cui ero spaparanzata. 
Iniziò a farmi volteggiare di qua e di là, cantando la canzone. 
«Pixie, sei un'angelo. Dedicherò una canzone anche a te, lo giuro.» Concluse lui, porgendomi il mignolo.
 
 
BU-BU... SETTETE!! 
Sì, sono ancora qui. 
Volevo ringraziarvi per tutte le visualizzazioni, che in questo momento non ricordo, ma sono molto grata. Ankjcvnsak *w* 
Ho ricevuto solo una recensione (sigh!) ma anche le visualizzazione mi hanno fatto felice (?) 
Loool, spero che questo non sia troppo lungo... o forse è corto?! 
Mbah, lasciamo stare và. 
Poi, per quanto riguarda la canzone, mi sono fatta un film mentale grande quanto tutta la Russia, gli Usa e il Canada messi insieme. 
Ma vabbè, queste storie si scrivono per fantasticare... forse ho fantastico troppo (?)
Mmmmmh... beh, alla prossima allora! :)
Adios amigos! :3

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Capitolo 5
*** Never say never, I will fight. ***


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Il weekend passò in fretta, ed arrivò il lunedì. 
Dio, una volta lessi che una ragazza amava il lunedì perché aveva una settimana davanti, e questo la entusiasmava molto a quanto pare. 
"Mia cara signorina, la informo che il 99% delle persone nel Mondo odia il lunedì proprio per questo, ma come in ogni cosa, c'è sempre l'eccezione. 
Sinceramente, otto miliardi di persone meno una." 
La giornata scolastica fu monotona, noiosa e mio padre mi riprendeva ogni due secondi, perché per poco non mi addormentavo. 
A pranzo mangiai allo stile "Goku". Mentre m'ingozzavo di una cosa, iniziavo già a mangiarne un'altra. 
Mio padre andò a scuola, assemblea, consiglio d'istituto qualcosa del genere. 
Nella mia natura sarei rimasta a casa, con lo stereo a palla e saltellando un po' ovunque. Ma qualcosa mi spinse di andare da Justin, tanto ho visto Pattie uscire. Non dovrei fare figure di emme. 
Bussai al campanello e dopo circa trenta secondi sentii un tonfo, poi un urlo e subito dopo mi ritrovai un Justin dolorante alla porta. 
«Tutto bene?» Chiesi io, tra una risata e l'altra. Lui m'incenerì con lo sguardo, mi fissa per circa due secondi e poi scoppia a ridere o piangere, forse tutte e due le cose insieme.
«Che è successo?» Chiesi io.
«Ma niente, hai suonato il campanello, io ho avuto un mini infarto, scendo le scale frettolosamente, inciampo all'ultimo gradino, sbatto il piede nel divano e cado a terra. Cose praticamente di tutti i giorni, sì.» Mi rispose lui, mentre si massaggiava un piede. Io cerco di non ridere ma... 
«AHAHAHAAHAHAHAHAHAH, ci voleva un video!» Dissi io, mentre mi sbellicavo dalle risate. 
Ci alzammo da terra e andammo in cucina, dove mi offrì pancarré con nutella, ed io che volevo smaltire il pranzo. 
«Allora, come vanno le canzoni?» Gli chiesi, mentre mi leccavo i baffi. 
«Mh, benifimo. Ho afuto anche un'altra idea.» Disse lui, con la bocca piena. Eccone un altro che ha mancato una regola del Galateo. 
«Ovvero?» Chiesi io divertita.
«Scriverò un album di Natale, ed ho già finito una canzone.» Disse lui, correndo di sopra. Dopo neanche un minuto ritorna in cucina con dei fogli in mano e la sua chitarra. 
Deduco siano degli spartiti con parole e ... strani segni sul pentagramma. Okay, non ho mai capito molto di musica. So appena le note musicali: DO RE MI FA SOL LA SI.
Poi la mia prof. mi chiese di dirgliele al contrario, io mi rifiutai categoricamente. Dirle al contrario è come parlare in ostrogoto o persiano antico. E' una delle cose più complicate in tutto l'universo. 
«Parla di vischio, infatti si chiama 'Mistletoe'.» Ha molta fantasia, a quanto vedo. 
«Mh, wow. Posso avere l'onore di udire questa melodia, signor. Bieber?» Dissi, cercando di non scoppiare a ridere per quanto mi ritenevo ridicola. 
 
It's the most beautiful time of the year,
lights fill the streets spreading so much cheer,
I should be playing in the winter snow
but Imma be under the mistletoe.
 
Iniziò ad intonare quelle parole, che per un attimo, mi fecero sentire sollevata. Sì, sollevata dai miei problemi. 
Come se quella voce mi facesse sentire bene, forse è questo il motivo per cui milioni di persone lo chiamano idolo. 
Per questo motivo, quel ragazzo, non voleva deludere tutti i suoi fan. Perché lui era il primo a dire "mai dire mai", di non abbandonare mai i propri sogni, di non arrendersi al primo ostacolo. Ma di credere nei proprio sogni, di fare sacrifici per cui vale la pena, di combattere per i propri sforzi. 
Guardandolo cantare mi viene a mente una ragazza, sì, una bionda. Una ragazza della mia scuola che viene sempre con una e sola maglietta. 
E' anonima, quasi invisibile agli occhi degli altri. Tranne ai miei. 
E' castana, ha gli occhi color del caramello ed una maglietta con su scritto "Justin Bieber". La porta quasi tutti i giorni, la porta a testa alta, e non ha paura di mostrarsi con quella maglietta nonostante i bulletti della scuola la prendono in giro. 
Aveva l'armadietto tempestato da foto di Justin, le copertine dei quaderni con su scritto il suo nome e a chimica canticchiava sempre la stessa canzone.
'Never say never, I will fight'. 
E pure, credeva veramente nel 'mai dire mai'.  La Jenkins amava Justin Bieber, e non aveva paura di dirlo. 
«Allora, che te ne pare?» Chiese lui, passandosi una mano tra i capelli dorati.
«Molto bella, sì. A chi vuoi baciare sotto il vischio?» Chiesi io, con sguardo di chi la sa lunga. Come potevo non sapere la relazione tra lui e la Gomez?
«Se potrei, tutte le mie fans. Ma non si può, quindi...» Mi rispose, sghignazzando. 
«E la Gomez?»
«Lei? Oh beh lei...» Inizia a borbottare frasi senza senso o filo logico, quindi lascio stare. 
«Okay, okay.» 
«No,okay. Sei mia amica, giusto?» Disse lui, posando la chitarra. Io annuisco. «Bene, quindi se ti dico un segreto non lo dici a nessuno, vero?» Continuò lui, intrappolandomi con i suoi occhi color caramello. Io annuii ancora. «Bene. Io e Selena siamo amici. Abbiamo "costruito" questo rapporto solo per Selena. Insomma, i maghi di Wawerly sono finiti, il tour sta per finire. Non aveva un contratto, sarebbe rimasta senza lavoro. Io da amico l'ho aiutata. Niente noi, niente Jelena. Siamo amici, ottimi amici e niente di più.»
E bam, mi spiazzò con poche semplici parole "siamo amici". Ma comunque gli sorrido, perché realizzo che si fida di me. Mi ha rivelato uno dei suoi segreti, forse uno di quelli più  grandi. E lo ha rivelato a me! Che strano il Mondo. 
Mangiammo un'altra fetta di pancarré con la nutella, poi perfezionammo la canzone insieme. Me ne andai sorridente, e con un piano in mente. 
La Jenkins avrebbe passato una giornata intera con il famosissimo cantate di fama mondiale, di soli 17 anni e di nome Justin Bieber. 
 
«Ciao Savannah!» Dissi io, rivolgendomi alla famosa Jenkins. Mi piace il nome Savannah, anche se vuol dire savana. Ma beh, meglio di Pixie. 
«Mh, ciao Spark.» Rispose lei titubante. 
«Senti, volevo chiederti un piccolo favore...» Lei strabuzzò gli occhi. Del tipo: che vuole ora questa?! Comunque mi sorrise. «Volevo invitarti a casa mia oggi, per fare una piccola ripetizione di chimica insieme. Sai, oggi non ho capito praticamente niente. Ma se non puoi e non ti va non fa niente...» Per la verità non mi serviva nessuna ripetizione di chimica. 
«No,no. Certo! Dimmi solo dove abiti e a che ora.» Mi rispose, sorridente. 
Perfetto, il pesce aveva abboccato. Ora mi rimane l'altro. 
 
«Ciao Justin!» Urlai io, non appena ritorno a casa. Era in giardino, in shirtless che falciava l'erba. Non male il mio vicino. 
«Pix, ciao!» Sai Justin, dire prima il nome e poi ciao è abbastanza contorto. Uffa, devo smetterla! Mannaggia a mio padre e alla sua perfezione.
«Senti, Justin, oggi verso le 5.30 ti va di venire a casa?» Gli chiesi, infilando la chiave nel portone di casa. 
«Certo Pix, porto la chitarra!» Mi rispose lui. Io sorrido e vado in casa. Ed anche l'altro pesce rosso ha abboccato. 
E' stato semplice, come rubare le caramelle ad un bambino. 
 
 
BU-BU... SETTETE!
Anncksdlkc, volevo ringraziarvi per le visualizzazioni... anche se ho avuto una sola recensione (sigh!).
Fa niente, sono ugualmente felice. u.u 
Anyway, in questo capitolo non succede praticamente niente!
E' noooioso!
Poi... uh, già! Buona Pasqua a tutti! :D 
Eeee ... alla prossima! 
Adios amigos!
 
P.s questa sono io su Twitter: https://twitter.com/#!/Ninjamonkey_ :')
 

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Capitolo 6
*** "Tu il mio pixel" "Tu il mio chastin" ***


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Non appena arriva Savannah ci sediamo in cucina per studiare chimica, guarda un po' cosa devo fare per far felici le persone. 
«Quindi, Pix, la tavola degli elementi non è altro che lo schema con il quale vengono ordinati gli elementi sulla base del loro numero atomico Z.» Da quando Savannah Jenkins mi chiama Pix? E' già tanto se mi chiama per nome! Che strano il Mondo. 
Guardai con la coda dell'occhio l'orologio, segnava le 5.30 , ho una specie di potere io. 
«Savannah, che ne dici di uno spuntino?» Dissi io, alzandomi dal tavolo da pranzo. Mi recai in cucina e lei mi seguiva come un cagnolino da guardia. 
Cercavo negli stipiti qualcosa da mangiucchiare, quando la bionda m'interrompe:
«Pixie, che sta facendo quel ragazzo?» Mi chiede lei mentre indica un biondo per terra ed una chitarra qualche metro più lontano. Quant'è stupido. 
«Oh, è il mio vicino. Sarà caduto...» Apro la finestra e richiamo la sua attenzione. «Justin, che hai combinato?!» Urlai io, ridendo. Savannah strabuzzò gli occhi nel sentirmi pronunciare il nome "Justin". 
«Niente, ho inciampato.» Disse, scrollando le spalle come se fosse la cosa più normale del Mondo. Ma tanto, è cosa di routine che lui cadi. «Beh, non mi presenti la tua amica?» Disse lui, raggiungendo la finestra della cucina. Si passa una mano fra i capelli e la Jenkins per poco non sveniva. 
«Justin ti presento Savannah Jenkins.» Dissi indicando la bionda di fianco. Lei sgrana gli occhi e non batte ciglia per alcuni secondi. Poi balbetta cose incomprensibili forse anche per lei. 
«Oddio, che stupida! Mi son dimenticata di dirti che Justin Bieber è il mio vicino...» Esclamai io, schioccando la lingua contro il palato. 
«E'... è veramente lui?» Mi chiese incredula. 
«No, è Babbo Natale travestito da Justin Bieber. Savannah, è lui in carne ed ossa.» Le risposi io. 
Mi abbraccia. Mi sorride. Mi dice grazie. Mi dice che ho realizzato il suo sogno. Lei è felice grazie a me. 
Pix, sei grande. 
Passiamo tutto il pomeriggio insieme conoscendoci meglio, mangiando nutella (okay, forse ero solo io) e divertendoci come matti cercando di intonare canzoni. 
«Grazie mille, Spark. Alla fine non sei tanto male.» Dice la Jenkins prima di andarsene. Alla fine anche lei non è tanto male, anzi. 
Andò via con il motorino e rimaniamo solo io e Justin, che era steso sul mio divano intendo a guardare la TV. 
Sintonizza su MTV mentre lo raggiungo. 
"Ed ora un pezzo indimenticabile! Naive dei Kooks!"
 
I'm not saying that its your fault,
although you could done more.
You're so naive yet so. 
How could be this done, 
you're such a smiling sweetheart.
 
Andiamo, che canzone meravigliosa. Adoro questa canzone e a quanto pare anche al signorino qui presente. 
«Amo questa canzone! Alzaaa!!» Urlai io a Justin, che seguì subito i miei ordini alla lettera. 
Iniziai a saltare sulla penisola del divano imitando una rock star che suonava una chitarra elettrica e Justin usava il telecomando come microfono, siamo proprio un bel duetto.
Poi arriva il ritornello e lo cantiamo a squarciagola facendo un salto sul tappetto bordeaux lì davanti. 
 
I know, that she knows
that I'm not fond of asking.
True or false , it may be...
well, she's still out to get me.
 
Questa canzone dura sempre troppo poco, secondo una mia impressione. Due secondi fa è iniziata ed ora è già finita. 
Anche se ballare/fare la rock star/cantare per due minuti di seguito è veramente stancante, come fanno le vere rock star per quasi un'ora di seguito? Io morirei solo dopo la seconda canzone. Però c'è da dire che, Pixie Spark, è la diciassettenne più pigra al Mondo. 
Mi buttai sul divano col fiatone mentre Justin si siede per terra con ancora il telecomando stretto nella sua mano sinistra. 
«Diciassettenni fuori, bambini di tre anni dentro.» Enunciò una voce maschile. Alzai il capo dal cuscino e trovo mio padre appoggiato al muro, con uno scatolo di un ristorante italiano fra le mani, PIZZA!  «Justin, ceni con noi?» Continua papà con tono divertito. 
«Non so... mamma è sola a casa...» Accenna lui. Mio padre senza farselo ripetere due volte va a casa Bieber/Mallette ed invita la donna, e sembrava anche entusiasta. 
Beh, Pattie è proprio una bella donna. Ha un bel viso, incorniciato da capelli mori che le ricadono morbidi sulle spalle, occhi color del ghiaccio ed un sorriso mozzafiato. 
Miseriaccia se è bella. Non voglio immaginarmi Justin con gli occhi della mamma, sarebbe una visione troppo meravigliosa per esistere o addirittura immaginarla. 
Okay, torno sul Mondo reale anche perché Justin mi sta sventolando la mano davanti il viso. 
«Oh, allora sei viva!» Commentò lui, scoppiando a ridere. «Allora che ne pensi della mia idea?!» Continua lui, convinto che io lo stessi seguendo. Se non lo facevo due secondi fa cosa gli fa pensare che lo facevo cinque minuti fa?!? 
«Uhm, già. Sono proprio uno stupido a pensare che TU stavi ascoltando ME. Te lo ripeto: domani vuoi venire in spiaggia col qui presente ragazzo?» Continuò lui, quasi a rallentì ed indicandosi il viso con l'indice. 
«Certo,ti dispiace se porto anche April?» Gli chiesi accompagnandolo alla porta. Ormai era mezzanotte passata, ed io domani dovrei andare a scuola. Che cosa entusiasmante. 
«No, no. Va benissimo. Allora ci vediamo domani, non appena tornate da scuola chiamatemi e scendiamo in spiaggia, okay?» Dice lui, scoccandomi un sorriso. Io annuisco. 
«Buonanotte mio bel Pixel!» Continua Justin, abbracciandomi. Io mi coccolo fra la sue braccia, e solo dopo realizzo l'offesa. Ma detta da lui era... quasi divertente. 
«Buonanotte chastin.» Credete che non abbia mai visto l'intervista con la brasiliana? Mi sono sbellicata dalle risate guardando la faccia irritata di Justin perché quella non pronunciava correttamente il suo nome! 
«Ehi, almeno tu sei il mio Pixel!» Dice lui, facendomi il labbruccio. Esiste una cosa più tenera o bisogna inventarla? 
«E allora tu sei il mio chastin.» Esclamo io, prima di riabbracciarlo. Lui mi schiocca un rumoroso bacio sulla fronte e se ne va, scoccandomi l'ultimo sorriso della giornata.
 
NOW, LOOK AT ME.
Lol, mettendolo in grassetto e sottilneandolo sembra che vi debba dire qualcosa di importante. 
Non so, ma mi piace particolarmente questo capitolo. Forse per la parte finale *w*
Sono così teeeeeneri, ma potrebbero cambiare molte cose, chi può dirlo. 
Anyway, mes amis.
Se il capitolo vi è piaciuto, recesnsite.
Se non vi è piaciuto, recensite dicendo che vi è piaciuto. Fatemi sognare *-*
AHAHAHAH, lol. Lo so, non sono divertente, ma fate finta di sì.
Sì, forse è ora di smettere di dire stupidaggini.
Ciao belli!! :3 

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Capitolo 7
*** 21 Marzo. ***


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Passarono i mesi, arrivò la primavera. Justin pubblicò il Cd di Natale, tutto è andato alla meraviglia. Ora è quasi pronto a pubblicare "Believe", il suo ultimo capolavoro. 
Los Angeles a Marzo era come essere in Paradiso. 
C'erano fiori colorati ovunque, alberi fioriti che sprizzavano felicità e profumi di ogni genere. 
Beh, tranne quando vai in metropolitana, lì ci sono "profumi" di altri tipi. 
In casa mia c'erano realmente le pulizie di Primavera, precisamente il 21 Marzo. Non so perché di questa tradizione, ma mio padre quel giorno mette prima le pulizie e poi i compiti. 
Se bisogna essere sinceri, è un modo per distrarsi. 
Il 21 Marzo 2004 alle ore 00.43 un'anima volò via, e con sé portò via quel sorriso che riempiva le mie giornate. Le nostre giornate. 
Quel sorriso che nascondeva dolori e sofferenze; quegli occhi color smeraldo che non lasciavano trasmettere emozioni.
Alle 00.43 vagavo per l'ennesima volta in quel corridoio vuoto e silenzioso, fin quando quel silenzio fu rotto dall'urlo di un giovane trentaquattrenne provenire dalla camera 325 B. Spiai dalla finestra cosa stava accadendo, e la luce opaca rifletteva sul dottore con lo sguardo rivolto verso il basso. 
Mio padre era inginocchiato accanto al letto, mentre stringeva forte la mano della mamma, la quale non batteva neanche più ciglia. Alle 00.44 regnò di nuovo il silenzio.
Mi accasciai accanto la porta, cercando di capire se ora mamma era con il nonno sulle nuvole oppure ancora in quella stanza, forse non era come sembrava. 
Dopo non so quanti minuti si sentì lo scricchiolio della porta, dalla quale uscirono i due uomini. 
«Mi dispiace ancora, signor Spark.» Sussurrò l'uomo baffuto, prima di andar via. Mi scoccò un sorriso di compassione e andò via a passo svelto. 
Sì, Leona Spark volò in cielo, 'sulle nuvole', col mio nonno adorato. Papà disse che ora era in un posto migliore, che le sue sofferenze ora erano cessate e che lei, nonostante non fosse qui accanto a me, sarebbe stata sempre nel mio cuore a guidarmi e a proteggermi. 
Il 21 Marzo 2004 andò via una delle cose più preziose che avevo. I mesi successivi non volevo andare a scuola, non volevo mangiare, non volevo fare assolutamente niente. Volevo solo quella donna dagli occhi verdi come la speranza. 
Mio padre cercò di spiegarmi tutti i "drammi" femminili in parole semplici e chiare, ma con scarsi risultati. Capii solo il giorno in cui, a 13 anni, April si accorse di una macchiolina rossa sul mio pantalone. La sua mamma mi spiegò precisamente cos'era. 
Ed ora, 21 Marzo 2012, sono in camera a spolverare e a mettere in ordine per cercare di non ricordare.
Ma, essendo una masochista del cazzo, ogni 21 marzo mi frego quella cassetta e, a notte fonda, m'infilo nel mio letto facendo rievocare ricordi che dovrebbero rimanere nel dimenticatoio. Ma come posso dimenticare quegli occhi verdi?, quel sorriso mozzafiato?, quella sua risata che mi trasmetteva allegria? 
Come potevo dimenticarmi del suo tono dolce quando mi chiamava "raggio di sole "? 
Come può una figlia dimenticarsi di sua madre?
Ma sì, questo giorno doveva andare diversamente.
Ero in salotto, spolverando lo scaffale delle videocassette quando suona all'improvviso il campanello. 
«Ciao Justin.» Finsi un sorriso, come sapeva fare mamma. 
«Ciao Pix...» Bisbigliò lui, guardandomi con occhi appannati. 
«Che succede?» Gli chiedo, aggiustandogli il ciuffo un po' ribelle. 
«Pix mi dispiace...» Mi risponde, guardandosi le scarpe. Le guardo anche io: sono arancioni. 
«Fa niente, sono cose che capitano.» Sussurro io. Lui sospira e mi abbraccia così forte quasi da farmi mancare l'aria. 
Di solito nessuno veniva a trovarci in questo giorno, neanche April, sapeva bene che sarei scoppiata in un pianto senza fine se avessi parlato con lei di quel giorno. 
«Justin ti voglio bene.» Bisbiglio al suo orecchio, stringendomi forte a lui. Lui mi stinge a sua volta e mi stampa un bacio sulla guancia. 
«Anche io Pixie. So che parli e ti sfoghi con April, ma sappi che sarò disponibile anche io, 24 ore su 24.»
«Quindi se alle 3 di notte ci sarà un ragno spaventoso in camera, ti posso chiamare per farti venire ad ucciderlo?» Gli chiesi, accennando ad un sorriso. 
«Se devo essere onesto ho paura anche io dei ragni. Ma basterà chiamarmi, il letto di scorta in camera mia aspetta di essere usato!» Risponde lui, con un sorriso a 332 denti. 
Dopo un paio di minuti che eravamo in salotto, lui spaparanzato sul divano ed io a spolverare, mi viene in mente l'immagine di prima.
«Mh sai, se mi dai una mano posso risparmiarmi il tweet.» Dissi io mentre prendevo la cassetta. Cosa fare? Metterla insieme alle altre o riporla nel cassetto per vederla dopo?
«Che tweet?» Chiese lui, infilandosi una patatina in bocca.
«Quello in cui scrivo: Il mio vicino, Justin Bieber, oggi ha pianto.» Dissi, posando la cassetta insieme alle altre. 
«Oh, tu non lo faresti.» Bisbigliò posando il pacco di patatine. Io invece annuivo compiaciuta. Pix 1 Justin 0 «Ti odio..» Mormorò alzandosi dal divano. 
«Come scusa?!» Esclamai io, sbattendogli lo spolverino in testa. Lui mi prese a sacco di patate, mi buttò sul divano ed iniziò a farmi il solletico. 
Rido come una pazza. Lui insieme a me. Da quando non ridevo così in questo giorno? 
Forse troppo, sì, decisamente troppo. Justin forse è il mio 'raggio di sole'. Come se mamma me l'avesse mandato per ricordarmi quanto è bella la vita, e di sorridere almeno fin quando avrò i denti. E magari di farlo anche dopo, anche se sembrerò un tricheco senza zanne. 
Iniziamo a mettere in ordine e Justin prende la cassetta. La spolvera e poi legge il titolo, mentre io lo guardo di soppiatto. Fa che la metta a posto senza domande, ti prego.
«Che cos'è 'Leona'?» Ecco, me l'ha chiesto. 
«Più che altro chi è...» Mormoro io, sfilandogliela dalle mani. 
«Oddio, scusa Pixie. Giuro che non volevo, davvero. Mio Dio, scusami!» Mio Dio, che lagna che è questo ragazzo! 
«Justin non ho mai conosciuto una persona più pallosa di te!» Esclamo io, scompigliandogli i capelli. 
«Ti va di vedere mia mamma?» Bisbiglio.
«Ora?» 
«Ma che sei scemo? Se papà mi becca sono una ragazza morta. Stanotte...» Mormoro per non farmi sentire da mio padre che si trova nella stanza accanto.
Justin mi abbraccia e mi accenna un sì.
 
Sono le 2 meno 5 del mattino, tra cinque minuti arriverà Justin. Prima di uscire fuori mi accerto che papà stia dormendo e m'infilo una maglietta un po' più pesante. 
Alle due precise esce di casa sua ( benedico le finestre) e lo faccio entrare in casa, poi saliamo a passo svelto e silenzioso in camera mia. C'infiliamo sotto la coperta e la cassetta parte, facendo rievocare ricordi rimasti nel dimenticatoio per un anno intero. 
I suoi occhi verdi erano luminosi e pieni di vita anche nel suo peggior periodo. 
Era la donna più bella del Mondo, anche senza capelli e trucco, anche senza mettersi in ghingheri. Lei era bella anche con un pigiama a fiorellini rosa e una bandana rossa, arancione e gialla che le ricopriva il capo. 
«Sai Justin, non l'ho mai fatta vedere a nessuno.» Bisbiglio io, a metà filmino. 
«E come mai ora la fai vedere a me?» Farfuglia mentre mi mette un braccio dietro le spalle e mi attira a sé. Mi stringe in un forte abbraccio e mi accarezza i capelli. 
«Non lo so, tu ispiri affetto e fiducia.» Lui si limita a stringermi più forte e poi non profaniamo più parola fino alla fine del video, anche perché se avessi parlato avrei iniziato a singhiozzare e ansimare, e si sarebbe accorto che stavo piangendo. 
Alle 3 se ne va ed io ritorno in camera, riguardando altre due volte quella cassetta. Prima o poi si consumerà e non si vedrà più, sono sicura. 
In fine, alle cinque del mattino andai a riporre la cassetta al suo posto ed andai a dormire, incurante del fatto che domani sarei dovuta andare a scuola con solo due ore di sonno.
 
Lo sooo, è triste. Ma ci voleva, no?! çç 
Quando ho cliccato su "Gestisci storie" e mi ho viste tutte quelle visualizzazioni ho urlato: PORCA ZOZZA! 
Cioè, grazie *ç* 
Allora non faccio così schifo (?)
Spero vi sia piaciuto anche questo :3
Ciiiiiiiiiiiiao belliiiiiiiii! :D
Tanti baci zuccherosi! xoxo (?)

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Capitolo 8
*** Oddio, ma l'hai visto?! Li hai visti?!? ***


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Rock my world into the sunlight,
make this dream the best I've ever know,
dirty dancing in the moonlight,
Take me down like I'm a domino!
 
Oh sì, il sabato è arrivato. E con lui anche una sorpresa. 
«April, sulle frittelle ci metto la nutella o la glassa al cioccolato?» Chiesi alla bellissima ragazza che scendeva dalle scale ancora assonnata.
Quando April viene a dormire qui il sabato, la mattina non trova pace, poverina. Lei ama dormire, dormirebbe dodici ore su ventiquattro. Ed io che faccio alle 9 del mattino? Metto a palla lo stereo e la sveglio facendole prendere un infarto, anche se ama le mie frittelle. Modestamente! 
«Che domande Pix, ovvio che ci voglio la nutella.» Esclama lei sedendosi sul bancone. Io apro la finestra ed un leggero venticello muove i capelli già scompigliati di April. 
Mi alzo sulle punte per arrivare allo stipetto in alto e allungo le braccia, e la mia maglia si alza. 
«Pixie Spark, non perdi mai il vizio di dormire in mutande il sabato,eh?!» Dice April, scoppiando a ridere. Io afferro il barattolo di cioccolato e tiro giù la maglia. 
«Son fatti miei,mh.» 
«Almeno sappiamo che si cambia la biancheria intima, no?» Esclama qualcuno. Voce troppo maschile per essere di April, mi giro e mi trovo un Justin sorridente alla finestra e un Ryan assonnato che sta per raggiungerci.
«Ah ah, molto divertente.» Esclamo girando una frittella. «Comunque, vado ad infilare dei pantaloncini prima che arrivi il tuo amichetto.» Poso il cucchiaio e corro di sopra alla ricerca di qualcosa da mettermi. 
In cinque minuti che sto via mi ritrovo i due in casa ed una scena rivoltante. Molto ma molto rivoltante. 
«Che succede qui?» Bisbiglio all'orecchio di Justin. 
«Non lo so, li ho presentati e si sono fissati negli occhi e poi bho, non si muovono più.» Mi risponde quasi spaventato. Insomma, Ryan ed April che si fissano negli occhi e non battono ciglia è alquanto spaventoso. Anche se sono veramente carini. Ma è qualcosa di troppo ripugnante, sì. Okay, come avrete capito non mi piacciono le coppiette che si guardano negli occhi, che si baciano, che si abbracciano o che si scambiano qualsiasi altra effusione amorosa. 
«Ora li sveglio io.» Dico sicura di me. Batto le mani tra i due visi e i due saltano in aria e diventano rossi come le mele che sono sul tavolo, indistinguibili. 
Mangiamo le frittelle e per evitare altri stati di trans Justin si siede davanti April ed io davanti Ryan. Fare colazione con due bei ragazzi è ... un suicidio. Se mi vedesse papà ucciderebbe prima me, poi April e poi i due. Poi mi farebbe resuscitare e mi urlerebbe in faccia: COSA STAVATE FACENDO?! e poi mi ucciderebbe di nuovo. 
Finita la colazione Ryan e Justin ritornano a casa loro per cambiarsi e non appena entrano in casa April entra in stato di panico/ concerto rock (?). 
«AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA, OHMIODIO.OHMIODIO.OHMIODIO. LO HAI VISTO? LI HAI VISTI? LO HAI VISTO?! AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!! ODDIO, MA LI HAI VISTI!?!» Ho paura. Papino, dove sei?! 
«Si April, erano due ed erano dei ragazzi.» Rispondo cingendole le spalle e facendola accomodare sul divano, magari si calma. 
«Ma no!! I suo occhi Pix, i suoi occhi!!» Oh, ora si spiega tutto. La mia piccola April ha avuto un colpo di fulmine!
«Sì, erano due anche quelli.» Dissi per prenderla un po' giro. Lei mi guarda con faccia: sul serio Pix? Vuoi assaggiare la mia ira? «Okay. Sì, li ho visti. Erano verdi.»
«ERANO DI UN VERDE BELLISSIMO!» Urla alzandosi dal divano, mi prende e subito dopo mi ci butta sopra. Non uccidermi, non uccidermi!
«Okay, erano bellissimi. Non farmi male!» Dico riparandomi il viso con i polsi. Lei scoppia a ridere e si siede sulla poltrona. 
«Lo devo incontrare, ci devo uscire!»
«Beh, invitalo ad uscire allora.» Lei mi fulmina subitissimamente con lo sguardo. «Scherzavo, scusa.»
«Un attimo, tu non hai mai fatto queste scenate. April Rory Rivera, cosa ti sta accadendo?» Chiesi guardandola sorpresa. In diciassette anni di vita questa ragazza non è mai impazzita per un ragazzo. 
«Io non lo so... i suoi occhi penso.» Dice lei, con sguardo perso nel vuoto. O magari nel verde del biondino. 
«Ti va se lo invito a fare il bagno con noi? Andiamo, so che lo vuoi...» Dissi dandole delle gomitate. Lei sorride come un'ebete e dopo un po' (penso perché la mascella iniziava a farle male) si morde il labbro, così che si leva quel sorriso da schiaffi dal viso. 
Andammo di sopra ad infilarci i costumi. Io indosso il mio costumino rosso a pois, comodo e carino. April ci mise quasi un secolo a sceglierlo, ed un altro per indossarlo. 
Mentre quella sfigata era nel bagno a mettersi il costume, io mi vesto, tolgo quel po' di matita che avevo del giorno prima -che avevo dimenticato di toglierlo, solito- ed invitai Justin, che era in camera sua. 
«EHI, JUSTIN!» Ma sì, urliamo dalle finestre. E' sabato mattino, chi vuoi che ci senta?! Lui si affaccia alla finestra. «Ti va di fare il bagno del sabato, con me ed April?» Gli chiesi con un sorriso a 8347829 denti. Okay, so che è un numero decisamente ridicolo, ma ero felice per la mia amichetta!
«Sì, certo! Può venire anche Ry, giusto?» Chiese lui, passandosi una mano tra i capelli dorati. Poi esce Ryan, che fa facce buffe dietro Justin. Ed infine, esce finalmente April dal mio bagno, con un costume verde che le calzava perfettamente. Da quando ha questo fisico? Aw, ho un'amica bellissima, attraente e che in un secondo diventa goffa. 
«Che guardi? Aiutami invece di stare lì. Non riesco ad allacciare il pezzo di sopra.» Dice, avvicinandosi a me. Avrà visto quei due alla finestra, vero? Si gira si spalle e mi passa i laccetti del costume. Guardo lei, i lacci e poi i ragazzi , che erano completamente andati. 
«Ehi April, hai visto chi c'è dall'altra finestra?» Bisbiglio, mentre le allaccio il costume. Faccio un bel fiocco e si gira vero la finestra, mentre si aggiustava meglio il costume. 
Alza gli occhi e caccia un urlo stridulo. Io scoppiai a ridere come un pazza, lei chiuse finestra e tendine infuriata come un belva. Oh sì, è arrivata la mia fine. E' stato bello scrivere per voi, lo giuro. 
 
 
 
«Oh, andiamo! Vieni a fare il bagno!» Esclama Justin, cercando di convincermi a fare una nuotata con loro. Neanche per sogno, devo abbronzarmi almeno un po'. E devo partire da ora, sì. E poi, vorrei lasciare April e Ryan da soli, così che si conoscano meglio, ma Justin avrà fuso anche quell'unico neurone che gli era rimasto. 
«E dai, Justin, lasciami in pace!» Mormorai io, mentre indossavo i miei occhiali. Oh sì, fanno tanto da figa, rossi e neri. 
«Sei una palla.» Dice e se ne va, facendo un tuffo perfetto. 
Eccoli lì, Ryan ed April che vorrebbero parlare e quel tonto che li dà fastidio. Devo fare qualcosa, anche perché April mi sta praticamente incenerendo con lo sguardo. 
Pensa Pix, pensa... cosa potresti fare? ... Ma è ovvio! 
«Justin!! Vieni a spalmarmi la crema abbronzante sulla schiena? Non ci riesco da sola...» Urlai io, per farmi sentire. Lui si gira di scatto, mi fissa un po' perplesso ma alla fine sale dalla piscina e viene verso di me, con un bel sorriso mozzafiato. Eh già, ho un amico proprio bello. 
Non appena si siede accanto a me, mi fissa ed io lo fisso. Insomma ci fissiamo, fin quando non dico: "beh? che vuoi? " quando poi mi ricordo che l'avevo chiamato io. 
Sei proprio idiota Pixie, scema scema scema. 
Lui scoppia a ridere e prende il tubetto di crema. Io mi giro di spalle verso di lui, e la spalma per tutta la schiena. Ah, ha un tocco così dolce, è così rilassante. 
«Va bene così?» Dice lui, continuando a massaggiarmi la schiena. 
«Un po' più su a destra.» Okay, mi son fatta prendere dall'attimo. Ma lui esegue i miei ordini, approfittiamone! «Uh, ecco proprio lì. Bravo Justin.» 
«Aah, sei dolcissima Pix.» Esclama lui, scoccandomi un bacio sulla guancia.
Lo so, con tutta questa crema bianca sulla schiena sembro panna montata, più dolce di così! 
 
 
Bonjour mes amis! 
E voi ora siete tipo: ma chi ti conosce!?
Lol, avete perfettamente ragione. 
Okayokay, torniamo alla storia.
Dico solo che questo è il penultimo capitolo çç 
E' stata molto corta come storia, già... 
Però bho, ci potrebbe essere un continuo... non lo so, poi magari vedo. 
Okay,okay, spero vi sia piaciuto questa mezza schifezza e... e poi bho.
Alla prossima!! :D

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Capitolo 9
*** Il problema? Sono ancora innamorato di lei. ***


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Pixie Giselle Spark, figlia di Richard Andrea Spark e Leona Alexandra Lewis, è una cogliona megagalattica. No, ma che dico, è un'ultra-megagalattica-gigantesca cogliona. 
Ho fatto, okay abbiamo, combinato un casino enorme. Uno sbaglio. Un grosso e grassissimo sbaglio. Forse proprio uno sbaglio non lo era, è stata colpa sua. Soltanto sua sua e ancora sua. E' riuscito a rovinare un'amicizia che andava avanti da quasi dieci mesi. DIECI. Una decina. Era quasi un anno che ci davamo consigli a vicenda, ci davamo fastidio come veri amici, mangiavo tutto il cibo che era nel suo frigo e lui faceva lo stesso, tutti i sabato mattina facevamo colazione insieme e facevamo il bagno insieme.
Sì, è t u t t a colpa s u a. Io sono solo la vittima. Già, una povera diciassettenne incastrata da quegli occhi color caramello e quelle labbra rosee. 
Perché doveva farlo? Stavamo così bene insieme, ma come amici. Non ho mai pensato di diventare qualcosa di più, e pensavo che anche per lui fosse così: solo semplici amici. Magari migliori amici, sì. 
Anche perché lui non è proprio il mio tipo: troppo bello, troppo perfetto, troppo dolce, troppo tutto. Oh sì, beata chi lo farà innamorare. Lui è veramente la perfezione. 
E pensavo che anche io non ero il suo tipo:troppo brutta,troppo imperfetta,troppo cinica,troppo tutto.Eh sì, sfortunato chi s'innamorerà di me.Sono un guaio che cammina. 
Siamo troppo diversi, di mondi diversi, non ci apparteniamo. So che sto facendo un dramma per un bacio alla francese, ma ha rovinato tutto. 
Sì, sono incazzata nera con lui. Yo estoy negra. 
«E dai, Pix, è stata una cosa di un minuto.» Oh April, non cambierò idea. Quel ragazzo è riuscito a spezzare 7200 ore di amicizia in 60 secondi. Vi direi anche i secondi, ma son troppo incazzata per mettermi a calcolare. 
Un attimo, penso di essermi spiegata, ma vorrei scendere nei particolari, giusto per. 
Era sabato sera, un'afosa sera primaverile. C'era la solita festa del quartiere, tutti quanti ci riuniamo sulla spiaggia a fare questo grande banchetto reale -carne arrostita-. 
Nel pomeriggio si fa il bagno tutti insieme, ed infine, la sera si accende un grande falò e si mangia ancora. Insomma, solite feste.Tranne per il fatto che passai tutto il giorno con Justin Bieber, famosa stella del pop, figlio di Patricia Lyeen Mallette e Jeremy Jack Bieber. Oh, il mio migliore amico!
Passai la più bella festa del quartiere in tutte le 17 feste a cui sono stata. Eccetto per la fine, che trauma. 
Eravamo stesi sulla sabbia, ad ammirare la bellezza delle stelle. Voleva fare tutto il filosofo dicendo: 'ehi, quella non è la stella polare?'. Imbecille, non sa neanche che la stella polare non la possiamo vedere nell'emisfero Sud. Ma dettagli superflui! 
Avevamo le cuffiette nelle orecchie, c'era la canzone dei Coldplay, 'strawberry swing'. Canzone così romantica che porta al voltastomaco, ma che amo con tutta me stessa.
«Pix, vorrei fare una cosa.» Dice lui all'improvviso, avvicinandosi a me. 
«Beh, falla.» Dissi io, con un sorriso a 3000 denti. Mi giro verso di lui e mi ritrovo quegli occhi caramellati a due centimetri di distanza. Mi prendo un infarto sì, ma perché non me l'aspettavo così vicino. 
«Allora posso?» Mi chiese lui, con il luccichio delle stelle che rifletteva nei suoi iridi. Io feci spallucce e gli scoccai un sorriso, ignara di cosa voleva fare. 
Fu un momento, un battito di ciglia che me lo ritrovai attaccato sulle mie labbra, con la canzone romantica nelle orecchie, su una spiaggia e sotto le stelle. 
Wow, che primo bacio eccitante e romantico, eh? Uh sì, Justin bacia da Dio, il momento era perfetto. Anche troppo forse.
La cosa che mi ha fatto arrabbiare? E' che non mi sono opposta, sono stata al bacio. L'ho lasciato fare, ho socchiuso la bocca quando lui l'ha fatto. Cercava la mia lingua? Accontentato. Voleva passare una mano fra i miei capelli? Uh, fallo pure Justin, tanto non ti spezzerò il cuore. 
Ed è ecco com'è andata, un minuto esatto. Mi staccai da lui solo quando mi mordicchiò il labbro inferiore, quasi come se mi avesse riportato alla realtà. 
Ed ora mi faccio pure schifo, ho dato la colpa a lui, quando poi è solo mia mia e ancora mia. Di Pixie Giselle Spark, ecco di chi è la colpa. 
Un cuore ed un'amicizia distrutta, a lui piaccio ed io lo ritengo solo un amico. Che bella merda, oh sì. 
Come ho fatto a non accorgermene?! Stupida, stupida, stupida di una Pixie! 
Ci fu quella volta, che stavamo a casa sua soli a guardare un film, e si stava avvicinando a me lentamente, quando poi io gli butto un popcorn in faccia. 
Poi in piscina! Ecco cosa voleva fare quando mi portò nell'angolo della piscina, ma io lo presi come un gioco ed iniziai a schizzarlo. 
Ed i miei comportamenti da stupida, come se io stessi flirtando con lui. Oh no, quando mi spalmò la crema abbronzante! Chissà che stava pensando.
Imbecille, imbecille, imbecille. Perché ogni tanto non uso la mia testolina? E pure dicono che sono intelligente, come mai non mi sono accorta di niente?
Uhm, già, forse perché sono ignorante in materia! Ma ditemi, quando è che io ho mai parlato con un ragazzo? Quando è che io ho avuto un amico maschio? 
Non sapevo minimamente cosa stavo facendo, non lo sapevo affatto. Non è colpa mia se ho spezzato il suo cuoricino. Bene, chi è la stronza adesso? 
Ovvio, sempre io. Mi dovranno soprannominare "Pixie, la stronza che ha spezzato il cuore a Justin Bieber". Forse un nome un po' troppo lungo, ma così vero. 
«Okay, April, ho deciso. Vado a parlare con Justin, tu rimani qui.» Presi e me ne andai, lasciando April da sola nel mio salotto. E' notte fonda, circa le tre di notte e la luce in camera di Justin è ancora accesa. Non c'era bisogno di bussare, ormai avevo un paio di chiavi di riserva, in caso di urgenza o cose così. E questa era un'urgenza. 
Entro il più silenziosamente possibile, anche se Pattie non è in casa, è andata non so dove per colpa del lavoro. Oh, ecco, ora gli faccio prendere anche un infarto. 
Busso titubante sulla porta della sua stanza, in cui regnava il silenzio. Entro timidamente, e lo trovo buttato sul letto con la testa sprofondata nel cuscino.
«Ehi Justin...» Bisbiglio io, facendolo sobbalzare in aria dalla paura. «Tranquillo, sono solo io, Pixie la stronza...» Oh, l'ho detto veramente? Lui si asciuga il viso velocemente, come se io non avessi visto quei goccioloni sul suo viso. E' sempre stato allegro, sorridente, ed ora sta piangendo, per colpa mia. 
«Non sei stronza.» Dice lui, tirando su col naso. 
«Sì, e tu non stai piangendo.» Dico io, sedendomi accanto a lui. «Justin, io non cambio, non riuscirò mai a cambiare, distruggo sempre tutto. E se ti ho deluso chiederti scusa di certo non servirà a niente. Lo so, sono una persona pessima. Come papà fa a sopportarmi? Non lo so. April? Dovrebbero farla Santa! Tu? Non lo so, come hai fatto a sopportarmi per dieci mesi? Sono una delusione sempre per tutti, non combino mai niente di buono. Però Justin io amavo la nostra amicizia, mi dispiace tantissimo quello che è accaduto. Mi dispiace averti fatto illudere stando al tuo bacio, e so che ora ti sentirai ancora peggio per quello che ho detto. Dio, sono orribile.» Oh Pix, mio dolce cara imbranata Pix, sei proprio una deficiente. Ora penserà che sei egoista, che il mondo giri intorno a te! Di male in peggio, di male in peggio...
«Pix, tu non sei affatto una delusione, tu...» 
«Si, lo so Justin, faccio schifo! Non c'è bisogno che tu me lo dica!» Dissi io, prendendomi la testa tra le mani. Vorrei tanto spiaccicarmi la testa, così quest'incubo possa finire.
«Ma Pix, io ti stavo dicendo che tu sei una persona meravigliosa, non c'è bisogno di scusar...» 
«Lo so, Justin, sono una defice... aspetta, cos'hai detto? Continua su, chi ti ha detto di fermarti?» Oh, come sono idiota. 
«Non c'è niente da dire, solo che tu sei meravigliosa e che non devi cambiare, okay? Io ti adoro così come sei, non fa niente se non ricambi. Tanto sono Justin Bieber, ho miliardi di ragazze ai piedi io.» Disse lui pavoneggiandosi. Io gli tiro un cuscino in faccia, ed in fine ci abbracciamo, come dei buoni migliori amici. 
«Justin, so benissimo che una cotta non finisce subito, mi hai preso per una stupida?» Gli dissi con tono di "donna vissuta", anche se sono solo una bambina ai primi passi.
«Lo so Pixie, lo so. Ma ci proverò, no?» Dice lui, sorridendomi. «Sarebbe quasi ora di andare a dormire, sai?» Esclamò, indicando l'orologio. Le 3.30, ci vuole così tanto per chiedere scusa!? Justin si alza dal letto e così faccio anch'io, solo che inciampo in una scarpa di quell'idiota. 
«Mio Dio, Pix, so che sono bello da far svenire però un po' di contegno, su!» Esclama aiutandomi ad alzarmi. 
«Lo so, sei uno schianto. Sì, il mio migliore amico è uno schianto.» Dissi aprendo il portone di casa Bieber. «Buonanotte mio chastin.» Lo abbraccio.
«Buonanotte mio pixel.» Mi sorride. 
 
 
 
Dieci anni dopo....
«Mamma, ma lo zio quando arriva?» Uh, Cleo se lo sapessi te lo direi. Ah, non cambierà MAI. E' il terzo compleanno della mia piccolina, Cloe. Super festa con parenti, amici e lo zio Justin, lo zio figo. Lo zio ritardatario e ritardato, che fa ancora stragi di cuore. Uh, si è fatto ancora più bello. Se potrei tornare a dieci anni fa, non lo avrei mai rifiutato. Ma lui è solo il mio chastin, il mio miglior amico figo, ritardatario e ritardato. La mia Cleo lo adora, sta da stamattina a dirmi: mamma, ma lo zio? Dov'è lo zio Justin?
Se tra qualche minuto non supera la soglia di casa mia, giuro che prendo la macchina e vado in sua ricerca. 
«Dov'è la bimba più bella del Mondo?» Urla lui, non appena entra in salotto. Lei gli va incontro, saltandogli addosso. 
«Ciao pixel.» Dice, scoccandomi un sorriso. So bene che quel sorriso serve per sbollire un po' della mia rabbia, ormai lo conosco fin troppo bene.
«Cleo, dici allo zio a che ora iniziava la festa?» Dissi io, rivolgendomi a quella mora avvinghiata al collo di Justin.
«E' iniziata ora, perché lo zio è finalmente arrivato!» Già, lo zio figo è l'animazione della festa. Cleo mi ha seriamente deluso, non dà ragione alla sua mamma ma a quel biondastro dal sorriso mozzafiato?! 
«Ehi broo!» Uh, ecco anche quello scellerato di mio marito. Moro, occhi azzurri e nome ridicolo che però io amo: Joshua. Dopo il loro primo incontro, fuori alla scuola, sono diventati amici inseparabili. Justin invece? Ah, Justin è figo, ritardato e ritardatario, non è il tipo di "ti amo, mi vuoi sposare?". Ora è fidanzato con una povera martire, si chiama Penny. Lei è la zia Penny, secondo Cleo. Okay, secondo Cleo tutte le fidanzate di Justin sono le sue zie. La mia April? "Una volta che ti innamori degli occhi verdi di Ryan, non puoi più tornare indietro", questo è quello che ha detto. E poi lei è la zia April, la migliore amica di Cleo. April la sta trasformando in un mostro, la mia piccola!
Mio padre? Il nonno più figo e rompiscatole del Mondo. Ogni sabato va a fare jogging, poi andiamo tutti a Santa Monica. La sera, prima di andare a casa sua, legge la favola della buona notte alla sua nipotina. OGNI SANTISSIMA SERA. "Sarà veramente entusiasmante leggerle la Divina Commedia a cinque anni, proprio come facevo con te!" A Cleo piace di più l'arte, e la Divina Commedia non penso le interesserà molto. 
Ed è questa la famiglia che io ho sempre voluto: un nonno perfetto, un marito scellerato che mi amasse, una figlia adorabile, la mia migliore amica d'infanzia ancora al mio fianco ed un migliore amico con ancora il sorriso mozzafiato ed il luccichio indimenticabile negli occhi che mai si spegnerà. Magari a novant'anni, quando espirerà il suo ultimo respiro lui mi guarderà, scoccandomi un sorriso e guardandomi con occhi luccicanti, proprio come il primo giorno. 
Lui il mio chastin, io il suo pixel. 
 
 
 
Ho tra le mani la bimba più bella del Mondo, la mia piccola Cleo. Una bambina mora, con gli occhi azzurri e un po' verdi e bella come la madre. Eccola, è proprio davanti a me che gioca con la bambina. E' bella, sorridente e simpatica come dieci anni fa. Il mio dolce Pixel, che il 21 Marzo guardiamo sempre quella cassetta insieme, il sabato mattina faccio di tutti pur di fare colazione con lei e la sua famiglia, mi aiuta a trovare l'ispirazione per le canzoni e ogni tanto facciamo anche una vacanza insieme. 
Il problema? Il mio cuore ancora batte per lei. Le mie labbra ancora cercano le sue. I miei occhi annegano nei suoi. Sono ancora innamorato di lei, come dieci anni fa. 
'Sono Justin Bieber, ho milioni di ragazze ai miei piedi' Peccato che lei non fosse in quei milioni. 
Ma per lei sarò sempre il suo chastin, e per me la mia pixel. Anche se quel bacio non lo scorderò mai. 
«Ti voglio bene Justin.» Disse lei scoccandomi un sorriso. 
«Ti voglio bene anch'io Pixie.» Dissi io abbassando lo sguardo, perché incapace di mentire.
 
 
 
BENE,BENE,BENE.
E' finita. 
Già, un finale un po' deludente e triste. 
Mi dispiace per Justin çwç 
Lui era così puccioso e lei se ne fregava altamente. 
Ma che ci vogliamo fare, Pixie è una stupida. 
Okay, ditemi come vi è sembrato quest'ultimo capitolo çç 
Pace e amore a tutti quanti.

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