Capitolo
16: attori
in crisi di ruolo
“Ma
tu chi sei che avanzando nel
buio della notte inciampi nei miei più segreti
pensieri?”
(William
Shakespeare – Romeo e
Giulietta)
“Alfred…”
Sussurrò
Claire in
modo che il biondo la sentisse, osservando quell’uomo
dall’apparenza
aristocratica scrutarla dall’altro lato del corridoio,
circondato dalle
tenebre. Per colpa dell’oscurità, ella non fu in
grado di interpretare il suo
stato d’animo, ragion per cui stette in guardia attendendo la
sua mossa.
Consapevole
del
tormento che albergava dentro di lui, non osava immaginare alla luce
dei
recenti accadimenti cosa sarebbe potuto succedere nel momento nel quale
si
sarebbero rincontrati.
Osservò
attentamente quel po’ che riusciva a vedere della sua figura
immersa nel nero,
trovando misteriosamente spaventoso il fatto che fosse tornato a
vestire i
panni di Alfred Ashford, abbandonando finalmente la sua versione
femminile.
Era
come se, ferito
l’orgoglio della sua Regina, il Re fosse tornato a
difenderla. O forse era il
semplice fatto che l’incanto era ormai finito ed il sipario
era finalmente
sceso su quella messinscena ingannevole.
Il
tempo in cui era
stato vestito da Alexia era bastato a farle dimenticare la sua
autorevolezza e
quell’aspetto fascinoso e signorile che lo caratterizzava.
Ligio nella sua
elegante divisa rossa, Alfred sapeva trasmettere superbia e
irraggiungibilità
allo stesso modo di sua sorella gemella.
Fu
impressionante
per Claire provare quel forte turbamento nel rivederlo nelle sue
abituali
spoglie, non potendo negare a se stessa le controverse emozioni che
ormai lui
aveva suscitato in lei.
Quel
che aveva
rapito la giovane ineluttabilmente fu quella postura rigida che si
confondeva
nel buio, se non fosse stato per i capelli pallidi e il colore dei suoi
abiti
che spiccava nelle tenebre.
Seppur
fosse troppo
lontano perché potesse vedergli il viso, percepiva i suoi
occhi di ghiaccio
puntati contro di lei, che la trafiggevano con quel rinnegato
desiderio, che lo
frapponeva fra l’odio e l’amore che provava.
Claire
non sapeva
quanto avrebbe influito sulla sua mente ciò di cui aveva
letto sul diario e
stava per scoprirlo.
Era
nervosa, molto.
Il
fatto che fosse
armato non la mise in allarme. Ormai sapeva come gestire le sfuriate
d’ira del
biondo, inoltre la sua prerogativa in quel momento non era affrontarlo.
Avrebbe
soltanto
voluto che quell’incontro avvenisse in un momento diverso,
preoccupata com’era
per l’incolumità di Steve, il quale si trovava
nell’altra stanza. Chissà se era
riuscito a scappare?
I
suoi pensieri
riguardo al bruno, tuttavia, furono presto interrotti. Questo
perché un tenue
rimbombo di passi la costrinse a puntare di nuovo il suo sguardo verso
Alfred.
Lentamente,
il
pallido comandante cominciò ad avanzare, facendo echeggiare
il suono del tacco
sul pavimento. Claire poteva vedere qualcosa di oscuro nelle sue
movenze, che
trasmettevano un che di minaccioso e angosciante.
Il
suo cuore prese
a battere inquietato. Seppur le circostanze non le permettessero la
calma che
avrebbe voluto, era comunque decisa a interloquire con lui e
comprendere quanto
di vero avesse appreso dalla lettura del suo diario personale.
Quando
egli fu
abbastanza vicino perché potesse guardarlo nelle sue iridi
vuote e
imperscrutabili, la ragazza ebbe come un sussulto. Sentì
vacillare la sua
determinazione, spaventata da quello sguardo di ghiaccio, alimentato da
un
istinto omicida che poteva sentire nitidamente sulla sua pelle.
Deglutì,
cercando
nella sua mente le parole per dialogare con lui, tuttavia percepiva
quanto
ormai fossero distanti l’uomo di cui aveva letto e il folle
mietitore che
invece aveva davanti.
L’Alfred
Ashford
che aveva dinanzi era un pazzo scellerato, che non era più
in grado di
ragionare o tornare sui suoi passi.
La
sua ingenuità le
impediva però di vedere quella crudele realtà, la
quale era più cruda di quanto
avrebbe mai immaginato. Tuttavia lei si era sempre rifiutata di credere
a una
sola verità, e in quel momento per lei era vitale non
dimenticare quanto aveva
appreso su di lui…….sul suo malefico e spietato
mondo.
“Alfred,
non ha più
senso questa battaglia. Basta…”
Pronunciò
con voce
sottile, docile, sperando che il suo tono lo calmasse.
“La
vita è una lunga battaglia nelle tenebre.”*
Rispose
lui,
continuando ad avanzare ad agio verso di lei, con gli occhi di un folle
omicida, consapevole del meschino significato delle parole da lui
pronunciate
che comunicarono nell’animo di Claire la devastazione di cui
aveva letto nel
suo diario, inducendola a sentire vibrare dentro di sé tutto
il male che lui
aveva dovuto sopportare.
“E’
abbastanza…tutti abbiamo sofferto abbastanza. Te ne prego,
non vivere ancora in
questo modo. So cosa hai vissuto, so cosa significa essere soli,
abbandonati da
tutto e da tutti, costretti a sopravvivere in un mondo che sembra
ritorcersi
contro qualunque cosa si faccia.”
“Chi
non sopporta una croce non merita una corona.”*
Sembrava
come se non la stesse
ascoltando per nulla.
Claire
aveva cercato nel suo cuore
le parole adatte per rivolgersi a un animo ferito e contorto come il
suo. Aveva
provato a rivolgersi a lui con dolcezza, con comprensione, tuttavia era
come se
Alfred fosse incapace di vedere tutto questo. Egli era fermo sulla sua
posizione e continuava a inneggiare il suo amore per Alexia, la croce che gli aveva fatto meritare la
sua corona.
Il suo
sacrificio che non sarebbe
stato vano se espressione di devozione ed eterna fedeltà a
colei che aveva dato
un senso alla sua esistenza. Erano quei sentimenti e quei ricordi che
tenevano
in vita Alfred Ashford, il quale camminava a testa alta, onorato di
servire e
proteggere la sua Regina.
Il
biondo infatti dondolò il capo,
deluso dall’incapacità comprensiva della donna che
aveva di fronte.
Un
ghigno deformò la sua bocca
sottile, rendendo la sua espressione facciale raccapricciante per via
del suo
viso stanco e ormai distrutto.
“Non
troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare
anche ciò
che non ti aspetti.”*
Disse
soltanto, non
avendo tuttavia più alcun interesse nel cercare di far
comprendere il suo universo
a quella ragazza che per qualche losca e illogica ragione era stata
capace di
indurlo a provarci.
Ora
che la guardava
con biasimo, rendendosi conto della futile ragazzina con la quale aveva
inutilmente lottato, provava disgusto verso di lei e verso se stesso ed
era
quindi deciso a mettere un punto a quel gioco riluttante.
Scostò
dunque il
fucile dal suo petto, pronta a dare vita alla parte dello spettacolo
che lui
più conosceva: il massacro, la distruzione, la demolizione
del palco.
Presto
quel sipario
ormai già calato, sarebbe stato macchiato dal sangue della
prigioniera che
aveva osato avanzare nei luoghi bui e tormentati della sua anima
distrutta.
Claire
Redfield,
dal suo canto, ascoltò con attenzione le poche parole da lui
pronunciate,
cercando disperatamente un modo per non mandare all’aria
quanto lei aveva in
verità appreso di lui. Quell’empatia che si era
instaurata e che lei desiderava
comunicargli.
Tuttavia
ogni
vocabolo le si strozzò in gola, come se l’aura
nera emanata dal biondo fosse
stata in grado di freddarla e renderle impossibile ogni reazione. Si
ritrovò
soltanto a schiacciarsi contro la parete alle sue spalle, sperando di
trovare
una qualsiasi scappatoia da quel mondo labirintico di cui non conosceva
assolutamente nulla.
Essendo
sul baratro,
decise di mettere le carte in tavola e di provare a essere
più diretta, sebbene
sapeva che così avrebbe urtato i sentimenti del biondo. Ad
ogni modo, però, ciò
era necessario se voleva al contempo stabilire un contatto con lui e
avere
salva la vita.
“Io…ho
trovato il
tuo diario nella tua stanza. L’ho letto.”
Ammise.
“Adesso
conosco la
verità. So cosa hai provato, so del legame che ti univa ad
Alexia. Così come so
del tuo gioco.
Sono
disposta ad
aiutarti se vuoi.
Non
voglio
distruggere le cose in cui credi, ma devi venirne fuori. Questo posto
sta
uccidendo anche te. Non puoi continuare a ingannarti così,
credendo di non
vacillare prima o poi. Credo che tu sappia perfettamente cosa sto
dicendo.
Non
ti giudico, non
m’importa nemmeno di ciò che mi hai fatto se sei
disposto a lasciare che ti
aiuti. E’ un teatro folle e inumano che sta andando avanti da
troppo. Lascia
che…”
“Tu
hai
fatto…cosa?!”
Fu
la reazione
sconvolta del biondo a quelle parole, delle quali non comprese subito
il
significato essendosi fermato alla prima frase da lei pronunciata.
Parlò
con un filo
di voce, inorridito e terrorizzato dall’ammissione di quella
colpa appena
espressa con naturalità da quella donna.
Lei…..non
aveva
assolutamente idea di cosa significasse per lui che qualcuno avesse
acceduto ai
suoi pensieri più intimi, ai suoi preziosi ricordi!
Come
aveva potuto
dire qualcosa di simile con tanta superficialità? Come aveva
osato oltraggiarlo
ancora in quel modo?! Ma sopratutto…cosa intendeva quando
aveva detto che ‘sapeva
del suo gioco’?
Sebbene
Alfred non
lo avrebbe mai ammesso, la rabbia che velocemente gli
lievitò in corpo fu
scaturita piuttosto dal completo imbarazzo verso la
possibilità che la rossa
fosse venuta a conoscenza dei suoi taciti e lussuriosi sentimenti verso
di lei,
che lui reputava spregevoli e vergognosi.
Fintanto
che erano
rimasti dentro di lui, egli aveva potuto gestirli nel modo che
più preferiva.
Tuttavia il solo sospetto che lei per davvero ne fosse venuta a
conoscenza, lo
turbò a tal punto da fargli perdere il controllo ancora una
volta.
La
Redfield dal suo
punto di vista gli aveva parlato col cuore in mano, immaginando che si
sarebbe
alterato, tuttavia non potendo fare altrimenti. Non conosceva altro
modo per
toccarlo, inoltre reputava inutile girare troppo attorno alla
questione.
Alfred
era un uomo
che si era cresciuto da solo e che aveva poche volte guardato in faccia
la
realtà. Se voleva davvero aiutarlo, era ora che qualcuno lo
facesse al suo
posto e lei era disposta in quel momento a sbattergli in faccia la
veridicità
delle cose e venire in suo soccorso.
Sebbene
fosse a
conoscenza del fatto che la possibilità di riuscirci era
scarsa, voleva
tentarci.
Voleva
riuscire a
fare in modo che Alfred si aprisse con lei, anche un solo istante.
Quando
vide, però,
quegli occhi sconvolti e colmi di rancore, sbandò
spaventata, comprendendo
forse solo in quel momento di non essere in grado di gestire i tormenti
di
quell’animo crucciato.
Quel
che vide in
quegli occhi di cristallo, così vitrei e tristi, fu la paura
di essere toccato
da un altro essere umano; il terrore di approcciarsi e di essere ferito
e
turbato. Egli scappava inutilmente da una società dalla
quale lui si sentiva
dissimile, decidendo così di rinchiudersi nella sua fortezza
e fare in modo che
nessuno potesse raggiungerlo. Adesso che lei aveva valicato quel
limite, la sua
mente era andata in panne, facendo della violenza l’unico
modo per proteggersi.
Per proteggere lui e le sue convinzioni.
“Redfield…tu…”
Ringhiò
ispirando
profondamente, con i denti serrati, denigrando quanto lei avesse potuto
leggere
nelle pagine del suo diario. Le avrebbe dimostrato quanto di falso
c’era in
quegli scritti. Quanto lui amasse solo e unicamente la sua preziosa
Alexia!!
Come
si permetteva,
anche solo ad ipotizzare, di sapere qualcosa su di lui?!
“…non
osare
insinuare oscenità simili! Chi ti credi di essere?! Ti
condurrò all’inferno e
annienterò dalla faccia della terra la tua irritante
arroganza e ti mostrerò,
come non hai ancora visto, di cosa io sia capace!!”
Quando
tuttavia
fece per premere il grilletto, una luce abbagliante punto dritto
proprio su
Alfred, il quale fu costretto a portare un braccio attorno ai suoi
occhi per
proteggersi.
Claire
indietreggiò
e cercò di focalizzare cosa stesse accadendo.
Vide
una strana
telecamera appesa al soffitto, un oggetto che prima non aveva notato
per niente
e che adesso era puntato proprio sul biondo. Cosa stava succedendo?
Una
luce rossa
prese a lampeggiare da quel dispositivo e con essa un allarme
vibrò per tutto il
corridoio e probabilmente anche per tutto l’edificio.
Dall’espressione
stranita di Alfred, la rossa dedusse che anche lui non dovesse avere
idea di
cosa diavolo fosse.
Prima
però che lui
potesse accusarla in qualche modo per quell’inaspettato
evento, ritenendola
responsabile, una voce echeggiò dal nulla, ridendosela del
caos appena generato
nei laboratori Antartici.
“Ah,ah,ah.
Da
quanto speravo di incontrarti, Ashford. Sei cresciuto
dall’ultima volta, quasi
ho stentato a riconoscerti. Mi piace come hai deciso di portare i
capelli.”
L’inconfondibile
timbro vocale di Albert Wesker si diffuse nell’ambiente
mentre egli, al sicuro
nella sua postazione di monitoraggio, passava una mano fra i suoi
capelli
ordinati e tirati all’indietro in modo simile a quelli del
biondo Alfred. Lo
stava deridendo platealmente, godendosi lo scenario che aveva creato
apposta
per mettere la parola fine agli Ashford e al loro regno oramai in
rovina.
“La
fama delle tue
gesta di follia ti hanno preceduto, ma non temere. Tali maldicenze
presto
avranno fine in quanto ho preso io possesso di questo posto, del quale
farò in
modo non rimarrà più nulla e voi Ashford
tornerete ad essere un’antica gloriosa
leggenda. E’ stato interessante giocare a guardie e ladri in
casa tua.”
“Albert
Wesker…!”
Ringhiò
Alfred
riconoscendo facilmente quella voce mai dimenticata, odiando con
profondo
disprezzo l’uomo dalle lenti scure che aveva osato
raggiungerlo in Antartide
per distruggere l’operato della sua famiglia e di Alexia. Non
l’avrebbe
permesso!
“Oh,
vedo che ti
ricordi ancora di me. Tuttavia non ho tempo per abbracci strappa
lacrime, ho
del lavoro da svolgere, fra cui cercare il posto dove la
tieni nascosta. Non credo ci impiegherò poi molto. Sono
sicuro
che a momenti metterò le mani sul prezioso T-Veronica Virus,
puoi starne
certo.”
A
quella frase il
volto del biondo si pietrificò e Claire se ne accorse.
Passò lo sguardo da
Alfred all’altoparlante dal quale fuoriusciva la voce di
Wesker, sconvolta in
modo diverso tanto quanto lui.
“Intanto
ho preparato
un regalino per te…e per tutti. Un intrattenimento
che spero vi piacerà.” rise l’uomo delle
tenebre, dopodiché cambiò discorso. “A
proposito, signorina Redfield. Il tuo caro fratellone presto
sarà qui, lo
sapevi?”
Claire
sobbalzò.
“C-Chris?!”
“Esatto,
tesoro. Ci
siamo visti a Rockfort e suppongo fosse sulle tue tracce.
Sarà davvero una
bella rimpatriata. Speriamo che sarai ancora viva quando lui
sarà giunto a
destinazione, in ogni caso ti ringrazio per essere stata una buona
esca. Grazie
a te ho potuto condurlo fin qui. Ah,ah,ah!”
Rise
di nuovo,
godendo delle espressioni disorientate dei due, i quali dovettero
ascoltare
impotenti le sue minacce che in modo diverso colpirono entrambi
toccando nel
profondo ciò che avevano di prezioso. Tuttavia Wesker aveva
poco tempo a
disposizione per godere di quel suo trionfale momento, era arrivato il
momento
di salutarli.
“Spiacente,
ma devo
proprio lasciarvi. Ho già perso fin troppo tempo. Presto il
“cacciatore”
sarà arrivato, il suono
della sirena dovrebbe averlo attirato, ormai. Ci penserà lui
a tenervi
compagnia. Addio.”
Detto
questo,
chiuse la comunicazione e si eclissò del tutto.
“Il
“cacciatore”..?”
Ancora
attonita,
Claire ripeté spaesata il nome proferito dell’ex
capitano della S.T.A.R.S.,
dopodiché rivolse lo sguardo verso Alfred, il quale aveva un
volto ricolmo di
dubbi e incertezze.
Era…spaventato
anche lui?
Quando
i loro
sguardi s’incrociarono, destatasi dallo shock di
quell’incubo, il biondo puntò
prontamente di nuovo il fucile contro di lei, la quale alzò
le mani come
riflesso condizionato sperando con tutta se stessa che non facesse sul
serio.
“Ashford!
Qualche
bestia famelica ci sta dando la caccia e tu pensi ancora che uccidermi
sia la
priorità?!”
“Tsk!
Non
m’interessa cos’abbia detto quell’uomo,
sono io che comando qui! Che sguinzagli
pure le sue armi migliori, ciò non mi distrarrà
dai miei compiti primari!”
Tuttavia,
nel
mentre di quella frase, dei grugniti feroci si propagarono dal versante
opposto
della stanza ed erano ormai prossimi a loro.
Il
debole ma
angosciante ticchettare di unghie appuntite sul pavimento
presagì l’arrivo di
qualcosa di losco alle loro spalle. Il suo incalzare felpato e la
pesantezza
dei suoi passi agitarono Claire, che ebbe la sensazione che qualcosa di
grosso
stesse per attaccarli.
Inaspettatamente
però, quelli che sembravano essere soltanto piccoli passi,
si trasformarono
velocemente in una corsa lesta ed inarrestabile, che ben presto pose la
ragazza
e il suo biondo nemico di fronte una nuova nemesi che non si
aspettavano di
avere così prossima a loro.
Claire
non poté far
altro che guardare impotente quella figura energumena che sfrecciava
verso
loro, non riuscendo a focalizzare nulla se non il suo colore verdastro
e la sua
pelle spessa.
Questa
dimostrò fin
dal primo istante una velocità impressionante che
ricalcò alla perfezione la
definizione di “cacciatore” detta da Albert Wesker.
Questi
infatti
attaccò senza indugio, con l’istinto omicida di
chi vuole fare a pezzi le sue
prede.
La
Redfield ritrovò
di fronte quella possente creatura maligna, facendo in tempo a mettersi
al
riparo dal suo attacco.
La
stessa fortuna
non ebbe Alfred che, essendo di spalle, il brevissimo lasso temporale
che gli
servì per voltarsi e identificare il pericolo in agguato
bastò alla bestia per
raggiungerlo più velocemente rispetto a Claire.
L’Hunter
così ferì
di striscio il comandante Ashford, tagliandolo sul braccio e su parte
della
guancia, dalla quale fuoriuscì una copiosa striscia di
sangue che macchiò il
suo volto marmoreo.
Parte
del tessuto
della sua divisa rossa si aprì, mostrando la camicia bianca
che portava sotto.
Tuttavia
sembrò che
la ferita non avesse raggiunto la pelle. Fortunatamente, i decori
militari che
portava sulle spalle avevano attutito quel colpo, proteggendolo.
Infatti alcuni
frammenti dorati giacevano a terra, ormai frantumati.
Alfred
traballò,
mantenendosi in piedi grazie all’appoggio del muro. Premuto
contro la parete,
si sforzò di prendere la mira nonostante il colpo appena
ricevuto e fece per
sparare contro quell’essere mai visto prima.
Mentre
il biondo
faceva per affrontarlo, Claire ebbe il tempo per contemplare quella
nuova e
devastante b.o.w. .
Alta
all’incirca un
metro e mezzo, la pelle era coriacea e spessa. Dai pigmenti verde scuro
lucente,
ricordava vagamente le sembianze di un qualche tipo di rettile. Le
zampe
anteriori erano tuttavia molto più lunghe di quelle
inferiori, costringendo
l’animale a reggersi sulle gambe; ciononostante era
perfettamente in grado di
correre su quattro zampe e diventare un cacciatore inarrestabile.
Quel
che destava
spavento, oltre la sua carcassa voluminosa, erano i suoi artigli
affilati, che
sembravano poter trafiggere la sfortunata vittima in un singolo istante
ed in
modo fatale.
Claire
li paragonò
approssimativamente ai Lickers, le
spaventose
creature incontrate nel Dipartimento di Polizia di Raccoon City,
chiamati così
per via della loro micidiale lingua lunga e tagliente.
Ricordava
ancora il
loro corpo inguardabile, che lasciava scoperta la pelle nuda e i
muscoli sanguinolenti,
così come il loro modus operanti diabolico e insidioso.
Il
“leccatore” fu
una delle bestie più insidiose che si ritrovò a
combattere, pericolosa per via
della sua ferocia e della sua incredibile velocità, un
po’ allo stesso modo
dell’essere che adesso era di fronte a lei.
Avendo
quindi
familiarizzato con quel tipo di b.o.w. , Claire sapeva grosso modo come
affrontarli. Tuttavia, fucile di Alfred a parte, nessuno dei due era
equipaggiato a dovere. Sperava soltanto che il biondo avesse abbastanza
colpi
per abbatterlo.
Alfred
intanto
caricò un altro colpo, che centrò in pieno il
cranio della creatura, la quale
balzò in aria e si contorse dolorosamente a terra per
diversi istanti prima di
perdere i sensi e morire.
Il
ragazzo ansimò a
lungo prima di avvicinarsi e osservare finalmente l’orrendo
animale
geneticamente modificato che Wesker gli aveva scagliato contro. Era
ripugnate!
Osservandone
la
natura, non gli fu difficile individuare quell’essere come
uno dei prodotti del
magnate Ozwell Spencer, uno dei co-fondatori dell’Umbrella
assieme a suo nonno
Edward Ashford, il quale sembrava abbastanza ossessionato dagli studi
sul
T-Virus tanto da divenire famoso per il clima asfissiante che imponeva
sui suoi
ricercatori. Alfred si era informato circa i loro risultati, ma al
momento
quell’entità così feroce sfuggiva alla
sua memoria.
Alzò
lo sguardo da
quel curioso rettile energumeno, per nulla interessato in
verità ad
approfondire più di tanto la questione, e quando vide la
Redfield fare per
lasciare la stanza, fulmineo le corse dietro.
“Dove
pensi di
scappare, Redfield?!”
Urlò
afferrandola
per tempo per un braccio, strattonandola verso di sé, al che
la ragazza si
alterò e parlò ad alta voce a sua volta in preda
alla rabbia e alla
preoccupazione.
“Steve
non sa di
questi mostri! Devo aiutarlo!”
“Non
ho ancora
finito con te! Non vai da nessuna parte!”
A
quelle parole, la
rossa diede una strattonata così forte che Alfred fu
costretto a lasciare la
presa.
Egli
ringhiò
adirato mentre vedeva la giovane allontanarsi da lui, così
presto le fu alle
calcagna, intento a non fargliela passare liscia.
Poco
importava che
fosse ferito sul viso, o che avesse una spalla fuori uso. Se
c’era qualcosa che
non poteva assolutamente sopportare, questo era il suo onore macchiato
e per
colpa di quell’insolente ragazzina aveva fin troppe volte
visto oltraggiato il
suo nome.
Tuttavia
dei sonori
ruggiti distolsero la sua attenzione, costringendolo a vagare con lo
sguardo
alla ricerca del luogo da cui essi provenivano. In parallelo, Claire
fece lo
stesso, non accorgendosi intanto di essere proprio sotto
un’altra di quelle
telecamere adibite ad attirare gli Hunter.
L’allarme
risuonò
nuovamente, illuminando il corridoio di rosso e tormentando con il suo
suono i
timpani dei due.
Il
biondo
comandante si avvicinò alla ragazza, furioso come non mai,
infierendo contro
quella drammatica situazione.
“Stupida
che non
sei altro! Ancora non hai capito che sono questi dispositivi che
attirano quei
mostri?!”
“Pensi
che l’abbia
fatto a posta?!”
Battibeccare
in
quel momento, a ogni modo, non era l’idea migliore. Il
giovane Ashford non
aveva portato con sé più di qualche colpo di
riserva, questo voleva dire che
non era in grado di affrontare quelle bestie fameliche se si fossero
presentate
in massa, come faceva prevedere quel coro di ruggiti udito in
precedenza.
Si
voltò dunque,
dando le spalle a Claire, decidendo di dare la priorità alla
sua sopravvivenza.
Aveva
purtroppo
disattivato gran parte delle zone dei laboratori, quindi gli rimanevano
pochi
posti dove poter scappare. Corse quindi via, lasciando di stucco la
ragazza dai
capelli rossi, la quale spaesata lo guardò sparire
nell’oscurità del corridoio.
Tremante
e per
nulla nelle condizioni di poter fronteggiare b.o.w. così
pericolose con pochi colpi
di pistola, decise di tentare il tutto per tutto per sopravvivere.
Inseguì
dunque Alfred, non potendo fare altro in quel momento, correndo
più forte che
poteva sperando di riuscire a seguirlo nei nascondigli che certamente
lui
doveva conoscere.
Quando
il biondo si
accorse di avere dietro di sé la rossa, una smorfia
infastidita deformò il suo
volto.
“Che
vuoi,
Redfield?”
Claire
non rispose,
si limitò a pedinarlo palesemente, non pensando minimamente
alla possibilità di
lasciarlo scappare da solo. Se si fosse messo in salvo, avrebbe dovuto
mettere
in salvo anche lei. Era la sua unica chance, che Alfred lo volesse o
meno.
Vide
il giovane
fermarsi solo quando giunse davanti alla tastiera
dell’ascensore, posto nel
bivio che affacciava sul giardino artificiale.
Egli
premette
alcuni pulsanti, probabilmente per accedere a un qualche meccanismo di
emergenza ma, non ricevendo risposta, questi saldò il fucile
da caccia fra le
mani e usò il manico per rompere una porzione del muro
adiacente.
Claire
osservò il
viso adirato del biondo, che evidentemente doveva essere nel panico
quasi
quanto lei.
Dai
suoi occhi
color del ghiaccio, riusciva a vedere il nervosismo di chi odia essere
messo i
piedi in testa e in quel momento Wesker gli aveva arrecato una brutta
noia da
combattere.
Inoltre
lui aveva
accennato su Alexia, a quanto aveva inteso…allora Alfred era
preoccupato per
lei?
Intanto
il ragazzo
riuscì ad abbattere la porzione di parete posta di fianco
all’ascensore,
portando allo scoperto un dispositivo di emergenza alternativo del
quale
ovviamente solo il padrone di casa poteva aver conoscenza.
Intanto
lo
zampettare degli hunter a caccia di loro si fece prossimo,
così Claire fece per
afferrare il fucile di Alfred mentre lui cercava ancora di mettere in
moto quel
dannato ascensore. Ovviamente l’uomo si alterò,
non avendo la benché minima
intenzione di cederglielo; tuttavia la rossa, notando la sua
resistenza, lo
fulminò con i suoi occhi e gli parlò con una
fermezza tale cui lui non poté
opporsi.
“Aziona
questo
diavolo di ascensore, io tengo a bada quei mostri. Oppure preferisci
che ti
facciano a fette mentre ci provi?”
Il
biondo digrignò
i denti, in difficoltà di fronte quell’angustiante
situazione di emergenza ove
l’ultima cosa che avrebbe immaginato era avere la Redfield a
coprirgli le
spalle.
Preferì
dunque non
pensarci affatto e tornare a manipolare quel congegno in modo da
svignarsela
quanto prima. La rossa fu lieta che lui avesse desistito
dall’obbiettare,
finalmente.
Puntò
così il
fucile contro l’hunter oramai vicino e con un paio di colpi
l’abbatté
abbastanza velocemente. Quel che non si aspettava però, era
ritrovarsi davanti
almeno tre di loro, che cominciarono a circondare la zona
pericolosamente.
“Ashford…quanti
colpi ci sono?”
“Non
abbastanza,
Redfield.”
Rispose
concentrato, avvertendo la tensione.
La
ragazza deglutì,
comprendendo che quello poteva essere un attimo decisivo.
Sbirciò in
continuazione verso il suo nemico, il quale sembrava agitato allo
stesso modo,
in preda alla fretta di attivare l’ascensore.
Nel
mentre in cui
gli hunter avvertirono il loro odore e si lanciarono diabolici contro
di loro,
le porte metalliche dell’ascensore si aprirono e Alfred e
Claire vi entrarono
tempestivi.
Il
braccio di uno
degli hunter rimase incastrato nella porta e i suoi artigli fecero
ancora per
allungarsi verso di loro, non permettendo così
all’ascensore di mettersi in
funzione essendo rimasto semi-chiuso.
Alfred
prese dunque
il suo fucile dalle braccia di Claire e con un colpo netto fece
esplodere la
sua articolazione, la quale cadde ai loro piedi e le porte di alluminio
si
chiusero finalmente.
Una
disgustosa e
copiosa scia di sangue colava dall’incastro delle due porte;
anche attorno, le
pareti erano schizzate dello stesso liquido organico.
La
rossa ansimò,
con gli occhi ancora sbarrati, facendo di tutto per recuperare la
lucidità il
prima possibile di fronte i pericoli in agguato che era certa avrebbe
ancora
dovuto affrontare. Era per di più chiusa dentro quattro pura
con Alfred, non
doveva dimenticarlo!
Quando
buttò un
occhio verso di lui, lo vide ripulire con la manica della sua giacca la
ferita
sulla guancia che il primo hunter cui si erano imbattuti gli aveva
inferto. Il
sangue sembrava sul punto di fermarsi, tuttavia era una gran brutta
ferita.
Istintivamente
avrebbe voluto dirgli almeno qualcosa, ma non ebbe il tempo di farlo,
questo
poiché quell’attimo di respiro fu bruscamente
interrotto da una fortissima
scossa che fece vibrare tutto l’abitacolo.
“Cosa
è stato?”
Domandò
lei.
“Maledette
bestiacce! Sono qui sopra.”
Il
biondo sparò
contro il soffitto della cabina, facendo per colpire alla cieca
ipotetici
hunter che secondo lui avrebbero saltato quando l’ascensore
si era messo in
funzione scendendo verso il basso. Claire tuttavia lo fermò,
consapevole di
quanto fatale potesse essere sprecare colpi in una situazione di
pericolo come
quella.
“Fermati,
cazzo! Se
rimaniamo senza colpi, è la fine! Questi mostri vanno
abbattuti con armi più
potenti e la tua è l’unica che abbiamo! Con la mia
sola pistola non avremo
grosse possibilità di salvarci, te ne rendi conto?”
Quasi
in risposta a
quelle parole, dal foro apertosi sul soffitto per colpa di proiettili
del
fucile, si affacciarono le fauci terrificanti di una di quelle b.o.w.
che a
quanto pareva li aveva davvero inseguiti.
“Taci,
Redfield. Se
preferisci morire nonostante hai a disposizione i colpi per salvarti,
fa pure.
Non è come la penso io!”
Detto
questo, sparò
di nuovo contro quella creatura, la quale sparì dalla loro
vista. In compenso
però, l’ascensore si rimise in moto ad una
velocità anomala, come se qualche
filo fosse stato danneggiato.
La
Redfield
raccolse il capo fra le mani e sbandò violentemente quando
una brusca tirata
fece fermare la cabina.
Sia
il signor
Ashford che la rossa, caddero indietro, come se l’ascensore
si fosse reclinato
per qualche motivo. Scivolarono quindi entrambi non essendo nella
possibilità
di mantenere un equilibrio perfetto, ritrovandosi così
compressi contro
l’angolo dell’abitacolo.
A
quel punto Alfred
si alzò e fece per aprire le porte dell’ascensore
ormai in tilt; per fortuna la
tastiera funzionava ancora, dunque poté spalancarle senza
ulteriori intoppi.
Quel
che tuttavia
c’era oltre queste lo sconvolse completamente.
Questo
perché
l’ascensore si era fortuitamente incastrato di sbieco fra le
mura del tunnel
ove esso scorreva fra un piano e l’altro. Era però
questione di attimi prima
che i fili metallici che ancora lo tenevano su si spezzassero e
l’intero
abitacolo cadesse così nella profondità degli
abissi.
Claire
si avvicinò
e osservò fuori cercando di comprendere dove si trovassero.
Probabilmente si
erano fermati in una zona fra un piano e l’altro, per cui non
c’era
assolutamente nessun luogo dove poter scappare.
Soltanto
in un
secondo momento notò una rientranza non troppo lontana da
loro.
Si
trattava forse
di una grossa bocca d’areazione o qualcosa del genere, fatto
stava che era con
ogni probabilità la loro unica possibilità di
salvezza.
Si
voltò dunque
verso il biondo, indicandogli quella via d’uscita.
“Non
è difficile da
raggiungere, credo sia l’unico posto possibile prima che
quest’affare crolli.”
Il
ragazzo tuttavia
scosse la testa, infastidito.
“Non
troverai
assolutamente nulla andando da quella parte.”
La
rossa sgranò gli
occhi, incredula.
“Preferisci
restare
qui e aspettare che l’ascensore crolli?!”
Infischiandosi
altamente di quelle parole, il biondo caricò il fucile e lo
pose fra lui e la
Redfield, come se quella situazione sospesa fra la vita e la morte non
avesse
alcuna importanza per lui.
Nel
vedere quel
viso furente, per nulla cambiato in seguito ai pericoli appena
scampati, gli
occhi della rossa tremarono esterrefatti, impauriti dall’idea
che quell’uomo
fosse pazzo a tal punto.
La
sua mente era
così instabile da non fargli rendere conto che presto
sarebbero morti entrambi
se non avessero lasciato la cabina dell’ascensore al
più presto?! Oppure…la
detestava così aspramente da non avere importanza?
Nella
sua mente era
impossibile accettare che lui avrebbe preferito morire che lasciarla
andare, in
quel momento.
Seppur
la vita di
entrambi era in pericolo, Alfred non sembrava aver la benché
minima voglia di
desistere nell’attaccarla; e neppure di mettersi in salvo.
Claire
cercò di
farlo ragionare, ma più si perdeva delle sue iridi pallide
come il ghiaccio,
più vedeva quanto il suo animo fosse oramai devastato e
inarrestabile. Egli
aveva completamente perso il lume della ragione, non le avrebbe mai
dato retta.
Mosse
appena le sue
labbra carnose, facendo per proferire qualcosa…qualsiasi
cosa le permettesse di
farlo ragionare o mettere in salvo la pelle. Tuttavia non
riuscì a formulare
alcuna frase e fu a quel punto che realizzò che non poteva
che scappare. Scappare
da sola. Scappare da lui.
Era
la sua unica
salvezza.
Dunque,
nello
stesso istante in cui lui posò l’indice sul
grilletto, pronto a far partire
tempestivamente il colpo, la Redfield si voltò e agilmente
fuoriuscì
dall’abitacolo, aggrappandosi fuori con tutte le sue forze.
Sbandò
quando sotto
i suoi piedi intravide le tenebre di una voragine che sembrava non
avere fine.
La
panoramica del
tunnel che intercorreva fra i piani dell’edificio fu
un’immagine che si
cristallizzò nella sua mente e che non riuscì a
dimenticare facilmente.
Un
qualcosa di così
devastante da poter trascinare negli abissi chiunque si fosse
abbandonato alla
paura della sua imponenza.
Il
cuore della
ragazza trasalì, mentre il suo istinto non faceva che urlare
di fuggire. Tuttavia
ella si sforzò di rialzare lo sguardo e non permettere al
panico di
controllarla. Doveva rimanere lucida e non lasciarsi sopraffare.
Afferrò
saldamente
le mani sugli ingranaggi esterni dell’ascensore e fece per
andare via; il tutto
nello stesso istante in cui Alfred fece per colpirla.
Tuttavia
non
accadde soltanto questo.
Nel
mentre in cui
il biondo l’aveva a tiro, il tettuccio
dell’ascensore venne tempestivamente
squarciato da un artiglio affilato, che lo divise in due creando
così un varco
che permise a una creatura selvaggia di penetrare.
L’hunter
colpito in
precedenza si era evidentemente salvato, così,
più agguerrito che mai, piombò
esattamente fra Claire e Alfred.
Furioso
e
distruttivo, il suo incalzare fece traballare l’ascensore
già in bilico,
portando l’Ashford a sbagliare il colpo diretto alla ragazza
dai capelli
rossicci.
Ella,
sentendo il
proiettile diretto a lei rimbalzare nella cabina metallica, si
voltò verso il
biondo e sgranò gli occhi alla vista di quel mostro non
ancora morto.
Non
essendo nella
posizione di combattere, si apprestò a uscire
definitivamente dalla cabina.
Muovendosi
prudentemente, avanzò fra gli ingranaggi adibiti al
funzionamento
dell’ascensore, uscendo così fuori e facendo per
raggiungere quella rientranza.
Intanto
Alfred
prese a combattere contro la b.o.w. agguerrita, la quale si
avvinghiò contro di
lui, facendo per tranciarlo.
L’uomo
riuscì a
scostarsi appena in tempo, con la mente ancora rivolta alla Redfield,
scampata
al suo attacco ancora una volta.
Tuttavia
i suoi
pensieri furono costretti ad allontanarsi da lei repentinamente,
essendosi
insinuata una nuova nemesi sul suo cammino. Deciso a scacciare quella
bestia
dalla sua strada, imbracciò il suo fucile da caccia
prendendo la mira. Non
aveva tempo per svagarsi con giocattoli simili!
Adirato,
sparò
contro l’hunter, che tuttavia si dimostrò
più resistente e agile di quel che
sembrava.
Claire
osservò
quella scena da lontano, mentre si aggrappava alla superficie del
tunnel che
circondava l’abitacolo dell’ascensore.
Con
il terrore
negli occhi, vide la cabina prendere a scricchiolare per colpa
dell’irrequietezza di quella creatura, che non faceva che
muoversi agguerrita.
Se
quell’essere
geneticamente modificato avesse continuato ad agitarsi in quel modo,
l’intera
cabina sarebbe presto crollata e, con essa, anche Alfred.
Stesso
il biondo si
accorse di quella preoccupante situazione, così
mirò di nuovo contro quella
b.o.w. .
Stavolta
l’animale
non deviò il colpo, che la ferì mortalmente
portandola a indietreggiare verso
le porte aperte dell’ascensore.
Prendendo
al volo
quell’opportunità, l’altolocato Ashford
caricò frettolosamente un altro colpo,
pronto a far cadere quel mostro giù dal precipizio,
definitivamente.
Tuttavia,
in quello
stesso istante, la cabina dell’ascensore scivolò
bruscamente verso il basso, scendendo
di un metro circa all’interno del tunnel.
Il
comandante fu
costretto a inginocchiarsi a terra, perdendo l’equilibrio, e
il proiettile gli
scappò dalla mano. Agitato sia per la preoccupazione di
cadere nella voragine
con tutto l’abitacolo, sia per l’hunter ancora
moribondo, portò il suo sguardo
verso la creatura di laboratorio, aggrappandosi saldamente alla parete
in
bilico alle sue spalle.
La
sua mente era
nel panico e non sapeva quali priorità avere.
Digrignò i denti con rabbia,
attendendo la mossa della bestia famelica che aveva di fronte, sperando
che crollasse
e lasciasse finalmente libero il passaggio per uscire fuori dalla
cabina prima
che precipitasse.
Claire
intanto,
ancora avvinghiata alla sporgenza appena raggiunta, stette ad osservare
la
scena col cuore in gola. Vide l’ascensore scivolare ancora,
emettendo dei
sonori rumori metallici e agghiaccianti.
Seppur
i suoi
sentimenti contrastanti, la sua coscienza l’implorava di non
lasciare morire
Alfred in quel modo, così si sforzò di
raggiungere la sua 9mm infilata nella
cintura, facendo del suo meglio per prendere la mira nonostante quella
scomoda
posizione. Fra la ferraglia cui era aggrappata, stese il suo braccio,
pronta a
far fuoco.
Eseguì
un colpo
dietro l’altro, ferendo la b.o.w. ancorata sulla soglia della
cabina.
L’hunter
si
contorse dal dolore e fu così costretto a lasciare la presa,
cadendo finalmente
in quel dirupo senza fine.
Il
ragazzo dai
capelli pallidi rimase a guardare interdetto, non avendo compreso cosa
fosse
tecnicamente accaduto. Una serie di colpi avevano inaspettatamente
colpito quella
creatura sulla schiena, costringendola a sprofondare nel precipizio
oltre
l’ascensore.
L’erede
degli
Ashford seguì la traiettoria dei proiettili e fu sorpreso
quando si accorse che
fosse Claire Redfield ad aver sparato contro il nemico.
Scrutò
la rossa con
il volto corrucciato in un’espressione che voleva formulare
milioni di domande,
mentre quell’incomprensibile donna era a qualche metro di
distanza da lui,
avvinghiata fuori l’abitacolo.
Il
suo sguardo si
posò a lungo sulla sua pistola fumante, spostandosi poi sul
suo corpo longilineo,
suoi lineamenti facciali armoniosi e decisi.
Gli
occhi del
biondo erano ammaliati e dannati dalla sua indecifrabilità,
dall’inspiegabile
perché dietro le sue azioni, che lo confondevano e lo
turbavano fino alla
pazzia; tuttavia un sonoro stridio lo costrinse a tornare alla
realtà.
Era
l’ascensore
oramai instabile, che presagiva il suo imminente cedimento.
Non
aveva tempo per
indugiare ancora; Volente o nolente, doveva lasciare anche lui
quell’abitacolo,
ormai prossimo al crollo.
Fece
così per
raggiungere la stessa sponda dove Claire si stava arrampicando, la
quale seguì
le sue mosse in trepidazione.
Improvvisamente
però, la rossa vide un’ombra innalzarsi dagli
abissi.
Ella
scorse l’hunter
sbucare fuori ancora una volta; questo si era aggrappato al fondo
dell’ascensore ed era sul punto di intraprendere un salto per
attaccare Alfred.
Era
un incubo!
Quella creatura era davvero un cacciatore inarrestabile!
“Attento!”
Urlò
e così anche
Alfred si accorse che quel mostro non era ancora stato sconfitto.
Affrettò
dunque i
suoi movimenti, ma quando fu sul punto di raggiungere la sponda dove
Claire era
saltata, la cabina dell’ascensore scivolò di
nuovo, allontanandosi ancora di
più.
La
Redfield sbarrò
gli occhi, terrorizzata.
A
quel punto, si
affrettò a raggiungere una zona più stabile dove
poter intervenire in suo
aiuto. Costatò di essere a pochi passi dalla piattaforma
posta dinanzi
l’apertura d’areazione su cui intendeva approdare.
Con
ancora quella
sensazione di vuoto sotto si suoi piedi, saltò verso di
essa, cercando di non
pensare troppo al dirupo. Dopodiché si accovacciò
a terra e allungò la mano in
direzione di Alfred, sperando che lui riuscisse a raggiungerla prima di
precipitare.
Non
c’erano molti appigli,
ma non aveva alternative. Alfred doveva correre e in fretta. La
situazione
stava precipitando…letteralmente.
Alfred
Ashford
intanto si aggrappò alle catene metalliche che muovevano la
cabina
dell’ascensore, cercando di risalire prima che cedessero
definitivamente.
Intanto
i ruggiti
dell’hunter echeggiavano alle sue spalle, ma egli non vi
badò e continuò ad
arrampicarsi sfruttando i pochi sostegni disponibili.
Ben
presto però
l’ascensore si abbassò di un altro mezzo metro,
limitando sempre di più la
possibilità del biondo di scappare via in tempo.
Il
ragazzo restò
appeso a stento a quella catena per via di quella brusca tirata. Con le
mani
doloranti, graffiate dal ferro rugginoso, fece del suo meglio per
oscillare e
poggiare i piedi verso una piccola insenatura. Una volta riuscitoci,
alzò gli
occhi e riuscì a sollevarsi fino a raggiungere quasi la
rientranza dove la
Redfield era riuscita a saltare.
Rimase
stupito
tuttavia quando vide, a pochi centimetri di distanza, la mano della
giovane
allungarsi verso di lui.
Cosa
diavolo stava
facendo quella ragazza?
Egli
rimase a
guardarla per un lunghissimo istante, perplesso, al che la rossa
intuì le sue
perplessità.
“Andiamo..!
Afferrala!”
Lo
incoraggiò,
comprendendo la natura contorta di quel che stava accadendo, tuttavia
non era
certo quello il momento per ricordare che fossero nemici. Si trattava
di
umanità e lei non l’avrebbe lasciato morire in
quel modo.
Il
biondo strinse
gli occhi, come se qualcosa bloccasse rovinosamente il suo intero corpo.
Digrignò
i denti e
si decise ad accettare quell’aiuto solo e soltanto dopo aver
lottato
profondamente con se stesso.
Claire,
quando
sentì finalmente la sua mano calda nella sua, la strinse
forte e con veemenza lo
aiutò a salire. Fu decisamente ambiguo ritrovarsi a salvare
la vita a quell’uomo
squilibrato che aveva più volte cercato di ucciderla e non
solo…
Si
costrinse
tuttavia a cacciare dalla sua mente tali pensieri, non era il momento
per farsi
prendere dai dubbi o quant’altro. Il suo cuore si rifiutava
di vedere in lui un
nemico; in quel momento egli era un persona da aiutare e lei avrebbe
fatto il
possibile per riuscirci.
Dunque
strinse i
denti e lo tirò su.
Alfred
intanto, una
volta raggiunta quella piattaforma, rimase inginocchiato per alcuni
secondi,
covando in corpo una micidiale adrenalina che torturava il suo spirito.
Ansimante
e
confuso, non gli fu subito possibile ritornare padrone di se stesso.
Il
fidarsi di qualcuno era un
sentimento
che lui non aveva mai conosciuto.
Alexia
era esente
da quel tipo di discorso, perché lei era sua sorella
gemella…era scontato.
Quanto
agli altri
esseri umani da lui incontrati, egli non si era mai fidato del suo
stesso
padre, il quale alla fine l’aveva usato e tradito
costringendolo a quell’esistenza
tortuosa e tormentata; figuriamoci dunque quale potesse essere la sua
opinione
a riguardo della fiducia.
La
fiducia era
quindi qualcosa che non conosceva e che non aveva mai riposto in
qualcuno.
Aver
stretto la
mano di Claire ed essere stato effettivamente aiutato da lei senza
indugio,
andò dunque a toccare una parte della sua psiche che non
aveva mai ricevuto gesti
simili.
Corrucciato
da quel
sentimento misto al piacere e alla confusione, si alzò da
terra cercando di
reprimere quanto in realtà il suo cuore gli mormorava.
Un
rumore
assordante tuttavia interruppe i pensieri sia di Alfred che di Claire,
i quali
si voltarono entrambi verso l’ascensore, il quale si
spostò definitivamente
dalla posizione sbieca che lo teneva ancora su e stavolta cadde per
davvero.
L’hunter
ruggì
un’ultima volta, prima che il suo verso si confondesse fra
gli stridii del
metallo che strisciava nel tunnel.
Infine
le catene
capitolarono e un boato si propagò per l’intero
edificio, cui seguì una vampata
di fuoco che costrinse i due a mettersi al riparo verso quella bocca
d’areazione
che forse rappresentava la loro unica via di fuga.
Al
momento erano
salvi.
Grande
circa un
metro e sessanta, quel varco maleodorante ostruito dalle pale
metalliche e arrugginite
sembrava un luogo decisamente angusto.
Una
volta
insinuatasi dentro, Claire aspettò che
quell’esplosione si attenuasse,
dopodiché si rivolse ad Alfred.
“Dove
conduce
questo tunnel?”
Chiese
osservando
quel nuovo percorso: una lunga distesa simile a una fogna.
Alfred
scrutò con
lei quell’ambiente desolato, come se quella domanda avesse
colto impreparato
anche lui. Egli sembrò abbuiarsi riflettendo su qualcosa, in
seguito però la
sua espressione mutò drasticamente e fece un ghigno che
sgomentò la giovane che
aveva accanto.
“Non
ti piacerà,
Redfield...”
La
rossa deglutì a
quell’affermazione, interrogandosi sulle sue parole e sulla
loro veridicità.
Vedendo
però il
biondo Ashford avanzare, decise di seguirlo senza troppo indugio.
Fu
una situazione
che aveva del surreale, stava davvero accadendo?
In
quel momento,
lui era l’unico che avrebbe saputo come muoversi in quel
posto a lei del tutto
ignoto, buio e labirintico, tempestato dalle insidiose b.o.w
dell’Umbrella.
Suo
malgrado, non
poteva far altro che collaborare con lui, almeno al momento.
Anche
il ragazzo
sembrava essersi rassegnato, in apparenza.
Claire
rifletté sul
fatto che, ad ogni modo, entrambi non avevano molta scelta, feriti e
mal
equipaggiati com’erano.
Non
poterono dunque
far altro che vivere quel momento, evitando di porsi le tante domande
che in
modo diverso li sconvolgevano entrambi.
***
Base
Antartide dell’Umbrella Corporation – Sotterranei
Plic-Plic
L’acqua
gocciolava
dalle tubature, rimbombando fra le pareti arcuate di quel complesso di
tunnel
labirintici, umidi e angusti. La luce lampeggiava ad intermittenza,
illuminando
talune zone, permettendo così di proseguire in quei vicoli
bui.
Claire
avvertiva il
peso di ogni suo passo mentre solcava la pavimentazione fradicia e
muschiosa,
lasciata a deteriorare chissà da quanto tempo. Di tanto in
tanto si voltava in
giro, in cerca di indizi fugaci che le facessero intendere dove si
trovasse con
esattezza.
Intanto
il freddo
ghiacciava la sua pelle, tuttavia cercò di non badarci
avendo tutte le sue
attenzioni puntate su quel luogo inesplorato.
Lanciò
uno sguardo
verso l’uomo che inaspettatamente aveva ritrovato accanto a
sé in quella
situazione di estrema emergenza. Alfred Ashford avanzava in quella
distesa con
il capo alto, tipico di chi possiede un temperamento altezzoso cui non
intende
rinunciare nonostante lo sfondo di quell’intreccio di tunnel
così umidi e
schifosi. Egli preservava la sua nobiltà e
dignità anche in quelle condizioni,
mantenendo il prestigio che egli era solito conservare.
Il
volto marmoreo e
imperscrutabile, la postura eretta e composta, la divisa elegante, i
suoi passi
decisi eppure tenui.
Fu
un’immagine
complessa da decifrare, che fuorviò la rossa, la quale
vedeva in lui una
divisione esatta fra la sua magnificenza e rigorosità, e il
suo regno caduto in
disgrazia, lasciato a marcire nelle sue stesse ceneri.
Osservare
Alfred
significava questo: combattere con due visione agli antipodi.
Una
in cui lui era
il Re sovrano assoluto di quel regno del male, un’altra in
cui lui era il
devastato servitore di una fortezza fantasma che aveva condotto verso
il
baratro il suo stesso creatore.
Era
ambiguo per
Claire non sapere più cosa vedere in lui; non lo riconosceva
più in un nemico,
tuttavia neppure in una persona da compatire completamente.
Questo
la metteva a
disagio portandola a desiderare fortemente di entrare nel suo mondo
astruso e
trovare i fili che ne intrecciavano l’esistenza.
Aveva
conosciuto il
suo passato, aveva letto dei suoi patimenti. Tuttavia ritrovarsi sola,
al
cospetto del “futuro” di quel
“passato” di cui aveva letto, era diverso.
Profondamente diverso.
Era
come se l’uomo
che aveva accanto fosse una persona completamente nuova, di cui lei
sapeva e
non sapeva nulla.
L’unica
cosa di cui
era a conoscenza, era che tutto era cambiato; soltanto non poteva
prevedere che
risvolti ciò avrebbe comportato nei fatti e nella sua
mente…………e questo la
spaventava.
Intanto,
il biondo
Ashford si accorse delle velate occhiate della giovane, le quali
turbarono
profondamente il suo spirito.
Guardò
nella sua
direzione con la coda dell’occhio, ma stette ben attento a
non incrociare mai
il suo sguardo. Si sentiva inquietato da quella disturbante situazione,
nella
quale il suo libero arbitrio era stato costretto a piegarsi alla
volontà del
fato, che l’aveva condotto a intrecciare il suo cammino
ancora una volta con la
donna che sconvolgeva i suoi pensieri.
Sebbene
una parte
di sé lottasse contro quell’istinto che lui
rinnegava di avere, invece attratto
da lei e dalla prospettiva di stabilire un contatto, un’altra
era ben curiosa
di conoscere gli esiti di quella vicinanza.
Il
suo stomaco era
contorto e la sua mente non era lucida. Sentiva il suo sudore freddo, i
suoi
occhi tremare. Era come se non fosse del tutto padrone del suo corpo.
Lui…era
malato?
Cosa
gli stava
accadendo? Cosa muoveva i suoi contorti sentimenti?
Si
sentiva strano,
confuso…un curioso malessere lo corrucciava, come un morbo
di cui lui al
momento conosceva soltanto i sintomi.
Non
era facile per
il biondo comprendersi in quel momento, ragion per cui
lasciò che gli eventi
scorressero, almeno per una volta, per dare pace al suo animo sfregiato.
I
due sedettero in
un piccolo spiazzale in condizioni almeno apparentemente migliori; per
lo meno
non v’erano pozze d’acqua stagnante in giro.
Claire
Redfield si
sedette a terra esausta, non badando troppo al fatto di sembrare
aggraziata o
femminile. I suoi piedi reclamavano riposo ed aveva il necessario
bisogno di
stendersi anche solo per qualche minuto.
Il
ragazzo biondo
che occasionalmente aveva deciso di osservare
quell’inaspettata tregua con la
sua nemica, imitò la giovane, adagiandosi delicatamente
sulla pavimentazione
nella sponda opposta a quella di lei.
Claire
fece caso al
modo raffinato in cui lui si sistemò, in contrapposizione
con la spontaneità e
la naturalità di lei, tuttavia non vi badò.
In
verità non
sopportava affatto tali formalità, sebbene ancora una volta
non potette evitare
di notare l’eleganza di quell’uomo.
Folle,
maniaco,
crudele, detestabile e molesto; tuttavia estremamente rigoroso e
perfezionista.
Era evidente, anche solo guardandolo, il rango della famiglia dalla
quale proveniva
e la rigida educazione ricevuta, che gli imponeva un certo rigore
persino in
quel momento in cui entrambi erano allo stremo delle forze.
Ella
abbracciò le
gambe e stette a guardarlo in silenzio con fare discreto.
Egli
appoggiò il
suo fedele fucile da caccia di fiancò a sé, in
seguitò portò un ginocchio al
petto, adagiandovi sopra il gomito.
Sembrò
fare per
rilassarsi, tuttavia era evidente che per lui fosse impossibile cedere
al suo
bisogno di riposo. Era irrequieto, sebbene il suo stato
d’animo fosse celato
dalle sue apparenze regali. Tuttavia Claire se ne accorse, ma fece
finta di
niente. In fondo era naturale, in quelle circostanze.
Il
freddo intanto si
insinuava nelle sue ossa, costringendola a farsi calore quanto
più poteva.
Finché
aveva
camminato, esplorato i laboratori e combattuto, era stata distratta da
quella
sensazione di gelo. Tuttavia, ora che poteva concedersi qualche minuto
di
sosta, era insopportabile reggere quelle temperature.
Alzò
di nuovo i
suoi occhi color del mare verso Alfred, il quale aveva intanto aperto
la sua
casacca rossa, scendendo la camicia sulla spalla, facendo per scrutare
la
ferita infertogli dall’hunter.
La
rossa, con la
coda dell’occhio, osservò con lui quelle striature
livide, le quali sembravano
veramente dolorose. Tuttavia almeno non c’era sangue ed era
già qualcosa.
Istintivamente
si
sarebbe alzata e avvicinata a lui, per aiutarlo a ripulire quelle
lesioni;
purtroppo però le loro posizioni contrapposte la bloccavano,
ragion per cui si
limitò a osservarlo senza farsi vedere.
Mentre
Alfred passava
un candido fazzoletto inumidito su quelle escoriazioni, la sua camicia
si aprì
appena anche sul davanti, lascando intravedere la sua pelle
pallidissima.
Claire
ebbe un
sussulto quando distinse una garza macchiata di rosso sulla parte alta
del
torace. Cosa gli era successo?
Improvvisamente
poi, ricordò di quando gli aveva sparato durante
quell’assurdo gioco cui lui
l’aveva costretta a partecipare quando era ancora travestito
da Alexia.
Allora
l’aveva
colpito davvero…
La
ragazza torturò
le sue labbra, comprendendo di provare un deviato senso di colpa nei
suoi
confronti.
Non
poteva però
dimenticare cosa lui le stava facendo passare!
Non…non
era colpa
sua se lui l’aveva costretta a sparare per sopravvivere.
Allora
perché non
riusciva a smettere di guardarlo e sentirsi così in pena per
lui?
“Hai…bisogno
di…
aiuto…?”
Mugugnò,
non
trovando con disinvoltura le parole da usare.
Lei
stessa si sentì
ridicola nel formulare quella domanda, cui sapeva come il biondo
avrebbe
reagito. Era impossibile che lui avrebbe accettato la sua assistenza.
L’altolocato
Ashford, infatti, sollevò il viso verso di lei, spostando
gli occhi dalla
ferita sulla spalla che stava medicando.
La
sua espressione era
indecifrabile; a metà fra indignazione e sgomento.
Corrucciò
le sue
iridi chiare, dopodiché tornò a ciò
che stava facendo, ignorandola del tutto.
Claire
si sentì
offesa per non essere stata degnata nemmeno di una risposta, tuttavia
decise di
non fare discussioni inutili, così tornò anche
lei sulle sue.
Il
suo sguardo, ciò
nonostante, tornava però sempre ad Alfred.
Il
taglio che il
ragazzo aveva sulla guancia era sporco di sangue raggrumato. Non
sanguinava più
da qualche minuto. Alfred lo ripulì accuratamente, sembrando
piuttosto
innervosito dal fatto di non disporre di uno specchio per rassettarsi
come
avrebbe voluto.
Alcune
ciocche di
capelli gli caddero sul viso, conferendo alla sua figura perfezionista
un che
di più ‘comune’.
Claire
aveva
riflettuto poche volte sul fatto che, sebbene avesse quasi dieci anni
più di
lei, anche lui dopotutto era un ragazzo piuttosto giovane. Aveva
ventisette
anni, le sembrava di ricordare.
Vederlo
in quelle
spoglie più scomposte lo rese improvvisamente più
naturale e più vicino a lei e
alla sua concezione di uomo giovane. Era forse la prima volta che lo
guardava
come ‘coetaneo’.
Si
sentì in
imbarazzo quando si accorse di trovarlo persino interessante in quel
momento.
Tali
pensieri la
misero tempestivamente a disagio. Strinse gli occhi e cercò
di tornare padrona
di sé, rimproverandosi di fare allusioni simili in un
momento come quello.
Intanto
Alfred passò
una mano fra i capelli leggermente unti per colpa
dell’umidità, dopodiché finalmente
rilassò la testa contro il muro, facendo per riposarsi dopo
quelle ore così
intense.
Distrattamente,
posò il suo sguardo sulla ragazza seduta di fronte a lui, a
qualche metro di
distanza.
La
luce era scarsa
e la penombra creava delle chiazze scure sul suo volto; tuttavia
ciò non gli
impedì di poter ammirare la sua fisionomia aggraziata seppur
mascolina.
In
effetti, Claire
aveva questo di particolare ai suoi occhi: quella modernità
che lui non era
solito notare in una donna, lui che era abituato a una certa
classicità e raffinatezza.
Quei
capelli dal
colore vivo e brillante, raccolti in una coda di cavallo scomposta
sulla
fronte, l’abbigliamento in pelle e i pantaloni lunghi.
Il
biondo non si era
mai approcciato con una donna di quel genere, sempre inserito in
ambienti
d’élite.
Era
inevitabile
quindi che lei destasse più di qualche curiosità
in lui già dall’impatto
estetico.
Era
tuttavia il suo
viso che l’aveva letteralmente stregato, in quanto dietro
quelle apparenze per
nulla regali e per nulla vicine al suo concetto di bellezza, aveva
visto un’avvenenza
che lo aveva attratto inesorabilmente.
Cosa
aveva quella
donna? Perché continuava ad avere quell’effetto su
di lui?
Alfred
non riusciva,
e non voleva, trovare risposte per quelle domande, poiché
per lui era
inevitabile sentirsi macchiato nel suo onore. Eppure, più
guardava quel viso
celato tra i chiaro scuri di quelle catacombe, più non
poteva smettere di
tornare a posare i suoi occhi su di lei.
Ad
un certo punto
vide la ragazza portare una mano dietro la nuca e tirare via
l’elastico che
teneva legati dietro i capelli.
Sebbene
avesse
comandato al suo cervello di smettere di guardarla, fu attirato dalla
sua
chioma rossiccia lasciata ondeggiare sulle sue strette spalle.
Questi
erano
spettinati e leggermente mossi visto che erano stati legati a lungo,
eppure la
delicatezza con la quale contornavano il suo viso e il suo collo le
conferiva
quella femminilità cui lui non poté smettere di
togliere gli occhi.
Improvvisamente,
poi, quasi sbandò quando vide la rossa alzarsi e fare per
avvicinarsi.
Fu
qualcosa che lo
turbò profondamente.
Non
fu sicuro se
ella se ne fosse accorta o meno, fatto stava che la sua riluttanza
nell’averla
accanto sembrò mettere a disagio anche lei a un primo
impatto.
Tuttavia
Claire
sembrò non curarsi troppo della cosa, infatti si
sistemò a pochi centimetri da
lui, una distanza tale che le permettesse di guardarlo negli occhi.
Ella
tese un
braccio nella sua direzione, allungandogli qualcosa.
Il
biondo Ashford stette
più tempo a contemplare la sua vicinanza che quel che lei
gli stava porgendo.
Era abbastanza nuovo per lui trovarsi in una situazione simile, avere a
che
fare con altri esseri umani che fossero estranei al suo mondo; era
visibilmente
disorientato.
Claire
trovò tenero
in qualche modo l’espressione corrucciata di lui,
evidentemente a disagio,
forse molto più di lei.
Alfred
le rivolse
le sue iridi azzurro cielo, non importandosi di essere stato immobile
per
diversi secondi prima di decidersi ad abbassare lo sguardo e vedere
cosa lei
gli stesse allungando.
Tuttavia,
non
appena riconobbe la copertina rigida finemente decorata che rivestiva
il
piccolo libricino che lei aveva fra le dita, il biondo si
agitò di colpo e
strappò con veemenza l’oggetto fra le mani della
Redfield.
Claire
sorrise velatamente
nel vedere l’occhiataccia che il biondo le rivolse.
In
effetti
conosceva il contenuto di quel diario e non c’era da stupirsi
di quella
reazione.
Il
ragazzo intanto
strinse il suo diario fra le dita, mentre dentro di sé
sentì ribollire uno
strano sentimento misto alla rabbia e al senso di imbarazzo. Come aveva
osato
Claire rendergli quel suo prezioso cimelio in modo tanto impudente?!
Subito
lo ripose
dentro la tasca interna della sua giacca, dopodiché
evitò categoricamente il
viso della giovane.
La
Redfield si
sentì leggermente in colpa nell’avergli ridato il
diario in quel modo, ma
d’altronde non esisteva un’alternativa
più ‘delicata’. Le sembrava invece
più
giusto che esso tornasse fra le mani del suo proprietario; tanto ormai
aveva
messo le carte in tavola, era inutile nascondersi dietro un dito.
La
ragazza cominciò
a guardarsi attorno, perlustrando in modo distratto quei sotterranei
opprimenti
e maleodoranti di umido dove al momento i due erano costretti a
stazionare.
“Dove
siamo
esattamente?”
L’uomo
non rispose,
fu come se la rossa non avesse proferito alcuna parola.
Egli
stette sulle
sue, nascondendo il suo sguardo in un’espressione vaga e non
curante. Claire
sospirò silenziosamente, non potendo accettare in cuor suo
il fatto che lui non
la volesse nemmeno render partecipe di dove fossero.
Non
che ci fosse
molto a capirlo; si trattava di una sorta di fognatura sotterranea, o
qualcosa
del genere. Soltanto che non si aspettava che lui fosse algido a tal
punto.
“Certo
che si
congela qui dentro.”
Alfred
attizzò
l’orecchio, sorpreso che Claire avesse ancora voglia di fare
conversazione.
Non
era stato
difficile accorgersi di quell’approccio
‘amichevole’ da parte sua, tuttavia era
inutile. Lui non aveva alcuna intenzione di interloquire con lei,
qualunque
cosa avesse fatto. Trovava a dir poco ridicolo anche il solo fatto che
lei ci
tentasse davvero.
Girò
il viso,
spazientito, indignato dalla sua insolenza, chiudendosi ancora una
volta nel
suo silenzio.
“Davvero
tu
e…Alexia…vivevate qui? Non mi sembra un posto
molto accogliente.”
Aggiunse
improvvisamente la ragazza, cogliendolo di sorpresa, dicendo quella
frase dal
bel mezzo del nulla.
Stava
cercando di
sfruttare le informazioni carpite dal suo diario per comunicare con
lui? Era
folle?
Alfred
dapprima le
lanciò un’occhiata di disgusto, tuttavia rimase
silente.
Claire,
dal suo
canto, volle mettere in mezzo anche Alexia nel discorso, questo nella
speranza
che magari lui si sentisse più a suo agio.
In
effetti, lei era
ancora restia nel credere se quella donna esistesse attualmente oppure
no,
erano tanti i miseri a riguardo; ciononostante, volle dare per buono
quello che
il biondo aveva scritto di lei quindi cercò di fare il suo
gioco.
Era
curiosa di
sapere se sarebbe riuscita ad arrivare a lui e farlo aprire in qualche
modo,
doveva solo essere perseverante; sebbene con un soggetto come Alfred
fosse
arduo.
Egli
era chiuso
ermeticamente nel suo piccolo mondo e sembrava non avere alcuna
intenzione di
darle ascolto.
Eppure
nel suo
diario egli aveva espresso più volte il suo desiderio di
contatto umano…allora
perché continuava ad essere così restio?
Fino
a che punto si
trattava solo di Alexia?
Lo
osservò mentre
divagava con lo sguardo, per nulla interessato a rispondere alle sue
domande, e
la cosa cominciò a indispettirla. Tuttavia non voleva cedere
per così poco. Se
Alfred credeva che sarebbe stato così facile azzittirla, si
sbagliava.
Lei
era una persona
molto paziente e avrebbe atteso.
Voleva
giocare al ‘gioco del
silenzio’ ?
Molto
bene, non era
un problema per lei.
La
ragazza così
abbracciò di nuovo le gambe, portandole al petto, rimanendo
vaga con lo
sguardo.
Nessuno
dei due
proferì nulla, fu un momento molto lungo che
sembrò durare un’infinità, questo
proprio perché internamente entrambi provavano profondo
disagio.
Tuttavia
nessuno
dei due voleva cedere, ragion per cui stettero immobili a lungo, ognuno
in
compagnia dei propri pensieri.
***
Note:
*
citazione di
Lucrezio
*
citazione di Francis Quarles
*
citazione di Eraclito
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