The Specter Bros' II di _Cthylla_ (/viewuser.php?uid=204454)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Il punto della situazione ***
Capitolo 2: *** 2- Alla deriva ***
Capitolo 3: *** 3- Se il caos sfugge di mano ***
Capitolo 4: *** 4 - La coerenza latita, l’ottimismo tace ***
Capitolo 5: *** 5 - Teste calde ***
Capitolo 6: *** 6 - ''Ho fatto proprio bene a uscire'' ***
Capitolo 7: *** 7 - ''Se lei è nulla, tu cosa credi di essere?'' ***
Capitolo 8: *** 8 - Non è Superman ***
Capitolo 9: *** 9 - ''Come vanno le cose?'' ***
Capitolo 10: *** 10 - Il fanatismo, le martellate e il piano Bernie ***
Capitolo 11: *** 11- Chiacchiere ***
Capitolo 12: *** 12 - Uno, due, tre, quattro ***
Capitolo 13: *** 13 - Io non ti odio ***
Capitolo 14: *** 14 - Pensare è pericoloso ***
Capitolo 15: *** 15 - Se il caos sfugge di mano… un’altra volta ***
Capitolo 16: *** 16 - I sogni son desideri… ma anche no ***
Capitolo 17: *** 17 - Così come nel canon -più o meno ***
Capitolo 18: *** 18 - Avere cento braccia… o nessuno ***
Capitolo 19: *** 19 - Tra sogno e realtà ***
Capitolo 20: *** 20 - Un altro po’di chiacchiere ***
Capitolo 21: *** 21 - Patti coi diavoli ***
Capitolo 22: *** 22 - Il suono del silenzio… che non c’è ***
Capitolo 23: *** 23 - I danni della gratitudine ***
Capitolo 24: *** 24 - A volte ritornano ***
Capitolo 25: *** 25 - Fine della favola -ma non della storia- ***
Capitolo 26: *** Bonus: ''Stranieri'' ***
Capitolo 27: *** 26 - Inizia il conto alla rovescia ***
Capitolo 28: *** 27 - Samarcanda ***
Capitolo 29: *** 28 - Una fine, un inizio ***
Capitolo 1 *** 1 - Il punto della situazione ***
1
(Il punto della situazione)
“Dispersi
nel vento”.
Quella,
pensò Arcee, era stata la sua risposta quando Jack
le aveva chiesto che fine avessero fatto il resto dei suoi compatrioti,
colleghi, amici.
Triste pensare
che ormai quella risposta valesse anche per
il suo compagno di vita, del quale aveva appena fatto in tempo ad
accettare la
proposta prima di doverlo abbandonare all’interno di una base
in procinto di
essere distrutta.
“Non
dovrei pensare a questo” si rimproverò Arcee
“Non nella
situazione in cui ci troviamo ora io, Jack e il resto dei nostri
compagni,
augurandoci che siano ancora vivi e non siano stati presi. Non dovrei
pensare
all’amore perduto, dovrei pensare al fatto che la squadra
vada riunita e
necessiti di un comandante, è a questo
che dovrei pensare”.
Peccato che,
nonostante i buoni propositi, nei momenti
notturni in cui lei e Jack si fermavano a riposare in luoghi riparati
non
potesse fare a meno di provare una certa sofferenza nel ricordare il
suo
“matrimonio” ultra rapido con Optimus Prime. Non
per l’unione in sé, per quei
pochi istanti si era sentita davvero una femme felice, ma proprio
perché era
durato tutto così poco.
Poggiò
la schiena contro un ammasso di rocce e si mise a
guardare il cielo. Inizialmente cercò eventuali nemici in
arrivo ma ben presto,
non vedendone affatto, tornò a rimuginare.
Aveva
l’impressione di essere una persona destinata a
perdere irrimediabilmente tutto uno dopo l’altro. Aveva perso
come tutti il suo
pianeta natale, morto da tempo e senza possibilità di
rivitalizzazione dopo che
l’Omega Lock era stato distrutto; aveva perso, tanto in
guerra quanto dopo, la
stragrande maggioranza di quelli che conosceva; aveva perso due
partner,
Tailgate e Cliffjumper, sopravvivendo a entrambi; la base in cui aveva
iniziato
a sentirsi non a casa -nessun posto era come casa- ma molto a proprio
agio, era
stata distrutta dai Decepticon, e come se non fosse stato sufficiente
ora erano
tutti dispersi, sparpagliati, forse morti. Nel caso di Spectrus
Specter, Arcee
sperava proprio nell’ultima opzione.
Era stata
colpa sua se i Decepticon li avevano trovati.
“Come
abbia potuto credere anche solo per un secondo che
quel grosso pezzo di stronzo potesse essere meglio di quel che
sembrava, non lo
so neanche io!” pensò con una smorfia,
trattenendosi a stento dallo sputare per
terra “Mi ero illusa che facesse l’arrogante solo
perché credeva di poterselo
permettere, mi ero illusa che avesse solo un carattere un
po’difficile ma che
in fondo non fosse una bestia completa. A ripensarci mi strapperei il
processore e me lo metterei in bocca”.
«Arcee…»
Sentendosi
chiamare, l’Autobot si voltò verso il suo
“partner” umano. «Non dormi
ancora?»
«Ci
provo ma ogni volta che chiudo gli occhi finisco per
pensare ai nostri compagni, a mia madre…»
«Sono
certa che stiano tutti bene. June in particolare,
l’agente Fowler la sta sicuramente proteggendo in questo
momento» disse Arcee
«Come il resto degli abitanti di Jasper. Non dubito che siano
stati tutti
evacuati in fretta».
«Fino
a poco tempo fa Jasper era una cittadina noiosa… ora non
è più neanche una cittadina, è uno di
quei paesi fantasma in cui da bambino mi
sarebbe piaciuto andare» sospirò, passando una
mano tra i corti capelli neri
«Ora non mi attirano più, ci credi?»
«Ci
credo, sì. Jack, ora cerca di dormire» disse la
femme, tornando
a guardare il cielo «Domani continueremo a cercare gli altri.
Sarà dura».
Il ragazzino
annuì e, concludendo che fosse meglio darle
retta, si voltò di lato e chiuse gli occhi.
***
«Io
mi chiedo solo una cosa, Starscream…»
«Ehm…
sì, Lord Megatron?»
Assiso sul suo
trono a Darkmount, Megatron sollevò un grosso
sopracciglio metallico. «La nostra è una posizione
di netto vantaggio. Abbiamo
Darkmount, abbiamo un esercito intero, mentre gli Autobot sono dispersi
e privi
di una base… se non altro il maledetto ci è
servito a qualcosa…» aggiunse,
riferendosi a Spectrus e al fatto che l’esplosione da lui
causata avesse
permesso loro di trovare la base nemica.
«Ci
è servito per poi essere mandato offline, finalmente,
grazie all’Allspark!» esclamò il seeker.
Era realmente sollevato per il fatto
di non averlo più alle calcagna, di nemici ne aveva
già abbastanza.
«Tutto
vero» annuì Megatron «Quel che mi stavo
chiedendo
però era: considerato tutto questo,
com’è possibile che tu non sia ancora riuscito
a catturare quei pochi Autobot che sono in giro? Come possono essere
tanto
problematici per il mio secondo in comando?! E dovresti essere grato di
avere
ancora il tuo posto!»
«Lord
Megatron, Lei ha perfettamente ragione riguardo il
fatto che catturarli sia mia responsabilità in quanto
secondo in comando e
comandante delle nostre forze armate. Tuttavia…»
sollevò l’indice della mano
destra, con l’espressione di chi cercava di difendersi
«Come potrei catturarli,
se la persona che dovrebbe darmi modo di farlo non compie il suo
dove-»
«Soundwave
sta facendo tutto quel che è nelle sue
possibilità dall’interno della Nemesis»
lo interruppe con durezza il signore
dei Decepticon «La qualità del suo lavoro non
è diminuita nonostante una
situazione che, ritengo, tu stesso hai contribuito a creare! Dunque ti
consiglio di pensare per te stesso e mettere più impegno in
quel che fai,
invece di cercare inutilmente di sviare la mia attenzione dalla tua
negligenza».
Per qualche
attimo, l’unico suono udibile in quella parte di
Darkmount fu solo il vento.
«Non
è stata trovata».
Quella di
Starscream non era una domanda, era piuttosto
un’affermazione.
Megatron
scosse il capo. «No. Non che la cosa ti debba
interessare».
L’occhiata
del leader dei Decepticon fu tale che il seeker
fece un passo indietro. «Ne sono consapevole, Lord Megatron,
Lei è stato molto
chiaro a riguardo, chiarissimo! Ehm. Torno dal nostro gradito ospite, le assicuro che
riuscirò ad avere le informazioni
che servono!»
Detto questo
se ne andò alla svelta, facendo ticchettare i
tacchi sul pavimento metallico, e Megatron rimase solo.
L’ex
gladiatore sbuffò, poggiando la schiena contro il suo
trono di metallo. Pensò agli Autobot, pensò al
messaggio che aveva dato agli
esseri umani… sciocche creature. Pensavano davvero che fosse
interessato a una
coesistenza pacifica? Era evidente che dei Decepticon sapessero ben
poco.
Infine,
essendo stata menzionata poco prima, il suo pensiero
andò alla situazione del suo più fidato amico.
“Non
lo invidio”.
Tra i motivi
per cui Lord Megatron non aveva da tempo una
compagna c’era anche quello: era difficile portare avanti una
relazione in
tempi di guerra, specie essendone coinvolti quanto erano loro. Poteva
immaginare che la sofferenza del suo tecnico per il fatto che la sua
compagna
di vita se ne fosse andata, per di più dopo una brutta
discussione dalla quale
Soundwave era venuto fuori con un graffio all’altezza del
petto, fosse grave.
“Continua
a far danni anche da morto” pensò Megatron, cupo,
riferendosi a Spectrus.
L’uccisione
di Spectrus da parte di Soundwave era stata la
goccia che aveva fatto traboccare il vaso nella psiche di Spectra, che
era già
molto provata di suo. Megatron non si meravigliava del fatto che fosse
andata
via. Riteneva che averlo ucciso fosse la miglior cosa ma, allo stesso
tempo,
non essendo uno stupido e conoscendo Spectra riusciva a capire la
reazione che
aveva avuto.
Lei aveva
deciso di lasciarlo andare dopo averlo sconfitto,
pur avendo capito che bestia fosse e quanti torti le avesse fatto
-più che a
chiunque altro- e Soundwave non aveva dato il minimo peso alla sua
decisione, come
se non valesse nulla, facendo di testa propria.
“Avrebbe
dovuto consegnarlo a me. Soundwave non avrebbe
potuto impedirmi di terminarlo, cosa che Spectra sa benissimo, e dunque
non
avrebbe neanche potuto biasimarlo per la fine che Spectrus avrebbe
fatto, né
avrebbe pensato che per Soundwave lei e le sue decisioni non
contassero. Hai
scelto il momento sbagliato per agire d’impulso, amico
mio”.
Glielo aveva
perfino detto quando erano inevitabilmente
finiti a parlarne, ma Soundwave era rimasto fermo sulla propria
posizione. “Era
per il suo bene e lei lo deve capire”, aveva detto,
“Non ci avrebbe mai
lasciati stare”, aveva aggiunto, “Non credo di aver
sbagliato qualcosa, e devo
trovarla prima
che qualcun altro se ne
approfitti”,
aveva concluso, perché sì: era piuttosto convinto
che
Dreadwing, oltre ad averla portata via su sua richiesta, volesse
portargliela
via in ogni senso.
“Conosco
Dreadwing. Non sono certo che sia andato via solo
per lei o di quali intenzioni avesse prima di incrociarla”
pensò Megatron, da che i filmati di sorveglianza
lo
avevano mostrato intento ad andare da tutt’altra parte, dopo
aver sentito parlare
Knockout e Starscream “Ma sono sicuro che non le farebbe
nulla di male né
lascerebbe che gliene accada. Per il resto, anche fosse, non mi
riguarda!
Soundwave è stato poco lungimirante e Soundwave, se mai,
troverà il modo di
risolvere. Era convinto di volerla come compagna di vita pur
conoscendola poco
più di un mese, lei merita tutto tranne che del male ed
è per questo che ho
incoraggiato l’unione, però la mia intromissione
finisce qui”.
Concluso
ciò, decise di tornare alle questioni pratiche e di
contattare Knockout via comm-link.
«Knockout,
recati a Cybertron con una squadra di vehicons»
ordinò «Cerca le reliquie che sono rimaste
lassù dopo la battaglia per l’Omega
Lock. Optimus Prime…» ringhiò, una
volta chiusa la comunicazione «Che tu sia
maledetto. Spero che bruci all’Inferno per quel che hai
fatto, distruggere la
sola possibilità di ridare vita al nostro pianeta natale
solo per salvare un
po’di organici».
“Avrei
potuto rimediare a parte di ciò che ho contribuito a
fare con la nostra guerra, avrei potuto salvare la nostra casa.
Terraformare
questo pianeta, poi, non era uno sbaglio: è più
legato alla nostra specie di
quanto sia legato agli umani” aggiunse mentalmente.
«Ma
cose come questa erano tipiche di te, vero?»
proseguì «Dovevi
cercare di farti passare per l’eroe dell’Universo
pur non essendolo affatto,
sbaglio? Come tuo solito».
Avrebbe voluto
aver modo di dirglielo in faccia: l’aveva già
fatto in passato, ma repetita iuvant… in teoria. In pratica,
secondo Megatron
sarebbe stato più facile parlare a un muro.
“Non
che il problema si ponga più ormai. Le seccature
più
grandi sulla mia strada sono morte, tutto ciò che resta da
fare è occuparsi
delle briciole” concluse.
***
«…“Nin chi li chisi ti
dibbi intirissiri,
Stirscrim”!
Che se ne vada all’Unicron, dico io»
borbottò il seeker,
stringendo in mano un pungolo di energon, mentre camminava svelto verso
la sua
destinazione finale.
La dipartita
di qualcuno che l’avrebbe voluto morto era
positiva, tuttavia continuava a sentirsi tutt’altro che
tranquillo. Sapeva di
non essere mai piaciuto particolarmente a Soundwave in quanto
molto meno leale a Megatron di
quanto fosse lui, e le cose erano peggiorate terribilmente con i fatti
di
qualche tempo prima: prima non si trattava di qualcosa di personale,
ora sì.
Essere
consapevole del fatto che il tecnico non avrebbe
cercato di terminarlo, salvo ordine diretto da parte di Megatron
stesso, lo
consolava solo fino a un certo punto.
“Tutto
per colpa di quella piccola e laida meretrice
irriconoscente!” pensò Starscream, stringendo con
più forza il pungolo.
Quando era
venuto a conoscenza del fatto che lei fosse una
Specter -per la precisione la protoforma che lui stesso aveva reso
invalida nel
tentare di ucciderla- si era sentito tutt’altro che bene.
Ricordava di aver
rigettato il poco di energon che aveva bevuto e ricordava di aver
temuto che
Spectra si unisse al “caro” fratello per dargli la
caccia e non fosse indifesa
come sembrava. Poi aveva scoperto che Spectrus aveva cercato di
uccidere anche
lei.
“Ed
è meglio che non ci sia riuscito, perché voglio
provvedere io”.
Lo
sconvolgimento iniziale era passato da un pezzo e al
momento Starscream riteneva Spectra una delle principali fonti dei suoi
guai.
Era iniziato tutto quando non era riuscito a uccidere lei e Spectrus
-subendo
poi una tremenda punizione da Megatron per essere riuscito a uccidere i
loro
genitori, quando invece non avrebbe dovuto toccare alcun membro di
quella
famiglia- ed era finita con Soundwave e il violento pestaggio che gli
aveva
riservato.
Spectra era
per lui una fonte di disgrazie, questo era
quanto, ed era ironico che tempo addietro avesse creduto che in lei ci
fosse il
suo destino e che gli portasse fortuna. Quelle due cose e il fatto che
lei gli
piacesse in vari aspetti lo avevano spinto a chiederle di diventare la
sua
compagna di vita, ed era stato allora che lei lo aveva rifiutato. Lei
gli aveva
sempre detto fin dall’inizio di essere innamorata di
Soundwave, aveva sempre
definito Soundwave “il suo principe”,
però non aveva impiegato molto tempo per lasciarsi
convincere a dividere la cuccetta con lui, Starscream. Era
così inesperta che
aveva ceduto presto alle sensazioni piacevoli che lui le aveva dato,
l’aveva
convinta che non fosse “sbagliato” come Spectra
diceva all’inizio quando la
baciava, lei poi aveva anche desiderato
qualcosa di più… ma non tanto da andare fino in
fondo.
Miss
“La connessione solo col mio compagno di vita ma
intanto tu metti la testa tra le mie gambe e viceversa”, Miss
“Mi sposo e il
giorno dopo scappo con un altro”.
“Questo
però fa ridere. Così Soundwave impara”
pensò il
Decepticon, sorridendo malevolo “Ed è conveniente
per me: se fosse stata nella
Nemesis con lui non avrei potuto portare a compimento le mie idee,
Soundwave l’avrebbe
tenuta sempre sott’occhio, ma lei non è
nella Nemesis. Ucciderla
e dare la colpa a qualcun altro è perfettamente
fattibile! Ci sono in giro gli Autobot,
c’è in giro Airachnid che l’ha sempre
odiata e Dreadwing stesso potrebbe
ucciderla per colpa di un’avance rifiutata!… no,
non ce lo vedo” fece una
smorfia “Però l’importante è,
eventualmente, far sì che ce lo vedano gli
altri”.
Era sicuro di
volerla uccidere; se concludere o meno il
lavoro che aveva iniziato quand’era abbastanza ubriaco,
invece, era un aspetto
della questione su cui era ancora indeciso. Magari avrebbe seguito
l’ispirazione una volta che se la fosse trovata davanti.
Arrivato a
destinazione si fermò davanti a una porta che
scorse di lato pressoché senza rumore. Si rese conto di
avere ancora in volto
il sorriso malevolo di prima ma concluse che andasse benissimo anche
per
quell’occasione.
«Ho
portato un pungolo più grosso e doloroso. Oggi ti
deciderai a parlare, Wheeljack?»
Il demolitore,
legato e ricoperto di graffi e ferite dovuti
alle torture subite nelle due settimane passate, sollevò le
ottiche azzurre
riservando al seeker uno sguardo a metà tra
l’essere seccato e di sfida.
«Ci
sono degli animali volanti chiamati “henn” che di
solito
sono noti per avere un modulo cerebrale piccolo e mal funzionante.
Comincio a
pensare che tuo padre possa essersi connesso con-ngh!»
esclamò, sentendo sul petto il forte bruciore causato dal
pungolo.
«Non
so se dirti di farla finita e rivelarmi dove si
nascondano i tuoi compagni o dirti di continuare a fare inutilmente lo
spaccone, così che possa divertirmi ancora un
po’» disse il Decepticon «Il tuo
masochismo e il fantasticare sugli accoppiamenti di mio padre ti rende
abbastanza
depravato per essere un Autobot, lo sai?»
«Io
non sono più un Autobot e tantomeno so dove possano
essere finiti i miei ex compagni. Sono stato lontano dalla base fino a
poco
prima dell’esplosione, brutto idiota, te l’ho
già spiegato almeno ventisette volte.
L’unica cosa che so, grazie a te»
sottilineò Wheeljack «È che sono
sopravvissuti al disastro e che quindi presto o tardi prenderanno a
calci te,
Megatron e il resto dei Decepticon per poi buttare giù
questo schifo di
fortezza che chiamate Darkmount,
“amico”».
Sapeva che
quelle parole avrebbero portato a ulteriori
torture da parte di Starscream -guai ad attentare all’ego del
seeker mentre era
in una posizione di vantaggio!- ma non gli interessava: non aveva
informazioni
da fornirgli e, in ogni caso, sentiva di meritare qualunque cosa i
Decepticon
avessero voluto fargli.
Quel che aveva
combinato insieme a Spectrus era
imperdonabile, lo sapeva benissimo, e il rigurgito di coscienza che
l’aveva
spinto a cercare di tornare nella base per avvertirli di quel che
voleva fare
Spectrus Specter -far esplodere la base con loro dentro- non cancellava
quel
che c’era stato in passato. Era stato complice di Specter in
tante cose, non
ultima cercare di incatenare Arcee in una grotta per poterne abusare a
piacimento come avevano fatto con Airachnid. Non andava fiero neanche
di
quello, nonostante Airachnid avesse fatto altrettanto e di peggio
durante il
conflitto su Cybertron.
Gli sarebbe
piaciuto poter dare la colpa a Spectrus di tutto
quel che era accaduto, gli sarebbe piaciuto poter dire che lui era un
mostro e
l’aveva corrotto, però era troppo onesto con se
stesso per pensarlo: ora come
due settimane prima lui non era una protoforma, era un mech adulto e
“veterano”
di guerra. Non era stato il medico a dirgli di dare retta a quel
compagno di
squadra che di Autobot aveva solo il simbolo, dunque Wheeljack si
considerava
sul suo stesso piano.
Era il motivo
per cui, una volta venuto tutto a galla, aveva
detto a Bulkhead che non erano più migliori amici. Bulkhead
meritava persone
migliori attorno, come il resto dei loro compagni di
squadra… o Miko. Quella ragazzina
era un demolitore nell’anima, se n’era convinto da
un pezzo.
“Se
le cose continuano così raggiungerò presto
Specter all’inferno”
pensò “Lo meritiamo in due. Mi spiace solo per la
sorella, ovunque sia: non ho
avuto modo di conoscerla per bene ma per non volerlo morto nonostante
tutto dev’essere
stupida o troppo buona, e ringraziamo la lingua lunga di questo demente
di
seeker per le informazioni”.
«Un
gruppetto di fuggitivi non possono distruggere questa
fortezza, anche perché per farlo dovrebbero riunirsi prima e
smettere di
nascondersi poi, contrariamente a quel che fanno da buoni codardi quali
sono»
affermò Starscream mentre col pungolo bruciava, impietoso,
parte del volto del
demolitore «Non che potrebbero fare altro. Optimus Prime
è morto, Specter è
morto anch’egli e non può cercare di avvelenare
tutti col Tox-En di nuovo, questo ignorando il
fatto che
cercherebbe di uccidere anche voi... gli Autobot sono spacciati,
finiti, kaputt,
quindi perché non ti decidi a parlare e basta?!»
«Perché
n-non so nulla!» sbottò Wheeljack, sibilando per
il
dolore al volto «E con questa sono ventinove volte che te lo
dico, henn troppo
cresciuta che non sei altro!»
Vedendo
Starscream avvicinare di nuovo il pungolo al suo
corpo, comprese che sarebbe stata l’ennesima sessione di
interrogatorio
estremamente lunga.
***
Sdraiato sulla
nuda roccia di una grotta sotterranea, più
morto che vivo ma ancora in grado di parlare, Optimus Prime
aprì lentamente i
sensori ottici azzurri.
«Ar…cee…»
Vorrei dire
tante cose ma non so da dove iniziare, per cui…
ebbene sì, ho cominciato davvero questa sequel dopo ANNI.
Chi ha letto la roba
che ho pubblicato ultimamente se lo aspettava ma questo è
solo un dettaglio. Spero
davvero di riuscire a proseguirla decentemente e a finirla,
soprattutto.
Spero che
questo primo capitolo vi sia piaciuto abbastanza
:)
Alla prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 2 *** 2- Alla deriva ***
2
(Alla deriva)
Quello
presente nella zona del Nevada in cui da tempo aveva
iniziato a essere presente attività aliena non si poteva
certo definire un
clima umido. Solitamente garantiva un ambiente arido e venti polverosi
che
avrebbero seccato la gola di esseri umani poco avvezzi a sopportarli.
Tuttavia,
quando decideva di piovere, lo faceva sul serio:
bombe d’acqua molto violente che in certi casi riuscivano
perfino a danneggiare
cose o persone si abbattevano senza pietà contro il terreno,
contro le rocce,
contro le case... e contro l’astronave Harbinger che,
abbandonata da Starscream
dopo che lui e Spectra si erano riuniti ai Decepticon nella Nemesis,
era
tornata a essere abitata da poco più di due settimane.
«Cercare
di rinforzare le parti dell’astronave che avevano
ceduto e di cui il miserabile non si era ancora occupato è
stata una buona
idea. Lì fuori sta facendo un disastro ma tu e io siamo al
sicuro qui dentro,
non ti devi preoccupare di nulla».
«Non
sono preoccupata, Dreadwing. Il rumore della pioggia mi
piace».
L’ormai
ex ufficiale Decepticon rimase in piedi vicino alla
cuccetta, guardando Spectra circondata da libri Decepticon
più vecchi
dell’astronave stessa -trovati in uno scomparto mai aperto da
altri se non
loro- e da otto grosse lampade di sale, si chiamavano così,
che lui stesso le
aveva portato nel corso della loro permanenza lì.
Dove le avesse
prese risultava un mistero per tutti eccetto
Dreadwing stesso, ed erano stati tentativi abbastanza maldestri ma
molto
“sentiti” per cercare di rallegrare Spectra almeno
un pochino. La cosa le aveva
strappato qualche sorriso.
«Spectra»
fece una breve pausa «Se c’è qualcosa
che posso
fare…»
«Hai
distrutto la tua vita e la tua carriera, è già
abbastanza».
Non sopportava
il fatto di sentirla parlare così, non
sopportava lo sguardo cupo in quegli enormi occhi azzurri che poco
più di due
settimane prima, nonostante tutto quel che lei aveva visto e passato,
non c’era
affatto. Nel guardarla aveva l’impressione di avere davanti
gli ultimi istanti
di vita di un debole fuocherello.
Odiava vederla
in quel modo.
«Non
parlare così» disse Dreadwing, sedendosi a sua
volta
sulla cuccetta «Di questo abbiamo già
discusso».
«Sì,
ma-»
«È
una fortuna che quel giorno ti abbia incontrata e abbia
scelto di andarmene con te. Se non fosse successo, forse a
quest’ora sarei
morto. Nel cercare vendetta per la fine di Sky Quake magari sarei
riuscito ad
avere ragione di Starscream, ma Lord- ma
Megatron» si
corresse, ricordando di non
essere più il suo secondo in comando «Se volesse
avrebbe abbastanza potenza di
fuoco da sfondarmi il petto con un solo colpo. Sono molto
più utile qui con te,
vivo, che sottoterra».
Gli era pesato
e gli pesava aver abbandonato la Nemesis: lui
e Sky Quake si erano uniti a Megatron perché credevano nella
sua causa,
l’avevano fatta propria e avevano agito di conseguenza per
eoni. Contrariamente
ad altri, ove con "altri" si intendessero personcine quali Starscream
ed
Airachnid, Dreadwing non era mai stato feccia traditrice interessata
solo al
potere, anzi, del potere non gli era mai importato in alcun ciclo dalla
sua
attivazione in poi. Era sempre stato leale a Megatron e, se non avesse
saputo
quel che aveva saputo riguardo Sky Quake, lo sarebbe stato ancora.
Il tradimento
che riteneva di aver subito però era stato
troppo grande per poter sorvolare: si sentiva ancora un Decepticon,
credeva
ancora nella Causa -il maiuscolo era d’obbligo- ma non
credeva più nel suo ex
superiore. Era disgustoso e disonorevole quello che Starscream aveva
fatto e lo
era altrettanto che Megatron l’avesse coperto e appoggiato,
invece di
terminarlo come avrebbe dovuto.
A volte, nei
momenti che precedevano la ricarica, Dreadwing
veniva pungolato dal pensiero “Trovi disgustoso e
disonorevole il fatto che la
tomba del tuo gemello sia stata profanata? Proprio tu, che a tua volta
aiutasti
Megatron a profanarne una?”, ma li soffocava rapidamente. Non
era tempo di
farsi troppe domande sulle proprie azioni passate, non aveva bisogno
delle risposte
che avrebbe ottenuto e c’erano questioni che lui trovava
molto più urgenti.
Come Spectra,
per esempio.
«Tutto
questo però è un
“forse”» disse Spectra «Quel
che ho
detto io invece è un dato di fatto. Non sai quanto mi
dispiace per tuo
fratello, per ciò in cui ti sei messo fuggendo con
me… per tutto!» esclamò
stringendosi la testa tra le mani «Forse dovrei-»
«Tornare
nella Nemesis così da darmi un problema in meno?
Hai già detto anche questo e la risposta è sempre
“no”» disse con decisione
l’ex ufficiale «Al di là del fatto che
non ti ritengo un problema, se tu lo
dicessi perché vuoi davvero tornare
lì sarebbe diverso, ti porterei lassù anche
adesso, ma che io sappia non è
così. O hai cambiato idea? Te la senti di tornare
da… dal tuo compagno?»
Lei si
rannicchiò, “abbracciò” le
ginocchia robotiche e,
dopo pochi istanti, scosse la testa. «No. Non me la sento ed
è anche per questo
che mi sento in colpa. Questo potrebbe causarti problemi con lui, e poi
l’ultima volta che io e lui ci siamo visti è
andata male, l’ho perfino ferito,
io… io non volevo fargli male, non volevo fare male a
nessuno. Non vorrei fare
male a nessuno…»
“Non
sei poi così
innocente”.
Le parole di
Spectrus, l’immagine di lui con le braccia
inservibili -ridotto così proprio da lei con un attacco a
sorpresa nel momento
in cui aveva superato il limite di sopportazione- si fecero strada nel
suo
processore con la violenza di un’astronave che precipitava.
Nel momento in
cui il tutto era accaduto non aveva fatto
caso a vari dettagli che invece le erano tornati in mente quando era
stata un
po’più lucida e aveva iniziato a rimuginare in
modo costante, quasi ossessivo,
sull’ultima volta che aveva visto Spectrus in vita.
Dettagli, come
il modo in cui l’aveva guardata dopo che lei
gli aveva mostrato i miglioramenti della gamba e gli aveva detto
“Ora sto
meglio di te, tu che dici?”, per poi attaccarlo.
Spectra ora si
rendeva conto di aver parlato in un modo in
cui avrebbe potuto parlare anche lui, e le era parso che per un
minuscolo
istante fosse stato quasi… fiero? Soddisfatto nel vederla in
procinto di fare
del male proprio come lui aveva fatto del male a tutti quanti,
godendone, e
senza risparmiare nessuno?!
“Non
sono come lui. Non sono come lui, non lo sono mai
stata, non voglio diventare come lui, non voglio diventare un mostro
anche io,
non voglio fare del male a nessuno-”
«Non
sono lui,
non
voglio fare del male a nessuno, lo giuro!...»
esclamò nascondendo il viso tra
le mani.
«Spectra-»
«N-no.
No, io… ora è tutto a posto. È tutto a
posto» ripeté
la giovane, cercando di ricomporsi «Mi dispiace per aver dato
spettacolo. Ormai
sembra che non sia in grado di fare altro, neanche fossi la sola ad
avere dei
problemi. Tu sei sempre stato gentile con me… io in tutto
questo ti ho mai
chiesto sei posso fare qualcosa per te?»
«Sì,
lo hai fatto anche questa mattina. Forse una cosa che
puoi fare per me c’è» disse Dreadwing,
stringendola tra le braccia blu «Non pensare di poter essere
o diventare come tuo fratello. Se tu
fossi anche solo vagamente simile a lui, ora non staresti
così. Lui era una
bestia».
«Forse
ho un po’colpa anche di quello» disse Spectra,
quasi
in un sussurro «Mi ha cresciuta perché i nostri
genitori erano stati uccisi ma
non avrebbe dovuto essere lui a farlo. Forse è diventato
così anche perché era
esasperato, non toccava a lui occuparsi di un’invalida che
per di più si è
dimostrata anche stupida. Non dire di no» aggiunse,
interrompendo sul nascere
la risposta di Dreadwing «Ha detto che mi ha lasciata vivere
solo perché gli
ero utile e obbedivo, non mi voleva bene e io di questo non mi sono mai
accorta:
una persona che non si rende conto di certe cose come va chiamata, se
non
“stupida”?»
«Se
io fossi stato al posto tuo, se Sky Quake oltre a essere
mio fratello mi avesse cresciuto e io avessi saputo di non avergli
fatto
alcunché di male, difficilmente avrei pensato che potesse
volermi morto. Non avrebbe
avuto senso e non sarebbe stata colpa mia» sul suo volto
giallastro comparve
un’espressione particolarmente dura «Soundwave
avrebbe potuto agire
diversamente anche qui e mi spiace che tu ora soffra, però
Spectrus non lo
merita».
«Lo
so» mormorò Spectra, con i sensori ottici
socchiusi «Però
era mio fratello. Lui non mi voleva bene, io invece sì,
moltissimo. Non volevo
che andasse offline, tantomeno per mano di Soundwave. Che non si
curasse
minimamente della decisione che avevo preso e lo uccidesse non era
qualcosa che
mi aspettavo… e io di come funzionino le cose in una coppia
non so molto, però
non mi sembra un buon inizio».
Pur
concordando, Dreadwing non disse nulla.
«E,
Dreadwing… “anche” qui?»
«Mh?»
Restando
sempre immobile tra le sue braccia, Spectra sollevò
appena lo sguardo per incontrare quello vermiglio del Decepticon.
«Hai detto
“Soundwave avrebbe potuto agire diversamente anche qui”. Vuol
dire che anche prima hai visto qualcosa da parte
sua che non ti è piaciuto» breve pausa di silenzio
«Sul momento non avevo fatto
caso alle tue reazioni ma se ci penso ora… tu non eri felice
quando è diventato
il mio compagno di vita».
Non era una
domanda, era un’affermazione. Dreadwing ebbe
l’impressione di star camminando sul filo del rasoio, incerto
su cosa
risponderle perché non avrebbe voluto fare la parte di
quello che metteva il
dito tra moglie e marito; poi però decise che era inutile
negare, dato che lei
lo sapeva già.
«Non
lo ero perché nel corso del tempo ho visto più di
una
cosa che non mi è piaciuta. Una te l’avevo detta
il giorno stesso in cui è
successa, forse lo ricordi».
«Il
giorno in cui Starscream ha tentato di violentarmi.
Sì».
«Sì»
ripeté Dreadwing, un po’colto di sorpresa per il
modo
in cui lei aveva parlato «Stavo dicendo, anch’io
avrei voluto ridurre in un
rottame quel miserabile, però tu avevi bisogno di aiuto, era
quello
l’importante».
«Starscream
non mi si deve avvicinare mai più».
«Avvicinarsi
a te significherebbe avvicinarsi anche a me.
Sky Quake è morto sotto il suo comando e lui l’ha
reso un terrorcon, Starscream
dunque merita di prendere il suo posto nella tomba. In ogni caso,
tornando a
noi, quel che successo in quel frangente è uno dei motivi
per cui quando l’hai
sposato non ero contento. Tu però lo eri, quindi non
c’era molto da dire».
«Dopo
aver letto
tante fiabe volevo la mia. Ci credevo davvero» disse Spectra
«E in effetti il
cattivo è morto per mano del cosiddetto principe
azzurro».
Era
soprattutto pensando a Spectrus e Soundwave che si
sentiva persa. Uno era stato il suo punto di riferimento per tutta la
vita, la
sua famiglia, ed era finita com’era finita; l’altro
si era offerto di diventare
la sua nuova famiglia, a livello tecnico essendo diventato il suo
compagno di
vita lo era perfino, e anche con lui era andata com’era
andata. Erano passate
più di due settimane e non l’aveva ancora
perdonato.
Non aveva
più i suoi principali punti di riferimento, non
aveva una “casa” che sentisse veramente
sua -lei stessa aveva suggerito di andare nell’Harbinger
perché aveva ritenuto
che fosse la soluzione più pratica, ma quel posto le
ricordava Starscream. Non
era piacevole- e Dreadwing aveva già abbastanza problemi per
fatti propri. La
sola cosa che la consolava un po’ riguardo lui era il
pensiero di poter avere
un minimo di utilità standogli vicina quando veniva fuori il
nome di Sky Quake.
Riusciva a mettersi nei suoi panni, era orrendo immaginare di avere un
fratello
zombie che vagava senza riposo.
«Tanto
tempo fa mi hanno detto “Pare che a volte le fiabe
diventino realtà, anche se non nel modo e nelle parti in cui
ci si
aspetterebbe”» continuò Spectra
«Mi sa che era la verità».
«Mi
sa di sì» concordò Dreadwing, per poi
restare sulla
cuccetta con lei, in silenzio, ad ascoltare la pioggia ancora battente.
***
Ai piedi di
una montagna, riparati dalla pioggia grazie a
una grotta, Bulkhead e Miko Nakadai erano appena riusciti ad accendere
un falò.
«Evvai!»
esultò la ragazzina «Visto? Te l’avevo
detto che l’accendino
aveva un’utilità!»
«L’accendino
sì, le sigarette no, Miko…» disse il
demolitore, con più di una punta di rimprovero nella voce.
«Non
è un vizio, è uno sfizio»
replicò lei, giocherellando
con una delle ciocche rosa dei suoi capelli «Sono quelle
più leggere e un pacchetto
da venti mi dura quasi due mesi, lo sai».
«Allora
potresti smettere e basta. Mi preoccupo per la tua
salute come tu ti sei sempre preoccupata della mia. Ricordi quando mi
costringevi a fare esercizio dopo i danni che avevo subito combattendo
contro
quell’insecticon?»
«Sì,
ma qui è diverso! Da quando sono con te poi non ne ho
fumata neppure una, hai visto?»
«Ho
visto… e ho apprezzato» annuì Bulkhead,
con un debole
sorriso, per poi tornare a guardare fuori dalla caverna.
Lo aveva fatto
per tutto il tempo da quando erano arrivati
lì ed era iniziato il temporale e Miko, sapendo benissimo
qual era il motivo
dietro quell’azione, si rattristò.
«Tu
speri ancora che arrivi?»
Il grosso
Autobot dalla corazza verdastra strinse la
mascella, con uno sguardo ferito nelle ottiche azzurre. «Io
non riesco ancora
ad accettarlo, Miko. Jacky è sempre stato un solitario ma
mai un traditore».
«Io
non capisco come abbia potuto decidere di mollarci per
quello Specter! E di aiutarlo a farci saltare per aria»
aggiunse, rabbiosa, la
ragazzina «Col risultato che i Decepticon ci hanno trovati, e
ora… e ora gli
altri…»
«Non
è detto che abbia partecipato o che sapesse cosa voleva
fare Specter. Forse si è sganciato, forse è la
fuori e mi sta cercando perché
vuole tornare con noi» si ostinò a dire Bulkhead,
in strenua difesa del suo ex
compagno d’armi «E, se è
così, il protocollo dei demolitori prevede di incontrarci
qui. Questo è anche un posto in cui siamo al sicuro dai
Decepticon».
«Siamo
al sicuro, a meno che Wheeljack parli a Spectrus di
tutto questo e decidano di attaccare in due. Tu sei più
forte di loro» non era
così e lo sapeva, ma Miko lo disse ugualmente
«Però ti dispiacerebbe lottare
contro Wheeljack, io lo so».
«Potessi
capire perché si è lasciato convincere a
seguirlo…
non me lo spiego» borbottò Bulkhead
«Potessi avere l’occasione di parlarci
faccia a faccia!...»
Illusioni,
miraggi e speranze: erano le ultime cose a morire
e in quel momento in cui si sentivano persi, totalmente alla deriva,
erano
tutto ciò che avevano.
***
“Com’è
che sono in grado di trovare tutto, ma quando sei tu
a sparire non riesco mai a fare quello in cui sono bravo?”
Per Soundwave
era sempre stato così da quando aveva conosciuto
Spectra, in passato era già capitato che sparisse e che lui
la cercasse senza risultato.
Non riusciva a
cavare un ragno dal buco con nulla negli
ultimi tempi, lo dimostrava il fatto di essere riuscito a localizzare
gli
Autobot solo un paio di volte, non per merito proprio, quanto per
demerito
altrui. In un caso era successo grazie a un messaggio di testo spedito
da uno
degli umani che accompagnavano gli Autobot -il nome
dell’umano in questione era
salvato come “Jackson Darby” nel sui database- e
anche allora i vehicons, pur
essendo in superiorità numerica, non erano riusciti ad avere
ragione di lui e
di Arcee. Quella femme Autobot però era sempre stata dura a
morire, andava
ammesso: era sopravvissuta anche a quel pazzo bastardo di Spectrus
Specter.
“Contrariamente
al mio matrimonio”.
Il cubo di
energon -comune, non extra forte per fortuna-
svuotato poco prima finì contro una parete. Meglio quello
che rompere la
propria strumentazione di lavoro e, nervoso com’era in quel
periodo, il rischio
era alto. Era un mech tanto disperato quanto convinto di avere
perfettamente
ragione in tutta quella faccenda e di star venendo trattato in modo
ingiusto.
Megatron
parlava bene, gli aveva detto “Avresti dovuto
lasciare che fossi io a finirlo, tu non avresti potuto fermarmi in ogni
caso e
tua moglie non avrebbe potuto darti la colpa di
alcunché”, però lui non poteva
assolutamente capire quali sentimenti l’avessero spinto a
scagliare Specter
contro la montagna nel momento in cui il cannone aveva fatto fuoco.
Quell’essere immondo aveva provato a ucciderlo e,
soprattutto, aveva provato a
uccidere il suo Scricciolo per ben due volte.
“Lei
mi ha detto ‘Era mio fratello, avresti
dovuto
rispettare la mia decisione’, peccato che fosse una decisione
pessima, come tutte
quelle che ha preso” pensò “Quando si
trattava di Spectrus non era lucida,
qualcuno doveva esserlo al posto suo e, non essendo lucida, quello che
voleva
non contava: contava quel che era bene per lei. Sono sicuro che se
fosse
rimasta qui l’avrebbe capito, invece no,
quell’avvoltoio l’ha vista sconvolta e
ne ha approfittato subito”
.
Così
come Spectra in quel periodo, rimuginando, aveva fatto
caso a dettagli che le erano sfuggiti, lo stesso aveva fatto Soundwave.
La
reazione di Dreadwing al suo matrimonio, quel suo “ha solo
convenienza ad
accompagnarsi con lei”, il modo in cui se n’era
andato, il fatto che fosse
sempre stato disponibile a starle un po’troppo vicino, tutto
aveva assunto un
significato molto diverso dopo gli ultimi avvenimenti. Aveva pensato di
dover
proteggere lei e il loro rapporto solo dai nemici più palesi
ed era stato un
ingenuo assoluto.
“Me
la starà mettendo contro anche in questo momento
dicendole che Spectrus non meritava di morire, che deve starmi lontana
a
prescindere e che non la riporterebbe qui nemmeno se volesse
perché quel che ho
fatto ‘è imperdonabile’, e lei gli
darà retta, perché si fida! ‘Non
tenterà di
farle qualcosa che non vuole’, dice Megatron, ma il problema
è che se lui la
manipolasse lei potrebbe arrivare a volerlo eccome, e allora
io… io non la
voglio perdere. Non riesco neanche a capire perché Megatron
non lo veda come il
disertore che è. È andato via o
sbaglio?!”
Il suono di
una comunicazione in entrata verso la base
riuscì a distrarlo dai suoi pensieri -per fortuna- e la
deformazione
professionale fece sì che si mettesse in ascolto prima
ancora di decidere
coscientemente di farlo.
– Lord Megatron, qui
Knockout. Le annuncio di aver portato a termine con successo la mia
missione su
Cybertron, sono riuscito a recuperare più d’una
reliquia… e c’è una bella
sorpresa!
–
– Una bella sorpresa?
Bene, vedremo di cosa si tratta. Avevo bisogno di sentire queste
parole, dato
che buona notizie su altri fronti non ne
abbiamo ancora. L’Autobot nostro gradito ospite
non si decide ancora a
parlare… o sbaglio, Starscream? –
–
Non
ancora, Lord Megatron, ma sono sicuro
che lo farà presto, mi sto impegnando al massimo per
riuscire a ottenere i
risultati che speriamo, può esserne sicuro! –
Alla rabbia e
al nervosismo si aggiunse il disprezzo puro.
Soundwave sperava che Megatron cambiasse idea riguardo il non
terminarlo, prima
o poi. In teoria il pestaggio che lui gli aveva dato avrebbe dovuto far
sì che
imparasse la lezione, in pratica Starscream non era esattamente noto
per
imparare lezioni di alcuna sorta.
Purtroppo.
***
«C-cos…
no! Non può essere!» esclamò
Starscream, con i
sensori ottici spalancati e le alucce da seeker abbassate per colpa di
un’inquietudine profonda, facendo più di un passo
indietro.
Knockout come
aveva anticipato era uscito dal Ponte con le
reliquie -esaminate brevemente e portate subito nella Nemesis dai
vehicons- il
che era ottimo; quel che invece era tutt’altro che ottimo
erano i passi pesanti
e la figura mastodontica che stava uscendo lentamente e inesorabilmente
fuori
dal portale luminoso. Entrambe cose familiari per il seeker argentato,
che in
passato aveva fatto o mancato di fare
cose che gli avevano fatto guadagnare più di un nemico.
«Shockwave!»
esclamò Megatron, con un largo ghigno appuntito
sul volto nel rivedere lo scienziato Decepticon «Proprio il
vantaggio tattico
che ci serviva. Dato che ultime notizie che mi avevano
portato…» si voltò
brevemente a dare un’occhiataccia a Starscream
«Sono felice ma stupito di
vederti ancora in vita».
Megatron non
era sciocco, conosceva da molto tempo quel
grosso Decepticon dall’armatura viola e un unico, inquietante
occhio rosso e
sapeva benissimo che non era tanto leale a lui o alla causa dei
Decepticon,
piuttosto lo era verso la scienza e a chi gli concedeva spazio, fondi e
materiali per le sue ricerche -le quali in passato avevano raggiunto
punti tali
da indurlo a tenerlo sì sotto controllo, ma anche abbastanza
a distanza -un discorso
che valeva per più di un Decepticon, a dir la
verità.
Tutto
ciò però non era un problema, dal momento che se
c’era
qualcuno che poteva procurargli ciò che desiderava era
proprio lui. Sapeva
anche su cosa far sì che si concentrasse in futuro:
l’Omega Lock era stato
distrutto, ma non per questo Megatron intendeva arrendersi ora che
Shockwave
era tornato tra i suoi ranghi. Non c’era altro scienziato nel
cosmo che potesse
compiere un miracolo e riparare il vecchio Omega Lock o costruirne uno
nuovo di
sana pianta, in qualche modo.
«Le
notizie sulla mia dipartita sono state alquanto… premature» disse
Shockwave, con voce
cupa e profonda, puntando lo sguardo su Starscream.
«E-ehm,
sì, ecco, ti assicuro che ho delle spiegazioni per
questo, ottime spiegazioni» assicurò il
Decepticon, spostandosi di lato per
nascondersi dietro a Megatron.
Knockout, a
quella scena, ridacchiò senza alcun ritegno.
«Magari
riuscirebbe a capirle meglio se riuscisse a vedere anche il labiale,
quindi non
nasconderti!»
Starscream si
voltò verso di lui per dargli un’occhiataccia.
«Fatti gli affari tuoi!» sibilò
«Non- aaah!
Ehm»
sobbalzò, rendendosi conto che ora Shockwave era dietro di
lui «Come
ti dicevo, posso spiegare, se Lord Megatron mi consente…
signore?!...»
Megatron
l’avrebbe anche fatto ma non ebbe il tempo: il
suono della sirena di un potente allarme si fece strada nei recettori
uditivi
di tutti cogliendoli di sorpresa.
«Che
succede?! Per cos’è questo allarme?!»
esclamò il seeker
argentato.
«Dovrebbe
scattare quando in caso di rivolte o grossi
problemi all’interno della fortezza o della
Nemesis» rispose Megatron «Soundwave!
Aggiornami!»
– Ignoro quale sia il
motivo ma stando al sistema di sorveglianza i vehicons presenti in
buona parte
dei settori di Darkmount e di quelli della Nemesis sono impazziti e si
stanno
divorando tra loro. –
«Che
vuol dire “si stanno divorando tra
loro”?!» allibì
Starscream, prima di ammutolire nel ricordarsi di essersi ripromesso di
non interagire
con Soundwave o comunque farlo il meno possibile.
«Mi
fa ancora specie sentirlo parlare» commentò
Knockout
«Cos’è, i soldati hanno saltato la
razione di energon giornaliera?»
«C’è
poco da scherzare» ribatté Lord Megatron,
attivando il
cannone a fusione «Dobbiamo fermare il disastro e soprattutto
capire da cos’è
stato provocato! Soundwave, non vedi nulla di strano?!»
– Negativo. –
«Desidero
precisare che, nonostante le mie ricerche e i miei
esperimenti passati rendano quasi logico pensarlo, quanto sta accadendo
non è
in alcun modo legato al mio arrivo in questa fortezza» disse
Shockwave «Tuttavia
chiedo in anticipo il permesso di studiare alcuni dei soggetti
“impazziti” per
comprendere appieno la causa».
Il rumore di
svariate esplosioni fece capire a tutti quanti
che forse era il caso di iniziare a darsi una mossa e, forse, di dare
un’occhiata
approfondita allo stato del sistema di sorveglianza.
***
«Che
succede là fuori?» esclamò Wheeljack,
provato dai vari
interrogatori subiti ma ancora abbastanza in forze da cercare senza
successo di
liberarsi «Ah, dannazione!»
Anche da
lì si sentiva perfettamente l’allarme e si erano
sentite le esplosioni. Per un attimo osò perfino pensare che
si trattasse dei
suoi compagni… per poi ricordarsi che erano ex compagni e
che, in ogni caso, se
anche l’avessero trovato lì non
l’avrebbero liberato.
La porta
scorrevole si aprì.
«Allora
sei proprio tu. Mi era sembrato di riconoscere la
tua voce, Wheeljack, “amico mio”».
Gli occhi
azzurri del demolitore si spalancarono per lo
stupore.
«Tu?...»
Chi
sarà mai la persona misteriosa che compare
nell’ultima
part… dai, devo proprio dirlo? Ma proprio proprio?
:’D
Ringrazio di
cuore le generose ragaSSuole che hanno letto e
recensito il capitolo precedente, oltre che chiunque si sia preso la
briga di
aver letto fin qui. Alla prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 3 *** 3- Se il caos sfugge di mano ***
3
(Se
il caos sfugge di mano)
«Resisti,
Optimus, cerca di resistere ancora un
po’!…»
«Credo
che per me sia tardi… Smokescreen» disse il leader
degli Autobots, stringendo i denti per trattenere un lamento.
Anche nelle
condizioni attuali cercava di mostrare la
dignità di un comandante, anche se iniziava a convincersi
che non avrebbe
potuto mantenere per molto quel titolo.
Smokescreen
gli aveva detto di essere uscito dalla base come
da piano, salvo rientrare poco dopo grazie al Phase Shifter
-fortunosamente
recuperato durante la battaglia per l’Omega Lock- proprio per
tentare di
salvarlo. Non era riuscito a evitargli l’impatto, tuttavia
era riuscito a
trascinarlo in una grotta sotterranea poco prima che Starscream e vari
vehicons
scendessero a terra proprio per verificare quanti danni avevano fatto.
«Finché
la tua Scintilla pulsa ancora, non è tardi! Il
gruppo ha bisogno di tornare insieme, tutti noi abbiamo bisogno di te.
Arcee ha
bisogno di te!» aggiunse poi la giovane ex guardia
d’élite «Non vorrai lasciare
da sola la tua compagna di vita, spero. Cerca di resistere anche per
lei!»
Prime strinse
un pugno. Certo che non voleva lasciarla sola,
non avrebbe voluto lasciare solo nessuno dei suoi sottoposti e lei
ancor meno.
Era stata il suo primo pensiero quand’era riuscito a
risvegliarsi in quella
grotta, continuava a essere il suo primo pensiero anche adesso e, se
mai fosse
sopravvissuto, sarebbe stata il suo primo pensiero al pari
dell’essere un buon
leader -cosa cui dava più priorità che alla
propria vita.
Era stato
stupido a impedirsi di vivere i propri sentimenti
per lei ed era stato anche per questo che Arcee era finita nelle mani
di
Spectrus Specter -Smokescreen gli aveva detto che i Decepticon lo
davano per
morto. Buona notizia- venendo tradita in molteplici modi, ferita in
altrettanti
e rovinata in modo quasi completo ma, per fortuna, non irrimediabile.
Per un
certo periodo l’avevano perfino ritenuta una traditrice,
complice il fatto che
si fosse trovata a scappare via con Airachnid e che Wheeljack avesse
parlato a
suo sfavore per coprire se stesso e il compagno di merende.
Ecco: il
tradimento finale di Wheeljack era tra le cose che
gli facevano più male in quella faccenda, perché
aveva sempre pensato di saper
valutare decentemente le persone nonostante la tendenza a sperare che
fossero
meglio di quel che erano o comunque migliorabili. Sapeva di non essere
mai
riuscito a guadagnarsi la sua ammirazione al punto di farlo restare
nella base
in pianta stabile ma c’era differenza tra essere un solitario
ed essere un
traditore unendosi a uno dei peggiori soggetti che avesse mai
conosciuto.
«Cerco
di farlo… Smokescreen, cerco di… voglio farlo.
Però l-la mia Scintilla non reggerà… a
lungo, purtroppo
me ne rendo conto».
«I-io…
sì. Capisco» disse Smokescreen, che a sua volta
era
perfettamente conscio delle condizioni del comandante
«Però ho avuto un’idea a
riguardo: nella Forgia di Solus Prime dovrebbe esserci rimasto potere a
sufficienza
per guarirti».
«Non
dicevi… che i Decepticon hanno-»
«Al
momento sì, ce l’hanno loro, però a
questo si può
rimediare. Il Phase Shifter ha una sua utilità quando si
tratta di entrare il
luoghi ben sorvegliati» sorrise l’Autobot,
attivando la reliquia in questione.
«La
Forgia… dovrebbe essere utilizzata p-per riparare
l’Omega Lock. Cybertron…»
Un’altra
cosa che gli pesava molto sulla coscienza era aver
condannato il proprio pianeta a restare privo di vita,
benché ritenesse di non
aver potuto fare altrimenti. Se Megatron si fosse limitato a
rivitalizzare
Cybertron non avrebbe avuto molto da dire, sarebbe stato perfino
intimamente
contento, però non era andata così: se il suo ex
amico aveva cercato di
cyberformare il pianeta Terra e lui non aveva potuto permetterglielo.
La Terra
aveva accolto lui e il resto del Team Prime dando loro una base -una
“casa”,
quasi- i suoi soldati avevano stretto amicizia con i ragazzini e il
resto
dell’umanità non c’entrava
alcunché con la guerra tra Autobot e Decepticon, non
era giusto che finisse vittima di essa.
«Cybertron
è morto da tempo e, se l’Omega Lock venisse
risanato,
al momento sarebbe un pianeta vivo ma senza popolo. Non sappiamo
neppure dove
siano finiti quelli che erano sull’Arca, me l’ha
detto qualcuno della squadra
quando sono arrivato. Tu invece sei qui, sei vivo e tale devi restare
per il
bene di tutti quanti, Arcee soprattutto. Riguardo l’Omega
Lock e Cybertron
troveremo una soluzione in futuro e sarà più
facile se sarai qui a guidarci»
concluse Smokescreen.
Era insicuro
su molte cose -specie di se stesso- nonostante
cercasse di mostrare il contrario, però su quello non aveva
incertezze, al
punto di abbandonare la grotta prima che Optimus potesse rispondergli.
Dirigendosi
velocemente a Darkmount, iniziò a fare mente
locale su dove potesse trovarsi la Forgia.
“Il
posto è bello grosso, potrebbero averla messa
dovunque…
a meno che abbiano mantenuto l’abitudine di tenere nella
Nemesis le cose
veramente importanti!” pensò l’Autobot
“Un posto relativamente piccolo è più
facile da sorvegliare”.
L’aveva
detta giusta, tuttavia una volta giunto a Darkmount i
suoi pensieri furono distratti da ben altro: nello specifico dal suono
penetrante di un allarme e quello potente di una serie di esplosioni.
“Ma
cos… forse gli altri si sono già
riuniti?” ipotizzò,
riuscendo a infilarsi facilmente all’interno della fortezza
grazie alla
confusione totale che c’era e iniziando
ad attraversare una parete dopo l’altra con più o
meno cautela, direzione
Nemesis “Mi era venuto in mente che forse gli umani potessero
star tentando di
nuovo un assalto ma finora che io sappia non sono neanche riusciti ad
avvicinarsi a-”
Portò
le mani davanti alla bocca, riuscendo così a chiuderla
contenere l’urlo che gli era venuto spontaneo nel trovarsi
davanti la vera
origine del caos all’interno della fortezza.
Smokescreen si
era unito al Team Prime dopo un “allegro”
soggiorno nelle carceri Decepticon e, benché fosse stato
lì e in passato fosse
stato la guardia personale di Alpha Trion, nulla del suo vissuto
l’aveva
preparato alla scena che aveva davanti.
“Ma
perché?!...”
Orde impazzite
di vehicons di molteplici tipi si stavano
staccando gli arti a vicenda per poi divorarli, ciò nei casi
in cui non davano
l’assalto diretto ai crani altrui dilaniandoli nel tentativo
di fare la stessa
cosa col processore al loro interno. Al giovane Autobot sembrava di
star
guardando uno di quei film horror che aveva visto assieme a Jack
-zombie,
sangue e interiora varie in giro- però in quel caso era dal
vivo e, no, non lo
trovava divertente. Lo trovava terrificante, tanto da ringraziare
nuovamente il
cielo di aver recuperato il Phase Shifter.
“Meglio
mantenerlo sempre attivo. Non so cos’abbia causato
questo ma se resto in questo stato magari non potrà colpire
anche me” fu il
pensiero semplicistico, però corretto, che ebbe Smokescreen
nel decidere di
farsi coraggio e andare comunque avanti per la sua strada verso la
Nemesis
“Questo però mi sembra qualcosa che non potrebbero
riuscire a fare né gli
esseri umani, né i miei compagni. Allora però
chi?...”
***
«Allora
sei proprio tu. Mi era sembrato di riconoscere la
tua voce, Wheeljack, “amico mio”».
«Tu?...»
Perfettamente
in salute, col solito sguardo penetrante e il
detestabile vago accenno di sorriso arrogante, Spectrus Specter
sembrava
perfettamente in forma, alla faccia di chi lo dava per morto e
festeggiava per
questo.
Le sole cose diverse rispetto a prima erano delle strane strisce di
vernice bianca su alcune parti della sua corazza nera e blu, alle quali
però
Wheeljack non fece caso più di tanto.
«Tu
sei… credevo fossi offline!» esclamò il
demolitore
«Tutti lo credevano!»
Dagli
altoparlanti si sentì un breve rumore di statiche.
– EH!
VOLEVIH! Volev- guarda che faccia! Guarda
che faccia! Non se l’aspettava!... –
Se udire
quella voce sconosciuta -proveniente da un video
presente nella primordiale rete degli esseri umani, ma Wheeljack non
poteva
saperlo- lasciò l’ex demolitore alquanto
perplesso, la sola reazione di
Spectrus fu una brevissima alzata di sopracciglio.
Evidentemente,
chiunque fosse stato l’artefice di
quell’intromissione non lo preoccupava… e non era
Soundwave.
«Se
davvero avete creduto che fossi morto pur non avendo trovato
il mio cadavere, allora siete diventati ancor più stupidi di
quanto ricordassi.
Tu più di tutti. Lasci Prime e la sua squadretta, tenti di
tradire anche me e
ti fai perfino catturare? Allora non hai proprio imparato
nulla».
Wheeljack
tentò nuovamente di liberarsi, sempre senza
successo. «Come sai-»
«I
danni che hai riportato. A guardarti direi che sei stato
coinvolto nella distruzione dell’Avamposto Omega, seppur in
maniera limitata,
il che è molto strano essendoti rifiutato di venire a farlo
esplodere insieme a
me e avendo dichiarato che saresti rimasto indietro. La sola
spiegazione della
tua presenza lì è quella dei ripensamenti tardivi
per i quali sei già noto».
«Ho
cercato di avvertirli perché nonostante tutto non sono
ancora arrivato al tuo livello» ribatté Wheeljack,
guardandolo con un certo
disprezzo. Non temeva granché le possibili ripercussioni,
ormai.
«In
effetti hai ragione, sei molto più in basso, al punto di
non capire che avresti fatto una figura migliore restando coerente con
le tue
azioni» replicò Spectrus, per nulla toccato
«Invece di cercare di mettere a
tacere una coscienza della quale non ti importava granché
quando ti lamentavi
della leadership di Optimus Prime e ti svuotavi dentro ad Airachnid.
Memoria
corta?»
«Airachnid
era una nemica» borbottò l’ormai ex
Autobot, pur
sapendo bene che non era una giustificazione «E tu hai fatto
molto di peggio».
«Certo
che l’ho fatto. In ciò però ti ricordo
che, se
Airachnid era una nemica, per la cara Arcee non valeva lo stesso,
eppure eri
pronto a condividere anche lei. Anche oggi, un minimo di coerenza la
cercherai sotto
la cuccetta domani!»
Quando Specter
tirò fuori la spada, Wheeljack pensò di
essere arrivato al capolinea. Forse sarebbe stato anche giusto,
pensò, finire
all’altro mondo per mano della persona da cui si era lasciato
rovinare. Aveva
qualche dubbio che fosse tutta un’allucinazione ma avrebbe
avuto presto la
conferma o la smentita.
Ciò
che lo teneva imprigionato venne tranciato in due dalla
lama, e fu quasi per miracolo che Wheeljack riuscì a
reggersi sulle ginocchia
ed evitare di crollare a terra.
«Assodato
che continui a fare schifo quanto e più prima
nonostante gli pseudo rimorsi, hai ancora voglia di rinfacciarmi altro
o vuoi deciderti
a fare quello che fa un demolitore? Più caos si crea,
più falle ci sono nella
sorveglianza… e più facilmente potrò
finire il lavoro uccidendo quell’ingrata
invalida che condivide il mio codice genetico, oltre che il mio
“caro” cognato».
«Allora
ti può andare bene solo a metà. Soundwave
è da
qualche parte qui o nella Nemesis ma tua sorella se
n’è andata con Dreadwing il
giorno in cui sei “morto”».
Ci fu un breve
attimo di silenzio da parte di Spectrus.
«Prego?...»
«Spectra
e Dreadwing-»
«Avevo
capito. Sono solo indeciso se mettermi a ridere per
il fatto che quella inutile deficiente abbia imparato dal sottoscritto
qualcosa
più di te, essendosi sposata con un mech per poi fuggire con
un altro il giorno
successivo, o incazzarmi perché non è qui e
nessuno me l’ha detto!»
sbottò nel comm-link «Bustin!»
«Chi
sareb-»
«Dopo,
Wheeljack. Bustin!»
Tutto
quel che riuscì
a sentire dall’altro capo della comunicazione fu la sigla di
un anime che in
quelle oltre due settimane di tempo aveva imparato a conoscere fin
troppo bene.
– “What
is my destiny, Dragon Ball?Tu non ce lo
dirai, Dragon Ball”… –
«So
benissimo che mi stai ascoltando» insistette Specter
«Quindi
dimmi perché non mi hai detto che la storpia rimbecillita
non è qui!»
– Io te
l’avrei detto…
ma tu non me l’hai chiesto! – replicò una
tranquillissima voce che era
maschile, seppur un po’sottile.
«Un
assistente più stronzo non potevo trovarlo!»
– “Le brutte
intenzioni la maleducazione, la tua brutta figura di questa se-eera/ la
tua
ingratitudine, la tua arroganza, fai ciò che vuoi mettendo i
piedi in testa-”
–
Spectrus, dopo
un breve sbuffo, chiuse la comunicazione. «Non
credo che la pace durerà a lungo. Usciamo» disse,
uscendo dalla stanza assieme
a Wheeljack.
«Dove
hai trovato questo “Bustin”? È un
transformer?»
domandò il demolitore.
Non era sua
intenzione continuare a seguire Specter, benché
questi fosse stato efficiente nel ricordargli quanto e
perché lui facesse
schifo nonostante tutto. Nel caso fossero riusciti a uscire da
Darkmount se ne
sarebbe stato da solo, quella era l’idea, e avrebbe
affrontato tutto quel che
sarebbe venuto poi. Nulla che non avesse già fatto in
passato, del resto.
«Il
nome non è molto da umano, ti pare? È-»
– “…Certo
che il caos
è una forma d’arte/ ma tu sai solo spargere droga
in giiiro” – si
sentì
dagli altoparlanti, dopo un’altra breve serie di statiche.
«Appunto,
la pace non è durata a lungo».
–
“Ringrazia
Primus che sei in quella
fortezza/ rispetta chi ti ci ha portato dentro/ Questo sono
iiio!”… e Soundwave
si è appena accorto della presenza di qualcuno nel suo
sistema di sorveglianza.
Non mi ha ancora trovato, comunque. –
«Immagino
che in questo periodo sia un po’distratto»
replicò
Spectrus «Lui e il resto degli ufficiali Decepticon dove
sono?»
– Alcuni piani sopra
di voi, tranne Soundwave che invece è ancora nella Nemesis e
si sta “avvicinando”
rapidamente a me. Immaginavo che sarebbe successo, mi avevi detto che
è bravo
nel suo lavoro. Se mi trovasse, e dopo averlo fatto riuscisse a
tagliarmi
fuori, non potrei più “nascondervi” al
sistema, però in caso di necessità ho
già un’idea per rallentarlo. A meno che tu abbia
in mente dell’altro ancora. –
Un folto
gruppo di vehicons non impazziti svoltò l’angolo,
iniziando a sparare contro Spectrus e Wheeljack appena li vide; non che
fosse
un problema, Wheeljack restava superiore a qualunque vehicon nonostante
le
torture subite -e non era stato neppure disarmato, dunque
poté iniziare presto
a far danzare le sue lame- mentre Spectrus oltre a essere un mech
decisamente
grosso quanto svelto era anche perfettamente in forma.
«Ho
in mente dell’altro» confermò Spectrus
«…pare che far
finire la circletine mal tagliata solo in certi settori sia stata una
buona
idea. Savi sono ancor più facili da gestire»
commentò.
Era quella la
ragione per cui i vehicons si stavano
divorando tra loro. La circletine -uno dei tanti prodotti della
città Stato
nota come Pettinathia- di norma non
era una droga letale se assunta nelle giuste dosi: se mai si poteva
iniziare a
pensare di essere un drago, il nonno del proprio nonno o si credeva di
aver
trovato il mondo di Narnia in un armadio, o tutto insieme.
Se assunta mal
tagliata per via aerea, tuttavia, causava
delirio, allucinazioni, cannibalismo e rapidi danni
“neurologici” irreversibili.
«Circletine
mal tagliata?! Quella roba è quasi peggio del
Tox-En che hai usato tempo fa!» esclamò Wheeljack,
scagliando un vehicon
addosso ad altri due «A proposito, mi pare che la strategia
non sia cambiata
molto rispetto alla volta nella Nemesis».
«Non
ho dovuto nemmeno sforzarmi per inventare qualcosa di
nuovo, renditi conto di come sono messi. Bustin, stando alle mappe che
hai
scaricato, il cannone a fusione gigantesco di questa fortezza non
dovrebbe
essere troppo lontano da qui, sbaglio? E una volta usciti dovrebbe
esserci una
pratica scalinata».
– Non sbagli.
È a
relativamente poca distanza da dove vi trovate – fece una
breve pausa – Penso di starti
seguendo, anche se più di un
otto su dieci per l’imitazione non potrò darti, ti
manca la sigaretta. Ma riuscirò
a tenere impegnato Soundwave fino a quando dovrà
proprio vederti! –
***
“Una
sostanza dannosa liberata all’interno della struttura,
il sistema di sicurezza che non rivela nulla di utile, esplosioni,
caos… tutto
questo mi ricorda qualcosa. Però ho provveduto personalmente
alla terminazione
di Specter, dunque è da escludere in modo
categorico” pensò Soundwave “Per non
parlare del fatto che, sì, quella volta riuscì a
ingannarmi, ma non era così bravo. Immagino che
gli Autobot
superstiti si siano riuniti e abbiano cambiato metodi”.
Soundwave non
aveva ancora trovato chi era penetrato nel suo
sistema ma la distanza tra lui e l’hacker misterioso si
accorciava a ogni
nanoclick. Non aveva idea di chi potesse essere, anche se le opzioni
più
plausibili erano Ratchet o, forse, il ragazzino umano con gli occhiali.
Non
aveva mai davvero interagito con lui ma aveva dovuto ammettere a se
stesso -a
malincuore, trattandosi di un organico- che fosse più bravo
di vari
transformers che aveva conosciuto o conosceva.
– Lord Megatron, il
sensore che ho mosso attraverso i condotti di aerazione dei settori
colpiti ha
rivelato la causa del comportamento dei vehicons. Si tratta di un tipo
di droga
sintetica abbastanza costosa, a me conosciuta a causa di precedenti
studi,
reperibile in tutt’altro quadrante del cosmo rispetto a
quello in cui ci
troviamo
– sentì dire Shockwave a chiunque fosse in ascolto
– Possiamo
evitarne gli effetti con un
ricambio d’aria e usando dei filtri. Tuttavia saremo
costretti a terminare
tutti i soldati colpiti che sono ancora in vita, non esiste modo di
riparare i
danni.
–
–
Capisco.
La sola cosa buona è che questo
caos sia arginabile… Soundwave! Novità?! –
«Dal
sistema di sorveglianza non ho ottenuto nulla di utile ma
sono vicino a trovare l’hacker» rispose.
“Ci
sono quasi, ci so-”
La porta della
stanza si aprì, e all’interno di essa si
riversarono decine di vehicons urlanti, folli per colpa della
circletine e
pronti a divorarlo.
“L’hacker
deve aver trovato il modo di aprire le porte che
avevamo messo in sicurezza e li ha condotti qui!”
pensò il tecnico.
Fu costretto a
essere spietato nel respingere l’assalto di
soldati che fino a prima del disastro erano stati perfettamente miti e
fedeli all’autorità
Decepticon. Non che fosse una battaglia particolarmente difficile per
un ex
gladiatore di Kaon, la sola cosa che rendesse un
po’più “rognoso” il tutto era
rappresentata dal fatto che i suoi avversari fossero regrediti a
livelli così
bestiali.
Strangolato
con i tentacoli l’ultimo vehicon tornò
rapidamente alla sua postazione di lavoro.
“Non
so cos’hai pensato di fare spedendomi contro quei
poveri disgraziati, ma ti sbagli se pensi di esserti salvato”
pensò.
Poi i suoi
recettori uditivi captarono qualcosa di strano.
Qualcosa che in quel posto e soprattutto in quel frangente non avrebbe
dovuto
esserci affatto.
– Ma cos…
musica?
Qualcuno sa spiegarmi questa cosa?! – si
sentì esclamare Starscream.
– Dubito che i soldati
che non si stanno mangiando il modulo cerebrale a vicenda abbiano
deciso
all’improvviso di dare una festa, ma se anche fosse dovrei
declinare –
commentò Knockout.
Il sistema di
sicurezza in quel caso non fallì e Soundwave
trovò immediatamente l’origine di quella
stranezza, sentendosi gelare.
Sulle prime si
convinse che fosse una visione, uno scherzo
del suo processore ossessionato dall’idea di ritrovare la sua
compagna di vita
e da ciò che li aveva divisi, soprattutto; e proprio
ciò che li aveva divisi,
ovvero Spectrus Specter, stava scendendo senza particolare fretta la
scalinata
che portava al cannone a fusione di Darkmount.
Ballando sotto
la pioggia battente.
In passato
l’aveva sentito cantare di essere un bugiardo,
ballare forse era un’evoluzione naturale.
Specter si
muoveva a suon di musica un gradino dopo l’altro,
senza coreografia, scagliando i pugni in aria, facendo giravolte su se
stesso,
con l’aria arrogante e soddisfatta di chi voleva dire
“Indovinate un po’chi è
tornato a tormentarvi, poveri idioti?”.
Soundwave non
seppe dire se la musica fosse davvero cambiata
e il ritmo del filmato si fosse fatto davvero più lento o
fosse tutto nella sua
testa, ma di fatto ebbe l’impressione di
star guardando quelle scene a rallentatore e di sentire delle campane
suonare a
morto.
Forse sarebbe
arrivato il giorno in cui si sarebbe sentito
meno “impulsivo” se c’era di mezzo quel
mostro, ma non era quello.
Notando a
stento la propria lingua che si muoveva svelta nel
comunicare a Megatron nome e posizione dell’intruso, e
notando sempre a stento
le sue gambe muoversi da sole per lasciare la stanza, uno dei suoi
pensieri
andò a Spectra. Non sul tono di “Devo farle sapere
che suo fratello è ancora
vivo e che quindi magari io e lei possiamo risolvere”, quanto
piuttosto “Lei
non è qui e lo crede morto, tanto vale fare quello di cui mi
aveva giustamente
accusato, stavolta per bene”.
Era talmente
preso da non notare neppure Smokescreen, con la
Forgia in mano, uscire per metà da una delle pareti del
corridoio.
“Non
so di preciso per quale miracolo non mi abbia visto, ma
ringrazio Primus per questo” pensò
l’Autobot.
Curioso come
tipico dei cybertroniani della sua età, vedendo
tutto incustodito si diresse verso la postazione di Soundwave per
capire cosa
avesse visto.
La Forgia
quasi gli cadde dalle mani.
«È
ancora vivo!» esclamò, allibito «Specter
è ancora vivo!»
“E
c’è anche Wheeljack, anche se a guardarlo non
sembra
messo bene” pensò, vedendo i danni del demolitore
intento a sua volta a
scendere le scale, ovviamente in modo normale “Ha
più l’aria di chi è stato
nelle mani dei Decepticon o roba simile che l’aria di chi
è stato in giro come
Spectrus. Lui sembra a posto”.
Fosse stato o
meno in quel modo, era un altro buon motivo
per andarsene da lì in fretta.
***
– Arrivano da due
direzioni diverse. –
«Soundwave
era nella Nemesis e gli altri sono insieme, va
come avevo immaginato» disse Spectrus a Bustin via comm-link
«Il mio “caro”
cognato non pensa più a difendere il sistema dalla tua
intrusione, vero?»
– Nemmeno un pochino.
–
“Perfetto”
pensò Specter, fermandosi su un pianerottolo.
Con la coda
dell’ottica riuscì a catturare un movimento alla
propria sinistra e, gettandosi a terra, riuscì a evitare
l’impatto contro un
Soundwave particolarmente vendicativo.
«Buonasera
anche a te, cognato» lo salutò Spectrus, dopo
essersi tirato su velocemente, evitando di poco un tentacolo che
minacciava di strappargli
un sensore ottico «Ero venuto a trovare mia sorella ma dicono
che si sia già
stufata di te. Ti trovo lento, immagino sia il peso delle
corna».
Riuscì
a finire la frase ma poi Soundwave, con un movimento
velocissimo, riuscì ad assestargli un doppio diretto in
piena faccia. L’impatto
fu tale da mandarlo a sbattere contro i gradini di cybermateria,
incurvandoli
perfino.
«Rifarò
il lavoro, facendo in modo che stavolta sia
definitivo» disse Soundwave, con voce cupa, ingaggiando una
dura lotta contro
un avversario che si era già rimesso in piedi e brandiva la
spada.
Il clangore
metallico dei colpi e le scintille da essi
generati erano perfettamente udibili e visibili nonostante la pioggia.
– Il tuo ex collega
Wheeljack si
è tolto di torno – disse
Bustin a Spectrus tramite comm-link – Lo ha fatto poco prima
che Soundwave
attaccasse, quando ha visto sgattaiolare via un altro tizio col simbolo
degli
Autobot che aveva in mano un martellone gigante e passava attraverso i
muri. Mi
è sembrato che l’alt mode fosse di
un’auto sportiva. –
“Andando
per esclusione direi che si tratti di Smokescreen e
che il martellone sia la Forgia di Solus Prime. Non che le reliquie mi
interessino, non mi sono mai state di particolare
utilità” pensò Spectrus,
parando un colpo di Soundwave “Però avrei potuto
prendere lui in
ostaggio, avrei avuto qualcosa da scambiare nel caso fosse servito.
Magari
faccio ancora in tempo più tardi”.
Vide il
cannone a fusione iniziare ad attivarsi, segno che
il resto degli ufficiali Decepticon stava arrivando in posizione.
«Avresti
fatto molto meglio a restare morto» disse
Soundwave, riuscendo ad avvolgere le
braccia di Spectrus con due tentacoli.
L’ex
Autobot, che nell’animo Autobot non era mai stato, fece
un leggero sorriso.
«E
tu avresti fatto molto meglio a non lasciare la tua
postazione».
Interdetto, il
Decepticon si irrigidì per un breve attimo
notando solo allora che il cannone era attivo e, ormai, anche
prontissimo a
sparare in qualunque punto.
Inclusa,
volendo, la stessa Darkmount.
«SPECTER!» si fece
sentire nell’aria il ruggito di Lord Megatron, appena sbucato
fuori insieme
agli altri.
– “OWARI
DAAAAAAA”!
– esclamò Bustin, fin troppo entusiasta, nel
comm-link di Spectrus.
Il cannone, il
cui raggio era stato rivolto verso il punto
in cui sarebbero sbucati Megatron e gli altri, sparò.
«E
con questo saldiamo i conti» dichiarò Spectrus,
approfittando del momentaneo stupore di Soundwave per stringere i
tentacoli con
cui l’aveva afferrato e sfruttarli per lanciarlo contro il
raggio.
La
luminosità spaventosa generata dal colpo gli
impedì di
vedere se Soundwave fosse stato preso in pieno, però sapeva
di aver preso bene
la mira, e nonostante tutto riuscì a sentire sia lo strillo
acuto e quasi
femmineo di Starscream, sia quello altrettanto potente di Konckout, e
vide la
parte di fortezza colpita sgretolarsi e crollare sempre di
più man mano che il
raggio si spostava.
Un Ponte
Terrestre si aprì dietro di lui.
Come Bustin con
Soundwave lontano era riuscito a prendere il controllo del cannone, lo
aveva
anche del resto.
– Se vuoi tentare di
prendere il martellone dal
tizio di prima ci puoi provare, è anche solo – disse
Bustin.
«Delle
reliquie non mi importa nemmeno un po’ormai, lui invece
potrebbe essere utile più avanti. Andiamo» disse
Spectrus, scomparendo nel
portale che si chiuse immediatamente alle sue spalle.
«Quel
dannato!» sbraitò Lord Megatron.
Non aveva mai
perso i riflessi acquisiti nell’arena, ragion
per cui era stato svelto a trasformarsi e schizzare in alto nel cielo
quando il
cannone aveva colpito. Aveva visto Shockwave e Knockout lanciarsi
giù, mentre
Starscream… non aveva visto cos’aveva fatto ma,
lesto com’era il seeker a darsi
alla fuga, non dubitava che stesse bene. L’unico riguardo cui
aveva qualche
dubbio era Soundwave.
Il suo amico
storico aveva fama di essere pressoché
imbattibile ed era ben meritata, in una battaglia alla pari in cui
fosse stato
lucido non avrebbe avuto paura per lui, tuttavia si era reso
perfettamente
conto che Soundwave era tutt’altro che lucido. Aveva cercato
di ordinargli di
non muoversi dalla sua postazione, ma lui aveva staccato il comm-link
subito
dopo avergli comunicato della presenza di Spectrus e la posizione,
dunque
purtroppo non gli era rimasto altro da fare se non correre e cercare di
impedire il peggio.
«Soundwave!» lo
chiamò, sperando di ottenere risposta
«Sound-»
Fu costretto a
volare ancora più in alto per evitare il
raggio del cannone -che nel frattempo aveva continuato a demolire buona
parte
della fortezza- ancora attivo e controllato da, presumeva, Specter o
chi per
lui.
Fu grazie a
quel cambio di posizione che riuscì a distinguere
in basso la figura di Soundwave, danneggiato, sfrigolante, ma forse
ancora
vivo.
La decisione
fu sofferta ma, ricordandosi di avere uno
scienziato tra le sue fila che magari avrebbe potuto riparare i danni
prima che
gli umani si accorgessero dell’accaduto, il leader dei
Decepticon fece una
rapida manovra aerea e sparò vari colpi contro il cannone a
fusione,
interrompendo la sua opera distruttrice.
La parte di
Darkmount divelta e ancora fumante era uno
spettacolo straziante da osservare, tuttavia l’ex gladiatore
non perse tempo a incupirsi
o arrabbiarsi per la perdita -sebbene provasse entrambi i sentimenti- e
volò
immediatamente da Soundwave.
«È
vivo. È vivo, per fortuna» borbottò.
Probabilmente,
essendo un mech “aereo”, Soundwave era
riuscito a prendere parzialmente il controllo della traiettoria del
volo,
modificandola in modo tale da essere colpito solo in maniera
relativamente
leggera. Specter aveva fatto un disastro ma, come l’altra
volta, c’erano stati “solo”
grossi danni strutturali e parecchie vittime tra i vehicons.
«Lord
Megatron! Sta bene, signore?!»
“Come
immaginavo, anche Starscream sta benissimo” pensò
Megatron, sollevando lo sguardo e vedendo un puntolino argentato nel
cielo.
«Affermativo».
«La
mia corazza meno, è tutta ammaccata!» si
lagnò Knockout
dal basso.
«In
considerazione dello stato attuale della fortezza
ritengo che lamentarsi per i danni strutturali alla tua corazza
è illogico,
trattandosi solo di pochi graffi ai quali si può porre
facilmente rimedio»
osservò Shockwave «Ritengo opportuno anche ricevere
degli aggiornamenti riguardo i
nostri avversari».
«Li
avrai» disse Megatron «È giusto che
anche tu conosca
tutta la storia, e nella stessa occasione mi racconterai
cos’è accaduto su
Cybertron nel giorno in cui abbiamo tutti creduto che fossi andato
offline.
Knockout, occupati di Soundwave appena puoi, necessita di cure, e vedi
di
farlo al massimo delle tue capacità».
«Sì,
Lord Megatron».
«Non
potremmo lasciar perdere la parte in cui Shockwave
racconta le sue disgrazie?!» si allarmò
Starscream, appena atterrato ma già
desideroso di tornare di nuovo in aria, lontano dallo scienziato
Decepticon «Voglio
dire, ormai quella è acqua passata e abbiamo altro a cui
pensare, giusto?
Guardi che disastro ha fatto Specter! Guardi!»
esclamò, allargando le braccia e
girando su se stesso.
«Una
cosa non esclude l'altra, Starscream, e riguardo il disastro non
c’è bisogno che tu lo dica, ho le ottiche per
vedere. È
proprio tornato, non c’è che dire»
commentò il signore dei Decepticon «Ma
faremo sì che il suo divertimento duri poco. Troveremo lui,
troveremo anche i
suoi ex compagni, e a quel punto… a quel punto le pagheranno
tutte».
– Comandante
Starscream, qui parla l’unità vehicon B15-123: il
prigioniero Autobot noto come
“Wheeljack” è scappato, non è
più nella sua cella. –
Un’altra
doccia gelata per il seeker argentato, che in quel
disastro non aveva fatto granché se non correre e strillare.
«Cosa?! Come
diamine ha fatto Wheeljack a… giusto, immagino che Specter
abbia-»
«Mi
stai forse dicendo che oltre a tutto questo abbiamo
perso anche il nostro prigioniero, Starscream?»
Lo sguardo di
Megatron non prometteva nulla di buono ma,
fortunatamente, Starscream aveva avuto un’idea che forse
poteva far sì che non
fosse tutto perduto.
«È
così. Tuttavia in questi giorni ho impiantato un
segnalatore nel corpo di Wheeljack» rivelò il
Decepticon «E funziona
perfettamente. Ogni suo movimento sarà controllato, dunque
ci risulterà più
semplice trovare gli Autobot… o Specter stesso».
Dopo un breve
attimo di tensione, Megatron annuì. Riuscì
perfino
a stirare le labbra in un vago sorriso. «Una buona pensata,
Starscream. Se non
altro non possiamo dire di essere rimasti con nulla in mano».
Chi nel capitolo precedente aveva indovinato di chi si trattava, alias
Spectrus, merita un biscotto.
Quindi vado a preparare biscotti per tutti xD
Citazioni varie:
- Trash di youtube su "EH!
Volevi!";
- Trash di Sanremo con brutte intenzioni e maleducazione;
- Dragonball Z e Super, dei quali Bustin è alquanto
appassionato;
- Last but not least, la scena
del ballo sulle scale è tratta dal film "Joker",
con relativa musica (Rock and Roll part 2).
A voi i commenti e alla prossima!
_Cthylla_
|
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Capitolo 4 *** 4 - La coerenza latita, l’ottimismo tace ***
4
(La
coerenza latita, l’ottimismo tace)
«Non
so perché tu mi abbia seguito, Wheeljack, ma se è
per
cercare di rubarmi la Forgia e darla al tuo amico-»
«Non
è mio amico. Posso definirlo in tanti modi, ma non
è un
mio amico».
A distanza di
sicurezza da Darkmount, Smokescreen stava
avendo un confronto che se fosse stato per lui avrebbe evitato
volentieri.
Non poteva
dire di conoscere bene Wheeljack. Sapeva che era
un demolitore, sapeva che ci sapeva fare con le due spade che si
portava
appresso, sapeva che era stato amico di Bulkhead ma la cosa finiva
lì. Non
aveva avuto modo di stringere granché con lui
perché, quando era arrivato sulla
Terra, Wheeljack aveva già iniziato a fare comunella con
quel bel tomo di
Spectrus.
Ricordare il
modo in cui era finita la serata che aveva
passato insieme a loro due -lui e il resto del gruppo avevano avuto una
discussione e, arrabbiato, se n’era andato con Wheeljack e
Spectrus… finendo prima
ubriaco marcio a urlare che “voleva la femmina”,
per quel poco che ricordava,
poi nelle mani di Starscream. La sola cosa decente in
quell’occasione era stata
Spectra- inoltre non aiutava.
«Ah
davvero? Eppure mi pare di ricordare che te ne sia
andato con lui tempo fa e che fossi con lui oggi»
ribatté duramente l’Autobot
«Quindi di che stiamo parlando?! Lasciami in pace, non ho
tempo da perdere!»
«Sono
stato prigioniero dei Decepticon dalla distruzione
della base fino a oggi, sono rimasto coinvolto
nell’esplosione perché… ero
tornato per cercare di avvisarvi» disse il demolitore, con
parecchio imbarazzo
nel rendersi conto di come dovesse suonare la cosa «Sono
arrivato troppo tardi,
Spectrus aveva già fatto il lavoro. Fino a poco fa pensavo
anche che fosse
morto».
La prima parte
di quel che Wheeljack aveva detto combaciava
con i pensieri che Smokescreen aveva avuto vedendolo e nella
seconda parte, fino a quel giorno,
avevano creduto tutti quanti incluso se stesso; nulla di tutto
ciò però non
significava che potesse fidarsi.
«I
terrestri dicono che l’erba cattiva non muore mai, forse
hanno ragione, e ora-»
«Degli
altri sai qualcosa?»
«Potevi
pensarci prima invece di fare domande ora. Se anche
sapessi qualcosa non te lo direi» concluse Smokescreen, con
una durezza del
tutto comprensibile. Sembrava che l’esperienza vissuta negli
ultimi tempi lo
stesse facendo “crescere” un po’ in certi
aspetti.
«Capisco.
Immagino che al posto tuo farei lo stesso»
concesse Wheeljack.
“A
questo punto se voglio concludere qualcosa non mi resta
che applicare il protocollo dei demolitori e cercare di vedere se
Bulkhead ha
raggiunto il punto di raccolta”.
Non intendeva
provare a riavvicinarsi al suo ex compagno di
squadra e amico, gli sarebbe bastato controllare che stesse bene
-ignorando la
voce nel suo processore che stava gridando “Ipocrita!
Ipocrita! Vergogna!”- e
fatto ciò sarebbe andato per la propria strada come aveva
già deciso.
“Anche
oggi, un minimo
di coerenza la cercherai sotto la cuccetta domani”.
“Già”
pensò.
Capendo di non
aver modo di ottenere altro da Smokescreen,
decise di trasformarsi e andarsene via spingendo
l’accelerazione al massimo. In
un altro frangente avrebbe lasciato dietro di sé un gran
polverone ma in quella
le sue ruote sollevarono soltanto spruzzi di fango.
Lo stesso nel
quale sentiva di essere caduto, più o meno.
Guardò
per l’ultima volta Smokescreen dallo specchietto
retrovisore e fu solo per quel motivo che vide Spectrus arrivare alle
spalle
del giovane mech e coinvolgerlo in una brevissima colluttazione dopo
avergli
strappato dal braccio il Phase Shifter. Vide anche la Forgia di Solus
Prime
cadere a terra.
Mentre faceva
un testacoda da manuale riuscì a vedere
Smokescreen riuscire almeno a far saltare via la reliquia dalle mani di
Specter
con uno sparo, scagliandola a qualche metro di distanza, ma quello fu
il solo
successo che il ragazzo riuscì a ottenere prima di essere
colpito tra capo e
collo da un avversario decisamente più grosso e
più forte di lui.
“Dovrei
cercare di fare qualcosa” si disse, salvo avere una
breve esitazione sul tornare indietro o meno. Anche in quel caso non
c’entrava
la paura di qualche ripercussione ma solo il ricordarsi di aver
lasciato più
volte nelle peste qualcuno che fino a poco tempo prima aveva chiamato
amico
stretto.
Dilaniato
dalla sua stessa incoerenza, la breve esitazione
si allungò quel tanto che bastava a decretare la sconfitta
di Smokescreen.
Anche a quella
distanza riuscì a distinguere il movimento
delle palpebre metalliche di Smokescreen, in procinto di perdere i
sensi, e
delle sue labbra. Per un attimo ebbe l’impressione che stesse
guardando proprio
lui, rafforzata dal fievole segnale della presenza di un messaggio nel
suo
comm-link chiuso; dopo ciò Smokescreen iniziò a
cadere in avanti, ma venne
portato via prima ancora di cadere a terra.
La pioggia
aumentò, al punto che le sagome di rapito e
rapitore divennero presto confuse nonostante Wheeljack si fosse
riscosso dai
propri dubbi e si fosse deciso a tornare indietro, troppo tardi,
esattamente
come l’altra volta. Nel suo processore si affacciò
il pensiero che un giorno
avrebbero potuto scriverlo sulla sua tomba, “Sempre troppo
tardi”.
Si
trasformò, raccolse prima la Forgia e poi il Phase
Shifter -entrambe gocciolanti di fango, entrambe ripulite
dall’acqua pochi
istanti dopo- e, guardando entrambe le reliquie con aria assente,
aprì il
comm-link per ascoltare il messaggio.
“Sono
coordinate” comprese subito “E il messaggio
è proprio
di Smokescreen”.
Doveva
trattarsi di qualcosa di vitale importanza per averlo
prima spinto a Darkmount e poco dopo ad affidare le sue ultime speranze
a un
traditore.
Resosi conto
che le coordinate erano familiari, Wheeljack
notò che erano quasi le stesse dell’Avamposto
Omega. La differenza maggiore
derivava dal fatto che indicassero un punto più in
profondità nel suolo
terrestre.
“Perché
voleva portare la Forgia lì sotto?” si chiese.
Dopo
un’altra manciata di secondi decise che, prima di
seguire il protocollo dei demolitori e prima di andarsene, poteva
cercare di
scoprirlo.
***
«Le
immagini che abbiamo trovato in rete non mentono, Bee,
Ratchet dev’essere qui per forza» disse Rafael, con
una decisione tutta dettata
dalla speranza, chiudendo il portatile mentre oltrepassavano
l’ingresso di quel
cimitero per automobili e automezzi dismessi.
Anche lui,
proprio come Jack e Miko, era stato fatto
evacuare dalla base e aveva fatto perdere le proprie tracce per ragioni
di
sicurezza. Il suo guardiano era ovviamente il suo
“partner”, Bumblebee, che in
per l’occasione aveva invertito i colori della propria
carrozzeria. Era stata
un’idea semplice ma geniale considerando che più
volte dei vehicons aerei erano
passati sopra di loro senza riconoscerli.
«--Non dubito delle
tue capacità--» disse
Bumblbee, per quel poco che la sua scatola vocale gli
consentiva di fare. Era una fortuna che ormai lo capissero tutti quanti
«--Dubito
più del fatto che Ratchet voglia
darci una mano!--»
«Perché?
Dobbiamo riunirci, è il solo modo per poter
affrontare i nostri nemici!... interni ed esterni» aggiunse
poi malvolentieri,
pensando a Spectrus.
Quel
transformer non gli era mai piaciuto, al di là del
fatto che non avessero mai avuto grandi rapporti. Si erano rivolti la
parola in
un’occasione o due e Raf aveva sempre avuto
l’impressione di essere trattato
con un po’di sufficienza -quello però era successo
anche con gli altri,
inizialmente, dunque a quel fatto non aveva dato troppo peso- con Jack
era
successo lo stesso e, se Miko aveva interagito un po’di
più con lui, era stato
soltanto grazie alla sua mania di fare fotografie. Gli sembrava di
ricordare
un’occasione in cui, mentre Optimus Prime passava, Spectrus
aveva messo un
braccio attorno alle spalle di Arcee -anch’ella presente-
esortando Miko a
scattare una “rara foto di affiatata coppia
cybertroniana”.
«--Tu hai ragione,
però ormai dovresti avere imparato a conoscerlo un
po’. Ratchet tende a essere
pessimista--»
disse Bumblebee «--Si
butta giù per molto meno. Capisco che tu voglia tentare lo
stesso e voglio
farlo anche io, quel che intendo è che non devi prendertela
nel caso il “sì”
non sia immediato--».
«Me
ne ricorderò».
Non faticarono
troppo a trovare Ratchet: era l’unica
ambulanza, nonché uno dei veicoli messi meglio.
«Eccolo!»
esclamò il ragazzino, aprendo lo sportello
incurante della pioggia appena Bumblebee si fermò
«Ratchet?»
Non giunse
risposta.
«Eeehm…
Ratchet?»
“Resta
in silenzio, forse ti scambieranno per un’ambulanza e
ti lasceranno in pace. Resta in silenzio…” si
ripeté mentalmente il medico,
nonché tecnico, Autobot.
Non era nello
stato d’animo giusto per interagire con
chicchessia. Il fallimento e la sconfitta subiti lo schiacciavano e se
pensava
al futuro non riusciva a vedere nulla davanti a sé, anche
perché sentiva di
aver perso un punto di riferimento che era rimasto pressoché
fondamentale.
Sebbene
nell’ultimo periodo Ratchet avesse più volte
trovato
discutibili svariate decisioni prese da Optimus e svariati
comportamenti di
quest’ultimo -primo tra tutti cedere ai sentimenti verso
Arcee E tentare un approccio
quando lei era
ancora impegnata. Con un mostro che ai tempi non avevano ancora capito
fosse
tale, ma sempre impegnata- si sentiva completamente perso e impotente
adesso
che non c’era più.
Si sentiva
perfino in colpa per non essere riuscito, e non
riuscire tuttora, a comprendere il proprio leader in certe cose.
D’altra parte
come avrebbe potuto farlo? Gli mancava modo: prima della guerra era
stato una
di quelle persone impegnate a studiare e basta e, in seguito, le
priorità erano
state altre rispetto a cercare una relazione vera e propria con qualche
femme.
«Ratchet!
Sappiamo che sei tu…»
«--Dicci qualcosa,
amico! Stai bene?--»
Niente da
fare, sembrava proprio che Rafael e Bumblebee non
intendessero demordere, ragion per cui si fece forza e si decise a
rispondere.
«Andatevene. Sono contento di vedere che state bene ma voglio
che ve ne
andiate».
«Ratchet,
no» disse Rafael, trattenendo un sospiro nel
vedere avverarsi le previsioni di Bumblebee «Non possiamo.
Dobbiamo cercare di
riunirci tutti».
«--Solo in questo modo
potremo fermare i Decepticon--» aggiunse
lo scout, dopo essersi trasformato.
«Fermare
i Decepticon? Come? Con quale base operativa? Con
quale Ponte Terrestre?! Con quale leader a guidarci,
soprattutto?!» sbottò il
medico, trasformandosi a propria volta «Quel pazzo di
Megatron ha una fortezza
e noi abbiamo perso tutto quanto, non sappiamo quanti di noi siano
ancora vivi
e, in ogni caso, il Team Prime era stato mutilato già prima
del disastro! Non
possiamo fare alcunché contro i Decepticon. La guerra
è finita, noi abbiamo
perso e la cosa migliore che possiamo fare è tenere la testa
bassa e tirare
avanti sperando che nessuno dei nostri nemici ci trovi. Questo
è quanto, chi la
pensa diversamente è solo un illuso».
«Per
quanto riguarda la base operativa potremmo usare
l’Harbinger. È tecnologia cybertroniana vecchia ma
funzionante, Ponti inclusi»
propose Rafael «È sempre qualcosa da cui
partire!»
«Qualcosa
da cui partire, ma senza di me» replicò Ratchet
«Non otterrete nulla in ogni caso, quindi…
lasciatemi arrugginire in pace».
Concluse
così, riacquisendo la propria forma veicolare e
dando loro le spalle. Non aveva proprio voglia di ascoltare oltre, non
aveva
proprio voglia di fare alcunché.
Rimase
immobile anche quando li sentì andarsene, accogliendo
il rumore dello sportello che si chiudeva quasi con sollievo. Non era
piacevole
sentirsi ricordare le proprie responsabilità e, di
conseguenza, la propria
incapacità di portarle a compimento.
“So
che ci proverete e vi auguro buona fortuna, davvero,
però al momento non chiedetemi niente. Lasciatemi in pace.
Lasciatemi stare”
pensò, tentando di scivolare di nuovo nella ricarica da cui
quei suoi compagni
di squadra ottimisti, troppo ottimisti,
l’avevano distolto.
***
La prima cosa
cui Smokescreen fece caso quando iniziò a
riprendere i sensi fu il forte dolore tra testa e collo.
“Dove
sono? Cosa mi è successo?” si chiese
“Perché non ci
vedo?!”
Dopo un breve
attimo di panico in cui temette che gli
fossero state asportate le ottiche si rese conto di riuscire a
intravedere
qualcosa con estrema difficoltà attraverso la patina bianca
che lo rendeva
quasi cieco. Concluse che qualcuno, senza neanche disturbarsi a cercare
una
benda di stoffa, avesse spiaccicato della vernice sui suoi sensori
ottici.
L’ipotesi venne confermata quando iniziò a far
caso all’odore, che per l’appunto
era proprio di vernice passata di fresco.
Provò
a muoversi, scoprendo di essere legato, e poi provò a
parlare. Dalla sua bocca uscì solo un debole suono
inconsulto, segno che
qualcuno aveva lavorato sulla sua scatola vocale -sperava in modo non
troppo
dannoso. Curioso però che quel danno stesse causano solo un
lieve
indolenzimento, al contrario del colpo in testa che gli aveva
dato… già: chi
glielo aveva dato? Com’era finito lì?
Dov’era “lì”?!
«…
sono andato in giro con schifomadò disegnato sugli
sportelli, ti
rendi conto? Ma poi, si può sapere quando cazzo
l’hai fatto?!»
Sentire quella
voce maschile alquanto seccata causò un
flashback nel suo processore, grazie al quale poté
rispondere alle prime due
domande: aveva ricevuto il colpo in testa da Spectrus Specter e,
ovunque si
trovasse in quel momento, era stato lui a portarcelo.
Ricordò anche di aver
perso entrambe le reliquie e che, prima di perdere i sensi, aveva
mandato a
Wheeljack delle coordinate.
“Primus,
fa’ che abbia potuto prendere le reliquie e che usi
tutto come deve, altrimenti Optimus!…”
pensò, cercando di divincolarsi e
liberarsi.
Abbandonò
l’idea nel momento in cui notò quanto i propri
movimenti fossero rallentati e quanto fosse sul punto di andare in
ricarica.
Aveva ripreso conoscenza ma il suo corpo, come accadeva di natura,
cercava di
smaltire dolore e stress imponendogliene una, dunque la sola cosa che
potesse
fare era ascoltare quel che stava accadendo altrove. Non gli sembrava
che si
trattasse della stanza accanto, la voce di Spectrus era più
lontana e… aveva
sentito dire “schifomadò”?
Il meme
dell’umana bionda che urlava contro il gatto bianco
confuso, che lui conosceva benissimo grazie alla -forse eccessiva-
frequentazione di Jackson Darby?
«Mentre
eri in ricarica. Avevo deciso di toglierti un paio
di graffi e volevo provare la vernice bianca nuova, quella americana si
asciuga
molto più in fretta rispetto a quella che fanno in Messico!
Ma poi che problema
c’è? Anche a te piace
schifomadò».
«Punto
primo: niente modifiche mentre sono in ricarica,
Bustin, e te l’avevo già spiegato. Punto secondo:
il fatto che mi piaccia
qualcosa non significa che voglia o debba farmela dipingere sugli
sportelli!
Altrimenti, contrariamente a quel che faccio, andrei in giro
con… cosa ne so…»
«Una
valvola disegnata sul cofano?»
«Ecco! Esatto!»
“Non
credo che questa conversazione stia avvenendo davvero,
sono ancora incosciente, è sicuramente
così” fu il pensiero confuso di
Smokescreen appena prima di andare in ricarica.
Scivolando di
lato finì a battere leggermente la testa
contro una parete metallica, ma nessuno sentì quel leggero
suono sordo; nemmeno
il suo rapitore e relativo coinquilino, attuali occupanti della nave
“Jackhammer”, decollata ormai quaranta minuti prima.
Spectrus si
era sdraiato pigramente su una lunga panca di
metallo, col capo reclinato all’indietro, le ottiche chiuse e
un braccio
piegato dietro la testa. Evidentemente, pur essendo seccato per la
modifica non
richiesta, non lo era in modo eccessivo. «A proposito: se
come penso ti è
venuta l’idea di tentare sul serio di disegnare una valvola
sul mio cofano
scordatelo pure».
«Altrimenti?»
«I
tuoi Funko Pop di Dragon Ball potrebbero venire decapitati tutti quanti
dal primo all’ultimo».
Quando il mech
riaprì i sensori ottici, la prima cosa che
vide fu uno spaventoso sorriso di pixel bianchi su uno schermo visivo
nero.
«Divorerò
la tua anima» affermò Bustin.
«Il
peggio sarebbe per te, credo che sia abbastanza
indigesta» replicò Spectrus, senza scomporsi
minimamente.
L’espressione
sullo schermo visivo cambiò, diventando
pensierosa. «Sì, in effetti potrei finire a
riunirmi ai miei compatrioti un
po’prima del dovuto».
L’ormai
ex Autobot non si scompose neppure quando Bustin
smise di svolazzare come aveva fatto fino a quel momento
-l’alt mode da shuttle
gli consentiva di volare anche in forma base- e atterrò in
piedi sul suo petto.
«Nella
mia vita ho fatto parecchi incontri strani» disse
Spectrus «Però tutto avrei pensato meno che di
trovare un prioniano in Messico».
Ebbene
sì: Bustin, quello che lui aveva definito
“assistente
stronzo”, non era altri che un minicon della colonia di
Prion, distrutta tempo
addietro da una loggia organica animata da sentimenti anti-mecha
denominata
“Black Block Consortia”. Un massacro assolutamente
immeritato dato che quella
dei minicon era sempre stata una colonia pacifica della quale Bustin
pensava di
essere l’unico sopravvissuto, perché il giorno
dell’attacco era in corso una
grande festa, fatta in nome del fondatore della colonia, per la quale
di solito
tutti i minicon sparsi nel cosmo tornavano a casa. Bustin stesso
l’aveva fatto,
a suo dire, salvo andarsene qualche ora prima dell’attacco.
Il loro era
stato un incontro bizzarro sotto tanti punti di
vista, già solo per il fatto che Spectrus cercava ancora una
spiegazione del
tutto logica su come lui stesso avesse fatto, di preciso, ad arrivare
in Messico.
Era stato prima ferito da Spectra, che secondo lui ci era riuscita solo
perché
l’aveva colto di sorpresa, e poi scagliato da Soundwave
contro una montagna
colpita da un cannone a fusione, e il tutto era successo in Nevada;
ritrovarsi
sano e in Messico era stato molto più che strano. La
spiegazione più razionale
era che Spectra non avesse colpito bene
come avrebbe dovuto -oltre che ingrata e invalida era anche incapace di
andare
fino in fondo, a quanto pareva- e che lui si avesse viaggiato dal
Nevada al
Messico in uno stato che, se fosse stato umano, si sarebbe potuto
chiamare
“febbrile”, cercando di ripararsi da solo con
successo nonostante il delirio
allucinogeno in cui si era ritrovato…
«Io
invece non sono stupito di averti beccato lì»
replicò
Bustin «Il Messico è la patria dei padri non
padri!»
Ecco, appunto.
Bustin si
riferiva al numero indefinito di figli e figlie
che Spectrus aveva in giro, dei quali lui perlopiù non
conosceva faccia né
nome, però a Spectrus tornò in mente proprio il
delirio di cui era stato
vittima, tanto assurdo quanto impresso nelle sue memorie come se
fossero stati
fatti reali.
Come se una
femseeker di cui gli importava -una carogna
assoluta com’era lui stesso- e la figlia che avevano generato
insieme avessero
potuto essere reali.
Una follia
pura, tant’era che di solito rifiutava di
rimuginarci su.
«E
anche tu ci sei finito apposta» ribatté Spectrus
«Anzi,
hai anticipato i tempi: sei andato in Messico prima ancora di rendere
carrier*
la tua fidanzata».
Quella era
anche la ragione per cui Bustin era sopravvissuto
allo sterminio, avendo deciso di andarsene proprio quel giorno. Un
colpo di
fortuna in un certo senso, dato che la cosa gli aveva permesso di
sopravvivere.
Come avesse
preso la tragedia nei tempi iniziali, invece,
era qualcosa che Spectrus non sapeva, non avendoglielo chiesto.
«Meglio
prevenire che cullare» asserì il minicon,
sollevando
l’indice di una manina metallica «Lei dopo pochi mesi
di relazione parlava già di mettere su famiglia in futuro. Ho provato per tanto tempo a farle capire
che non
era cosa ma purtroppo era una tipina testardissima e non
c’è stato verso» fece
spallucce «Per cui…»
Spectrus
sbuffò. «Colpa tua che, vista l’aria che
tirava,
non l’hai lasciata prima!»
«Sì,
probabile. Tornando a noi: hai già dei piani precisi su
cosa fare con il tizio di là? Smokescreen»
domandò Bustin a Spectrus, con un
cenno del capo in direzione della stanza in cui lo stavano tenendo
prigioniero.
«No.
Però avere un ostaggio potrebbe essere utile in futuro
nel caso i miei ex compagni e il mio ex comandante, che non ho mai
reputato
tale, dovessero diventare una rottura di scatole».
Sullo schermo
di Bustin comparvero delle sopracciglia e
un’espressione perplessa. «Quando ho preso il
controllo del sistema ho copiato
tutti i dati che erano in possesso dei Decepticon, specie quelli dal
loro
arrivo su questo pianeta in poi. Lì Optimus Prime risulta
disperso, anzi, lo
credono morto».
«Sì,
me l’hai mostrato. L’Omega Lock distrutto, lui dato
per
morto… ma Smokescreen di fatto era andato a prendere
specificamente la Forgia.
Dico “specificamente” perché
c’era anche la Apex Armor, ma quella reliquia non
è stata presa in considerazione» disse Spectrus
«Ora: tu questo non lo sai, ma
la Forgia ha bisogno di essere impugnata dalla mano di un Prime per
funzionare».
«Quindi
cosa se ne sarebbe fatto, se il Prime in questione
non ci fosse?» comprese Bustin, annuendo solennemente con la
sua testolina
bianca e turchese «Significa che Optimus Prime è
ancora vivo da qualche parte».
«Esatto.
Poi sì, volendo per farla funzionare sarebbe anche
possibile utilizzare un braccio del suo cadavere, però
Smokescreen e compagnia
solo pensando una cosa simile inorridirebbero come le nobili signorine
dei
tempi che furono, quindi lo escludo. “È ancora in
circolazione…”»
«“Troppo
stanco per andare avanti”» completò
Bustin,
incrociando le braccia davanti al petto bianco.
Spectrus si
mise a sedere. «Per colpa tua comincio a
conoscere un po’troppa roba terrestre. Harry Potter, gatto
schifomadò…»
«Grazie
al quale abbiamo soprannominato tuo cognato
“Soundwave Schifomadò”».
«Ora
è “Cornutomadò”» lo
corresse il mech.
«O
“Crepatomadò”».
«Ma magari!»
esclamò Specter «Io di sicuro ci ho provato e, se
non ce l’avessi fatta, vorrà
dire che ci riproverò ancora».
I radar della
Jackhammer interruppero la chiacchierata,
segnalando un’astronave in avvicinamento.
«Potremmo
avere compagnia» disse Bustin, raggiungendo
immediatamente i comandi.
«Decepticon?»
Il minicon
attivò le telecamere esterne, che avevano un
ottimo zoom. «Non noto simboli Decepticon. Tentiamo una
manovra di evasione o
un attacco? Questa nave è decisamente più
piccola, dovremmo essere anche più
veloci, se colpissimo i motori potremmo buttarla
giù».
Spectrus, in
procinto di rispondere, si interruppe quando
sentì il segnale di una comunicazione in entrata.
«Chiunque
sia in quell’astronave ha voglia di chiacchierare»
osservò Bustin.
«E
noi ascolteremo cos’ha da dire. Non è uno di quei
casi in
cui una comunicazione radio può diventare letale»
disse Spectrus «Sentiamo un
po’».
– Qui è Ultra
Magnus,
secondo in comando di Optimus Prime e comandante della Iron Will. Ho
identificato un segnale Autobot all’interno della vostra
astronave. Attendo conferme.
Passo.
–
«“Un”
segnale» ripeté Bustin, bene attento a non
sfiorare il
pulsante che avrebbe consentito loro di rispondere.
«Smokescreen
di base era una guardia d’élite. Probabilmente
Prime
l’ha accolto nel team ma nessuno l’ha inserito nei
registri, è l’unica
spiegazione che mi venga in mente al momento»
ipotizzò Spectrus.
«Qui
come rispondiamo? È uno degli ex “tuoi”,
quindi per te
è un nemico» disse Bustin.
Spectrus
sollevò lentamente un sopracciglio metallico.
«Lo
è» confermò «Ma non
è detto che lui lo sappia già o che
debba venire a saperlo subito, e ha una buona astronave. Hai detto di
aver
copiato tutto quello che hai trovato nel computer di
Cornutomadò, giusto?
Incluso Optimus Prime che distrugge l’Omega Lock
e… io sono arrivato in
seguito, ma Arcee una volta mi ha parlato di un periodo in cui lui non
ricordava nulla dalla sua nomina a Prime in poi. Se è vero
dovrebbe esserci
anche questo. Mentre io rispondo a Ultra Magnus prova a cercare
“Optimus
Prime/Nemesis” oppure “Orion Pax”, era il
suo vecchio nome».
«Ho
già capito, lascia fare me».
Era anche e
soprattutto per quello che Spectrus aveva
permesso alla loro associazione criminale di formarsi: sembrava che
quel nano
malefico -definizione usata anche ad alta voce, alla quale Bustin aveva
risposto “sì!”- riuscisse davvero a
intuire le sue idee, mentre Bustin aveva
concluso che un “protettore” con una certa potenza
di fuoco potesse tornargli
utile, soprattutto quando la città terrestre nella quale
aveva abitato fino a
poco tempo prima aveva iniziato a scottargli sotto i piedi. Sembrava
che fosse stato
coinvolto in un… come aveva detto? “Neo culto di
Xibalba elohim sotto copertura”
dedito anche ai sacrifici umani, i cui adepti si erano convinti che
fosse l’emissario
di suddetto dio. Sempre a detta sua, gli umani in questione facevano
sacrifici già
prima del suo arrivo.
Aveva concluso
affermando che in quel periodo gli era
sembrato di rivivere i tempi in cui aveva messo su una setta non meglio
specificata in quel di Prion - in teoria senza sacrifici di mezzo, per fortuna.
Spectrus non
poteva sapere se lì avesse parlato per scherzo
oppure no, e comunque in quel momento
aveva altro cui pensare, alias rispondere a Ultra Magnus.
«Comandante
in seconda Ultra Magnus, qui parla Spectrus
Specter, Autobot, divisione spie. Sono a disposizione per qualsiasi
aggiornamento riguardo la missione su questo pianeta. Passo... e ora
vediamo
come risponde» aggiunse poi, rivolto a Bustin.
«Quanta
formalità…» commentò il
minicon «A lui piace così?»
«Questo
dicevano».
– Confermo il mio
interesse riguardo il ricevere un aggiornamento. Diamo inizio alla
procedura d’aggancio tra le nostre astronavi. Passo e
chiudo. –
Spectrus
alzò gli occhi al soffitto. «Già non lo
sopporto,
ma può tornare utile».
Avrei voluto
farlo più lungo ma avevo la sensazione di dover
tagliare qui, e così ho fatto xD
* rendere carrier = mettere incinta, credo che fosse intuibile ma
vabbè, a specificare qui sotto non si fatica.
L’unica
altra cosa che ho da dire in queste NdA riguarda la
faccenda degli elohim, vagamente ispirata al culto raeliano e mescolata
a
Xibalba perché… beh, perché no?
Qui sotto, il
meme di gatto schifomadò (se siete stati su
internet nel 2019 dovete conoscerlo, dai. DAI.)
Alla prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 5 *** 5 - Teste calde ***
5
(Teste
calde)
Optimus Prime
stava per chiudere le ottiche -non per sempre.
Non ancora- quando il suono bizzarro che accompagnava i passaggi di
fase del
Phase Shifter lo indusse a riaprirle quasi di botto. Smokescreen era
via da
parecchio tempo ormai ma sembrava aver fatto ritorno.
«Smoke…screen»
mormorò, prima ancora di voltarsi.
«No.
Non proprio».
Non era
Smokescreen. La voce che aveva appena sentito era
molto più “adulta” di quella del giovane
mech e altrettanto familiare; in quel
caso però la familiarità non era positiva
trattandosi, senza possibilità di
errore, di Wheeljack.
«Ecco
perché il ragazzo è andato a rubare la Forgia.
Adesso
capisco» continuò il demolitore, con la Forgia
ancora in mano, avvicinandosi a
Optimus e accovacciandosi di fianco a lui «Non ti trovo molto
bene».
«Cos’hai…
fatto a-»
«A
Smokescreen? Io nulla, eccetto essermi mosso troppo
tardi. Come al solito» sospirò Wheeljack
«L’ultima volta che l’ho visto
però
era vivo».
«Io
non capisco. Sapevo che n-non mi stimavi… al massimo,
Wheeljack, ma… cosa ti avevano fatto gli altri?»
Per qualche
attimo, l’unico rumore udibile furono le gocce
di condensa che cadevano sul pavimento roccioso della grotta.
«Ostinarsi
a darti retta sempre e comunque» rispose
Wheeljack «Ma questo giustifica l’essermene andato
varie volte in passato, non
quel che ho fatto più di recente».
«Sei
qui per… finire il lavoro e terminarmi?»
«No,
e nemmeno per fare ammenda o supplicarti di tornare in
un team sparpagliato. Non che supplicarti sia qualcosa che ho mai
fatto»
aggiunse, per buona misura «E non inizierò adesso,
Prime. L’unica cosa che
voglio sapere è se…» esitò
leggermente «È evidente che tu sia stato coinvolto
nella distruzione della base…»
«Bulkhead
e Miko erano… usciti in tempo» lo
anticipò Optimus
«I-il tuo amico… non si era ancora arreso, con
te».
«Il
mio “amico” a volte è un
cretino».
Optimus lo
vide poggiare la Forgia vicino alla sua mano, in
modo che lui potesse afferrarla.
«Da
qui in poi di quel che farai o non farai non mi importa
niente» affermò il demolitore «Spera di
avere abbastanza forza nelle braccia
per sollevare questo coso».
Detto
ciò se ne andò, attraversando la roccia grazie al
Phase Shifter, senza neanche aspettare una risposta da parte del suo ex
comandante. Wheeljack sentiva di aver fatto “il
suo” almeno quella volta -anzi,
di aver fatto anche troppo- facendo in modo che le azioni di un giovane
mech
innocente non fossero state fatte invano. Per il resto, tutto quel che
riguardava Prime non era più affar suo.
***
«Questo
è tutto, signore. Soundwave risulta essere stabile
ma al momento non sono in grado di stabilire con precisione quando si
risveglierà» disse Knockout «Potrebbe
succedere tra qualche giorno oppure oggi
stesso. Se mi permette, è già molto che sia
riuscito a evitare di essere
colpito in pieno dal raggio».
«Capisco»
disse Megatron, non molto felice di una prognosi
che avrebbe preferito essere più chiara «Mi terrai
aggiornato. Shockwave,
Starscream, come procedono le manovre di contenimento?!»
«I
vehicons dei settori colpiti sono stati abbattuti come
aveva ordinato, signore!» dichiarò Starscream, con
un inchino piuttosto
cerimonioso.
«L’agente
in grado di aiutare a smaltire la circletine mal
tagliata è stato immesso nel sistema di aerazione.
Aiuterà a evitare recidive» disse
Shockwave «A tal proposito ho ritenuto opportuno
l’aggiornamento del database
di sostanze nocive presenti nel sistema, così da agire in
maniera più
tempestiva nel caso dovessero esserci di nuovo delle falle nella
sicurezza…
alla quale dovrebbe contribuire anche il luogotenente incaricato di
muovere le
truppe».
«Cos’è,
appena arrivato cerchi già di mettermi in cattiva
luce agli occhi di Lord Megatron?!» si irritò il
seeker.
«La
mia è stata una constatazione logica. Le tue azioni o
inazioni e le relative conseguenze non dipendono dalla mia
persona» replicò
Shockwave «Sebbene in un caso specifico mi abbiano
coinvolto».
L’irritazione
di Starscream svanì, capendo a cosa l’altro
Decepticon stesse alludendo. «A-ehm, a cosa ti
rife-»
«Mentre
sviluppavo l’agente di smaltimento, Lord Megatron mi
ha aggiornato sui fatti di questo ultimo periodo» lo
interruppe lo scienziato
«Io di rimando ho aggiornato lui su quanto era accaduto a
Cybertron. L’attacco
dei due Autobot, il mio inseguimento, i danni che avevo subito, la
fonte di
energia che mi ha attirato nei pressi del mare di ruggine e che mi ha
permesso
di trovare la squadra di ricerca. A tutto ciò manca un solo
tassello, la
risposta a una domanda: perché sono stato abbandonato come
spazzatura?» domandò
al seeker argentato, avvicinandosi a lui e chinandosi leggermente verso
il
basso «Perché?»
«P-perché…»
farfugliò Starscream «Perché
l’esplosione che è
seguita all’attacco dei due Autobot ha fatto collassare tutto
quanto, l’ultima
cosa che ti abbiamo visto fare è stata entrare nel Ponte
Spaziale!» esclamò,
con una serie di gesti e di espressioni che avrebbero fatto invidia a
un attore
di teatro «Nessuno ti ha visto uscire!»
Per qualche
istante nessuno fiatò.
«Trovo
la tua replica… logica»
concluse Shockwave, allontanandosi.
Starscream,
ringalluzzito, si lasciò sfuggire un sospiro di
sollievo. «Ti farà anche piacere sapere che ho
provveduto a vendicarti
terminando personalmente l’Autobot di nome
Cliffjumper» aggiunse, sbattendo
brevemente le ali come un colibrì.
«Sta’attento…
a forza di ungerlo potresti finire a scivolare
sull’olio che tu stesso hai versato» disse
Knockout, sarcastico, con un
sorrisetto malevolo.
«In
quanto primo
luogotenente di Lord Megatron, permettimi di darti ufficialmente il
benvenuto
nella squadra vincente! Lo avrei fatto prima, se solo non fossimo stati
interrot-»
«A
proposito, dato che al momento che gli ufficiali che
possono essere presenti sono tutti qui, posso illustrare la nuova
catena di
comando» disse Megatron.
«La
nuova… cosa?» si stupì Starscream.
“Ho
riavuto da poco il mio posto di secondo in comando, dato
che Dreadwing ha avuto l’ottima idea di togliersi dai piedi,
non vorrà
togliermelo un’altra volta per affidarlo a
Shockwave?!” pensò.
«Mentre
Starscream
manterrà la sua attuale posizione al comando delle
operazioni militari, Shockwave
sarà il primo luogotenente nella sezione degli esperimenti
scientifici» affermò
il signore dei Decepticon «Entrambi farete riferimento
direttamente a me. Spero
di essere stato chiaro».
«Assolutamente»
annuì Shockwave, lapidario.
«M-ma…»
Starscream guardò dapprima lo scienziato, poi Megatron
«Quindi io e Shockwave siamo praticamente pari?! È
questo che sta dicendo?»
«Sono
certo che riuscirete a coordinarvi e non intralciarvi,
Starscream»
replicò Megatron,
sottintendendo che trovava più probabile che fosse
Starscream a intralciare
Shockwave che viceversa «E ora… Shockwave, il tuo
compito primario sarà portare
avanti le ricerche sulla formula dell’energon sintetico, ma
attualmente
necessito delle tue capacità di ingegnere. Credo che tu sia
in grado di
occuparti delle riparazioni del cannone di Darkmount».
«Sì,
Lord Megatron. Procedo?»
Megatron
annuì, e il grosso Decepticon viola lasciò
immediatamente la stanza. «Quanto a te, Starscream, vedi di
far fruttare quella
microspia. Trova il prigioniero, trova quel maledetto Spectrus Specter,
trova
almeno uno dei suoi compagni o ex compagni che siano! Possibile che
anche con
l’esercito di cui disponiamo nessuno sia in grado di portarmi
la testa di un
singolo Auto…bot?!»
Accorgendosi
solo in quel momento di star sentendo la
propria voce risuonare in tutta la sala, in tutta Darkmount, in tutta
la
Nemesis, probabilmente su tutte le linee Decepticon esistenti, Lord
Megatron
aggrottò le sopracciglia metalliche.
«Colpa
mia. Mi ero appoggiato alla console e ho messo un
gomito dove non dovevo, chiedo perdono» disse velocemente
Knockout,
allontanandosi dai pulsanti.
Megatron
alzò gli occhi dal soffitto e sbuffò.
«Non è
l’imprevisto peggiore che è capitato oggi. E
ora… fate il vostro dovere!»
Detto
ciò se ne andò, lasciando soli secondo in comando
e
medico di bordo.
«Ti
vedo ancora abbastanza nervoso, Starscream. Paura di
perdere il tuo posticino al caldo?» lo stuzzicò
Knockout.
«Tu
sei fortunato, nessuno vorrebbe mai scalzarti dalla tua
posizione, io invece ho sempre qualcuno pronto a farmi le
scarpe!» sbuffò il
seeker «Shockwave è appena arrivato e
già cerca di mettermi in cattiva luce
agli occhi di Megatron».
«Cosa
nella quale tu riesci benissimo da solo, come ha fatto
notare tra le righe Shockwave stess-»
«Si
può sapere da che parte stai?!» sbottò
Starscream,
irritato.
«Qui
non conta la parte, contano i dati di fatto»
replicò
Knockout, facendo spallucce «E un altro dato di fatto
è che se cerchi il
momento giusto per agire, non ce ne sarà uno migliore di
questo».
«Cosa
intendi dire?»
«Soundwave
è temporaneamente fuori gioco e cercare gente ora è un
compito solo tuo».
Starscream
sollevò entrambe le sopracciglia metalliche. «Non
so proprio a cosa tu stia accennando».
Knockout
osò mettergli un braccio attorno alle spalle.
«Credi che mi sia sfuggito? Non stai cercando solo
gli Autobot, stai
cercando anche qualcun altro… e non credo che sia per
chiederle nuovamente di
diventare la tua compagna».
Capito che
Knockout aveva davvero compreso cosa gli stesse
passando per il processore, Starscream si sottrasse comunque al
contatto fisico
indesiderato. «La sto cercando perché non serbo
affatto rancore per quel che
c’è stato, perché non credo affatto che
sia per me una fonte di disgrazie e
perché, essendo gentile, vorrei cercare di riportarla al suo
caro compagno
prima che venga trovata terminata da qualche parte. Il rischio che
accadesse e
nessuno potesse risalire all’assassino già
c’era, ma ora che Soundwave è
temporaneamente inattivo…»
«Povera
Spectra, era così giovane» sospirò
Knockout «Ma così
imprudente. Ti consiglierei di cercare di sbrigarti però,
non sei il solo che
vorrebbe trovarla per sincerarsi delle sue condizioni.
C’è suo fratello e c’è
Airachnid, entrambi amici tuoi!»
«Non
riusciranno ad anticiparmi! Noi seekers siamo i più
veloci in tutto, non lo sapevi?!»
«Spero
per te che non siate i più veloci in tutto-tutto»
sogghignò il medico.
«Sei
un pervertito. Invece di perdere tempo, dato che del
tuo paziente non devi occuparti oltre, dammi una mano a
cercare… chiunque e
qualunque cosa di utile» disse Starscream «Anche
perché il sistema di
comunicazione si è parzialmente danneggiato e al momento va
a tratti, incluso
il segnalatore che ho messo su Wheeljack, appare e scompare dal radar
di
continuo».
«Meglio
non dire a Lord Megatron questo dettaglio. A ogni modo
sono contento di vedere che ti è passato il momento in cui
fingevi di avere una
coscienza riguardo i tuoi trascorsi con Spectra».
«Al
momento rimpiango di non aver fatto tutto quel che avrei
potuto fare quando avrei avuto modo di farlo, e questo è
tutto».
Knockout fece
spallucce. «Alla fine ti è andata bene, visto?
A quest’ora quello con la moglie in fuga saresti potuto
essere tu. Ah no, come
non detto, non saresti mai riuscito anche solo a tentare di uccidere Specter,
quindi a posto».
«Dammi
una mano a cercare… e basta!» concluse Starscream,
con un’ultima occhiataccia.
***
Nell’astronave
Iron Will, dalla quale la Jackhammer restava
a poca distanza, Ultra Magnus rimuginava su una verità dura
e alquanto scomoda
da digerire.
Senza certe
prove visive della questione avrebbe stentato a
credere a certe storie, stentava tuttora, però certi
comportamenti del suo
comandante facevano veramente pensare che potesse non essere del tutto
in sé.
Il racconto di Specter, comprensivo della questione reliquie e Omega
Lock, era
molto chiaro nel suo modulo cerebrale.
“Inizialmente
sembrava
tutto normale, signore. Sono stato soccorso e mi era sembrato di essere
stato
accolto piuttosto bene nella squadra di Optimus Prime di stanza su
questo
pianeta; questo è comprensibile anche da un punto di vista
pratico, i
Decepticon potevano e possono tuttora contare su molte più
unità rispetto a
noi, la mia presenza era senz’altro d’aiuto. Con
alcuni membri della squadra
avevo sviluppato in brevissimo tempo un rapporto molto stretto.
Tuttavia dopo
qualche tempo ho cominciato a fare caso a più di una
stranezza…”
Spectrus gli
aveva parlato della reticenza che aveva notato
in Optimus Prime quando si trattava di fermare i Decepticon utilizzando
tutti i
mezzi a propria disposizione, casi come quello in cui Starscream era
stato da
lui bloccato, ma praticamente fatto scappare da Prime stesso, per
esempio.
“Riconosco
che in quel
frangente mi ero fatto un po’prendere la mano. Non so se
conosce la storia ma
Starscream è responsabile dello sterminio della mia
famiglia, cosa che comunque non mi giustifica dall’aver quasi
messo da parte il nostro Codice di comportamento. Nonostante questo
è indubbio
che avrebbe potuto catturare Starscream dopo che io avevo desistito,
invece di
lasciare che scappasse. Conoscendo bene il soggetto in questione ho
tentato di
dire a Optimus Prime che quella scelta avrebbe creato problemi in
futuro, ma
non mi ha ascoltato… ed è stato proprio
Starscream, dopo, a far sì che le
chiavi Omega finissero nelle mani di quel folle di Megatron, come
può vedere
dalla registrazione”.
Aveva
continuato parlando di altri episodi, spesso corredati
da prove visive, in cui Optimus Prime sembrava aver manifestato
più di
un’indecisione nel portare a termine il proprio compito.
“In
seguito ho
iniziato a pensare di aver esposto i miei dubbi, e di aver esposto me
stesso,
un po’troppo. Nel corso del tempo Optimus Prime, e di
conseguenza più d’uno dei
miei compagni, ha iniziato a cambiare atteggiamento nei miei confronti.
Da
aiuto che ero, man mano sono stato tacciato quale elemento di disturbo.
Nemmeno
salvare una compagna - la mia compagna.
Immagino che Lei disapprovi ma voglio essere totalmente onesto- che era
stata
catturata dai Decepticon è giovato alla mia reputazione,
anzi, dopo quel fatto
è successo… no. Questo sarebbe solo del gossip,
anche se… no”.
Nonostante la
reticenza di Specter a parlare della cosa
-anzi, proprio per quella- Ultra Magnus lo aveva spinto a dire tutto
quanto,
scoprendo con sommo stupore che un Prime “diverso”
dagli altri aveva circuito
una femme già impegnata e, messo davanti a
quell’accusa, non aveva neppure
negato. Anche in quel caso c’erano dei filmati che lo
provavano.
“Poco
tempo dopo io e
uno dei demolitori, Wheeljack, anch’egli poco propenso a
vedere di buon occhio
certi comportamenti, siamo stati cacciati. Ci hanno fatti passare per
traditori… traditori di cosa, devo ancora capirlo.
Né io né lui siamo e saremmo
mai scesi a patti con dei Decepticon, io ho perfino rinnegato
l’energon del mio
energon per averlo fatto: amavo mia sorella, essendo molto gracile e
delicata ho
sempre cercato di tenerla nascosta dal conflitto e proteggerla
perché era tutto
ciò che restava della mia famiglia, ma il suo tradimento fa
sì che sia morta
per me. La legge è dura, ma è legge”.
La cosa
più assurda di tutte però -ancor più
assurda della
presenza di un civile di Prion sul pianeta, che era molto
più che stupefacente-
era stata la distruzione dell’Omega Lock, ultima speranza di
risanare
Cybertron, proprio per mano di Optimus stesso.
Ultra Magnus
aveva capito che Megatron aveva pianificato di
utilizzare quello strumento anche contro il pianeta Terra,
però Optimus non
avrebbe potuto… sconfiggerlo prima? Spegnere
l’Omega Lock? Danneggiarlo un
po’meno, se non altro?
L’Arca
era persa, vero, Cybertron sarebbe stato un pianeta
senza popolo in quel momento, vero anche quello, tuttavia riportando in vita il
pianeta e facendo in modo di
spargere la voce tutti i cybertroniani non Decepticon ancora in vita
sparsi nel
cosmo -voleva credere che ce ne fossero- questi avrebbero sicuramente
cercato
di tornare a casa.
“Dunque
stai cercando
di dire che Optimus Prime, il nostro leader, potrebbe essere un
traditore? Perché
nonostante tutto stento a crederlo, e stenterei ancor di più
a crederti se non
fosse per le prove!”
“Che
Optimus Prime sia
un traditore non è quello che intendo, in verità
penso che lui sia davvero
convinto di star facendo del bene per la nostra fazione e per tutti
quanti. È
sul suo stato mentale che mi sorge qualche dubbio. Qualche tempo prima
che io
arrivassi, lui aveva perso tutti i suoi ricordi come Optimus Prime,
mantenendo
solo quelli di Orion Pax. Ha anche passato diverso tempo nella Nemesis.
Era una
storia che già conoscevo e della quale ho ottenuto i filmati
proprio oggi, dopo
l’assalto a Darkmount. In seguito sembrava
aver recuperato i ricordi ed essere tornato a posto, ma i fatti recenti
mi
portano a chiedere… quanto ‘a posto’ di
preciso?”
“Riguardo
il resto
della squadra…”
“Lungi
da me dar loro
dei traditori, sono semplicemente molto fedeli a Optimus Prime. Lo
seguono in
ogni cosa e sono disposti a credere a qualunque cosa dica, come bravi
soldatini”.
“Questo
è un ambiente
militare, Specter, la disciplina e l’ordine sono
fondamentali. Senza di essi
non si va da alcuna parte”.
“Né
si va da alcuna
parte con un leader discutibile. La sua presenza qui è
positiva, signore,
purtroppo io non ho i gradi per andare a fondo della questione. Lei
sì”.
“Hai
avuto modo di
ottenere notizie sui loro piani?”
“Negativo,
ma mentre
ero a Darkmount ho saputo che c’era stato un tentativo di
rubare la Forgia di
Solus Prime. Può costruire e riparare qualunque cosa ma mi
risulta essere
rimasta quasi del tutto a secco di energia. Forse qualcuno della
squadra
vorrebbe utilizzarla per riparare l’Omega Lock?”
“Sarebbe
auspicabile,
nonché l’uso più nobile”.
Per tutte
quelle ragioni Ultra Magnus intendeva cercare gli
altri Autobot, Optimus Prime incluso, chiedere loro di consegnarsi
così da
poter fare accertamenti e in seguito decidere come procedere. Era la
procedura
prevista dal loro Codice in casi simili -nonché a parer suo
la più logica per
qualcuno che era appena arrivato sul pianeta- e lui intendeva solo
applicarla.
Immaginava che avrebbe potuto già capire molte cose dalle
loro reazioni… e
ormai non mancava molto per trovarne ben due nello stesso quadrante.
***
«Jack!»
«Miko!
Mi- ehi! Attenta, mi fai cadere!» esclamò il
ragazzino, sorridendo nonostante tutto.
Era stata pura
e semplice casualità che lui e Arcee si
fossero trovati a passare in quel posto, che in seguito si era rivelato
essere
il punto di raccolta dei demolitori; così facendo avevano
ritrovato Bulkhead e
una Miko che, a dispetto di tutto, era piuttosto su di morale.
«Sono
contenta di vedere che state bene! Il team comincia a
riunirsi!» esultò Miko «Tra poco tempo
potremo ricominciare a prendere a calci
qualche Decepticon e buttare già quella brutta roba che
hanno costruito!»
«Temo
che per quello ci vorrà un altro po’di
tempo» disse
Arcee «E di compagni di squadra, soprattutto».
«Credo
che tu abbia ragione» disse Bulkhead, più mogio di
quanto cercasse di non far apparire «Però
è già una buona cosa esserci
ritrovati».
Era
sinceramente felice di aver ritrovato Arcee, era una
compagna di squadra alla quale voleva bene e che stimava -sebbene negli
ultimi
tempi lui e altri componenti del gruppo, purtroppo, non
l’avessero dimostrato
granché- però doveva ammettere a se stesso di
essere rimasto deluso quando
aveva visto lei e non Wheeljack. Sentire il rumore di un motore in
quella zona
sperduta lo aveva fatto sperare che fosse lui, poco importava che il
rumore di
quello di Arcee fosse decisamente più contenuto e lui lo
sapesse benissimo.
Forse era
tempo di arrendersi all’idea che non sarebbe mai
venuto lì e che ormai fosse perso, la sua parte
più razionale lo suggeriva,
però da qualche parte in fondo alla Scintilla si rifiutava
ancora di crederlo.
Jack
aggrottò le sopracciglia scure, sollevando lo sguardo
verso il cielo. «Ragazzi, sento dei rumor-»
«Astronave
in avvicinamento!» esclamò Miko.
“Proprio
ora?!” pensò Arcee.
Preparandosi
alla battaglia notò che in realtà erano due
astronavi che viaggiavano in coppia, che una era più grande
e una più piccola,
e che la seconda delle quali sembrava aver intenzione di restare
più a
distanza. Quella più grande le era totalmente sconosciuta ma
la più piccola,
anche da lontano, aveva un’aria vaghissimamente familiare al
di là delle
finiture turchesi piuttosto sgargianti.
«Le
navi sono due, sono insieme. Jack, Miko, nascondetevi!»
ordinò, mentre la nave più grande atterrava a
pochi metri da loro
«Bulkhead!...»
«Sì,
ci sono» rispose, pronto, il demolitore.
La sua
attenzione tuttavia era attirata dall’astronave
più
piccola, che si stava avvicinando in modo lentissimo e inesorabile e
che, anche
ai suoi sensori ottici meno potenti di quelli di una ricognitrice,
iniziava a
sembrare conosciuta.
Il portello
dell’astronave grande si aprì e i due Autobot
video uscire da essa un mech blu e rosso, dall’espressione
inflessibile, che
portava il loro stesso simbolo.
«Soldati».
«Ultra
Magnus?!» si stupì Arcee, iniziando solo allora ad
abbassare lentamente le armi «Non avevamo più
avuto notizie di te dall’esodo in
poi. Come ci hai trovati?»
Di tutti
coloro che avrebbe potuto aspettarsi di vedere, il
comandante in seconda di Optimus Prime era tra gli ultimi della lista.
Era sorprendente
che si trovasse lì e che fosse successo proprio in quel
momento, e in teoria
avrebbe dovuto essere positivo, però Arcee si sentiva
fortemente inquieta.
Provava una sensazione che aveva provato stesso negli ultimi tempi,
ossia
quella che precedeva un probabile momento difficile.
«Soldato,
anche se non ci troviamo su Cybertron c’è un
protocollo militare che va rispettato» replicò
Ultra Magnus, duro come… il
comandante che era, appunto.
«Ultra
Magnus! È un grande onore» disse Bulkhead, stupito
quanto e più di Arcee. Oltre che comandante in seconda,
Ultra Magnus un tempo
era stato anche a capo dei demolitori.
«“È
un grande onore” signore»
lo corresse l’altro.
«Ah…
ehm… sissignore. Chiedo scusa, signore».
«È
dei nostri, quindi possiamo uscire! Ehi!» esclamò
Miko,
dopo aver fatto un potente fischio per attirare l’attenzione
del nuovo arrivato
«Tu e Optimus Prime vi siete quasi copiati i
colori!»
Jack
alzò brevemente gli occhi al cielo. Apprezzava Miko ma
si rendeva conto perfettamente di come si facesse sempre riconoscere
-nel bene
e nel male.
«La
mia storia è identica a quella di tutti gli altri
dall’esodo in poi» inizio a raccontare
Ultra Magnus, decidendo saggiamente di ignorarla «Disperso, ho viaggiato
in lungo e in largo
per il cosmo fino
a quando sono stato attirato qui da una fonte di energia potentissima e
sconosciuta, emessa dall’Omega Lock».
“Come
sa dell’Omega Lock?!” si stupì Arcee,
nel cui
processore aveva iniziato a risuonare un segnale d’allarme
rosso.
«Giunto
in prossimità di questo pianeta sono riuscito a
captare dei segnali Autobot. Questo è tutto»
concluse Ultra Magnus «E direi che
sono arrivato qui nel momento più opportuno,
perché c’è più di una
questione
che necessita di essere chiarita. Salite nella mia astronave, voi e le
forme di
vita indigene che proteggete siete presi in consegna fino a nuovo
ordine».
Sentito
ciò, Arcee si allontanò bruscamente.
«Non vedo per
quale motivo dovremmo essere presi in consegna, sinc-»
«Jackhammer…»
La scout si
voltò verso Bulkhead, vide che stava guardando
l’astronave più piccola -che nel mentre si era
avvicinata di più- e fece
rapidamente due più due.
Quella era la
Jackhammer, la Jackhammer era di Wheeljack,
Wheeljack era con Spectrus e infine Ultra Magnus, così di
botto senza senso,
era apparso lì assieme alla Jackhammer per
“prenderli in consegna”…
«…
e adesso, dal momento che la cara Arcee è una testa calda
e lo sappiamo tutti quanti, si ribellerà e- eccola!» disse Spectrus, con un
leggero sorriso
freddo e soddisfatto, nel vedere Arcee arrivare a sparare al suo
comandante in
seconda, prendere Jack Darby e iniziare a scappare via.
Vide anche
Bulkhead fare lo stesso con Miko subito dopo,
azione prevedibile anch’essa.
«Ora
ho capito perché quando li hai visti hai detto che non
poteva andare meglio di così» commentò
Bustin, accelerando per non perdere la
tracce dei due Autobot «Immaginavi una reazione del
genere».
«Come
ho detto poco fa, Arcee è una testa calda diffidente.
Con ben poche eccezioni, tra cui il sottiscritto» aggiunse
Spectrus, per buona
misura «Se a questo aggiungi i fatti degli ultimi tempi,
dovuti perlopiù a me,
non poteva reagire altrimenti di
fronte qualcuno che rispunta dopo tanto tempo, insieme a noi, e vuol prenderla in
consegna. Bulkhead poi è un tipo molto gregario, quindi non
c’era dubbio che
l’avrebbe seguita, dunque ora bisogna solo attendere la
reazione di Ultra
Magnus in tre, due, uno…»
– Specter, i due
soldati si sono rifiutati di essere presi in consegna e stanno
scappando,
richiedo assistenza per la cattura. Sono stato colpito ma non
è grave. L’uso di
forza letale è negato, dobbiamo cercare di ridurre al minimo
i danni e cercare
di far sì che le forme di vita indigene restino illese.
Passo.
–
«Sissignore,
ci stiamo già muovendo. L’avevo avvisata
riguardo il fatto che sarebbe potuta finire così con Arcee.
Riguardo i
demolitori si sa come sono fatti, hanno spesso qualche problema con
l’autorità
costituita. Passo».
– Non posso negarlo.
Passo e chiudo.
–
«Aveva
fatto una smorfia infastidita quando gli parlavi dei
demolitori del Team Prime» disse Bustin, una volta chiusa la
comunicazione.
«Appunto.
Quando prenderemo Arcee dovremo ringraziarla per
l’aiuto che ci ha dato nel mettere Ultra Magnus contro se
stessa e il resto del
gruppo, sarebbe stato più difficile fare tutto da
soli».
«Arcee,
Bulkhead, abbiamo la Jackhammer alle costole!»
esclamò Jack, guardando l’astronave quasi sopra di
loro.
«Lo
sappiamo, Jack! Tu tieniti forte!» rispose Arcee,
accelerando al massimo.
«Tra
poco si unirà anche Ultra Magnus» aggiunse
Bulkhead
«Arcee, lui è dei nostri, è il secondo
il comando, e se ti fossi sbagliata a-»
«Dopo
quel che è accaduto ultimamente non mi fido più
delle
persone che arrivano all’improvviso, e non dovresti farlo
nemmeno tu» lo
interruppe la femme «È anche e soprattutto
perché ci siamo fidati di Spectrus,
che era dei nostri, che abbiamo perso tutto! Non sapevamo
più nulla di Ultra
Magnus da eoni, potrebbe anche essere diventato un Decepticon sotto
copertura
nel frattempo, se non qualcosa di peggio, considerando con chi sta. Non
mi
fido, e proprio perché non mi fido dico che è
meglio prevenire che curare!»
“Anche
perché certe cose non si possono curare affatto”
pensò amaramente, chiedendosi ancora una volta quale potesse
essere stato il
destino di Optimus.
Nonostante gli
ordini dati da Ultra Magnus, che comunque i
due Autobot non avevano sentito, la Jackhammer aveva iniziato a sparare
contro
di loro colpi a bassa intensità. Forse non c’era
la volontà di danneggiarli in
maniera letale ma non c’era nemmeno quella di non
danneggiarli affatto e, di
sicuro, dei due ragazzini umani presenti non importava nulla a nessuno.
«Wheeljack!»
esclamò Bulkhead, utilizzando il canale
preferenziale dei demolitori per comunicare con la Jakhammer
«Anche se ora ti
sei messo con quel mostro non riesco a credere che tu mi stia sparando
contro
pur sapendo che c’è Miko con me! Io non ti avevo
fatto niente, i ragazzi ancora
meno!»
«Non
credo che ormai gli importi qualcosa, Bulk» disse Miko,
piuttosto disillusa.
«Wheeljack! Almeno
rispondimi!»
–
“Stare
insieme è finito! Abbiamo capito! Ma
dirselo è duraaa!” –
«Perché
Wheeljack ha risposto con una canzone dei Pooh?»
allibì Miko «Ma soprattutto, perché io conosco i
Pooh?!»
Né
lei né chiunque altro avrebbero mai potuto rispondere a
quella domanda ma, arrivati al limitare di un bosco non troppo folto,
Bulkhead
la fece scendere e le disse di correre via.
«E
tu vai con lei, Jack! Vai!»
gridò
Arcee «Bulkhead, noi corriamo dalla parte opposta!»
«Sei
ancora in tempo per lasciarlo perdere, Wheeljack!» si
ostinò
a esclamare Bulkhead «Non deve andare così per
forza! Non dev-»
Un colpo laser
arrivò dritto al suo addome, scagliandolo nel
bosco e abbattendo due degli alberi presenti.
Arcee corse
immediatamente da lui. «Bulkhead, ce la fai ad
alzarti?!»
«Sì…
penso di sì» disse il demolitore, col metallo
ancora
fumante, tirandosi su con un po’di fatica.
Fosse stato un
eroe drammatico e romantico, avrebbe detto
che non era il colpo laser a fargli più male; tuttavia non
era un eroe
drammatico e romantico, era solo un demolitore che si era finalmente
convinto
che il suo vecchio compagno di scorribande fosse irrecuperabile.
Si
addentrarono nel bosco di corsa, per quanto Bulkhead
potesse correre, sperando che così facendo
l’astronave avrebbe avuto più
difficoltà a seguirli. I sensibili recettori uditivi di
Arcee captarono il
rumore della seconda astronave, quella di Ultra Magnus, ancora lontana
ma in
movimento, e il rumore di un portello che si apriva.
«Mi
sa che a breve avremo compagnia» osservò Arcee.
Immaginando
che a breve si sarebbe trovava faccia a faccia
col suo ex compagno iniziò a ribollire di rabbia pura,
perché lo considerava la
causa di tutti i suoi mali -insieme alla propria stupidità
nel crederlo molto
meglio di quanto fosse in realtà.
Sentì
il rumore di passi pesanti in rapido avvicinamento.
«Ti
ricordavo un po’meno codarda, Arcee».
Era uno dei
suoi punti deboli, non era mai stata brava a
evitare di cadere nelle provocazioni altrui. Lei lo sapeva benissimo, e
purtroppo lo sapeva benissimo anche Spectrus.
«Come
sta il buon Prime?»
Appunto: il
riferimento a Optimus fu la classica goccia che
faceva traboccare il vaso e portò Arcee a interrompere la
corsa e voltarsi
verso di lui. «Molto meglio di quanto starai tu tra poco,
schifos- Bulkhead,
lasciami!»
«Cerca
i ragazzi e vai via, sei più veloce di me» disse
Bulkhead, deciso «Cercali e vai!
Ti
raggiungo dopo!»
Benché
insicura sull’ascoltarlo o meno e infuriata,
l’atteggiamento del suo compagno di squadra le
ricordò qual era la missione che
Optimus aveva affidato a tutti loro prima di farli uscire: restare
nascosti,
cercare di riunirsi e soprattutto tenere al sicuro i ragazzi.
Tutto
ciò doveva avere la precedenza sulla rabbia verso un
ex compagno bastardo, ragion per cui fu costretta a fare violenza su se
stessa,
trasformarsi e filare via.
«Sai
che è piuttosto difficile che tu riesca a raggiungerla
sul serio» disse Spectrus, vedendo Bulkhead pararsi davanti a
lui col pugno
pronto a demolire.
«Tu
e io abbiamo una faccenda in sospeso da un pezzo. Per
quello che hai fatto ad Arcee» fece un passo in avanti
«Per quello che hai
fatto alla nostra squadra» ne fece un altro «E
soprattutto per aver corrotto il
mio migliore amico».
«Arcee
è un’idiota, la vostra squadra non era unita come
credevate se eravate tanto pronti a saltarvi ala gola l’un
l’altro per qualche
mia frase e, infine, è difficile corrompere qualcuno che non vuole essere
corrotto. Pensaci su» replicò Specter, con tutta
la calma del mondo «Di te mi
importa poco quindi non dobbiamo essere nemici per forza».
Quell’ultima
frase fu la molla che fece scattare in avanti
il demolitore, il cui potente diretto tuttavia non andò a
segno e si infranse
contro un albero il cui tronco, a causa dell’urto, esplose in
una pioggia di
schegge. «Come ti azzardi?! Come puoi dire che non dobbiamo
essere nemici per
forza dopo che hai provato a farci saltare in aria?!»
«Sei
sicuro che l’abbia fatto io e non il tuo amico
appassionato di bombe?»
Con un verso
quasi barbarico Bulkhead, ignorando l’addome
che sfrigolava, sradicò un grosso masso e lo
lanciò rabbiosamente contro l’ex
compagno di squadra, che non essendo ferito ebbe gioco facile
nell’ evitarlo.
«Rifletti.
Prime è morto, la tua squadra è divisa, il tuo
amico è già con me, idem il secondo in comando e
ho fatto più io contro i Decepticon
di quanto abbia fatto chiunque di voi in questi giorni!»
esclamò Spectrus,
parando un pugno di Bulkhead «Darkmount è
parzialmente distrutta, Soundwave
potrebbe essere morto, l’esercito di vehicons di Megatron ora
può contare su
varie unità in meno, quindi dovresti dirmi grazie,
non» riuscì ad assestare al
demolitore un gancio sotto il mento «Prendermi» poi
un diretto in faccia «A
pugni!»
Un potente
calcio dritto nell’addome ferito mise al tappeto
Bulkhead, che cadde a terra con un grosso tonfo. La testa
finì a battere
violentemente contro una roccia, tanto che la visione del demolitore
iniziò a
diventare sempre più confusa e i suoni sempre più
ovattati.
«Non
pensi che, se perfino Ultra Magnus è dalla mia, magari
c’era qualcosa che non andava con la leadership di
Prime?» continuò Spectrus «Ammettiamo
pure che fra noi ci sia stato qualche dissidio ma alla fine
l’unica che
potrebbe veramente lamentarsi è Arcee, la quale a sua volta
non è stata una
santa, quindi di che parliamo?»
“E
che diavolo sta succedendo fuori dal bosco?!”
pensò poi,
sentendo dei rumori di molteplici spari. «Bustin, che
succede?!»
–
“Diamo
inizio ai fuochi d’artificio sul pianeta Vegeta!” –
Ebbe solo il
tempo di sollevare un sopracciglio prima che
una serie di esplosioni, causate da una sventagliata di colpi al laser,
rischiarasse il cielo e facesse quasi precipitare anche addosso a lui
più di un
pezzo di vehicons aerei.
– Credo che i
Decepticon abbiano intercettato le nostre attività e abbiano
mandato qui un po’dei
bulloni da cannone che gli restano – disse
Bustin – Sono qui da un paio di
minuti, Ultra Magnus infatti è rimasto bloccato
più indietro. Non so se tu voglia ucciderlo e dare la colpa
ai Decepticon
oppure voglia fare come dice Ultra Magnus ma qualunque cosa sia falla
in
fretta, l’ordine di ritirarci ti arriverà presto.
L’ho già ritardato abbastanza
con un po’di interferenze. –
«E
tu non hai pensato di dirmelo prima?!»
–
Tu
me l’hai chiesto solo adesso! –
“Quei
Funko Pop perderanno la testa. Forse non oggi, forse
non domani, ma la perderanno, insieme a quel suo idolo del tizio col
nome
impronunciabile, come cazzo era… Nyarlathotep!”
pensò Spectrus.
Sguainò
la spada senza esitazione, intenzionato a mettere in
pratica la prima delle due alternative che Bustin aveva menzionato,
quando il
movimento di una figura scura alla sua destra lo costrinse a voltarsi
giusto in tempo per parare i colpi delle due
lame di Wheeljack.
«Non
riesci proprio a decidere da che parte stare, vero? Eppure
dovresti sapere che gli Autobot sono finiti ormai» disse
Spectrus, tutt’altro
che felice di essere stato interrotto.
«Non
se Prime riesce a ripararsi con la Forgia che gli ho
fatto avere» replicò il demolitore, con la
maschera di protezione sollevata sul
viso, dando inizio a uno scambio di colpi «Hai fatto un
errore a non
distruggerla quando hai preso il ragazzo!»
«Quindi
eri lì, non l’hai aiutato e ora mi fai la
paternale
lo stesso. Migliori sempre più riguardo la coerenza, e
quanto al resto sai… se Prime
userà la Forgia per riparare se stesso, in un certo senso
sarà meglio così».
«Cos-»
– Specter!... oh,
finalmente il sistema di comunicazioni funziona. È tempo di
ritirarci, il
numero di Decepticon aumenta sempre di più, se continua
così potrebbe diventare
pericoloso anche per i due soldati in fuga e, soprattutto, per i due
indigeni
civili. Rientra immediatamente nella tua astronave, è un
ordine.
–
Specter aveva
tutt’altre intenzioni, però una nuova scarica
di laser abbatté altri vehicons che, in di nuovo, quasi gli
precipitarono
addosso. Grazie a questa distrazione, Wheeljack poté
sollevare parzialmente
Bulkhead e allontanarsi assieme a lui.
“Nulla
di male. Presto o tardi ritroverò entrambi”
concluse Spectrus.
«Sissignore».
***
La prima cosa
che Bulkhead vide quando riprese i sensi fu il
solito paesaggio roccioso. Vedendo la seconda cosa, invece,
pensò di avere un’allucinazione.
«Jacky?...»
«Una
volta ti saresti ripreso molto prima, stare con gli
altri ti ha arrugginito. Ti ho messo una toppa qui e là ma
fossi in te
cercherei di trovare un medico» disse Wheeljack,
trasformandosi in modalità
veicolo «Nel bosco, prima di arrivare da te, ho sentito Arcee
parlare dell’Harbinger ai ragazzi.
Dille che deve imparare ad abbassare la voce, perché se
l’avesse sentita
qualcun altro sarebbe stato un problema».
«Wheeljack,
dove…» barcollando, Bulkhead cercò di
rialzarsi
«Mi hai salvato, giusto? Non devi stare con Specter per
forza, non sei perso
come-»
«Infatti
non sto con lui ma nemmeno con voi. Addio».
Wheeljack
andò via con una sgommata, lasciando lì Bulkhead
e
il suo miscuglio di sollievo e di speranze disattese per
l’ennesima volta.
“Se
era nel bosco e mi ha aiutato non poteva essere nemmeno nella
Jackhammer
a sparare ai Decepticon. Ma allora chi?...” si chiese,
guardandolo andarsene.
Ricordando
quanto detto da Spectrus riguardo Darkmount e
pensando che, conoscendolo, almeno quella potesse essere la
verità, Bulkhead
contattò Arcee via comm-link.
«Arcee,
sto bene, ci vediamo all’Harbinger… chi me
l’ha
detto? Wheeljack. Non sta con Spectrus e non era neppure nella
Jackhammer con
lui. Forse non è perso… sì,
sì, sarò diffidente. Sì»
disse, sentendo i
rimproveri via comm-link della femme Autobot «Sto
arrivando».
Non ho
granché da dire stavolta, solo specificare che quella di
Bustin riguardo il pianeta Vegeta è una citazione di
Dragonball che viene da qua
(dal minuto 3.36 in poi).
Freezer
è il suo personaggio preferito xD
Grazie di
cuore a tutti coloro che leggono e recensiscono :) Alla prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 6 *** 6 - ''Ho fatto proprio bene a uscire'' ***
6
("Ho
fatto proprio bene a uscire")
«Cerchi di comprendere, Lord Megatron, ho inviato i vehicons
in quella zona perché il sistema di sorveglianza era
riuscito a individuare la
presenza di quei due Autobot nelle vicinanze del segnalatore che ho
messo su
Wheeljack, tutto potevo immaginare ma non che ci fossero anche due
astronavi di
rinforzo! In ogni caso non possono dire di aver vinto la battaglia, si
sono
ritirat-»
«Non
possono dire di aver vinto la battaglia ma neppure noi
abbiamo avuto quel che volevamo! Non cercare di far passare per un
successo ciò
che “successo” non è,
Starscream!»
Megatron non
era stato particolarmente contento di ricevere
aggiornamenti su quanto era accaduto ormai quasi ventiquattro ore
prima, anzi,
dire così era un eufemismo. C’era un Autobot nuovo
del quale occuparsi, come se
quelli già presenti non avessero già dato
abbastanza grattacapi, e pur avendone
avuti vari nello stesso posto non erano riusciti a concludere nulla.
Era
frustrante, quasi come il fatto che Soundwave -come Knockout aveva
previsto,
purtroppo- non si fosse ancora ripreso.
«Dimmi
che almeno con il cannone a fusione ci sono dei
progressi».
«Ci
sono. Pochi però!» si affrettò a dire
Starscream, che
mai avrebbe parlato bene di un rivale quale secondo lui Shockwave era
«I danni
erano alquanto ingenti, signore…»
La tendenza a
fare più danni di quanto avrebbe voluto era
ben conosciuta a Megatron, gli bastava ricordare cos’era
successo a Cybertron.
Era partito bene, perché non c’era niente di
sbagliato nel voler sollevare la popolazione
contro la casta corrotta che li aveva governati, però mai
Megatron avrebbe
voluto che tutto degenerasse com’era successo. Aveva dato
inizio alla sua
rivoluzione per amore del proprio pianeta e della propria gente, che
per tanto
tempo l’aveva adorato a sua volta -in certi casi forse anche
troppo; ai tempi
tutto avrebbe pensato meno che avrebbe finito col contribuire a
distruggere
tutto, inclusa buona parte del popolo per cui aveva lottato.
Quei pensieri
non avevano mai smesso di tormentarlo a livello
inconscio nei secoli dei secoli, ma da qualche tempo lo facevano anche
a
livello cosciente, forse per la dipartita di Optimus, forse per quanto
era
accaduto a Cybertron con l’Omega Lock, forse semplicemente perché
sì.
Naturalmente non rinnegava la filosofia e il movimento
che lui stesso aveva fondato, mai l’avrebbe fatto -men che
meno per passare
dalla parte del nemico- però la consapevolezza delle
conseguenze l’avrebbe
sempre accompagnato.
«Immagino.
In caso contrario sarebbe già stato operativo»
disse
l’ex gladiatore «A proposito, ho un compito anche
per te: rendere di nuovo
efficiente il sistema di comunicazioni e trasmissioni. Non so se
l’hai notato,
essendo il tuo attuale strumento di lavoro principale e conoscendo il
tuo
“zelo”, ma va a tratti».
Nascosta
l’espressione di chi era stato colto con le mani
nel sacco, il seeker drizzò la schiena. «Con tutto
il rispetto, Lord Megatron,
non dovrebbe essere Shockwave a occuparsi di simili
faccende?»
«Shockwave
come sai è impegnato con altro, e a occuparti di
“simili faccende” al momento sei tu per forza di
cose. Mi risulta che non
dovresti avere problemi a ripararlo, Starscream, un tempo eri uno
scienziato
abbastanza dotato, di sicuro quanto serve per occuparti delle
riparazioni… come
Shockwave al posto tuo sarebbe in grado di fare».
Pungere
Starscream nell’orgoglio si era rivelato più volte
un modo abbastanza efficace di spingerlo a fare qualcosa e, anche in
quel caso,
la strategia si rivelò efficace dato che Starscream se ne
andò dopo una breve
rassicurazione sul fatto che ci sarebbe riuscito senza problemi.
Rimasto solo
accanto al pannello di controllo, Megatron
decise di dare un’occhiata alle miniere di energon. Erano
preziose come e più
di quanto per gli umani fosse prezioso il minerale chiamato
“oro”, perché
l’energon era la loro principale fonte di nutrimento sulla
Terra.
Nel corso
della breve occhiata che diede riuscì perfino a
intercettare una un possibile giacimento nuovo
-quello che Spectrus aveva trovato tempo prima e del quale aveva
taciuto
con tutti, eccetto Wheeljack, ma Megatron non poteva saperlo- verso la
quale si
ripromise di mandare qualcuno più tardi.
“Auspico
che Shockwave in futuro riesca a perfezionare la
formula incompleta dell’energon sintetico a cui il medico
degli Autobot aveva
lavorato” pensò, scorrendo le immagini video di
una miniera dopo l’altra
“Questo permetterebbe all’esercito
di…”
Si
bloccò, tornò all’immagine precedente e
la ingrandì.
«Giusto.
Doveva pur procurare nutrimento per tutti e due»
commentò, vedendo scorrere sugli schermi le immagini di
Dreadwing che
strisciava di soppiatto nella miniera.
Non
impiegò molto per decidere che intendeva parlare a
quattr’occhi col suo secondo in comando -anzi, ex…
purtroppo- e per uscire da
Darkmount, decollare e raggiungere la cava.
Non aveva
intenzione di terminare Dreadwing, non se avesse
potuto evitarlo: era sempre stato un bravo soldato, secondo come
lealtà solo a
Soundwave tra i Decepticon presenti nella Nemesis o a Darkmount, e in
tempi
come quelli un buon soldato era proprio quel che sarebbe servito.
Ciò
che voleva Megatron dunque era chiarire con lui un paio
di faccende, in primis tutti i motivi
per cui se n’era andato, e possibilmente convincerlo a fare
ritorno alla base.
Il suo ritorno poi avrebbe comportato anche quello di Spectra, alla
quale forse
era il caso di far sapere le ultime novità.
Appena
Dreadwing lo vide arrivare e trasformarsi, si mise
sulla difensiva. «Lo… Megatron!»
«Abbassa
le armi, Dreadwing, non sono qui per combattere» fu la prima
cosa che disse il leader dei Decepticon, pur notando
come Dreadwing avesse evitato di chiamarlo col suo titolo -o meglio, si
fosse
corretto cercando di non farlo «Credo che abbiamo delle
faccende da chiarire».
«Lo
credo anche io» ribatté l’ex secondo in
comando.
Per forza di
cose era stato costretto a uscire più volte
dall’Harbinger in quei giorni, procurandosi abbastanza scorte
alimentari da
dare a lui e Spectra un po’di autonomia ma non tanto da far
sì che a Darkmount
si accorgessero degli ammanchi, rubando sempre da miniere diverse -in
quel caso
più d’una nella stessa uscita- per lo stesso
motivo.
Da un lato era
ansioso di confrontarsi con alcuni degli
altri Decepticon, dall’altro invece aveva sempre ben chiaro
in mente che la sua
priorità attuale avesse un nome, un cognome e in quel
momento fosse
nell’Harbinger. Quando se n’era andato
l’aveva lasciata in ricarica e, appena
prima che Megatron arrivasse, nel suo comm-link era arrivato un
messaggio che
doveva ancora ascoltare e del quale momentaneamente si era dimenticato,
invischiato in due desideri contrastanti che lo stavano inducendo a
voler
affrontare il suo ex comandante -con rabbia e dispiacere- e a volersene
andare
via e tornare da Spectra con l’energon, sperando di seminare
Megatron così che
non li trovasse.
Come aveva
detto a Spectra, sapeva che contro di lui avrebbe
avuto poche speranze di fare qualcosa di concreto: Megatron era leader
dei
Decepticon tanto per il suo carisma, quanto per una potenza in
battaglia che
pochi eguagliavano.
Notando che
Dreadwing sembrava ben poco amichevole, Megatron
decise di cercare di ammorbidirlo puntato su un interesse che avevano
sicuramente in comune. «Mi auguro che Spectra stia
bene».
«È
così per quanto è possibile, e non vuole
tornare» mise
subito in chiaro l’altro «Il suo compagno ha ucciso
suo fratello nonostante lei
volesse lasciarlo andare. Sono anch’io dell’idea
che Spectrus stia meglio morto
ma lei soffre per questo».
«Conoscendola
lo immaginavo. Tuttavia può smettere di
portare il lutto» disse Megatron, vedendo nascere lo stupore
nelle ottiche
rosse di Dreadwing «È sopravvissuto, è
fin troppo in salute e si è spinto fin
dentro Darkmount a far danni. Soundwave avrebbe bisogno della propria
compagna in questo momento».
«Specter
è vivo, è entrato a Darkmount riuscendo, presumo,
a
uscirne e pretendereste che lei torni, magari finendo avvelenata dal
Tox-En
com’era successo ai vehicons della Nemesis tempo fa?! O a
farsi di nuovo quasi
violentare da quell’essere disgustoso che è anche
colpevole di aver ridotto Sky
Quake in uno stramaledetto zombie?!»
«Dunque
è questa l’altra ragione per cui sei andato
via»
disse Megatron «Hai saputo di quella vicenda».
«Una
vicenda che Lei… che tu difficilmente non sapevi,
giusto? E oltre a questo l’hai coperto, hai tenuto ugualmente
con te un
profanatore di tombe che ha ridotto un onorato guerriero Decepticon,
caduto in
battaglia, in un mostro! Come ha potuto permetterlo?»
incalzò l’ex secondo in
comando, tornando inevitabilmente al “lei” senza
volerlo «Come può permettere
che Starscream resti ancora online dopo questo, dopo tutti i suoi
tradimenti?!
Dopo quel che voleva fare a-»
«Quel
che è accaduto a Sky Quake non doveva succedere e
quella faccenda mi ha contrariato, ma per il resto nessun Decepticon
è un
santo» lo interruppe il leader dei Decepticon, con una certa
durezza «Tu stesso
profanasti una tomba insieme a me. Quanto all’ultima cosa, io
per primo ho
condannato un gesto per il quale Starscream è già
stato punito dal compagno di
vita della femme in questione. Di certo ricordi entrambe le
cose».
«Ricordo
anche il modo in cui suddetto compagno l’ha
lasciata sul pavimento sconvolta, danneggiata e con la valvola
scoperta,
signore» ribatté il jetformer, altrettanto duro,
dandosi un ceffone mentale per
quel “signore” che non riusciva a togliersi di
bocca «Io al posto suo avrei
pensato prima di tutto a soccorrere la femme che intendevo
sposare».
«Tu
non eri e non sei al posto suo. Della vita privata
altrui a me non interessa ma se fossi in te cercherei di tenerlo a
mente. Dreadwing,
io sono sicuro che nonostante quel che è successo tu sia
ancora un Decepticon
leale come sei sempre stato» affermò Megatron,
avvicinandosi al suo ex
luogotenente «A Darkmount può esserci ancora posto
per te e ti invito a pensare
anche a Spectra. Saresti solo contro gli Autobot e contro chiunque
voglia
provare a terminarla, due dei quali sono Spectrus e Airachnid. Vuoi
davvero
esporla a questo?»
«Se
Spectra una volta saputo che Spectrus è vivo
vorrà
tornare a Darkmount, giuro sulla mia dignità di mech che lei tornerà
lì sana, salva e subito, per quanto l’idea non mi
piaccia e non mi piacerà mai finché
sarà presente Starscream» rispose Dreadwing,
per poi prendere in mano dei cubi di energon senza che Megatron desse
mostra di
volerglielo impedire e iniziando ad allontanarsi «Il resto
però lo sapevamo già
e tutto quel che ho detto riguardo Sky Quake resta valido».
«Come
ufficiale hai molti pregi ma anche un grosso difetto:
sei troppo testardo».
«Allora
forse è un bene che non sia più un
ufficiale» furono
le ultime parole di Dreadwing prima di decollare, con sua sorpresa,
indisturbato.
Sembrava che
Megatron non lo volesse morto per aver
disertato ma, a rifletterci bene, non aveva forse riaccolto Starscream
un
numero indefinito di volte nonostante questi avesse addirittura
attentato più
volte alla sua persona? Per non parlare del fatto che quel seeker non
era leale
a Megatron come non era leale alla Causa, faceva parte dei Decepticon
ma era
interessato solo al proprio tornaconto e agiva di conseguenza.
Comparato a ciò,
forse essere andato via non era una cosa tanto grave da meritare la
terminazione.
Nel suo
processore si riaffacciò di botto il ricordo del
messaggio che aveva ricevuto, e con esso giunse una potente fitta di
inquietudine. L’arrivo di Megatron non era una
giustificazione perché gli fosse
passato di mente, non poteva permettersi
giustificazioni.
Lo
ascoltò.
- Dreadwing,
sarò
breve: l’Harbinger è persa, quattro Autobot
l’hanno trovata e non sono nostri
amici. Per un attimo avevo pensato di sì. Come fai a dire
che non sono
stupida?... Sto scappando e non si sono ancora accorti, quando
raggiungo un
posto che sembri sicuro ti mando le coordinate, va bene? -
«Maledizione!»
sbottò il Decepticon, che dall’inquietudine
era passato all’ansia.
Aveva sempre
temuto che prima o poi qualcuno si ricordasse
della presenza dell’Harbinger o potesse pensare che si
trovassero lì,
nonostante tutti i giorni che avevano passato lì in
tranquillità avessero quasi
iniziato a illuderlo del contrario. Quel suo timore si era avverato e
doveva
solo ringraziare il cielo che a trovare lì Spectra da sola
fossero stati
quattro Autobot e non uno a caso tra Spectrus, Airachnid oppure
Starscream.
“Non
dovevo lasciarla sola, è stato un errore e lo è
stato
tutte le volte in cui sono uscito” pensò Dreadwing
“Non siamo stati in pace
grazie all’abilità o al fatto di aver avuto una
buona idea, abbiamo avuto solo
fortuna!”
E la loro
fortuna forse era finita.
Una
considerazione sulla quale Spectra, che non aveva avuto
il miglior risveglio del mondo, avrebbe sicuramente concordato.
.:: Relitto
dell’astronave Harbinger, un po’di
tempo prima
::.
A svegliare
Spectra erano state le voci. Non quelle che di norma potevano
tormentare qualcuno col processore un po’difettoso ed erano
un
sinonimo di pazzia ma voci di persone vere,
una delle quali era risultata persino familiare al suo modulo cerebrale
ancora
assonnato. Negli ultimi tempi andava spesso in ricarica a ore strane, a
volte
anche senza rendersene conto, ma era quasi un sollievo: quando dormiva
non
poteva rimuginare su tutto quel che era successo e dimenticava di
essere
inutile al mondo.
«
…sono contenta di vedere che state bene anche voi. Se
riuscissimo a rimettere del tutto in piedi questo posto potremmo avere
una base
operativa, vedo anche qualcosa che assomiglia a un Ponte Terrestre.
Avrebbe
senso, ricordo che quando Starscream era da solo ne aveva uno
e… questo è il
rumore del motore di Bulkhead, è riuscito a raggiungerci
davvero. Continuo il
giro di ricognizione».
Se avesse
voluto farlo, Spectra non avrebbe neppure avuto il
tempo di cercare un nascondiglio: dopo una veloce serie di passi nel
corridoio,
Arcee si era affacciata sulla soglia della stanza.
«Tu?!...»
Tutto avrebbe
immaginato meno che di trovare lì la sorella
di Spectrus circondata da libri molto vecchi e da lampade di sale
accese: era
stato come aprire il magazzino dell’energon e trovare il
bagno al posto di
esso, anche e soprattutto perché… non avrebbe
dovuto essere con Soundwave?
Arcee
ricordava molto bene quando aveva cercato di chiederle
aiuto contro il fratello, finendo poi per aiutarla a sua volta a farsi
stare a
sentire da un Soundwave che, totalmente all’oscuro della
parentela, nonostante
l’affetto che sembrava nutrire per quella ragazza non era
stato molto propenso
ad ascoltarla. Non all’inizio.
Era una
reazione che Arcee però aveva trovato comprensibile
perché Soundwave in quel momento non sapeva ancora che
Spectra fosse, e fosse
stata, l’ennesima vittima di Spectrus. Ormai però
era chiaro anche ad Arcee
stessa: era stata presente quando Spectra aveva parlato a Soundwave
della
propria vita, dunque aveva capito come quella giovane femme fosse stata
manipolata fin dalla nascita da qualcuno che non le aveva mai voluto
bene e che
poi, proprio il giorno in cui tutto era venuto a galla, aveva perfino
cercato
di ucciderla.
«Ciao…
tu sei Arcee, vero? Scusami, è che sono un
po’… mi
sono svegliata ora».
“E
in generale non hai l’aria di stare bene”
pensò
Arcee. «Fa niente. È strano che tu sia
qui».
«Per
me è strano che sia qui tu. Come stai?»
Arcee si rese
conto come quella conversazione stesse
diventando un po’surreale, se pensava al dato di fatto che
quella fosse la
compagna di Soundwave, il che non era un dettaglio trascurabile, che
fosse
stata vittima di Spectrus o meno. «Bene» decise di
tagliar corto «Sei qui da
sola?»
«No!
Ci siete tu e gli altri qui con me».
Arcee doveva
ancora capire se quella femme fosse solo molto
ingenua o, contrariamente a quel bastardo del fratello, perfino un
po’stupida;
fosse come fosse, era il caso di sfruttare la cosa per fare domande un
po’più
precise. «C’è qualche Decepticon in
quest’astronave? Soundwave?»
«Se
fosse stato così non credo che sareste riusciti a
entrare, quindi no, non c’è nessuno…
Soundwave tantomeno» fece una breve pausa
di silenzio «Sono contenta che Spectrus non sia riuscito a
uccidervi con
l’esplosione. Lui ora è offline, lo sai? Mi sembra
ancora impossibile. Il mio
compagno di vita ha ucciso mio fratello, infatti è da tempo
che non lo vedo. Non
era quello che volevo. Non volevo niente di tutto questo»
ripeté con aria
assente.
«Spectrus
non è offline» disse a bruciapelo Arcee, che non
era famosa per il suo tatto «Sarebbe meglio per tutti,
inclusa tu, ma non lo
è».
«C-cosa?»
balbettò Spectra, visibilmente scioccata ma con un
barlume di vita che prima non aveva «Puoi ripetere per
favore?»
«Non
so se sia perché Soundwave non ha fatto bene il suo
lavoro o se l’Inferno l’abbia risputato fuori
perché non lo voleva, entrambe
sono plausibili, ma sta di fatto che è vivo»
disse, cupa, la femme Autobot «Ha
attaccato noi, forse ha attaccato anche Darkmount e-»
«È
vivo. Non posso crederci» continuò Spectra, senza
dare
granché mostra di ascoltarla.
Provava suo
malgrado un po’di gioia nonostante sapesse
benissimo che non c’era nulla di cui essere contenti.
Purtroppo, se Spectrus era
ancora sulla Terra e aveva attaccato persone qui e là,
significava che non
aveva né intenzione di andarsene come lei gli aveva detto,
né
di lasciarla in pace. A dirla tutta c’erano buone
possibilità che tentasse di
ucciderla di nuovo e, di conseguenza, anche Dreadwing. Spectra si era
fatta
l’idea che questi, per ragioni che lei e forse anche
Dreadwing stesso non
riuscivano ad afferrare, sarebbe stato capacissimo di prendere un colpo
mortale
di spada al posto suo: un’altra cosa che non voleva,
l’ennesima. Avrebbe solo
voluto che tutti la lasciassero, e stessero, in pace. Spectrus incluso.
Quel che
le aveva fatto era stato orribile ma sapere che viveva la sua vita
tranquillo,
lontano da lei, sarebbe stato accettabile.
Non voleva
essere costretta di nuovo a fare del male, non
voleva desiderare di farne e non
voleva che qualcuno finisse col farsene a causa sua.
C’era
una guerra e bisognava tenere conto di possibili
perdite ma era diverso: non era lei la causa.
«Non
è una bella notizia» disse Arcee
«Cercherà anche te».
«Temo
di sì. Purtroppo è ostinato, io
gliel’avevo detto di
non farsi più vedere. Mi spiace per tutti i problemi che vi
ha causato».
“Se
Spectrus è vivo allora significa che tra me e Soundwave
dovrebbe essere tutto a posto” pensò poi Spectra
“Non l’ha ucciso”.
Il suo
processore la contraddisse meno di un secondo dopo.
“Non
l’ha ucciso perché non ci è riuscito,
non perché non ci
abbia provato nonostante sapesse benissimo che io non volevo. Spectrus
è
pericoloso ma è mio fratello e tra me e lui è
complicato. So che non mi vuole
bene, so che è meglio non averci a che fare ma gli devo
praticamente tutto, è
un dato di fatto, ed è per questo che non lo volevo offline,
che volevo dargli
un’altra e unica possibilità di continuare a
vivere. Soundwave sapeva la mia
storia, non è stupido, quindi credo che sapesse anche tutto
questo, ma non gli è
importato. Non è un buon inizio, come dicevo a Dreadwing.
Non lo è per niente”.
Ciò
però non toglieva che adesso si sentiva pronta a
parlargli prima o poi, possibilmente più prima che poi,
anche per sapere se
stava bene. Se Spectrus era entrato a Darkmount poteva aver cercato di
fare
qualche disastro… tanto per cambiare.
«I
problemi che ci ha causato non sono colpa tua e ostinato
non è la parola che userei. Senti, né io
né gli altri qui vogliamo farti del
male» disse Arcee «Tutto quel che vogliamo
è solo una base operativa
temporanea».
«Non
potrei mandarvi via neppure volendo, mi sa, siete in
due e io sono una…»
«In
tre» la corresse Arcee «Ma non cambia
nulla».
«No
infatti» disse Spectra. Poi sorrise debolmente «Non
sono
sicura di averti ancora ringraziata per la volta in cui mi hai aiutata
con
Soundwave, sei stata gentile. Non meritavi quel che ti ha fatto mio
fratello. E
aver creduto al fatto che io non fossi come lui, nonostante il mio
compagno sia
un tuo nemico, è un’altra cosa per cui ti
ringrazio».
«Di
niente» borbottò Arcee, che pur avendo apprezzato
i
ringraziamenti non sapeva bene come comportarsi né riguardo
quelli, né riguardo
una situazione che continuava a reputare piuttosto straniante
«Resta qui, puoi
anche tornare in ricarica, sarai lasciata in pace».
Decidendo di
cavarsi d’impaccio così, Arcee lasciò
la stanza
appena la vide annuire. Nel tornare dagli altri sentì delle
esclamazioni di
sorpresa, felici però, e una voce maschile che non era
quella di Bulkhead.
«…
siamo contenti. Siamo tutti contenti che tu abbia deciso
di venire qui, Ratchet!»
esclamò
Rafael, visibilmente contento.
«Ho
concluso che senza di me non sareste andati da nessuna
parte. Nessuno di voi sa granché di tecnica»
replicò l’Autobot, con un mezzo
sorriso.
I suoi
sentimenti verso la perdita di Optimus Prime non
erano cambiati e, se si fosse ostinato a rimuginare ancora
sull’accaduto,
sarebbe sprofondato nella depressione né più
né meno di prima. Pensando alla
propria squadra e ai Decepticon si sentiva ancora come Davide contro
Golia -a
voler ricordare una storia di stampo religioso che Raf, che era
credente come
molte persone di origini sudamericane, gli aveva raccontato una volta-
ossia
qualcuno molto piccolo che combatteva qualcuno molto grande,
così come non si
era ancora fatto una ragione di certi comportamenti di
Optimus… ma, dopo
essersi fatto un esame di coscienza in quella discarica nella quale non
era
riuscito a tornare in ricarica come avrebbe voluto, si era reso conto
di una
cosa: abbandonare i suoi compagni di squadra, gli amici che erano
rimasti,
nonostante tutto non era da lui.
E poi, Davide
non era forse riuscito a vincere contro Golia?
«Ratchet!
Sono contenta di vedere che stai bene».
Il mezzo
sorriso del medico, inevitabilmente, si
ridimensionò. Non voleva il male di Arcee, sapeva che aveva
già patito
abbastanza -in parte per la sua stoltezza, secondo lui: se non avesse
ceduto a
Specter si sarebbe risparmiata molti problemi- ed era contento che
fosse ancora
online ma non per questo aveva cambiato idea su certi argomenti.
«Anche io. È un
bene che la squadra si stia riunendo».
«--Io e Raf te
l’avevamo
detto che era sempre un punto da cui partire. L’astronave
sembra anche messa
bene, sul Ponte Terrestre bisogna lavorare ma quanto al resto
Starscream l’ha
lasciata in buone condizioni. È perfino pulita--»
osservò Bumblebee.
«Lo
è perché non siamo soli»
rivelò a tutti Arcee, guadagnando
varie occhiate sorprese «È un bene che tu sia
arrivato ora, Ratchet, almeno
posso dire tutto a tutti in una volta sola».
Aggiornò
tutti rapidamente riguardo la presenza di Spectra -messa
non benissimo e apparentemente in rotta col marito stando alle sue
parole- nell’Harbinger.
«Può
pure smettere di piangerlo, quel brutto bastardo era
vivo e abbastanza in forma da fare del male a Bulk!»
sbottò Miko «Se davvero è
meglio di lui, perché era dispiaciuta pensando che fosse
morto?!»
«Forse
proprio perché è meglio di lui»
suggerì Raf, un po’
timidamente «Anche io non ho il rapporto migliore del mondo
con la mia
famiglia, però non vorrei mai che a chiunque di loro succeda
qualcosa di male. Per
lei forse è lo stesso».
«Le
cose sono due: o fa finta, cosa che la renderebbe più
brava a mentire di quanto sia Spectrus» ipotizzò
Ratchet, sollevando il pollice
destro «O è abbastanza stupida»
sollevò l’indice «Le opzioni sono
queste».
«Non
sei molto gentile» commentò Jack.
«In
parte è anche colpa della “gentilezza”
se siamo finiti
come siamo finiti» replicò il medico
«Specter è un mostro ma non per questo
aveva torto su tutto. Dovremmo adottare una linea più dura e
fidarci un po’meno
di chi non conosciamo bene».
«Su
questo sono d’accordo» annuì Arcee
«È la ragione per cui
io e Bulkhead siamo scappati quando Ultra Magnus, riapparso dal nulla
insieme a
Spectrus e… e chiunque lo stia aiutando-»
«Ultra
Magnus si è alleato con Specter?»
trasecolò Ratchet
«Come sarebbe?!»
«Ti
aggiornerò più tardi, ora dobbiamo decidere cosa
fare
con Spectra. Io le ho detto che non le avremmo fatto del male, andrebbe
contro
il nostro Codice e, in ogni caso, non c’è ragione
di fargliene» disse la ricognitrice
«È innocua».
«E
sì che hai appena detto di essere d’accordo con me
sul
diffidare di chi conosciamo poco!» esclamò Ratchet
«Soprattutto se si tratta di
qualcuno con un fratello e un compagno di vita tanto scomodi. Concordo
sul non
farle del male ma non sul fatto di considerarla innocua
e…» esitò brevemente,
abbassò lo sguardo e fece un sospiro «Magari
potremmo tenerla in ostaggio. Se a
Soundwave importa qualcosa di lei potrebbe servirci».
«--Cosa? Ti ha dato di
volta il cervello?! Questo non è un discorso da Autobot!--»
protestò
Bumblebee «--Se Optimus fosse
qui- --»
«Optimus
non è qui ed è proprio per colpa di un altro
Specter. Forse tendete a dimenticarlo ma io no».
«Ratchet,
io credo che lei sia davvero diversa da Spectrus»
disse Arcee «Non-»
«Siamo
in svantaggio ed è un dato di fatto, quindi credo che
la cosa più sensata sia aggrapparci a tutto quello che
abbiamo» disse Ratchet «Tenerla
in ostaggio non implica legarla, imbavagliarla e picchiarla. E poi,
Arcee…
sinceramente non hai dimostrato particolare abilità nel
cogliere la vera natura
di suo fratello. Stavolta potrebbe valere lo stesso discorso, e coi
“potrebbe”
non possiamo andare avanti in questo momento! Ecco perché ho
detto quel che ho
detto. Pensateci bene e capirete che quella dell’ostaggio non
è una cosa
insensata».
Gli altri
Autobot e i ragazzini si scambiarono qualche
occhiata restando in silenzio.
«Se
la prendiamo in ostaggio magari in futuro le posso fare
una foto, lei mi manca» disse Miko, mostrando il cellulare.
Peccato che
l’ostaggio in questione, dopo aver recuperato
qualche lampada di sale e averla messa in uno scomparto -lasciarle
tutte lì
sarebbe stato un peccato- se la fosse svignata da un’uscita
sul retro dell’astronave,
concludendo di aver sentito più che abbastanza.
Si
allontanò prima a piedi, abbastanza perché
nessuno di
loro sentisse il rumore che avrebbe fatto quando sarebbe corsa via
nella sua
forma veicolare, poi si trasformò -per la prima volta in
assoluto da quando
aveva messo piede sulla Terra- e sfrecciò via.
Quando Arcee
l’aveva lasciata sola aveva pensato un po’al da
farsi. Andarsene era stata una delle opzioni, perché
difficilmente Dreadwing
avrebbe accettato di condividere l’Harbinger con gli Autobot
anche solo temporaneamente,
si sentiva ancora un Decepticon e lei lo sapeva.
Poi
però la sua natura l’aveva portata a pensare,
inevitabilmente, che magari avrebbero potuto trovare un accordo. Arcee
aveva
parlato di una “base temporanea”, al momento
tecnicamente né lei né Dreadwing
facevano parte di alcuna fazione e c’erano in giro delle
minacce contro le
quali sarebbe stato meglio fare gruppo anche solo per un po’.
Inoltre Arcee era
stata carina con lei in passato e le aveva detto che
l’avrebbero lasciata in
pace.
“Non
avrei dovuto illudermi: ora come ora io e Dreadwing
siamo soli. Lui non ha amici a Darkmount, io non ho amici nella fazione
di mio
fratello… e forse dovevo immaginarlo, anche solo
perché non mi conoscono” pensò
Spectra “Sono la solita stupida”.
Non tanto
stupida da restare davvero sulla cuccetta e
tornare a dormire forse, ma era l’unica cosa positiva che
Spectra avesse da
dire di se stessa in quella vicenda.
La sensazione
di stupidità e inutilità divenne ancor
più
forte pensando che non aveva potuto fare nulla per difendere
l’Harbinger da
quattro Autobot: se solo fosse stata forte come suo fratello, se fosse
stata
meglio armata, se fosse stata “meglio” e basta,
forse lei e Dreadwing non
avrebbero perso la loro nuova casa.
«Dreadwing,
sarò
breve: l’Harbinger è persa, quattro Autobot
l’hanno trovata e non sono nostri
amici. Per un attimo avevo pensato di sì» disse
via comm-link «Come fai a dire
che non sono stupida?... sto scappando e non si sono ancora accorti,
quando
raggiungo un posto che sembri sicuro ti mando le coordinate, va
bene?»
“Una
cosa buona dell’essere stata qui con Starscream
c’è: le
passeggiate per la riabilitazione mi hanno fatto conoscere un
po’i dintorni”
pensò una volta concluso il messaggio
“Però devo andare più lontano, restando
qui non lo sarei abbastanza”.
Stava guidando
verso una destinazione che le era ancora
sconosciuta e, per assurdo, era la cosa più normale -normale
per lei, che
andava in giro, si perdeva e seguiva le farfalle- che avesse fatto
negli ultimi
tempi.
.: Darkmount, ora
::.
Starscream era
appena tornato alla sua postazione dopo
qualche tentativo solo parzialmente fruttuoso di riparare il sistema di
trasmissioni e comunicazioni quando la spia luminosa del segnalatore
che aveva
nascosto nel corpo di Wheeljack tornò a farsi vedere sullo
schermo.
«Oh,
eccolo. Il mio lavoro sul sistema è servito a qualcosa.
Più o meno, dato che le immagini video ora non
vanno» commentò, sbuffando «Miniere
di energon? Io non ho fatto questa ricerca, immagino che sia stato Lord
Megatron» mormorò, pensieroso, dopo aver rimesso
mano ai computer «E questo?...
sembra il segnale di un potenziale giacimento di energon, e il segnale
di
Wheeljack… sì è proprio
qui!»
La spia
luminosa era immobile sullo schermo, contrariamente
ai pensieri del seeker che si rincorrevano gli uni con gli altri alla
velocità
del vento.
“C’è
un possibile giacimento di energon, ha senso che
Wheeljack sia lì e, dal momento che vari vehicons hanno
riferito di averlo
visto portare via Bulkhead, probabilmente ora sono insieme. Forse
c’è anche
Arcee con loro” ragionò “Se ora io e un
buon numero di vehicons partiamo, li
catturiamo e fornisco a Lord Megatron i dati di una cava nuova, la mia
posizione sarà al sicuro per un bel pezzo”.
In altri tempi
avrebbe tenuto nascosta quella nuova cava -senza
sapere che Megatron invece l’aveva trovata poco prima- ma
aveva già ricevuto in
passato una durissima lezione riguardo il nascondere certe cose e non
teneva
affatto a farsela rispiegare.
Sfregando le
mani una contro l’altra, pregustando già il
successo, ordinò via comm-link ai vehicons di prepararsi
alla partenza e poco
dopo decollò assieme a loro -ove
“assieme” era da leggersi “avanti a tutti
loro”,
essendo un modello più veloce. Rallentò solo
quando erano in procinto di raggiungere
la loro destinazione, lasciando che fossero i vehicons ad atterrare per
primi:
in caso di problemi sarebbero stati loro a prendersi i colpi e lui
avrebbe
avuto l’opportunità di scappare.
Non era una
tattica coraggiosa ma forse se era sopravvissuto
per tanto tempo era anche grazie a cose simili.
«Comandante
Starscream… laggiù» disse subito uno
dei
vehicons una volta che tutti ebbero posato i piedi a terra.
«Autobot?»
«Non
lo so, signore».
Starscream gli
lanciò un’occhiataccia, avvicinandosi con
fare minaccioso. «Incompetente! Come sarebbe a dire che
non…»
Degnatosi di
guardare ciò che il vehicon gli aveva indicato,
ammutolì per qualche secondo.
«Ah».
Se fosse stato
da solo la sua reazione sarebbe stata tutt’altra,
alias quella istintiva di avvicinarsi, controllare che quel che aveva
capito di
star vedendo fosse esatto, indietreggiare, guardarsi attorno spaventato
e poi
tornarsene dritto filato a Darkmount, ma a Starscream non piaceva fare
la
figura del pavido davanti ai soldati.
La sola cosa
che poteva fare, quindi, era rendersi conto del
fatto che in quel posto non ci fosse alcun Autobot… se non
quello che era stato
fatto a pezzi, privato della testa e del simbolo degli Autobot che un
tempo
aveva campeggiato sul petto e, infine, incollato in qualche modo alla
parete
rocciosa. Gli arti inferiori inoltre parevano anche essere
stati… tagliuzzati?
Tritati?
Fosse come
fosse sembrava che Wheeljack, fuggendo da
Darkmount e andando a cercare rifornimento in quella cava, non fosse
andato
incontro a un destino piacevole.
“Chi?!
CHI?!
Airachnid? È lei quella che colleziona teste”
pensò Starscream “E che ha le
ragnatele appiccicose. Però non so, c’è
qualcosa che non torna. Forse è stato
Specter?! Wheeljack era andato via con il suo ex compare e non con lui,
quindi
doveva averlo mollato e lui si è vendicato, non è
improbabile, non mi sembra il
suo stile ma non è improbabile, magari quando è
risorto o… o qualunque cosa sia
capitata, l’ha fatto diventare completamente pazzo! O magari
è stato chiunque
lo stia aiutando”.
«Il
segnale della presenza di energon è diventato più
forte,
il fatto che questo sia un giacimento è confermato.
Andiamo» concluse il
seeker, trasformandosi.
«Il
corpo-»
«Un
mucchio di pezzi di metallo inutili! Andiamo!»
ripeté
Starscream, decollando.
Megatron aveva
parlato di voler avere teste di Autobot
-metaforicamente ma anche no-, ogni linea Decepticon aveva sentito le
sue
parole per colpa di un Knockout distratto e adesso c’era un
Autobot morto e
senza testa.
Starscream non
sapeva dire perché il suo processore avesse
fatto quell’associazione ma di fatto era una particolare
coincidenza.
Il suo
rimuginare lo distrasse abbastanza da sbagliare
rotta, giungendo in poco tempo in un luogo che si trovava a
metà strada tra
quel nuovo giacimento e quella che era stata casa sua per molto tempo,
alias l’Harbinger.
Si trattava di uno di quei posti con un po’di boscaglia
abbastanza scarna
intervallata da più di una radura. Non era molto lontano
dalla grotta in cui
aveva trovato Airachnid legata a una parete.
«E
con me quella volta c’era anche…
aspetta…» si abbassò di
qualche metro «Ho le visioni o?!...»
Una
motocicletta molto leggera, di dimensioni abbastanza
ridotte, di colore bianco e blu e senza guidatore umano.
Non aveva mai
visto la alt-mode di Spectra, non ne aveva mai
avuto l’occasione, ma non c’erano molti dubbi.
“Lei
è qui e non vedo Dreadwing in giro. È sola. Siamo soli”
pensò “Da quassù non vedo
altri in giro”.
Se fosse stato
nella sua forma base, sul suo volto si
sarebbe potuto vedere un ghigno di malefica soddisfazione.
«Alla
fine ho fatto proprio bene a uscire da Darkmount!»
..."Are you sure?" xD
A questo giro non ho nulla da dire, quindi... grazie a chiunque legga,
come al solito :)
|
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Capitolo 7 *** 7 - ''Se lei è nulla, tu cosa credi di essere?'' ***
7
(“Se
lei
è nulla, tu cosa credi di
essere?”)
Spectra aveva
riconosciuto l’ F16 appena, sentito il rumore,
aveva dato un’occhiata a cosa c’era in cielo. Nello
stesso istante si era resa
conto di essere stata riconosciuta a propria volta e, soprattutto, che
Starscream si stava rapidamente abbassando di quota.
“Oh
no…”
Accelerò
più che poteva con l’idea di
cercare di nascondersi
in mezzo agli alberi, pur immaginando che non fosse possibile
perché si
trattava di un bosco piuttosto rado e anche perché, come
sapeva bene,
Starscream conosceva quel posto quanto e più di lei; tutte
ragioni per cui
inviò a Dreadwing le coordinate promesse, sebbene non fosse
un posto sicuro.
Nel rivedere
il seeker i ricordi di tutto quello che era
accaduto tra loro tornarono a galla nel suo processore, come il momento
in cui
Starscream le aveva regalato dei fiori, per esempio, quelli in cui
l’aveva
fatta ridere, quelli in cui l’aveva sostenuta nella
riabilitazione.
Assieme a
tutto ciò però giunse anche
l’altra faccia della
medaglia, molto più importante e che pesava molto di
più: lui aveva ucciso la
sua famiglia e facendo questo aveva sicuramente contribuito a rendere
Spectrus
il mostro che era diventato, lui l’aveva resa invalida, lui
aveva usato il
rapporto che si era creato tra loro per far soffrire Soundwave -verso
il quale
lei, allora, non provava gli attuali sentimenti contrastanti- lui
l’aveva
sbattuta contro una parete, le aveva strappato la placca pelvica e
aveva
cercato di violentarla, e pensare di aver condiviso la cuccetta con
lui, con quasi tutto quel che di
solito
comportava, le stava facendo provare ondate di disgusto verso di lui e
verso se
stessa fin quasi alla nausea.
Strillò
quando un colpo laser di indubbia provenienza
esplose davanti a lei facendola finire fuori strada a schiantarsi
contro un
albero. L’urto per fortuna non fu troppo forte, non perse
conoscenza e restò
confusa solo per qualche secondo, dopo i quali riacquisì
velocemente la sua
forma base e riuscì ad alzarsi in piedi.
«Una
volta eravamo piuttosto vicini, ora invece ho dovuto
spararti perché ti fermassi a salutarmi».
Non
velocemente quanto Starscream era atterrato a poca
distanza da lei e la guardava col sorriso soddisfatto di chi aveva in
pugno la
situazione.
«Stando
con Dreadwing hai disimparato le buone
maniere?»
continuò il Decepticon, avvicinandosi.
«Non
so cosa vuoi e non mi interessa, Starscream, non ti
avvicinare nemmeno. Vai via».
Non voleva
vederlo, non voleva parlare con lui, farlo le
dava l’impressione di avere ancora le sue mani addosso e,
soprattutto, la
faceva sentire come se dentro di lei ci fosse stato qualcosa che
mordeva e
dilaniava con furia sempre maggiore i suoi tessuti tecnorganici pur di
uscire
allo scoperto. Avrebbe voluto solo che sparisse, possibilmente assieme
a
Starscream.
«Non
ho intenzione di farlo» replicò il
seeker, sempre più
vicino «Non dopo averti cercata in tutto questo lasso di
tempo e averti trovata
oggi qui, sola, mentre ero in giro per tutt’altro. Direi
quasi che fosse
destino e non è una novità, vero? Quando siamo in
ballo noi due, ecco che il
tempismo diventa sempre perfetto».
«Vai
via… per favore».
Lui
continuò ad avvicinarsi.
«Tu
pensi davvero che “per favore” possa
aiutarti in questo
momento? Dopo aver capito che sei una delle mie principali fonti di
disgrazia?
Dopo che tu, con tutto quel che ho fatto per te, mi hai messo in
ridicolo?»
“Con
tutto quel che ho
fatto per te”.
L’ego
e l’orgoglio sconfinati del seeker facevano
sì che
probabilmente credesse davvero in quelle parole, e ciò
peggiorava la sensazione
di Spectra riguardo il fatto che presto, molto presto, quella
sensazione
strisciante che faceva battere forte la sua Scintilla sarebbe arrivata
al punto
di rottura.
«Tu
forse sei davvero convinto di quel che stai dicendo ma
se anche fosse così non mi interessa. Voglio che tu vada via
e non voglio vederti
più, Starscream».
«Dopo
oggi non mi vedrai più, te
l’assicuro: non credo che i
morti possano vedere qualcosa. Prima di questo però voglio
rivivere i vecchi
tempi per un’ultima volta, riprendendo da dove Soundwave, il
tuo caro Soundwave
che hai già gettato via come hai fatto col sottoscritto, ci
ha interrotti.
Nessuno ci disturberà e nessuno ti verrà a
salvare, ma te ne sei già resa
conto» disse Starscream, a pochi centimetri da lei,
chinandosi leggermente
«Vero, piccola?»
L’aveva
chiamata in quel modo molte volte quando erano stati
insieme, Spectra lo ricordava e ricordava che le era anche piaciuto.
Erano cambiate
così tante cose in così poco tempo.
«Sì»
disse la giovane femme
«Stavolta me l’aspettavo».
Fu tutto molto
veloce.
Starscream,
che fino a un attimo prima era in piedi ed era
sano, prima sentì un dolore lancinante
all’attaccatura tra il busto e le gambe,
poi crollò sulle ginocchia; una spinta da parte di Spectra,
le cui piccole lame
nelle braccia baluginavano alla debole luce del sole, lo fece cadere
sdraiato
sul terreno brullo e, prima che potesse muovere le braccia, queste
vennero
disattivate all’altezza delle spalle con due colpi rapidi e
precisi.
«E
contrariamente alle altre volte non intendo scusarmi per
le ferite».
Tutto quel che
riuscì a fare Starscream fu emettere una
serie di esclamazioni sorprese nel vedere Spectra, con uno sguardo
freddo per
lui totalmente inedito, guardarlo dritto negli occhi mentre si sedeva
poco
sotto il suo petto. Le lame erano ancora sguainate e gocciolavano
energon ma
non sembrava importarle affatto.
«S-Spectra?
Spectra possiamo parlar-»
Una lama
pericolosamente vicina alla sua scatola vocale lo
fece tacere.
«Non
sono interessata a quel che vuoi dire, te l’ho
già
spiegato. Quindi stai zitto».
Starscream
iniziò a sperare che qualche vehicon si
accorgesse del fatto che mancava a rapporto e venisse a cercarlo,
perché quel
che stava succedendo e l’espressione di Spectra non
promettevano nulla di
buono. Tempo addietro, quando aveva saputo delle sue parentele, aveva
pensato
che la sua potesse essere stata una recita; aveva accantonato quel
pensiero
ricordando tutto ciò che era successo quando aveva cercato
di forzarla alla
connessione, dicendosi che se fosse stata in grado di attaccarlo
l’avrebbe
fatto.
Sembrava aver
commesso un errore di valutazione, dopotutto.
«Io
volevo solo stare in pace» disse Spectra, con
voce
chiara «So che non si può piacere a tutti, lo
accetto. L’ho accettato con
Knockout, l’ho accettato con Airachnid, cerco di accettarlo
con mio fratello e,
ovviamente, anche con te. Se fossi rimasta nella Nemesis avrei
accettato la tua
presenza a patto che mi stessi lontano e non mi parlassi affatto.
Pensando a
quel che mi hai fatto e volevi farmi non è molto, dovresti
capirlo nonostante
il tuo ego ferito. In tutta la mia esistenza non avevo mai voluto fare
del male
a nessuno, non mi piace e se è successo è stato
perché sono stata costretta.
Anche adesso lo sono stata, io te l’avevo detto di andare
via. Rispetto alle
altre volte però c’è una
differenza».
Puntò
la lama del braccio destro all’altezza della
Scintilla
di Starscream.
«Le
altre volte non sarei riuscita a trovare un motivo
valido per uccidere qualcuno neppure sforzandomi, questa volta invece
mi sto
sforzando di trovarne uno per non farlo e mi risulta addirittura
difficile. Tu
non hai idea di quanto ti odio» continuò la femme,
senza che la voce si
incrinasse nonostante le lacrime avessero iniziato a scorrere copiose
lungo le
guance «E non hai idea di quanto odi il
fatto di essere arrivata a odiarti fino a questo punto. Io non credevo
di
esserne capace. Io non volevo
esserne
capace».
A Starscream
parve di sentire dei passi di più persone in
avvicinamento,
cosa che gli diede lo stimolo per superare lo stupore assoluto e
tentare di
imbastire una difesa impossibile. «A-andiamo, riconosco di
aver fatto qualche
piccolo sbaglio, non ultimo quello di poco fa, ma in fin dei conti non
c’è
bisogno di uccidermi, volevo solo… abbiamo passato dei bei
momenti, no? Stavamo
anche per sposarci, gius-»
«Tu
hai ucciso i miei genitori. Per colpa tua li conosco
solo grazie a poche fotografie e ai racconti di qualcun
altro…»
«Ho
travisato gli ordini, è stato un errore!
Megatron mi ha
punito per quello!»
«Mi
hai resa invalida a vita. Ho passato la vita a vedermi
come una stupida storpia» continuò Spectra
«Stupida lo sono di mio, storpia lo
sono per colpa tua».
«Ho
cercato di risolvere! Ho cercato di curarti e infatti
stai meglio, non puoi dire di no, a meno che tu sia bugiarda come tuo
fratel-»
«IO NON SONO COME LUI!»
gridò la giovane, allontanando però la lama
invece di affondarla nel petto del
seeker e poggiando il viso contro la mano «Non sono come lui,
non voglio
diventare come lui…»
«Ecco,
brava, quindi non terminarmi, grazie...»
disse
velocemente, sentendo che i passi dei possibili rinforzi erano arrivati
praticamente lì, ormai.
«È
solo per questo che non lo faccio. Ti rendi
conto?» gli
domandò Spectra, con la voce ormai rotta dal pianto
«Capisci quello che hai
fatto? Mi hai rovinato la vita, mi hai menomata, hai cercato di
violentarmi, ci
sei quasi riuscito e ora ci hai riprovato! Che… che ti ha
detto il cervello?!
Perché l’hai fatto? Perché,
Starscream?!»
«Non
sarebbe successo se tu mi avessi sposato!»
esclamò il
seeker.
Spectra scosse
la testa, guardandolo fisso. «Non puoi averlo
detto davvero».
I rumori
divennero tali che finalmente anche Spectra,
nonostante le sue condizioni, riuscì finalmente ad
accorgersi che c’era qualcun
altro nei paraggi.
«Avevi
ragione. Pensavo di no, diciamo pure che in un certo
senso mi auguravo di no, ma avevi ragione e hai fatto bene a chiamare
gli
altri. Il cane non si era messo a correre come un pazzo senza
motivo» disse Helex, che
si trovava di fianco a un Kaon che
in quel momento stava faticando
abbastanza a trattenere il guinzaglio della propria bestia.
“Che
diamine ci fanno qui quelli della DJD?!”
pensò
Starscream che, da sollevato per i possibili rinforzi in arrivo, era
più
terrorizzato di prima.
Benché
la Decepticon Justice Division fosse, come suggeriva
il nome, appartenente alla sua stessa fazione, non significava che il
seeker si
sentisse al sicuro; tutt’altro, visto e considerato che la
loro missione
primaria era quella di dare la caccia proprio a coloro che avevano
tradito,
disertato, recato danni alla Causa o a Lord Megatron in qualsiasi
maniera.
Avevano una Lista di nomi il cui ordine veniva seguito scrupolosamente
dai sei
membri del gruppo e Starscream era consapevole che, tempo addietro, era
stato
presente anche il suo. Per quel che lui sapeva, Megatron aveva ordinato
a Tarn
-il leader di quello che secondo Starscream era un gruppo di fanatici
serial
killer legalizzati che, fosse stato per lui, non sarebbe dovuto
esistere- di
rimuoverlo… ma cosa gli sarebbe successo se quel mostro per
una volta avesse
deciso di agire di testa propria?
“Il
mostro in questione non è qui e se Megatron ha
detto
loro di rimuovere il mio nome l’hanno fatto. Discutere i suoi
ordini non è
qualcosa che fanno” pensò il seeker, ostinandosi a
cercare di mantenere la
calma “E io sono il secondo in comando di Megatron, sono
stato attaccato da una
neutrale, è loro dovere soccor-”
Le ottiche di
Spectra, già molto grandi, lo divennero ancora
di più a causa dello stupore. «Voi?...»
“Perché
parla come se li conoscesse?
Perché parla come se li
conoscesse
E potesse
stare
tranquilla?!” allibì Starscream.
«Spectra-»
esordì, venendo bruscamente
interrotto da un
ululato.
«Va
bene, hai vinto» sospirò Kaon,
lasciando cadere il
guinzaglio «Vai a salutarla per primo, magari senza
mangiarla!»
Un ondata di
entusiasmo in forma canina -anzi di turbofox-
investì Spectra, toltasi da sopra Starscream e alzatasi in
piedi, facendola
cadere a terra e iniziando a leccarle la faccia. Ciò
riuscì perfino a strappare
una mezza risata alla giovane, una delle poche persone nel cosmo che
avrebbero
potuto avere una simile reazione nell’avere il cane della DJD
appiccicato al
volto.
Quando il cane
si spostò, una grossa mano blu si
posò sulla
sua schiena.
«Te
l’avevo detto che se non avessi mangiato
abbastanza
saresti rimasta un lilleth. Un lilleth adulto, ma sempre un
lilleth» disse
Helex, neppure bisognoso di abbassarsi data la lunghezza particolare
delle sue
braccia primarie «Dirò a Tess di decidersi a
preparare quel rame-N a base di-»
«Teeeh,
non credo che Lilleth abbia i tuoi stessi gusti,
lascia perdere» lo interruppe Kaon, chinandosi
all’altezza di Spectra «Va bene,
il nostro secondo incontro è assurdo quasi quanto il primo
quindi non so bene
che dire, tranne che sono contento quanto il cane ma non posso leccarti
la
faccia!... credo. Anche adesso che sei cresciuta sei sempre tanto dolce
e
carina come una volta, anche con le lame sporche di energon
altrui!»
«Vi
ricordate ancora di me?» fu la prima cosa che
riuscì a
dire Spectra «Non ero neppure adulta quando…
è passato tanto tempo, non
pensavo… fa niente» concluse, sorridendo a
entrambi «Non siete cambiati per
nulla dall’ultima volta che vi ho visti. Come
state?»
Helex,
già molto serio in volto, lo divenne ancor di
più. «Tu come
stai?»
«C’è
il secondo in comando di Lord
Megatron a terra e
chiedete a lei come sta? È pericolosa e instabile, non vi
fidate» disse
Starscream, nel disperato tentativo di non arrendersi
all’idea di essere,
forse, nei guai. A
seconda di se -e
quanto- i due della DJD avevano sentito «Fate qualcosa
piuttos…»
Kaon si
voltò verso di lui, puntando le sue orbite vuote nei
sensori ottici rossi del seeker. «Fai qualcosa tu, signor
secondo in comando ex
Listato, tipo fingere di non esistere» disse, sorridendo
perfino, mentre le antenne
Tesla poste sulle spalle si illuminavano brevemente
«Finché hai questa
possibilità. Dicevamo? Ah, sì: tu come stai,
Lilleth?»
«È
tutto a posto» disse lei, dopo una
brevissima esitazione.
I due membri
della DJD si scambiarono un’occhiata e Kaon,
con un sospiro, allacciò le proprie mani dietro la schiena
di Spectra e poggiò
la testa sulla sua spalla. «Ora e in futuro sicuramente,
quindi forse non è una
bugia».
Il
rumore di qualcun
altro in arrivo si fece più udibile prima di interrompersi
del tutto.
«Credo
che
il mio
turno per i saluti sia appena finito» disse il Decepticon
rossastro,
allontanandosi da Spectra e indicando con un cenno del capo un punto
dietro di
lei, dove un altro viso familiare -ove con “viso”
si intendeva dire maschera-
non aspettava altro.
Quando Spectra
si fu voltata sorrise, avvicinandosi al
grande mech dalle cromature prevalentemente violacee che, senza
distogliere le
ottiche rosse brillanti da lei neppure un secondo, si stava
già parzialmente
inginocchiando così da trovarsi a un’altezza
più ragionevole rispetto alla sua
e protese leggermente una mano quando fu abbastanza vicina.
«Tarn…
sono contenta di rivederti»
sorrise ancora Spectra,
ponendo una mano su quella della prima persona in assoluto che le
avesse detto
di non considerarsi stupida.
«Anche
io, Spectra» disse Tarn, sfiorandole con il
dorso delle
dita una guancia ancora striata di lacrime di energon nonostante i
“saluti” del
cane «Molto».
“Sono
finito. Sono completamente finito, posso considerarmi
morto” pensò Starscream “Non dovevo
uscire da Darkmount, non dovevo sbagliare
rotta, non dovevo mettermi a inseguirla! Una volta visto quel che hanno fatto
a
Wheeljack, perché a questo punto sono stati loro, sarei
dovuto tornare da
Megatron e basta!... no. No, non è ancora detta
l’ultima parola. Megatron non
mi vuole morto, quindi non mi toccheranno neanche loro. Loro hanno
degli
ordini, Spectra o non Spectra, e io al di là delle prese in
giro che ha osato
farmi quel pezzente elettrico ho una certa posizione. Non sono ancora
finito!”
«Ci
sarebbero molte cose da dire e lo faremo»
continuò Tarn
«Ma prima di tutto voglio sapere cos’è
successo qui di preciso».
«È
una cosa un
po’lunga…»
«Un
buon motivo per iniziare prima che Vos e Tesarus
arrivino e vogliano salutarti. Nickel è rimasta
nell’astronave ma avremo tempo
e modo di rimedia-»
Il rumore di
due motori di un jet in arrivo, spinti al
massimo, anticipò di poco il momento in cui Spectra gli
venne strappata via
dalle mani. Troppo poco perché Tarn potesse fare qualsiasi
cosa diversa dal
riuscire a mantenere miracolosamente l’equilibrio e ad
alzarsi in piedi di
scatto con un “No!”
che, se il
rapitore non avesse abbassato l’audio dei suoi recettori
uditivi, avrebbe
seriamente rischiato di buttarlo giù.
Dreadwing,
conoscendo la Decepticon Justice Division, era
stato abbastanza previdente sia nel fare questo, sia da star volando
via
alla
massima velocità che gli era consentita per mettere
più distanza possibile tra
lui, Spectra e un gruppo di feroci assassini la cui presenza era
imprevista e costituiva
un ennesimo problema.
«D’ora
in poi andremo a cercare l’energon
insieme, non ti
lascerò più sola. Mai più!»
esclamò l’ex secondo in comando quando
giudicò di
essere arrivato a distanza di sicurezza «Non avrei dovuto
farlo fin da
principio, credevo che in quel modo saresti stata più al
sicuro ma sbagliavo.
Sono stato così stupido!... la Decepticon Justice Division
sul pianeta era
l’ultima cosa di cui avessimo bisogno».
«Dreadwing-»
«Come
se non fosse stato sufficiente quel maledetto di
Starscream a… un
momento: sei ferita? Ti
ha fatto del male?!» le domandò, consapevole che
non sarebbe mai stato in grado
di perdonarsi se avesse scoperto di essere arrivato tardi per impedire
che quel
bastardo finisse il lavoro iniziato nella Nemesis.
«Ci
ha provato e ho dovuto dargli due ceffoni,
però a parte
questo sto bene».
Benché
Dreadwing nei giorni passati all’interno
dell’Harbinger avesse imparato dai racconti di Spectra
cos’erano i “due
ceffoni”, l’idea che Spectra non fosse totalmente
indifesa come aveva sempre
pensato riusciva ancora a stupirlo -anche se ovviamente la riteneva una
buona
cosa.
«Bene.
Bene. Per fortuna. D’altro lato
però questo rendeva
ancora più pericoloso il resto, la DJD…
loro… ne hai mai sentito parlare? Hai
idea di cosa fanno?»
«Li
incontrai la prima volta che Spectrus mi fece uscire di
casa, non ero ancora adulta. Rimasi nella loro astronave per un mesetto
o giù
di lì, fino a quando Spectrus mi salvò portandomi
via dalla loro nave… o
“salvò” per modo di dire, pensando che
lui…» fece un sospiro «A proposito,
secondo gli Autobot è ancora vivo e potrebbe aver fatto
qualche disastro a
Darkmount».
«È
vivo e pronto a fare danni come suo solito, me
l’ha detto
anche Lord Me- Megatron, prima, ma
Spectra-»
«Hai
incontrato Lord Megatron?! Com’è
andata? Che vi siete
detti?»
«Ne
parliamo dopo. Spectra, la DJD? Sul serio?! Un mese
intero con quei… con loro, e non l’hai detto a
nessuno di noi!»
«È
successo tanto tempo fa. Pensavo che mi
avessero
dimenticata, io non facevo niente di rilevante in
quell’astronave, non avrei
mai immaginato che loro potessero ricordarsi di me né avrei
mai immaginato di
poterli rivedere qui. Mi spiace di non avertelo detto, se
l’avessi fatto
avresti capito che non c’erano pericoli per me… e
non ti saresti esposto».
«Intanto
Megatron non desidera la mia morte né la
tua,
quindi se si incontreranno e lo chiarirà potremmo essere
meno in pericolo
entrambi. Forse. In verità lui vorrebbe che tornassimo
entrambi a Darkmount ma
per quanto mi riguarda non se ne parla, neanche adesso»
dichiarò il jetformer
«Anzi, direi soprattutto adesso
che
quel lurido verme delle terre rugginose ha cercato di farti del male di
nuovo.
Come può Megatron tenere con sé
quell’essere? Non ha imparato la lezione
neppure dopo il pestaggio di Soundwave!» sbottò
«Non me ne capacito. Essere un
Decepticon non significa questo, tenere lì Starscream
è un’onta per la fazione
intera».
«Volevo
terminarlo, Dreadwing».
Breve pausa di
silenzio da parte del Decepticon. «Vuoi
parlarne?»
«N-non
vorrei… in questi giorni credo di essermi
lamentata
abbastanz-»
«No.
Parlami anche di questo oltre che di tutto quel che
è
successo» disse lui «Per favore».
Lei fece un
piccolo sorriso. «Sei gentile».
«Puoi
parlarmi di quel che vuoi quando vuoi, come io ho
deciso di fare con te. Posso aver fatto delle scelte sbagliate in
questi giorni
ma questa non lo è. Ascolta, in considerazione
dell’attacco di tuo fratello a
Darkmount, se volessi parlare con Soundwave per sentire come sta
potremmo
cercare un modo di farlo senza essere tracciati subito. O puoi
parlargli e
basta, dipende da te, sei l’unica che abbia diritto di
prendere una decisione a
riguardo».
Non era
convinto della cosa né si sentiva granché
felice
all’idea -persuaso com’era che neppure Soundwave
fosse la persona giusta per
Spectra- però sapeva che era giusto così e, nel
dirle che prendere certe
decisioni spettava solo a lei, era stato del tutto onesto in merito a
ciò che
pensava.
«Io
in effetti avevo pensato di farlo, ora mi sento pronta a
parlare con lui. Riguardo il come però vorrei pensarci un
attimo».
Dreadwing
annuì e pensando a un possibile rifugio per il
futuro, possibilmente anche da quei pazzi furiosi che nonostante tutto
lo
preoccupavano molto più di quanto volesse dare a vedere,
scomparve con lei in
mezzo alle nuvole.
Chi invece
avrebbe solo desiderato scomparire a sua volta in
mezzo alle nuvole ma non poteva farlo era Starscream che, solo e ferito
insieme
a quelli che ormai erano diventati cinque dei sei membri della
Decepticon
Justice Division, continuava a sentirsi tutt’altro che
tranquillo.
«Chi
era quello? Non abbiamo fatto in tempo a ritrovare
Lilleth che l’hanno rapita un’altra
volta!» sbottò Helex.
«Era Dreadwing. Conoscere nome, aspetto e valore di ogni
Decepticon
è qualcosa che in simili casi è un
bene» asserì Tarn «Per noi».
L’allampanato
Vos, squadrando Starscream, disse qualcosa nel
suo linguaggio primitivo.
«Seh,
non hai torto. È abbastanza ridicolo che uno
che tiene
tanto a dichiararsi il secondo in comando di Lord Megatron si sia fatto
ridurre
così da Spectra» disse Kaon «Non
è più delicata come un uovo di Lilleth, eh
Tess?»
Il
mastodontico Decepticon -un bestione di quasi diciassette
metri con un grosso buco dentellato all’altezza del petto col
quale aveva
triturato del tutto o parzialmente un numero indefinito di malcapitati,
non
ultimo Wheeljack- fece spallucce. «Bah. Con me non ce
l’avrebbe fatta».
«“Non
che avrebbe avuto ragione di
farlo”, Tesarus, immagino
che intendessi concludere così» disse Tarn.
«Certo».
«Per
quanto riguarda il resto è buona cosa che sia
stata in
grado di difendersi» riprese Tarn «Tuttavia, io
ritengo che non avrebbe dovuto
avere motivo di doverlo
fare»
aggiunse, puntando i sensori ottici su Starscream.
«E-Ehm,
tra me e Spectra c’è stato solo
un banale
fraintendimento, la sua è stata una reazione eccessiva,
volevo solo parlarle, solo
che… ti sorprenderà sapere che è una
Specter, io stesso l’ho scoperto da poco,
e che quindi i miei trascorsi con la sua famiglia-»
«Ne
sono al corrente» tagliò corto
freddamente il
Decepticon.
«A-Ah
sì? Beh, comunque il nostro signore Lord
Megatron però
mi aveva già punito per quel che accadde tempo addietro.
Infatti non sono
neanche nella vostra Lista, mi risulta così, giusto? Quindi
che ne dite se ora
io chiamo i soccorsi e andiamo a Darkmount tutti insieme?»
tentò il seeker
argentato «Così che possiate saperne di
più su quel disertore
che è Dreadwing?»
«No,
tu non te la cavi così»
affermò Helex «Credi che io a
Kaon siamo sordi?»
«Oltre
a essere la ragione per cui Lilleth zoppica, questo
stronzo ha cercato di forzarla alla connessione due volte, Tarn, una
delle
quali poco fa» disse Kaon, per una volta senza temere un
ammonimento per il
linguaggio «Lei l’ha accusato e lui non ha
negato».
Per
più di un istante l’unico rumore udibile fu il
flebile
ululato del vento che aveva iniziato a staccare le foglie disseccate
dei pochi
alberi attorno a loro.
«Capisco»
disse Tarn «Vos, Kaon, siate
gentili e aiutate
Starscream ad alzarsi in piedi».
I due
Decepticon eseguirono subito l’ordine.
«S-sapevo
che sareste stati ragionevoli! In fin dei conti
lei non è nemmeno una Decepticon, quindi non è
nulla, e Lord Megatron mi vuole
vivo, ricordate?» disse rapidamente il seeker argenteo
«Lord Meg-»
Il tentativo
disperato di Starscream di sottrarsi al suo
destino divenne un urlo di dolore atroce di potenza inumana quando le
mani di
Tarn artigliarono le sue ali e le strapparono con violenza dalla sua
schiena,
tra circuiti divelti che sfrigolavano ed energon che zampillava dalla
mutilazione.
Le ali non
erano parti rimovibili nelle armature dei
seekers, erano parte integrante del loro corpo, della loro
“spina dorsale”,
quindi era un danno terribile -sebbene riparabile nel caso si fossero
trovate
delle ali compatibili- che in alcuni casi aveva causato nelle vittime
anche
difficoltà perpetue a camminare.
«Fondile»
ordinò Tarn a Helex, che senza
dire una parola
aprì lo sportello della camera di fusione per accogliere le
ali al suo interno
«Tesarus: gambe. Non arrivare a distruggere
l’inguine, mi raccomando, il
metallo fuso delle ali deve essere pur messo da qualche
parte».
«MEGATRON MI VUOLE
VIVO!»
riuscì a urlare il seeker dopo
diversi rantoli inconsulti arrivando
a rovinarsi la scatola vocale, folle di dolore quanto di un terrore che
in vita
sua non aveva mai provato, non fino a quel punto, mentre le lame di
Tesarus si
facevano sempre più vicine ai suoi piedi «Non mi
potete uccidere, mi vuole
vivo, mi ha tolto dalla Lista, mi vuole-»
«Lord
Megatron ti vuole vivo. Non intero»
replicò, freddo,
Tarn «In questo non è mai stato specifico,
Starscream, dunque ritengo che sia a
mia discrezione. Sarai d’esempio»
continuò, mentre Starscream ricominciava a
urlare «Tu sarai d’esempio per chiunque pensi di
poter toccare un membro della mia
squadra senza conseguenze, per chiunque pensi di poterla
toccare senza conseguenze. Non ti avvicinerai più a
lei»
disse, facendo fermare temporaneamente Tesarus per afferrare e
stringere il
mento del seeker e costringerlo a guardarlo negli occhi «Non
parlerai di lei,
non dovrai neanche pensare a lei. Pensa a questo e a quello che
verrà dopo,
piuttosto, mentre rimpiangi che Lord Megatron non ti voglia morto.
“Non è una
Decepticon quindi non è nulla”… se lei
è nulla, tu cosa credi di essere?»
Se anche
Starscream avesse voluto farlo non sarebbe riuscito
a rispondere a quella domanda: l’ennesimo urlo, ennesimo ma
non ultimo, glielo avrebbe
impedito.
***
«“Death
is taboo, but it's hardly something new/ There's nothing medical
professionals
can do/ 'Cept maybe just bill you!”...»
«Nano
malefico, smetti per un momento di cantare mentre
strimpelli quel coso-»
«È
un banjo, Specter».
«Quello
che è. Smetti per un momento di cantare
mentre
strimpelli il banjo e ricordami il motivo per cui non siamo atterrati
direttamente vicini al giacimento di energon da cui ci
riforniamo».
«Perché
adesso i Decepticon sanno che sei ancora
vivo e
sanno della nostra presenza qui» disse Bustin, comodamente
seduto
nell’abitacolo di Spectrus -in forma veicolo- mentre
continuava imperterrito a
pizzicare le corde dello strumento musicale «Quindi si
presume che
intensificheranno i controlli in giro, specialmente nelle zone montuose
dei
dintorni, proprio pensando alle nostre possibili ricerche di cibo in
miniere
già note o nuove. O comunque è quello che farei
io. Pensando a questo ho
concluso che due transformers passano più inosservati di
un’astronave intera. È
anche la ragione per cui Ultra Magnus si è convinto che
restare indietro fosse
una buona idea. “If you die
while
listening to this album/It's still gonna keep
playing…”»
«Ora
invece ricordami perché sei voluto venire
insieme a me
per forza invece di restare indietro a fare la guardia al prigioniero e
alla
Jackhammer».
«Perché
abbiamo dovuto sedare il primo, che quindi
non può più
ascoltarmi mentre canto le canzoni del musical di
“Beeteljuice”, e perché se
chicchessia cercasse di entrare nell’astronave questa
esploderebbe. Non
lascerei mai che qualcuno rubi i miei Funko, soprattutto quello di
Golden
Freezer. Sai quanto è arrivato a costare adesso?»
“C’è
di buono che siamo quasi arrivati a
destinazione e
quindi per un po’ non dovrò più
sentirlo mentre canta dentro di me” pensò
Spectrus, accelerando ulteriormente nel dirigersi al giacimento di
energon
segreto… che, lui lo ignorava, ma ormai tanto segreto non
era più.
«Se
la Jackhammer esplodesse, anche i Funko farebbero la
stessa fine» gli fece notare Spectrus.
«No.
Non credo» replicò il minicon, col
sorriso fisso sul
suo visore «Ci siamo».
Arrivati al
giacimento, Bustin scese rapidamente e Spectrus
tornò nella sua forma base. Per arrivare
all’entrata restava solo da svoltare
l’angolo.
«Un
giorno di questi potremmo trovare qui anche quel pluri
voltagabbana che è il nostro Wheeljack» disse
Spectrus, rivolto al prioniano
che in quel momento gli svolazzava attorno «Oltre a noi e,
purtroppo, Ultra
Magnus, è l’unico che conosca
l’ubicazione di questo posto».
«Se
ha aiutato Bulkhead però potrebbe essere
tornato con
loro e potrebbe rivelare la posizione a lui e al resto degli
Autobot» osservò
Bustin, tornato a imbracciare il banjo «“There's
no destiny or fate/ Just a terrifying wait/ Filled with people that you
hate/
And on a certain date, the universe kills you!”»
«Potrebbe.
Però conoscendo il soggetto non sono
sicuro che
sia tornato nei ranghi, quindi non credo che lo
farà» concluse Spectrus,
svoltando l’angolo.
Ciò
che lui e Bustin videro -alias quel che aveva visto
anche Starscream pochissimo tempo prima- bloccò i passi di
Spectrus per più di
qualche secondo.
«No
infatti, non credo che lo farà»
concluse Bustin, dopo
aver dato un’occhiata a ciò che restava di
Wheeljack «“That's the
thing with life: no one makes it out aliiiiiiiive!”»
Per nulla
bisognoso di commenti fatti con un
po’più di
tatto, Spectrus si mosse in direzione del cadavere.
Da quando
Wheeljack aveva deciso di voltargli le spalle, lui
aveva sempre pensato che prima o poi il demolitore sarebbe finito
offline,
forse proprio per mano sua, ma l’ipotesi di trovarlo senza
testa, senza badge
degli Autobot a campeggiare sul petto, con gli arti inferiori mutilati,
fatto a
pezzi e incollato in qualche maniera alla parete rocciosa non gli aveva
mai
attraversato il processore.
«Se
avesse continuato a seguirmi sarebbe vivo invece che
morto da… oltre mezza giornata ormai» disse
Spectrus, notando che l’energon
gocciolato dal corpo sulla roccia aveva iniziato a seccarsi
«Per quel che mi
riguarda te la sei cercata, “amico” mio».
«Non
ti importava granché di lui»
commentò Bustin.
«Di’pure
che non mi importava affatto»
confermò il mech
«Quel che invece potrebbe importarmi è capire chi
è stato. Tutto questo non è
nello stile di Megatron, di Soundwave o di uno qualunque dei Decepticon
presenti. Ho visto anche Shockwave a Darkmount ma per quel che si sa di
lui
credo che valga lo stesso discorso, e questo genere di omicidi non
è qualcosa
che faccia chiunque. È più roba da Airachnid.
Mutilazioni, appiccicamenti,
decapitazione… è stata Airachnid, è
lei che fa
certe cose, specie l’ultima delle tre. Si dichiara
responsabile
dell’annientamento di intere razze aliene, sai» si
zittì per qualche istante
«Deve essere stata Airachnid».
«Ho
la sensazione che, più di esserne convinto, tu
stia
cercando di convincertene!»
Spectrus non
rispose, preferendo -dopo una breve esitazione-
controllare con una mano che nel punto dove si trovava il T-Cog di
Wheeljack
non ci fossero fori.
Mosse quasi
impercettibilmente le grandi dita nere quando si
trovò a tastare il nulla.
«Bustin,
tu che hai le mani più piccole delle mie
e l’indice
che si illumina-»
«Si
illumina e spara!»
«Verifica
che il T-Cog sia ancora all’interno del
buco»
proseguì Spectrus, ignorandolo.
Sapeva che era
una speranza vana, perché i buchi ad altezza
T-Cog non comparivano dal nulla e tantomeno erano casuali addosso a
qualcuno
che aveva fatto una così brutta fine, però in
quel caso, anche per Specter, la
speranza era l’ultima a morire. Aveva più di una
buona ragione per augurarsi
davvero che il T-Cog fosse ancora presente.
«Niente
T-Cog» dichiarò il minicon
«Ma questo lo immaginavi,
vero?»
«Sì».
«Perché
ho l’impressione che tu stia
trattenendo
un’interessante sequela di bestemmie mentre eviti
accuratamente di prendere a
pugni la montagna?»
«Perché
è proprio così che
stanno le cose» replicò Spectrus,
allontanandosi da Wheeljack di due passi e schiarendo la voce
«Megatron è una vecchia
puttana rincoglionita con il culo grosso!» esclamò
ad alta voce, per poi
ascoltare attentamente eventuali rumori che, invece, non arrivarono
«No, come
immaginavo non sono più qui, dunque… ma porco
Primus monco xenofilo stupratore
di luponoidi, di tutti gli stronzi che potevano arrivare sulla Terra
dovevano
essere proprio gli abitanti del magico mondo di Tarnlandia?!»
sbottò, tirando
un pugno contro la parete rocciosa «Cosa ci fanno qui? Cosa
ci fa qui la DJD?!»
«Avevo
sentito parlare di loro quando ero ancora a Prion.
Fanno le pulizie di casa nella fazione dei Decepticon ma non disdegnano
nemmeno
ammazzare qualche Autobot lungo la via, hanno una Lista, si dice che il
loro
capo uccida la gente con la voce e bla bla bla»
spiattellò Bustin con un gesto
quasi annoiato della mano «Dalla distruzione di Prion in poi
però non ho saputo
più nulla. A noi minicon in generale non importava
granché e a me ancora meno».
«Ora
però sono qui e a quanto pare sono oltre il
“non
disdegnare” la terminazione di Autobot… ed ex
Autobot» disse Spectrus.
Il prioniano
fece spallucce. «Immagino che sia per la
comunicazione che i Decepticon hanno, credo per errore, mandato su
parecchie
linee poco più di un giorno fa».
«Quale
comunicazione?»
Bustin si
schiarì la voce. «“Quanto
a te, Starscream,
vedi di far fruttare quella microspia. Trova il prigioniero, trova quel
maledetto
Spectrus Specter, trova almeno uno dei suoi compagni o ex compagni che
siano!
Possibile che anche con l’esercito di cui disponiamo nessuno
sia in grado di
portarmi la testa di un singolo Autobot?”.
Diceva così, più delle mezze
scuse di qualcuno per essersi appoggiato sulla console».
«E
tu perché cazzo non me l’hai detto ?!
No, aspetta, fammi
indovinare: non te l’ho chiesto!»
Il minicon
annuì. «Già! Cosa ti cambia?
Sapevi che Megatron
ti voleva morto, era così già prima del casino
che abbiamo fatto a Darkmount»
gli fece notare «E dell’arrivo della DJD abbiamo
saputo entrambi solo adesso».
«Dovrei
credere che sia un caso il fatto che tu, tra tutte
le canzoni che sono in quel dannatissimo musical, cantassi
“The Whole Being
Dead Thing” proprio oggi e proprio adesso?!»
Bustin
spalancò le braccia e fece spallucce. «Beh,
sì.
Quindi ora che facciamo?»
«Prendiamo
l’energon per cui siamo venuti, dato che
loro non
sono qui» fu la risposta che Spectrus diede avventurandosi
nella grotta «Per il
resto pare che debba darmi una mossa a vendicarmi e/o andare
via».
«È
la prima volta che ti sento parlare
dell’idea di andare
via. Ti impensieriscono più di Megatron?»
domandò il minicon, facendo brillare
l’indice della mano destra per rischiarare la grotta.
«Neanche
Megatron è propriamente savio ma loro
sono un’altra
cosa. Lo so per certo perché ho avuto modo di monitorarli
per un mesetto tempo
addietro. Usano la filosofia Decepticon come scusa per uccidere
chiunque gli
pare, e “gli” non è casuale dato che
l’unico ad avere voce in capitolo è quel
suonato del loro capo, alias Tarn. È un incrocio tra un
religioso invasato che
si dà a fare l’inquisitore e una fangirl
perennemente infoiata: prega Megatron
ogni giorno e conosce a memoria quelle porcate di libri che ha scritto.
Averlo
ascoltato in quei frangenti ha fatto sì che io in quel
periodo abbia aggiunto
Megatron alle varie cose contro cui poter bestemmiare».
«“Teach me, Megatron
senpaiiii!”»
esclamò Bustin
con voce particolarmente acuta «Il magico mondo
di Tarnlandia dev’essere un posto bellissimo».
«Il
magico mondo di Tarnlandia, dove piovono cadaveri di
infedeli mentre gli alicorni vomitano cannonate a fusione color
arcobaleno».
«E
gli alicorni hanno la faccia di Megatron»
aggiunse
Bustin.
«Sì».
«Tutto
questo mi fa venire il dubbio che non conosca
granché
la valvola» disse il minicon, andando a strappare un
cristallo di energon da un
foro che Spectrus aveva fatto in precedenza.
«Io
so solo che nel mese in cui l’ho tenuto
d’occhio non
l’ha mai cercata, renditi conto del livello».
“O
magari
ne puntava
una in particolare alla quale contava di avere accesso facile una volta
cresciuta” aggiunse nella propria testa pensando a Spectra,
che quando era
finita con la DJD non era ancora adulta “Immagino che lui e
il resto dell’allegro
gruppetto si siano dimenticati di Spectra da un pezzo”.
«Forse
va con qualche prostituta ogni tanto mentre cerca di
convertirle al Decepticonismo» ipotizzò Bustin.
«Ciò
dopo aver resuscitato il suo cavo morto con
un video
del suo unico vero dio, se no non gli funziona, e fatto questo via a
crivellare
la poveretta di turno salmodiando “Towards Peace” a
ogni spinta e strillando
ringraziamenti a Megatron a ogni sovraccarico» disse
Spectrus, estraendo a sua
volta dei cristalli di energon piuttosto grossi «E detto
questo credo che la
mia voglia di connessione sia scesa molto sotto lo zero».
«Immaginalo
mentre si asciuga col phon sotto la
minigonna da liceale giapponese dopo aver sentito quella comunicazione
di
Megatron!»
«Io
non so se mettermi a ridere o bestemmiare di
nuovo».
In
quell’indecisione però Spectrus non aveva
tenuto conto
della terza opzione, alias ringraziarlo perché adesso la
sgradevolissima
sensazione nota ai più come “paura”,
tutt’altro che comune in lui, si era
affievolita abbastanza da far rilassare i tessuti tecnorganici rimasti
in
perenne tensione dopo aver visto il cadavere di Wheeljack. Non era
rimasto
indifferente a quello spettacolo e non intendeva in alcun caso lasciare
che
Tarn, il resto della Decepticon Justice Division o chiunque altro gli
facessero
fare quella triste fine; se poi oltre a sopravvivere fosse riuscito a
mandare
all’Inferno qualcuno di loro, meglio ancora.
Perdersi
d’animo a prescindere non era da lui e tale
discorso era valido anche in quell’occasione…
«Senti
anche tu? Mi sembrano delle urla di dolore molto in
lontanaza» disse Bustin «Credo che le stia portando
qui il vento. Oppure è il
vento stesso, chi lo sa».
«Non
lo so e non mi importa. Muoviamoci a prendere
l’energon
e andare via da qui» concluse Spectrus.
Finalmente
sono riuscita a scrivere le scene nella prima parte del
capitolo! Ce le avevo in testa da prima di scrivere l'intera "Day Off
To Repent" e finalmente ci siamo :'D
A tal proposito: "Where
a Butterfly Can Lead You" e la summenzionata "Day
Off To Repent" sono due storie di cui vi consiglio la
lettura, perché la prima parla di quando Spectra
è venuta in contatto con la DJD per la prima volta, e nella
seconda la DJD... diciamo che vive un'avventura che scorderebbe
volentieri, se potesse, e che viene menzionata piuttosto spesso nel
corso di questa fic.
E
niente.
Lascio il >>> link
a un mio vecchio disegno e con questo mi
dileguo. Grazie a
tutte le persone che stanno leggendo :)
_Cthylla_
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Capitolo 8 *** 8 - Non è Superman ***
8
(Non
è Superman)
«…maledetto il portabagagli rugginoso di
Prim-»
«--Ratchet, ci sono dei minorenni qui…--»
«Sentono
molto di peggio tutti i
santi giorni, Bumblebee, e se permetti sono molto meglio le mie
imprecazioni
delle urla di quel…» il medico si interruppe
facendo un respiro profondo nel
sentire l’ennesimo urlo di dolore portato dal vento
«Di quel disgraziato, e mai
avrei immaginato di poter definire Starscream in questa
maniera!»
Dopo essersi
resi
conto del fatto che Spectra era scappata non avevano potuto
-né voluto- far
altro se non liquidare la questione col dire che forse non era un
problema di
cui avrebbero dovuto occuparsi: non sapevano dove potesse essere andata
e, in
ogni caso, Spectra e Dreadwing non sembravano avere intenzione di
cercare
contatti con il resto dei Decepticon. Inoltre l’Harbinger era
una sistemazione
temporanea, ragion per cui c’era la possibilità
che se si fossero mossi in
fretta non avrebbero avuto né tempo né modo di
rivelare a chicchessia la loro
posizione attuale.
“Mossi
in fretta”,
perché avevano deciso che dovevano approfittare dei danni
che Spectrus aveva
fatto a Darkmount per poter attaccare a loro volta, magari col supporto
degli
umani a dare il colpo finale alla fortezza. Optimus o non Optimus,
quella
poteva essere una buona occasione per tentare il colpo dal momento che
Ratchet
aveva impiegato pochissimo tempo per rimettere a posto le parti del
sistema
dell’Harbinger che erano state disattivate, Ponte Terrestre
incluso. Erano
anche riusciti a contattare Fowler, e questi si era definito pronto a
entrare
in azione al loro segnale.
“L’importante
è che il cannone a fusione di
Darkmount sia inattivo e che riusciate a tenere impegnati i Decepticon
quel
tanto che basta per permettere a noi di attaccare. Ci abbiamo
già provato in
precedenza ed è finita male, ma attendevamo solo un segno di
vita da parte
vostra per poterci riprovare. Non ne posso più di avere il
fiato del Generale e
di Megatron sul collo!”
Era sembrato
che
tutto stesse andando in maniera quasi decente, soprattutto rispetto
all’ultimo
periodo; poi c’erano state le urla, un suono disumano che
aveva incrinato
nuovamente il morale dell’intera squadra, nonché
un buon motivo per dare
un’occhiata tramite satellite a ciò che stava
succedendo e dove di preciso.
Quella era
stata la
prima volta che Bulkhead aveva visto Miko, notoriamente poco
impressionabile,
terrorizzata fino al punto di irrigidirsi, indietreggiare e mettersi a
tremare.
Non aveva avuto una reazione simile neppure quando si era trovata a
essere
minacciata da Starscream nella miniera, seppur si fosse giustamente
spaventata
anche allora… lo stesso Starscream che, nel momento in cui
loro avevano
inquadrato la scena, era stato fatto rinvenire con una
“piccola” scarica
elettrica. Doveva essere svenuto dopo aver perso le gambe fino alle
ginocchia
ma, avevano immaginato gli Autobot, probabilmente era destinato a
perderne
qualche metro in più.
«La
Decepticon
Justice Division sul pianeta era l’ultima cosa di cui avevamo
bisogno» continuò
il medico, terribilmente preoccupato «Non bastava quel pazzo
di Megatron, non
bastavano Specter e Airachnid in giro, dovevano per forza mettersi in
mezzo
anche loro! Mi pare giusto!»
«I-io…»
Jack,
cercando di mantenere la calma e dimenticare le immagini che aveva
visto nel
monitor, deglutì rumorosamente e si rivolse ad Arcee
«Quel che non capisco è
perché stanno attaccando Starscream, sono Decepticon anche
loro».
«Sono
una divisione
particolare dell’esercito di Megatron il cui compito primario
è quello di
occuparsi dei traditori, dei disertori e di qualunque Decepticon faccia
danni
alla propria fazione, il tutto nel modo più atroce
possibile» rispose Ratchet
al posto di Arcee «Però non sono pochi neppure gli
Autobot che hanno fatto una
fine altrettanto orrenda a causa loro. Non si fermano davanti a nulla,
non
hanno pietà di nessuno, non negoziano mai. Di solito essere
nella loro Lista e
averli alle calcagna equivale a… quello che hai visto, Jack.
E ciò che hai
visto in quel monitor è ben lontano dal peggio che possono
fare ai disgraziati
che finiscono nelle loro mani».
«Sono
pericolosi, ok,
ma… ma voi potete affrontarli, vero?»
domandò loro Miko, speranzosa,
aggrappandosi a una gamba di Bulkhead «Potete prenderli a
calci nel sedere,
giusto?! Bulk!...»
L’unica
cosa che
rispose a Miko fu l’eco della sua ultima esclamazione.
«Io
non li ho mai
affrontati» disse Arcee, funerea «Bee?»
Lo scout
scosse la
testa.
«Me
li sono trovati
davanti. Ero con una squadra» rivelò Bulkhead, con
la lentezza dovuta al
rievocare un ricordo orribile «Persone esperte e ben
equipaggiate con armi pesanti
in campo di battaglia vero e proprio all’interno di quella
che era stata una
città Autobot. Immagino che la DJD fosse lì per
dare la caccia a un qualche
loro bersaglio ma, come ha detto Ratchet, non si risparmiano nemmeno
con noi.
Li vidi uccidere uno dei miei compagni prima che mi cadesse un edificio
in
testa. Al risveglio in un’infermeria, mi hanno detto che
nella mia squadra
c’era rimasto un solo membro: io».
Per qualche
momento
nessuno seppe cosa dire e, dopo un po’, fu Arcee a riprendere
il discorso.
«Tutti
questi sono
ottimi motivi per muoverci immediatamente»
dichiarò la femme Autobot.
«Cosa
non hai capito
precisamente della situazione, Arcee?!» sbottò
Ratchet «Decepticon! Justice!
Division!»
«Che
al momento non
è a Darkmount» ribatté lei
«Proprio perché sono sul pianeta dobbiamo muoverci
adesso, tanto più che Fowler è pronto. O
approfittiamo del fatto che al momento
quei cinque siano lontani o possiamo pure lasciar perdere
l’idea di buttare giù
la fortezza. Dobbiamo penetrare in una Darkmount già
danneggiata e aiutare
Fowler a finire il lavoro, possiamo farcela, abbiamo affrontato
situazioni
peggiori e comunque non abbiamo scelta. Non c’è
più tempo!»
«Io
penso che possa
avere ragione» disse Bulkhead.
Ratchet lo
guardò
severamente. «Tu sei anche ferito, dove vuoi
andare?»
«Ma
ho anche qui
vicino il miglior medico che conosco» replicò il
demolitore «E più ci penso più
me ne convinco. Non c’è più
tempo».
«Dunque
in quanto
“interesse” di Optimus è lei che
dà ordini adesso» commentò, scettico,
il medico.
«Avrei
preferito non
farlo perché ci sarebbe dell’altro cui
pensare» disse Arcee, seccata «Ma sembra
che questa conversazione sia inevitabile. Primo:
“lei” ha un nome che tu
conosci benissimo ed è qui davanti a te. Secondo: non do ordini in quanto
“interesse di
Optimus”, al di là del fatto che sono diventata la
sua compagna di vita prima
che l’Avamposto Omega crollasse-»
«COSA?!» allibirono tutti
quanti, Jack
escluso dato che lui nei giorni passati era stato messo al corrente.
«Io
sto solo cercando
di prendere in mano la situazione per fare qualcosa di concreto che
magari rientri
anche nel nostro Codice, per quanto possibile, ora che siamo
riuniti» continuò
Arcee, imperterrita «Terzo: tutti quanti abbiamo bisogno di
fatti, non di
lamentele su qualcosa che non ti riguarda affatto. Optimus
è… era… un Prime ma
questo non vuol dire che fosse davvero tanto diverso da noi. Era il
nostro
leader, era colui a cui faceva capo la nostra famiglia,
era un grande cybertroniano e aveva più
responsabilità di
chiunque altro. Questo era Optimus Prime. Onoriamo la sua memoria
cercando di
restare uniti e andare avanti in un modo o nell’altro e
prepariamoci. Andiamo a
Darkmount!»
***
Un mal di
testa
allucinante fu la prima cosa che Soundwave notò di avere al
proprio risveglio.
L’ultima
volta che
si era sentito in quel modo era stato dopo aver avuto la brutta idea di
assecondare Megatronus nell’alzare troppo il gomito,
ciò quando la sua vita si
svolgeva ancora tutta nell’Arena dei gladiatori di Kaon e non
aveva mai avuto
particolari pensieri riguardo il cercare dell’altro. Per la
precisione quella
era stata l’occasione in cui, andando in bagno il mattino
seguente, avevano
trovato un insecticon legato e imbavagliato sotto la doccia aperta. Era
stato
assurdo scoprire che erano stati proprio loro a portarlo lì.
«Allora
non lo
pensavo… ma quelli dell’insecticon sotto la doccia
erano bei tempi» bofochiò,
rivolto a se stesso, mentre socchiudeva lentamente i sensori ottici e
si
massaggiava la testa dolorante illudendosi di trovarsi nella propria
cuccetta.
«La
convalescenza ti
rende nostalgico, Soundwave?»
«Megatron,
che mi
hai fatto ber…» si trovò a sibilare
dolorosamente notando che parlare, sentendo
le parole rimbombargli fastidiosamente nel processore, non faceva che
aggravare
il suo mal di testa.
«Mi
piacerebbe
poterti dire che eri sbronzo quando hai lasciato la tua postazione per
attaccare frontalmente Spectrus Specter, però non
è così» disse severamente il
leader supremo dei Decepticon «Non avevi bevuto energon extra
forte che potesse
giustificare la tua poca lucidità nell’agire in
quel modo. Risultato: Specter,
o chi per lui, ha preso il controllo del sistema, tu hai rischiato di
essere
ucciso dal cannone a fusione di Darkmount, che ho dovuto danneggiare, e
la fortezza
è gravemente rovinata».
Quel breve
riassunto
fece sì che Soundwave ricordasse con precisione quanto
accaduto. Fece un
sospiro nervoso. «Ammetto le mie colpe. È che
quando l’ho visto ballare sulle
scale in quel modo, come se volesse prenderci in giro, ho pensato a
tutto quel
che è successo per colpa sua e io… di solito non
perdo la calma facilmente ma
ci sono cose che mi “toccano” più di
quanto sarebbe saggio lasciare che
facessero».
«Hai
sempre avuto
questa tendenza quando si trattava di questioni sentimentali. Era
così anche
quand’eravamo giovani, parlando di
“nostalgia”» osservò Megatron,
impassibile.
«Credevo
di essere
cresciuto da quel punto di vista».
«L’avevo
creduto
anche io ma abbiamo sbagliato entrambi. Forse avremmo dovuto
immaginarlo: quando
ti sei reso conto del tuo punto debole hai dato un taglio netto a quel
tipo di cose
ed è stato così fino a quando Spectra
è piombata qui, ma non si impara a
gestire le cose evitando di farle. A proposito, sono riuscito a parlare
con
Dreadwing e- non interrompermi» lo avvisò Megatron
«Ho notato che parlare di fa
dolere la testa quindi taci. Mi costringi a dire
“taci” a te,
rendiamoci conto…»
«Spectra
c’era?
Dov’è? Come sta?!»
Lord Megatron,
pur
comprendendo l’apprensione, sollevò un
sopracciglio. «Noto che ti ha contagiato
col suo fare domande. No, non c’era, non so dove si trovi e a
detta di
Dreadwing è in salute».
«Disertore
e ladro
di compagne altrui» lo definì Soundwave, impietoso
«La vuole per sé, l’ha
sempre voluta per sé e ora sta approfittan-»
«Benché
Dreadwing si
sia allontanato dalla Nemesis, mi porti rancore per il disonorevole
destino
Skyquake e desideri vedere morto Starscream, cosa che comprendiamo
tutti molto
bene, resta un Decepticon più leale rispetto a molti di
coloro che sono qui
dentro. Questo è ciò che penso» lo
interruppe Megatron «Inoltre si è detto
disposto a portare qui Spectra qualora lei lo voglia, ma lei al momento
non
vuole. Questi sono i fatti».
«Che
“non vuole” lo
dice lui» ribatté, cocciuto, il tecnico
«Potrei crederlo solo se fosse lei a
dirmelo in faccia e neppure tanto, in tutto questo tempo Spectra
avrà
sicuramente subito un lavaggio del processore ai miei danni da parte di
Dreadwing, del quale si fida, sbagliando».
“Niente
da fare, è
un caso perso come da giovane” pensò Megatron.
«È la tua compagna ma non hai
molta fiducia nelle sue capacità di giudizio».
«Con i precedenti che ci sono vuoi darmi
torto?»
«Può
darsi che con
tutto quel che è successo sia cresciuta un
po’».
«Se
fosse così sarebbe
nel posto che compete a una moglie, ossia accanto al marito. Io non la
vedo
qui» replicò Soundwave.
«Sposarvi
dopo così
poco tempo forse è stato uno sbaglio. Non vi ho sconsigliato
di farlo perché
non ti avevo mai visto preso a questi livelli e ho pensato che, data
l’età,
almeno tu sapessi cosa facevi» ammise l’ex
gladiatore «Di sicuro non immaginavo
che avreste avuto tutti questi problemi».
«Non
sono io ad
avere problemi con lei, è lei ad avere problemi col fatto
che io avessi
ragione. Se mi avesse permesso di parlarle invece di scappare via con
uno che
non aspettava altro, sono sicuro che a quest’ora
l’avrebbe capito».
Volere che la
sua
compagna tornasse al suo fianco era così sbagliato?, si
chiedeva Soundwave,
notando che Megatron non sembrava intenzionato a riportare nella
Nemesis o a
Darkmount nessuno, neppure Dreadwing, con la forza.
“D’altra
parte non è
il suo matrimonio, è già tanto che se ne
interessi un po’ e lo fa solo in nome
del nostro legame d’amicizia” pensò poi.
«In
tutto questo
abbiamo divagato dal discorso principale, Soundwave, che invece era
“non fare
altri scherzi di quel genere”. Comprendo bene la tua rabbia,
la proverei anche
io al posto tuo ma non possiamo permettere che cose come quella
succedano di
nuovo. Se ti capiterà di vedere ancora Specter reagisci come
faresti con un
qualunque avversario un po’più ostico dei soliti,
questo è un preciso ordine
dal tuo superiore. Ora riposa, così entro domani potrai
tornare del tutto
operativo».
Megatron se ne
andò
prima che Soundwave potesse ribattere -forse lo fece proprio per non
permettergli un eventuale proseguimento della discussione- e fu allora
che
Soundwave si rese conto di avere un messaggio nel comm-link.
La
deformazione
professionale fece sì che lo ascoltasse nonostante fosse
relativamente
“vecchio” e fosse, probabilmente, di qualche
Decepticon che chiedeva a gran
voce l’apertura di un Ponte.
– Soundwave,
sono Spectra… –
Sentire la
voce
della sua compagna lo fece balzare in piedi, salvo avere un giramento
di testa
per il movimento improvviso ed essere costretto a sedersi nuovamente.
–
Ho
saputo un po’di cose, prima tra tutte che Spectrus
è vivo e che vi ha
attaccati… –
“Addio
al progetto
di ucciderlo prima che lei venisse a sapere che non era già
morto. Come l’avrà
saputo? Forse è stato quando Megatron ha parlato con
Dreadwing, se Megatron
gliel’ha detto e Dreadwing l’ha
riferito… maledizione” pensò.
–
Mi
piacerebbe sapere come stai. Spero che sia tutto a posto, anche se il
fatto che
tu non stia rispondendo mi preoccupa. Mi auguro che tu stia solo
dormendo,
ecco, quello invece sì che sarebbe un bene, ho sempre
pensato che ti stancassi
troppo per colpa del lavoro – una pausa –
Adesso probabilmente stai pensando che sono
ipocrita perché mi
preoccupo per te ma non sono nella Nemesis. Forse sono ipocrita per
davvero. Forse
in questo periodo ti sei chiesto chi hai sposato, Soundwave, e mi sto
rendendo
conto che a questa domanda non so rispondere bene nemmeno io. Al di
là di
questo, se stai bene ti chiedo di farmelo sapere, il mio comm-link ora
può
ricevere i tuoi messaggi, non mi serve altro e… e mi
dispiace di averti
graffiato, mi dispiace tanto. –
Il messaggio
terminava
così, senza un’indicazione anche solo vaga di un
possibile ritorno nella
Nemesis. Soundwave era felice che stesse bene e pensò che
fosse un bene che
Spectra si preoccupasse per la sua salute e che ora fosse disposta a
parlare,
però non poté fare a meno di pensare anche che,
sì, un po’ipocrita lo fosse.
Se avesse
davvero
voluto che lui stesse bene sarebbe tornata, non sarebbe rimasta in giro
con un
mech che la lasciava peggiorare di giorno in giorno invece di spingerla
a
tornare com’era al suo arrivo sulla terra, con quello sguardo
azzurro e puro
che l’aveva colpito appena Spectra aveva posato gli occhi su
di lui. Tutto quel
che era successo in seguito l’aveva sporcata e, secondo la
sua opinione, lei
non stava avendo molto successo nel cercare di rimediare. Aveva un
assoluto
bisogno di lui e del suo sostegno per farlo ma non sembrava rendersene
conto.
Il rumore di
molteplici esplosioni, non contro la Nemesis ove lui si trovava ma
contro
Darkmount, interruppe bruscamente il flusso di pensieri.
Rialzatosi di
nuovo
e lottando contro l’ennesimo capogiro, Soundwave raggiunse la
sua postazione di
lavoro. Gli schermi mostrarono che gli autori delle esplosioni erano
nientemeno
che gli Autobot, in formazione ridotta ma non per questo meno
agguerriti.
“Forse
sono venuti a
sapere dell’attacco del loro compare e hanno deciso di
approfittarne” pensò
Soundwave.
«Probabilmente
ti
sei già accorto dell’attacco. Sono pronto ad
aprire dei Ponti Terrestri nel
caso servano» disse il tecnico nel comm-link, rivolto a
Megatron.
–
Quando
avremo sistemato questa faccenda potrai riposare… il
tempismo degli Autobot è
sempre pessimo. Una cosa però posso garantirla: non
dureranno a lungo! Ho già
dato ordine ai vehicons di muoversi. Starscream! Starscaream!...
dov’è quel seeker per una volta in cui poteva
davvero servire a qualcosa?! Tsk. Non dovrei neppure perdere tempo a
chiedermelo, la sconterà più tardi.
–
«Dobbiamo
riuscire a
raggiungere il cannone a fusione!» esclamò
Bulkhead, atterrando brutalmente due
vehicons aerei sbattendoli uno contro l’altro.
Sembrava che
la
scarsità di materiale non avesse impedito a Ratchet di
rattopparlo a dovere, il
che era solo positivo.
«--Certo
che Specter ha fatto un disastro--»
commentò Bumblebee, saltando sopra un trio
di vehicon terrestri che aveva provato a placcarlo e approfittandone
per
sparare un colpo a Shockwave che era poco lontano dal cannone a fusione.
«Fare
disastri è una
delle poche cose “buone” che sa fare»
disse Arcee, aspra, infilzando un vehicon
dopo averlo evitato e sparando in direzione del cannone «E
finora ci siamo
sempre andati di mezzo!»
“Strano
che non
abbiano già usato la loro arma contro di noi”
rifletté la femme, riuscendo
insieme agli altri a farsi largo tra le truppe di fanteria Decepticon
“E se
Spectrus avesse già
danneggiato il
cannone? Spiegherebbe anche la presenza di Shockwave
lì”.
Proprio lo
scienziato Decepticon, notata la disfatta dei vehicons, decise di
prendere
personalmente parte alla battaglia avvicinandosi al terreno con pochi
salti. Il
primo colpo che sparò non raggiunse il bersaglio, alias
Bumblebee, e colpì
neppure un metro avanti a lui, ma la potenza fu tale da sbalzarlo
all’indietro.
Fatto questo puntò il suo unico occhio rosso verso Arcee.
«Mi
ricordo di te»
affermò il ciclope, sparando qualche colpo verso la donna
Autobot che per
fortuna fu abbastanza lesta da evitarli.
«Ricordati
anche
com’è finita quella volta»
replicò lei, sparando a sua volta dei laser che
colpirono Shockwave in pieno petto.
Nulla di
preoccupante per lo scienziato Decepticon che, tra un tentativo fallito
e
l’altro di verificare la sua teoria di una possibile
clonazione di Predacon
-che per quanto buona purtroppo era rimasta non fattibile causa carenze
di
materie prime impossibili da sintetizzare in altro modo- aveva
potenziato non
poco la propria armatura.
Avanzò
imperturbabile verso Arcee che, di suo, tentò senza successo
di ripetere quel
che era successo tempo addietro e accecarlo.
Bulkhead,
liberatosi
di altri vehicon che continuavano ad arrivare, corse verso la compagna
di
squadra mentre sparava a sua volta a Shockwave. Due dei suoi colpi lo
raggiunsero
e, contrariamente a quelli della femme, riuscirono a far sì
che il Decepticon
crollasse a terra.
«Arc-»
La
esclamazione di
Bulkhead venne brutalmente interrotta da Lord Megatron, scagliatosi su
di lui
con tutto il proprio peso. «Devo fare a voi Autobot i
complimenti per la
tenacia ma vi è sfuggito un particolare: nessuno di voi
è potente anche solo la
metà di Optimus Prime o distruttivo anche solo la
metà di quel folle del vostro
compare. È una missione coraggiosa quanto
suicida!» affermò, bloccando
l’attacco di Bumblebee e scagliandolo violentemente contro
una parete della
fortezza «Dove pensavate di andare in tre contro un esercito?
È così grande la
vostra disperazione?!»
«Saremo
disperati ma
di fatto sei dovuto venire giù tu di persona per riuscire a
bloccarci» ribatté
Arcee, per nulla intenzionata a dargliela vinta.
«Noto
che hai
ripreso ad avere il tuo atteggiamento abituale. Durante il
“periodo Specter”
eri più mite. Chiedesti perfino a Soundwave di lasciarti
andare» le ricordò,
provocatorio, il leader dei Decepticon.
«Puoi
andare
all’Inferno insieme a tutti e due!»
esclamò la femme, balzando in avanti come
per attaccarlo.
Megatron
andò a parare
un colpo che tuttavia non arrivò mai: Arcee lo aveva
ingannato, riuscendo a
sgusciare dietro di lui e a saltare agilmente sulla sporgenza
più bassa di
Darkmount e andando poi a salire con gran velocità degna
della scout che era.
“Ci
sono quasi. Ci
sono!” pensò Arcee, saltando sull’ultima
sporgenza prima di raggiungere il
cannone.
«Sei
veloce, te lo
concedo» disse Megatron, volando poco più in alto
di lei, col cannone
installato sul braccio già pronto a sparare «Ma
non lo sei più di un volatore».
Arcee
iniziò quasi a
pensare di doversi rassegnare a considerare la missione fallita -e, se
non
avesse fatto in tempo a dire a Ratchet di aprire un Ponte, anche a
considerarsi
terminata- ma nessuno avrebbe potuto dire che non aveva tentato di fare
tutto
quel che era stato in suo potere.
Decise di
sollevare
a sua volta un braccio con l’intento di sparare contro il
cannone almeno due
colpi.
«Intanto
sono
arrivata fin qui!»
«E
da qui cadrai!»
Fu allora che,
come
in molte serie tv amate dagli esseri umani, come molti testi
più o meno antichi
scritti da questi ultimi e, soprattutto, come una fanfiction abbastanza
becera
e improbabile -ma non è forse vero il detto
“l’arte imita la vita”?- un grosso
oggetto volante non identificato si abbatté contro Megatron
all’improvviso e
con tanta furia da mandarlo a sbattere contro il cannone a fusione,
facendolo
esplodere con gran fragore.
L’onda
d’urto fece
precipitare anche Arcee ma la sua caduta durò ben poco.
«Ormai
nella Forgia
di Solus Prime non c’è più energia,
però è ancora utilizzabile come
martello».
“Forse
sono stata
terminata e questo è l’Allspark… in cui
c’è un Optimus Prime volante”
pensò
Arcee.
Aveva
riconosciuto
la voce ma era incredula: che il suo compagno di vita nonché
loro leader fosse
vivo sarebbe stato un fatto troppo positivo per poter pensare che fosse
reale.
Quel che era accaduto negli ultimi tempi induceva l’Autobot a
chiedersi sempre
se dietro qualcosa di buono si nascondesse un possibile inganno pronto
a
colpire.
Bulkhead, che
si era
appena ripreso dall’attacco subito, alzò le
ottiche verso il cielo. «È un
aereo?» domandò, con la visuale resa pessima dalla
vista e dalla luce del sole
«È un uccello?»
«--No! È… è Optimus!--»
esclamò Bumblebee,
basito e felice «--Io li conosco
quei
colori! Ratchet--» disse nel comm-link «--Non puoi capire cos’è
successo! Optimus Prime è vivo, è tornato,
è qui
e ha distrutto il cannone! Avverti Fowler e apri un Ponte!--»
Nell’esitazione
che
Ratchet ebbe nel rispondergli c’era molto, però il
tutto venne rimandato e il
“Subito!” più che soddisfatto del medico
non si fece attendere.
–
Però non tornerete qui nell’Harbinger –
disse qualche secondo dopo –
Fowler ha detto di aver disposto un hangar per noi da usare come nuova
base.
Considerando chi c’è qui
“vicino” al momento ne sono sollevato…
mi sembra di
sentire ancora le urla. –
Ora che
Optimus
Prime era tornato, e volava perfino, avevano l’impressione
che tutto sarebbe
andato meglio nonostante la presenza della DJD sul pianeta.
Arcee, ancora
in
aria con Optimus, sollevò lo sguardo verso il volto del
compagno. «Non è un
sogno? Sei veramente vivo e sei veramente qui?»
«Sì
e sì» sorrise
Optimus, diventando mortalmente serio subito dopo «E se fossi
arrivato ancor
più in ritardo di quanto abbia già fatto, forse
ti avrei persa» sentendo gli
aerei degli esseri umani arrivare a gran velocità,
iniziò ad abbassarsi di
quota «Il tuo valore e quello della squadra sono indubbi, ma
cosa vi ha spinti
a tanto?»
«Credevamo
di essere
rimasti solo noi e la Decepticon Justice Division è sulla
Terra, Optimus» lo
informò Arcee «Ma non ancora a Darkmount. Ci
eravamo detti che se non ci
fossimo mossi ora non saremmo più riusciti a buttare
giù quel posto».
«Tarn
e i suoi
uomini… una tra le cose peggiori che Megatron e la sua
guerra abbiano prodotto»
commentò Optimus «Sarebbe inutile nasconderti che,
con o senza di me, tutto
potrebbe diventare tutto più pericoloso e complicato di
quanto fosse già».
«Però
ora abbiamo di
nuovo il supporto di Fowler, una base nuova che non sia in una nave
Decepticon
abbandonata e, soprattutto, siamo insieme» replicò
Arcee.
«Soprattutto»
annuì
Optimus «Arcee, tu… io… ho sentito
molto la tua mancanza. Vorrei essere capace
di esprimermi in modo più adatto ma-»
«Non
è il momento né
il luogo?»
«Anche.
A questo
aggiungi che non sono molto pratico di certe cose ma voglio
diventarlo… per
noi».
Non era il
momento,
non era il luogo e a parole c’era l’imbranataggine
di chi, da quando era
diventato un Prime, aveva avuto priorità che con relazioni
amorose varie non
c’entravano proprio; Arcee però riusciva a vedere
chiaramente nello sguardo di
Optimus l’anticipazione di tutto quel che avrebbero iniziato
a dirsi, nonché a
fare, appena avrebbero potuto.
Optimus era il
suo
compagno di vita, intendeva comportarsi come tale e lei, a sua volta,
intendeva
essere la miglior versione di se stessa. Lui lo meritava, lei lo
meritava, il
loro rapporto lo meritava.
«Di
certe cose non
sono davvero pratica neppure io, ma
possiamo migliorare insieme. Giusto?»
Gli aerei
divennero
visibili a occhio nudo proprio nel momento in cui Optimus
atterrò.
«Giustissimo. Autobot… nel Ponte!»
Tutti quanti
obbedirono senza esitare, facendo giusto in tempo a notare la Nemesis
che si
staccava da Darkmount. Megatron doveva aver visto la mala parata ed
essere
salito -o essere stato portato in qualche modo- a bordo.
«Siamo
felici che tu
sia tornato, Optimus!» esclamò Bulkhead
«Dove sei stato? E
quell’upgrade…»
«Sono
stato
coinvolto nella distruzione della nostra vecchia base. Rimasto
gravemente
danneggiato, sono stato salvato da Smokescreen ma non sarei riuscito a
riunirmi
a voi senza di lui, senza questa» sollevò la
Forgia «E senza Wheeljack».
«Wheeljack?!»
si
stupì Bulkhead.
«È
stato lui a
portarmi la Forgia. Per quel che ho potuto capire, Smokescreen
è stato
intercettato… non credo dai Decepticon, in caso contrario
per come li conosco
avrebbero minacciato di ucciderlo quando avete attaccato
Darkmount».
«--E sapendo con chi andava in giro Wheeljack
fino a poco tempo fa non restano molte alternative su chi possa averlo
intercettato. Specter!--»
«Questa
non ci
voleva. Se fosse così potrebbe fargli del male o usarlo per
fare pressione su
di noi e poi fargliene lo stesso. Dovremmo cercare di liberarlo in
qualche
modo» si incupì Arcee «E, Optimus,
c’è un’altra cosa importante che devi
sapere:
anche Ultra Magnus è arrivato sulla Terra».
«Ultra
Magnus? Mi fa
piacere, questo è ottimo, potrebbe esserci d’aiuto
anche nel tentare di trovare
e aiutare Smokescreen. Solo… perché non era con
voi?»
«È
saltato fuori dal
nulla e ha cercato di “prendere in consegna” me e
Bulkhead col dire che voleva chiarimenti
riguardo non so di preciso cosa. Era soltanto una scusa»
dichiarò la femme «Perché
poi è saltato fuori che con lui c’era Spectrus.
Ultra Magnus sta dalla sua
parte».
«Credo
al tuo
racconto ma penso anche che ci sia stato un grosso fraintendimento o
che
Spectrus lo abbia convinto di solo Primus sa cosa, e se fosse
così dovremmo
solo cercare di chiarire il tutto. Rifiuto di credere che sappia
davvero come
stanno le cose e si sia messo di sua volontà con
quell’essere spregevole» disse
Optimus, mentre lui e Arcee rispuntavano per primi in quella che da
quel
momento in avanti sarebbe stata la loro nuova base.
«Nel
dubbio io e
Bulkhead siamo scappati. Meglio prevenire che curare e non ho
più molta voglia
di fidarmi delle persone che arrivano
all’improvviso».
Optimus
accarezzò
delicatamente la schiena della compagna. «Ti
comprendo».
Uno strillo
femminile di esultanza perforò metaforicamente i recettori
uditivi di entrambi.
«Sapevo
che eri
vivo! Me lo sentivo! Ci vuole altro con te!»
esclamò Miko.
Ratchet si
avvicinò
a propria volta. «Sono… siamo tutti felici di
riaverti tra noi, Optimus.
Iniziavamo a non sperare più in una cosa del genere,
io…»
Prime pose una
mano
su una spalla del medico. «Immagino quanto sia stata dura. La
cosa importante è
che voi siate riusciti a riunirvi, che noi
tutti siamo riusciti a
riunirci».
«Sono
contento anche
io di riaverti a bordo, Prime» si mise in mezzo Fowler
«E non solo perché anche
grazie al tuo ritorno abbiamo potuto distruggere quella robaccia
Decepticon!»
«La
Forgia di Solus
Prime…» notò Ratchet.
«Ti
spiegherò poi
com’è arrivata a me. E, sì,
è inattiva. Ho utilizzato l’ultima stilla di
energia per sopravvivere» disse Optimus a Ratchet, non senza
una certa
difficoltà e una certa vergogna.
Da un lato non
si
era pentito di aver preso quella decisione dopo aver pensato e
ripensato,
essendosi convinto che fosse un suo dovere nei confronti di tutti
-specie nei
confronti di sua moglie!- sopravvivere e tornare in battaglia,
dall’altro però
non poteva negare di provare quasi vergogna per aver fatto una scelta
egoista
nell’aver usato la Forgia in quel modo e non averla lasciata
per l’Omega Lock,
per Cybertron, per la patria che ora aveva contribuito a condannare a
morte tre
volte: la prima per non essere riuscito a fermare Megatron, la seconda
per aver
distrutto l’Omega Lock e infine quell’ultima.
«Hai
fatto bene. Qui
c’era bisogno di te» replicò Ratchet.
Pensava
davvero quel
che aveva detto eppure, nella gioia autentica e il senso di sicurezza
nel
rivedere il proprio leader, non riusciva a fare a meno di provare un
briciolo
di amarezza nel vedere sfumata l’ultima
possibilità di riportare in vita
Cybertron. A volte Ratchet aveva l’impressione di essere
sempre destinato a
vedere un “pezzo mancante” in un quadro che a una
vista meno pignola sarebbe
sembrato tutto sommato buono, soprattutto se ci si fosse lasciati
prendere
dall’empatia nel vedere la commovente riunione tra madre e
figlio di Jack e
June Darby.
«Adesso
più che mai.
So chi si trova sul nostro pianeta al momento» disse Optimus.
«La
sola cosa buona
è che potrebbero aver tolto di mezzo Starscream. Le urla
lasciavano pensare che
ci fossero buone possibilità».
«Magari
possiamo
almeno sperare che sistemino quel brutto bastardo di Spectrus al posto
nostro»
disse Miko.
«Ehi!
Se inizi a
usare certi termini poi Optimus potrebbe pensare che in questi giorni
da soli
ti abbia insegnato a parlare come i soldati in caserma!» la
rimproverò
Bulkhead.
«Non
mi permetterei
di pensarlo, Bulkhead» lo tranquillizzò il leader
degli Autobot, per poi
diventare pensieroso «Detto ciò, Miko ha ragione:
è proprio un brutto
bastardo».
Silenzio
tombale.
«Woah.
Optimus Prime
ha detto una parolaccia» si stupì Miko
«Questo è più incredibile del fatto che
voli».
“Concordo”
pensò
Arcee, scambiando un’occhiata col compagno
“Però… non mi dispiace per
nulla!”
MIRACOLO! Ho aggiornato!
Non ho nulla di che da dire se non grazie a chi legge, come al solito,
e che spero che stiate tutti bene.
Alla prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 9 *** 9 - ''Come vanno le cose?'' ***
9
(“Come
vanno le cose?”)
Tutto
si sarebbe potuto dire, tranne
che l’atmosfera nei bui corridoi e nelle altrettanto fosche
stanze
dell’astronave Nemesis fosse allegra.
Non
che ciò dovesse meravigliare
avendo appena subito una brutta sconfitta per mano di un Optimus Prime
redivivo e in grado di
volare… eppure non
era quello il motivo principale del pessimo stato d’animo dei
presenti
nell’infermeria.
«Ma
come diavolo volete che faccia a
riparare questa cosa?! Non so nemmeno da dove dovrei
iniziare!» esclamò
Knockout, indicando ciò che fino a poco tempo prima era
stato l’Air Commander
dei Decepticon, il comandante in seconda di Lord Megatron, un seeker
argentato
dalla corazza curata quasi quanto la sua -solo quasi: nessuno
più di Knockout
badava all’estetica- e che in quel momento era…
«Hhhh…»
Un
rottame.
Un rottame incapace anche
solo di parlare.
La
scatola vocale non era stata
danneggiata e la bocca era libera da quando avevano rimosso le mani che
erano
state staccate dalla loro sede naturale e infilate
all’interno, ma l’insieme di
tutti i restanti problemi impediva a quel mech di mettere insieme una
frase di
senso compiuto.
Le
lunghe gambe snelle e ben
modellate di Starscream erano ormai solo un lontano ricordo, ridotte a
dei
poveri monconi sbrindellati che si interrompevano poco sotto quel che
restava
dell’inguine, che non era messo meglio, essendo stato privato
della propria
relativa protezione per poter versare del metallo fuso direttamente su
organi
riproduttivi ormai inutilizzabili. Come se ciò non fosse
stato sufficiente, il
volto del Decepticon presentava un numero imprecisato di fori,
l’unico segno
che restava delle ali era il disastro che aveva sulla schiena, le
braccia erano
state divelte fino a metà e, infine, il T-Cog era presente
ma distrutto.
«Comincia
da dove vuoi, Knockout,
basta che tu lo faccia. Hai a disposizione la tecnologia migliore della
galassia e materiale per i trapianti, quindi inizia subito»
disse Megatron.
«Sì,
Lord Megatron» obbedì il medico,
sconsolato, iniziando a esaminare con più attenzione il
ferito.
«Se non altro ora
sappiamo cosa stava facendo
mentre Darkmount veniva abbattuta» commentò poi
l’ex gladiatore.
Era
debilitato dalla battaglia, o
meglio, era debilitato per l’esplosione in cui era finito
coinvolto, ma non si
sentiva ridotto uno straccio, soprattutto facendo il confronto tra le
proprie
condizioni e quelle di Starscream. Non era la prima volta che gli
capitava di
vedere un mech ridotto molto male, in svariati casi lui stesso era
stato la
causa, però quel che aveva davanti era diverso.
“Airachnid?
Specter?”
Escludendo
a priori un ritorno della
M.E.C.H., che comunque agiva in modo diverso, quei due nomi erano gli
unici che
gli venivano in mente pensando ai transformers ufficialmente presenti
sulla Terra.
Anche tenere
in considerazione il massacro dell’ Autobot Wheeljack
-riguardo cui avevano
fatto rapporto i vehicons e che a livello di arti semidistrutti
presentava un
modus operandi simile- non aiutava granché a capire quale
dei due potesse
essere di preciso il colpevole. Entrambi avevano qualche motivo per
detestare
tanto Wheeljack quanto Starscream.
«I
vehicons hanno riferito che era
uscito per la nuova miniera» disse Soundwave, con voce
inespressiva.
Nulla
nell’Universo avrebbe potuto
far sì che provasse compassione verso Starscream, non solo
per quel che era
successo con Spectra negli ultimi tempi ma anche perché
l’atteggiamento del
seeker gli aveva da subito impedito di averne stima. Il massimo che
Soundwave
aveva sempre fatto era stato sopportarlo.
«Poi
però si è allontanato per conto proprio,
nessuno ha idea del perché» continuò
«E nessuno ha avuto notizie di lui fino a
poco fa» alias quando Megatron aveva dato ordine di cercare
il suo segnale ed
era stato trovato «Forse c’entra qualcosa
l’astronave Harbinger, in linea d’aria
non è poi tanto… lontana…»
Vide
Megatron voltarsi per scambiare
un’occhiata con lui, segno che avevano avuto lo stesso
pensiero.
«Soundwave,
controlla a quale unità
di vehicons è stato ordinato di sorvegliare
l’Harbinger».
Il
tecnico non impiegò molto a
verificare che a nessuna unità di vehicons era stato
impartito tale ordine,
segno che Starscream aveva lasciato l’Harbinger senza
protezione.
Un’astronave
che se sistemata poteva
costituire tanto da base operativa quanto da rifugio.
«A
nessuna. Era lì, era vuota…»
«Gli
Autobot potrebbero averla
utilizzata, spiegherebbe il Ponte Terrestre in cui sono scomparsi.
Però se
hanno ritrovato i contatti con gli umani» come dimostrava il
colpo di grazia
che questi ultimi avevano dato a Darkmount «Non credo che
siano più lì, come di
certo non è più lì chiunque vi si
fosse rifugiato prima. Credo anche che
“chiunque” non sia stato preso in ostaggio dagli
Autobot, in caso contrario
avrebbero cercato di sfruttare la cosa».
«Non
che questo mi tranquillizzi, se
lì fuori c’è qualcuno in grado di fare
cose del genere» replicò Soundwave,
indicando Starscream con un cenno del capo «E
Spectra-»
Un
ululato terrorizzato e rauco che
sembrava più adatto a una bestia che a un essere senziente
si levò dalle labbra
di Starscream che, con uno sguardo folle nelle ottiche rosse totalmente
spalancate, iniziò ad agitarsi sul lettino cercando
inutilmente di coprire il
volto con ciò che restava delle braccia mozzate.
«Lo
sapevo! Dovevo addormentarlo
subito!» esclamò Knockout, cercando di tenere
fermo il seeker mentre gli
infilzava una siringa alla base del collo.
Una
reazione che dava da pensare,
rifletté Megatron, perché secondo lui si spiegava
solo in due modi: la prima
era che fosse stata lei a ridurlo in quel modo -ma gli sembrava
improbabile
perché né lei né Dreadwing avevano i
mezzi per fare tanto- e la seconda era che
fosse in qualche modo coinvolta, il che poteva portare a svariate
ipotesi poco
edificanti sull’accaduto che solo Starscream avrebbe potuto
chiarire… prima o
poi.
“Se
non fosse per il T-Cog ancora al
suo posto e per altri dettagli che non tornano, mi sarebbe venuta in
mente una
terza ipotesi oltre a Specter ed Airachnid” pensò
“Ma per come stanno le cose adesso solo Starscream potrebbe
confermarne o smentirne una, se riuscisse a parlare”.
«Non
serve che parli di quel che è
successo, possiamo vederlo da soli. C’è la
connessione corticale e nella
Nemesis c’è Shockwave, quindi abbiamo anche un
esperto» disse Soundwave,
rivolto a Megatron, come se avesse sentito i suoi pensieri
«Potrebbe essere
l’ideale per-»
«Per
terminarlo. Solo per quello» lo
interruppe Knockout «Non può reggere la procedura,
lo capirebbe anche una
protoforma».
“E
se proprio vuoi sapere cos’è
successo, trova la tua compagna e falle due domande. Se questi non sono
i segni
delle sue lame io mi chiamo Cenerentola!” aggiunse
mentalmente il medico.
Aveva
notato delle ferite inferte da
lame particolarmente piccole in punti che se colpiti impedivano agli
arti
superiori di funzionare correttamente. Aveva già visto una
cosa del genere
tempo addietro, quando Airachnid era stata trovata ferita nello stesso
modo:
era stata Spectra a farlo e, da quel che era venuto a sapere, il giorno
in cui
la base degli Autobot era stata distrutta aveva ripetuto lo stesso
giochetto
col fratello.
A
ogni modo decise di non parlare ai
suoi superiori di quella scoperta, immaginando che forse farlo avrebbe
potuto
mettere Starscream più nelle peste di quanto già
fosse, e non era il caso dato
che nella Nemesis era rimasto l’unico con cui potesse fare
due chiacchiere e
avesse un briciolo di stile.
Non
c’era dubbio alcuno sul fatto
che, se Starscream l’aveva trovata ed era arrivato abbastanza
vicino a lei da
essere ferito, non era stato per salutarla amabilmente. Per come la
pensava
Knockout era probabile che lei l’avesse ferito, si fosse
tolta di torno e in
seguito qualcuno particolarmente sadico avesse approfittato della cosa.
“Magari
il qualcuno in questione poi
ha ucciso anche lei, la speranza è l’ultima a
morire” pensò, trattenendo un
sospiro.
«Allora
sbrigati a rimetterlo abbastanza
in sesto perché possa parlare. Questo è
quanto» concluse Megatron, lasciando
l’infermeria assieme a Soundwave.
«Vuoi
che invii un’unità a vedere
cosa c’è nell’Harbinger? Forse
è tardi per…» Soundwave non
completò la frase «Ma
è sempre tecnologia Decepticon che va protetta».
Megatron
si disse concorde ed evitò
con cura di insistere perché Soundwave approfondisse quella
mezza frase,
avendone immaginato il contenuto, e poco dopo si separarono.
Una
volta tornato alla propria
postazione, Soundwave decise di contattare Spectra. Il comm-link di
quest’ultima in quel momento era chiuso ma adesso poteva
ricevere i suoi
messaggi.
Memore
di quel che gli aveva detto
Megatron sul non essere impulsivo e l’evitare di fare
stupidaggini -il
consiglio riguardava il suo atteggiamento verso Spectrus, ma forse
applicarlo
anche a Spectra poteva essere una buona idea- decise di andare dritto
al punto
e limitarsi all’essenziale, come se fosse stata una semplice
comunicazione di
lavoro. Temeva che più avesse allungato il discorso
più si sarebbe allargato il
margine di errore.
«…»
“Erano
oltre venti giorni che
aspettavo un contatto e ora che posso parlarle non so da dove
cominciare. In
certe cose sono un disastro” si disse Soundwave, decidendo
poi di farsi forza.
«Qui
Soundwave. In seguito al tuo
contatto provvedo a fornire le informazioni che hai richiesto. Le mie
condizioni
di salute sono buone, i miei cicli di ricarica sono tutto sommato
regolari»
mentì «E le tue scuse riguardo il graffio sono
accettate. Causa recentissime
vicende riguardanti Starscream, richiedo un aggiornamento immediato
sulle tue
condizioni di salute» aggiunse «E sulla tua
posizione, così che io… così che
tu…»
Ed
ecco: in quel momento i buoni
propositi di limitarsi all’essenziale andarono allegramente a
servicebot.
«Devi
tornare qui e basta, il tuo
comportamento era già totalmente irrazionale quando credevi
che Spectrus fosse
offline ma adesso sappiamo che non è così, quindi
non hai motivi per non
tornare. Non risolverai niente stando in compagnia di un disertore,
è tutto
tranne che tuo amico e finirai solo col rovinarti più di
quanto tutto quel che
è successo abbia già fatto. Sono il tuo compagno
di vita, spetta a me aiutarti
a risolvere i tuoi problemi o farti capire che i suddetti non esistono.
Potrebbe
tornare tutto com’era se per una volta ti decidessi a usare
il raziocinio, lo
capisci? Spectra, lì fuori diventa sempre più
pericoloso e io sono preoccupato per
te più di quanto fossi prima, e lo ero già molto.
Fatti sentire, per favore».
Avrebbe
voluto essere più carino e
più romantico dopo essersi reso conto che non sarebbe
riuscito a restare
formale ma non ce l’aveva proprio fatta, non si sentiva
né una né l’altra cosa.
Nella sua preoccupazione -mista alla gelosia e a un po’di
acredine- tutto quel
che voleva era che lei stesse bene e tornasse nella Nemesis…
anche perché
iniziava a chiedersi sempre più spesso chi
effettivamente fosse in giro sulla Terra in quel momento.
***
Benché
Darkmount fosse stata
distrutta, gli abitanti della tranquilla cittadina chiamata Jasper non
erano
ancora stati fatti rientrare nelle proprie case, ragion per cui gli
edifici
erano ancora tutti vuoti, le strade erano tutte deserte
e il silenzio era opprimente…
«“Le
brutte intenzioni la maleducazione,
la tua brutta figura di ieri
seeera!”»
Con
un’unica eccezione che,
illuminata dalla luce vagamente rosata tipica dell’inizio di
un tramonto, era
rappresentata da un minicon che sfrecciava in mezzo alla strada grazie
a un
monopattino.
«“La
tua ingratitudine, la tua
arroganza…”»
Era difficile capire se fosse più assurdo questo, il fatto
che indossasse una camicia a mezze maniche sulla quale era disegnato un
bradipo
che cavalcava un t-rex, o il fatto che nella busta che portava appesa
al
braccio fossero presenti altre sei camicie con fantasie altrettanto
strane;
tuttavia, forse la cosa più assurda era che quei bizzarri
capi d’abbigliamento fossero
la ragione precisa per cui si trovava lì.
Spectrus gli aveva detto che nella situazione attuale
sarebbe stato il caso di rivedere le sue priorità, tornando
quindi subito nella
Jackhammer insieme a lui e rimandando lo “shopping”
-che Bustin aveva previsto
prima del ritrovamento di Wheeljack- a data da definirsi,
però Bustin aveva
idee diverse.
«“Fai
ciò che vuoi
mettendo i piedi in testa!”»
Aveva ritenuto di potersi permettere di
entrare nei negozi
chiusi per prendere le sue camicie… mettendo la giusta
quantità contante in
cassa, ovviamente, proprio come ogni bravo figliolo.
Sapeva che aggirandosi lì
c’era un rischio di incontrare
Autobot, Decepticon, ex Decepticon, insecticons, umani non
necessariamente bene
intenzionati o la Decepticon Justice Division -della quale, nel volare
fino a
Jasper, aveva anche localizzato l’astronave- però
aveva concluso che per il
momento potesse evitare di curarsene.
«Certo
il disordine è
una forma d'arte/ ma tu sai solo coltivare invidia!»
La sua partnership con Spectrus era nota
solo a Ultra
Magnus, che non aveva ancora parlato per bene con il resto del suo
gruppo, e a
Smokescreen, che in quel momento era legato nello sgabuzzino della
Jackhammer e
non poteva parlare affatto; il resto non sapeva ancora
alcunché di lui ed era
perfetto così. Anche in passato Bustin aveva sempre gradito
la discrezione
nelle faccende in cui si era trovato coinvolto o aveva generato lui
stesso,
preferendo che nessuno o solo il “giusto” numero di
persone fosse a conoscenza
dei suoi ruoli e cercando di prolungare tutto ciò
finché era stato possibile.
«“Ringrazia
il cielo sei su questo palco, rispetta chi ti ci ha portato deeentro/
questo
sono io!...”»
Lo aveva fatto in Messico, lo aveva fatto
in città o
città-Stato più o meno discutibili sparse nel
cosmo e lo aveva fatto anche a
Prion, la sua terra natale. La sua immagine pubblica in età
adulta era stata di
uno studente la cui famiglia d’origine era benestante ma
comunque lavoratore
nel bar di quella che, in un equivalente umano, sarebbe stata
un’università con
svariati corsi.
Era stato lì che aveva
conosciuto l’ultima fidanzata della
quale gli era importato ben più di qualcosa, la prima
persona a essere stata in
grado di risvegliare in lui sentimenti d'amore sinceri ben diversi da un
interesse da yandere, la stessa che lui aveva vigliaccamente lasciato
andandosene via poco prima che la Black Block Consortia arrivasse -cosa
che aveva saputo solo in seguito.
«Bustin?...»
“Ricordare i vecchi tempi mi
dà quasi l’impressione di
sentire la sua voce” pensò il minicon
“Era una bella persona, lei e i suoi
parenti non meritavano la fine che hanno fatto. Ma
tant’è!...”
«Bustin!»
Sullo schermo visivo del minicon rimasero
solo i due candidi
occhi ovali fatti di micro pixel.
Sentire la voce della sua ex fidanzata una
volta poteva
essere stata un’impressione, sentirla due volte
però poteva significare solo
due cose, alias il preludio a una malattia mentale o, più
semplicemente, che Nickel era
dietro di lui.
E Nickel infatti era proprio dietro Bustin,
a circa tre
metri di distanza e intenta a guardarlo con un’aria sconvolta
che nella
situazione
in
cui si trovava era
inevitabile avere.
Quando
il resto della Decepticon
Justice Division era uscito in perlustrazione, avendo avvistato un
Autobot che
probabilmente ormai aveva terminato il suo ciclo vitale in modo poco
piacevole,
l’aveva lasciata nella Peaceful Tiranny come accadeva di
solito. Non era male
che qualcuno restasse a guardia dell’astronave e Nickel non
teneva particolarmente
a esplorare parte di un pianeta abitato da organici. Proprio la
presenza di
questi ultimi l’aveva indotta a mettere una pistola laser
alla cintura e
impostare i radar alla massima sensibilità e alla massima
portata: gli indigeni
della Terra non erano particolarmente intelligenti o evoluti, almeno
per quel
che si sapeva, ma Nickel dava per scontato che anche loro avessero
l’istinto di
attaccare ciò che era estraneo. Si era messa al posto di
comando pronta a
difendere la nave da attacchi che per fortuna non erano arrivati,
né da parte
degli indigeni né da altri, cosa che aveva migliorato un
umore
che era stato un po’più
inquieto del necessario e le aveva fatto pensare di aver esagerato.
A
un certo punto però c’era stato il segnale di un
oggetto volante non identificato che il radar aveva rilevato quasi per
caso,
trovandosi appena al confine, e quando Nickel aveva azionato le
telecamere era
arrivato il colpo. Non quello di un missile contro
l’astronave, bensì quello
altrettanto dannoso di scoprire che l’oggetto volante non
identificato sembrava
essere nient’altro che il suo fidanzato.
Ex.
O
no?
Come
definire un fidanzato molto
amato che sarebbe dovuto essere nell’Allspark e che invece
sfrecciava in aria
vivo, libero e contento?
Allo
stupore assoluto era seguito uno
stato di paranoia a livelli altissimi. Non era passato troppo tempo
dall’esperienza orribile avuta nella parte sud della
costellazione dello
Scorpione, per colpa della quale aveva rivissuto l’evento
più traumatico della
sua esistenza: la distruzione di Prion, ovvero la causa primaria del
suo odio e
la sua diffidenza verso le specie organiche. Era stata tutta
un’illusione,
almeno in teoria, ma non per questo aveva fatto meno male.
Più volte aveva
temuto che lei e il resto della DJD non sarebbero mai riusciti ad
andarsene da
quel posto, lei aveva seriamente rischiato di non riuscire a farlo
quando in
quel delirio illusorio aveva parlato proprio con Bustin, e proprio in
virtù di
questo il dubbio atroce alla base della paranoia era stato:
“Siamo veramente andati
via o siamo ancora intrappolati
a sud dello Scorpione?”.
Era
stato quello a spingerla a uscire
dalla Peaceful Tiranny, avendo la sola accortezza di chiudere il
portello e
attivare i sistemi di difesa prima di allontanarsi dalla nave in volo
grazie al
jet pack. La sua parte razionale sapeva che non avrebbe dovuto farlo,
sapeva che
era una cazzata, sapeva di aver ricevuto degli ordini, sapeva che non
avrebbe
potuto permettersi di correre dietro qualcosa che avrebbe potuto far
crollare
come un castello di carte l’idea che lei e il resto della
squadra fossero in un
luogo reale, peccato che in
quel
frangente
suddetta
parte razionale non avesse avuto alcuna voce in capitolo.
Non
aveva mai volato tanto
velocemente in vita propria, tantomeno senza conoscere la direzione
precisa del
suo obiettivo. Si era mossa in quell’ambiente desertico solo
basandosi sulla
direzione presa da Bustin quando il radar l’aveva
“sentito”, arrivando in una
città indigena fortunatamente deserta.
Poi
l’aveva sentito cantare. La
canzone era sconosciuta ma avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille,
dunque
aveva deciso di volare in quella direzione.
Poi
se l’era trovato davanti. Quegli
strani vestiti che indossava e quel mezzo di locomozione primitivo non
erano
certo un travestimento.
Ora
si era voltato, la stava
guardando e lei, che pure era una donna forte, sentiva che la
possibilità di
uno svenimento non era così lontana, ma trovò
comunque la forza di corrergli
incontro prima che lui avesse il tempo per una qualunque reazione,
afferrando i
suoi avambracci come una disperata che moriva di fame avrebbe afferrato
un
pezzo di pane fresco.
«Bustin…»
Toccarlo
ebbe lo stesso effetto di un
violento schiaffone, dissipando il suo stato di paranoia e riportandola
alla
realtà, una realtà in cui non era più
l’unica rimasta della propria gente.
Da
un lato era lieta di sapere Bustin
che fosse vivo, ma dall’altro c’erano milioni di
pensieri nel suo processore e
altrettante domande che si stavano fondendo tutte insieme in un
qualcosa che le
sue labbra tradussero con un…
«Dov’eri
finito?!»
«Que?...
lo siento, no comprendo, soy
un humano Mexican, adios muchacha!» esclamò Bustin
decollando alla velocità
della luce dopo aver afferrato il mezzo di locomozione, averlo chiuso e
averlo
caricato sulla schiena in neppure due secondi.
«
Bustiiiiiin!» gridò la
minicon,
attivando il jet pack intenzionatissima a non lasciare che si desse
alla fuga.
Era
lui, era quello vero, Nickel se lo
sentiva, ne era certa: stavolta
non era un’illusione, il vero Bustin era lì
davanti a lei, vivo, vegeto e
intento a fare lo gnorri.
Nonché
cercare di scappare come se lo
stesse inseguendo uno hyenabot particolarmente violento.
«Pretendo
delle spiegazioni e le
pretendo subito!» strillò, cercando di non
perderlo di vista mentre zigzagavano
tra gli edifici di Jasper.
«No
comprendo!» esclamò Bustin.
Ove
Nickel era decisa a non lasciarlo
scappare, Bustin era altrettanto deciso a sparire rapidamente dalla sua
vista.
Aveva concluso che fosse meglio cercare di seminarla prima di tornare
verso la
Jackhammer: lì avrebbe trovato aiuto ma non aveva intenzione
di farla finire
legata in uno sgabuzzino come Smokescreen. Essersene andato tempo
addietro
abbandonandola non significava che attualmente volesse farle del male.
«“Non
compendi” un corno!» sbraitò
Nickel, con una brusca accelerazione del jet pack che riuscì
a portarla davanti
al fuggiasco «Fine della corsa, atterra
immediatamente».
«Magari
potremmo parlare un’altra
volta, tra venti minuti inizia Dragon Ball!»
Nickel
afferrò la pistola che teneva
alla cintura e la puntò contro Bustin. «Atterra,
ho det-»
Un
colpo laser raggiunse la pistola e
la fece volare via dalla sua mano senza causarle danni.
«Atterro»
disse Bustin, con l’indice
della mano destra ancora tiepido per il raggio che aveva appena sparato
«Però il
fatto che tu volessi spararmi già adesso non è
incoraggiante».
A
non essere incoraggiante, secondo
Nickel, era anche il “già adesso”, ma
non lo disse.
Atterrarono
simultaneamente senza
togliersi lo sguardo di dosso neppure per una frazione di secondo.
«Che
dire» esordì lui «Sono sorpreso
di vederti qui…
viva. Non mi
fraintendere, sono contento di vedere che stai bene. Come vanno le
cose?»
“Come
vanno le cose”.
Nickel
non poteva credere che
gliel’avesse chiesto sul serio.
«Noto
che hai trovato dei nuovi
amici, Decepticon nientemeno» continuò lui
«E facendo due più due tra chi già
c’era e i nuovi arrivi… Nanetta, vai in giro con
quei matti del magico mondo di
Tarnlandia?» le chiese, tirando fuori un mini datapad da uno
scomparto e
facendo poche rapide operazioni toccando lo schermo «Sul
serio?»
«Punto
primo: “Nanetta” un cazzo.
Punto secondo: non ti devi assolutamente permettere di parlare
così della mia
squadra, non osare proprio. Punto
terzo: aspetto ancora risposte! Dov’eri finito?
Dov’eri andato il giorno in cui
casa nostra è stata distrutta?!» lo
incalzò Nickel, facendo qualche passo verso
di lui «Quel giorno ti ho cercato anche fuori da Prion, ti ho
cercato ovunque,
credevo di aver saltato qualche posto, credevo che fossi morto anche tu
come
tutti gli altri e invece ora ti ritrovo qui, a…
a… ad andare in giro cantando e
con quella roba addosso!» esclamò, indicando la
camicia di Bustin.
«Se
vuoi una camicia te la regalo, Nicky-»
«Non
metterei gli abiti di una specie
organica neanche sotto tortura, non dopo quel che hanno fatto alla
nostra casa,
e non chiamarmi neanche “Nicky”» lo
interruppe Nickel, brusca «Non fare il
finto tonto con me, non ti azzardare».
«Gli
umani non c’entrano niente con
la Black Block Consortia, molti non immaginano neppure che qui sulla
Terra ci
siano degli alieni, avercela con loro sarebbe come prendere a calci un
mech in
agonia. Prenditela con chi ha dato inizio al disastro su Cybertron, se
mai»
disse Bustin con perfetta calma indicando con un cenno del capo il
simbolo dei
Decepticon sul petto di Nickel «O con chi non ha ucciso
Megatron prima che il
disastro in questione si spargesse in giro».
«Non
ti vedo molto colpito da quello
che è successo» fu la replica rabbiosa di Nickel.
«È
successo tempo fa e ho appena
scoperto di non essere più il solo sopravvissuto».
Il
sollievo nel sapere di non essere
più la sola prioniana nell’Universo non riusciva a
mitigare minimamente quel
che stava provando, un miscuglio tra rabbia e profondissima confusione
-e non
solo perché Bustin l’aveva disarmata sparandole
con un dito. Da quando poteva
farlo?!- che la stava inducendo a formulare miliardi di ipotesi su
quando,
dove, come e perché di tutta
quell’assurdità, una meno edificante
dell’altra.
«Per
l’ultima volta: voglio sapere
dov’eri andato e soprattutto perché!»
Si
sentì un fievole “blip” provenire
dal datapad di Bustin ma questi, dopo aver dato solo una brevissima
occhiata,
non se ne curò più.
«Dopo
essere andato via da Prion sono
stato in vari posti, poi sono arrivato qui. D’accordo,
non qui-qui, fino a
poco tempo fa ero in un altro Stato, ma immagino che questo non sia
molto
importante. Quanto al perché» fece una pausa
«Non volevamo le stesse cose. A un
certo punto ho capito che non avresti mai smesso di chiedermi di
formare una
famiglia, quindi ho messo fine al nostro fidanzamento in uno dei modi
più
vigliacchi possibili. Non l’ho fatto a Scintilla leggera. Mi
spiace che non
esista un modo più carino per dirti tutto questo».
Pur
dicendosi che avrebbe dovuto
immaginare una cosa del genere, pur essendosi abituata al fatto di non
stare
più con lui avendolo creduto morto, sentirselo dire in
faccia fu un gran brutto
colpo. La conversazione che stava avendo col vero Bustin era ben
lontana da quella nostalgica che aveva avuto nello Scorpione del sud
con la sua
illusione.
Per
un attimo, solo per un attimo che
comunque passò presto, si trovò quasi a
desiderare di essere rimasta lì.
«Sei
una carogna. Sei una
schifosissima carogna» mormorò.
«Forse
al tuo posto lo direi anche
io».
«Te
ne sei andato all’improvviso e
l’hai fatto proprio il giorno in cui siamo stati attaccati.
Ti ho perso di
vista… quando? Qualche ora prima? Guarda un
po’che caso… come se
avessi saputo cosa stava per succedere!»
Era
un dubbio atroce generato più
dall’emotività che dalla razionalità,
però le tempistiche pressoché perfette
non contribuivano a farlo sparire dal suo processore. Le ottiche
iniziarono a
bruciare pericolosamente di lacrime che però rifiutava di
far uscire, non
voleva che succedesse, non in quel momento, non davanti a lui.
«Sarebbe
stato facile, vero?»
continuò, chinandosi a raccogliere la pistola laser
«Gli unici legami che avevi
eravamo io e i miei parenti, non ricordo che ne avessi altri in
particolare, e
di sicuro uno sterminio riduceva al minimo i rischi che venissi a
cercarti per
chiederti di mettere su famiglia. I morti non possono cercare nessuno,
sbaglio?!»
«Non
avevo idea di quel che sarebbe
successo, come avrei potuto? È stata una coincidenza.
Immagino che però sia
difficile convincerti di questo, adesso».
«Lo
trovo un po’troppo strano,
talmente tanto che non ci credo» ribatté Nickel,
dura. «Lo sapevi non so come
e te ne sei andato senza avvertirci».
Proprio
mentre la minicon,
leggermente tremante di rabbia, puntava nuovamente la pistola contro il
suo ex
fidanzato, ricevette una comunicazione nel comm-link aperto.
–
Nickel,
aggiornamento immediato sulle tue condizioni. –
Era
Tarn e non sembrava allegro.
D’altra parte come poteva esserlo? Lei era uscita
dall’astronave quando invece
avrebbe avuto il compito di restare di guardia. Non le era mai capitato
di
essere punita ma probabilmente quel giorno le sarebbe toccato,
considerando
l’infrazione commessa e il motivo sarebbe stato giusto
così.
«Io…
sto bene. Sto bene. Non sono in
pericolo» ripeté, pur sentendosi
tutt’altro che “bene”, senza distogliere
lo
sguardo da Bustin «Mi trovo-»
–
Abbiamo
localizzato il tuo segnale, stiamo decollando, arriviamo, non ti
muovere. –
Comunicazione
breve ma più che
sufficiente.
Bustin
tornò a guardare il proprio
datapad. «Nickel-»
«Non
ti muovere e non provare a
disarmarmi un’altra volta» lo avvisò la
minuta Decepticon.
«Devo
immaginare che tu, essendo
convinta che quello di cui mi hai accusato sia vero e che io sapessi
cosa
voleva fare la Black Block Consortia, voglia tenermi qui fino
all’arrivo della
DJD? Finire nelle loro mani sarebbe abbastanza spiacevole».
«Hai
lasciato tutti quelli che
conoscevi lì a morire per mano di organici, questo
è il minimo. E la DJD è già
qui, perché io ne faccio parte» replicò
Nickel «E se vuoi saperlo ne vado anche
fiera».
«Io
quel giorno ho “lasciato” solo
una persona e, anche se non mi sono comportato bene, di sicuro non
volevo che
morissi. Non lo voglio neanche ora».
«Io
sì!» ringhiò Nickel.
«In
verità quel che vorrei è che tu
fossi bella e tranquilla da tutt’altra parte e senza quello
sul petto» continuò
Bustin, indicando il simbolo dei Decepticon «Si possono fare
tante altre cose
più divertenti che starsene tra i Decepticon, tipo, che so,
guardare anime,
assistere ai tornei dei meme sui social network, scrivere fan fiction e
giocare
ai videogames. Uno di quelli a cui gioco più spesso si
chiama Warframe…»
«Non
mi interessa!»
«C’è
una quest in particolare che mi
piace. Si chiama Chains of Harrow» sorrise il minicon,
portando il datapad
vicino al volto «E tra le parti che apprezzo di
più c’è la fine di un messaggio
piuttosto inquietante. Dice “Rap… tap…
tap…”»
Non
capire il motivo per cui le
stesse parlando di un videogame -sebbene fosse appassionato di quelle
cose
anche ai tempi di Prion, Nickel lo ricordava bene- riuscì a
farla sentire
piuttosto allarmata.
«“Rap…
tap… tap!”»
ripeté lui «Il tutto mentre lo schermo viene
invaso di rosso. Fa sicuramente effetto».
L’allarme
di un grave
malfunzionamento nella Peaceful Tiranny, alla cui manutenzione lei
contribuiva,
iniziò a far trillare il datapad che Nickel portava sempre
appresso in uno
scomparto.
«Che
succede?!»
esclamò, tirando fuori il datapad per verificare il tutto.
Una
distrazione che la indusse a distogliere le
ottiche dall’altro minicon, che ovviamente ne
approfittò subito per alzarsi in
volo.
«Non
credo che i tuoi colleghi di
lavoro arriveranno qui molto in fretta, se vuoi raggiungerli fai meglio
ad
andare. Da me non hai niente da temere, ma stai attenta
finché sarai qui. Arrivederci,
Nanetta».
«Cos’hai
fatto?!» gridò Nickel,
tentando perfino di sparare un colpo che però
mancò il bersaglio «Cos’hai
fatto?!»
Non
giunse risposta a quella domanda,
perché Bustin volò via e divenne rapidamente
nient’altro che un puntolino
turchese e bianco nel cielo.
***
«Non
riesco a riprendere il
controllo, Tarn, mi serve più tempo!»
esclamò Kaon, alle prese con il sistema
informatico dell’astronave che era completamente impazzito.
Tutti
gli allarmi nella Peaceful
Tiranny erano entrati in funzione assieme alle relative luci rosse che,
se già
poco dopo il decollo avevano iniziato ad accendersi e aumentare
progressivamente la luminosità, erano diventati tanto
accecanti da fare male
alle ottiche quando l’impianto audio aveva riprodotto il
secondo “Rap… tap… tap!”,
inondando tutto l’ambiente di uno
sgradevolissimo bagliore rossastro.
“Il
tempo è precisamente quello che non
abbiamo, dannazione!” pensò Tarn, che in
quell’occasione cercava inutilmente di
muovere il timone mentre la distanza tra loro e la montagna contro la
quale
presto sarebbero finiti a schiantarsi si riduceva sempre di
più all’aumentare
dell’accelerazione dell’astronave.
«Non
posso dartene, Kaon! Dobbiamo
cambiare tattica!»
Forse
in un certo senso era stato un
bene che Nickel avesse abbandonato l’astronave e in quel
momento non fosse lì.
Si era risparmiata qualcosa di cui, a guardare i filmati di
sorveglianza che
l’avevano mostrata tanto scioccata quanto spaventata prima
che decidesse di
uscire, non aveva bisogno.
«Rompiamo
i vetri e saltiamo giù
prima che finisca male!» gridò Helex, al quale
venne risposto da Vos che,
probabilmente, tentando una cosa del genere alla velocità
che avevano raggiunto
si sarebbero fatti danni altrettanto gravi.
«No,
serve qualcosa di diverso. Kaon,
al timone» ordinò Tarn, lasciando il posto al
tecnico che lo raggiunse
immediatamente «La nave va spenta completamente, tu cerca di
evitare lo
schianto sfruttando l’accelerazione!»
«Ho
già provato a spegnere tutto,
ma-»
«Ma
non a modo mio» tagliò corto
Tarn.
In
altri tempi quel che stava per
fare gli avrebbe causato dolori al processore più che
lancinanti, adesso invece
spegnere un intero incrociatore gli avrebbe causato, forse, un
vaghissimo
accenno di mal di testa, grazie al fatto di non dover agire a distanza;
un
conto era uccidere le persone con la propria voce o, sempre con essa,
danneggiare e spegnere piccoli e medi oggetti, ma una bestia del
calibro della
Peaceful Tiranny era un altro paio di maniche e serviva qualcosa di
più potente.
Sollevando
leggermente le mani, Tarn
iniziò a concentrarsi ed entrare in comunicazione con le
frequenze dei vari
macchinari dell’astronave, che iniziarono a spegnersi uno
dopo l’altro in
rapidissima progressione mentre Kaon lottava disperatamente con il
timone.
«Ci
siamo!» esclamò il tecnico di
bordo una volta che anche le luci accecanti degli allarmi si furono
disattivate
«Riesco a controllare il timone!»
«Ci
schianteremo lo stesso, la
montagna è troppo vicina, spacchiamo i vetri e
saltiamo!» esclamò Tesarus, cui
l’idea di Helex era sembrata più pratica
nonostante tutto.
«Troppo
tardi!» ribatté Kaon, facendo
la virata più brusca e pesante della sua esistenza verso
sinistra «Tenetevi
forte, mech di poca fede!»
Quello
di tenersi forte fu un buon
consiglio da parte di Kaon, ma anche seguendolo buona parte del gruppo
non
riuscì a evitare di crollare a terra quando la Peaceful
Tiranny deviò in
maniera brutale dal proprio corso e la fiancata destra venne
brutalmente
divelta della
derapata contro la
montagna con un rumore orribile che era il miscuglio tra uno schianto e
unghie
su una lavagna.
L’impatto
fece sì che l’astronave
venisse sbalzata verso l’alto, per qualche attimo pensarono
perfino che avrebbe
finito col capovolgersi e sarebbe precipitata in uno dei modi
più dannosi possibili,
ma così non fu: dopo molteplici urti che anche tutta la
bravura di Kaon al
timone non riuscì a evitare, la Peaceful Tiranny
eseguì un rovinoso atterraggio
contro il suolo roccioso.
«Ce
l’abbiamo fatta… ce l’abbiamo
fatta. Ok. Ok» ripeté Kaon, ancora in
fibrillazione, stringendo convulsamente
le mani attorno al timone.
«Considerata
la situazione, Kaon, hai
fatto un buon lavoro» disse Tarn come prima cosa
«Helex?... Tesarus?... Vos?»
«Siamo
a posto» disse Tesarus, ultimo
a rialzarsi «Ora che siamo a terra si può sapere
perché l’astronave voleva
ucciderci?»
«Un
attacco esterno al sistema»
rispose Tarn «Nessun guasto può giustificare una
voce sconosciuta negli
altoparlanti, Tesarus».
«Non
dovremmo essere al riparo da
certe cose?»
«Le
difese apportate da Kaon avrebbero
dovuto tenerci al riparo, io stesso le avevo ritenute valide quando le
avevo
esaminate. È stato commesso un errore di calcolo»
disse Tarn.
Sapeva
che nell’universo c’era più di
una persona in grado di fare una cosa simile ma sapeva anche che non
erano
tante, che una di esse era Kaon stesso e che quindi essere in grado di
penetrare nei sistemi esterni significava anche sapere come poter
evitare di
subire un attacco. In futuro avrebbero dovuto potenziare le difese per
evitare
che quanto era appena accaduto si ripetesse, oltre a trovare chi aveva
osato
tanto e occuparsene -il tutto ringraziando il cielo che la Peaceful
Tiranny non
avesse un pulsante di autodistruzione.
Forse
la loro permanenza su quella
piccola palla di fango abitata da virus di carne e sangue avrebbe
dovuto
affrontare più insidie di quanto avessero immaginato.
Sentì
una serie di scariche nel
proprio comm-link.
–
…arn?! Tarn! Mi sentite?! Sto
cercando di raggiungervi, mi sentite?!
–
«Forte
e chiaro, Nickel».
A
Tarn parve di sentire un confuso
“grazie al cielo”. – È
da prima che
provavo a contattarvi ma non ci riuscivo, c’erano delle
interferenze e… state
bene?! –
«Noi
stiamo bene, l’astronave un
po’meno» disse Tarn «Quando arriverai
dovremo parlare».
–
Sì.
Lo so. –
Riuscì
ad avvertire distintamente sia
la contrizione di Nickel, sia una certa stanchezza. Qualunque cosa le
fosse
successa doveva essere stata poco piacevole proprio come preannunciato
dai
filmati di sorveglianza.
«Fatto
questo, una volta ripristinato
il sistema, stabilita l’entità dei danni e dato
alla Peaceful Tiranny modo di
volare, raggiungeremo la Nemesis come da programma. Presentarmi con
un’astronave malconcia è molto lontano da quel che
avrei voluto» il che era
perfettamente udibile nel suo tono di voce «Ma dovendo
rimetterla in sesto più
presto possibile è anche la cosa più sensata da
fare».
«Sono
sicuro che Lord Megatron non
baderà granché all’aspetto della nave
quando vedrà questi» disse Helex, in un
goffo tentativo di rincuorarlo, tirando fuori dalla camera di fusione
temporaneamente adibita a magazzino la testa mozzata di Wheeljack, lo
stemma
degli Autobot e, infine, l’alteratore di fase «A
proposito, continuo a
chiedermi cosa sia quest’affare e a cosa serva».
«È
visibilmente una reliquia della
Cybertron che fu ma, quale che sia la sua funzione, a noi non compete
utilizzarla. Verrà ceduta a Lord Megatron in omaggio assieme
al resto, com’è
giusto che sia» concluse Tarn.
«La
sola cosa che rimpiango del
nostro lungo giro di perlustrazione è non essere arrivati
prima nel relitto
dell’astronave Decepticon poco lontana da qui»
disse Helex «Avremmo potuto
portare a Lord Megatron più teste di Autobot».
«Vero»
concordò Tarn «Avremmo
potuto».
Dopo
aver finito con Starscream, da
buoni cacciatori quali erano avevano deciso di seguire le tracce che
Spectra
aveva lasciato nell’arrivare fino alla radura in cui
l’avevano trovata. Si
erano detti che dovesse esserci una ragione a giustificare la sua
presenza in
mezzo al nulla e che, se anche fosse stata una fuga, non sarebbe potuta
partire
da troppo lontano. Dreadwing era un volatore ma non era con lei, e lei
era una
terrena, quindi la distanza che poteva coprire era inferiore.
Giunti
fino al relitto avevano avuto
conferma di due cose: la prima era che Spectra fosse partita da
lì, la seconda
era che si fosse trattato proprio di una fuga. Alle sue tracce infatti
si erano
mescolate quelle di altri transformers, tutti terreni, tutti sicuramente
Autobot, tutti altrettanto sicuramente non suoi amici.
Non
c’era modo che potessero esserlo
se lei era dalla parte di un ufficiale Decepticon, anche se fosse stato
un
disertore come Starscream aveva detto, e
che Spectra fosse dalla parte di Dreadwing era indubbio. Se non fosse
stato
così, questi non avrebbe avuto altrettanta voglia di correre
rischi. Di certo
gli erano serviti sia un gran fegato -“No.
Incoscienza.”- sia degli ottimi
motivi per decidere di fare un’azione improvvisa e portarla
via da l… loro.
“Quelli
che avrebbe potuto avere un compagno,
per esempio”, aveva pensato Tarn, senza approfondire oltre i
propri
pensieri riguardo quell’idea.
Entrati
nel relitto non avevano
trovato altro oltre a quel che già sapevano, il computer
dell’astronave era
stato perfino fatto esplodere con una micro carica
perché nessuno
potesse risalire alle coordinate dell’ultimo Ponte Terrestre.
La sola cosa “nuova”
erano state tre lampade di un minerale terrestre a lui sconosciuto che
se
accese illuminavano l’ambiente con una gradevole luce
rosata/aranciata, oggetti
che Tarn, riuscendo ad associarli a una sola tra le persone che
conosceva,
aveva preso e portato via.
«In
ogni caso, Helex, avremo tempo di
rifarci in futuro».
Qui lo dico e qui lo nego... questo capitolo è stato un
po'un parto, e non per la lunghezza :'D ma finalmente ha visto la luce.
L'esperienza nella costellazione dello Scorpione di cui parla Nickel
è narrata >>qua<<
Grazie a tutti quelli che stanno leggendo, come sempre :) Alla prossima
_Cthylla_
|
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Capitolo 10 *** 10 - Il fanatismo, le martellate e il piano Bernie ***
10
(Il fanatismo, le martellate e
il piano Bernie)
«Soundwave.
Hai novità?»
Vedendo
Soundwave presentarsi da lui,
Megatron pensò che potesse essere venuto a sapere qualcosa
riguardo il massacro
di Starscream, degli Autobot, delle condizioni fisiche di Spectra e la
sua
posizione; tutto si aspettava insomma -nonostante certe mezze idee che
gli
erano sovvenute in precedenza- meno che di vedere l’immagine
della Peaceful
Tiranny proiettata da
Soundwave grazie a un ologramma.
«Deduco
che vogliano comunicare qualcosa?...»
Soundwave
scosse la testa. «Per ora no ma immagino che
presto lo faranno e dovremo preparare la Nemesis per
l’attracco. Sono stati
rilevati dai radar e sono in avvicinamento».
Le spesse
sopracciglia metalliche di Megatron si sollevarono
impercettibilmente. «La Decepticon Justice Division dunque
è sulla Terra».
«Affermativo»
annuì il tecnico.
«Affermativo»
ripeté il signore dei Decepticon
«Già».
A tali parole
poco entusiaste fece seguito un lungo sospiro
da parte di Megatron, che si trattenne a stento dal passarsi una mano
sul volto
segnato dal tempo e dalle battaglie.
«Forse
i fori sul viso di Starscream non erano dovuti
all’acido» commentò Soundwave.
«Direi
di no. In ogni caso mi sembra ancora strano: diedi a
Tarn e i suoi l’ordine di rimuovere Starscream dalla Lista,
loro hanno
sicuramente obbedito e tra i molti difetti del nostro Air Commander
c’è anche
una certa codardia che difficilmente l’avrebbe portato a
provocarli» disse
Megatron «Inoltre è strano che non si siano
presentati qui subito».
«In
un certo senso è meglio così... e non lo dico
solo perché
ritengo che Starscream meritasse quello e altro».
«Immagino
che tu lo dica anche perché sai bene quanto, tra
l’avere a che fare con quel fanatico che io stesso ho creato
e una serie di
colpi in zona inguine dati con un martello a razzi, preferirei la
seconda
opzione. Di gran lunga»
aggiunse l’ex
gladiatore «Aver deciso di togliere un Glitch dalla sua
miseria, potenziarlo, metterlo
a capo di un gruppo di inquisitori e lasciare che arrivassero a certi
livelli
solo perché mi faceva comodo avere gente simile pronta a
scattare al
mio comando è una delle cose che mi rimprovero di
più insieme al mio contributo
alla distruzione di Cybertron. Ad ogni modo, visto che ormai lui e la
sua
squadra si trovano qui tanto vale sfruttare la cosa: eccettuato
Optimus, che
solo a me spetta affrontare nella battaglia finale, mandare la DJD a
caccia e togliersi
di torno il resto degli Autobot sarebbe un’ottima cosa. Loro
e Specter,
soprattutto» aggiunse poi «E di questo mi assumo la
piena responsabilità, così
che Spectra non ti possa rimproverare questa volta. Hai poi saputo
qualcosa da
lei riguardo Starscream?»
«Non
sono stato ricontattato» rispose Soundwave, in maniera
quanto più possibile inespressiva «Ora
però sto pensando: Starscream era in
giro, se la nostra teoria era corretta c’era anche lei, e poi
hanno
incontrato quelli-»
«Non
credo sappiano che Dreadwing ha “disertato”,
inoltre non
avrebbero avuto alcuna ragione di uccidere Spectra, Tarn ha un suo
codice. In
ogni caso darò ordini precisi a riguardo, tanto per essere
sicuri che-» il
segnale di una comunicazione in entrata nel sistema della Nemesis lo
fece
sospirare «… di già?»
«Di
già. Accetto la chiamata».
– Lord Megatron, qui è
la Decepticon Justice Division, ci stiamo avvicinando alla vostra
posizione.
Richiediamo il permesso per l’attracco. –
«Salve,
Tarn! Sono lieto della presenza della tua squadra
sul pianeta, oserei dire che abbiate avuto un tempismo assolutamente
perfetto.
Permesso per l’attracco accordato, vi aspetto tutti quanti
sul ponte della
Nemesis!»
Conoscendo
benissimo tempi e modalità, Soundwave chiuse la
comunicazione. «Anche dopo tutti questi eoni insieme continuo
a stupirmi della
tua capacità di sembrare entusiasta e soddisfatto».
«A
volte è essenziale» replicò Megatron
«Forse farebbe
comodo anche a te».
Pensando che
magari Megatron non aveva tutti i torti,
Soundwave lo seguì sul ponte della Nemesis.
La prima cosa
che notò una volta giunto sul posto fu che
l’incrociatore della Decepticon Justice Division sembrava
alquanto malridotto
nonostante fossero state tentate delle riparazioni cosmetiche, cosa che
lo
indusse a chiedersi cosa potesse essere successo, mentre la seconda
cosa che
notò fu che tutti i membri della squadra oltre a essere
perfettamente in salute
erano anche tirati a lucido; nulla di sorprendente se si considerava il
livello
di fanatismo che li aveva portati a inginocchiarsi tutti e sei -la
minicon con
un po’meno fretta e convinzione, aveva notato.
«Lord
Megatron, le porgo i più sentiti omaggi a nome di
tutta la squadra» disse Tarn.
«E
io li accetto. Vi trovo tutti bene… nonostante il viaggio
turbolento» disse Lord Megatron «Darò
disposizioni perché la Peaceful Tiranny
venga riparata. Rialzatevi pure».
Il gruppo di
inquisitori Decepticon eseguì l’ordine. Dopo
ciò, Tarn fece un cenno a Helex. «Grazie, signore.
Oltre agli omaggi verbali
portiamo anche dei doni. Poco tempo fa è stata trasmessa su
molte linee una
comunicazione nella quale Lei manifestava il desiderio di vedersi
portare una
testa di Autobot…»
Soundwave
aveva presente quella comunicazione, trasmessa in
giro per colpa di Knockout e della sua imbranataggine. Sapere che era
stata
captata anche dalla DJD era sorprendente.
«Quindi
ci siamo permessi di agire di conseguenza»
continuò
Tarn, mentre Helex tirava fuori dalla sua camera di fusione spenta la
testa di
Wheeljack e l’alteratore di fase.
Soundwave
ringraziò il cielo sia di portare ancora il visore
adesso che Spectra non era con lui, sia la capacità di
Megatron di non
scomporsi dinanzi a certe scene. Il tecnico però era
piuttosto sicuro che
Megatron stesse rimpiangendo i tempi in cui il dono più
gettonato da parte
degli ospiti erano le piante tecnorganiche, rigorosamente in vaso per
non mettere in difficoltà gli ospiti su dove appoggiarle.
«La
testa dell’Autobot Wheeljack e nientemeno che
l’alteratore di fase, una reliquia alla quale non mi era mai
riuscito di mettere
mano... che dire, ottimo lavoro, noto con piacere che siete sempre
efficienti»
disse Megatron, prendendo in mano entrambi i doni «E infatti
la caccia ad
Autobot ed ex Autobot è precisamente il compito che intendo
affidarvi».
«Eseguiremo
il compito al massimo delle nostra capacità,
signore, come facciamo sempre» fu la replica immediata di
Tarn.
«Prima
di questo però voglio scambiare due parole con te»
aggiunse Megatron, indicando l’ingresso della Nemesis con un
cenno del capo.
Tarn
ovviamente non se lo fece ripetere due volte e sia lui,
sia Megatron, sia Soundwave stesso rientrarono nella Nemesis, diretti
verso la
sala dov’erano custodite le reliquie.
Tarn non parve
dare considerazione al tecnico, però questo
non era nulla di inaspettato dato il ruolo di quest’ultimo:
occhi e orecchie
rigorosamente silenziose. In quel frangente come in tantissimi altri
prima di allora, a
Soundwave la cosa andava benissimo.
«Andrò
subito al punto, Tarn: Starscream, attualmente
secondo in comando, è stato trovato in condizioni
critiche» esordì Megatron,
molto serio in volto «Inizialmente ho avuto dei dubbi
riguardo chi l’avesse
ridotto in quello stato ma ora, sapendo che siete qui, non ne ho
più. Quel che
voglio sapere è il perché, avendo io ordinato di
toglierlo dalla Lista».
«Mentirei
se dicessi che non immaginavo di ricevere una
domanda simile» disse Tarn, dopo una breve esitazione
«Quindi tengo a precisare
due cose con la massima onestà: la prima è che
siamo stati attenti a far sì che
i danni fisici non fossero permanenti, la seconda è che i
Suoi ordini, Lord
Megatron, sono l’unico motivo per cui ci siamo limitati
così tanto quando
quella "persona" ha cercato di forzare alla connessione un membro della
nostra
squadra».
Megatron,
stupito, sollevò le sopracciglia. Tra le cose che
si sarebbe aspettato di sentire, Starscream che tentava di violentare
un membro
della DJD -la minicon, forse?- era qualcosa di totalmente assente. «Questo
è… spiacevole» disse
«È evidente che
la punizione subita di recente per un episodio analogo non fosse stata
abbastanza».
«Di
sicuro adesso ha imparato».
Per qualche
istante Megatron vide un lampo di rabbia mista a
qualcos’altro nello sguardo vermiglio di Tarn, ma lo
imputò a quel che aveva
appena saputo e che gli suonava piuttosto assurdo e, una volta giunti
alla sala
delle reliquie e messi a posto alternatore e testa di Wheeljack -che si
ripromise di far sparire appena Tarn avesse lasciato la Terra: da ex
gladiatore e Decepticon non lo impressionavano le teste ma preferiva
altri complementi d'arredamento- tornò a
rivolgersi a lui.
«Spero
che la prioniana non ne sia rimasta troppo scossa
,anche se da quel che so di lei dovrebbe avere un carattere piuttosto
forte».
«La
prioniana?... No, Lord Megatron, per fortuna a Nickel
non è successo niente del genere. Parlo di un membro della
mia squadra che è
stato disperso per molto tempo e che, come speravo, abbiamo incontrato
di nuovo
qui sulla Terra. Credo che abbia avuto modo di conoscerla: il suo nome
è
Spectra, più precisamente Spectra Specter».
Tarn sembrava
piuttosto “preso” dalla faccenda, al punto di
non rendersi conto che l’atmosfera nella stanza si era
raggelata di botto.
«La
conobbi che non era ancora un’adulta»
continuò «Stette
con noi per un certo lasso di tempo, poi il fratello riuscì
a rapirla.
Inizialmente non lo riconoscemmo ma ci riuscii io in seguito grazie a
un
particolare. Da allora non abbiamo più avuto sue
notizie… fino a ieri. È
successo in circostanze spiacevoli, essendo stata costretta a
difendersi da
Starscream» aggiunse, senza riuscire o volere nascondere una
nota di odio nel
tono di voce «E purtroppo il nostro incontro è
stato interrotto da quello che
Starscream ha definito “disertore”, ma
farò sì che in breve tempo torni
finalmente a casa, nella-»
«Nella
Nemesis» lo interruppe Soundwave, gelido
«È questa
casa sua, perché Spectra è mia moglie».
Tarn rimase in
silenzio per qualche secondo, rendendo
difficile capire cose gli stesse passando per il processore di preciso
ma
facile intuire che, qualsiasi cosa fosse, non era certo edificante.
«Capisco»
disse poi, con lo stesso gelo usato dall’ex
gladiatore «E Spectra ne è al corrente?»
«Soundwave, ho
appena ricevuto una comunicazione da Shockwave»
s’intromise Megatron,
abbassando la mano che precedentemente aveva portato al comm-link
«Raggiungilo
nel suo laboratorio. Andrei personalmente ma devo aggiornare il qui
presente
Tarn, in vista della missione che gli ho affidato».
“Basta
che non inizino a litigare tra loro. Ci mancava solo
questa! Quella ragazza ha un talento tutto suo per finire in mezzo a
certe
cose” pensò Megatron, osservando Soundwave fissare
brevemente Tarn e poi, per
fortuna, avere il buonsenso di andarsene senza aggiungere altro.
«Direi
che quanto hai detto, Tarn, mi eviti parte delle
istruzioni che volevo darti» riprese il signore dei
Decepticon «Dreadwing ha
abbandonato la Nemesis ma non la Causa, quindi per ora non merita
né la Lista
né di essere un altro Starscream. Credo di essere stato
chiaro».
«Sissignore»
rispose l’altro Decepticon, pronto e in tono
del tutto neutro.
Una brevissima
riflessione di Megatron lo indusse a prendere
una decisione: fare a Spectra, quella ragazza che non l’aveva
biasimato e gli
aveva detto che “non era cattivo” un ultimo regalo,
così da potersi poi
distaccare completamente e senza alcuna remora da ogni questione che la
riguardasse, focalizzandosi solo sul lavoro e lasciando davvero che il
destino
di Spectra fosse nelle mani di Spectra stessa.
«A
breve ti aggiornerò su tutti i fatti di questo ultimo
mese e mezzo, ma prima di questo voglio che tu tenga bene a mente una
cosa: io
conosco la storia personale di Spectra e la ritengo
innocente» disse, pensando
al modo in cui la giovane femme era stata utilizzata dal fratello. Per
com’era
fatta sarebbe stata capace di parlarne a Tarn se mai l’avesse
incontrato
ancora, quindi forse era meglio che lo facesse lui per primo.
«La mia volontà,
indipendentemente da dove lei deciderà di stare,
è che si senta tranquilla e al
sicuro».
«“Da
dove lei”-»
«Il
che ci porta a uno dei bersagli della tua caccia, Tarn»
continuò Megatron «Prima tu e la tua squadra vi
libererete di Spectrus Specter,
meglio sarà. Non posso evitare di ammettere che lui da solo
si è rivelato una
spina nel fianco e, nonostante in via teorica abbia solo Ultra Magnus
come
alleato, fatti recenti mi portano a credere tutt’altro:
nessuno dei due ha le
capacità di portare a termine un attacco al sistema come
quello che abbiamo
subito da poco».
«In
questo credo di poterla aiutare, Lord Megatron»
replicò
Tarn, tornato a essere concentrato sul da farsi «Se la mia
astronave è ridotta
nelle condizioni che ha visto è dovuto proprio a un attacco
al sistema, e il
colpevole è un prioniano di nome Bustin. Non sono molte le
persone che
potrebbero riuscire a penetrare le difese messe in campo da Kaon, se
qualcuno è
riuscito a fare altrettanto con quelle di Soundwave è facile
che si tratti
dello stesso soggetto».
«È
molto probabile che tu abbia ragione. Quest’informazione
è utile, almeno adesso sappiamo chi è il nemico e
con chi lavora. Tsk… solo
Specter poteva tirare fuori dal nulla un prioniano come
alleato» borbottò l’ex
gladiatore «E il fatto che si parli di prioniani mi porta a
chiederti se, ora
che ce n’è in ballo un altro, ritieni ancora
affidabile quella che hai nella
tua squadra. Sono l’ultima femme e l’ultimo mech di
quella razza».
«Ripongo
in Nickel la completa fiducia che ripongo in tutti
gli altri membri della mia squadra, nessuno escluso»
ribatté Tarn con la
massima sicurezza.
Aveva parlato
con Nickel la sera prima, esattamente come si
era ripromesso, appena la minicon li aveva raggiunti
nell’astronave. Era stata
una conversazione che avrebbe evitato volentieri di fare, non gli
faceva mai
piacere rimproverare la propria squadra -avrebbe preferito che non ce
ne fosse
mai bisogno- e tantomeno rimproverare lei, anche se Nickel di suo non
risparmiava mai prediche a nessuno e altri, meno maturi, avrebbero
approfittato
dell’occasione per renderle pan per focaccia.
Nickel aveva
avuto bisogno di un intero cubo di energon
extra forte, che lui aveva avuto la lungimiranza di preparare, per
riuscire a
iniziare il racconto in maniera coerente. Il perché era
diventato chiaro poco
dopo che lei gli aveva comunicato la sua scoperta di non essere la sola
prioniana rimasta in vita.
“Quando
ho visto Bustin sugli schermi non riuscivo a crederci. Diciamo pure che
non
volevo crederci, perché lui doveva essere morto e io
l’avevo visto… no, avevo
creduto di averlo visto…
recentemente. Nell'ultimo ostacolo della strega. All’inizio
ho temuto che essere riusciti ad
andare via dallo Scorpionokor fosse stata tutta un’illusione,
che fossimo
ancora intrappolati e che di lì a poco sarebbe ricominciato
tutto il delirio”.
Uno stato
d’animo che aveva spiegato in modo perfetto quel
che Tarn aveva visto nei filmati di sicurezza. Ciò non
toglieva che Nickel
avesse agito in modo incauto -in seguito lo aveva ammesso lei stessa-
ma lui
non aveva faticato a comprenderla, riuscendo a mettersi nei suoi panni
e a immaginare
che si sarebbe sentito nello stesso modo: prima che la mano di Spectra
raggiungesse la sua aveva avuto a sua volta qualche dubbio su quanto il
tutto
fosse reale -oltretutto per ragioni simili a quelle di Nickel-
nonostante lui,
contrariamente al suo medico di bordo con Bustin, avesse previsto e
sperato di
poterla incontrare.
Dopo aver
detto questo, Nickel non aveva esitato ad additare
l’altro minicon come il colpevole dell’attacco alla
Peaceful Tiranny, nonché di
essere stato a conoscenza dell’attacco a Prion ed essersene
andato proprio per
questo poco prima, lasciandoli morire tutti quanti. Riguardo la prima
accusa
non c’erano dubbi mentre per la seconda, estremamente grave,
era un po’diverso
trattandosi più che altro di una supposizione basata sulle
tempistiche. Tarn
però non si sentiva di considerarla infondata a prescindere,
neppure dopo aver tirato
fuori di bocca a Nickel che quel tizio era stato il suo
fidanzato… e gli era
sembrata convinta quando aveva detto di volerlo morto.
“Destino
che, se lavora con Specter e ha attaccato una
struttura nella quale era presente Lord Megatron in persona oltre alla
Peaceful
Tiranny, merita senz’altro” pensò.
«Se
la pensi così allora va bene. Credo che tu sappia quel
che fai» disse Megatron «E ora procediamo
all’aggiornamento. Credo che ci vorrà
un po’…»
Nel frattempo
Soundwave, mai andato nel laboratorio di
Shockwave avendo capito perfettamente che quella di Megatron era stata
una
scusa per impedire un possibile scontro, stava rimuginando su quanto
sarebbe
stato bello poter rinchiudere Tarn nella shadowzone e lasciare
lì a marcire
lui, il suo fanatismo e le sue “pretese” su
Spectra.
La faccenda
rischiava di diventare ancora più complicata di
quanto già fosse, a meno che Megatron avesse detto chiaro e
tondo a quel pazzo
che doveva dimenticarsene… cosa della quale Soundwave
iniziava a dubitare: dopo
quell’ultima novità, Megatron avrebbe potuto
iniziare a pensare che lei fosse
diventata una fonte di distrazione eccessiva e/o di troppi imprevisti,
supportandola nel caso avesse deciso di andarsene portandosi appresso
tutto
quel che la riguardava.
Soundwave
sapeva che Megatron apprezzava Spectra come
persona, ma sapeva anche che per lui la fazione veniva prima di ogni
cosa: era
così prima dell’arrivo di Spectra, era
così adesso e le cose non sarebbero
cambiate neanche in futuro. Se lui fosse riuscito a riprendersi Spectra
e continuare col proprio lavoro,
bene,
in caso contrario il fallimento nella prima cosa non avrebbe dovuto
influenzare
la seconda.
“Se
le avessi mandato adesso il messaggio di ieri, l’avrei
‘ringraziata’ per essersi ricordata di dirmi di
aver conosciuto quella banda di
mostri. Non mi aveva detto di essere una Specter, cosa che ho capito
dopo aver
sentito la sua storia, non mi aveva detto dei ‘due
ceffoni’, e anche questo
passi perché considerando cos’ha riprovato a fare
quell’essere inutile” alias
Starscream “È tutto sommato un bene che non fosse
troppo risaputo, ma almeno un
accenno al fatto che conoscesse quei pazzi furiosi sarebbe stato
dovuto!… anche
se tutto potevamo immaginare meno che sarebbero venuti qui”.
Pensare alla
DJD fece sì che il suo processore iniziasse ad
attingere dalla parte peggiore dei suoi più profondi istinti
e desiderare che
anche Dreadwing finisse come Starscream, solo in modo più
definitivo. In fin
dei conti non era un disertore oltre che un ladro di compagne altrui?
C’erano
dei motivi perché finisse nella Lista, incluso forse
l’essersi fatto un nemico
quando aveva fatto l’unica cosa utile in quei venti giorni e
aveva interrotto
la reunion tra Spectra e quell’assassino svitato.
Fantasie poco
gentili -e che avrebbero allontanato Spectra
ancora di più se ne fosse stata a conoscenza- ma
d’altra parte si trattava di
un mech che dopo eoni da solo aveva trovato l’amore quasi per
miracolo e non
era mai riuscito a goderselo se non per poche ore, prima che il cosmo
intero
nella persona di Spectrus, Dreadwing e ora forse anche la DJD
ricominciasse a
mettersi in mezzo.
“Ecco,
la sola cosa buona della loro presenza è che ora
Specter avrà più di qualche problema. Saperlo
terminato sarebbe stato già un
grande passo in avanti” pensò.
***
«Fammi
capire bene: tu sapevi da tempo che nella DJD c’è
una
minicon e non me l’hai detto?»
Nonostante
Bustin avesse parlato a Spectrus dell’attacco
alla Peaceful Tiranny -conseguente al suo incontro abbastanza
sfortunato-
appena era rientrato nella Jackhammer, quell’ultimo fatto
riguardante Nickel
era saltato fuori solo in quel momento, per la precisione mentre il
minicon si
dedicava ad accordare il banjo con la previsione di suonare al povero
Smokescreen, sedato e legato nello sgabuzzino, “The Whole
Being Dead Thing” per
l’ennesima volta.
«Primo:
l’ho vista solo una volta, è stato parecchio tempo
fa e col tipo di armatura che aveva addosso non ero nemmeno troppo
sicuro che
fosse davvero una nana femmina. Senza offesa» disse Spectrus,
comodamente
sistemato sul sedile del pilota nonostante al momento non pilotasse
affatto «Secondo:
per quel che ne sapevo poteva anche essere un minibot comune, prima di
parlare
con te non sapevo neanche che minicon e minibot fossero due razze
diverse, e
già questo basterebbe. Terzo: in ogni caso, le
probabilità che di tutte le nane
che potevano essere sopravvissute potesse esserci riuscita proprio la
tua erano
poche, talmente poche da rendere questo un colpo di sfortuna assurdo.
Infine,
citando "qualcuno"… tu non me l’avevi
chiesto!»
Dopo un
infinitesimale attimo in cui Bustin manifestò una
certa sorpresa per il finale, l’espressione sul suo visore
divenne pensierosa.
«Già. Un punto per te».
«Comunque
sia potremmo usare la cosa a nostro vantaggio. Se
tu riuscissi a convincerla a non volerti morto potresti avere vita
più facile,
e di riflesso anche io» disse Spectrus
«Un’infiltrata nella DJD farebbe molto
comodo, non ti pare? La prossima volta che le parlerai, dai allo shock
nel
rivederla la colpa del tuo comportamento di ieri sera, cerca di
mostrarti molto
pentito, salvale la vita un paio di volte se si presenta
l’occasione o se la
creiamo, fingi di avere ancora dei sentimenti per lei, anche due o tre
connessioni ci stanno bene, e quando sarà il momento di
filarsela scompari di
nuovo dalla sua esistenza. L’hai fatto una volta, rifarlo non
dovrebbe essere un
problema».
Il prioniano
scosse la testa. «Inutile provare, non ci
cascherebbe mai. Te l’ho detto che è una tipetta
testarda».
«Peccato».
«E
se anche avessi avuto una possibilità di riuscita non
l’avrei fatto lo stesso, non a lei» aggiunse Bustin.
«Tutta
questa propensione a essere un galantuomo non l’avevo
notata finora» replicò Spectrus
«L’importante è che, qualunque cosa tu
faccia o
non faccia, suddetta propensione non
ci sia d’intralcio».
«Ti
sembro così scemo da intralciarmi da solo? Adesso che
sanno di me ho sicuramente una taglia addosso anche io. Spedire la DJD
contro
una montagna non è servito a molto» e lo sapeva
perché, anche se in quel
momento non si trovava più nel sistema, durante la notte
aveva potuto notare sul
datapad che la Peaceful Tiranny
si era
riaccesa «Dunque forse a
quest’ora
sono già nella Nemesis e noi due siamo diventati
ufficialmente un bersaglio degli
abitanti di Tarnlandia. Sai cosa? Mi chiedo perché Megatron
non li abbia fatti
venire qui fin dall’inizio, se sono tanto forti sarebbe stata
una scelta
logica».
«Mi
verrebbe da dire che il problema sia proprio quello, più
robogalli nello stesso pollaio non possono andare
d’accordo» disse il mech
«C’è
sempre il rischio che uno sottragga il potere a quello che lo ha
attualmente. Però… in effetti questo non potrebbe
succedere con quei fanatici, se Megatron non fosse sicuro di
questo se ne
sarebbe già liberato in qualche modo. Potresti aver
sollevato una questione
interessante, nano, perché di motivi per cui lui non avesse
già Tarnlandia
intorno me ne vengono in mente solo un paio: il primo»
sollevò un dito «È che
avendoli troppo vicini potrebbero vedere che non segue abbastanza bene
la dottrina
Decepticon, con ciò che comporterebbe, ma non mi pare il
caso. Il secondo»
sollevò un altro dito «È che Tarnlandia
stia sul cazzo anche a lui che l’ha creata,
il che sarebbe normalissimo. Se esistessero prove di
quest’ultima cosa potremmo
sganciarle come una bomba, Megatron farebbe ciao, i Decepticon si
disgregherebbero e, con un po’di fortuna, lo schizzato numero
uno di Tarnlandia
si ammazzerebbe da solo proprio per aver scoperto che il suo unico vero
dio gli
avrebbe sputato addosso volentieri: un sogno. A essere onesto mi chiedo
come
sia possibile che una persona con la forza e le abilità che
possiede-»
«Frollo.
Chiamiamolo Frollo, quello del Gobbo di Notre Dame della Disney, ruolo
e
fanatismo sono più o meno quelli. "Tarn cheee dai vizi il cosmo
voleva ripuliiiiir"...».
«"E vedeva il male in ogni cosa!...
tranne che in lui". andata. Dicevo, mi chiedo
come sia possibile che uno con la
forza e le abilità che, purtroppo devo ammetterlo, Frollo
possiede, dovrebbe
mettersi a venerare qualcun altro».
Pizzicando le
corde del banjo Bustin capì di essere riuscito
ad accordarlo in modo decente, dunque smise e sollevò lo
sguardo su Spectrus.
«Essendo stato oggetto di culto anche fino a una decina di
giorni fa ti posso dire
che la risposta è un insieme di quattro cose: disperazione,
solitudine, vuoto e
poi gratitudine. Nessuna persona che non sia sola, vuota e disperata
finirebbe
in mezzo a certe cose. L’oggetto di culto diventa tutto
ciò a cui può
aggrapparsi… e una persona arrivata tanto in basso
è così grata
di avere un “qualcosa” a dare un senso alla sua
vita da non
poter fare altro che venerarlo. Immagino che tutto questo ti suoni
assurdo
perché non è roba da te, ma è
così».
«Confermo,
mi suona assurdo, ma immagino che l’emissario di
Xibalba elommim o come si chiamava quel culto in cui eri finito
invischiato in
Messico possa saperne di più».
«Si
dice “elohim”, Specter» lo corresse
Bustin, per poi
schiarirsi la voce e iniziare a suonare «“Hey
folks-”»
«Preferirei
che mi spaccassi quel coso in testa piuttosto che
sentirti cantare “The Whole Being Dead Thing”
un’altra volta!» esclamò
Spectrus.
«Come
vuoi» annuì il minicon, del tutto tranquillo.
L’azione
con cui sbatté il banjo in testa al cybertroniano,
frantumando così lo strumento in migliaia di schegge, fu
talmente fulminea che
il rumore giunse quasi prima del colpo stesso.
«MA CHE CA-»
Bustin fece
spallucce. «Sei tu che me l’hai chiesto! E
comunque stavo scaldando la scatola vocale, non stavo cantando la
canzone a t- Specter, tu sai che
quel Funko Pop di
Dumbo gold costa oltre duemilacinquecento dollari e ce ne sono poco
più di
venti in tutto il mondo?»
«Ah
davvero? Allora sarebbe proprio un peccato se lo lanciassi
fuori dall’astronave» ribatté Spectrus,
prontissimo a liberarsi del Funko con
relativa scatola.
«Ho
già rotto il mio banjo per colpa tua, buttare via un
Funko raro non è necessario! Soprattutto considerando che
Optimus Prime sta
cercando di contattarci. Che faccio, accetto la chiamata?»
«Alla
buonora. Aspettavo un contatto da quando mi avevi
detto che Darkmount era stata buttata giù» disse
Specter, rimettendo a posto il
Funko.
«Ora
che c’è Tarnlandia in giro dovrai cambiare i
piani.
Prima volevi usare il mio pubblico» alias Smokescreen
«Come una specie di
assicurazione e usare Ultra Magnus con la sua nave per fare
più danni possibili
prima che Prime gli facesse capire di essere dalla parte sbagliata, se ci fosse riuscito prima che uno dei
due fosse terminato. Adesso invece?»
«Adesso
bisogna creare le condizioni perché muoia, o
comunque venga danneggiata, più gente possibile nel minor
tempo possibile.
L’obiettivo principale è sempre questo e, mentre
tu facevi il messicano con la
tua ex fidanzata, io ho avuto un paio d’idee. Smokescreen
è diventato un
discorso a parte ma di quello mi sono già occupato. Accetta
la chiamata e resta
fuori campo, non credo che loro sappiano ancora di te».
«Sono
già fuori campo».
«Benissimo».
Gli Autobot
rimasti ancora in vita dopo tutti i fatti
dell’ultimo periodo -eccetto Ratchet- comparvero sullo
schermo principale della
Jackhammer, tutti con espressioni che definire poco allegre era un
eufemismo. Dietro
di loro si vedeva una foresta, segno che stavano intelligentemente
chiamando da
un ambiente aperto che di sicuro non era la loro base attuale.
– Spe- –
«Noto
che hai fatto buon uso della Forgia, Prime, diventare
un po’più alto e un po’più
volante aveva sicuramente più importanza rispetto a
riparare qualcosa che poteva salvare il pianeta e che tu stesso, poco
più di
venti giorni fa, hai distrutto. Poi mi domandano perché non
ti ho mai veramente
visto come il mio capo. E comunque buongiorno anche a te».
– Non l’hai mai visto
veramente come tuo superiore perché non sei mai stato un
vero Autobot e perché
sei talmente preso da te stesso che non sarai mai in grado di riconosc-
–
«Buongiorno
anche a te, Arcee. Sei sempre abile a dare
risposte alle domande che nessuno ha posto, peccato che anche questa
sia
un’ulteriore dimostrazione della tua inutilità in
qualsiasi cosa al di fuori
della cuccetta. A tal proposito, Prime, se hai chiamato per chiedere
consigli a
riguardo sono tutt’orecchi. Si chiama solidarietà
tra mech, sbaglio? Un
consiglio te lo do subito: attento alla sfiga che porta. Io
l’ho scampata, ma
Tailgate e Cliffjumper-»
– Quando ti metto le
mani addosso ti strappo la Scintilla e te la faccio ingoiare, TESTA DI-
–
– Non fare il suo
gioco – disse Optimus, cercando di mantenere la
calma nonostante i suoi
sensori ottici fossero pieni di furia a stento contenuta e posando una
mano su
una spalla della femme Autobot – Specter,
voglio che lasci andare immediatamente Smokescreen.
–
«"Immediatamente"?
Significherebbe lanciarlo giù
dall’astronave, ma se vuoi così per me va
benissimo».
– Sai benissimo che
non è quello che intendo. Questo non è un gioco,
non c’è niente di divertente.
–
«Come
vuoi. Assodato che ovviamente non intendo lasciar
andare Smokescreen e che non riesci a rintracciare la mia posizione,
perché in
caso contrario staremmo parlando più da vicino, mi chiedo
cosa tu possa mai volere da me. Faccio notare che in tutto questo ho
sentito una richiesta fatta pur sapendo già in partenza
che avresti ricevuto un no, ma nemmeno un “voglio vedere come
sta il mio
soldato”» disse, come soppesando la cosa
«Fossi in voi che gli state attorno mi
farei due domande, siete ancora in tempo per lasciar andare il peso
morto e
passare dalla parte giusta».
– Con che
coraggio cerchi ancora di gettare fango
su Optimus Prime e farci passare dalla tua parte dopo che anche
Wheeljack è
rinsavito abbastanza da mandarti all’Inferno?!
– sbottò Bulkhead – Facci
vedere come sta Smokescreen, lascialo
andare e forse ti demolirò solo metà corpo!
–
«Metà
corpo! Come quello che la Decepticon Justice Division,
della cui presenza sapevate già a giudicare dalla mancanza
di reazioni, ha
triturato a Wheeljack prima di smembrarlo e appiccicarlo contro una
montagna
come se fosse un poster o un monumento all’incoerenza
assoluta. Se fosse
rimasto con me non si sarebbe trovato nel posto sbagliato al momento
sbagliato.
Immagino che mentre Tarn gli strappava il T-Cog abbia rimpianto di non
essere stato
col sottoscritto e ben lontano da lì».
– Stai mentendo, è
solo una delle tue sporche bugie! –
ringhiò il demolitore, con aria scioccata, arrabbiata e
terribilmente preoccupata, rifiutandosi di
credere che potesse essere vero.
«Effettivamente
hai ragione! Wheeljack sta benissimo, sta
saltellando nel deserto come una capretta felice e sta cercando
disperatamente
il suo migliore amico per riunirsi alla vostra squadra dopo un
commovente
abbraccio di gruppo, qualche lacrimuccia e dondolamento di mignoli
intrecciati
canticchiando “accidenti al diavoletto che ci ha fatto
litigar”. No, Bulkhead:
il tuo amichetto è morto» rincarò la
dose Spectrus «E lo ha fatto tra atroci
sofferenze, dovresti conoscere i soggetti. In un certo senso
è un peccato, era
incoerente ma abbastanza sveglio da riconoscere che vi state facendo
“guidare”
da qualcuno che invece non dovrebbe guidare nemmeno un triciclo, pace
all’anima
sua».
Dopo
ciò Optimus fu costretto a dire a Bumblebee di portare
via Bulkhead, che aveva iniziato a urlare insultare a ripetizione contro uno
Spectrus
al quale tutto quel teatrino, molto probabilmente, faceva solo piacere.
In
video rimasero dunque solo Optimus e Arcee.
– Non so come tu sia
potuto peggiorare ulteriormente nell’ultimo periodo, eppure
ci sei riuscito. Spectrus
Specter, sei diventato peggiore del peggiore tra i Decepticon
– disse
Optimus Prime – E non resterai
impunito
per quello che stai facendo. Ora fammi parlare con Smokescreen! –
«Credo
che quello che volevi dire fosse “Dammi le coordinate
del cadavere, così che possa dare una degna sepoltura a chi
mi ha portato la
Forgia e ha fatto sì che io fossi qui”. Oggi non
ne azzecchi una, Optimus! D’accordo,
visto che “insisti così tanto” vado a
prendere il ragazzino. Non aspettarti
chissà quali chiacchiere, la sua scatola vocale non glielo
permette al momento».
Spectrus si
alzò e andò in direzione dello sgabuzzino senza
aspettare risposta. Quando aprì la porta vide che
c’era Bustin vicino a
Smokescreen -seduto contro il muro- ma non ci fece troppo caso.
«I
tuoi amici, dopo un paio di imbeccate, hanno chiesto come
stai. Quindi ora farai una comparsata in video»
annunciò Spectrus rivolto alla ex
guardia d’elite «E mi raccomando, sorridi e
annuisci».
«Non
credo che possa farlo al momento» disse Bustin.
«Motivo?»
Il minicon
diede una spintarella a Smokescreen, che scivolò
verso destra e poi cadde di faccia, inerte come un sacco di cubetti di
energon.
«Ah»
commentò Specter «Eppure la dose di sedativo non
doveva
essere mortale».
«Infatti
è ancora vivo, solo che anche prenderlo a schiaffi
non serve per farlo riprendere».
«Il
taser?»
Bustin scosse
la testa. «Nemmeno. Dubito che si sveglierà
prima di domani o dopodomani, il che è un problema dato che
sembra morto e
invece dovresti mostrare a Optimus che è vivo e, nei limiti
del possibile, in
salute».
«In
caso contrario non avrà problemi ad attaccare subito la
Jackammer a piena potenza quando ce lo troveremo davanti. Lo
so» disse
Spectrus.
Dopo una
brevissima riflessione, si scambiarono un’occhiata
indicandosi a vicenda.
«Piano Bernie!»
esclamarono in perfetta sincronia.
«Io
lo tiro su muovendolo e muovendomi come se si stesse
divincolando, tu appiccicati dietro a lui per tenergli dritta la testa
e
muoverla, e già che ci sei mugugna un po’. Ho
detto a Prime della scatola
vocale rotta, non si aspetta che il “morto”
parli» disse Spectrus, tirando su
Smokescreen.
Bustin
volò in posizione e mosse la testa di Smokescreen
facendola ondeggiare come se il povero disgraziato stesse ascoltando
della
musica. «E tu “Weekend con il morto” non
volevi guardarlo nemmeno! Invece
serviva, visto?»
Spectrus non
gli rispose, tornando invece davanti allo
schermo mentre fingeva che Smokescreen gli stesse cercando di rendergli
arduo
trattenerlo. «È inutile che ti agiti, non
riusciresti a liberarti neanche in un
milione di anni».
– Smokescreen! –
esclamò Optimus – Riesci
a sentirmi?!
–
«M-mmmh!»
rispose Bustin, facendo annuire Smokescreen.
«Sta’
fermo, ti ho già detto che agitarti è inutile!
Ragazzino
testardo» disse Spectrus, stringendo la presa
sull’Autobot «Mi costringerai a
darti un sedativo, se continui».
–
Non ci provare
neanche! Ti libereremo, Smokescreen, ti salveremo, te lo prometto!
– tornò
a farsi sentire Arcee – Cerca di
resistere! –
Bustin fece
sollevare la testa di Smokescreen verso lo
schermo in quella che doveva sembrare una manifestazione di speranza.
«M-mmh-mh!»
«Avete
avuto tempo a sufficienza per salutarvi, direi che
basta così» concluse Spectrus.
– Solo per ora. Il
tempo di localizzarti e ci riprenderemo non solo Smokescreen, ma anche
Ultra
Magnus – affermò Optimus – Non credo
affatto che sia dalla tua parte e sappia cos’hai fatto.
Capirà presto che l’hai
ingannato e a quel punto sarai da solo contro tutti. Non
sarà piacevole, e
anche così non servirà a ripagare neanche la
metà dei danni che hai causato.
–
«Che
non sono all’altezza dell’aver condannato un
pianeta a restare morto, per ora in quanto a danni riesci perfino a
superarmi. A presto, Prime…
e mi raccomando, ricordati i riti antisfiga pre e post
connessione!»
Interruppe la
chiamata prima che l’insulto di Arcee lo
raggiungesse del tutto e, fatto ciò, mise a terra
Smokescreen.
Bustin
abbandonò la sua posizione e si mise a svolazzare intorno
a Spectrus. «Perché gli hai dato tanto sedativo
ieri sera?»
«Ti
spiegherò più tardi. Ora dobbiamo metterci a
pensare a
un terreno di cui poter usare a nostro vantaggio la conformazione
quando
permetteremo agli Autobot di trovare i segnali della Iron Will, con
ciò che
seguirà, e ai Decepticon di arrivare lì di
conseguenza. Te l’avevo detto di
aver avuto un paio di idee».
«Dunque
era di questo che parlavi prima».
«Prima
o poi incontri e scontri ci sarebbero stati in ogni
caso, è meglio essere noi a decidere quando, piuttosto che farseli sbattere in
faccia.
Rimettiamo a posto Bernie, va’».
Note:
Bernie Lomax
è il morto del film “Weekend con il
morto”
(titolo originale: “Weekend at
Bernie’s”). Per farvela molto breve: i
protagonisti del film, temendo di finire nei guai, sono un
po’ “costretti” a
trascinarsi dietro il morto e cercare di muoverlo come se fosse vivo (o
almeno
provare a farlo). Come film è surreale ma lo consiglio
:’D
Grazie a chi
ha letto fin qui e/o mi ha fatto sapere cosa
pensava del tutto :) alla prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 11 *** 11- Chiacchiere ***
11
(Chiacchiere)
–
Devi
tornare qui e basta,
il tuo comportamento era già totalmente irrazionale quando
credevi che Spectrus
fosse offline…
–
Rannicchiata
contro una “parete”
metallica costituita dai resti della mezza astronave con cui era
precipitata
sulla Terra, Spectra era intenta ad ascoltare il messaggio di Soundwave
per la
decima volta.
Decima
o forse ventesima, non sapeva
più dirlo e in ogni caso non faceva molta differenza.
–
Ma
adesso sappiamo che non è così, quindi non hai
motivi per non tornare. Non
risolverai niente stando in compagnia di un disertore, è
tutto tranne che tuo
amico e finirai solo col rovinarti più di quanto tutto quel
che è successo
abbia già fatto. –
–
Finirai
solo col rovinarti più di quanto tutto quel che è
successo abbia già fatto-
–
–
Finirai
solo col rovinarti- –
–
Rovinarti-
–
–
Rovinarti-
–
–
Rovinarti-
–
«Spectra,
smettila di riascoltarlo,
questo è masochismo!» esclamò
Dreadwing, per nulla intenzionato a lasciare che
i pochi miglioramenti che c’erano stati finissero
giù per lo scarico a causa di
un messaggio arrivato con un pessimo tempismo.
Era
successo poco dopo che lui aveva
avuto l’idea di cercare un riparo temporaneo nei resti di
quell’astronave, che
si trovavano in un posto isolato e lui sapeva non essere mai stati
rimossi.
Incastrato tra le macerie Spectra era persino riuscita a ritrovare il
datapad
personale, decisamente ammaccato ma ancora funzionante, che aveva perso
il
giorno dell’incidente. Spectra l’aveva considerata
una buona notizia, e
Dreadwing ne era stato felice perché lei aveva decisamente bisogno di buone notizie,
specie in previsione di una
difficile conversazione riguardo quel che era successo con Starscream;
peccato
che poi lei avesse notato l’arrivo di un messaggio di
Soundwave, con tutto ciò
che era conseguito, incluso il fatto che Spectra, dopo aver ripetuto
che forse
per lui sarebbe stato meglio andare ognuno per la propria strada, si
era chiusa
nel silenzio da ore -proprio lei che fino a un mese prima aveva sempre
qualcosa
di cui parlare o delle domande da fare.
Più
di una volta Dreadwing aveva
pensato che Soundwave fosse dannoso per la sua compagna, anche se non
del tutto
di proposito, e quella per lui era un’altra conferma.
«So
che è difficile ma non devi
badare a quel che ha detto, perché è tutto
sbagliato» continuò Dreadwing «Parla
in quel modo solo perché ce l’ha con tutti e due
e- NO, non ripetermi
un’altra volta di andare ognuno per la sua
strada, perché dopo quel che è successo ieri e
dopo aver visto chi c’è ora
sulla Terra sono ancora meno propenso a farlo. Forse quel pazzo sadico
completo»
ovvero Tarn «Non vuole farti del male ma già solo
l’idea che tu sia in qualche
modo nei suoi radar è allarmante».
«Più
che “pazzo sadico completo” io
lo considero “particolare”» disse
Spectra, tornando finalmente a far sentire la
sua voce «Se fosse davvero un pazzo sadico completo credo che
sarei andata
offline prima di diventare adulta. Per quel che ricordo sono stata
trattata con
rispetto e con pazienza per la maggioranza del tempo…
più che altro sono
stupita che mi ricordi».
«Parole
tanto gentili nei confronti
suoi e del suo gruppo possono venire solo da te»
commentò il jetformer, meno
stupito del dovuto avendo imparato a conoscerla
«Però ti chiedo di tenere bene
a mente il fatto che la DJD resta pericolosa».
«Come
parte del messaggio di
Soundwave resta vera».
«Di
certo non quella in cui sono
“tutto tranne che tuo amico”».
«Quella
è una delle parti sbagliate. Più
di una volta posso aver dato la mia fiducia a chi non avrei dovuto ma
non per
questo smetterò di darne a chi non mi ha fatto niente di
male. Nel tuo caso poi
mi fido sempre e comunque» affermò Spectra, con
una sicurezza che soprattutto
in quell’ultimo periodo era del tutto mancata, andando a
stringere la mano
destra di Dreadwing «Anche se venisse giù Primus
in persona a dirmi che non
devo. Mi spiace per le ore che ho passato zitta».
Il
Decepticon strinse leggermente le
dita. «Dovresti cercare di non scusarti per qualunque cosa. E
per quanto
riguarda Soundwave…»
«Ce
l’ha con tutti e due ma è ovvio
che sia così. Sono sua moglie e non sono con lui, quindi
è arrabbiato e
preoccupato, lo so, e giuro che mi dispiace per questo» disse
la femme «Però
non riesce a capire il problema, perché per lui il problema
non esiste, sono
solo io che non torno e che sono diventata una
“rovinata”. Quest’ultima cosa
è
una delle parti giuste del messaggio, perché di sicuro mi ci
sento».
Dreadwing, molto serio in volto, si sedette davanti a lei.
«Questo l’avevo capito. Però sappi che
nonostante tutto non ti vedo
“rovinata”».
«Dreadwing, io prima d’ora non avevo mai desiderato
la morte
di qualcuno. Se questa non è una
“rovinatura” non so cosa possa esserlo»
disse
Spectra, cupa.
«Prima d’ora non avevi incontrato la persona
responsabile
del massacro della tua famiglia, che ti ha fatto del male e che ha
cercato di
fartene ancora di più e per ben due volte»
replicò il mech.
«A me però non piace provare queste cose! Cerco di
dirmi che
sono inutili, che fanno più male a me che a lui, e tutto il
resto… non voglio
cercare altra vendetta nei confronti di Starscream.Voglio solo evitare
di avere
a che fare con lui, quel che volevo dirgli gliel’ho detto e
l’ho anche ferito.
Però più cerco di
“schiacciare” queste cose che provo, più
si fanno sentire… e
più lo fanno, più temo che potrei finire a fare
del male a tutti come fa Spectrus.
Non so cosa dovrei fare» concluse Spectra, passandosi una
mano sul viso che
mostrava effettivamente un’espressione spaventata
«So che mi hai detto che non
dovrei avere questa paura, però dopo quel che è
successo, quel che ho sentito
nel messaggio e quel che ho provato io, ne ho più di prima.
Ne ho tanta».
Dreadwing aveva temuto che i pensieri dietro le ore di
silenzio potessero essere stati quelli, però si
sentì sollevato del fatto che
lei avesse deciso di parlargliene. Si fidava di lui, glielo aveva
detto. Non
poté fare a meno di pensare che lui, al posto suo, avrebbe
smesso di fidarsi
delle altre persone per molto meno.
«Probabilmente pensi che io sia un po’di parte,
Spectra, ma
se sono sicuro di una cosa è che non puoi finire come lui.
Forse si ha
controllo solo fino a un certo punto su come ci si sente, ma si ha un
controllo
totale di come si agisce o reagisce. Spectrus avrebbe ucciso
Starscream, io
stesso qualche tempo fa l’avrei ucciso» e se si
trovava lì con lei, infatti,
era anche per quella ragione «Tu invece, pur avendo la
possibilità concreta di
farlo, hai scelto di limitarti a renderlo inoffensivo. Lo odi ma hai
scelto di
non uccidere, proprio come hai sempre fatto in passato quando ti sei
difesa. Per
questo non ti vedo rovinata, la tua natura è rimasta la
stessa. Provare odio
per chi ci fa del male è normale, odiare Starscream quindi
non ti rende
malvagia, ti rende normale» affermò Dreadwing
«E comunque resti sempre troppo
gentile per già solo per aver definito Tarn
“particolare”».
«Io ho sempre considerato l’odio come qualcosa di
negativo e
basta. Non avevo mai pensato che potesse davvero essere una cosa
normale».
“E tantomeno che potesse essere normale per me. Sono la
stessa persona che non vuole morto il fratello che ha tentato di
terminarla”
pensò Spectra “Che poi è stato quel che
ha fatto venire fuori i problemi con
Soundwave”.
«La normalità ha lati negativi con cui devi venire
a patti
anche tu. E non solo tu».
«Non solo io… già… da come
parla non sono sicura che
Soundwave sia interessato a una me “normale”. Si
è innamorato e ha sposato
qualcuno di un po’diverso, quindi si aspettava qualcosa di
diverso. Io credo di
poterlo capire almeno in questo, perché se non sono con lui
adesso è per un
motivo simile. A volte…» aggiunse, facendo
visibilmente fatica «A volte quando
penso a tutto questo mi chiedo se… mi sento in colpa anche
solo a dirlo, perché
fino a poco tempo fa speravo tantissimo di trovare un compagno di vita,
però…
forse con il matrimonio abbiamo affrettato un po’le cose,
perché forse tutto
questo avremmo potuto aspettarcelo se ci fossimo conosciuti un pochino
meglio».
Le era sembrato di vivere una delle sue fiabe: l’amore
tormentato, l’amore ricambiato, il rivale sconfitto, mancava
solo il “per
sempre felici e contenti” che aveva davvero creduto di poter
ottenere sposando
il suo “principe” da poco conosciuto proprio come
voleva la tradizione.
Peccato che non si trovasse in una fiaba, nessuno di loro si
trovava in una fiaba, ormai perfino lei era arrivata a capirlo, e pur
non
avendo smesso di provare dei sentimenti per suo marito si era resa
conto che
andare tanto veloci non era stata una buona idea.
«Non credevo che ti avrei sentita dirlo in modo
così
diretto» ammise Dreadwing, con espressione un po’
stupita «E non posso nemmeno
dire che sia insensato, perché è
tutt’altro. Dunque cosa intendi fare con lui
adesso?»
«Innanzitutto credo che dovrei parlargli di persona, ora me
la sento abbastanza» disse Spectra «Ma ho paura che
cercherebbe di riportarmi
nella Nemesis e basta senza ascoltarmi, e non intendo assolutamente
finire ad
alzare le mani su di lui un’altra volta. Più di un
graffio non riuscirei a
fargli ma il punto è il gesto, non il danno».
«A impedirgli di portarti via con la forza posso pensare
io»
si offrì il Decepticon, che però la vide scuotere
la testa in un cenno di
diniego «Perché?»
«Non vi metterete a fare a botte per colpa mia, tra voi due
è già abbastanza un disastro adesso.
Troverò un modo… magari se riesco a
chiamarlo e fargli promettere di comportarsi bene potremmo…
non so, forse
risolvere tutto in una volta sarebbe troppa grazia, ma almeno potremmo
provare
a capirci un po’, ecco. Spero. Se così non
fosse…»
Non era in grado di concludere la frase.
Non aveva idee, non aveva alcuna prospettiva futura al di là
dell’essere la moglie di Soundwave, era in fuga, non aveva
una casa e non
sapeva nemmeno dove e come avrebbe potuto trovarne una. Prima della
possibilità
di averla nella Nemesis, la sua “casa” era sempre
stata Spectrus,
indipendentemente dall’astronave o dal luogo in cui si erano
trovati. Quelli
non erano mai stati importanti, era stata in grado di soprassedere a
tante cose
convinta che ne valesse la pena e che ne sarebbe sempre valsa. Sarebbe
andato
sempre tutto bene finché avesse potuto restargli vicino e
cercare di ripagare
il debito enorme che aveva sempre sentito di avere nei suoi confronti,
per
quanto tempo lo aveva pensato! Ma non era più
così, anzi, peggio: non lo era
mai stato per davvero.
«Se così non fosse potremmo andare via».
Sentendo quelle parole, Spectra guardò Dreadwing con aria
sorpresa. «Via?»
«Dalla Terra. Ho degli shanix da parte»
“Se Soundwave non me
li ha già portati tutti via dal conto”
pensò l’ex secondo in comando «Ci sono
colonie e città-Stato in cui potremmo andare, luoghi dove
non ci sono grossi
problemi. Potremmo trovare un posto dove vivere e un lavoro».
«Dreadwing-»
«Tu potresti… non saprei, hai mai pensato a cosa
vorresti
fare se potessi scegliere?»
Spectra fece un sorriso un po’malinconico. «Quando
ci pensavo non andavo molto più in là
dall’immaginarmi con un marito e almeno cinque
figli…»
«Cinque!»
esclamò Dreadwing.
«Così avrebbero
avuto sempre compagnia» spiegò la femme
«Però per come mi sento adesso non
credo che riuscirei a essere una mamma brava quanto servirebbe. Sono un
disastro. E comunque se con Soundwave dovesse davvero finire non credo
che mi
metterei a cercare un nuovo compagno tanto presto, penso che tra le mie
priorità
questa cosa si troverebbe in fondo o quasi, dunque tutto questo
è da escludere.
Pensandoci… forse mi metterei a vendere dolci. E farli. Di
solito piacciono»
disse, e il sorriso divenne più aperto e meno triste
«E tu?»
«Mh?»
«Tu cosa faresti
lì?»
«Credo che cercherei
un lavoro nella sicurezza. Ci sarà pure qualche posto,
qualche azienda» ipotizzò
il Decepticon «Forse mi farebbero partire dal basso ma sono
sicuro che in poco
tempo diventerei capo di una squadra, poi capo della sicurezza intera.
So come si
coordinano i gruppi di persone e sono in grado di prendermi
responsabilità.
Sono stato l’unico secondo in comando di cui Lo…
di cui Megatron non potesse
lamentarsi».
«Vero»
concordò
Spectra «Però mi chiedo se staresti davvero bene
così».
Dreadwing rimase in
silenzio per qualche secondo. «Non capisco».
«Quel che vorrei io
è solo stare in pace, quindi il resto è di
contorno. Per te però è diverso»
disse la giovane «Dreadwing, tu sei un militare, tu sei un
Decepticon, avevi un
ruolo importante e ci stavi bene. “Se potessi
scegliere”, come hai detto tu a
me, sceglieresti davvero di fare quello che hai detto? Se Starscream
non ci
fosse più e potessi a rimettere a posto le cose con Lord
Megatron, che ti ha già
proposto di tornare nella Nemesis,
sceglieresti lo stesso un lavoro qualunque in una colonia qualunque?
È davvero
quello che vuoi o se saresti disposto a farlo è
per… per me?»
Non c’era niente di
scabroso in due persone che parlavano, sedute una davanti
all’altra, mentre
erano nascoste all’interno di ciò che restava
della metà di un’astronave, eppure
guardando i due fuggitivi si sarebbe avvertita una certa
“intimità”, a livello
spirituale, che prima della domanda di Spectra non si era ancora creata.
«Nessuno dovrebbe
fare qualcosa solo per fare contento qualcun altro»
continuò lei «Pensando a quel
che facevo per Spectrus direi che l’ho imparato perfino io.
Stai già facendo
fin troppo per me, ti sei esposto per me, per il futuro devi pensare
seriamente
anche a quel che vorresti tu, non
solo a farmi stare tranquilla».
Uno strano miscuglio
di emozioni si fece strada nel Decepticon, il cui sguardo rossastro
dopo la
sorpresa iniziale si ammorbidì. Teneva a lei, le aveva
parlato del proprio
fratello, della propria rabbia per il tradimento che riteneva di aver
subito da
Megatron e l’aveva sempre rispettata ma fino a quel momento
l’aveva vista più
come una persona della quale occuparsi -complici anche i problemi che
stava
avendo- che come qualcuno davvero suo “pari”. Era
caduto nello stesso errore in
cui cadevano praticamente tutti quanti nell’avere a che fare
con Spectra, ossia
sottovalutarla, ma scoprire di essersi sbagliato lo faceva sentire
tutt’altro
che infelice.
«Dovrei occuparmi io
di te, non il contrario».
«L’hai fatto finora,
se ci riesco voglio ricambiare» sorrise lei.
Dreadwing fece per
dire qualcosa ma venne interrotto dal suono deciso del datapad di
Spectra.
Entrambi si ritrovarono a guardarne lo schermo pochi istanti dopo.
«“Festa per il
diciottesimo vorn di Stiria Shaula - conferma partecipazione
Sì/No - questo è
un messaggio automatico”» lesse la femme
«Questo non me l’aspettavo, anche
perché non mi aveva mai chiesto di darle il mio
contatto…»
«Non ricordo di
averti mai sentito nominare questa persona ma il nome non mi
è nuovo» commentò
Dreadwing, mentre faceva mente locale «Aspetta… la
femme a capo di quel posto strano
nella costellazione dello
Scorpionokor si chiama così, se non erro».
«A capo di Pettinathia,
sì» annuì Spectra.
«Conosco di fama
quel posto e il nome della femme in questione perché qualche
tempo fa c’era
stato il sospetto che avesse voglia di espandersi»
spiegò Dreadwing « Ci sono
un paio di colonie Decepticon appena fuori dalla parte nord dello
Scorpionokor.
È successo poco prima che io arrivassi qui, quando ero
ancora responsabile dei
quadranti stellari lì vicino. I sospetti però
erano sbagliati, non ci sono
stati attacchi né sabotaggi, dunque ognuno è
rimasto nel suo».
«Non avevo idea di
questa cosa».
«Non potevi averne.
E dopo la DJD ho quasi paura a chiederti come e perché la
conosci, anche se di
sicuro non è peggio di loro».
Era una fortuna che
la Decepticon Justice Division non fosse presente e non avesse potuto
sentire
quel che aveva detto, perché avrebbero avuto tutti da
ridire… ma lui non poteva
saperlo.
***
“Come
immaginavo. Non promette bene”
pensò Nickel, sentendo le note dell’Empyrean Suite
provenire dai quartieri di
Tarn.
Aveva
deciso di raggiungerlo perché,
nonostante il colloquio con Megatron fosse durato parecchio, tutto quel
che il
loro comandante aveva riportato era stato il permesso di utilizzare il
Ponte
Terrestre dei Decepticon e l’elenco preciso di persone da
uccidere, aggiungendo
che -su desiderio di Megatron stesso- nel corso della missione
avrebbero dato
una priorità particolare a Spectrus Specter.
Aveva
detto quel di pratico c’era da
dire e per gli altri era stato sufficiente, ma non per Nickel. Secondo
lei Tarn
aveva parlato in modo un po’troppo neutro perché
quel che aveva detto fosse davvero
tutto, dunque aveva pensato che
fosse meglio cercare di far sì che se voleva potesse
parlarne con qualcuno,
anche solo un paio di frasi com’era successo pochi giorni
prima, dopo la…
“disavventura” nello Scorpione.
Cercare
di far sì che il comandante
della squadra restasse stabile quanto più possibile era
nell’interesse di tutti
e, al di là di questo, provare a dargli una mano era il
minimo che potesse fare
considerando quant’era stato comprensivo riguardo la faccenda
di Bustin: era
stata una conversazione difficile ma la punizione ricevuta era stata
“solo” il
raddoppio dei turni di pulizie. Essendosi resa conto di quanto fosse
stata
grande l’idiozia fatta, Nickel si era convinta che avrebbe
meritato ben di
peggio.
“Meglio
non pensare a quel
grandissimo stronzo adesso” si intimò, riferendosi
a Bustin.
Giunta
davanti alla porta notò subito
che era stata lasciata socchiusa. Non era casuale, proprio come non lo
era
stato qualche giorno prima quando lei l’aveva raggiunto:
evidentemente sapeva
che l’avrebbe fatto, e per l’appunto non
mostrò la minima sorpresa quando la
vide entrare. Anche il cubo di energon per lei era già al
suo posto sul tavolo.
«Dunque…»
esordì la minicon «Specter
maschio deve aver combinato abbastanza danni perché la
conversazione con Lord
Megatron sia stata così lunga».
«È
stato fonte di notevoli grattacapi
per Lord Megatron, sì» confermò Tarn,
con lo stesso tono neutro che aveva
utilizzato prima «Ha seriamente danneggiato la Nemesis, ha
messo del Tox-En nei
condotti di aerazione, ha trafugato reliquie come quella che abbiamo
trovato e
restituito a Lord Megatron e ha liberato prigionieri Autobot, questo
solo nel
primo mese da quando è arrivato qui; più di
recente invece ha contribuito
ampiamente alla distruzione della fortezza
“Darkmount” col cannone a fusione
della stessa E mediante
l’uso di una
droga importata dal quel
posto» alias
Pettinathia, città-Stato ora conosciuta nella Peaceful
Tiranny anche come “Là”
e “Lì” «Ha anche cercato di
uccidere Soundwave due volte, purtroppo senza che
si terminassero a vicenda…»
“Terminarsi
a vicenda? Questa mi è
nuova” pensò Nickel, aggrottando la fronte e
decidendo di lasciarlo continuare.
«Sebbene…
sì, naturalmente è molto
meglio per la Causa che Soundwave sia ancora online, è un
Decepticon di
comprovatissima lealtà e competenza, dunque ce ne
rallegriamo tutti quanti.
Evviva. Stavo dicendo? Ah, sì. Spectrus Specter ha cercato
di terminare
Soundwave e, come se questo e tutto il resto non fosse sufficiente, ha
cercato
di terminare la sorella-»
«Cosa?!»
si stupì Nickel, stavolta
incapace di restare in silenzio.
«Dopo
averla usata per vorn e vorn
nel proprio lavoro» continuò Tarn, parlando forse
più a se stesso che a Nickel
«Usarla e terminarla quando lei, davanti a una reale
possibilità di farlo, ha scelto
i Decepticon: l’ha rapita per questo, l’ha portata
via dalla nostra astronave
per… questo».
A
Nickel parve di vedere le luci
tremolare per un brevissimo istante, come se fosse servita
un’ulteriore
conferma dello stato d’animo di Tarn in quel momento.
Nonostante questo però
non si sentiva spaventata, perché nulla di tutto
ciò era rivolto a lei.
«Per
il passato non si può fare
molto, per il futuro invece sì» disse quindi
«Tornerà a farci compagnia,
sbaglio?»
«È
più complicato di quanto avessi
previsto fino a ieri, non solo perché al momento
è in fuga e non sappiamo dove
si trovi, ma anche perché nella Nemesis
c’è quello che, burrasca o meno, è
sempre il suo compagno di vita».
«Quindi
la bambina si è sposata? Mi
stupisco sempre di più!» esclamò la
minicon.
«Non
è più una bambina da tempo,
Nickel, è una femme adulta e credo che ormai sia
evidente».
«Aspetta:
che vuol dire che il suo
compagno è nella Nemesis? Quando gli altri mi hanno parlato
del vostro incontro
mi avevano detto… quindi non sta col tizio con cui
è “in fuga” adesso».
«Soundwave
è diventato “Soundwave
Specter”».
«Aaah.
Ecco» commentò Nickel, dopo un
breve attimo di silenzio «Adesso capisco».
Tarn
inizialmente non fece commenti,
tornando a parlare solo dopo aver bevuto un lungo sorso dal cubo di
energon
-energon normale, per fortuna- già arrivato a
metà.
«Spectra
amava il fratello ma è
evidente che la situazione in cui l’aveva messa non la
facesse stare bene. In
caso contrario non avrebbe deciso di staccarsi da
quell’essere sposandosi con
una persona che ai tempi conosceva solo da un mese» disse il
Decepticon «Non è
stata una delle sue idee migliori ma immagino che fosse più
disperata di quanto
si rendesse conto di essere. Nessuno si sposerebbe con un semi
sconosciuto se
non, appunto, per disperazione».
«O
comunque se la voglia di sposarsi
arriva troppo presto può finire solo in un modo:
male!» dichiarò Nickel.
Suo
malgrado ricordava benissimo che
dopo un mese di conoscenza avrebbe sposato Bustin più che
volentieri, tanto che
a quei tempi era arrivata anche a sognare più volte la
cerimonia durante la
ricarica pur essendo tutt’altro che disperata; allo stato
attuale delle cose
però ripensare a questo non faceva altro che farla
arrabbiare di più.
«Le
sole cose positive certe riguardo
Spectra sono che sia su questo pianeta, che sia fisicamente
sana» elencò Tarn
«Che ci abbia salutati con un certo calore, segno che
qualunque cosa possa
averle detto il fratello quando l’ha rapita non ha attecchito
poi così tanto e
che, tralasciando Starscream, abbia scelto di avere a che fare solo con
Decepticon di un certo rango: nonostante… tutto…
a livello di decepticonismo il suo attuale compagno di vita
è tra i primi nella
mia classifica. Anche Dreadwing e il fratello di questi erano in
posizioni
molto alte prima che, rispettivamente, uno fuggisse e l’altro
andasse offline.
Inoltre ha favorevolmente impressionato Lord Megatron»
aggiunse, e la
soddisfazione per la cosa era perfettamente udibile nella sua voce
«Al punto
che Egli ritiene che lei debba avere l’assoluta
facoltà di stare ovunque voglia
adesso e in futuro».
«“Ovunque”
che comprenderebbe anche
questa astronave, se lei volesse, ho capito»
completò il discorso Nickel «Ma
alcuni buoni motivi anti igienici per non volere li vedo appesi a quella parete!»
Il
repentino cambio di argomento
della minicon fece sì che Tarn si voltasse verso la parete
incriminata prima di
rendersi conto che Nickel ce l’aveva con una delle sue
reliquie, alias alcuni
cadaveri di minatori morti a Messatine -che ormai da tempo era il
pianeta che
avevano eletto a loro base- sulle cui viscere erano state incise parti
degli
scritti derivati dall’ingegno di Lord Megatron. Una delle
tante conseguenze
della rivoluzione, nonché un fatto piuttosto macabro nel
quale però la DJD non
c’entrava niente; come e dove il grosso mech viola scuro si
fosse procurato
quei resti -che già possedeva quando era a capo della
prigione Decepticon
chiamata “Grindcore”- era un mistero.
«Spectra
capirebbe perfettamente il
significato di quelle reliquie, ne sono sicuro»
replicò Tarn «E non sono anti
igienici: le parti soggette a decomposizione si sono consumate
moltissimo tempo
fa e, come puoi vedere, non c’è neanche un
briciolo di polvere».
«Spariranno
in ogni caso» dichiarò
Nickel.
«Di
uno si sono davvero perse le
tracce l’ultima volta in cui sono stati rimossi dalla
parete» replicò Tarn, con
un certo biasimo «Non sono riuscito a trovarlo pur avendo
guardato ovun-»
«E
quello che cos’è?!» lo
interruppe Nickel, indicando un punto abbastanza
lontano.
Da
sotto il “letto” Tarn si vedevano
sbucare una mano e parte di un polso, segno che la reliquia perduta non
era
andata a farsi una passeggiatina.
Ovviamente.
La
spiegazione, molto più semplice
era che gli scossoni subiti dall’astronave a causa
dell’attacco informatico di
Bustin avevano smosso il disastro epocale sotto la cuccetta di Tarn,
caos ben
nascosto da un “copriletto” viola assolutamente
privo di pieghe.
«Quindi
era rimasto incastrato lì
sotto tutto il tempo. Mistero risolto» commentò
Tarn «Ammetto che a volte mi
chiedo da dove derivi la tua capacità di trovare
tutto».
«Qualcuno
qui dentro lo deve pur
fare» ribatté la minicon.
Quale
che fosse la risposta che Tarn
avrebbe voluto dare, non ne ebbe il tempo: Lord Megatron si fece
sentire
direttamente nel suo comm-link.
–
Buone
notizie per te e per la tua squadra: sono stati rilevate le posizioni
delle
astronavi Iron Will e Jackhammer. Sai già chi troverete al
loro interno. –
A
ulteriore conferma del fatto che l’ultima
frase di Lord Megatron fosse vera, Tarn scattò subito in
piedi. «Sissignore. Avviso
il resto della squadra e partiamo immediatamente. Che dire»
aggiunse a
comunicazione finita, rivolto a Nickel «Pare che finalmente
potremo fare una
chiacchierata con Spectrus Specter, per giunta a sorpresa…
una concreta
possibilità di archiviare
questa
pratica in così breve tempo, non chiedevo di
meglio».
«Due
paroline a quello stronzo voglio
dirle anche io, insieme a un cacciavite su per lo scarico!»
esclamò Nickel,
memore di quando Spectrus l’aveva messa “a
dormire” per rapire Spectra indisturbato
e le aveva anche posto un masso sopra il corpo.
«Non
sono sicuro che lasciarti venire
con noi sia una buona idea, non per mancanza di fiducia, ma
perché non credo
che tu sia necessaria».
«Specter
e chiunque sia nell’altra
astronave non sono da soli, lo sai. Posso aiutarvi a dare la caccia a
Bustin, posso
seguirlo anche in aria se necessario, e anche lui è tra gli
obiettivi» replicò la
prioniana, risoluta «So di aver fatto un grosso sbaglio a
uscire dall’astronave
senza permesso, dammi la possibilità di cercare di rimediare
e fare qualcosa di
utile per la squadra! Nonostante tutto credo di sapere meglio di voi
come
potrebbe muoversi» insistette Nickel.
«Su
questo può darsi che tu abbia
ragione, però non sono convinto. Potrebbe essere pericoloso
nel caso in cui tu
finisca ad allontanarti, Lord Megatron mi ha anche parlato della
presenza di un
grosso alveare di insecticons, che tra l’altro fa capo ad
Airachnid».
«Tutto
questo ti sembra peggio di
Pettinathia o di quel che abbiamo passato in seguito dalla strega?
Perché se
così fosse guarda che ti sbagli!»
«Non
è peggio» ammise Tarn «Ma lì
non
c’erano di mezzo certe tue vecchie conoscenze».
«Eppure
ti avevo detto di aver visto
la sua illusione, che io credevo essere vera, nei tredici passi. Allora
immagino che aver scelto VOI al
posto
della possibilità di riavere quello che credevo essere lui
non è una prova
sufficiente per te» esclamò la minicon, che aveva
iniziato a tremare di rabbia.
«Nickel-»
«Forse
sapere che ho rinunciato a
riavere indietro Prion, la mia vecchia vita e tutti quelli che
conoscevo ti
aiuterebbe a capire che non lascerò la DJD per il mio ex
fidanzato» continuò
imperterrita la minicon, con le ottiche che avevano iniziato a bruciare
leggermente «Adesso so che forse era
anche quella una bugia, e dico forse
perché quella strega ha manipolato il tempo come le
è parso e piaciuto, ma
mentre ero lì dentro mi sembrava tutto molto concreto.
Eppure sono qui! Non ti
basta?!»
Dopo
qualche attimo di immobilità,
Tarn allungò una mano e la posò sulla sua piccola
spalla. «La mia sola
intenzione era risparmiarti dello stress non necessario. Ho detto a
Lord
Megatron che mi fido di te come di me stesso, simili parole non si
dicono alla
leggera».
Nickel
non rispose, limitandosi a un
breve sospiro. «Posso affrontarlo, quindi vengo con
voi».
Tarn
annuì e, dopo ciò, lui e Nickel
lasciarono la stanza senza aggiungere altro.
Dovevano
esserci anche gli Autobot,
ma di chiacchiere ce ne sono state anche troppe xD di conseguenza loro
si
vedranno nel prossimo capitolo, insieme a quel po’di casino
che tutti noi, io
per prima, ci potremmo aspettare da Spectrus xD
Grazie
a chiunque stia continuando a
seguirmi nonostante i tempi di aggiornamento bislacchi, alla prossima :)
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Capitolo 12 *** 12 - Uno, due, tre, quattro ***
12
(Uno,
due, tre, quattro)
“La
Jakchammer e la Iron Will!” pensò
Ratchet, tracciando le coordinate dei due segnali “Devo
avvertire subito
Optimus!”
Si
lanciò di corsa nei corridoi
dell’hangar per raggiungere quella che Optimus aveva adibito
a stanza
personale, ma appena prima di toccare la porta ricordò una
cosa fondamentale:
nella “stanza personale” di Optimus Prime non
dormiva più solo lui. Come ogni
cybertroniano che avesse una compagna di vita e la fortuna di averla
vicina,
Optimus ora divideva la cuccetta con lei, con Arcee.
“I
tempi in cui avevo il permesso di
irrompere e via sono finiti” sospirò Ratchet,
battendo due colpi contro la
porta.
Optimus
uscì dalla stanza dopo pochi
istanti. «Cosa succede?»
«Abbiamo
i segnali della Iron Will e
della Jackhammer, sono comparsi sullo schermo proprio adesso»
disse rapidamente
il medico «Sono vicini alle montagne, c'è una
gola-»
«Apri
un Ponte Terrestre, avverto
Bumblebee e partiamo immediatamente» replicò il
comandante.
«Cosa
succede?» domandò Arcee,
uscendo a sua volta dalla stanza e affiancandolo.
«Li
abbiamo trovati» rispose Optimus
«Stavo venendo ad avvisarti. Bumblebee, li abbiamo
trovati» aggiunse poi nel
comm-link «Fatti trovare vicino al Ponte».
–
-Sissignore-!
–
«Vengo
anche io, sono pronta» disse
Arcee.
Optimus,
dopo un’occhiata, annuì
brevemente.
Non
era contento troppo all’idea che
la sua compagna lo seguisse, non tanto per la presenza di Spectrus -che
pure
avrebbe dato problemi, ne era sicuro- quanto per l’idea di
trovare sul posto
anche la DJD, dalla quale ogni persona sana di mente avrebbe tenuto
lontani i
propri cari; tuttavia sapeva benissimo che Arcee non gli avrebbe
permesso di
lasciarla indietro, non perché erano sposati. Era
un’Autobot forte e fiera, e
intendeva fare la sua parte come tutti, il che era encomiabile e uno
dei motivi
per cui si era innamorato di lei.
«Quanto
a Bulkhead…» avviò a dire
Ratchet.
Optimus
scosse la testa. «Meglio di
no. La sua forza ci servirebbe ma lui non è lucido in questo
momento. Quando
c’è di mezzo Wheeljack non ragiona bene come al
solito, è sufficiente pensare a
come ha reagito quando Spectrus, chiusa la comunicazione con me, gli ha
inviato
le coordinate del corpo. Avremmo dovuto escludere i suoi tentativi di
contatto dai
nostri
comm-link molto tempo fa» aggiunse poi, con un sospiro
nervoso, mentre si
dirigeva verso il Ponte insieme agli altri.
«Ha
preso ed è partito senza
ascoltare nessuno e senza pensare che poteva benissimo essere una
trappola»
disse Arcee «Anzi, è un miracolo che non lo sia
stata e Bulkhead abbia potuto
seppellire Wheeljack. A dirla tutta non essendoci stato un agguato non
capisco
bene a che pro Spectrus gli abbia dato quelle coordinate».
«Cerca
di mandarlo a morire» affermò Ratchet
con tanta sicurezza quanta freddezza -non verso Arcee, ma verso
quell’idea
«Bulkhead è arrabbiato e in lutto e non fa altro
che dire che vendicherà il suo
amico, il che significa affrontare la Decepticon Justice Division, e
nelle
condizioni in cui si trova il rischio che si infili in una situazione
dalla
quale non potrebbe uscire vivo è enorme.
Spectrus si libererebbe del demolitore che ci è rimasto in
squadra senza
nemmeno sporcarsi le mani».
«È
come sempre un essere spregevole» commentò
Optimus Prime «E io voglio davvero credere che Ultra Magnus
stia con lui solo
perché è stato ingannato».
«Io
invece preferisco non farmi
aspettative» disse Arcee.
Né
Prime né Ratchet replicarono e
quando arrivarono al Ponte trovarono Bumblebee che, come da ordini, li
stava
già aspettando.
«Tu
naturalmente resti alla base»
disse Optimus a Ratchet «Pronto ad aprire il Ponte a ogni
evenienza. Arcee,
Bumblebee, andiamo».
Ratchet
li guardò scomparire nel
Ponte Terrestre, e fece appena in tempo a sperare che tornassero tutti
senza
danni prima di accorgersi che il segnale della Jackhammer era scomparso
dal
monitor.
«Cosa?!»
esclamò l’Autobot, fiondandosi
sul computer principale del sistema «È scomparso!
Com’è possibile?! A meno che…»
Cercando
di contattare Optimus e gli
altri senza riuscirci, completò mentalmente la frase:
“A meno che sia una
trappola nella quale, detta come direbbe un umano, siamo cascati con
tutte le
scarpe”.
***
«Quello…
sì, quello laggiù è Optimus
Prime, non ci sono dubbi!» esclamò Spectrus
«Ma è più alto di come lo
ricordavo. Non è un assetto da volo quello?!»
A
bordo della Iron Will, accanto a
Ultra Magnus, Spectrus stava bellamente fingendo uno stupore che in
realtà non
provava affatto: al di là di aver capito presto
perché Smokescreen fosse andato
a prendere la Forgia, aveva già visto in video la nuova
forma di Optimus Prime.
Ultra Magnus però non doveva saperlo… ancora.
Sapeva
che la sua “copertura” sarebbe
saltata quel giorno stesso, forse non sarebbe durata nemmeno
un’altra mezz’ora,
ma quel che gli importava era cercare di far sì che Optimus
e Ultra Magnus
finissero a litigare tra loro nel momento più sbagliato di
tutti; sfortuna sua
-ma se il piano che aveva studiato fosse andato in porto sarebbe stato
soprattutto “sfortuna loro”, riferito ai suoi ex
colleghi- dopo quel che aveva
combinato a Darkmount riusciva a immaginare colore e posizione del
proprio nome
nella Lista.
«Sì,
direi che lo sia» rispose,
piatto, Ultra Magnus «E considerando il livello di tecnologia
degli esseri
umani, anche al massimo del loro supporto dubito che avrebbero potuto
fare
qualcosa del genere. Tanto più se la base, come mi hai
detto, è stata distrutta
poco tempo fa».
«Prima
ha distrutto l’Omega Lock,
adesso ha usato quel che restava dell’energia della Forgia
per diventare più
grosso e poter volare, e in tutto questo Cybertron, la nostra casa,
è ancora
morto!» esclamò Spectrus, con aria
“sinceramente” indignata «Parlavano tanto
della sua abnegazione e dei suoi principi, ma che razza di
“Prime buono”
sarebbe questo? Con che coraggio si definisce diverso dai Prime di un
tempo, se
per potenziarsi spreca qualcosa che poteva fare il bene di tutti?»
–
Optimus
Prime non pensa alle femme e ai pampiniH! Sono molto indiNNiato!
– disse
Bustin, non tanto forte da farsi sentire da Ultra Magnus, nel comm-link
aperto
di Spectrus –
Quel che dovevo sistemare nella gola
è sistemato, aspetto di fare il
resto e io e la Jackhammer siamo in posizione.–
“Bene”
pensò Spectrus.
«Bada
a come parli» lo riprese
l’altro militare «Optimus Prime è sempre
il nostro comandante».
«Ma
quel che ho detto io è vero, signore,
e lo sa benissimo anche Lei»
replicò Spectrus «Ha toccato il fondo e purtroppo
i nostri compagni non lo
capiscono ancora. Se non facciamo qualcosa ci porterà alla
rovina completa come
ha lasciato in rovina completa anche Cybertron».
Ultra
Magnus era sul punto di
redarguire nuovamente Spectrus, ma Optimus comparve oltre il vetro
dell’astronave. A causa della superficie riflettente non
poteva vederli,
contrariamente a loro.
«Ultra
Magnus, so che sei lì dentro»
esordì il leader degli Autobot «Atterra, dobbiamo
parlare!»
“Questa
è la prova del nove, ora
saprò se i miei discorsi hanno attecchito abbastanza oppure
no” pensò Spectrus,
osservando con attenzione Ultra Magnus.
«Concordo
sul fatto che ci siano
delle cose che vanno chiarite, Optimus» rispose questi dopo
aver attivato il
microfono «Una è il motivo per cui i tuoi soldati
si sono rifiutati di
consegnarsi quando gliel’ho ordinato, e l’altra
è il tuo comportamento… e quel che
non hai fatto per Cybertron,
utilizzando un certo artefatto su te stesso. O neghi questo?»
“Seh,
direi che hanno attecchito”
concluse Spectrus “So che da solo non basterà a
far
scoppiare la lite ma va benissimo”.
«No.
Quest’ultima cosa non la posso
negare» fu costretto a dire Optimus, che nel suo intimo
provava ancora della
vergogna per un gesto che, seppur ben motivato, restava sempre
più egoista di
quanto lui si era illuso di non essere «Ma per il resto,
Ultra Magnus, amico
mio, ti prego di non dare ascolto a qualunque cosa ti abbia detto quel
mostro
di Specter, ovunque sia andato a nascondersi».
Erano
partiti per il segnale di
entrambe le navi, ma una volta arrivati ne avevano vista una sola.
Optimus si
era detto che forse la Jackhammer e i suoi inquilini se
l’erano filata, e in un
certo senso era meglio così, perché convincere
Ultra Magnus sarebbe stato più
semplice e avrebbero potuto cercare di liberare il povero Smokescreen.
Peccato
che la sua interpretazione della faccenda fosse sbagliata.
«Mostro?
Fino a prova contraria
quello che ha condannato il nostro pianeta a restare morto non sono io.
Hai
perso ogni ritegno, Optimus Prime» si fece sentire Spectrus,
che di ritegno
invece non ne aveva mai avuto.
«Contieniti,
Specter!» esclamò Ultra
Magnus «Optimus Prime, io sono disposto ad ascoltarti, ma ho
avuto modo di
vedere varie prove che parlano di un tuo operato a dir poco
discutibile. Tu e i
tuoi soldati potete considerarvi sotto inchiesta e, come prevede il
nostro
Codice in certi casi, ti chiedo di consegnarti fino a quando tutto
sarà
chiarito».
«Non
è in buona fede, Optimus, te
l’avevo detto!» si sentì esclamare Arcee
da terra.
Optimus
però, ritenendo di conoscere
meglio il suo secondo in comando, restava di un’altra idea.
«Credimi se ti dico
che vorrei rispettare il nostro Codice, Ultra Magnus, ma anche per il
tuo
stesso bene non posso» disse, col pensiero che forse se
avesse accettato di
consegnarsi Spectrus avrebbe attaccato alle spalle Ultra Magnus e poi
tutti
loro con l’astronave «Ti chiedo
di
atterrare, prima che sia costretto a far atterrare la Iron Will io
stesso».
«Atterrarci
con la forza… è davvero
così che vuoi metterla?»
Optimus
annuì gravemente. «Se devo».
“Va
per le lunghe come purtroppo
avevo previsto” pensò Spectrus
“È tempo di dare il segna-”
Non
fece neppure in tempo a
completare il pensiero: i cannoni laser della Iron Will si armarono e
spararono
una serie di colpi verso Optimus Prime.
“A
volte ho l’impressione che quel
nano malefico mi legga nel processore” pensò
Spectrus, soddisfatto del tempismo
del suo compare eppure indeciso se una tale somiglianza gli piacesse
davvero o
meno.
«COSA?!
Che succede?!» allibì Ultra Magnus
cercando di armeggiare con i comandi
della nave, che intanto continuava a sparare.
Ignaro
di cosa stesse succedendo
all’interno dell’astronave -perché
quando Bustin in quell’attimo aveva preso il
controllo a distanza aveva anche staccato il microfono- Optimus si
trovò
costretto a cercare di colpire i cannoni della Iron Will. Non ci
riuscì perché
Ultra Magnus, riacquisito il controllo della nave, si
dimostrò un ottimo pilota
nell’evitare sia gli spari di Optimus, sia quelli di Arcee e
Bumblebee che
erano ancora a terra.
«Col
suo permesso intendo scendere a
terra, così che almeno gli altri smettano di
spararci» disse Spectrus
avviandosi verso un’uscita, segno che in realtà
del permesso non se ne faceva
alcunché «Che
diamine è successo a
questa nave?!»
«Non
lo so, ma la tua è una buona
idea, permesso concesso!» esclamò Ultra Magnus,
senza neanche voltarsi, dopo una
pericolosa virata a sinistra «E niente uso di forza
letale!»
Spectrus
non aspettava altro e, non
essendo troppo in alto, poté saltare tranquillamente
giù parando gli immediati
colpi laser di Bumblebee grazie alla spada, per poi cercare di
infilzarlo. Il
“niente uso di forza letale” era da ignorare,
ovviamente.
«Attento!»
esclamò Arcee a Bumblebee
sparando qualche colpo contro la schiena di Spectrus.
Così
facendo riuscì ad ammaccarlo
leggermente e facilitare le cose a Bumblebee, che venne ferito
più che altro di
striscio, ma se fosse stata appena un po’meno veloce avrebbe
rischiato di
essere presa in pieno da uno sparo dell’ex Autobot, sparo che
invece andò a
sfondare un grosso ammasso roccioso dietro di lei.
“Ha
più voglia di ucciderci di quanta
ne abbia di solito” pensò la femme.
Una
serie di colpi da parte della
mitragliatrice di Optimus, che nonostante la lotta con Ultra Magnus
aveva
sempre un’ottica rivolta alla sua compagna, fece
sì che Spectrus fosse
costretto ad allontanarsi da lei.
«Non
provare- agh!» esclamò Optimus,
quando venne colpito di striscio dalla Iron Will «Ultra
Magnus, ascoltami!»
«Tu
accetta l’inchiesta come da
Codice e lo farò» ribatté testardamente
l’altro «E smetti di cercare di
atterrarmi, da qui sono partiti dei colpi ma posso giurarti sulla mia
stessa
vita che non li abbiamo sparati di nostra volontà!»
“Ecco,
appunto, ma è più corretto
dire che non li hai sparati di tua
volontà” pensò Optimus. «Le
mie ultime azioni forse sono state discutibili ma
non sono io il tuo nemico, non siamo noi i tuoi nemici, il vero nemico
è
Spectrus! È per colpa sua che la nostra base precedente
è stata trovata, è per
colpa sua se la squadra ha due componenti in meno, ne
ha uno in ostaggio nella Jackhammer, fidati di me, come una
volta! Mi conosci meglio di quanto conosci lui!»
«“Fidati
di me, come una volta”, come
se fossi degno della fiducia di chicchessia!»
gridò Spectrus da sotto,
sparandogli da dietro una roccia.
«TACI!
Mostro!» arrivò a ringhiare Optimus -addirittura!-
che avrebbe nuovamente
sparato volentieri a Spectrus se non fosse stato impegnato con la Iron
Will.
«Che
caratterino ha messo su»
commentò Spectrus.
–
Specter,
arrivano – lo avvertì Bustin.
«Bene.
Fase due» disse il mech,
trasformandosi e sfrecciando in direzione della gola mentre ricordava
brevemente il piano.
“Il
tecnico di Tarnlandia ha la cartella di porno più strapiena
che abbia
mai visto,
e pare che nell’esaminare il sistema non sia andato a
controllare i suoi file
più personali. Risultato: più d’uno tra
quei milioni di video è diventato un
trojan”.
“E
a tuo dire ora la Peaceful Tiranny dispone di un collegamento privato
al
Ponte Terrestre del resto dei Decepticon. Evidentemente nemmeno il mio
caro
cognato aveva voglia di stare a sentire Tarnlandia via comm-link. Nano
malefico, se la DJD attraversasse suddetto Ponte tu saresti in grado di
intervenire in quell’attimo e sparpagliarli? I più
piccoli andranno vicini ai
miei ex compagni, il più grosso vicino alla gola, Frollo sul
posto ma più in
là, e per il resto-”
“Lontani
dal casino. Alla Nanetta voglio evitarlo, se posso”.
“L’ho
già detto e lo ripeto, attento alla troppa galanteria.
Allora?
Saresti in grado o no?”
“Penso
di sì. Ma perché dovremmo farlo già
stavolta?”
“Perché
voglio mandare un messaggio. Un messaggio grosso.
Ci riuscirei più facilmente se Frollo, pur standomi col
fiato sul collo, fosse un po’più distante. Ci
saranno anche un po’di fuochi
d’artificio generosamente offerti dalla scorta di bombe del
compianto Wheeljack”.
“Non
so i dettagli, ma per ora mi piace!”
Vide
le luci di più di un Ponte
Terrestre e, dopo quello, la DJD arrivare ufficialmente sul posto.
«Salve,
Autobot!» esclamò Kaon, con
le antenne tesla già avvolte da piccoli fulmini
«Non so se foste consapevoli o
meno della nostra presenza sul pianeta, ma sappiate solo che
l’esperienza che
vi aspetta sarà elettrizzante!»
Sentendo
la battuta penosa Vos
ringraziò la propria tendenza a parlare poco, e si accorse
prima di Kaon che
c’era qualcosa che non andava: per la precisione la mancanza
di Tesarus, che
avvistò poco lontano, quella di Tarn, il cui segnale era
decisamente più
distante rispetto a quello di Tess, e infine quella di Helex e Nickel,
insieme
-stando ai segnali che riusciva ad avvertire solo a tratti- ma da
tutt’altra
parte. Si chiese cos’avesse combinato Tarn quando aveva
attivato il Ponte, ma
subito dopo si trovò a dover evitare degli spari da parte di
Bumblebee, che stava cercando di allontanarsi assieme ad Arcee.
«-Ratchet!
Ratchet! Serve un Ponte Terrestre SUBITO! RATCHET!-»
esclamò lo scout nel
comm-link, senza ottenere alcuna risposta. Come Ratchet non riusciva a
contattarli, loro non riuscivano a contattare lui «-Era una trappola, il bastardo ci ha infilati in una
trappola, la DJD è
qui e noi non riusciamo ad andarcene!-»
«E
proprio per questo è tempo che i
motori della Iron Will, ahimè, vadano
giù» commentò Spectrus, sempre diretto
verso la gola, dopo aver aperto il comm-link con Ultra Magnus.
Ciò detto, fece
partire il segnale che avrebbe attivato le bombe che aveva messo sulle
turbine
della nave «Ma i cannoni funzioneranno ancora, quindi potrai
sempre sparare a
Tarn anche con quelli, quando arriverà…
“signore!”»
–
SPECTER!
COS-
I
motori della Iron Will esplosero. L’astronave
sarebbe caduta giù a picco se Optimus Prime non si fosse
messo sotto di essa
cercando di rallentarla.
«Optimus!...»
esclamò Ultra Magnus.
Il
comandante degli Autobot non
rispose, concentrando tutti i suoi sforzi per evitare un impatto che,
seppure
da altezza ridotta, il tipo di terreno avrebbe reso rovinoso; ci
riuscì, e nel clangore
metallico dell’atterraggio poté poi rivolgere
tutta la sua attenzione al resto
dei presenti, Vos e Kaon in primis.
«Vi
consiglio caldamente di
andarvene, prima di farvi male» disse, volando davanti a loro
ed evitando una
scarica elettrica devastante di Kaon.
«Non
credo proprio che saremo noi a
farci male» replicò il Decepticon sentendo che
Tarn, quale che fosse il motivo
per cui non era accanto a loro, era comunque in avvicinamento
«Tesarus! PRENDILO!»
esclamò poi, avvistando
Spectrus e notando che era vicino al suo compagno di squadra.
Il
più mastodontico membro della
Decepticon Justice Division non se lo fece ripetere due volte: vedendo
Spectrus
andare a infilarsi nella gola si trasformò a sua volta e,
con un rombo basso e
potente del motore, si lanciò all’inseguimento.
Aveva l’ordine di non ucciderlo
-perché Tarn aveva detto di volersi riservare
l’assoluzione di quel compito- ma
sapeva che più male gli avrebbe fatto, meglio sarebbe stato,
perché Tarn non
aveva escluso niente a tal proposito.
Proprio
Tarn però, in arrivo in
modalità veicolare e con l’Empyrean Suite al
massimo volume, aveva iniziato fin
da subito ad avere dei seri dubbi su tutta quella situazione. Era
abbastanza
sicuro di non essere così scemo da non saper neppure usare
un Ponte Terrestre,
di aver messo le coordinate giuste e che fossero entrati tutti insieme,
quindi
tutto quel che era successo era a dir poco strano, incluso il fatto che
non
stesse riuscendo a comunicare con Nickel e Helex e che fossero stati
trovati i
segnali di entrambe le navi ma lui ne vedesse solo una -per di
più a terra.
“Tutto
questo non mi piace”.
Il
sospetto di Tarn divenne pressoché
certezza nel momento in cui si sentirono i rumori distinti di
molteplici
esplosioni e le pareti di quella gola rocciosa iniziarono a franare,
chiudendo
dunque l’accesso a chiunque avesse voluto seguire Tesarus e
Specter.
“E
adesso mi piace ancora di meno!”
Normalmente
avrebbe detto “peggio per
lui”, riferito ovviamente a Spectrus Specter, ma Lord
Megatron gli aveva fatto
capire piuttosto chiaramente che quell’essere immondo il cui
unico pregio
risiedeva nella sorella -“E posso solo immaginare la
costernazione di Spectra a
doverlo chiamare fratello…”- non andava preso
troppo alla leggera, e già solo
il fatto di essere andati lì convinti che sarebbe stato un
arrivo a sorpresa, sbagliando, era
una dimostrazione del
fatto che il giudizio di Lord Megatron era come sempre nel giusto.
Abbassò
il doppio cannone a fusione mirando Bumbelbee, che
a sua volta stava puntando Kaon.
«Bee,
occhio!» esclamò Arcee,
iniziando a sparare a ripetizione contro Tarn e dando modo a Bumblebee
di
spostarsi in tempo ed evitare un colpo che in caso contrario
l’avrebbe
sfondato.
Tarn,
al quale il tempo e il mestiere
avevano fatto abbracciare la totale parità dei sessi quando
si trattava di
bersagli, giunto finalmente in mezzo alla battaglia si
trasformò e sparò contro
la femme Autobot… o meglio “ci
provò”.
Appena
Optimus si avvide delle sue
intenzioni cercò di crivellarlo di colpi con la
mitragliatrice e poi gli si
scagliò addosso, intenzionatissimo a dargli un diretto in
pieno volto dal quale
Tarn riuscì a ripararsi per un soffio. La potenza del colpo
lo fece comunque
indietreggiare di diversi metri, scavando due grossi solchi nel terreno
duro.
«I
macellai di Megatron non sono i
benvenuti su questo pianeta, Tarn!» esclamò
Optimus «Toglietevi di torno!»
«No,
non credo che lo farò» replicò
il leader della DJD, che ormai aveva tolto la musica «E
ritengo il termine
“macellai” riduttivo e quasi denigratorio rispetto
a quello che effettivamente
è il nostro compito» aggiunse, abbassando
progressivamente la voce «Far
rispettare una dottrina nella quale, mi risulta, un tempo hai creduto
tu
stesso… prima di rubare a Lord Megatron il ruolo di Prime
che gli spettava di
diritto».
Il
potere della sua voce... come
aveva potuto dimenticarsi anche
solo per un attimo?, si chiese Optimus, sentendo la
sensibilità dei suoi arti
iniziare a venire meno per colpa di Tarn.
«Ma
come pretendere che colui che ha
tradito chi lo aveva generosamente accolto nelle sue fila possa
comprendere
l’importanza di certi valori e l’importanza nel
farli rispettare?» continuò
Tarn «Sarebbe come pretendere di ricavare CNA dagli ammassi
rocciosi di questo
posto, o come pretendere che sia stato tu a essere dalla parte del
giusto in
tutto il
conflitto, per restare più in tema».
Non
l’avrebbe ucciso, capiva che
farlo era un onore che eventualmente sarebbe spettato solo a Lord
Megatron, ma
paralizzarlo per dare un aiuto ai propri uomini e cercare di
raggiungere
Tesarus era qualcosa che poteva fare senza problemi.
Una
serie di spari, di nuovo
provenienti dalla femme Autobot, distolse ancora la sua attenzione.
«Chiudi
la bocca una volta tanto,
mostro!» esclamò Arcee, dimostrando un certo
fegato nell’affrontare qualcuno
contro cui non aveva alcuna possibilità di vincere pur di
aiutare il suo
compagno.
«Sei
consapevole del fatto che io
avverta a stento i tuoi colpi? Se questo è il meglio che la
vostra squadra può
offrire, mi chiedo come abbiate potuto essere una spina nel
fianco… tale».
Arcee
percepì solo una
sgradevolissima vibrazione in tutto il corpo prima che una fitta di
dolore
acutissimo alla Scintilla la costringesse a piegarsi in due e crollare
in
ginocchio boccheggiando.
Visto
ciò Optimus racimolò le forze
che gli restavano e, con un ruggito di rabbia pura che pur con tutti i
suoi
principi non era esente dal provare, riuscì a puntare la
mitragliatrice contro
Tarn e sparargli il maggior numero di proiettili possibili.
Non
uno di essi riuscì a perforare la
corazza potenziata dall’ingegneria Decepticon -e anche dalle
sostanze che aveva
assunto nel corso del tempo- ma ad ammaccarla visibilmente e far volare
indietro
Tarn per svariati metri, sì.
Scomparsa
l’influenza della voce del
Decepticon, ma sentendosi ancora un po’irrigidito, Optimus
raggiunse Arcee e la
sollevò con un braccio, intenzionato ad allontanarsi dalle
interferenze e
cercare di contattare la base. «Bumblebee, Ultra Magnus,
ritirata!» gridò.
Fu
proprio allora che Kaon riuscì a
colpire Ultra Magnus con una scarica elettrica.
«Vos!»
L’ex
scienziato Decepticon capì al
volo il da farsi e, quando Ultra Magnus cadde a terra, fu lesto a
saltargli
addosso e togliersi dal volto la maschera piena di aghi. «Weeear my faaaaace!»
Schiacciò
la maschera contro il volto
dell’Autobot urlante e artigliò le placche
pettorali della sua corazza con
l’intento di strapparle via e raggiungere la Scintilla;
riuscì in parte nella
prima cosa, ma poi venne colpito alle spalle da Bumblebee, che lo
scrollò via
da Ultra Magnus e tenne impegnato Kaon con dei colpi laser mentre
Optimus
strappava via la maschera dal volto di Ultra Magnus e lo caricava su
una
spalla.
«-Via,
via, VIA!-» gridò lo scout,
trasformandosi e seguendo a ruota Optimus che
si era alzato in volo e stava riuscendo ad allontanarsi nonostante il
peso in
più.
Una
ritirata poco gloriosa era
preferibile rispetto al finire male e c’erano dei feriti,
dunque cercarono di
mettere più distanza possibile nel minor tempo possibile tra
loro e la DJD,
accorgendosi quasi subito che non li stavano inseguendo.
Una
brevissima occhiata di Optimus fu
sufficiente a notare che si stavano occupando delle pareti rocciose che
Spectrus aveva fatto franare.
“Siamo
tra i loro obiettivi… ma forse
non siamo quelli principali” concluse.
***
“A
questo qui non hanno mai detto di non
chiudere l’alloygator nella gabbia in cui si trova anche
lui” pensò Tesarus,
riuscendo ad assestare un pugno al suo avversario.
«Finalmente».
Lui
e Specter erano arrivati a oltre
metà della gola rocciosa, e giunti lì si erano
trasformati e avevano iniziato a
combattere.
Il suo bersaglio era riuscito a ferirlo solo di striscio e
lui, dal
canto suo, non era riuscito a mettere a segno un colpo che fosse uno
prima di
quel momento. Il bastardo era grosso -sette metri meno di lui, ma
sempre
grosso- e anche svelto, tanto che Tesarus, notandolo, non aveva
abbassato la
guardia
neppure per un solo istante.
Fino
ad allora.
«Non
sembri più così duro adesso che
sei a terra» commentò il Decepticon, avvicinandosi
a Spectrus «Non capisco come
hai potuto dare problemi».
Problemi
al punto che Lord Megatron
aveva detto a Tarn di essere prudente. Roba da pazzi, si disse il
colosso,
considerando che sì, Specter era stato bravo a evitare i
suoi attacchi, ma una
volta preso era andato giù subito: era forte
all’apparenza ma fragile come un
uovo di lilleth nella sostanza, fragile come la sorella, più
delicatino di una
delle bambole erotiche che aveva in camera -“Già,
chissà quando è che la loro
creatrice si auto spedirà a me in un pacco
un’altra
volta” pensò- e sarebbe finito
allegramente smembrato.
Un
dolore lancinante all’altezza di
quello che se fosse stato umano sarebbe stato un ginocchio lo fece
ringhiare
mentre si sbilanciava e cadeva in avanti, evitando di finire faccia a
terra ma
avvedendosi a malapena del fatto che Specter si era rialzato e ora,
dopo averlo
azzoppato con la spada, lo guardava con un leggero sorriso arrogante
che ai
transformers presenti sulla Terra era ben conosciuto.
«Serviva
quello per farti abbassare
la guardia, grosso idiota, e far abbassare TE!»
Uno,
due, tre, quattro.
I
quattro colpi laser di Spectrus non
avevano sufficiente potenza da penetrare la sua corazza ma, a distanza
così
ravvicinata, ne avevano a sufficienza da devastare i suoi sensori
ottici e
danneggiare -in modo non irreparabile per fortuna-quelli ambientali
rendendolo
cieco, e infatti era a quelli che aveva puntato.
Tesarus mosse alla cieca le
braccia
normali e le “braccia” in più, ma le
prime afferrarono il nulla e le seconde
vennero rese inservibili tra laser e colpi di lama, uno, due, tre,
quattro.
Emise
un suono strozzato e sputò un
fiotto di fluido vitale dalla bocca quando sentì la grossa
lama dalla spada di
Specter trapassare un punto “debole” al quale
nessuno arrivava mai intero: in
fondo all’immenso foro dentellato e ricoperto di metallo
impossibile da rompere
era presente una parte relativamente più morbida, non di
grande spessore ma
sufficiente a far sì che una lama rivolta verso
l’alto potesse penetrare le sue
componenti tecnorganiche… e la sua camera Spark. Non aveva
preso la Scintilla,
che anche in seguito restò integra, ma i tre successivi
colpi laser
peggiorarono ulteriormente la situazione.
Era
stato tutto così veloce!... un attimo
prima credeva di averlo battuto con un colpo, adesso sprofondava
nell’incoscienza,
e gli sembrava di sentire in lontananza -nemmeno così
lontana, in verità- il
rumore del doppio cannone a fusione di Tarn che spaccava la roccia.
Nei
residui di coscienza che gli
restavano tentò di mordere le grosse dita che gli stavano
aprendo la bocca. Ci riuscì
anche, assaggiò il gusto dell’energon del suo
nemico, che tuttavia riuscì nei suoi
intenti -quali che fossero e quale che fosse l’oggetto che
aveva inserito.
«All’inizio
volevo far sì che tu, il
resto del magico mondo di Tarnlandia e i miei ex compagni vi scannaste
tra di voi…»
La
voce di Specter gli giunse
ovattata, i rumori del cannone di Tarn molto più forti.
Tesarus perse
conoscenza definitivamente.
«Ma se quella fan
girl infoiata che è il tuo
capo sta cercando di venire qui pur avendo altri Autobot a
disposizione,
significa che ce l’avete più che altro con me.
Ecco il mio messaggio!» gridò
Spectrus «Se pensate di riuscire a
farmi
fuori facilmente, sbagliate di grosso!»
Non
sapeva se l’avessero sentito o
meno ma non gli importava, aveva fatto quel che doveva e non aveva la
minima intenzione di affrontare Frollo e gli altri due in quel momento,
dunque si
trasformò e
sfrecciò via un attimo prima che Tarn, Vos e Kaon
riuscissero a penetrare la
barriera di rocce.
«Tesarus?!»
esclamò Kaon, incredulo.
“Ha
una bomba in bocca!” pensò invece Tarn
e, senza pensarci due volte, tese
una mano in avanti utilizzando la sua abilità di outlier.
Grazie
a questo la bomba non esplose,
anzi, si accartocciò su se stessa come una bottiglia di
plastica accanto a un
fuoco. Era anche quello il motivo per cui Tarn non usava mai
quell’aspetto del
suo potere su altri cybertroniani, o comunque suo suoi avversari: la
morte
sarebbe stata troppo pietosa e veloce per i suoi gusti.
«Tess!
TESS!» gridò
Kaon, addirittura arrampicandosi all’altezza del buco
per verificare i danni «D-Dannato! Maledetto! L’ha
infilzato!» farfugliò,
assolutamente attonito «Tarn, l’ha preso,
c’è un mucchio di energon, la
Scintilla-»
«Però
è ancora vivo» lo interruppe
Tarn, cercando di mantenere la lucidità e far sì
che la mantenessero anche gli
altri «Se ci muoviamo resterà online, in mancanza
di Nickel» che era finita
lontana ma era insieme a Helex, dunque tutto sommato era protetta
«Dobbiamo
portarlo nella Nemesis, ce la farà».
«Come
lo portiamo? Ci sono delle
interferenze, il Ponte-»
«Supera
le interferenze, se non sbaglio sei uno dei tecnici migliori
della
galassia, dimostralo ancora una volta!»
Guardando
Tesarus, Vos disse qualche
frase nel suo antico linguaggio incomprensibile ai più.
«Erano
preparati e noi credevamo di
averli colti di sorpresa, ma la prossima volta andrà
diversamente» disse Tarn,
mentre Kaon tentava di collegarsi al Ponte «Adesso abbiamo
esperienza diretta
di quel che possono e non possono fare sia loro, sia gli
Autobot».
Parlava
con calma ma si sentiva in
tutt’altro modo. Aveva fallito miseramente: non era riuscito
a uccidere
nessuno, uno dei suoi uomini era gravemente ferito e la loro battaglia
infruttuosa contro gli Autobot era stata voluta e prevista da qualcun
altro. Era
stato la pedina di un gioco architettato da un mech che voleva
terminare nel
modo più doloroso possibile per tanti motivi, e da quel
giorno ne aveva altri
in più.
Un
Ponte Terrestre si aprì a poca
distanza da loro.
«Ce
l’ho fatta?...» si chiese Kaon.
Da
esso uscì Soundwave, e assieme a
lui un folto gruppo di vehicons.
Tarn
immaginò che avesse deciso di
dare un’occhiata al campo di battaglia giusto in tempo per
vedere la loro
disfatta, e la consapevolezza che Megatron sarebbe venuto a sapere
immediatamente della cosa -oltre ai suoi sentimenti non proprio
positivi nei
confronti di Soundwave Specter- non
fece che peggiorare il suo umore.
Vide
Soundwave fissare Tesarus da
dietro il visore per qualche attimo -appena prima che i vehicons lo
sollevassero per trasportarlo all’interno del Ponte- poi
fissare lui inclinando
leggermente la testa di lato come a dirgli “Siete la DJD ed
è tutto qui?” e,
infine, indicare loro il Ponte con un cenno del capo.
«Due
dei miei uomini sono dispersi in
un altro quadrante e avvertiamo i loro segnali solo a tratti»
disse Tarn,
sforzandosi con ogni briciolo del suo autocontrollo di rimanere
professionale e
freddo «Sei in grado di localizzarli con precisione e aprire
un Ponte anche per
loro?»
Il
tecnico scosse la testa, mostrando
sul visore dei segnali estremamente disturbati.
Era
proprio una giornata storta.
***
Nella
Jackhammer, intelligentemente
nascosta in una rientranza poco distante dalla gola, Bustin aveva
deciso di
aspettare Spectrus -del quale aveva seguito le azioni
dall’inizio fino alla
fine- suonando “Jarabe Tapatio” con la sua tromba.
Il
fatto di aver rotto il banjo in
testa al suo compare non significava che fosse rimasto privo di
strumenti
musicali, e infatti prima di dare
inizio al piano e lasciar trovare i segnali delle astronavi aveva
intrattenuto Bernie,
alias Smokescreen, con l’ennesimo concerto.
Dubitava
che Bernie avesse potuto
apprezzare appieno la cosa essendosi appena svegliato dalla dose di
sedativi
esagerata che gli era valsa il suo nuovo nome, però quello
era solo un
dettaglio, e quantomeno non avrebbe potuto dire di essere stato sempre
tenuto
in isolamento totale.
“Diamo
un’occhiata a quel che
combinano tutti gli altri lì fuori” si disse,
osservando i monitor.
Così
come Autobot e Decepticon si
potevano agganciare ai satelliti, salvo interferenze esterne, lo stesso
poteva
fare lui. Vide gli Autobot -fuori dall’influenza
disturbatrice che ormai aveva
interrotto- entrare in un Ponte, vide Tarnlandia e il cognato di
Spectrus fare
la stessa cosa e infine, dando un’occhiata alla foresta in
cui aveva spedito
Nickel e Helex -“Almeno non è da sola”,
pensò - distinse tra gli alberi le loro
sagome e quelle di…
«Insecticons»
notò, e solo gli occhi di pixel restarono sulla sua
maschera.
Spense
i monitor, aprì il portello
dell’astronave e, nell’uscire, quasi si
scontrò con Spectrus. «In prefetto
orario, benissimo, ciao».
«Dove
stai andando, si può sapere?» gli
domandò Spectrus, per poi fare una smorfia. Si era rialzato
e aveva fatto quel che
doveva fare ma il pugno di Tesarus era stato quasi come essere colpito
in pieno
da un’astronave di piccole dimensioni.
«A
raccogliere lamponi. A dopo!»
rispose Bustin, alzandosi rapidamente in volo.
Aveva
cercato di far restare Nickel
lontano dal caos e l’aveva infilata in un altro: non era quel
che voleva.
Dal
basso riuscì comunque a udire la
voce di Spectrus.
«Tu
neanche li mangi i lamponi!...»
Le conclusioni di capitolo sensate, sensatissime.
Vi avevo promesso un po'di casino, e un po'di casino effettivamente
c'è :'D
Grazie a tutti quelli che stanno ancora leggendo! Alla prossima :)
Cthylla
|
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Capitolo 13 *** 13 - Io non ti odio ***
13
(Io non ti odio)
«Se
restiamo fermi…»
«No,
Nickel, è inutile. Ci hanno
visti» disse Helex, osservando gli insecticon tra gli alberi
avvicinarsi sempre
di più a loro «Quindi tu adesso devi prepararti a
volare via».
«E
mollarti da solo contro questi
sgorbi?! Non posso!» protestò la minicon, che
aveva già le pistole laser
spianate «Non sono indifesa, dovresti saperlo
benissimo!»
Erano
rimasti basiti scoprendo di
essere finiti in tutt’altro posto rispetto a quello previsto,
contrariamente
agli altri -i cui segnali giungevano a loro terribilmente disturbati.
Si
erano chiesti se Tarn, non essendo
troppo esperto nell’utilizzo, avesse fatto qualche errore col
Ponte Terrestre,
ma avevano concluso presto che forse niente di tutto ciò era
dovuto a lui.
Nessuno era stato in grado di trovare la Iron Will e la Jackhammer fino
a quel
giorno, rilevarne il segnale all’improvviso e finire distanti
e dispersi difficilmente
poteva essere un caso.
Ora
che Nickel sapeva della presenza
di Bustin sul pianeta non faticava a intuire che la mano dietro tutto
questo
fosse sua, o sua ma su direttiva del suo compare; non che questo
cambiasse le
cose, anzi, se possibile la faceva arrabbiare ancora di più.
Non pago di averla
abbandonata come la carogna che aveva ammesso di essere stato, non pago
di aver,
forse, lasciato morire
l’intera Prion
-“forse”, sì: quando ne aveva parlato a
Tarn lui non l’aveva escluso, ma allo
stesso tempo non le era parso molto convinto- aveva anche avuto la
brillante
idea di mettersi a fare danni mettendosi con un soggetto come Spectrus.
Quel
che la faceva infuriare più di
tutto però era non riuscire a smettere di stare male per
tutta quella
situazione. Era dispostissima a combatterlo e a lasciare che pagasse
per quel
che stava facendo, non avrebbe mai tradito Tarn e la squadra,
però soffriva lo
stesso. Come non avrebbe potuto? L’aveva amato tantissimo,
aveva pianto la sua
morte e l’aveva scoperto vivo -attenuando suo malgrado la
sensazione di
infinita solitudine da “unica prioniana rimasta”-
bastardo, nemico.
Le
aveva detto “Da me non devi temere
niente” ma gli schiocchi delle fauci degli insecticons le
stavano suggerendo
tutt’altro.
«Il
punto non è quello, devi
allontanarti e cercare di chiamare aiuto» ribatté
il colosso, pronto alla
battaglia «Queste bestie hanno frequenze che disturbano ogni
segnale, sono
pericolose anche per quello, se ti trovi da solo non puoi-»
Non
terminò mai la spiegazione perché
si trovò costretto a difendersi dall’attacco del
primo insecticon.
«Chissà
che sapore ha il vostro
cervello» disse quasi in un ringhio mentre strappava via le
fauci della bestia,
tutt’altro che infastidito nel sentirsi schizzare addosso
fluido vitale
«Nickel! Vai!»
La
minicon non se lo fece ripetere
due volte e si alzò in volo rapidamente con
l’intento di oltrepassare le cime
degli alberi e raggiungere al più presto un luogo non
disturbato dalle
frequenze degli assalitori, ma capì di aver fatto male i
conti nel momento in
cui cinque di quelle bestie, vedendo un singolo bersaglio mobile ben
visibile
in aria, si alzarono in volo a propria volta.
“Quantomeno
ho alleggerito la
pressione su Helex” pensò Nickel “Spero
che anche lui oltre a combattere cerchi
di allontanarsi, magari se arriva in un punto più
‘libero’ potrebbe essere
trovato dai satelliti”.
Avere
cinque insecticon aggressivi
alle calcagna le dava una certa ansia, ma negli ultimi tempi aveva
affrontato
cose a suo parere peggiori, dunque aveva sufficiente
lucidità da capire che,
prima di qualunque altra cosa, doveva rituffarsi tra gli alberi e
volare a zig
zag tra i tronchi per cercare di seminarli; lo fece, spinse i motori
del
jatpack al massimo e guardando dietro le spalle non li vide
più, ma continuava
a sentire il loro rumore in avvicinamento.
“Devono
avere un buon odorato”
concluse “E ancora non riesco a contattare nessuno!
Maledizione!”
E
maledizione a Bustin, soprattutto a lui,
per aver messo lei e
Helex in quella situazione e per aver messo Tarn e il resto della
squadra in
chissà cosa.
“Con
Tarn, Tesarus, Kaon e Vos insieme,
la brutta situazione la vivono gli altri. Di certo non loro!”
si disse,
evitando all’ultimo di finire contro un grosso ramo.
I
suoi ragazzoni erano tra i
transformers più pericolosi nella galassia considerati pazzi
assassini dai più,
sapeva benissimo di cos’erano capaci ma non era in grado di
smettere di
preoccuparsi per loro. Se ne preoccupava perfino quando non
c’erano insecticons
di mezzo: “Non è così, Nickel? Ti
preoccupi perché ti importa”, le aveva detto
Tarn una volta. Lei aveva risposto con più di un gestaccio,
però lui ci aveva
azzeccato.
Ritenendo
di essere arrivata
abbastanza lontana dai suoi inseguitori tornò a virare verso
l’alto, col
pensiero costantemente rivolto a Helex…
«AAAH!»
Ma
fu costretta a cambiare priorità
nel momento in cui qualcosa di denso, appiccicoso ma tremendamente
resistente
la colpì e la fece impattare con forza contro il tronco di
un albero. Per
qualche attimo la sua visuale divenne confusa ma riuscì a
capire benissimo di
essere ammaccata e uno sfrigolio del jet pack che non prometteva niente
di buono.
«Cosa…
che cosa diamine-»
Cercò
di divincolarsi finendo solo a
invischiarsi ancora di più in quella roba.
Percepì uno spostamento d’aria e un ticchettio
poco sopra di lei che, in quel
momento, le parvero più minacciosi dei rumori degli
insecticons. Questi ultimi
le parvero in leggero allontanamento, ma forse era solo
un’impressione e
comunque aveva ben altro di cui preoccuparsi.
«Bene
bene… guarda cos’abbiamo qui».
La
voce femminile che le stava
parlando era vicina, tanto vicina che le sembrava di sentire le labbra
sfiorarle in modo sgradevole i recettori audio. Se avesse avuto almeno
un
braccio libero le avrebbe sparato o, forse, avrebbe utilizzato il
vecchio
registratore che le aveva dato Tarn. L’avrebbe usato anche
prima con gli
insecticon se non fosse stata consapevole che messaggi letali
registrati di
quel tipo riuscivano a spegnere solo una Scintilla alla volta: Tarn
aveva fatto
varie prove ma, tra questa limitazione e il fatto che sarebbe stata una
morte
troppo clemente per i suoi gusti, aveva lasciato stare.
«Si
tende sempre a cercare altrove e
si trascurano le bellezze di casa propria, non va forse
così?» continuò la
femme, tracciando con un dito il contorno del viso di Nickel e
ritraendosi
appena in tempo da evitare un morso «Pur con tutte le razze
che ho sterminato,
in quella che era la mia personale collezione di trofei è
sempre mancata la
testa di una minibot. Purtroppo è andata perduta. Che questa
sia l’occasione
per inaugurarne una nuova?»
«Sono
una minicon, testa di cazzo!»
esclamò Nickel che, avendo compreso che quella tizia -era
Airachnid, non la
vedeva ma non c’erano molti dubbi- avrebbe voluto la sua
testa in ogni caso,
diede libero sfogo all’orgoglio razziale «E se
pensi di fare paura blaterando
di collezioni di teste a chi fa regolarmente la pulizia dei
denti a un cannibale sei sulla
strada sbagliata».
«Minicon?
Curioso. Molto curioso. Mi
risultava che la colonia di Prion fosse stata attaccata»
disse Airachnid, a
testa in giù, spostandosi per incrociare il proprio sguardo
magenta con quello
della sua preda «Annientata. Spazzata via. Una vera strage di
poveri piccoli
minicon pacifici» sospirò la vedova nera
«Una vera tragedia. Sei la sola
sopravvissuta della tua razza? Immagino quanto debba essere terribile
il tuo
dolore…»
Era
uno dei momenti peggiori per
sentire qualcuno girare il coltello nella piaga, però Nickel
non intendeva dare
soddisfazione a quell’insetto sadico, cercando piuttosto di
liberarsi e/o di
contattare gli altri.
«Quanto
debba fare male pensare ai
tuoi amici ridotti pozzanghere di metallo liquido,
all’espressione dei tuoi
genitori quando si sono resi conto che stavano per morire…
avevi dei genitori,
povera cara? Magari anche un compagno?» continuò
Airachnid, sollevando il mento
della minicon «Ti riunirai a loro nell’Allspark,
sii felice».
Aver
trovato una minicon grazie alla
quale riprendere con le vecchie abitudini era come balsamo per
Airachnid. Se si
aggirava ancora sulla Terra era principalmente per tre motivi, alias
per andare
contro i Decepticon, per cercare vendetta contro Spectrus Specter e
Wheeljack
per quel che le avevano fatto nella grotta poco tempo addietro
-“Assaggiare la
sua stessa medicina”, avrebbero detto i più
maligni- e perché non aveva ancora
trovato un’astronave funzionante o il modo di utilizzare un
Ponte Spaziale.
Vivere da fuggiasca nei boschi insieme ai suoi animaletti di oltre
undici metri
aveva fatto sì che fosse rimasta indietro con le notizie,
perché Wheeljack
aveva fatto un’orribile fine, ma sapere questo
l’avrebbe soddisfatta solo in
parte, non avendo contribuito.
«Più
che a tutto questo io penso agli
amici che ho adesso» ribatté Nickel «Non
so se “Decepticon Justice Division”
faccia suonare un campanello in quel microprocessore da insetto, ma nel
caso
sia così puoi immaginare cosa potrebbe farti la mia squadra
e dove io ti
ficcherei il cacciavite prima del loro arrivo, se non fosse per questo
schifo
che mi hai lanciato addosso!»
«Dunque
i killer personali di
Megatron sono su questo pianeta? Immagino la sua gioia. Vi ha definiti
“fumo
nelle ottiche” almeno una volta» disse Airachnid,
memore dei passati scambi di…
parole, tra lei e il signore dei Decepticon «Sono piuttosto
sicura che una
sfoltita al gruppo non gli dispiacerà. Tu fai parte di una
squadra di macellai
ma io ho un alveare di insecticon ai miei ordini, Megatron, che
è Megatron, tempo
addietro faticò molto
già nell’affrontarne solo uno e ne percepisco
cinque che sono poco al di là di
quegli alberi. Dici che ho ancora motivo di preoccuparmi?»
Le
urla degli insecticon che lei
aveva appena nominato -ben diverse dai classici versi di attacco o di
dolore, e fuori
dalla grazia di qualunque dio- aggiunte a ringhi, colpi e rumore di
arti
smembrati, per un attimo fecero pensare alla ex Decepticon che la
risposta potesse essere un “Sì”.
Airachnid
voltò la testa in direzione
del rumore e vide tre
dei cinque
insecticon che avevano inseguito Nickel catapultarsi fuori dagli alberi
mentre
con le loro voci gutturali urlavano gorgoglii di parole
incomprensibili; versi
che sembravano quasi familiari alla minicon -ma non avrebbe saputo dire
come e
perché- e che facevano presagire la morte imminente per
tutte e due.
Nickel
continuò a divincolarsi. «Non
dicevi di avere il controllo di quel cosi?!» gridò
ad Airachnid.
“Insecticons!
Fermatevi subito!”
esclamò Airahcnid per via telepatica.
Il
suo tentativo di collegamento
fallì, ma farlo trasferì nel suo cervello
spezzoni di immagini di orrori
nonsense -quasi dei “lampi” tanta era la
brevità- così distanti da tutto quel
che era conosciuto da rendere la vedova nera cieca e sorda per un
attimo di
troppo: un movimento a lato che la fece spostare leggermente
all’indietro e la
luce di un laser violetto furono l’ultima cosa che intravide
prima che i suoi
sensori ottici venissero distrutti e perdesse miseramente la presa
sull’albero
crollando a terra.
«TU!...»
esclamò Nickel, attonita, vedendo Bustin fluttuare davanti a
lei dandole le
spalle, con lo sguardo rivolto a terra e un indice ancora
luminescente.
«Puoi
volare?» fu tutto quel che le
domandò lui mentre tagliava le ragnatele con il laser.
“Perché
lo stai facendo? Ci hai
portati qui tu, ci hai messi tu in questa foresta, ci volevi morti,
perché questo
adesso?!” pensò la minicon.
«No,
ma che ti importa?» sbottò lei,
venendo suo malgrado riacchiappata al volo da Bustin quando
quell’appiccicaticcio schifoso la lasciò andare
«Io e Helex siamo finiti in
mezzo a questi mostri per colpa tua, vero?!»
In
basso, i sensori ambientali ancora
sani di Airachnid le consentirono di rotolare via appena in tempo da
evitare
l’assalto di due dei tre insecticons e riuscire a richiamare
telepaticamente
tutti quelli che erano vicini a lei -inclusi quelli con cui se la stava
vedendo Helex- per difendersi.
“Uccidete
questi tre… e prendete loro!”
ordinò, riferendosi a
chi le aveva sparato e alla minicon.
Versi
di chissà quanti insecticons in
avvicinamento fecero capire ai due prioniani che era tempo di
filarsela, e così
fece Bustin ancor prima che Nickel, ancora in braccio a lui, potesse
metterci
bocca. Il primo istinto della Decepticon sarebbe stato quello di
prenderlo a
pugni, ma si rendeva conto perfettamente che quello non era il momento
e che la
sola cosa che avrebbe ottenuto facendolo sarebbe stata
l’estinzione della
propria razza o solo di se stessa, dato che lui riusciva a volare.
Anche in quel
momento però il suo pensiero era uno solo, ossia
“Perché?”.
Che
senso aveva per Bustin metterla
in pericolo e poi salvarle la pelle rischiando anche la sua?
Non
trattenne un’esclamazione di
sorpresa quando due insecticons sbucarono davanti a loro
all’improvviso.
D’istinto afferrò la pistola e sparò
colpendone uno dritto nell’ottica rossa
appena prima che Bustin scartasse di lato.
«Bel
colpo. Questo posto pullula di
quelle bestiacce, e purtroppo per noi sono brave a seguire le tracce.
Quello
che ci servirebbe però potrebbe essere qui intorno,
c’è stata parecchia
pioggia…» mormorò il minicon, cercando
con lo sguardo qualcosa sul terreno
mentre continuava a zigzagare e nascondersi dietro ai tronchi ogni
volta che
avvistava un insecticon.
«Sono
bravi a seguire le tracce ma nessuno di
noi due è indifeso, sbaglio? L’avresti
ammazzata» disse Nickel, cerando di
tenere la voce bassa e ignorando il discorso riguardo la pioggia
«Airachnid.
Avevi puntato al processore, se non si fosse spostata-»
«Naturalmente»
confermò candidamente
Bustin «Come avresti fatto tu, Nanetta».
«Ti
ho già detto di non chiamarmi in
quel modo, grandissimo stronzo» ringhiò la minicon
«Pensi che salvandomi da una
situazione in cui tu mi hai messa
faccia sì che ti odi di meno?»
«Non
sapevo che ci fosse gente nella
foresta. Volevo tenerti lontana dal problema, non infilarti in mezzo a
uno più
grosso» replicò Bustin «Avevo anche
lasciato Helex con te proprio per sicurezza
e… trovata!» esultò dopo aver
adocchiato una grossa e profonda pozza di fango.
«Non
osare, no, no, N-»
Ignorando
le sue proteste, Bustin la
lasciò cadere nella pozza e poi si gettò dentro a
sua volta.
La
voglia di ucciderlo di Nickel, ricoperta
di fango sempre più allibita per tutta la situazione,
salì di ulteriori dieci gradini.
«Il
fango attenua il calore nei
nostri corpi, nasconde l’odore e ci rende meno
visibili» spiegò il prioniano
«Sarà più facile trovare un posto in
cui nascondersi nell’attesa che gli
insecticons si allontanino per un motivo o l’altro e di poter
volare via».
Aveva
senso, però Nickel era furibonda
lo stesso. «Attesa? Io non intendo passare con te un minuto
più del necessario»
ribatté duramente mentre usciva fuori dalla pozza e cercava
di nuovo di
contattare la squadra pur sapendo che era inutile.
«Odiami
pure, ma lascia che ti aiuti
a restare online» replicò l’altro,
avvicinandosi.
La
calma di Bustin era un tratto che
Nickel un tempo aveva apprezzato, ora invece la tranquillità
con cui lui
reagiva alla sua giusta rabbia riusciva solo a peggiorare il suo stato
d’animo.
Lo avrebbe preso a schiaffi, gli aveva detto di volerlo morto e di non
voler
stare con lui un minuto di più, e a lui di tutto
ciò non importava niente.
“E
a me non dovrebbe importare del
suo disinteresse, se è per questo”
pensò “Non dovrei-”
Prima
che potesse andare avanti a
pensare, Bustin le saltò addosso all’improvviso,
le mise una mano sulla bocca e
la trascinò all’interno di un grosso cespuglio.
Benché fosse diventata molto
pratica di autodifesa, la stretta dell’altro minicon era
molto salda e la stava
tenendo in un modo tale da limitare ogni libertà
d’azione… eccetto quella di
mordergli una mano.
Affondò
i denti sulle sue dita e
strinse, strinse fino a sentire il sapore dell’energon sulla
sua lingua, ma lui
non lasciò la presa, limitandosi a cambiare posizione per
tenerla ferma col
proprio peso, liberare l’altra mano e indicarle qualcosa: tre
insecticons che
si trovavano esattamente dov’erano loro pochi secondi prima,
per la precisione.
Nickel
sgranò brevemente i sensori
ottici, poi li chiuse rendendosi conto che gli insecticons avrebbero
potuto
notarne il bagliore azzurro, e dopo aver smesso di mordere la mano di
Bustin
iniziò a tremare leggermente; non per la paura, nemmeno per
la tensione, ma per
la rabbia e la confusione che l’avevano
accompagnata senza mai lasciarla da
quando lo aveva rivisto
a Jasper
e che peggioravano sempre di più.
Forse voleva
davvero proteggerla, ma perché? Lei lo odiava, lo aveva
anche ferito, quindi
perché non l’aveva abbandonata al suo destino?
«Ti
farò uscire da tutta questa cosa»
sussurrò lui quando gli insecticons si furono allontanati
abbastanza «Non
doveva succedere».
Per
Nickel sarebbero state tante le
cose che non sarebbero dovute succedere, e quella era solo
l’ultima di una
lunga lista.
Scrollarsi
di dosso quello che ancora
purtroppo la legava a lui sarebbe stato ancor più difficile
di quanto avesse
immaginato.
***
Barcollante,
ferito, coperto di
fluidi e di interiora ma ancora abbastanza energico da riuscire a
trascinarsi
fuori dalla foresta, Helex riuscì finalmente a collegarsi al
comm-link di Tarn.
«Tarn!
Tarn, riesci a sentirmi?! Ta-»
–
Ti
sento forte e chiaro e siamo riusciti a localizzare la tua posizione,
saremo lì
tra poco. Aprirei un Ponte ma ora come ora non c’è
da fidarsene, quindi useremo
un’astronave piccola della Nemesis –
disse Tarn – Aggiornami…
e fammi il favore, dimmi che Nickel è insieme a te ma per
qualche motivo non si riesce a captarne il segnale. –
«Io
potrei anche dirtelo, ma non
sarebbe… hhhg… vero!» replico il
Decepticon facendosi forza e continuando ad
allontanarsi dagli alberi. Più distanza metteva tra se
stesso e gli
insecticons, meglio era «Ci sono degli insecticons, io ne ho
visti cinque ma
temo che siano molti di più, li ho affrontati e ho detto a
Nickel di volare lontana
dalle loro interferenze, lei l’ha fatto, io sono rimasto
lì a battermi, poi a
un certo punto mi hanno lasciato perdere» aggiunse
«Non ho capito il motivo, e…
speravo che Nickel fosse riuscita ad allontanarsi e a contattarvi, ora
spero
che stia bene e sia riuscita a nascondersi. Ma che è
successo?! Perché siamo
finiti qui?!»
–
Era
un'imboscata nella quale siamo caduti appena abbiamo messo piede nel
Ponte, se non
quando i segnali di quelle astronavi sono stati captati.
–
«Tendere
un’imboscata a noi?
C’è da essere pazzi. Quante parti
del corpo gli avete staccato?» domandò, intuendo
dal tono di Tarn che la
pratica Specter -ove era compreso solo lo Specter maschio, dato che
Lilleth adulta
era sempre Lilleth, per fortuna- non era stata archiviata come
avrebbero
voluto.
Da
parte di Tarn ci fu una breve
pausa di silenzio.
–
Temo
di
doverti rispondere “nessuna”. A causa di Spectrus,
Tesarus al momento è
nell’infermeria della Nemesis, è accecato e con la
camera Scintilla
danneggiata. Dovremmo avere ulteriori notizie tra poco. Io, Vos e Kaon
siamo a
posto.–
«Ha
buttato giù Tess?! Non è
possibile!» esclamò Helex, incredulo, prima di
ricordare che fare troppo rumore
era una pessima idea.
Alla
preoccupazione per Nickel, che
già era alta, si aggiunse anche quella per il suo compagno
di stanza. Non
riusciva neppure a immaginare Tesarus messo così male da
aver bisogno di essere
trasportato d’urgenza in infermeria, di solito erano gli
avversari a finire
male, la loro squadra aveva trucidato perfino dei Phase Sixer in
passato, e i
Phase Sixer erano in grado di massacrare da
soli dei battaglioni di oltre tremila persone*.
Forse però il
punto era quello: “la loro squadra” aveva ucciso
transformers terribilmente
potenti, l’avevano fatto tutti insieme, e invece in quel
frangente erano stati
divisi fin da subito. “Dividi e distruggi”.
–
A
quanto sembra invece lo è. Ci ha -anzi ci hanno- sorpresi
una volta ma non accadrà di
nuovo, avremo la giustizia che meritiamo –
affermò Tarn. Sebbene si stesse
controllando, Helex riuscì comunque a percepire una certa
ira nella sua voce – La DJD intera
se ne andrà viva da questo
pianeta quando sarà il momento, o non mi chiamerò
più Tarn. –
«Siamo
usciti vivi da cose peggiori,
ultimamente» disse Helex, più a se stesso che a
Tarn, prima che la
comunicazione si interrompesse e sperando in bene.
L’astronave
non impiegò molto ad
arrivare, e da essa scesero Tarn, Vos, Kaon e qualche vehicon. Altri
rimasero
nella nave.
«Sali»
ordinò Tarn a Helex «Da qui in
poi ci pensiamo noi, e non usciremo da quella foresta senza
Nickel».
Considerando
le proprie ferite e l’umore
nero del suo comandante, il grosso Decepticon non si mise a obiettare e
obbedì.
«Andiamo»
disse poi Tarn.
Grazie
alla sua abilità da outlier la
presenza degli insecticons non lo spaventava affatto, anzi, riuscire a
far
esplodere qualche testa con il suo doppio cannone a fusione sarebbe
stato un
utile sfogo. Non aveva ancora parlato di persona con Megatron ma il
pensiero di
dover discutere la disfatta subita era pesante come un macigno, allo
stesso
modo in cui era pesante l’idea di rischiare di perdere
Nickel.
Pensare
che la missione su quel
pianeta avrebbe dovuto essere facile!...
Si
addentrarono tra gli alberi e
percorsero varie decine di metri, inconsapevoli che a un certo punto la
loro
presenza fosse stata percepita.
Airachnid
non poteva vederli, solo "localizzarli" coi sensori ambientali, ma era
ancora lì, nascosta tra le foglie, e si stava arrendendo
all’idea di dover fare
la cosa più sensata: togliersi di torno.
Con la minicon si era data delle arie,
non senza motivo in condizioni normali, ma era netto chi avrebbe vinto
tra un
insecticon, o più d’uno, e un mech capace di
uccidere chiunque con la propria
voce, non limitato dal dover spegnere una Scintilla per volta. Il suo
alveare
le serviva ancora, attaccare la Nemesis -una volta che la DJD fosse
stata a
debita distanza- era qualcosa che intendeva fare in ogni caso, non
avendo
rinunciato ai suoi propositi.
“Disperdetevi”
ordinò telepaticamente
ai suoi insecticons.
La
caccia e la vendetta erano solo
rimandate.
***
Raggomitolata
contro la roccia e illuminata
unicamente dal chiarore fioco del candido satellite terrestre ormai
sorto nel cialo notturno, Nickel non faceva che posare lo sguardo
alternativamente su Bustin e
sull’esterno del loro nascondiglio di fortuna.
Continuando a vagare nella
foresta nel modo più silenzioso possibile erano riusciti ad
arrivare in una
parte della foresta dove il terreno si faceva più roccioso,
con ammassi di
pietra inclusi, e tra essi ne avevano trovato uno con un crepaccio
abbastanza
grande da far passare a turno entrambi. Avevano nascosto
l’entrata e, sempre
sperando che il fango continuasse a fare effetto, avevano deciso di
aspettare
lì che gli insecticons rinunciassero alla loro
caccia… o che iniziassero a
massacrarsi tra loro come quelli di prima. Lei di sicuro non riusciva
proprio a
capirle, quelle bestie.
“Non
posso contattare nessuno, non
posso andare via senza attirarmi dieci bestie dietro, non so come stia
Helex,
non so come stiano gli altri e, come se non fosse sufficiente, sono qui
con il
mio ex fidanzato che cerca di salvarmi la vita. Non so dire cosa sia
peggio”.
«Se
hai bisogno di una ricarica falla
tranquillamente, sto di guardia io».
“No,
non è vero, in realtà se penso
solo a me so benissimo
cos’è peggio”
concluse Nickel, fulminando l’altro minicon con
un’occhiata poco incoraggiante.
«Col cazzo».
«Non
credo che funzionerebbe come
arma contro gli insecticons, pur con tutta la buona
volontà…»
Nickel,
sentendo un principio di mal
di testa, si coprì il volto con le mani. «Forse
sarebbe stato meglio farmi
mangiare da uno di loro» mormorò «Molto
meglio».
«Questo
sarebbe stato spiacevole
considerando che sono qui per salvarti».
«Perché?»
domandò stancamente la
minicon «Io ti odio».
«E
ti capisco. Io però non ti odio,
Nanetta, tutt’altro».
«Se
mi chiami in quel modo un’altra
volta mi metto a urlare e faccio divorare entrambi per davvero, ti
avviso».
«Mi
viene istintivo» disse Bustin
«Sarà che mi ricorda tempi migliori».
«Che
tu hai fatto finire»
sibilò Nickel, stringendo i pugni «Tu, non io,
e in un modo schifoso».
«È
vero. Però, riprendendo il
discorso dell’altra volta, pur essendomi comportato male
torno a dirti che io
non c’entro con quel che è successo a casa nostra.
Anzi, la notizia che della
Black Block Consortia ormai è rimasto poco e niente, e
peggio verrà, mi rende
alquanto contento».
«“Poco
e niente”?» ripeté Nickel, suo
malgrado interessata.
«Anche
quella come ogni gruppo ha
bisogno di finanziatori. La quasi totalità di essi erano
persone con un potere
economico decisivo nei loro pianeti d’origine»
disse Bustin «E dico “erano”
perché nel tempo sono stati vittime di attacchi speculativi
alle loro aziende e
poi alla moneta, cosa che ha portato crisi, recessione, fame, guerra e
morte
nei loro mondi. Chi tra loro non è ancora morto è
in disgrazia. Ecco perché
dico che ormai della Black Block Consortia è rimasto ben
poco. Puoi trovare
tutto leggendo le sezioni giuste dei siti di news su
extranet».
«Nulla
di questo mi era mai
capitato sotto le ottiche» commentò Nickel.
Se
quel che le aveva detto Bustin
fosse stato vero sarebbe stata la notizia migliore della giornata,
nonché la
prova che forse c’era davvero un dio da qualche parte,
benché la dottrina
Decepticon lo negasse.
Continuò
a osservarlo. Si sentiva
così stanca, era tutto così strano, doloroso,
contrastante nella voglia di
tartassarlo di domande e di non parlargli affatto. Svegliarsi sulla
cuccetta e
scoprire di aver avuto un lungo incubo era chiedere troppo?
«Dato
che purtroppo siamo qui, devi
farmi capire una cosa» disse poi la minicon «Ossia
cosa ti è saltato nel
processore quando hai deciso di metterti con un bastardo che ha anche
tentato
di uccidere la propria sorella. È qualcosa che non
capisco».
«Quel
che ha fatto Spectrus in tal
senso è così grave per il tuo capo? Potrei dire
“per la tua squadra”, ma alla
fine è lo stesso. Credevo che mi avresti parlato degli
attacchi ai Decepticon
come prima cosa. Curioso».
«Senti-»
«Penso
che la risposta alla tua
domanda trovi posto in un quadro che magari è più
ampio di quanto avessi
immaginato» continuò Bustin «Forse
ricordi che io, contrariamente a te, ho
sempre creduto nel destino. Ho la sensazione che si stia arrivando a un
punto
di svolta per quanto riguarda gli equilibri della nostra specie, quella
dei
transformers in generale» disse «E ho la sensazione
che aver incontrato
Spectrus Specter mi stia permettendo di partecipare: se assistendo,
contribuendo poco o contribuendo molto non lo so ancora, un
po’devo anche
deciderlo io stesso. Quel che invece so per certo è che lui,
come coinquilino,
garantisce parecchio intrattenimento. Fa qualche disastro interessante,
sebbene di solito lo faccia in piccolo. Non guardarmi in quel modo, mi
hai fatto
una domanda e ti ho risposto».
«Della
tua risposta ho capito solo
l’ultima parte… e non mi piace»
ribatté Nickel «Stai con quel mostro per
“intrattenimento”? Sul serio?!»
«Detto
da chi abita a Tarnlandia
suona divertente. Tu perché stai con i tuoi, di
mostri?»
«Perché
sono una Decepticon, perché
odiano gli organici quanto li odio io e perché quelli che tu
chiami “mostri”
avrebbero potuto terminarmi quando mi hanno trovata sola tra le rovine
di
Prion, invece mi hanno dato una casa, una famiglia, un lavoro. Se ho
una vita
dignitosa è grazie alla DJD, non a te che sei solo in grado
di sputare su di
loro, di cercare di farli fuori e che, a conti fatti, non mi hai
lasciato niente
se non-»
«I
ricordi e tanta rabbia».
«Sì.
E comincio ad avere la sensazione che, nonostante quel che
dici, tu abbia
architettato tutta questa situazione proprio nel tentativo di
confondermi e
farmi credere che ti interessi qualcosa di me, cosa che invece non
è, perché...
aah, ma che mi importa ormai?!» sbottò Nickel,
sempre a bassa voce.
«Ho
sempre adorato la tua tendenza a
far capire benissimo cosa pensi di una o dell’altra cosa. In
ogni caso, no,
anche quest’accusa è sbagliata. Non ti
nasconderò che Spectrus me l’aveva
suggerito, ma io
ho rifiutato. La mia stima di te è quella che avevo allora,
dunque non
cercherei di farti cadere in una doppia trappola. Nickel, in tutta la
mia
esistenza tu sei stata la sola per cui abbia provato qualco-»
«Non
voglio ascoltarti, non provarci
nemmeno, non provarci»
sibilò lei,
chiudendo i recettori audio con le mani «Se fosse stato vero
ti saresti
comportato diversamente allora e adesso, il resto sono tutte stronzate,
nient’altro».
«Non
credere a quello che dico è un
tuo diritto. Io però sono serio» disse Bustin
«Voglio che tu resti viva e
serena, ed è anche per questo che il mio consiglio
è di lasciare i Decepticon
appena possibile e di ricominciare un’altra vita da
un’altra parte come medico
e senza Tarnlandia di mezzo. In futuro credo di poterti aiutare
in questo senso».
Nickel
gli lanciò un’occhiata piena
di disprezzo. «Non ti rispondo nemmeno».
«Vi
trovate in una situazione più
precaria di quel che credete. Poco prima che foste arrivati nella
Nemesis-»
«E
non ci siamo certo arrivati grazie
a te».
«Ho
avuto modo di sentire certe cose
che mi hanno spinto a fare certe ricerche. A quanto pare la tua squadra
è una
delle cose di cui Megatron si pente di più, Tarn
è una delle cose di cui si pente di
più».
«Stai
zi-»
–
“Aver deciso di togliere
un Glitch dalla
sua miseria, potenziarlo, metterlo a capo di un gruppo di inquisitori e
lasciare che arrivassero a certi livelli solo perché mi
faceva comodo avere
gente simile che fosse pronta a scattare al mio comando è
una delle cose che mi
rimprovero di più insieme al mio contributo alla distruzione
di Cybertron.”
–
Bustin smise di riprodurre la registrazione.
«Non prova niente»
disse Nickel «Crearne una falsa è un
giochetto per te, e comunque la parte del glitch non ha
senso».
«Vero, sarebbe facile, ma non ne
ho bisogno. Come ti dicevo,
sentire questo mi ha spinto a fare qualche ricerca: ho trovato
pochissimo
materiale, hanno visibilmente cercato di cancellare il tutto, ma quel
che è
saltato fuori è che esisteva un outlier di nome Glitch che
è stato sottoposto
all’empurata. Sai cos’è
l’empurata».
Più Bustin andava avanti e
più lei aveva la sensazione di
non voler sapere nient’altro. In ogni caso
s’intimò di non credere a una
parola, non c’erano ancora prove. «Non sono
un’ignorante. Quindi? Potresti aver
montato ad arte tutta la storia, per quanto ne so».
Bustin tese verso di lei il suo datapad
personale. «Sono
riuscito a trovare anche un’immagine. Ti dice
qualcosa?»
Un robot arancione con un singolo occhio
azzurro e pinze
al posto delle mani.
Sulle prime Nickel era pronta a negare, poi
un ricordo si
fece strada nella sua mente.
“Mi sembra di vedere
un… cadavere con un braccio teso? Sbaglio? E ha qualcosa in
mano” disse Nickel.
“Non sbagli”
confermò
Helex “E quel che ha in mano, anche se quella non
è propriamente una mano, mi
sembra una chiave identica alle altre due. Giusto, Tarn?”
Quando erano stati intrappolati nel gioco
delle sorelle
Shaula, Tarn era stato obbligato a prendere da un cadavere la chiave di
cui
avevano bisogno. Il cadavere poi gli aveva parlato, lo aveva afferrato
e Tarn
quindi gli aveva schiacciato la testa.
Dopo aveva fatto finta di niente ma Nickel
aveva capito che
c’era qualcosa che non andava, e ora tutto aveva molto
più senso: Tarn aveva
visto il “cadavere” del vecchio se stesso.
Bustin però non poteva sapere di
questa cosa, non poteva
immaginare che mostrandole quell’immagine l’avrebbe
riconosciuto e, se quello
era vero, c’erano alte probabilità che fosse vero
anche tutto il resto.
Airachnid non aveva forse detto una cosa analoga riguardo il fatto che
Megatron
non li apprezzasse?
«Dalla faccia direi che non ti
sia nuovo. Ora capisci
cosa intendo quando dico che vi trovate in una situazione precaria? Se
Frollo- ahem,
Tarn, venisse a saperlo sarebbe una tragedia, ma anche non saperlo lo
rende
cieco di fronte a possibili pericoli per se stesso e per te. Magari non
accadrà, ma cosa ti garantisce che Megatron a un certo punto
non decida che non
siete più necessari e quindi di provare a mandarvi a morire?
Per Tarn una cosa
del genere sarebbe inconcepibile ma tu ora sai che non è così. Non voglio
una cosa del genere per te, per questo ti ho dato quel
consiglio».
«Dopo questo, più che
di “consiglio” mi sa di minaccia» fu
la fredda replica di Nickel «Anzi, mi stupisce che tu non
abbia già sganciato
la bomba, considerando con chi stai. Perché non
l’hai fatto? Perché, a tuo
dire, la stai usando per avvertirmi e basta?!»
«Perché forse non
sarà necessario usarla per altro» rispose
l’altro minicon, pacato «E per la stessa ragione
che stasera mi ha portato qui.
Io non ti odio, non l’ho mai fatto e non lo farò
mai».
La proverbiale goccia che faceva traboccare
il vaso: evitando
di urlare e di usare una pistola laser che avrebbe prodotto un
po’troppa luce,
Nickel afferrò una chiave inglese e decise di saltare
addosso a Bustin con l’intento
di riempirlo di botte una volta per tutte.
«Non è una buona ide- ah!»
esclamò il prioniano osservando il solco lasciato della
chiave inglese che si
era abbattuta sulla pietra.
«È l’idea
migliore che abbia avuto da quando sono arrivata
in questa foresta!» ribatté Nickel, riuscendo a
bloccarlo contro una parete e
puntandogli la pistola contro il petto.
Riuscì a stento a trattenere
un’esclamazione esasperata
quando, dopo una brevissima lotta, le parti si invertirono e fu lei a
trovarsi
entrambe le mani bloccate; lui invece ne aveva ancora una libera, e i
loro
corpi erano troppo vicini.
«Ti ho già detto che
non hai niente da temere da me, non ho
in mente di farti niente» disse Bustin, forse notando una
qualche espressione
sul viso di Nickel «Quindi forse hai paura di quel che hai in
mente tu in questa
situazione».
Nickel non gli rispose, cercando invece di
liberarsi e
desiderando che i segnali did Tarn, Vos e Kaon fossero ancora
più vicini.
“Un momento! Sento i loro
segnali?!” si rese conto “Allora
anche loro adesso stanno sentendo il mio! Per forza!”
Pensare a Tarn le ricordò un
dettaglio fondamentale: il
registratore nel suo scomparto. Poteva lasciarlo cadere, attivarlo,
paralizzare
Bustin e poi… e poi…
“Avrà la fine che si
è cercato” pensò, leale alla sua nuova
famiglia.
Il registratore cadde a terra e lei, prima
che Bustin
potesse fare qualsiasi cosa, premette il pulsante con un piede.
Staccò i
recettori audio appena sentì i leggeri crepitii che
precedevano le parole di
Tarn.
– “Se
stai sentendo
questo messaggio, congratulazioni: stai per morire”.
–
Nickel conosceva il contenuto del messaggio
e la durata,
dunque aveva fatto anche dei conti riguardo il momento in cui
interrompere la
riproduzione. Non voleva ucciderlo in quel modo, poteva essere una
fonte di
informazioni riguardo Spectrus. Tarn e gli altri sarebbero stati in
grado di
tirare fuori da lui tutte quelle che servivano.
Forse una volta morto Bustin lei avrebbe
smesso di
sentirsi così confusa. Lacerata, quasi.
– “Non
so chi tu sia e
non ho bisogno di saperlo. La sola cosa che conta è che sei
reo di aver provato
a fare del male alla mia amica. Dunque, è tempo
di-… –
Bustin liberò Nickel dalla sua
presa, si chinò, prese il
registratore e lo spense.
Dei gesti così semplici, così comuni.
«La qualità non
è granché e l’efficacia neppure, ma
immagino
che tra la paura e la suggestione cosette del genere abbiano fatto
qualche
vittima in ogni caso» disse il minicon, prendendo una mano di
Nickel e
restituendole il registratore «Devo ammettere che come voce
starebbe bene su un
audiolibro».
«Come…»
balbettò Nickel, che aveva riattivato l’audio
appena
lo aveva visto muoversi, con le ottiche sgranate
«Cosa…»
«Riesco a sentire il segnale di
Spectrus in lontananza,
dunque immagino che gli insecticons si siano allontanati e che i tuoi
amici
siano in arrivo. Tieni a mente quel che ti ho detto prima, Nanetta,
perché posso
provare a tenerti al sicuro dal peggio, ma non da tutto… e
riguardo l'essere vicini a un punto di svolta
io ci credo davvero».
Quel che accadde dopo fu molto confuso:
Bustin uscì dal
crepaccio, le parve di sentirlo dire a qualcuno un
“Giornataccia?”, di
sentire e vedere alcuni spari, ma tutto quello a cui riusciva a pensare
era alla
sua stanchezza e al fatto che il registratore -la sua arma estrema di
difesa,
che in vari casi l’aveva fatta sentire ben più
sicura di quanto sarebbe stata
senza- non avesse funzionato.
Era colpa del dispositivo? Non lo era? I
gorgoglii degli insecticons andati fuori di testa erano veramente
familiari?
Tarn era stato veramente Glitch e Megatron si era veramente pentito di
aver
creato la squadra?
Bustin voleva davvero proteggerla e non la
odiava?
E lei, lei,
davvero lo odiava soltanto?
Non era in grado di rispondere ad alcuna di
queste domande,
non aveva certezze.
«Nickel!»
Non aveva certezze, se non i volti e la
presenza di tre dei
suoi compagni di squadra.
* Non ho inventato io la cosa dei Phase Sixer, sono OP a bestia per
davvero xD Un esempio è qui.
Non sarebbe dovuto venire un capitolo così lungo, e invece
:’D spero che
non vi abbia annoiati.
Nel prossimo capitolo dovrebbe esserci un timeskip,
perché c’è
altra gente che devo far vedere e una trama da mandare avanti. Mi dico
tutto da
sola *clap clap*
Grazie a chi sta continuando a leggere il
tutto! A presto,
_Cthylla_
|
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Capitolo 14 *** 14 - Pensare è pericoloso ***
14
(Pensare
è pericoloso)
“Non
ti avvicinerai più a lei”
“Non parlerai di lei”
“…di
lei”
“Non dovrai neanche
pensare a lei”
“Sarai d’esempio per
chiunque pensi di poter toccare un membro della mia squadra senza
conseguenze”
“Per chiunque pensi di
poterla toccare senza conseguenze”
“Lei, lei…”
“Se
lei è nulla, tu cosa credi di essere?”
Il
volto delicato e gentile di
Spectra dietro i rami di mimosa che lui le aveva regalato.
Sensori
ottici rossi come il fuoco
dell’Inferno sotto una maschera di metallo pesante.
Starscream
tenne fede al nome che i
suoi creatori gli avevano imposto e urlò.
***
Stralci
di conversazioni.
«…bianco
e blu insieme, Lord
Megatron, si rende conto? Non riesce a sopportarne la vista, se si
sveglia e
vede quei colori insieme riprende a urlare, tutto perché gli
ricordano quell-»
«“Quell’amabile
fanciulla”, Knockout.
Dire qualsiasi altra cosa sarebbe controproducente per te, non si sa
chi
potrebbe sentirti. In ogni caso concorderai con me sul fatto che
nessuno ha
obbligato Starscream a cercare di fare nuovamente
qualcosa che io avevo disapprovato e per cui era già stato
punito, giusto?»
«Sì,
Lord Megatron, ma questo non
cambia il fatto che in queste condizioni non possa tornare operativo!
Ho
perfino dovuto mettere un divisorio tra lui e quel mastodonte
laggiù».
«A
tal proposito, quali sono le
condizioni di Tesarus?»
«Stabili.
Presto dovrebbe essere
possibile spostarlo nella
Peaceful Tiranny,
o almeno spero, così non avrò più il
resto della DJD col
fiato sul collo. Io però sono ancora attonito che del fatto
che Specter sia
riuscito-»
Altre
urla.
In
un qualche angolo remoto del suo
processore, Starscream comprese che ancora una volta erano le sue.
***
«Affermativo,
Lord Megatron, gli
esperimenti condotti nel corso dei vorn mi hanno fruttato sufficienti
conoscenze nel campo della mnemosurgery per intervenire su
Starscream»
«Lord
Megatron, vuole veramente
lasciare che Shockwave-»
«Sì,
Knockout, considerata la
situazione credo che sia l’opzione più
rapida».
«Confermo.
La mia sola domanda dunque
è quanto vuole che vada in profondità».
«Solo
quello che basta per far sì che
non inizi a urlare in posizione fetale ogni volta che si trova davanti
la Decepticon
Justice Division o sente nominare uno dei due Specter. Però
se continuasse ad avere un certo senso di rigetto per il blu
accostato al bianco, nonché ad allontanarsi come se lo
inseguisse l’Unicron in
caso veda la ragazza, non avrei niente in contrario. Sarebbe un peccato
sprecare una così preziosa lezione».
«Procedo».
«Dimenticavo:
come procedono i tuoi
esperimenti con il CNA ai quali stai dando la precedenza rispetto a
quelli
sull’energon sintetico, contrariamente a quanto ti avevo suggerito?»
«La
mancanza di materia prima sulla
quale utilizzare il CNA rende i miei esperimenti con esso…
fallimentari.
Tornerò a concentrarmi sull’energon sintetico,
sebbene la formula continui a
essere instabile anche dopo alcuni miei tentativi».
«A
fare un buon Decepticon è anche la
tenacia, Shockwave».
***
Starscream
aprì lentamente i sensori
ottici.
Rumori,
vista, sensazioni e pensieri gli
giungevano ovattati. Era una sensazione familiare, non era la prima
volta che
si risvegliava nell’infermeria della Nemesis dopo essere
stato anestetizzato
per subire questo o quel trattamento.
«Buongiorno,
raggio di sole! Come
andiamo?»
Dopo
aver sbattuto le palpebre
metalliche un paio di volte, il seeker riuscì a mettere a
fuoco Knockout.
Sbuffò per il solito tono ironico che l’altro gli
aveva riservato. «Come
andiamo… come se mi avessero calpestato venti insecticons,
più o meno. Però…»
borbottò «Mi sento curiosamente leggero, come
se-»
Come
se gli fosse mancata totalmente
una gamba, come l’altra gamba fosse stata sostituita da un
bastone metallico,
come se fosse stato incapace di muovere ali che non c’erano
più.
Quelle
al momento erano le sue
condizioni, e rispetto a quando era finito nell’infermeria
della Nemesis era
già un nettissimo miglioramento.
«Le-le-le
mie-» balbettò «Le mie… le
mie-»
«I
pezzi di ricambio al momento
latitano, ho fatto quel che ho potuto. La protesi alla gamba
è temporanea,
comunque» disse il dottore, osservando Starscream con una
certa attenzione
«Ricordi cos’è successo?»
Il
secondo il comando aprì la bocca
per rispondere. Immagini, suoni e il ricordo del dolore invasero il suo
processore ma, pur tremando come una foglia, non si mise a urlare
né perse il
senso della realtà.
Era
stato vittima della DJD ed era
sopravvissuto, o meglio, avevano lasciato che sopravvivesse.
Lo avevano
macellato perché aveva cercato di fare del male a
“Lei”.“Lei” non aveva mai
accennato al fatto di conoscere Tarn e che questi avesse una simile
considerazione
della sua persona.
Erano
tante le cose che “Lei” non gli
aveva accennato, erano tanti i motivi per decidere di non incontrarla
mai più.
Il pensarla, anche solo come “Lei”, gli dava un
senso di nausea e di terrore:
non avrebbe neanche dovuto pensare a “Lei”, Tarn
glielo aveva detto, e lui
doveva eseguire quell’ordine, altrimenti…
«Difficile
dimenticarlo» disse
Starscream «Molto difficile».
Notò
il divisorio. Curioso come suo
solito, fece per sporgersi e dare un’occhiata.
«C’è
Tesarus della DJD lì dietro,
quello col buco sul petto» disse il medico
«Immagino che abbia rimpianto di
averlo quando Spectrus ha trovato il modo di devastargli la camera
Scintilla
passando da lì».
“Le
reazioni riguardo Spectrus
sembrano le solite, bene” pensò Knockout
osservando il seeker “Prima gli
bastava sentire ‘Spectr-’ per spaccarsi la scatola
vocale a suon di grida”.
«Ha
fatto cosa?! Come…» Starscream fece un
respiro profondo «Beh, che dire»
commentò poi, pianissmo per non farsi sentire da chiunque
non fosse Knockout ma
cercando di ritrovare un briciolo di compostezza «Una cosa
buona l’ha fatta».
«Lieto
di vedere che l’intervento di
Shockwave sul tuo processore abbia funzionato, ora somigli un
po’più a te
stesso» osservò il medico.
«L’intervento
di chi?! Shockwave ha giocherellato
col mio processore?!» esclamò Starscream.
La sua voce era molto più rauca di quanto ricordasse.
«Su
ordine di Lord Megatron. Era la
soluzione più rapida, ha detto, ma l’ha fatto
agire limitatamente al renderti
di nuovo operativo e non andare fuori di testa ogni volta che vedi la
DJD o che
senti nominare…» esitò Knockout, prima
di concludere che anche quella prova
andasse fatta «Spectra».
«Non
parlare di “Lei”!»
gridò il secondo in comando prendendosi la testa tra le
mani «Non devo pensarla, non devo pensarla, non devo
pensarla… non devo
pensarla» bisbigliò, riuscendo a ritrovare un
po’di calma qualche istante dopo
«Non dovresti farlo nemmeno tu».
«Ben
detto» esordì Tarn entrando
nell’infermeria «Vedi, dopotutto non sei un caso
disperato, occorreva soltanto
trovare il giusto metodo d’insegnamento. Cosa ne dici,
dottore?» domandò poi a
Knockout, ignorando il fatto che Starscream si fosse rannicchiato sul
lettino a
fissarlo con gli occhi sbarrati.
«Ne
dico che ho dovuto fare parecchi
straordinari per colpa di questa “lezion”-ehm,
sì, naturalmente è stata severa
ma molto efficace. Io comunque a- d- o- r- a- v- o
quella ragazza, per un po’è stata
anche la
mia assistente e ci siamo sempre trovati così
ben-»
«Naturalmente.
Come sta Tesarus?» tagliò
corto il grosso Decepticon.
«Più
stabile rispetto a questi ultimi
giorni, dalle mie previsioni dovrebbe riprendere conoscenza tra oggi e
domani e
in ogni caso può essere trasferito nella Peaceful
Tiranny» rispose pronto
Knockout.
«Molto
bene. Finalmente il mio medico
potrà prendersene cura più da vicino»
disse Tarn.
Quella
era una buona notizia per
Knockout considerando che il medico in questione era una rottura di
scatole
immensa e aveva avuto da ridire su buona parte di quel che aveva fatto,
quando
invece secondo lui avrebbe dovuto solo essergli grata per aver iniziato
a
rattopparlo mentre lei era dispersa.
Tarn
si accordò brevemente riguardo
il trasferimento di Tesarus e si congedò poco dopo, con gran
sollievo tanto di
Starscream quanto di Knockout stesso, che diede una prudente occhiata
fuori
dalla porta prima di tornare a parlare con il secondo in comando.
«Andato.
Non vedo l’ora che si levino
di torno… in un modo o nell’altro» disse
il medico Decepticon.
«Perché
mai? Avete in comune qualcuno
che “a- d- o- r- a- t- e”»
replicò, acido, il seeker «Ipocrita».
«Questo
corpo è troppo perfetto
perché che venga ridotto come il tuo»
ribatté Knockout, delicatissimo come sua
abitudine «E poi tu avevi un medico per ripararti, ma chi
riparerebbe il
riparatore?»
«Considerando
i risultati non so
quanto il riparatore in questione mi sia stato utile! Shockwave ha
messo mano
al mio processore, non ho le ali, una gamba mi manca e
l’altra è un palo dritto
che non si piega» fece notare Starscream sollevando la
protesi in questione.
Nel
compiere quel movimento avverti
una fitta terribile alla schiena, conseguenza dello strappo delle ali,
e il
dolore di quel danno gliene ricordò un altro del quale fino
a quel momento non
si era parlato.
Metallo
sciolto, impensabile dolore all’
inguine che in quel momento era del tutto insensibile, le sue stesse
urla a
rimbombargli nuovamente nella testa. Strinse i bordi della cuccetta con
le mani
-quelle perlomeno erano state riattaccate facilmente- e se non fosse
stato
tanto debole avrebbe lasciato dei segni.
«Knockout,
devo sapere» esordì «Devi
dirmi che fine ha fatto il… cosa c’è
sotto la protezione inguinale adesso che…»
«Oh.
Quello. Tra i vehicons morti
durante gli ultimi attacchi ce n’era uno che aveva ancora
intatta la parte che
serviva, e-»
«Quindi
oltre a tutto il resto mi
stai dicendo che ho tra le gambe il cavo di un altro?!»
esclamò il seeker,
ancor più preda della disperazione di quanto già
fosse.
«Una
volta “guarito” dovrebbe perfino
funzionare, col passare del tempo... guarda il lato positivo, ora la
battuta
“Non verrei nella cuccetta con te nemmeno col cavo di un
altro” ha più
significato rispetto al solito!»
«MA-»
«Oooh,
vedi?» lo interruppe Knockout
vedendo un vehicon entrare con un pacco in mano. Dietro di lui
c’era anche la
manovalanza incaricata di trasportare Tesarus «Sono appena
arrivate le tue ali.
Sarà un’operazione delicata e dovrò
addormentarti un’altra volta» continuò,
avvicinandosi
al lettino e premendo un pulsante «Ma una volta sveglio avrai
qualche lagna in
meno da fare».
«Le
mie non sono lagn…eeeee…»
protestò Starscream prima che l’anestetico facesse
effetto e finisse in
ricarica.
***
«Piano…
piano! State trasportando un
ferito, non dei pezzi di metallo da costruzione, IDIOTI!...
ecco. Andate. Uff» sbuffò Nickel, lesta ad
attaccare
Tesarus ai macchinari di monitoraggio mentre i vehicons uscivano
«Che roba… se
non altro le previsioni di quel sega-componenti che si fa chiamare
chirurgo
sono esatte, Tess, dovresti davvero riprenderti tra poco».
«Knockout
non ha fatto un lavoro poi
così maldestro» riconobbe Tarn per amor di
onestà «Senza il primo soccorso che
gli ha dato chissà se…»
«Colpa
mia che non ero qui perché
avevo insistito ad accompagnarvi, lo so».
«Non
era quel che intendevo».
«Però
è così lo stesso» ribatté la
minicon.
«Abbiamo
già discusso di questo. Io
ho deciso chi portare, io ho deciso di partire senza pensare che
potesse essere
una trappola e, se anche fossi arrivato a intuirlo, non avrei potuto
immaginare
quando sarebbe scattata. Io sono il comandante e voi eseguite i miei
ordini,
dunque la responsabilità della disfatta è mia.
Che Lord Megatron in persona si
sia a dir suo sentito colpevole di non averlo capito quando ci ha
avvisati non
migliora le cose, perché la trappola non giustifica il
fallimento».
Nickel
avrebbe avuto da ridire su
quanto Megatron si sentisse colpevole, però si
concentrò su Tesarus e tacque.
Alla
fine aveva deciso di non parlare
a Tarn di ciò che aveva saputo, tanto di Megatron quanto di
lui stesso. Non ce
l’aveva con lui per non aver parlato del periodo da Glitch
né intendeva
rivelarlo ad altri, Tarn aveva una certa immagine da mantenere, e per
il resto
la squadra aveva bisogno di un comandante lucido. Se avesse
parlato… non
riusciva a immaginare le conseguenze. Ecco perché alla fine
aveva concluso che
sarebbe stata lei a tenere le ottiche bene aperte e guardargli le
spalle.
«Io
avrei potuto almeno… ero da sola
con Bustin, avrei potuto provare-»
«Mi
risulta che tu l’abbia fatto. Di
ciò che coinvolge quel soggetto non ti do alcuna colpa, per
i miei gusti ci
sono troppe stranezze » disse Tarn.
Non
poteva dire di aver visto molto
di quel tizio la sera in cui era andato nella foresta insieme agli
altri -il
dettaglio che gli era saltato di più all’occhio
era stato il candido sorrisetto
sulla sua maschera- ma già prima che li dileggiasse e
riuscisse a scappare non
gli aveva dato una bella sensazione, tanto che quando avevano trovato
Nickel
viva, col jet pack rotto e nascosta nel crepaccio aveva pensato al
peggio. Il
suo medico di bordo -la sua amica.
Non la definiva forse così nella registrazione che avrebbe
dovuto contribuire a
tenerla al sicuro?- era più che in grado di difendersi, ma
la capacità di
reazione poteva cambiare quando si era emotivamente coinvolti, e lei lo
era;
non dubitava della sua lealtà ma non per questo era cieco di
fronte all’evidenza.
Accertato
che i suoi timori riguardo
una forzatura alla connessione erano infondati, tra lui e Nickel era
seguita
una conversazione lunga e difficile. L’altra volta Tarn aveva
creduto che non
fosse necessario approfondire la conoscenza di Bustin, questi aveva
già fatto vedere bene le proprie abilità
tecniche, ma aveva cambiato idea quando
Nickel gli aveva detto che la registrazione non aveva funzionato,
chiedendole
dunque di parlargli di ogni dettaglio che ricordasse -connessioni a
parte,
ovviamente.
Da
quella chiacchierata erano venuti
fuori tanti dettagli che presi singolarmente non erano nulla di che, ma
che
nell’insieme rendevano le cose un po’sospette. Per
esempio: Nickel era stata
insieme a quel minicon diverso tempo e non ricordava di averlo mai
visto
dormire. Il tutto era perfettamente spiegabile col fatto che si alzasse
sempre dalla
cuccetta prima di lei -che, di suo, difficilmente si svegliava nel
mezzo della
ricarica- eppure Tarn non era convinto. Pensando a quel che era
successo col registratore
non sarebbe stato convinto nemmeno che Bustin avesse una Scintilla, ma
da una
risposta ben poco diretta di Nickel aveva intuito che lei potesse
averla vista;
quella sì, il volto invece no, così come non
aveva mai saputo cose precise del
suo background. Quello era già indicativo di quanta
influenza Bustin
avesse esercitato su di lei.
Il
discorso dell’essere poco convinto
valeva anche per tutti i viaggi che quel minicon aveva fatto prima di
conoscerla -“È proprio sicura che sia solo poco
più vecchio di lei?”- e per le
informazioni che aveva dato a Nickel riguardo la Black Block Consortia.
I primi
potevano essere spiegati dal lavoro, le seconde si trovavano davvero su
Extranet
se si sapeva cosa cercare, eppure non si sentiva persuaso. A
risultargli strano
c’era anche il comportamento del trio di insecticons
impazziti senza alcuna
ragione poco prima che Bustin si facesse vedere: erano delle bestie
selvagge e
poteva essere una coincidenza ma, come aveva detto a Nickel, forse no,
specie pensando all’incubo. Anche dopo tutti quei vorn Nickel
aveva ricordato
distintamente di aver sognato Bustin ferito mentre
mutava, diventava un mostro orribile -sempre in grado di
riconoscerla- e la addormentava. Il mattino seguente aveva trovato
tutto in
ordine, a suo dire, e quell’incubo poteva essere stato il suo
inconscio che
aveva tentato di suggerirle che non era il compagno adatto a lei.
Eppure...
«Potrebbe
aver notato che il
registratore era caduto e aver staccato gli audio in tempo»
disse Nickel «Anche
perché sa benissimo qual è la squadra di cui
faccio parte e delle tue capacità.
Poi potrebbe aver detto quel che ha detto solo per cercare di indurmi a
non
usarlo di nuovo».
«Cercare
di trovare subito una
spiegazione razionale è proprio da te» disse Tarn
«E sarebbe anche da me, però
se esistono cose come quelle che abbiamo visto prima di arrivare sulla
Terra…»
Guardò
Tesarus attaccato ai
macchinari. Anche a lui risultava ancora assurdo vederlo
così, quasi come gli
era risultato incredibile vedere Helex usare il datapad di Tersarus per
fare
una telefonata a Scylla. “Più voci amiche sente,
prima Tess si sveglia… forse”
aveva detto il colosso per giustificare la cosa. Tarn aveva preferito
non
fargli ulteriori domande sull’argomento.
«Se
davvero è in grado di manipolare
i processori a distanza come farebbe uno mnemosurgeon o peggio,
perché ha
cercato di fuggire quando l’ho visto in quella cittadina
vuota? Avrebbe potuto
semplicemente addormentarmi e farmi dimenticare come e
perché fossi arrivata
lì» replicò Nickel, voltandosi a
guardarlo «Sarebbe stato più rapido e semplice
per lui».
«Forse
hai ragione e non è in grado
di fare qualcosa di simile» concesse il Decepticon
«O forse non l’ha fatto per
lo stesso motivo per cui io non tento di paralizzarti per capire se la
biologia
di voi minicon reagisce in modo diverso da quella di un transformer
qualsiasi: il
rischio di andare troppo in là… o la certezza. Al
momento però non possiamo
sapere come stanno davvero le cose, dunque direi di limitarsi a usare
cautela. Di non
fidarti di lui lo sai già da sola».
«Infatti
non lo farò».
«E
mi chiedo ancora cosa intendesse
dire con l’aver “quasi raggiunto un punto di
svolta”» aggiunse Tarn.
Era
frustrante non avere il controllo
di una situazione nella quale invece avrebbe dovuto riuscire ad
assicurarsi
facilmente di averne in maniera totale. Gli scritti di Lord Megatron
riguardo
la maniera in cui affrontare e torturare psicologicamente i nemici
erano molto
chiari in proposito, e si era preparato mentalmente
all’incontro con Spectrus
fin dal giorno in cui aveva capito che era stato proprio lui a rapire
la
sorella. Aveva perso il conto delle volte in cui aveva guardato e
riguardato
quel video di sorveglianza -in maniera che Nickel a un certo punto
aveva
definito “ossessiva”- nei giorni successivi, aveva
trovato l’unico particolare
visibile, alias le mani, e l’aveva studiato nel dettaglio,
tanto che quando il
nome di Spectrus era finito nella Lista insieme a delle immagini lo
aveva
riconosciuto subito.
Peccato
che poi tutti gli scenari che
aveva immaginato fossero andati a servicebot, un po’ per
Spectrus stesso, un
po’per colpa di un minicon malefico che agiva in modo poco
chiaro e parlava per
enigmi.
“Cosa
sanno?” si domandò, cercando di
prevedere le loro mosse “Cos’avranno in mente di
fare la prossima volta? Cosa
staranno architettando in questo preciso istante?”
***
“That's
all they really want
Some
fun
When
the working day is done
Oh
girls, they wanna have fun
Oh
girls just wanna have fun!”
«E
come potete vedere i magneti delle
extension vengono attirati verso la testa anche da quaranta centimetri
di
distanza…»
L’atmosfera
nella Jackhammer era ben
diversa da quella che c’era nella Nemesis o nella Peaceful
Tiranny. Cindy Lauper
cantava "Girls just want to have fun" in filodiffusione, Bustin stava
facendo un video che poi avrebbe
postato sui suoi canali social di Extranet e Spectrus ripassava con una
certa
attenzione la struttura fisica dei componenti della Decepticon Justice
Division. Scegliere di farlo in precedenza si era rivelato utile quando
il
piano era andato in porto, dunque dare un’altra occhiata era
la cosa più
sensata, soprattutto perché stando a certe cose che gli
aveva riferito il nano
era possibile che Tarn ce l’avesse con lui per motivi molto
più personali di
quel che aveva creduto -e già da prima che buttasse
giù uno dei suoi macellai.
Non
che a lui cambiasse granché, la
DJD gli avrebbe dato la caccia a prescindere anche senza
quell’ultimo
dettaglio, ma si era sorpreso del fatto che ricordassero sua sorella e
ritenessero grave il fatto che lui avesse cercato di ucciderla. Forse
il suo pensiero
poco serio riguardo il fatto che Frollo/Tarn avesse avuto in mente già allora di portarsi a letto
Spectra
una volta diventata adulta non era così azzardato, o forse
si era legato al
dito il rapimento di per sé per essere stato giocato, e il
resto era solo una
conseguenza.
«La
sola domanda da porsi dunque non
è se resisterebbero o meno a una battaglia, quanto piuttosto
se il vostro
processore può davvero evitare di rovinarsi pur avendo
vicini dei magneti di
simile potenza. Sto scherzando» continuò Bustin a
favor di telecamera mentre
muoveva dei gruppi di extension «Si tratta di un ottimo
prodotto e trovate il
link per l’acquisto qui sotto nella descrizione. Ringrazio
l’azienda Brightcare
per avermi inviato tutti questi campioni, ma soprattutto per aver
permesso al
qui presente Bernie di iniziare il suo percorso verso una felice vita
da Bernarda!»
esclamò, indicando
Smokescreen e la sua testa ora piena di fluenti e fluorescenti treccine
magnetiche rosa «Mi sto commuovendo!»
«Non
ce la posso fare» sospirò
Spectrus alzando gli occhi al soffitto.
Smokescreen
avrebbe potuto lamentarsi
di varie cose, come il fatto di essere stato tenuto quasi sempre in uno
sgabuzzino fino a quando Ultra Magnus aveva viaggiato con loro o di
essere
quasi costantemente sotto blandi sedativi, ma non di essere stato
tenuto in
isolamento; probabilmente però l’avrebbe preferito
rispetto ai concerti del
nano -“The Whole Being Dead Thing”, a Smokescreen
suonava e cantava sempre
quella- e l’essere utilizzato per fare recensioni video di
questo e quel
prodotto.
«Per
fortuna almeno uno di voi due è
collaborativo. Tu le extension non le hai volute provare»
disse Bustin a
Spectrus con tono di rimprovero.
«Ovvio
che no».
«Avrei
impostato il blu come colore».
«No».
«E
comunque Bernie così può davvero
sembrare una Bernarda» osservò Bustin, guardando
Smokescreen con aria pensosa.
«Forse
a qualcuno molto ubriaco,
totalmente cieco e più fatto di sedativi e altra roba di
quanto sia lui. Credo
che quelle sostanze, continuando così, potrebbero causargli
qualche danno a lungo termine».
Bustin
fece spallucce. «Non che sia
un problema».
«No,
in effetti ormai non lo è» si
voltò per dare un’occhiata agli ologrammi della
DJD, poi li spense «Per
niente».
“Some
boys take a beautiful girl
And
hide her away from the rest of the world
I
want to be the one to walk in the sun
Oh
girls, they wanna have fun
Oh
girls just wanna have-”
«Riguardo
la DJD, nano, tu sei
proprio convinto di quel che mi hai detto?»
«Che
ce l’abbiano con te anche per
via di tua sorella? Certo. Ammetto che comincio a essere incuriosito:
se anche
soggetti simili sono presi da lei, forse una ragione
c’è».
«Sarà
l’eleganza della gamba zoppa o
per il fatto che essendo una deficiente matricolata credono di poterle
far fare
quello che vogliono, come io stesso ho fatto per una vita, solo che non
tengono
conto della sua tendenza all’ingratitudine. Immagino che
quella ora l’abbia
notata anche il mio carissimo cognato» commentò
Spectrus «Chissà quanto gli
ridono dietro per questa storia. Non è solo un clown,
è l’intero circo, e tutto
di animali cornuti! Comunque no, non mi riferivo a questo, mi riferivo
all’altra nana. Tu sei proprio convinto di non poterla
corrompere in alcun
modo, nemmeno dopo quel che è successo?»
«Le
sono totalmente indifferente»
replicò Bustin «Te l’ho già
spiegato, è stata molto distaccata e ha cercato di
paralizzarmi o di uccidermi direttamente, di questo non sono sicuro. Se
dovessimo trovare in giro un registratore sarebbe meglio non
accenderlo».
«Dubito
che succederà. Ascolta, le
tue ricerche con i satelliti?...»
«Non
ho visto qualcosa di simile a
tua sorella né a una possibile base Autobot» disse
Bustin «Per i miracoli non
sono ancora attrezzato».
«Mh».
Spectrus
stava macinando qualcosa,
Bustin ormai era in grado di capirlo alla svelta.
«Sai
nano, sto proprio pensando…»
«È
pericoloso».
«Lo
so! Ma l’Harbinger sappiamo
dov’è-»
«E
protetta non è neanche un po’!»
canticchiò Bustin, godendosi la parodia di musical Disney
incidentale*
«No, d’accordo, in realtà adesso che io
sappia ci sono un paio di vehicons.
Cosa intendi farci?»
«Io
nulla» disse Spectrus «Però se in
qualche maniera riuscissimo a spingere Airachnid
nell’Harbinger… sai, adesso è
anche ferita, un posto sicuro dal quale possa anche captare le altrui
comunicazioni e muoversi di conseguenza le farebbe comodo».
«Rivedere
la valvola dopo quasi un
mese sarà emozionante per te» commentò
il minicon.
«Ti
sorprenderà ma non è per quel
motivo, mi è più utile altrove che incatenata a
una parete come l’ultima volta.
Ti rendi conto di cosa mi spinge a dire questa situazione?»
sospirò il mech
«Maledetta Tarnlandia e anche gli insecticons.
C’è di buono che se la mia idea
andasse in porto ci sarebbe un certo quantitativo di caos e ci
libereremmo
degli uni o degli altri senza muovere un dito o quasi».
«L’avevo
detto che pensare era
pericoloso. Cos’hai in mente di fare adesso?»
«Il
benefattore, nano» fu la risposta
di Spectrus, data col suo leggero sorriso arrogante «Anche se
lei non si
renderà conto. Poi ti spiego… come ti suona?
“Spectrus il benefattore”» disse,
per poi voltarsi in direzione di Smokescreen «E in futuro
“Spectrus il misericordioso”».
C’era
chi l’avrebbe pensata
diversamente riguardo quell’ultimo punto ma, onestamente, dei
“chi” in
questione non gli era mai importato alcunché.
***
«Sicura
di sentirtela, Spectra?»
La
giovane femme, massaggiandosi
nervosamente le mani, annuì. «Me la sento. Voglio
fare quel tentativo di cui ti
ho parlato qualche giorno fa, non posso lasciare per sempre la
situazione così
com’è».
«Quando
tu e Soundwave parlerete
resterò nei paraggi se vuoi, magari non visto, nel caso tu
avessi bisogno di
una mano» si offrì Dreadwing.
«Spero
davvero che non sia così e che
vada tutto… non dico benissimo ma almeno un pochino
decentemente, magari…»
auspicò lei, con in viso l’espressione di chi
invece temeva il contrario «E
comunque bisogna vedere se accetterà davvero di
parlare».
«Lo
farà, non ho alcun dubbio a
riguardo».
Spectra
attivò il comm-link.
«Soundwave, sono io. Se non hai da fare e non ti
è di disturbo vorrei
parlare con te di persona, anche e soprattutto del tuo ultimo
messaggio. Fammi sapere
se va bene, nel caso ti darò le coordinate e… ci
vedremo, ecco. Ciao» concluse,
per poi fare un lungo sospiro «È normale che mi
senta tanto nervosa?»
«Direi
di sì» rispose Dreadwing.
«Ma
è il mio compagno di vita».
«Ma
tra voi due va tutt’altro che
bene» le ricordò il Decepticon.
«Vero.
È anche per questo che sono
contenta di averti a guardarmi le spalle, anche se mi sento in colpa
per la
stessa ragione… non mi guardare così, so che per
te non è un peso, però è un
rischio. Non temo che mi faccia del male, se mai potrebbe tentare di
portarmi
via ma spero davvero che non succeda. Se almeno sapessi... se potessi
fare uno di quei sogni…»
mormorò.
Dreadwing,
pur sapendo a cos’alludeva
Spectra, non fece commenti particolari; non perché la
questione non lo
interessasse, solo perché non era sicuro di cosa dirle.
In
quei giorni passati prima nell’Harbinger
e poi in fuga, tra le cose di cui avevano parlato era saltato fuori
anche l’argomento
dei sogni che Spectra aveva fatto da quando era arrivata sul pianeta.
In passato ce n’era
stato qualcun altro, ma a dire di Spectra quello passato sulla Terra
era stato
il periodo in cui ne aveva avuti di più.
Aveva
sognato il giorno in cui
Starscream aveva ucciso i suoi genitori e aveva quasi ucciso lei, aveva
sognato
le vere intenzioni di Spectrus -ucciderla, naturalmente- nel giorno in
cui
invece le aveva annunciato che sarebbe uscita di casa per iniziare ad
aiutarlo,
aveva sognato Spectrus che cercava di uccidere Soundwave e poi lei e
infine, prima
che questa avvenisse, aveva sognato come sarebbe stata la mattina
successiva
alla prima notte di nozze. Quell’ultima cosa a suo dire era
stata del tutto
fedele al suo sogno, dialoghi inclusi.*
A
tutti i sogni eccetto l’ultimo si
poteva trovare una spiegazione razionale: quello con Starscream poteva
essere
un semplice ricordo registrato da lei, appena nata ma presente in quel
momento,
che era riemerso quando si era trovata faccia a faccia con chi le aveva
fatto
del male, quelli con Spectrus potevano essere semplicemente frutto del
suo
inconscio che aveva cercato di dirle qualcosa, ma l’ultimo
era inspiegabile. Era
indubbio che potesse averlo sognato perché ai tempi aveva
desiderato sposarsi
con Soundwave, ma che fosse stato identico
era una cosa improbabile.
“Ma
c’è da dire che se in passato mi
fosse giunta voce anche solo dell’esistenza di una persona
come Spectra, anche
senza i suoi sogni, l’avrei trovata altrettanto improbabile.
Invece è vera” pensò.
Poteva
sempre essere stato un caso,
ma non era impossibile che Spectra fosse un qualche tipo di outlier con
un’abilità
simile, pur non
essendo una point one percenter. Sebbene le notizie di
transformers in grado di prevedere sprazzi di futuro in un modo o
nell’altro
non fossero mai giunte ai suoi recettori uditivi, Dreadwing non si
sentiva di
escludere alcunché. L'Universo era grande e c'erano tanti
misteri.
«Conta
su di me, Spectra».
*
“C’è un’idea che mi sta
ronzandooo/da quando quel ragno era là! Tu lo sai che io
voglio fare tanti
disastri e dei piani, in mente, ho
giààà!”.
Se
questa fosse stata una song fic
vera e propria avrei probabilmente completato la citazione a Gaston e
Le Tont,
devo ammetterlo.
*Tutti
i sogni elencati da Dreadwing
sono stati descritti nella prima TSB, niente di nuovo dunque.
Cercherò
di mettere un po’più di
azione nel prossimo capitolo, intanto però vi ringrazio per
la pazienza che
continuate ad avere :)
MilesRedwing,
puoi considerare
dedicata a te la primissima parte di questo capitolo: ti avevo promesso
uno
Starscream malridotto, e uno Starscream malridotto hai avuto :D
Alla
prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 15 *** 15 - Se il caos sfugge di mano… un’altra volta ***
Quello
che vi apprestate a leggere è un capitolone,
sono oltre 7500 parole, quindi vi consiglio di iniziare a farlo quando
sapete
di avere tempo e voglia a disposizione. Nient’altro da dire,
quindi buona
lettura!
15
(Se
il caos sfugge di mano… un’altra volta)
“Chiunque
fosse, non mi insegue più”.
I
sensori ottici rotti di Airachnid
non le avevano dato modo di vedere direttamente chi l’aveva
inseguita per un
pezzo cercando di spararle, e i sensori ambientali non
l’avevano aiutata granché
a riguardo: in certi momenti le avevano segnalato qualcuno grande, in
altri
momenti qualcuno molto piccolo ma se gli inseguitori fossero stati due e avessero davvero voluto
cercare di
ucciderla -nonostante il deterrente degli insecticons- si sarebbero
mossi
diversamente.
Aveva
trovato un posto riparato in
cui aveva sostato per una mezz’ora e, dopo averci riflettuto,
aveva concluso
che fossero vehicons che avevano tentato il colpo e alla fine avevano
lasciato
stare, avendo cara la vita almeno un briciolo. Se fossero stati gli
Autobot ci
avrebbero messo più impegno, specie nel caso di Arcee,
stessa cosa poteva dire
dei suoi ex colleghi Decepticon, e se ad averla inseguita fosse stato
Spectrus
Specter le probabilità che avesse potuto decidere di
lasciarla perdere
sarebbero state ancor meno. Per quanto ne sapeva Airachnid lei e Arcee
erano le
due sole femme presenti oltre a Spectra, di conseguenza era molto
probabile che
quel bastardo non vedesse la valvola da un pezzo.
La
vedova nera avrebbe tanto desiderato
uccidere e/o ridurre in schiavitù tutti quanti, ma nel caso
di Spectrus e Arcee
lo voleva in modo particolare e non aspettava altro se non
l’occasione giusta.
A un certo punto si era trovata “alleata” di Arcee,
però non ne aveva ricavato
granché di buono, com’era prevedibile aspettarsi:
non si ricavava mai niente di
buono dagli Autobot, eccetto delle connessioni poco consenzienti e le
loro urla
di dolore e di paura.
“Ho
l’impressione di conoscere questo
posto, sono… sì, non mi sbaglio, io sono stata
qui. A poca distanza non c’è il
luogo dov’è atterrata la Harbinger?” si
chiese, scegliendo di muoversi con
cautela in quella direzione.
Iniziò
a riflettere. Non aveva
problemi a stare nei boschi e tra le rocce, però avere a
disposizione
quell’astronave per se stessa e per la maggioranza del suo
alveare sarebbe
stata una cosa molto buona: era un luogo più protetto, e se
ci fosse stata
dell’attrezzatura funzionante forse avrebbe potuto perfino
tenersi aggiornata
riguardo dov’era chi e tentare l’attacco alla
Nemesis di conseguenza.
Sì,
cercare di infilarsì lì era
proprio una buona idea.
Pensò
che potesse esserci qualche
vehicon di guardia ma notò rapidamente che non era affatto
così e che era tutto
deserto. Procedette richiamando a sé altri insecticons, il
tutto senza che i
sensori ambientali poco avvezzi a essere usati per
“vedere” si rendessero conto
delle chiazze di energon secco sul terreno; di qualità
più scarsa rispetto a
quello dei comuni transformers, il fluido vitale dei vehicons tendeva
anche a rapprendersi
prima.
Entrata
nell’astronave e memore di
quel che aveva trovato quando era stata lì con Starscream,
si diresse subito
verso le attrezzature. Il Ponte Terrestre era stato danneggiato,
riusciva a
sentirlo già solo dal tatto, ma era stato anche riparato.
Immaginò che della
riparazione si fosse occupato Starscream quando aveva vissuto
là, era la cosa
più logica, e le attrezzature di comunicazione invece erano
perfettamente
integre.
Richiamò
a sé anche il resto
dell’alveare, avendo concluso che lì non
c’era niente da temere, e si mise ad
armeggiare con gli strumenti dell’Harbinger.
***
–
Il
ragno è in posizione, Specter! –
«Quindi
si è messa subito a
trafficare con quella roba… ci ha impiegato meno del
previsto».
La
prima parte del piano si era
compiuta come previsto e meglio. Erano riusciti a spingere Airachnid
nell’Harbinger, che loro avevano provveduto a ripulire dai
vehicons e della
quale avevano riparato le attrezzature… anzi, era
più un “ Bustin aveva”. Pur
essendo piuttosto abile non avrebbe avuto le conoscenze necessarie per
riparare
un Ponte, cosa che invece era stata tra le materie di studio del suo
coinquilino quando era a Prion. Lui invece aveva messo delle
microcamere qui e
là e aveva programmato le riprese in loop da mandare nei
satelliti umani
sfruttati dalla Nemesis per il controllo a distanza: nessuno si sarebbe
accorto
di quanto era e sarebbe accaduto nel relitto dell’astronave.
–
Forse
aveva voglia di attaccare la Nemesis già di suo, con
l’armata di bestiacce che
ha non mi stupirei. Immagino che però Tarnlandia e i sensori
ottici danneggiati
la blocchino un po’. Non che mi penta di qualcosa, se fosse
per me sarebbe
morta. –
«È
un bene che non lo sia ancora,
nano, perché ci aiuterà a fare un po’di
danni in giro» disse Spectrus,
osservando dall’alto i vehicons che lavoravano nella
“sua” cara vecchia miniera
non più tanto segreta «Proprio grazie alle sue
bestie. E sbloccarla è
precisamente quel che cerchiamo di fare noi. Certo, l’ideale
sarebbe mandare
fuori dalla Nemesis anche Soundwave, oltre a chi dobbiamo far uscire.
Nel caso
pensasse di aprire un Ponte per cercare di ridurre il numero di
insecticons
nella Nemesis, sai…»
–
Forse
nel caos sarà troppo distratto per… mh. Questo
è interessante… –
«Cosa?»
–
Da
quel che vedo con i satelliti pare che tuo cognato sia appena uscito da
solo, è
decollato dal ponte della Nemesis. Non so dove sia diretto,
però questo riduce
il rischio che si aprano Ponti vari. Direi che se vogliamo muoverci sia
questo
il momento perfetto. –
«Sono
d’accordo, infatti credo
proprio che chiamerò Bulkhead adesso. Solo una cosa: tu
pensi di riuscire a
seguire Soundwave, oltre a fare il resto? Perché tra i
motivi per cui possa
uscire da solo dalla Nemesis mi viene in mente la mia cara
sorellina».
–
Posso
provare ma non ti faccio promesse: se mi mettessi a seguirlo in modo
costante col
satellite potrebbe accorgersi che qualcosa non va, distruggerlo e
decidere di
avvisare le persone nella Nemesis prima del tempo. –
«Non
hai torto» riconobbe Spectrus
«Allora per adesso ti lascio, quando avrò finito
di parlare con Bulkhead te lo
farò sapere. Se in questi minuti capita qualcosa di cui
dovrei essere
informato, non tenerla per te!… e con questo non potrai
dirmi “Tu non me l’hai
chiesto”» concluse Spectrus.
Contattò
subito Bulkhead come aveva
detto. Era quasi certo che Optimus avesse dato a tutti
l’ordine di evitare di
rispondergli, ma era altrettanto certo che Bulkhead non fosse nello
stato
emotivo giusto per dargli retta. Tarnlandia e lui stesso avevano fatto
in modo
che così non fosse.
«Buon
pomeriggio, Bulk. Indovina dove
mi trovo? La mia ex miniera segreta» esordì appena
lo sentì accettare il
contatto «O forse sarebbe il caso di dire “la
nostra”. Era anche del povero
Wheeljack, come ricorderai…»
–
Ti
ho risposto solo per dirti di andare all’Unicron, inutile
pezzo di scarto!
–
«E
io ti ho chiamato per chiederti se
hai qualcosa in contrario alla sua riesumazione. Sai, considerando che
c’è in
giro Tarnlandia non sarebbe una cattiva idea svuotarlo delle sue
componenti interne
per eventuali trapianti».
–
Se
tocchi quella tomba IO- –
«“Tu”
cosa? Eccomi, sono qui davanti
alle rocce: qui e il tuo arrivo, specie se insieme agli altri,
l’avrò già
dissotterrato. Vuoi venire ad aiutarmi o no?»
L’unica
e ultima cosa che sentì da
parte di Bulkhead fu un ringhio sordo. Spectrus non aveva dubbi sul
fatto che
il demolitore sarebbe davvero arrivato a breve.
“Chi
glielo dice che io e il nano
abbiamo veramente portato via un
braccio di Wheeljack per quel motivo già prima che gli
lasciassi trovare il
cadavere?” pensò.
Era
stata dura staccarlo dalla
roccia. Non sapeva quale fosse la sostanza usata dalla DJD per
appiccicare lì i
pezzi di Wheeljack, ma a livello di tenuta era qualcosa di leggendario.
Avevano
tentato di prendere anche l’altro braccio ma erano riusciti a
strappare via
solo la metà senza colla. Coi vehicons a guardia
dell’Harbinger era andata
molto meglio, se non altro perché non c’era di
mezzo alcun appiccicume.
«Fase
due iniziata. Vai pure» disse a
Bustin via comm-link.
–
Vai
pure anche tu. Le frequenze sono disturbate e da qui in avanti
trasmettiamo in
differita! –
Spectrus
balzò allo scoperto
iniziando ad attaccare i vehicons e, all’apparenza, puntando
ai carichi di
energon che avevano estratto. Così come per
l’Harbinger, anche per quanto
riguardava la miniera il satellite avrebbe trasmesso alla Nemesis delle
riprese
in loop per un po’… ma era previsto che
più tardi vedessero anche lui.
“Nonché
Bulkhead” pensò Spectrus,
notando la luce verde-azzurra di un Ponte che si apriva a poca distanza
da lui
“Sembrerà che fossimo entrambi in cerca di
energon, cosa normale dato che tutti
dobbiamo mangiare e i Decepticon controllano ogni miniera, e che siamo
finiti a
combattere a causa delle nostre piccole divergenze personali”.
«Specter!»
gridò Bulkhead,
avventandosi su di lui senza riflettere nemmeno per un attimo sul fatto
di
averlo trovato decisamente più in là rispetto
alla tomba di Wheeljack e
falciando vari vehicons minatori nel mentre.
«Ti
trovo in forma rispetto a come ti
ho lasciato l’ultima volta» osservò
Spectrus, saltando via e lasciando che il
pugno di Bulkhead disintegrasse il terreno roccioso «Come va?
Come sta quel
demente di Ultra Magnus?»
Seguì
una lotta di un buon quarto
d’ora durante la quale Bulkhead sfruttò ogni
stilla di energia per cercare di
disfarsi di quello che per lui era un essere infernale, mentre suddetto
essere
si prendeva la briga solo ogni tanto di rispondere colpo su colpo, quel
che
bastava per dare l’impressione di stare effettivamente
lottando per i cubi di
energon.
«Vai
con la fase tre» disse a Bustin
nel comm-link mentre si riparava dai laser di Bulkhead dietro una
roccia «Dimmi
se e quando Airachnid parte».
–
Ora
nella Nemesis stanno vedendo il momento in cui sei saltato fuori e hai
iniziato
ad attaccare i vehicons. La cosa migliore? In assenza di Soundwave, il
tecnico
della Peaceful Tiranny contribuisce a tenere d’occhio il
tutto! –
Spectrus
sorrise e lasciò cadere a
terra di proposito un datapad. «Bene».
***
«Tarn!»
esclamò Kaon, entrando
nell’infermeria della Peaceful Tiranny tutto trafelato e con
un datapad in mano
«Ho avvistato Spectrus Specter!»
Sapeva
che lì avrebbe trovato anche
Tarn, che da quando Tesarus era ricoverato nella loro astronave si
recava in
infermeria a chiedere aggiornamenti sempre alla stessa ora.
L’essere
abitudinario del comandante non lo deluse neppure in
quell’occasione.
Nickel,
col jet pack ormai riparato,
volò accanto a Kaon per dare un’occhiata.
«E che sta facendo quello stronzo?!»
«Ha
preso d’assalto una miniera,
quella dove abbiamo fatto fuori quel tizio… Wheeljack, il
giorno in cui siamo
arrivati» disse Kaon «E questo Autobot
l’ha raggiunto un secondo prima che io
entrassi qui. Si stanno scannando tra loro per
l’energon!»
«Noi
Decepticon abbiamo il controllo
di tutte le miniere, dunque non possono procurarsi l’energon
che da lì… e
deduco che l’ultima vittoria abbia reso Spectrus Specter
più arrogante di
quanto già fosse» commentò Tarn
«Il che è tutto dire».
«Possiamo
andare a occuparci di
entrambi, no? Apro un Ponte e… ah, no» si corresse
il tecnico con una smorfia
«Finché non verremo a capo di come siano riusciti
a disperderci l’altra volta
non è molto sicuro».
«Soprattutto
perché non vedo Bustin
insieme a Specter» osservò Nickel.
«Avviserò
Lord Megatron e andremo lì
con una delle astronavi più veloci che la Nemesis possa
fornire. Intanto non
perdere il collegamento, Kaon, così da non perdere di vista
il bersaglio nel
caso la lotta tra loro finisca prima del nostro arrivo»
ordinò Tarn «Andiamo».
«Fategliela
vedere anche da parte di
Tess e da parte mia!» esclamò la minicon,
ricevendo dei rapidi cenni di assenso
prima che gli altri due Decepticon uscissero dall’infermeria.
L’altra
volta erano caduti in
un’imboscata ma quella sarebbe stata diversa: niente Ponti di
mezzo, niente
segnali di astronavi che improvvisamente venivano captati, solo un
tentativo di
furto ai danni dei Decepticon e una lotta per il nutrimento che era
stata colta
dalla loro sorveglianza… e che Specter e l’altro
Autobot avrebbero pagato cara.
***
–
Soundwave
-crrr- fuori. In missione per Lord Megatron, immagino
–
Quello
era interessante. Seguirono
altre statiche, altre chiacchiere. Airachnid continuò
comunque ad ascoltare con
attenzione: un Soundwave fuori dalla Nemesis non era qualcosa che
capitasse
tutti i giorni.
–
Anche
quei killer della -crrrrr- DJD sono -crrrrr- caccia Autobot. Mi sento
meno
teso… –
“Quelli
della DJD non sono nella
Nemesis?!” pensò Airachnid, drizzandosi in piedi.
Forse
era iniziata male, però quella
poteva diventare la SUA giornata.
Nonostante
ciò però non era ancora
convinta: passi Soundwave, ma chi poteva sapere quando sarebbe
rientrata la DJD
di preciso? Non era ancora del tutto certa di voler rischiare, anche se
presentata così poteva essere un’occasione
irripetibile.
Dagli
altoparlanti si sentirono
provenire rumori di esplosioni e grida.
“Che
sta succedendo?”
Voci
e rumori si fecero sempre più
confusi. Per qualche attimo udì un insieme di parole senza
senso e allo stesso
tempo familiari che le fece tornare in testa sprazzi di quelle immagini
che
l’avevano bloccata nel bosco e che le erano valse la perdita
dei sensori
ottici…
“Ripeto:
cosa sta succedendo?” pensò,
massaggiandosi la testa con un sibilo.
…
ma smise di preoccuparsene ancor
prima di iniziare quando sentì pronunciare distintamente il
nome “Specter” da
diverse voci di vehicons.
“Spectrus
Specter è lassù?!”
Fu
quella la molla che la fece
decidere. Soundwave era fuori, la DJD era fuori, lei aveva un alveare
di
insecticons a propria disposizione e Spectrus Specter, del quale si
voleva
vendicare -con buone ragioni- era nella Nemesis: se voleva cercare di
distruggere lui, Megatron e chiunque si fosse messo sulla sua strada,
doveva
muoversi. Non era riuscita a carpire con precisione le coordinate
dell’incrociatore Decepticon, solo il quadrante, ma giunti
lì col Ponte
Terrestre i suoi cuccioli non avrebbero faticato a trovarlo.
«Insecticons…
andiamo!»
***
–
Andata
– annunciò Bustin nel comm-link di Spectrus
– Le parti di trasmissione in cui
si parlava di Soundwave e della DJD
fuori non erano nemmeno fake, ma Airachnid è partita solo
quando ha sentito che
tu “sei lassù”! –
“Dopo
i nostri trascorsi non poteva
essere che così. È tempo che vada anche
io” pensò Spectrus. «Bulkhead, a questo
punto è tempo che tu sappia una cosa: in realtà
non avevo la minima intenzione
di profanare la tomba del tuo amico» disse, evitando una
scarica di spari da
parte del demolitore.
«Allora
cosa volevi?! Cosa? Vuoi
terminarmi? Vuoi terminare
tutti?!» sbottò l’Autobot, saltando
addosso a Spectrus col solo risultato di
trovarsi in una posizione di stallo in cui stritolavano le mani uno
dell’altro
«Perché?! Quando sei piombato su questo pianeta ti
abbiamo soccorso, ti abbiamo
accolto nella squadra, ai tempi non ti avevamo fatto assolutamente NIENTE!»
«All’inizio
non pensavo certo di
terminarvi tutti, il mio obiettivo erano i Decepticon. Poi mi sono
trovato con
un leader incapace, voi l’avete appoggiato nonostante io
abbia causato più
problemi ai Decepticon in quel primo mese che tutti voi in molto
più tempo, ed
eccoci qua. Senti: ti ho usato per quel che dovevo fare ma continui a
essermi
indifferente, non devi finire per forza come il tuo amico»
disse Spectrus, costretto
a esercitare maggiore pressione quando Bulkhead sentì
nominare Wheeljack «… che
non sono stato io a uccidere! Hai una certa forza ma non riuscirai mai
a
vendicare Wheeljack se resti con quei mentecatti. Io ho ferito
gravemente
quello più grosso della DJD, forse l’ho perfino
ammazzato. Non ti piacerebbe
fare altrettanto?»
«Non
tradirei mai la mia famiglia! MAI!»
gridò Bulkhead.
Spectrus
alzò gli occhi al cielo,
assestò all’Autobot una potente testata e subito
dopo gli sparò facendolo
crollare a terra.
«In
un certo senso li hai traditi nel
momento stesso in cui hai trasgredito all’ordine che,
conoscendo Prime,
sicuramente ti aveva dato. Se hai tanta voglia di finire come Wheeljack
e per
mano delle stesse persone, che sia… io ci ho
provato!»
Detto
questo si trasformò e schizzò
via a tutta manetta. Era probabile che alla DJD
-“Mutilata” ricordò con
soddisfazione- non mancasse molto per arrivare, e incontrarli quel
giorno non
era nei suoi programmi: nei suoi programmi c’era tornare
nella Jackhammer,
aspettare l’inizio della fase quattro e stare a guardare.
Oppure
trovare Spectra e ucciderla
una volta per tutte, se Bustin nonostante tutto quel che aveva tra le
mani era
riuscito a seguire Soundwave senza dare nell’occhio.
«Con
Bulkhead ho finito. Notizie di
Soundwave Cornutomadò?»
–
Diciamo
che non ti ho fatto promesse e ho fatto bene a non fartene.
D’altra parte non è
detto che stesse andando proprio da tua sorella, e in ogni caso sarebbe
stato
un “di più” rispetto al programma. Non
pensi di aver fatto abbastanza danni per
oggi? –
«Non
col mio solito stile».
Fare
scena in prima persona era
qualcosa che a Spectrus Specter piaceva decisamente di più,
infatti era solito
concedere a se stesso una parte preminente nei piani che studiava, ma
questa
preferenza non significava che fosse incapace di agire altrimenti. In
fin dei
conti, capacità fisiche a parte, non avrebbe potuto
sopravvivere fino ad allora
se non fosse stato in grado di adattarsi a quel che proprio non poteva
cambiare,
pur senza mai smettere di cercare delle vie d’uscita.
Purtroppo
per i suoi avversari.
***
“Fa’
che non mi trovino” pregava
Bulkhead “Fa’ che non mi
trovino…”
Avendo
capito che la DJD era in
arrivo aveva cercato di trascinarsi dietro a delle rocce abbastanza
grandi da
nasconderlo. Inizialmente aveva anche cercato di contattare la base,
senza
risultato perché le frequenze erano disturbate, ma quando
l’astronave Decepticon
era atterrata nelle vicinanze aveva lasciato perdere completamente. Non
avrebbe
messo in pericolo i suoi compagni per colpa della propria
stupidità.
Non
aveva ancora compreso la ragione
precisa per cui Spectrus lo aveva attirato lì ma stava di
fatto che lui non
avrebbe dovuto rispondere a prescindere quando era stato contattato.
Optimus
glielo aveva detto, lo aveva detto a tutti quanti, dunque qualsiasi
cosa lo
attendesse -una morte dolorosa, presumeva- sarebbe stata solo una
conseguenza
delle sue azioni scellerate.
Gli
sembrava quasi di vedere
Wheeljack in piedi davanti a lui, intento a sospirare e scuotere la
testa:
“Bulk, che hai combinato?”. Bulkhead sapeva che
quella era solo la sua
immaginazione galoppante e non era reale, ma la sua -la
loro- idiozia lo era stata senz’altro.
Se
mai fosse sopravvissuto non
avrebbe mai più fatto una cosa simile, mai più in
tutta la vita, si ripromise.
Il
vociare di Kaon raggiunse i suoi
recettori uditivi.
«Ma
che caz- ehm, che diamine
succede?!» si corresse il tecnico, visibilmente agitato
com’era intuibile dalle
antenne tesla che mandavano lampi «Erano qui, dovevano essere
qui! Secondo il
satellite sono
qui e stanno ancora lottando!» esclamò, agitando
il
datapad che aveva in mano e che mostrava la battaglia tra Spectrus e
Bulkhead «Com’è
possibile?! Tarn!»
Se
Tarn fosse stato un transformer
con un briciolo in meno di autocontrollo, di dignità e di
classe, arrivato a
quel punto avrebbe messo a urlare e imprecare ogni profanità
di sua conoscenza
in quel delizioso linguaggio che era il dialetto kostrobnese stretto*.
«Un’altra
trappola» borbottò Helex
guardandosi attorno.
Tarn
non gli dava torto, era palese
che quella fosse un’altra imboscata o qualcosa del genere.
Specter e Bustin
erano riusciti ad accedere ai satelliti, Specter aveva inscenato uno
scontro
“casuale” con Bulkhead a loro uso e consumo
-l’Autobot probabilmente ne era
stato vittima a sua volta, qualunque fine avesse fatto- immaginando che
sarebbero arrivati, e tutto questo per… cosa? Non
c’era traccia di lui, non
c’erano esplosivi, non c’era veleno
nell’aria, non c’erano insecticons ad
aspettarli, non c’era assolutamente niente. Allo stesso tempo
però gli
risultava difficile credere che li avesse indotti a venire
lì senza ragione.
Sentì
Vos parlare nella sua lingua
primordiale dicendo di aver trovato un datapad a terra, e poco dopo gli
venne
prontamente consegnato. A quel punto Tarn dubitava fortemente che fosse
casuale, ragion per cui lo accese.
–
“Beata
Maria
You
know I am a righteous man
Of
my virtue I am justly proud!
Et
tibit Pater …”
–
Era
l’interno di un’astronave, una
canzone sconosciuta a Tarn faceva da sfondo musicale, Spectrus Specter
era in
primo piano e vicino a lui si poteva vedere Bustin con indosso una
tonaca
rossa; il perché di quell’ultimo dettaglio era un
mistero, ma sinceramente non
gli interessava.
–
A
Frollo e tutto il resto di Tarnlandia: buonasera. Sì, ho
aperto il mio discorso
con un nomignolo che non puoi capire, ma d’altra parte credo
che tu e tutta la
combriccola non abbiate capito bene nemmeno il resto, sbaglio?
–
Gli
epiteti con cui Tarn avrebbe
voluto insultarlo già solo per quelle frasi iniziali
confluirono in una
silenziosa ondata di volontà omicida. C’era
già in precedenza ma vedere
l’espressione di Spectrus in quel video l’aveva
aumentata a livelli esponenziali.
–
Presumo
che siate almeno arrivati a intuire che le registrazioni di alcuni
satelliti
sfruttati da voi Decepticon sono state manipolate. Oltre a quelle della
miniera
sono state manipolate anche quelle dell’Harbinger. Il motivo?
Volevo aiutare
un’ex compagna di connessioni a entrare nella Nemesis. Mentre
tu sei qui a
guardare questo video, Airachnid è lassù insieme
al suo alveare di insecticons.
La Harbinger ha un Ponte Terrestre e vi garantisco che nessuno ha
interferito
col viaggio, quindi ha impiegato ben poco ad arrivare. Mi chiedo solo
quanti
danni abbia già fatto e quanti ne farà prima che
voi rientriate a darle un
assaggio della tua, ah, “leggendaria” vooooce
– disse Spectrus, abbassando man mano la
propria – Meglio
che vi sbrighiate, altrimenti il vostro divino Megatron
diventerà un divino cadavere usato come svuota cavo da tutte
le bestie. In
quanto suo fanboy immagino che ti seccherebbe, Frollo: ti piacciono
bambine e
babbioni e in nessuno dei due casi riusciresti ad arrivare per primo. –
Il
datapad iniziò a friggere per poi
accartocciarsi su se stesso, rimanendo solo metallo e fumo.
«Anche
stavolta non abbiamo avuto il
piacere di incontrarci faccia a faccia» commentò
Tarn, che compensò la
distruzione non del tutto volontaria del dispositivo mostrando una
calma
assoluta «Senz’altro un uomo elusivo».
All’ultima
provocazione ovviamente
non accennò. Non aveva mai pensato in quei termini
né a Lord Megatron né a
Spectra; non avrebbe osato pensare di poter toccare il primo neanche se
uno di
loro due fosse stato una femme, e Spectra non era adulta quando
l’aveva
conosciuta, dunque in quel mese non aveva mai avuto simili pensieri.
«Dici
che è vero? Degli insecticons
nella Nemesis» specificò Kaon
«È possibile?»
«Più
che possibile. Ci ha fatti
venire qui apposta» rispose Tarn, correndo assieme gli altri
in direzione
dell’astronave «Vuole che li incontriamo ma non
voleva che lo facessimo subito».
«Ma
se stesse succedendo qualcosa
nella Nemesis ci avrebbero già informati, no?»
fece notare Kaon «I nostri
comm-link vanno».
«Gli
insecticons sono dei
disturbatori di frequenze naturali, e ce ne sono tanti
lassù. A questo punto
non esito a pensare che ormai dentro la Nemesis
sia…»
***
«…
l’Inferno! Lo stramaledetto
Inferno!» strillava Starscream.
Non
era armato, non poteva volare perché
le ali erano state innestate da troppo poco e la condizione delle sue
gambe era
sempre la stessa. Anche il risveglio dall’anestesia era stato
traumatico,
perché si era trovato davanti tre insecticons e Knockout che
strillava come un
ossesso. Erano riusciti a fuggire -lui si era attaccato a Knockout
usandolo
come stampella e saltellando miseramente. L’altro Decepticon
non era stato
felice- per miracolo o quasi, e adesso si erano infilati sotto dei
mobili
sperando di non essere trovati. Gli insecticons avevano un buon olfatto
ma i
due speravano in un colpo di fortuna.
«I
vehicons non possono contrastare
una cosa del genere» bisbigliò il seeker
«E nemmeno noi!»
«Soundwave
non c’è, la DJD nemmeno,
il sistema per il Ponte Terrestre e quello di comunicazione sono state
le prime
cose che hanno attaccato quelle bestie, anche il laboratorio di
Shockwave è
stato attaccato e c’è stata
un’esplosione, cosa facciamo?!» sibilò
Knockout.
«Cerchiamo
di andarcene dalla nave,
mi pare ovvio! Non voglio finire smembrato un’altra
volta!»
Altrove,
sia Megatron che Shockwave
cercavano di battersi come potevano contro quei nemici imprevisti
mentre
cercavano di arrivare al sistema di comunicazione di emergenza,
attivarlo e
sperare che oltrepassasse i disturbi causati dagli insecticons. Dato il
numero
era certo che non potessero fare molto altro se non quello, cercare di
respingerli e soprattutto puntare
ad
Airachnid. Terminata lei sarebbe stato Megatron ad avere il controllo
dell’alveare, ma in tutto quel disastro immane non avevano
ancora avuto modo di
trovarsi faccia a faccia con la vedova nera.
«Non
si fa vedere direttamente, è
diventata un po’più sveglia»
commentò Megatron, sparando potenti cannonate
contro un insecticon prima di svoltare nel corridoio insieme a
Shockwave «Però
è incredibile che abbia attaccato proprio adesso che
Soundwave e Tarn sono
fuori, talmente incredibile che non penso sia una
coincidenza!»
«Credere
a una coincidenza in simili
circostanze sarebbe illogico» concordò lo
scienziato Decepticon «La avviso che
nel caso sopravvivessimo le mie ricerche subiranno un rallentamento,
Lord
Megatron. Energon sintetico e CNA sono stati coinvolti
nell’esplosione».
«Capisco,
ma ci penseremo dopo. Ora cerchiamo
di arrivare al sistema d’emergenza, è da questa
parte e… eccolo!» esultò l’ex
gladiatore, premendo vari pulsanti «Ora vedremo-»
–
Lor
-crrrr- Meg- –
«Pare
che Tarn ci abbia sentiti»
disse Shockwave.
–
Siamo
qui nella -crrrr- mesis, siamo rientr- –
«Siete
rientrati? Bene. Non so se
riesci a sentirmi e quanto chiaramente avverti il mio segnale, ma
voglio che tu
mi raggiunga qui appena puoi» esclamò Megatron
«Bene, molto bene… certo, se
anche Soundwave avesse sentito e fosse rientrato sarebbe stato ancora
meglio»
aggiunse dopo aver chiuso la comunicazione.
«Per
quale ragione è fuori?»
«Coniugale.
Ha avuto il mio
permesso».
Nel
frattempo Airachnid cercava
Spectrus Specter come un transformer affamato avrebbe cercato
l’energon.
Uccidere Megatron era tra le sue priorità ma in quel momento
e dopo quel che
era successo era diventato prioritario anche far fuori quel bastardo.
Quel
che però iniziava a pensare era
che il bastardo in questione non fosse nella Nemesis, o comunque non
più: prima
che arrivasse lei era tutto molto più tranquillo di quel che
le era sembrato
dalle trasmissioni, e difficilmente poteva esserci
tranquillità se Spectrus era
presente ed eri suo nemico.
Riuscì
a percepire il calore delle
scintille prodotte dai macchinari devastati e, accompagnata da un
gruppetto di insecticons,
continuò a la sua ricerca. Da un paio di minuti a quella
parte -alias da quando
Megatron aveva attivato il sistema di emergenza, ma lei non lo sapeva-
trasmettevano un rumore di statiche quasi continuo, ma non era nulla di
imprevedibile dato che aveva danneggiato il sistema di comunicazione
principale. Arrivata a un certo punto si fermò e si
concentrò per entrare in
comunicazione con tutti i suoi cuccioli.
“Insecticons…
nessuna pietà,
terminate tutti quelli che vedete!” ordinò
“Terminate-”
Si
trovò a gridare nel momento in cui
gli altoparlanti emisero di nuovo quel
rumore -o così le parve- quell’insieme di rumori e
versi cacofonici vagamente
somiglianti a una lingua sconosciuta che aveva sentito anche
nell’Harbinger e
che, sempre in quell’occasione, le aveva mostrato sprazzi di
immagini senza
senso e causato un vago dolore al processore; ora però il
dolore era maggiore,
la serie di immagini più lunga.
Il
gruppo di insecticons che l’aveva
accompagnata fino a quel momento ora era urlante, violento e impazzito
proprio
com’era successo a quelli nella foresta… e proprio come tutti gli
altri insecticons
presenti nella Nemesis, coi quali lei era stata in collegamento nel
momento in
cui aveva sentito il rumore.
***
«Cosa
prende adesso a questi affari?!»
urlò Kaon mentre friggeva l’insecticon
più vicino.
Le
bestie si erano mostrate
aggressive appena li avevano visti, poi si erano messe tutte a urlare e
si
erano scagliate contro di loro, ma anche le une contro le altre, preda
di una
completa follia aggressiva omicida.
A
parere di Tarn, che si stava
facendo largo in quel macello per raggiungere Lord Megatron -non aveva
capito
tutte le parole che gli aveva detto, ma sentiva il suo segnale
abbastanza bene-
somigliava molto alla condizione in cui Nickel aveva detto di aver
visto gli
insecticons nel bosco, ed era successo dopo che gli altoparlanti
avevano
iniziato a riprodurre un rumore diverso da quello delle classiche
statiche; non
era durato molto e gli altri non avevano neppure fatto caso, ma lui in
virtù
della sua abilità di outlier aveva un rapporto particolare
con le frequenze. Il
rumore in questione non gli aveva causato alcun fastidio,
però non era portato
a credere che fosse una coincidenza.
«Lord
Megatron!» esclamò il
Decepticon, avendolo avvistato da lontano «Siamo
qui!»
«Bene!
Il piano è questo» disse l’ex
gladiatore una volta che Tarn e gli altri ebbero raggiunto lui e
Shockwave
«Questo è il sistema di comunicazioni
d’emergenza. Dobbiamo cercare di usarlo
con gli altoparlanti interni in modo che tu possa uccidere tutte queste
bestie.
Ovviamente io e qualsiasi ufficiale ti senta staccheremo gli
audio».
«Sissignore».
Un
gruppo di sei insecticons sbucò
dall’angolo, ma Megatron reagì con prontezza dando
a Shockwave e al resto della
DJD l’ordine di tenerli lontani da Tarn, unendosi poi egli
stesso alla
battaglia.
“Dovrei
essere io a coprire Lord
Megatron, invece è lui che sta coprendo me”
pensò Tarn.
Non
riusciva a fare a meno di sentirsi
sia in difetto, sia più che mai grato all’uomo che
era riuscito a convincerlo
di valere qualcosa e aveva visto in lui del potenziale invece di un
imbranato
scherzo della natura con l’autostima sotto i piedi e mutilato
dall’empurata.
Una persona simile non poteva che meritare venerazione.
«Per
aver osato attaccarci» esordì,
sentendo che dagli altoparlanti la sua voce usciva fuori in maniera
abbastanza
decente «Per i danni che avete arrecato alla
Nemesis» disse poi, abbassando
gradualmente il tono di voce «Per aver servito qualcuno che
non fosse Lord
Megatron, nel nome dell’intera fazione Decepticon io vi
condanno a morte».
Nella
Nemesis calò un silenzio
irreale nel momento in cui le Scintille degli insecticons si spensero e
tutti
quanti, nessuno escluso, caddero a terra privi di vita. Se avevano
provato
dolore fin dall’inizio del discorso di Tarn non era dato
sapere, vista la loro
follia.
Megatron
fu il primo a voltarsi verso
Tarn. «Ottimo lavoro. Non che mi aspettassi altro da te,
Tarn, e parlo a nome
di tutti dicendo che ti siamo grati».
«Dovere,
Lord Megatron. Mi rammarico
solo di non essere stato presente qui fin da subito, dal momento che
Spectrus
Specter-»
«Io
stesso ti ho affidato la missione
di terminarlo, tu e i tuoi uomini stavate cercando di portarla a
termine. Non
devi rammaricarti di niente» lo rassicurò il
leader dei Decepticon «Piuttosto,
com’è andata?»
«Ha
manomesso i satelliti. Siamo andati
alla miniera credendo di trovarlo ma era una ripresa
“vecchia”» disse Tarn «Ci
ha fatti allontanare e allo stesso tempo ha spinto Airachnid a venire
qui, c’è
lui dietro tutto questo».
«Noi
siamo ancora tutti vivi ma la
Nemesis è molto danneggiata e l’alveare di
insecticons è perso. Sperava che ci
terminassimo a vicenda o di togliere di torno una delle due parti, cosa
che è
effettivamente accaduta» comprese Megatron, cercando di
mostrarsi quanto più
possibile distaccato nonostante ribollisse di rabbia «Dunque
è in grado di
studiare anche qualcosa che non lo coinvolga in prima persona. Pare che
gli
Specter non finiscano mai di stupire».
«Lord
Megatron, se posso permettermi
trovo una bizzarra coincidenza il fatto che la compagna di vita di
Soundwave,
nonché sorella di Spectrus Specter, abbia indotto Soundwave
a lasciare la Nemesis
proprio oggi e proprio in questo lasso di tempo»
osservò Shockwave chinandosi
su un insecticon morto. Forse se avesse avuto tempo e modo ne avrebbe
esaminato
il processore «Il fratello la vuole morta, ma forse sono
entrati in contatto e
lei sta cercando di ingraziarselo a nostre spese».
«Simili
accuse rivolte a un membro
della mia squadra sono a dir poco offensive» intervenne Tarn
«Lei mai-»
«Soundwave
mi ha riferito che la
richiesta di un incontro è arrivata ieri ed è
stato lui ad averla vista in
ritardo» replicò Lord Megatron, tra
l’altro senza mentire «Forse Spectrus ha
visto Soundwave andarsene e ha sfruttato il momento, ma che Spectra sia
una sua
complice è fuori discussione».
–
Lord
Megatron! – esclamò Knockout nel
comm-link di questi – È
finita? Sono morti tutti per davvero?! Io e Starscream siamo illesi,
quando abbiamo sentito Tarn abbiamo staccato gli audio e-
–
«È
finita» confermò Megatron «Ragion
per cui è tempo di iniziare a cercare Airachnid o il suo
corpo, sempre se sia
morta. Cominciate subito!»
“A
questo punto spero che a Soundwave
vada meglio di quanto sia andata a noi” pensò.
***
Se
Spectra era in
ansia all’idea dell’incontro, Soundwave
su quel punto non era da meno.
Essendo
in pari col lavoro -anzi, era
avanti come suo solito- non aveva ricevuto da Megatron un no quando gli
aveva
chiesto il permesso di potersi allontanare e gliene aveva detto il
motivo. Il
suo “Spero che questa situazione si schiodi in un modo o
nell’altro” non era
stato granché incoraggiante ma non l’aveva neppure
demolito.
Aveva
risposto di sì a Spectra appena
aveva sentito il messaggio -in deplorevole ritardo di almeno una
giornata- un
laconico “D’accordo, incontriamoci”,
neanche fosse stata una collega o un
avversario col quale dover stabilire un armistizio.
Anche
se a dirla tutta era proprio di
un armistizio che si trattava.
Lei
gli aveva inviato le coordinate
poco dopo, Soundwave le aveva ricevute ed era partito.
Spectra
sembrava stare bene
fisicamente, e di ciò era contento, ma pareva
così piccina e così tesa in mezzo
a quelle rocce... Soundwave non l’aveva mai vista in ansia a
quei livelli
neppure nell’avere a che fare con persone che la detestavano.
Da un lato se ne
rammaricava, perché lui era il suo compagno di vita e
Spectra avrebbe dovuto
essere felice di vederlo, non tesa
-“Cosa le avrà messo in testa quel ladro di
compagne altrui in questi
giorni?!”- dall’altro invece era quasi portato a
dire “Bene, meglio così”:
un’aria così incerta poteva voler dire che avrebbe
ceduto dopo una leggera
pressione e l’avrebbe fatta finita con tutta quella follia.
“Vorrei
riabbracciarla e basta, ma…”
Un
altro lato di lui infine temeva di
avere un palco di corna da fare invidia a un branco di alcitron e che
lei fosse
nervosa per quella ragione, e al solo pensiero ribolliva di rabbia, ma
preferiva non pensare al peggio. Che si fosse presentata da sola, o
apparentemente da sola, comunque era una buona cosa.
«Ciao,
Soundwave».
Spectra
si era avvicinata di qualche
passo e gli aveva rivolto la parola per prima, ma non sembrava
particolarmente
incline a ridurre ulteriormente la distanza. Il Decepticon quindi le si
avvicinò a propria volta.
«Il
fatto che tu mi abbia chiamato
significa che vuoi dare un taglio a tutte le assurdità che,
insieme a
Dreadwing, ti hanno tenuta lontana da me in questi giorni?»
Soundwave
ebbe la netta sensazione di
non aver iniziato granché bene appena finito di parlare. il
sospiro di Spectra
parve confermare la cosa.
«Posso
riconoscere che aver deciso di
fuggire sia stato impulsivo, anche se…»
“Questo potrebbe aver salvato
Dreadwing” pensò la femme «E posso
capire che tu sia arrabbiato, ma-»
«Sinceramente
no, non credo che tu
“possa capire”» la interruppe lui
«Se fosse stato così non saresti andata via e
non saremmo a questo punto. Ho passato giorni e giorni a preoccuparmi
per te,
per la tua salute, per il rischio che corri di essere manipolata per
l’ennesima
volta! E non capisci nemmeno la figura che mi stai facendo fare. Lo
spymaster
dei Decepticon che non riesce a trovare la propria compagna di vita fuggita con l’ex secondo in comando» continuò, senza
nascondere un certo disprezzo
non per lei, ma per Dreadwing «Ti rendi conto o no che mi hai
reso una
barzelletta? Ho ricevuto una frecciata perfino da quel pazzo furioso di
Tarn.
Ah, a proposito, grazie per avermi parlato della tua esperienza di un
mese
intero insieme a quei mostri».
«Non
immaginando che mi ricordassero
non ti avevo det-»
«Appunto»
tagliò corto l’ex
gladiatore «Non me l’hai detto, come non mi hai
detto varie altre cose nel
corso del tempo. Si era detto “niente più
segreti” ma ogni tanto salta fuori
qualcosa, e ho l’impressione che se continuerai a stare a
zonzo in mezzo al
pericolo sarà peggio. Quindi ora torniamo a casa e
basta».
«Soundwave,
il fatto che a livello di
età potresti essere mio padre non significa che tu debba
parlarmi come tale».
“Quando
ci vuole, ci vuole” pensò
Dreadwing che, come le aveva promesso, era rimasto a distanza ma
abbastanza in
prossimità da poter intervenire in caso di bisogno, ed era
probabile che
sarebbe servito, perché l’incontro stava andando
tutto tranne che bene. Spectra
infatti aveva tirato fuori il suo lato un po’più
freddino… molto
più freddino, a volerla dire tutta, ma l’ex
secondo in
comando ne aveva accettato l’esistenza, consapevole che
averne uno non faceva
di Spectra una brutta persona.
«Questo…
questo è tutta colpa del tuo
“amico”. Un mese fa, prima della tua fuga, non mi
avresti mai risposto così»
disse Soundwave cercando di mostrare un po’di compostezza.
«Un
mese fa, prima della mia fuga,
non credevo nemmeno che mi sarei trovata con un compagno di vita
incapace di
darmi ascolto, anche se… sì, era un po'così anche prima e sono io a non
averci fatto caso. Io però sono stupida, quindi non mi
dovrei sorprendere»
disse, molto più a se stessa che a lui «Comunque,
io sono sicura che quando
dici che ti sei preoccupato sei sincero, su questo ti credo. Mi
dispiace anche
per tutto il resto che hai detto, e qui sono io che ti prego di
credermi. Non
avrei voluto niente di tutto questo, io volevo solo essere
“per sempre felice e
contenta” per quanto si poteva».
«Sei
sempre in tempo. Torna a casa»
insistette Soundwave «Ci siamo presi come compagni di vita,
siamo responsabili
uno dell’altra e non è tardi, devi solo dare un
taglio a-»
«Tu
non hai proprio capito il motivo
per cui sono andata via e sono rimasta via, vero?»
«Sei
stata manipolata» rispose il
tecnico, pronto «Eri in un momento delicato e Dreadwing se
n’è approfittato per
mettersi tra di noi. Ti voleva anche lui fin dall’inizio,
Spectra, solo che non
ha fatto in tempo. Se avessi visto e rivisto il momento del nostro
matrimonio e
la sua faccia l’avresti capito perfino tu».
“Dicendo
‘perfino tu’ non la aiuti a
evitare di sentirsi un essere stupido e inutile, ne sei
consapevole?” pensò
l’altro Decepticon, ignorando il resto che Soundwave aveva
detto di lui. A
parlare era un uomo ferito, arrabbiato e geloso, dunque era saggio non
dare
peso a quel che diceva, soprattutto perché quando se
n’era andato con Spectra
il pensiero di mettersi tra lei e Soundwave per portargliela via non
l’aveva
assolutamente sfiorato. Aveva pensato solo alla sofferenza, sia alla
propria,
sia a quella di una femme che secondo lui non avrebbe meritato di
provarne
tanta.
«Non
è di Dreadwing che stiamo
parlando in questo momento, lascialo stare!»
esclamò Spectra.
«Difendi
chiunque tranne il tuo
compagno di vita, mi sembra logico» replicò
Soundwave, atono, avvicinandosi a
lei «Mi hai messo in croce per aver cercato di terminare
qualcuno che voleva
terminare te, e purtroppo non ci sono nemmeno riuscito».
«Il
“qualcuno” che voleva terminarmi
è mio fratello. Che ti, o mi,
piaccia
oppure no, io devo la vita a quella persona. Spectrus mi ha strappata
via da
Starscream il giorno in cui sono nata, Spectrus mi ha cresciuta, si
è occupato
di me, è stato tutto per me! È stato la mia casa,
è stato la mia famiglia, è
stato allo stesso tempo un fratello, un padre, è
stato… io credevo che fosse
anche un mio amico» disse Spectra, con la voce leggermente
incrinata «Gli
volevo bene e, anche se preferirei non vederlo più,
purtroppo gliene voglio
ancora, perché tutti i vorn passati come li abbiamo passati
non si possono
cancellare. È per questo che un mese fa avevo deciso di
lasciarlo andare, è per
questo che volevo dargli almeno una possibilità, una
sola possibilità,
di andare a farsi una vita da un’altra parte. Si è
salvato e tanto sembra
volerla sprecare, ma questa è un’altra
faccenda» aggiunse «E tu sapevi tutto
questo, sapevi la mia storia, potevi immaginare come mi sarei sentita e
forse
l’hai perfino fatto, ma l’hai liquidato col dire
che devo darci un taglio e che
sono assurdità, come se fosse… non lo so, il
capriccio di una protoforma o
qualcosa del genere. Io non so come funzionino le cose in una coppia di
compagni di vita, però so che questo non mi è
piaciuto e che stai facendo la
stessa cosa anche adesso. Da altri me lo sarei aspettato ma non da te.
È anche
per questo che fa male».
Soundwave
fece un breve sospiro.
«Spectra. Scricciolo» si corresse poi, usando il
nomignolo che le aveva dato
fin dal primo giorno «Potrei anche provare a capire come ti
sei sentita e come
ti senti, anche se mi risulta difficile, ma a livello razionale ho
fatto la
cosa più sensata. Aver fatto la cosa più sensata
mi dà ragione, e avere ragione
fa sì che restare ancora in questo posto sia una perdita di
tempo per tutti e
due. Torniamo a casa e cerchiamo di rimettere a posto quel che si
è rovinato».
«Ovvero
io. L’hai detto nel
messaggio» gli ricordò Spectra, con aria triste.
«Io
non voglio lasciar perdere tutto
e permettere che il nostro matrimonio vada ancora più a
pezzi di quanto già sia
andato per colpa di persone estranee che si sono messe in mezzo, una
delle
quali ti vuole uccidere e l’altra ti vuole e basta»
tornò a dire Soundwave, che
vedendola triste si era intristito a sua volta ma restava sempre
concentrato
sull’obiettivo «Avevo sposato una persona un
po’diversa, è vero, però non credo
che il tutto sia irrecuperabile».
«Oppure
hai sposato la persona che
hai davanti a te senza sapere come fosse davvero e senza che lei stessa
lo sapesse»
replicò Spectra, sempre con la stessa aria triste
«Io potrei dire la stessa
cosa. Forse abbiamo fatto uno sbaglio a-»
«A
sposarci? A metterci insieme in
genere?! Dicevi di amarmi fino a un mese fa, dicevi che ero il tuo
principe e
di voler passare la vita con me, il matrimonio sembrava la cosa
più importante
del cosmo per te, e adesso!… È tutta colpa
sua» si interruppe il tecnico «Tutta
colpa di Dreadwing, ne sono sicuro. Tutto quel che stai dicendo non
viene da
te, è quello che ti ha infilato nel processore quel
maledetto».
«No.
Ti ripeto che lui non c’entra.
Io stavo solo dicendo che forse abbiamo fatto uno sbaglio a fare tutto
di corsa
e che avremmo dovuto conoscerci meglio prima di sposarci»
disse Spectra
«Che io consideri uno sbaglio tutto
quello che c’è stato non l’ho mai detto,
i momenti belli che abbiamo avuto non
erano sbagliati. Peccato solo per… ecco… tutto il
resto. È per quello che io
non voglio tornare. Sono contenta di averti rivisto e di averti parlato
di
persona» “Anche se non abbiamo ottenuto
niente” pensò «Però io non
tornerò
nella Nemesis adesso, mi dispiace».
«Spectra,
tu sei la mia compagna di
vita e non ti voglio perdere. Se tu pensi che io accetti di tornare a
casa da
solo, dopo un mese che non ti vedo, sbagli di grosso».
Una
serie di spari centrò la roccia a
poca distanza da Spectra e Soundwave facendola franare. Nessun
frammento di
roccia finì addosso a loro ma, oltre che una distrazione, il
tutto causò anche
un gran polverone. L’ambiente caldo e normalmente arido
faceva sì che tutto si
seccasse presto nei giorni in cui non pioveva.
«Spectra!»
esclamò Soundwave
«Spectra, stai bene?! Spe-»
Non
era più davanti a lui, era
scomparsa come uno degli spettri che il suo nome ricordava. I suoi
recettori
uditivi captarono un rumore conosciuto in allontanamento, alias i
motori di
Dreadwing, e in quell’istante realizzò
cos’era successo: gli erano sfuggiti
un’altra volta, lei gli
era sfuggita
un’altra volta. Quando la polvere si diradò vide
che l’unica creatura viva
presente in quel posto era rimasta lui.
Restò
immobile per più di qualche
momento, imperturbabile visto da fuori e più che mai
invelenito nella
Scintilla. Aveva temuto una cosa simile in tutto quel lasso di tempo, e
ora i
suoi timori sembravano essersi realizzati: Dreadwing l’aveva
messa contro di
lui e le aveva messo in testa che come coppia non funzionavano,
Dreadwing gli
stava rovinando e portando via la cosa più bella che gli
fosse capitata da
innumerevoli vorn a quella parte perché la voleva per
sé, Dreadwing, che lei
difendeva a spada tratta, Dreadwing, che lui iniziava a odiare a morte.
Perché
Megatron non lo faceva mettere
nella Lista? La DJD era sulla Terra e non aveva ancora combinato
granché, tanto
valeva far sì che si rendessero utili.
Si
trasformò e decollò con un solo
pensiero in mente, ossia che non aveva intenzione di mollare
finché avesse
avuto dei diritti su Spectra. Tutto quel che doveva fare era
convincerla a non
ascoltare più chi le metteva in testa quella
roba… o togliere di mezzo la
concorrenza in qualche modo, forza o astuzia che fosse, come
nell’arena.
Essere
diventato un tecnico non
significava aver dimenticato le proprie origini, e non era stato con le
chiacchiere che lui e Megatronus, ai tempi, avevano vinto il loro
premio.
Allora aveva vinto la libertà, in quel caso invece il premio
sarebbe stata la
donna che gli aveva già detto
“sì” un mese prima. Doveva solo trovare
un modo
per riuscire a vincere, possibilmente senza che lei gli desse la colpa
di
altro… e presto.
*
Chi ha letto "I
vicini di casa peggiori della storia", SA. Tarn ricorda
ancora il dialetto del settore di Kostrobna, ma non è felice
xD
Sembrava
impossibile finire di
scriverlo ma ce l’abbiamo fatta :D
Vi
avevo promesso un po’più di azione
dell’altra volta e… beh, penso che ci sia stata
grazie a Spectrus, al nano e ai
loro diversivi :’D se mi sbaglio su questo punto, siete
sempre liberi di
farmelo sapere!
Come
sempre ringrazio chi sta
continuando a seguire la storia e anche a farsi sentire :) alla
prossima!
_Cthylla_
|
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Capitolo 16 *** 16 - I sogni son desideri… ma anche no ***
16
(I
sogni son desideri… ma anche no)
«Ahio!
Miko-»
«Niente
“Miko”! SCEMO!»
esclamò la ragazzina lanciando contro il suo grosso
“partner” robotico l’oggetto
più grosso che fosse riuscita a sollevare «Ti
potevi far ammazzare! SCEMO!»
Gli
umani minorenni che frequentavano
la base erano stati costretti per varie ragioni a starne lontani per
qualche
giorno, dunque si erano persi tutti gli ultimi fattacci.
In
un certo senso secondo Optimus,
che in quel momento era presente, era stato meglio così,
perché in caso
contrario la tensione sarebbe stata anche maggiore.
«Ti
rendi conto che se tu fossi
morto, io… tu sei il mio migliore amico» disse
Miko, con le lacrime agli occhi
ma lesta a sferrare un pugno contro la sua corazza «Scemo!»
Prima
dello scambio culturale che
l’aveva portata fin lì Miko era sempre stata una
persona molto sola. In
Giappone non era mai riuscita a integrarsi con nessuna delle sue
coetanee,
troppo ribelle per stare con quelle più
“kawaii” e troppo poco per riuscire a infilarsi
in mezzo a qualche gruppo di disagiate, e a Jasper era successo
più o meno lo
stesso prima dell’arrivo dei Transformers. Se aveva stretto
amicizia con Raf e
Jack era stato grazie a loro, ed era un altro motivo per cui era
così
affezionata a tutto il Team Prime e a Bulkhead in particolar modo.
«Hai
ragione… hai ragione» riconobbe
il demolitore «Sono stato proprio uno scemo. Mi
dispiace».
«Te
l’avevano detto di non rispondere
alle chiamate di Spectrus, perché l’hai fatto lo
stesso? E perché gli hai dato
retta e sei andato lì?!» insistette Miko
«Bulk, tu di solito non sei così
stupido!»
«Aveva
minacciato di profanare la
tomba di Wheeljack per prendersi dei pezzi» disse Bulkhead
«Le componenti
interne… col senno di poi mi rendo conto di quanto fosse
improbabile come
minaccia, non è qualcosa che, diciamo, è il suo
genere…»
“Su
cosa sia o meno il genere di quel
tipo non farei affidamento” pensò Arcee, presente
anch’ella.
«Ma
quando se n’è uscito in quel
modo, quando ha detto quelle cose, io…» Bulkhead
fece un sospiro nervoso.
«Se
non altro la vostra lotta ti
aveva calmato abbastanza da evitare dei tentativi di affrontare la DJD
da solo»
disse Arcee.
«Se
me li fossi trovati davanti prima
di battermi con Specter ci avrei provato» ammise
l’Autobot «Per quel che hanno
fatto a Jacky, nonostante con lui sia andata com’è
andata. Dopo essere stato
battuto però mi è passata la voglia, speravo solo
che non riuscissero a
trovarmi e ho avuto fortuna che sia andata così…
hanno visto il messaggio che
aveva lasciato loro nel datapad e hanno saputo degli insecticons nella
Nemesis,
dunque erano impegnati con altro».
«Messaggio?»
domandò Miko.
«Deve
sperare che Tarn non gli metta
mai le mani addosso, altrimenti finirà male già
solo per le prese in giro che
gli ha rivolto» disse Bulkhead «Da
quel che diceva pensiamo che si sia
alleato -o abbia usato- Airachnid e le sue bestie contro i Decepticon.
Infatti
dalle comunicazioni che abbiamo captato sembra che ci siano stati
grossi danni
lassù. Nella Nemesis insomma. Spectrus all’inizio
ha tenuto lontani quelli
della DJD di proposito».
«--Se si scornassero
tra di loro non avrei niente da dire, il problema è quando
coinvolgono anche
noi--» commentò Bumblebee, rimasto in
silenzio fino a quel momento «--Certo
che di danni ne ha fatti…--»
«E mi ha offerto di nuovo un’alleanza»
aggiunse Bulkhead,
rivolgendosi a Miko dato che gli altri Autobot già lo
sapevano «Per farne di più.
Ha detto di aver buttato giù il più grosso della
DJD. Su questo punto gli credo,
anche perché non era con loro».
«Tu però gli hai detto di no, vero?! Non avresti
mai detto
di sì a quel brutto bastardo!»
«Miko, occhio alla lingua…»
«Anche Optimus l’ha definito così
eh!» gli ricordò la
ragazzina.
Ultra Magnus in tutto ciò era rimasto un po’a
distanza e,
mentre gli altri parlavano con i ragazzini, Optimus gli si
avvicinò.
«Magnus. Sono lieto di vedere che Ratchet è
riuscito a fare
qualcosa per te anche per…»
«Questa?» Ultra Magnus sollevò la mano
destra, o meglio,
qualcosa che ci somigliava «Mi abituerò, signore.
Mi impegnerò per tornare
operativo il più presto possibile».
Nello scontro con Vos aveva subito non pochi danni, non
ultimi quello che stava mostrando e quello al volto. Ratchet aveva
cercato di
rattoppare il tutto -oltre al resto aveva creato una protesi
improvvisata per
la mano e aveva cercato di chiudere i buchi sul viso- ma non poteva
fare
miracoli.
«Di questo non dubito, ma ti invito a usare la prudenza e a
non cercare di tornare sul campo di battaglia prima del
tempo» lo avvertì
Optimus «So che il tuo desiderio di
“riabilitarti” agli occhi della squadra
è
forte ma hai subito dei duri colpi».
«E non si era nemmeno trasformato in fucile. Chi avrebbe
pensato che qualcuno così allampanato…»
borbottò Ultra Magnus riferendosi a Vos
«Ma quella è la Decepticon Justice Division, da
loro non c’era da aspettarsi
che questo. È con Spectrus Specter che ce l’ho:
quelli come lui infangano il
nome di tutta la fazione» affermò «Ma
più di tutti ce l’ho con me stesso per
essermi lasciato ingannare da lui e il suo degno compare».
«Grazie a te sappiamo che non lavora da solo, ma con un
prioniano che si intende parecchio di tecnica. C’era un
prioniano
incredibilmente vivo, è sulla Terra da chissà
quanto e hanno finito per
incontrarsi… sono ancora stupito»
commentò Optimus.
«Io sono più stupito all’idea di essere
stato nella loro
astronave e non aver trovato qualcosa che lasciasse pensare alla
presenza di un
ostaggio. Ad averlo saputo avrei potuto almeno provare
a liberare il nostro compagno».
«Salveremo Smokescreen appena si presenterà
l’occasione. Più
andiamo in là più mi domando cosa voglia farne
Spectrus, se avesse voluto
usarlo per fare pressione su di noi penso che a
quest’ora…» Optimus fece un
sospiro nervoso «A volte vorrei capire cosa gli passa per la
testa».
«Capire cosa gli passa per la testa significherebbe essere
troppo simile a lui. No, grazie» disse Arcee avvicinandosi al
compagno di vita
«Il peggio che mi viene in mente è che possa
volerlo usare come esca ai nostri
danni. Smokescreen non meritava una cosa del genere».
Diede un’occhiata a Ultra Magnus. Optimus, sia come capo che
come favore personale, le aveva chiesto di non trattarlo come un
escluso e di
considerarlo “vittima” delle chiacchiere di
Spectrus com’erano stati tutti
loro. Lei aveva qualche riserva - l’esperienza con Spectrus
aveva fatto
riemergere e aggravare la sua naturale diffidenza- e continuava a
tenerlo
d’occhio, ma in virtù di quanto le aveva chiesto
suo marito cercava di non
farle pesare.
«E se penso che si è messo in questa situazione
per salvare
la vita a me… difficilmente riuscirò a ripagare
quel ragazzo» disse Optimus
«Difficilmente riuscirò a
“ripagare” tante cose, anche se cerco di ripetermi
che la prima volta con l’Omega Lock non potevo agire
diversamente. Megatron
voleva ridare vita a Cybertron ma anche terraformare questo pianeta, ed
è questo che ha fatto
come prima cosa.
Lasciarlo fare avrebbe significato non solo la morte di miliardi di
creature
innocenti, ma anche abbracciare la filosofia Decepticon che eleva la
nostra
specie al di sopra di quelle organiche. Porterò il peso
delle decisioni che ho
preso ma moralmente e ideologicamente non potevo accettare una cosa
simile».
«Ad averti sentito parlare così non penso che
avrei creduto
a quel che mi avevano mostrato quei due» disse Ultra Magnus,
cercando senza
successo di nascondere un senso di colpa che invece era evidente nelle
sue
ottiche.
«Al di là del raggiro tu non hai fatto che seguire
le
procedure previste dal nostro Codice. Non c’è
molto da dire su questo».
«E averlo seguito mi ha reso cieco e stupido»
dovette
ammettere Ultra Magnus «Non rinnego l’ordine e la
disciplina militare, ma mi
serva di lezione per il futuro».
Optimus approvò il discorso. Guardandosi attorno
notò Fowler
che aggrottava la fronte. «C’è qualche
problema?»
«Un attacco a una base militare e a un centro di ricerca.
Inutile
specificare chi sia stato!» disse l’agente,
lanciando a Optimus un’occhiata
significativa «Neppure i peggiori disastri li
fermano».
«I Decepticon».
“Cosa staranno cercando di costruire questa volta?”
si
domandò.
***
«… un nuovo Omega Lock. Quello vecchio risulta
eccessivamente danneggiato, al mio esame» disse Shockwave
«Ecco perché ho
ritenuto più saggio procedere con la costruzione di uno
nuovo, alla luce della
scoperta fatta nel laboratorio esploso».
«Va benissimo. Avrai qualsiasi cosa ti serva, d’ora
in
avanti i nostri sforzi saranno concentrati interamente su questo. Ho
già
iniziato a far ricostruire tutto quel che è andato distrutto
e ho già mandato
alcuni vehicons a prendere alcune cose che avevi chiesto»
disse Megatron «Forse
è vero il detto secondo cui non tutti i mali vengono per
nuocere… e se anche
nuocciono possono avere risvolti inaspettatamente positivi».
Megatron non si era ancora stufato di osservare le bizzarre
formazioni di cybermateria che si erano create nel laboratorio di
Shockwave a
seguito dell’opera di devastazione di Airachnid e dei suoi
insecticons. Chi
avrebbe mai detto che il CNA sul quale Shockwave stava conducendo
esperimenti
fallimentari e l’energon sintetico avrebbero potuto produrre
una cosa simile?
La stessa sostanza di cui era (stata) composta Darkmount, la stessa
sostanza di
cui erano fatti i suoi sogni. Optimus Prime non li aveva distrutti per
sempre,
dopotutto.
«Dovrò comunque continuare a lavorare alla formula
dell’energon sintetico: benché da esso e dal CNA
possa essere creata la
cybermateria, questa risulta essere ancora instabile» disse
lo scienziato
Decepticon staccandone un pezzo «Però
sì, è senz’altro un inizio promettente.
Riguardo il mio… aiutante?»
«Appena Knockout finirà di riparare Starscream
sarà lui a
occuparsi di coordinare le squadre di vehicons per la tua
“lista della spesa”».
«Le reazioni di Tarn suggerivano che non fosse troppo felice
di mettere a disposizione la sua astronave per concludere le
riparazioni di
Starscream, così come Starscream sembrava
tutt’altro che felice all’idea di
andare nella Peaceful Tiranny» osservò Shockwave
«La ragione logica dietro una
simile decisione, al di là della momentanea mancanza di
infrastrutture adeguate
all’interno della Nemesis, mi sfugge».
«L’infermeria della Nemesis al momento è
un disastro, l’hai
osservato tu stesso, mentre l’astronave della Decepticon
Justice Division è
rimasta integra. Airachnid e i suoi insecticons puntavano a
noi» replicò
Megatron «Inoltre, che Starscream sia riuscito a entrare
nella Peaceful
Tiranny, la “casa” della Decepticon Justice
Division, senza andare fuori di
processore è stato un altro utile test per verificare che
l’efficacia della
mnemosurgery… e che Tarn sia stato poco felice non conta:
quel che conta è che
abbia obbedito al mio ordine».
“Per quanti insecticons possa uccidere con due frasi, il
leader sono sempre io” aggiunse mentalmente “Non
che attualmente abbia dei
dubbi sulla sua lealtà, ma nel breve periodo in cui
è giunto su questo pianeta
ha preso sul personale per due volte qualcosa che non riguardava la
Causa né me,
nel primo caso arrivando anche ad agire di conseguenza. Non posso
evitare di
tenere conto del trattamento riservato a Starscream e il motivo. Dopo
tutti
questi vorn avevo iniziato a convincermi che Tarn non fosse in grado di
sviluppare un ‘qualcosa’ di interamente
suo ma considerando quel che
è
successo, il tutto pur avendola rivista un’unica volta dopo
tanto tempo e prima
ancora che parlassi di Spectra con lui, direi che sbagliavo. Da un lato
è
meglio così, dall’altro dà da
pensare”.
Lord Megatron l’aveva pensato due mesi prima e continuava a
pensarlo ancora adesso: a modo suo Spectra era pericolosa. A
rincuorarlo era
solo il fatto che fosse una persona d’animo buono,
perché altri avrebbero usato
una simile influenza in modo molto diverso, e che continuasse a darne
prova. Quando
Soundwave era tornato e gli aveva brevemente riferito com’era
andata la
faccenda -dopo aver manifestato il suo ovvio stupore per aver trovato
il
disastro nella Nemesis- gli era saltato all’occhio un
particolare stonato nel
modo in cui Dreadwing e Spectra erano scappati, per la precisione il
fatto che
Dreadwing non fosse tipo da ritirarsi da una battaglia, specie se
c’era di
mezzo un po’di acredine, e dunque non avrebbe avuto interesse
neppure a concepire un piano di
fuga semplice e
pulito in cui nessuno si facesse male. L’unica dei tre a
voler evitare una
rissa che sarebbe nata per causa sua era Spectra, dunque era stato
portato a
pensare che l’idea fosse venuta da lei.
“Nemmeno
in un milione di anni Spectra sarebbe in grado-”
“È
una Specter, l’innocenza che si può apprezzare in
lei e le varie scelte
infelici non ne fanno un’idiota. Sarebbe ora che lo capissi,
Soundwave, e non
solo perché è ancora la tua compagna di
vita”.
Il suo amico di una vita si era mostrato scettico ma lui
restava della propria idea: credeva davvero in quel che aveva detto a
Soundwave, e comunque aveva imparato a proprie spese che dagli Specter
c’era
sempre da aspettarsi qualche sorpresa. Di quell’ultima cosa
aveva un grosso promemoria
tutt’attorno a sé.
A volte si domandava come sarebbero andate le cose se
quell’inetto di Starscream avesse capito chi doveva uccidere
e chi no. Si chiedeva
come sarebbe stato avere la capacità distruttiva di Spectrus
tra le proprie
fila e se l’influenza pesante del compianto Spector Specter
sarebbe riuscita a
far sì che suddetta capacità fosse convogliata
solo a favore e mai a danno dei
Decepticon. Si domandava anche come sarebbe stata Spectra e se ad avere
vicino
la madre avrebbe imparato a sfruttare meglio le proprie
abilità oppure no;
forse sarebbe stata un po’più risoluta,
com’era stata Sparkleriver. Aveva avuto
il piacere di avere a che fare con lei solo un paio di volte ma gli
erano
bastate per capire che nonostante la vocazione alla cura della
famiglia, l’aria
dolce e l’atteggiamento gentile -tratti in comune con
Spectra- si trattava di
una donna piuttosto volitiva, in grado di sostenere una conversazione
in modo
brillante e a conoscenza di espressioni in lingue ignote -
l’aveva sentita
sospirare un “Cyka blyn”
riguardo qualcosa
che riguardava il figlio. Alla sua curiosità, Spector in
seguito aveva
accennato al fatto che la tata di sua moglie provenisse da un posto
lontano e
lei avesse assorbito in parte l’idioma*.
«... e ora che ci penso potrebbe rivelarsi necessario anche
questo componente. Alcune fonti suggeriscono che potrebbe essere
trovato in un
centro di ricerca presente in questo luogo chiamato
“Antartide”» disse
Shockwave, mostrando a Megatron del materiale su un datapad.
«Entro domani sera lo avrai» promise il leader dei
Decepticon, abilissimo nel fingere di aver ascoltato qualunque cosa
Shockwave
avesse detto mentre lui era perso nelle sue riflessioni «Come
ho detto, i
nostri sforzi saranno concentrati su questo. Abbiamo chi pensa a tenere
lontane
eventuali minacce».
Shockwave si guardò attorno. Quel che il suo unico sensore
ottico rosso vedeva suggeriva tutt’altro.
«C’è una cosa che mi domando. La mia
esperienza suggerisce che tutti abbiano un prezzo. Tenendo in
considerazione il
tutto, ha mai preso in considerazione l’idea di fingere di pagare quello di qualcuno che
a dir Suo dai progetti
sarebbe dovuto essere un Decepticon? Non mi sembra illogico».
«Sarebbe inutile e ben lontano dalle mie
intenzioni» rispose
Megatron «Mi staccherei la testa dal collo da solo piuttosto
che scendere a
patti con un tipo come Spectrus Specter o fingere di farlo: parli
così perché
sei qui da poco, ma mostrargli segni di cedimento sarebbe una pessima
idea.
Tempo di tornare a lavorare, direi» concluse poi
«Se scopri qualcosa riguardo
la stabilizzazione, fammelo sapere subito».
«Sissignore».
Megatron dunque si allontanò. Rendendosi conto di essere
arrivato davanti all’alloggio temporaneo di Soundwave si
fermò, fece per
ripartire, si fermò nuovamente e fece un breve sospiro. Il
sistema di
comunicazioni era stata la primissima cosa a essere tornata in funzione
grazie
al duro lavoro del suo amico, dunque glielo doveva. Entrò.
«Come va?» domandò.
“Un incubo in senso letterale” pensò
Soundwave, reduce da
una ricarica indotta dalla stanchezza durante la quale i suoi sogni non
erano
stati piacevoli.
“Non voglio tornare
nella Nemesis, non voglio tornare da lui. Avevi ragione, ho fatto uno
sbaglio a
sposarlo…”
Le labbra di Spectra andarono
a toccare quelle di Dreadwing, che la sollevò e la mise in
braccio a sé. Mentre
lei scendeva a baciare i morbidi cavi della sua gola, le mani
dell’ex secondo
in comando cominciarono ad accarezzarle la schiena con fare
sì delicato, ma
anche possessivo, per poi posarsi sulle sue cosce.
“Ora però ci sei solo
tu” mormorò la femme “Toccami. Fammelo
dimenticare, ti prego”.
“Spectra, NO!”
esclamò
Soundwave, assistendo impotente allo spostarsi inesorabile di una mano
di
Dreadwing e ascoltando impotente i sospiri e i gemiti della sua
compagna di
vita tra le braccia di un altro.
«Come al solito. Però volevo farti una
domanda».
“Preghiamo che sia inerente al lavoro”
pensò Megatron, pur
avendo poche speranze. «Certo».
«Se Spectra non si fosse messa in mezzo» disse
Soundwave «Se
Dreadwing e Starscream fossero arrivati a combattere tra loro e ti
fossi
trovato a dover decidere chi sacrificare tra i due, senza
possibilità di
evitarlo, quale sarebbe stata la tua scelta?»
«In quella situazione sarebbe dipeso tutto da chi dei due
avrebbe disobbedito al mio ordine di fermarsi» rispose
cautamente l’ex
gladiatore «Presumo che la codardia, istinto di sopravvivenza
o che dir si
voglia, avrebbero fatto il resto».
«Per Starscream».
Già.
Megatron sapeva che Soundwave non aveva torto su quel punto:
Dreadwing era una persona con idee molto forti su cosa fosse corretto e
cosa
no, ed era proprio per quella ragione che probabilmente in una
situazione del
genere si sarebbe trovato a doverlo terminare. Però non era
sicuro di capire o
di voler capire dove Soundwave
volesse andare a parare. Forse stava cercando di capire quanto
Dreadwing fosse
sacrificabile, e Megatron si trattenne dall’alzare gli occhi
al soffitto alla
sola idea. Era ancora dell’idea che sarebbe stato giusto che
Spectra scegliesse
dove e con chi stare, ma se mai Dreadwing avesse perso
un’eventuale lotta tra
cybergalli avrebbe dimostrato di non poterla proteggere.
«Sia come sia Dreadwing non accenna a voler tornare qui,
dunque non avrò modo di doverlo scoprire. Concentriamoci sul
programmare la
prossima missione: coinvolge un centro di ricerca in
Antardide».
«Ho inviato io a Shockwave il file riguardo dove trovare il
materiale che vuole».
«Sempre efficiente, è così che mi
piaci».
Megatron uscì dalla stanza poco dopo e Soundwave, rimasto
solo, fece un breve sospiro. Si stupì quando lo vide
rientrare.
«Dimenticavo: notifica alla DJD da parte mia di spostare
Airachnid e metterla nei primi posti della loro Lista. Aver trovato una
delle
sue zampe non significa necessariamente che gli insecticons impazziti
l’abbiano
uccisa e mangiata, e dopo quel che ha fatto ha ampiamente oltrepassato
la linea».
«Non hai torto».
Lo vide uscire nuovamente. Non si chiese perché non avesse
dato a Tarn quell’ordine di persona, considerando il periodo
era ovvio che
volesse averci a che fare il meno possibile. Era così
già in momenti normali,
figurarsi adesso che tutti loro stavano vivendo gli effetti
dell’ultima idea di
Spectrus. Si era liberato degli insecticons e aveva provocato seri
danni senza
muovere un dito: pareva che studiare simili piani fosse qualcosa che
pagava,
purtroppo per tutti.
Scrisse la nota per la DJD e stava per inviarla quando
un’idea
iniziò ad affacciarsi nel suo processore, nata forse proprio
per aver pensato a
Spectrus Specter e ai suoi “piani”.
“Dreadwing non tornerà nella Nemesis”
pensò “Anche se questa
sarebbe la volontà di Megatron, e ce l’ha anche
con lui per quanto è successo a
Sky Quake, non ce l'ha solo con Starscream. Forse continua a credere
nella nostra causa,
ma non crede più in Megatron” pensò
anche, alla ricerca frenetica di
giustificazioni “È effettivamente un disertore.
Altri sono finiti nella Lista
per molto meno”.
Il suo processore macinava a pieno regime, e non macinava
niente di buono.
“I macellai vanno a caccia di Dreadwing, che è con
Spectra. Terminano
lui, prendono lei e la riportano qui. Megatron ha detto a quel fanatico
che dev’essere
lei a decidere dove stare e Spectra,
dopo che avranno ucciso Dreadwing, non vorrà avere a che
fare neppure con loro.
A quel punto non avrà altri posti dove andare se non qui, e
potremo risolvere
la nostra crisi senza che altri si mettano in mezzo. Megatron
capirà. Quelle
personali non sono le sole ragioni dietro la mia scelta, e in ogni caso
Dreadwing non sta facendo né farà niente di utile
per la nostra fazione” concluse,
aggiungendo il nome di Dreadwing nella nota.
Sentì che una parte di lui gridava “Cosa cazzo
stai
facendo?!”
“Sono un Decepticon, non sono Santo Soundwave di Old
Kaon”
rispose.
“Se lei lo venisse a sapere!...” insisté
quella parte.
“Per ora lo sappiamo solo io e io. A fatto compiuto lo
verrà
a sapere anche Megatron, ma non mi tradirà, credo che
accetterà di fare un
favore a un amico, e a lui di simili beghe interessa poco, soprattutto
adesso
che è preso dalla costruzione del nuovo Omega Lock. Dunque
come potrebbe venire
a saperlo Scricciolo?”
“E se Tarn facesse delle domande a Megatron prima di andare
a caccia? Ci hai pensato?”
“Tarn che si fa domande su un qualcosa che viene da
Megatron, tanto più dopo gli ultimi fallimenti?
Improbabile”.
“Soundwave” si fece sentire ancora il
po’di ragionevolezza
che gli restava “Ti rendi conto che stai ragionando in
maniera simile a
Spectrus Specter, il mostro dal quale volevi proteggere la tua compagna
di
vita? Ti rendi conto che stai cercando di manipolare gli eventi e la
persona
che dici di amare pur di costringerla a tornare da te?”
“Non arriverei a tanto se lei
fosse rimasta con la persona che diceva di amare. È sua la
colpa” concluse “Anzi, è di Dreadwing.
Ormai è un mese intero che me la sta
mettendo contro, e il manipolatore sarei io?”
Inviò la notifica alla Decepticon Justice Division.
Come solevano dire i terrestri, la frittata era fatta.
***
Si vedeva la
Terra,
giù in basso, il gioiello azzurro che lei aveva visto due
mesi prima. Sembrava passata
un’eternità da allora.
Si vedeva una
struttura imponente di forma circolare, ripiena di una materia che non
sapeva
identificare, e si vedeva la Nemesis: la struttura circolare era
attaccata all’astronave,
e c’erano anche delle grandi capsule di liquido luminescente.
Vedeva anche
Knockout
in lontananza, vedeva un grande Decepticon con un solo occhio rosso e
che lei
non conosceva e vedeva Starscream. Di quell’ultima presenza
avrebbe fatto
volentieri a meno, indipendentemente dal fatto che lui non sembrasse
vederla, avesse
l’aria atterrita e stesse urlando parole che lei non riusciva
a capire.
“Perché
grida?”si
domandò Spectra, voltandosi a guardare dove lui guardava.
La lama di una
spada
che le era familiare -“Non è Star Saber,
che cercavamo tempo fa?”-
trafiggeva un petto che le era altrettanto familiare.
Vide il volto di
Lord
Megatron contorto in una smorfia dolorosa e sorpresa, la sua bocca
aprirsi e
sputare fluido vitale.
“Lord…
Megatron?!”
Il suo grosso
corpo
dalla Scintilla spezzata si sfilò dalla spada -ma chi la
brandiva? Chi? Se solo
fosse riuscita a vederlo!- e cadde dall’astronave come solo
un corpo morto può
cadere, scomparendo rapidamente alla vista.
...
...
Spectra si svegliò di soprassalto.
La prima cosa che fece fu guardarsi attorno e cercare
Dreadwing, il quale era in ricarica accanto a lei.
“Non sono capace nemmeno di stare sveglia quando è
il mio
turno di fare la guardia, e il peggio è che sono stata io a
insistere” pensò,
sentendosi in colpa anche per quello, e istintivamente
allungò una mano verso
il viso del Decepticon “In che mani ti sei messo?”
Resasi conto del gesto, si bloccò prima di arrivare a
sfiorarlo e ritrasse la mano. Non era proprio il caso di svegliarlo,
cosa che
sarebbe sicuramente successa se l’avesse toccato anche con la
massima
leggerezza possibile. Avrebbe sempre potuto raccontargli il suo sogno
allo
scadere del turno, se poi raccontarglielo aveva davvero senso e valeva
la pena: era stato piuttosto strano.
“Tu non dovresti essere qui a dormire per terra,
Dreadwing”.
Non riusciva proprio a togliersi dalla testa l’idea di
essere una condanna per lui, nonostante tutto. Le bastava guardarsi
attorno per
convincersene maggiormente, le bastava pensare al fatto che ora con
Soundwave
le cose erano -e sarebbero- peggiorate ulteriormente anche per
Dreadwing, e
tutto per colpa sua. Gli aveva detto più volte che stato il
caso di andare ognuno
per la sua strada, anche se le spezzava la Scintilla il pensiero di
privarsi
della sua presenza, però lui non condivideva
quell’idea.
“Se fossi una persona un po’meno debole andrei via
e basta,
invece parlo, ma poi gli resto attaccata come un parassita. Niente di
nuovo, è
quel che sono sempre stata: una parassita che complica la vita alla
gente e
niente di più”.
Già in precedenza Spectra aveva pensato che quel mech
sarebbe stato capace di dare anche la vita per lei se fosse stato
necessario -“Perché
sprecarla così, poi?”- e dopo gli ultimi giorni
era ancora più convinta:
Dreadwing sarebbe stato disposto a battersi con Soundwave se lei, nel
parlare
dell’incontro, non avesse avuto quell’idea della
frana che imprevedibilmente
aveva funzionato. Doveva essere stato un miracolo di Primus,
perché dei due
Specter in vita non era lei quella che aveva “le
idee”.
“Chissà cosa sta facendo Spectrus in questo
momento”.
Probabilmente stava progettando l’ennesimo disastro o la
stava cercando per ucciderla, o forse stava facendo entrambe le cose.
Era sempre
stato multitasking, lui.
“Se trovasse me troverebbe anche Dreadwing. Non voglio che
termini Dreadwing” pensò “Non merita una
cosa del genere, è una persona
meravigliosa”.
Poi però pensò anche un’altra cosa.
“Se invece
trovasse me da sola e mi terminasse senza poter fare del male anche a
lui, sarebbe davvero una cosa così
brutta?" pensò "Lui è un guerriero
Decepticon, anche Soundwave lo è, chiunque mi abbia
conosciuta qui lo è. Adesso magari mi pensano
perché sanno che sono qui e sono online, ma una volta
terminata si riprenderebbero in fretta e mi
dimenticherebbero altrettanto in fretta. Hanno visto e vissuto di
peggio, immagino. Giusto?"
Cercò una risposta a quella domanda, ma non la
trovò neppure
nei flebili rumori della natura attorno a sé.
* "Sparkleriver aveva la tata kostrobnese"? Esatto! :D
Allegria come se piovesse, Soundwave che continua a
rovinarsi con le sue mani e… ci credete che mi sono serviti
tre quarti d’ora
per scrivere quelle quattro righe del sogno di Soundwave? :’D
io ci provo, ma “nonjelapossofa”.
Ringrazio tutti come sempre e… alla prossima :)
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Capitolo 17 *** 17 - Così come nel canon -più o meno ***
17
(Così come nel
canon -più o
meno)
“Ho
fatto la cosa giusta. Il pazzo
non è andato a dire nulla a Megatron e Megatron non ha detto
nulla a me, quindi
sta andando tutto come speravo e devo solo aspettare che vengano
trovati. La
mia compagna di vita tornerà a casa… e lo
farà in tempo per assistere alla
vittoria di noi Decepticon”.
“La
speranza è l’ultima a morire”, un
discorso valido anche per Soundwave mentre sorvolava
l’impianto nel quale una
squadra di vehicons era andata a prendere una parte del materiale che
serviva a
Shockwave. Quel compito sarebbe dovuto toccare a Starscream, ma questi
aveva traccheggiato,
si era lagnato di essere convalescente -quell’ultima cosa era
vera, ma a lui
per ovvi motivi non faceva pena- e insomma, Megatron alla fine gli
aveva
affidato la missione in Antartide invece che quella nel deserto
roccioso.
Starscream
non aveva avuto una grande
idea a volersi lamentare, ma d’altra parte Starscream non
aveva praticamente mai delle idee
che alla fine si
rivelavano buone per la sua salute fisica. Anche quel che era successo
con la
DJD lo dimostrava, tra le altre cose.
“La
DJD, i nostri utili idioti”.
Anche
Megatron in fondo li
considerava così, sapeva che con due parole avrebbe potuto
far fare loro
qualsiasi cosa. “Gratitudine ossessiva”, definiva
così l’atteggiamento di Tarn
nei suoi confronti. Ciò non significava che fosse sicuro
agire in modo
imprudente con loro -e lì, a Soundwave parve di sentire uno
schiaffo di
rimprovero sulla nuca- ma solo che Tarn era piuttosto prevedibile anche
a livello
militare, perché per sapere cos’avrebbe fatto era
sufficiente prendere gli
scritti di Megatron e leggerli. A parere di Soundwave, a salvarlo erano
solo il
suo potere e il suo corpo potenziato: senza quelli non si sarebbe
permesso
di lanciare frecciate in giro.
Mentre
i vehicons uscivano
dall’impianto vide un Ponte Terrestre aprirsi. Nulla di
imprevisto, in un modo
o nell’altro gli Autobot venivano sempre a sapere cosa
facevano e tentavano
sempre di mettersi in mezzo, a volte riuscendoci, a volte no.
Ultimamente erano
più gli “a volte sì”, seccava
dirlo ma era la verità.
Vedendo
uscire i nemici storici dei
Decepticon in formazione compatta aprì rapidamente un Ponte
dietro i vehicons,
sperando che non venisse direzionato chissà dove -ma in quel
caso immaginava
che nessuno avrebbe interferito: Spectrus fino a quel momento era
stato più
per il distruggere che per il costruire- e
li guardò scomparire al suo interno. La sua missione di
recupero non era
fallita, ottimo. In previsione di quel che sarebbe dovuto succedere a
Dreadwing, se c’era un momento in cui aveva maggiori ragioni
per dimostrare a
Megatron che su di lui si poteva contare era proprio quello.
Fu
allora che Optimus Prime si
trasformò e iniziò a sparargli, e lui a evitare i
suoi colpi facendo qualche
acrobazia aerea mentre lasciava volar via Laserbeak dal suo petto per
cercare
di restituire il favore. Quella
era la prima volta in cui
Soundwave aveva l’occasione di vedere dal vivo la sua nuova
forma potenziata
dalla Forgia: sembrava che Optimus, così come quando era
ancora Orion, non
avesse perso l’abitudine di usare per se stesso qualcosa che
sarebbe stato
destinato ad altro o ad altri.
“Fosse
stato per me anche quando hai
perso la memoria non ti avrei certo accolto nella Nemesis. Ti avrei
terminato”.
No,
benché a essere colpito
direttamente non fosse stato lui non aveva ancora perdonato a quel
mech, che
lui e Megatronus in passato avevano accolto nel gruppo come un
fratello, di
averli traditi sfruttando la loro -la sua. Di Megatron- luce riflessa
per avere una
visibilità che altrimenti, continuando a marcire nel suo
ufficio di archivista,
si sarebbe solo sognato.
Forse
furono proprio le troppe
riflessioni, assieme al fatto di non essere abile nel volo come certi
altri
seekers, a far sì che venisse colpito in pieno.
“Cosa?!
NO!” fu tutto quel che riuscì a pensare
mentre precipitava inesorabilmente
su una struttura di pali e cavi che lui, purtroppo, sapeva essere
elettrificata. Poteva reggere il colpo che aveva preso e rialzarsi per
combattere
ma non avrebbe potuto reggere una scossa simile e ne era consapevole.
La
scarica elettrica fu tremenda, si
sentì come se ogni circuito del suo corpo stesse venendo
inesorabilmente
fritto; l’unica cosa consolante fu vedere Laserbeak riuscire
ad allontanarsi
senza che gli Autobot, che in quel momento si stavano avvicinando per
circondarlo, dessero importanza alla cosa. Quella era una fortuna,
perché la
fuga di Laserbeak avrebbe potuto essere il preludio alla sua.
“Se
pensano di riuscire a tirare
fuori qualcosa da me riguardo il nuovo Omega Lock, si sbagliano di
grosso”
pensò Soundwave, e con quell’ultima certezza perse
i sensi.
Gli
Autobot presenti, ossia tutti a
parte Ratchet e Ultra Magnus che era rimasto nella base, continuarono
ad
avvicinarsi con cautela. Più d’uno di loro si
sentiva incredulo nel vedere il
corpo snello del tecnico Decepticon avvolto dai cavi elettrici
sfrigolanti.
Avevano davvero
l’occasione di
catturare il capo della sicurezza, nonché miniera vivente
d’informazioni, di Megatron?
«Ratchet»
disse Optimus Prime nel
comm-link «Riapri subito il Ponte Terrestre, ma fai in modo
che gli umani
restino a distanza di sicurezza. È importante…
stiamo per fare ritorno con un
prigioniero Decepticon».
***
«Il
fatto che i vehicons siano
tornati da soli col materiale e Soundwave non l’abbia fatto
significa una cosa
soltanto: l’hanno preso» disse Megatron,
tutt’altro che felice dell’accaduto.
Era sicuro che Soundwave sarebbe riuscito a uscire da lì ma
avrebbe preferito
non perdere il suo capo della sicurezza: l’ultima volta in
cui era stato fuori
per più tempo la Nemesis aveva subito un attacco tosto.
«Forse
sarebbe stato il caso di
inviare Starscream lì e lui in Antartide com’era
nei programmi iniziali, Lord
Megatron» disse Shockwave mentre toccava alcuni schermi
olografici.
«Forse.
Però Starscream doveva
imparare un’altra preziosa lezione, ossia quella di eseguire
gli ordini quando
gli vengono impartiti» replicò il leader dei
Decepticon «E in ogni caso
potrebbe andare tutto a nostro vantaggio: cercavamo la base degli
Autobot e
finora non l’avevamo trovata, ma adesso Soundwave si trova
lì dentro. L’energon
sintetico? Come procede la stabilizzazione?»
«Sono
costretto ad ammettere che
risulta più difficoltosa di quanto avessi
previsto» disse lo scienziato.
Megatron
divenne pensieroso nel
ricordare i fatti che l’avevano portato a mettere le mani su
quella formula
incompleta, e da lì un’idea fece capolino nel suo
processore. «Knockout era
arrivato al risultato attuale grazie alle ricerche del medico degli
Autobot,
giusto?»
«Così
mi è parso di aver capito».
«Allora
credo sia il caso di invitare a
bordo quel medico. Poco
importa che non esca quasi mai dalla base, come dicevo prima
c’è già un nostro
elemento lì, ovunque sia
“lì”».
«Non
credo che Soundwave avesse solo
le registrazioni dei ragazzini umani» osservò
Shockwave che, avendo capito dove
Megatron voleva andare a parare, si mise all’opera sul
computer «Posso
confermare che, se anche Soundwave è stato catturato,
Laserbeak è ancora in
libertà, dunque possiamo tracciare anche gli spostamenti di
questo… militare»
disse, mostrando le immagini dell’agente Fowler in macchina
«Che ha a che fare
con gli Autobot. Presto o tardi la condurrà nella base, e
Laserbeak potrà
trasmettere a Soundwave tutti i dati».
«Perfetto.
Nella sfortuna abbiamo
avuto fortuna… di nuovo» commentò
l’ex gladiatore «E non dubito che da qui al
momento della liberazione Soundwave sarà in grado di tenere
per sé le
informazioni».
Forse
erano al principio di una nuova
svolta.
Attivò
il comm-link e diede a
Starscream e ai suoi vehicons l’ordine di partire.
.::
Un paio d’ore dopo ::.
«Muovetevi!
Maledetti idioti!»
Benché
molto più rauco di prima -a
quel danno non avevano ancora rimediato. Chissà se
l’avrebbero mai fatto-
Starscream sembrava aver ripreso a pieno regime la sua abitudine di
inveire nei
comm-link dei poveri vehicons che l’avevano accompagnato e si
trovavano ancora
nel centro di ricerca. Cercare di far sì che la sua
autorità non fosse minata
era fondamentale, soprattutto adesso.
I
lavori di riparazione sul suo corpo
si erano velocizzati dopo il caos creato da Airachnid e la scoperta di
Shockwave nel laboratorio saltato in aria, ed essere costretto a farli
nella
Peaceful Tiranny aveva indotto Knockout a darsi una mossa
più di quanto avesse
mai fatto, ma per quanto fosse tornato a essere funzionale era ancora
considerabile convalescente. Oltre alla scatola vocale rovinata
c’erano certe
parti intime del suo corpo che per un po’di tempo non
avrebbero funzionato
affatto e, soprattutto, c’era la questione del bastone.
«Ci
vuole tanto a portare via quel sincrotrone?!
Forza!»
Dopo
il trapianto delle ali riusciva
a trasformarsi e in aria era agile com’era sempre stato,
così come i suoi razzi
e le sue armi erano stati reinstallati e avevano ripreso a funzionare a
dovere,
ma nella sua forma base aveva un problema: il danno inflitto alla sua
colonna
principale nel momento in cui Tarn gli aveva strappato le ali faceva
sì che la
sua gamba sinistra presentasse un’evidente zoppia nel
deambulare, ragion per
cui, in quel periodo di convalescenza, necessitava di un bastone. In
futuro
avrebbe potuto farne a meno, ma anche così sarebbe rimasto
un po’ claudicante
per tutta la vita. Avrebbe avuto una zoppia alla gamba sinistra,
proprio come
quella di… Lei.
“A
volte il destino!... anche
pensandoci non sarei riuscito a fare un lavoro migliore” era
stato il commento
di Tarn nel venirlo a sapere.
Quel
mostro non aveva avuto problemi
a parlare con tanta disinvoltura davanti a lui. La mano poggiata sul
bastone
tremò nel ricordarlo.
«Voglio
andarmene da qui senza avere
problemi. Un lavoro semplice e pulito» continuò il
seeker «Maledetto freddo»
aggiunse poi, borbottando tra sé e sé
«Perché non hanno mandato me
ad attaccare l’industria in quel
deserto roccioso? Avevo solo chiesto di rimandare un attimo, voglio
dire… perché
hanno voluto mandarci Soundwave? Sono io quello convalescente, e che
diamine!»
«Certa
gente è proprio irresponsabile
a mandare in giro una persona un po’malmessa, vero?»
«EH
Già!
Con tutto quello che ho
fatto per i Decepticon!» sbuffò il seeker, senza
realizzare di star parlando
con una voce che gli era sconosciuta e del peso che si era posato sulla
sua
spalla sinistra.
«Che
ingratitudine! Di’, amico, come
sei finito ridotto così?»
«…
macellai… quei macellai…»
borbottò
il seeker «E tutto perché io…
perché Spe- perché Lei…»
«Cosa
non si fa per certe femme. È un
discorso che posso capire, sai».
Meglio
tardi che mai: Starscream
realizzò che qualcosa non andava, si voltò verso
sinistra e trovò un minicon
seduto sulla sua spalla a rivolgergli un candido sorrisetto di pixel.
«C’è
stata una femme per la quale
sarei andato perfino all’Ikea. Ok, in realtà mi
piaceva l’Ikea, però questo è
un dettaglio».
«Tu
chi diamine sei?!» esclamò il
seeker cercando di schiaffeggiarlo via dalla spalla.
«“Una
persona vive tre vite: la prima
termina con la perdita dell’ingenuità, la seconda
con la perdita
dell’innocenza, e la terza con la perdita della vita stessa.
Ineluttabilmente
tutti attraversiamo questi tre stadi”*»
continuò il minicon, svolazzando davanti
a lui.
«Ma
che vai dicendo?!»
«Va
dicendo che sei arrivato
all’ultimo stadio».
Starscream
aveva riconosciuto la voce
di Spectrus, ma tra la sorpresa per il fatto che si trovasse dietro di
lui e
anche la paura -tutt’altro che migliorata da dopo il
“trattamento DJD”- non
riuscì a reagire abbastanza in fretta da evitare di essere
preso. Cercò di
attivare il comm-link ma Spectrus, immaginando quella mossa, lo ruppe
subito. Venne
trascinato a poca distanza dal centro di ricerca, precisamente dietro
qualche
roccia ricoperta di ghiaccio, e in tutto ciò si
stupì di essere ancora vivo: le
altre volte in cui si erano trovati faccia a faccia, Spectrus aveva
cercato di
ucciderlo appena l’aveva visto davanti a sè.
«Non
nego che se fosse per me ti
staccherei la testa dal collo seduta stante» disse infatti il
grosso mech, a
conferma di quello che Starscream aveva pensato
«Però io e il mio socio,
soprattutto lui direi, siamo tipi curiosi. Quando abbiamo sentito che
avevate
in programma una missione qui ci siamo domandati- eh no» si
interruppe
Spectrus, spingendo indietro il braccio di Starscream appena in tempo
per
evitare di essere colpito da uno dei suoi razzi, che dunque venne
sparato in aria
«Non riuscirai a far saltare la testa anche a me».
«È
stato uno sbaglio! È stato uno
sbaglio, ok?! Te l’ho già detto in passato, avevo
solo capito male gli ordini
di Megatron riguardo la tua famiglia, mi hanno già punito
per quello, e anche ultimamente-»
«Pensi
davvero che mi importi?»
Starscream
in altre occasioni si
sarebbe giocato la carta dell’essere stati quasi cognati o di
aver condiviso la
cuccetta con Spectra per cercare di distrarlo, ma immaginava che tutto
quel che
avrebbe ottenuto da Spectrus sarebbe stata solo una risposta tipo
“Ottimo, un
altro buon motivo per fare secchi entrambi”, e non era il
caso.
«Ci
chiedevamo perché il tuo capo
fosse interessato a qualcosa che può generare un buco
nero» disse il minicon
che era insieme a Spectrus. “Bustin”, se Starscream
non ricordava male avrebbe
dovuto chiamarsi così «Forse non ne è
consapevole, ma usando male cose come
questa rischiate di trovarvi a essere i trisnonni gli uni degli altri e
il
padre di vostra madre in questa realtà o in altre
parallele».
«Rimpiango
di non aver continuato a
mandare palline da ping pong nei bicchieri con dei colpi di testa, le
ore di
vita buttate in questi giorni dietro quel caos di parentele che
è Dark non
torneranno mai più. Allora: cos’è che
state cercando di costruire e che io di
conseguenza dovrò distruggere?»
«È…
è una cosa buona per tutti
quanti» “Devo cercare di prendere tempo e provare a
chiamare aiuto, se poi i
vehicons hanno sentito il razzo forse!…”
pensò Starscream «Tu non vorresti che Cybertron
vivesse di nuovo e che la nostra razza avesse anche questo pianeta
qui» indicò
il terreno «Cyberformato e a disposizione?»
«Dunque
volete ricostruire l’Omega
Lock in qualche modo o crearne uno di sana pianta» comprese
Spectrus, e tanti
saluti all’idea di Starscream di traccheggiare «Che
perdita di tempo. Ci sono
già varie colonie e città-Stato vivissime
là fuori, c’è da domandarsi
perché
non abbiate provato a conquistare quelle che non vi
appartengono…»
Spectrus
puntò i laser contro la
Scintilla di Starscream. Fino a un paio di mesi prima gli sarebbe
risultato
difficile se non quasi impossibile mantenere tanto autocontrollo
davanti a lui,
lui, che gli aveva portato via
tutto,
mentre adesso risultava facile: ovviamente sarebbe stato soddisfatto
nel
vendicarsi e voleva ancora ucciderlo -era uno dei motivi che
l’avevano spinto
lì quando Bustin aveva sentito della missione e di chi
avrebbero mandato- però si
stava rendendo conto che non sentiva più quella fredda
rabbia omicida provata
nei confronti di Starscream fino ad allora, sentimento che in passato
l’aveva
anche indotto a commettere qualche sbaglio. L’esperienza di
premorte vissuta
poco più di un mese prima forse aveva influito sul suo
processore, dopotutto.
«…
ma immagino sia perché siete in
piena decadenza» concluse «Addio».
Stava
per sparare quando sentì Bustin
esclamare un avvertimento, decidendo dunque di abbassarsi per evitare
uno sparo
di Optimus Prime che in caso contrario l’avrebbe colpito
dritto in faccia.
«Dovresti
sparare al Decepticon
presente, non a me!» esclamò Spectrus, costretto a
spostarsi per evitare il
pugno di Ultra Magnus, dato con l’unica mano sana.
«Non
c’è differenza, anzi, tu sei
molto peggio» ribatté l’ex capo dei
demolitori.
«Che
dire, nonostante i danni hai
mantenuto una buona mano» commentò Specter, leggermente
ironico.
Optimus
si trovò a dover parare
alcuni colpi laser sparati dal minicon che gli svolazzava pigramente
attorno e
sembrava puntare ai sensori ottici. Aveva senso, difficilmente i suoi
laser
avrebbero potuto penetrare parti più dure della sua corazza,
almeno in teoria.
«Tu sei un prioniano, sei l’ultimo
minicon-»
«L’ultimo
maschio, sì» annuì Bustin,
sparandogli ancora.
«Qualunque
cosa ti abbia detto
Spectrus non sei costretto a seguirlo e ad aiutarlo, non devi per
forza rischiare di condannare
all’estinzione
la tua razza! Possiamo proteggerti» si offrì
Optimus, come
si sarebbe offerto di proteggere chiunque altro da un nemico comune
«Possiamo-»
«Sei
una delle tre ragioni per cui Prion è stata
distrutta» replicò Bustin «La Black
Block Consortia l’ha fatto
materialmente ma siete stati voi a esservi fatti prendere in antipatia
da tutta
la galassia. Megatron può aver iniziato tutto ma tu non sei
stato capace di
farlo finire. Ero convinto che voi Autobot non foste in grado di
proteggere
neppure una lumaca già prima di incontrare
Specter» aggiunse «E lo sono sempre
di più».
Starscream
nella lotta decise
furbescamente di allontanarsi nel modo più veloce possibile,
gamba permettendo.
Sentì decisamente la mancanza del bastone e maledisse Tarn
varie migliaia di
volte per quel che gli aveva fatto mentre entrava a sua volta nel
centro di
ricerca in cerca di vehicons con comm-link sani.
Capì
subito che oltre a Optimus Prime
e Ultra Magnus erano presenti anche altri Autobot, perché
vide più di un
vehicon a terra e semi distrutto, ma i rumori di lotta provenienti da
poco
lontano promettevano qualcosa di diverso da un fallimento annunciato.
Notò un
vehicon volante che si era rannicchiato e nascosto nel buio e si
avvicinò
subito.
«Chiama
i rinforzi subito!» sibilò.
«Ci
ho provato, Lord Starscream, ma
le frequenze sono disturbate dal macchinario che dovremmo
rubare!»
«Allora
vola via da qui, allontanati un po' e poi
contatta la Nemesis sottolineando che anche Spectrus Specter
è quaggiù. Vai!»
Il
vehicon obbedì e Starscream, che
pure non era noto per il coraggio, decise di darsi una mossa per vedere
quali
Autobot avrebbe dovuto affrontare e per impedire loro di sabotare la
missione.
Dopo essere stato mandato in Antartide ancora convalescente aveva
concluso di
dover assolutamente mostrarsi utile, perché in caso
contrario chi gli garantiva
che Megatron non l’avrebbe lasciato in mano a Tarn
un’altra volta?
Una volta che fu quasi arrivato a
svoltare nel corridoio ove stava avendo luogo la battaglia decise di
dare
un’occhiata: c’erano solo Bumblebee e Arcee,
Bulkhead non si vedeva in giro.
Quello era senz’altro un bene, perché lui era
convalescente e il demolitore era
un po’troppo grosso da affrontare direttamente.
Affidandosi
in parte alla mira e in
parte a uno sperato colpo di fortuna, sparò uno dei suoi
razzi e riuscì a
colpire una gamba di Bumblebee, che dunque crollò a terra
senza possibilità di
muoversi.
«Bee!»
esclamò Arcee, abbassandosi
istintivamente sul compagno ma sollevando subito lo sguardo «Tu!…»
«Già.
Io» disse Starscream, guardando
i vehicons andarsene tutti in direzione del sincrotrone «Se
ricordi com’è
andata a finire tra me e te l’ultima volta dovresti capire
che questo,
l’inferiorità numerica, l’imminente
arrivo di persone molto peggiori di me e il tuo compagno ferito sono
buoni
motivi per tornare da dove sei venuta».
«Credo
che a non ricordare com’è
finita tra me e te l’ultima volta sia tu, perché
io ho ancora in mente che
avevo una lama puntata contro la tua gola e che se Bumblbee non mi
avesse
dissuasa saresti offline da un pezzo» ribatté la
femme Autobot, pronta a dare
battaglia come suo solito sebbene quel che aveva sentito dal seeker
riguardo
“persone molto peggiori di lui” non le piacesse.
«--E
io pur essendo a terra posso sparare--» aggiunse
Bumblebee.
«Abbiamo
capito cosa volete fare»
continuò Arcee, mentre lei e Starscream si studiavano a
vicenda «Volete
riconvertire l’energia generata dalle macchine che avete
rubato, ricreare
l’Omega Lock e cyberformattare anche questo pianeta, ma
potete scordarvelo».
Soundwave
non aveva detto niente
durante l’interrogatorio che gli avevano fatto, tutto quel
che avevano ottenuto
era stato un’onda sonora che li aveva quasi mandati al
tappeto e vederlo
“spegnersi” disattivando i suoi stessi drives, ma
Ratchet era riuscito a fare
due più due nel momento in cui era giunta loro la notizia
dell’attacco al
centro di ricerca.
A voler essere onesta Ratchet le era sembrato fin troppo
insofferente quando Optimus gli aveva detto che permettere ai
Decepticon di
ricreare l’Omega Lock era qualcosa di inammissibile dal
momento che l’avrebbero
usato anche sulla Terra, ma in parte poteva capire il suo dispiacere, e
sapeva
che Optimus stesso si sentiva in quel modo.
Vedendo
un Ponte Terrestre aprirsi a
poca distanza fu abbastanza sveglia da capire che non era una cosa
buona per
lei e Bumblebee, e lo stesso comprese quest’ultimo, che era
anche ferito; si
scambiarono un’occhiata e decisero entrambi di sparare a
Starscream e cercare
allontanarsi più in fretta possibile, con Arcee che faceva
da stampella.
Helex,
Vos e un Tesarus finalmente
tornato in attività sbucarono fuori dal Ponte un attimo
prima che loro due
svoltassero l’angolo.
«Tarn
aveva ragione: essendo sul
campo con Specter, l’altro nano non ha dirottato i
Ponti» fu il primo commento
di Tesarus «E comunque ha dimostrato di poter dirottare anche
le navi, quindi
il rischio c’è sempre».
«Sei
fortunato che Nickel non ti
senta chiamarla “nana”, altrimenti si pentirebbe di
averti riparato» disse
Helex «Non saresti nemmeno dovuto venire».
«Sono
sveglio e sto in piedi» replicò
Tesarus.
«DI
là! Sono andati di
là!» esclamò
Starscream, indicando ai tre componenti della DJD la direzione in cui
Arcee e
Bumblebee erano fuggiti «Io… eeeh… il
sincrotrone. Addio».
Nessuno
dei tre fece commenti
riguardo la parlantina venuta a mancare del seeker che
zoppicò via, anzi, pur
rendendosi conto dei perché e i per come per i loro gusti
era fin troppo
tranquillo.
«Dite
che vale la pena inseguire quei
due o andiamo a dare una mano a Tarn, Kaon e Nickel là
fuori?» domandò Tesarus.
Vos,
nel suo linguaggio primordiale,
ricordò al colosso che tutti gli Autobot presenti sulla
Terra erano tra i loro
obiettivi, e che ciò significava solo una cosa: i due scout
che stavano
tentando la fuga non dovevano uscire vivi dal centro di ricerca.
Tanto
bastò perché si mettessero in
marcia.
***
Il
volo di Spectrus dovuto al diretto
di Optimus fu di svariati metri, e l’impatto fu tale da
rompere il ghiaccio
contro cui era finito.
“Ok,
questo era forte” pensò,
rialzandosi appena in tempo per assestare un calcio che venne
prontamente
parato dal comandante degli Autobot.
«Non
riesci proprio a farti passare
la rabbia di non essere arrivato primo con la porta sfiga ambulante,
Optimus?»
«Io
cerco sempre di comportarmi come
una persona civile, ma quelli come te… quelli
come te, sono la rovina di tutto quanto»
affermò Prime, avventandosi su
Spectrus con l’intenzione di cambiargli i connotati a suon di
botte e di spari.
Il
rumore di una lunga e veloce serie
di colpi laser ripetuti precedette di poco quello di una valanga di
pietra e di
ghiaccio che investì Ultra Magnus -a poca distanza da loro-
in pieno.
«Specter!
“What can I say except
you’re welcome?”»
canticchiò Bustin, con gli
indici ancora “fumanti”.
Lì
Optimus comprese meglio che il
compare di Spectrus era piccolo, dunque poco in grado di ferire
seriamente lui
o Magnus con le armi che aveva
disposizione, ma non era un idiota considerando che aveva
sfruttato a
suo vantaggio l’ambiente circostante.
La
punizione per essersi distratto
giunse sotto forma di un gancio di Spectrus che per qualche attimo gli
fece
perdere la vista, ma non l’udito, e fu grazie a quello che
riuscì a distinguere
rumori di cingoli e le note dell’Empyrean Suite in
velocissimo avvicinamento.
Proprio
i componenti della DJD che
mancavano all’appello -dunque Tarn, Nickel e Kaon- erano a
pochi metri da dove
si trovava Optimus Prime.
Solo
lui -e Ultra Magnus sotto la
frana- sì, perché sia Spectrus che Bustin erano
stati lesti a darsi alla fuga
nello stesso nanoclick in cui si erano resi conto dei nuovi arrivi, ma
questi
ultimi riuscivano comunque a vederli e non intendevano lasciare che se
la
filassero.
«Tarn,
ci dividiamo di nuovo e ci
occupiamo di entrambi o?...» domandò Kaon, che per
una questione di velocità -ma
anche di praticità: il suo vantaggio era poter colpire a
distanza con le
scariche elettriche- era accovacciato in forma base su Tarn che invece
era
nella sua alt mode.
«No.
Specter è il bersaglio
principale» disse il grosso Decepticon, e per rimarcare il
concetto sparò tre colpi di cannone in
direzione del bersaglio «Questi sono gli ordini di Lord
Megatron, e per
quanto ne sappiamo potrebbe aver previsto il nostro arrivo e aver
escogitato
qualcosa, dunque dividersi un’altra volta è fuori
discussione. Inoltre difficilmente
potresti occuparti di Optimus Prime da sol-»
Spostò
di lato le canne del doppio
cannone a fusione un attimo prima che degli spari laser di dimensioni
ridotte
andassero a finire nei buchi e causare danni. Dubitava fortemente che
fossero
di Spectrus, era molto più probabile che fosse Bustin a
pensare al
contrattacco.
Nickel,
che fino ad allora aveva
volato sopra di lui, si mise davanti alle bocche del cannone.
«Tarn, quando
vuoi sparare dimmelo».
“E
vediamo quanto è vero che ‘non mi
vuoi male’, ‘non vuoi farmi male’ e
quant’altro” pensò la minicon,
riferendosi
a Bustin e a quel che le aveva detto le volte in cui si erano
incontrati.
Durante
l’inseguimento si stavano
allontanando sempre più dal centro di ricerca e stavano
raggiungendo delle gole
di roccia ricoperta di ghiaccio. Ben presto avrebbero dovuto
trasformarsi se
avessero voluto, rispettivamente, continuare a scappare e continuare a
inseguire.
«Dove
hai parcheggiato quella
stramaledetta astronave, nano?!» domandò Spectrus
a Bustin, evitando altri due
colpi di cannone da parte di Tarn «Li abbiamo
addosso».
«Immaginavamo
che sarebbe potuto
succedere. Ringrazia il cielo che stia usando i cannoni e non stia
provando a spegnerti
o paralizzarti a distanza, piuttosto. Comincio a pensare che possa fare
la
seconda cosa solo usando la voce, problema risolvibile staccando gli
audio»
commentò il minicon «E che se non fa la prima, di
cosa, è perché sarebbe una
morte più rapida di quella che vorrebbe darti».
«Immagino
che vada considerata come
una fortuna, ma non hai risposto. Dove hai parcheggiato la
Jackhammer?»
«Manca
ancora un po’ ma la strada è
quella giusta, devi entrare in quella gola» indicò
una di quelle che avevano
davanti «E attraversarla. Prima di venire qui ho visto dai
satelliti il posto
perfetto, ed è lì che ho messo la nave. Mi sono
venute anche un paio di idee...»
Sporgendosi
dal finestrino vide che
Nickel si era messa nuovamente davanti alle bocche dei cannoni di Tarn
-“Sa che
non proverei a sparare lì col rischio di colpirla. Non
è sciocca, la ‘mia’ ex
Nanetta” pensò- dunque decise di mirare a Kaon.
Sentirlo strillare in maniera
un po’troppo simile a Pippo e vederlo barcollare fu carino,
però non cadde.
«E
lo stronzo sta per sparare di
nuovo, stavolta mira alle pareti della gola» disse
Spectrus, che dagli
specchietti retrovisori stava vedendo Tarn puntare il cannone.
Diede
una brusca accelerata
spingendosi al massimo che gli era consentito e riuscì a
entrare nella gola un
attimo prima che il suo inseguitore sparasse. Tarn aveva cercato di
bloccargli
la via di fuga ma non c’era riuscito, anche se per evitare
parte della frana fu
costretto a trasformarsi e balzare in avanti.
«Ora
ti trovi davanti una frana, genio!»
gridò Spectrus rivolto a Tarn, auspicando che questi potesse
sentirlo, senza
arrestare la sua corsa «Sei un tale idiota che mi chiedevo
perché quella
puttana di Megatron ti tenga, ma forse se ti tiene è proprio
perché sei un idiota! Uno
schizzato
paranoico che è perfetto con quella ingrata, stupida, zoppa, demente, ritardata,
sfondata-»
«Urla
più forte, forse in Messico non
ti hanno sentito» commentò Bustin, sentendo dei
rumori di trasformazione oltre
la frana «Bello quando i fratelli si vogliono bene».
«Hanno
azzoppato Starscream per lei.
Roba da pazzi, ma d’altra parte è proprio di pazzi
che si parla» concluse
Spectrus, per poi staccare gli audio immaginando che Tarn e gli altri
si
sarebbero arrampicati -o avrebbero volato, nel caso della minicon-
oltre la
frana. Poter contare su un senso in meno era rischioso ma Bustin volava
guardando all’indietro, dunque avrebbe potuto avvertirlo
riguardo qualsiasi
cosa fosse servita.
La
previsione di Spectrus si rivelò
corretta, perché Tarn, Kaon e Nickel superarono la frana e
continuarono
l’inseguimento.
Tarn, trasformato e in testa al piccolo gruppo, riprovò
testardamente a sparare a Spectrus -del quale aveva sentito tutti gli
epiteti,
tanto quelli rivolti a lui quanto quelli rivolti a Spectra. Quel mech
doveva
avere un desiderio di morire male veramente intenso- ottenendo solo
qualche
frana qui e là. Continuando in quel modo non avrebbe(ro) mai
preso né lui né
Bustin: benché Tarn col suo corpo potenziato fosse veloce,
nonché il più veloce della sua
squadra, la distanza tra lui e Spectrus non accennava a diminuire. Il
bastardo
era grosso ma non aveva i cingoli ad appesantirlo.
«Kaon…
come ti pare l’idea di un
lancio speciale?»
«Vuoi
lanciarmi contro quello in modo
che possa provare buttarlo giù con una scarica elettrica? Se
Nickel spara e poi
tu riesci a mettergli davvero le mani addosso, ci sto!»
esclamò il tecnico.
Prima
che potessero eseguire il
lancio però furono i loro avversari, precisamente Spectrus,
a lanciare dietro
di sé qualcosa la cui natura confuse non poco i tre
Decepticon: un
pupazzo gonfiabile di una muccabot.
Una
muccabot.
Già.
«Ma
che ca-» avviò a dire Kaon.
«Ha
una bomba in bocca!» esclamò Nickel.
Contrariamente
a com’era accaduto la
volta in cui era stato Tesarus ad averne una tra i denti, Tarn non
riuscì a
disattivarla in tempo. I suoi riflessi riuscirono solo a permettergli
di
calciarla via -non abbastanza vicino a Spectrus purtroppo- col
risultato di
generare una nuova frana grossa quanto quella che avevano superato
all’inizio.
«Io
che posso volare vado avanti in
modo da non perderli di vista. Starò a distanza»
disse Nickel, risoluta
«Posso?»
Tarn
di suo avrebbe risposto “no”
perché continuava a ritenere valido quel che aveva detto a
Kaon, però non
poteva negare che il rischio di farseli sfuggire fosse effettivamente
presente.
Che Spectrus Specter riuscisse a fargliela un’altra volta non
era ammissibile,
e Nickel era una persona di buonsenso che si sarebbe tirata indietro se
mai
avesse subodorato qualcosa di strano.
«Ti
raggiungeremo subito».
Avuto
il permesso del suo comandante,
Nickel superò la frana, proseguì lungo quel che
restava della gola e, quando ne
uscì, notò sia una certa foschia sia che
Spectrus, pur essendo distante, aveva
rallentato, e Bustin svolazzava dietro di lui: forse pensavano di aver
seminato
tutti, o forse stavano vedendo qualcosa che lei da lì non
riusciva ancora a
cogliere.
«Li
ho rintracciati, sembrano andare
più lenti, se vi sbrigate magari li raggiungiamo. Vedo dei
nascondigli, quindi
mi avvicino di più» disse Nickel nel comm-link.
Nascondendosi
dietro un ammasso di
ghiaccio pensò che essersi abituata alle temperature del
pianeta Messatine
fosse una gran fortuna in quell’occasione, anche se il vento
tagliente che
soffiava in quel punto rendeva tutto peggiore. Ai suoi recettori
uditivi
l’ululato che produceva suonava perfino… lugubre.
Concluse
che fosse solo suggestione
e, vedendo Spectrus tornare ad avanzare con più decisione e
la sua forma
diventare meno distinguibile nella foschia, andò
avanti… ma una volta fatto
questo e sollevato lo sguardo, capì improvvisamente il
motivo per cui quel mech
aveva rallentato.
«Tarn!...»
Le
montagne che aveva davanti a sé,
troppo alte e di una forma che in qualche modo risultava
“sbagliata”, erano
qualcosa che lei già conosceva: se non erano una delle
aberrazioni che aveva
visto quando lei e gli altri erano stati intrappolati dalla strega,
erano
qualcosa di troppo simile.
–
Nic-
cos-… arriviam- Nic- –
Il
suo comm-link divenne muto, e a
quel punto dovette lottare con tutte le sue forze per non cedere al
panico e ai
pensieri intrusivi che avevano iniziato a urlare nel suo processore.
“Avevo
ragione. Niente di tutto
questo è reale”.
“Siamo
ancora dalle sorelle di
Stiria, non ci hanno mai lasciati andare”.
“Bustin
allora è morto-”
“Non
so cosa è reale e cosa no, è
reale quel che ho davanti? Lo sono gli altri? Lo sono io?!”
“Non
siamo mai usciti! NON SIAMO MAI USCITI! NON
SIAMO-”
«Nickel?»
Kaon
l’aveva raggiunta, e Tarn con
lui. Il poco che la minicon riusciva a vedere
dell’espressione del suo capo mentre
guardava quelle montagne le fece capire che probabilmente stava
pensando cose
analoghe alle sue.
«Ragazzi,
va tutto bene? Da che parte
sono andati quei due?» domandò Kaon, che
contrariamente alla maggioranza dei
suoi compagni di squadra era stato coinvolto solo all’inizio
e all’ultimo nella
brutta esperienza vissuta a sud della costellazione dello Scorpione e
dunque si
era perso dei pezzi «Ah però, non pensavo che qui
potessero esserci montagne
così tanto
alte… allora, che
facciamo?»
«La
cosa più sensata» rispose Tarn
«Ci ritiriamo».
In
passato aveva sottovalutato quel
piccolo essere secco e diabolico che era Stiria Shaula e ne aveva
pagato le
conseguenze, aveva sottovalutato il livello di pericolosità
delle sorelle maggiori
di quest’ultima rischiando di non uscirne vivo e non arrivare
mai sulla Terra, aveva
sottovalutato anche i danni che poteva fare Spectrus Specter col
risultato di
trovarsi ad avere a che fare con degli insecticons e un Tesarus con la
camera
Scintilla danneggiata. Avrebbe voluto occuparsi di Spectrus quel giorno
stesso,
se pensava a ciò che quel mech aveva detto e fatto provava
solo il desiderio di
inseguirlo fino in capo al cosmo per ucciderlo nel modo più
brutale che
conoscesse -e ne conosceva tanti-
ma
una combo tra Spectrus, un minicon sulla cui natura nutriva svariati
dubbi, le
montagne che aveva già visto nel gioco di una strega e i
comm-link morti di
tutti e tre, la risposta di Tarn era “No, grazie”.
L’espressione sollevata di
Nickel gli suggerì che, suo malgrado, quella poteva essere
la scelta giusta.
All'idea di poter essere davvero ancora intrappolati non voleva nemmeno
pensare.
Kaon
lo guardò perplesso. «Ci… ritiriamo? Davvero?»
«Li
abbiamo persi di vista, non
possiamo fare altro. Torniamo indietro, vediamo cosa sta succedendo nel
centro
di ricerca e, se i nostri compagni non dovessero essere bastati a
permettere
che la feccia portasse il sincrotrone nella Nemesis, facciamo
sì che ci arrivi
una volta per tutte».
“Questa
decisione mi pare strana, mi
sa che chiederò qualcosa a Nickel più tardi, lei
e Tarn hanno la stessa
espressione” pensò Kaon.
Diedero
solo un’ultima occhiata alle
montagne prima di tornare indietro.
***
«Ci
mancava solo questa… mai che
stiano fermi quei maledetti…» borbottò
Fowler, al volante della macchina e
intento a raggiungere la base degli Autobot.
Laserbeak
lo stava tallonando ma lui,
pur con tutta la sua esperienza sul campo, non si accorse minimamente
di essere
seguito.
***
«Questo
è curioso» disse Bustin, «Mi
aspettavo che ci inseguissero, non che si ritirassero».
Lui
e Spectrus erano arrivati alla
Jackhammer ma non erano ancora entrati. Spectrus, come aveva fatto dal
momento
in cui avevano superato le montagne in poi, continuava a guardarsi
attorno con
un’aria che a prima vista sembrava semplicemente perplessa,
ma che a un secondo
esame avrebbe potuto quasi tradire una vaga inquietudine.
«Forse
hanno pensato che li stessimo
attirando in una trappola come le altre volte… cosa che in
un certo senso era».
Mentre
erano ancora in mezzo alla
foschia, Bustin gli aveva detto che oltre quelle montagne tremendamente
alte c’era
una città aliena abbandonata che lui aveva visto con i
satelliti e ai confini
della quale aveva parcheggiato l’astronave.
Sempre
con i satelliti, a suo dire,
aveva dato un’occhiata ai mastodontici edifici presenti
-chissà qual era stata
la razza che aveva soggiornato lì! Non avevano uno stile
né umano né
cybertroniano- e ne aveva notato uno col portone rimasto socchiuso per
colpa di
una roccia che si era messa in mezzo. “Per come sono fatti mi
danno l’idea di
essere tutti collegati: facciamo credere loro di essere entrati,
togliamo la
roccia nel caso la lascino dov’è, e a quel punto
auguri per uscire”, aveva
detto.
Spectrus
aveva immaginato che in
tutto ciò il suo compare avesse avuto in mente qualcosa
anche per evitare all’altra
nana lo stesso destino, ma se anche fosse stato così non
avrebbe mai avuto modo
di vedere in cosa consisteva, dato che Frollo e compagnia si erano
ritirati.
«Sì…
forse» concesse Bustin, entrando
finalmente nell’astronave insieme a Spectrus
«Allora, sei soddisfatto adesso
che sai cosa stanno costruendo i Decepticon?»
«Sarei
stato più soddisfatto se Prime
non si fosse messo in mezzo e avessi potuto far fuori Starscream o
chiunque
altro ma, Tarnlandia a parte, questa gita è stata
più utile di quelle dove mi
hai portato a fare video musicali alle mucche!»
esclamò Spectrus, sedendosi al
posto del pilota e dando inizio al decollo «Perché
ai tuoi followers piace
questa roba?!»
Il
minicon fece spallucce. «L’importante
è che continuino a mandarci l’energon, oltre che
gli oggetti da recensire! E comunque la povera mucca Carolina non
meritava di essere usata per lanciare la bomba».
“Se
un giorno mi avessero detto che
mi sarei nutrito grazie a dei video messi su Extranet non ci avrei
creduto”
pensò Spectrus mentre la Jackhammer si sollevava dal suolo
ghiacciato. «Metto
il pilota automatico e vado a vedere quel che fa Bernie, vista l'ore
direi che dovrebbe iniziare a
riprendersi dai sedativi».
«Portalo
qui! Tra le ultime cose che
hanno mandato i followers c’era un banjo nuovo!»
Sbuffando
una qualche imprecazione
poco comprensibile anche a lui stesso, Spectrus andò a
tirare fuori Smokescreen
dallo sgabuzzino. Il giovane Autobot stava effettivamente riprendendo,
tanto da
guardarlo male attraverso lo strato di vernice con cui gli avevano
coperto le ottiche
e cercare perfino di opporre un briciolo di resistenza.
«Eppure
uscire da qui e sgranchirti
le gambe dovrebbe piacerti. Dicono che l’isolamento faccia
gravi danni al
processore… quando se ne ha uno»
sospirò Specter «No, d’accordo, in
realtà ti
capisco, forse è meglio lo sgabuzzino rispetto ai concerti
del nano».
«Perle
ai pigatron: io lancio perle ai pigatron»
sentenziò il
minicon, iniziando a strimpellare le prime note della solita
“The Whole Being
Dead Thing” appena ebbe davanti Smokescreen.
Per
nulla interessato all’esibizione,
Spectrus tirò fuori da uno scomparto il suo datapad
personale e si mise a dare
un’occhiata alla messaggistica. Quel dispositivo era
sopravvissuto a due
incidenti grossi e un mucchio di battaglie, se fosse stato
più masochista
avrebbe potuto suggerire a Bustin di recensirlo col massimo del
punteggio.
Fu
scorrendo le varie chat verso il
basso che notò un particolare oltremodo interessante che
risiedeva alla data e
l’ora dell’ultimo accesso di Spectra. In quei due
mesi non era mai cambiata, tanto
che lui aveva dato per scontato che lei avesse perso il datapad, ora
invece
risultava recente… e il solo modo per sbloccare il suo
dispositivo era una
breve scansione del segnale di Spectra o del suo: era stato lui stesso
a
impostarle il dispositivo in quella maniera.
Che
l’ultimo accesso fosse recente
significava solo una cosa, ossia che Spectra avesse ritrovato il
datapad o che
comunque fosse acceso e funzionante, e se
le cose stavano così…
«Bustin!»
«Non
ho idea di cosa stai macinando
adesso ma sembri piuttosto soddisfatto» osservò
Bustin interrompendo l’esibizione
«Incrociare Tarnlandia una volta non ti è bastato,
per oggi?»
«Tu
sei sicuramente in grado di
rintracciare qualcuno attraverso il segnale del suo datapad,
giusto?»
«Facilmente»
confermò il prioniano «Quindi?»
«Quindi,
mentre tu troverai un posto
per parcheggiare la nave e resterai dentro, io andrò a fare
due chiacchiere con
la mia cara sorellina… finalmente»
disse.
E
sorrise.
*Citazione
di Adam da "Dark".
Questo
capitolo mi è parso eterno in alcune parti, ma
è finito :’D
Devo
al buon H.P. Lovecraft e il suo racconto
“At
the mountains of madness” (vi lascio la pagina di
wikipedia) le montagne e la città abbandonata che ho citato
:) la
canzone canticchiata da Bustin invece è
“You’re welcome” dal film Oceania.
Non
vi mentirò, ho seriamente voglia
di mettermi a scrivere il prossimo capitolo xD
Grazie
a chi legge, apprezza e
recensisce! A presto,
_Cthylla_
|
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Capitolo 18 *** 18 - Avere cento braccia… o nessuno ***
cap18
Stesso
avviso dell’altra volta: iniziate a
leggerlo quando sapere di avere tempo e voglia, perché
supera le 7700 parole e
c’è abbastanza roba. Buona lettura!
18
(Avere
cento braccia… o nessuno)
“Un
nuovo Omega Lock… solo i Decepticon
sarebbero stati capaci di trovare il sistema per crearne
uno…”
Pensando
al nuovo progetto di
Megatron, Ratchet era costretto ad ammettere a se stesso di sentirsi
molto più
combattuto di quanto sarebbe stato lecito. Sapeva che quel che gli
aveva detto
Optimus via comm-link, ossia che Megatron l’avrebbe usato per
cyberformare
anche la Terra, era vero, sapeva che quella era
un’aberrazione che un Autobot
non avrebbe dovuto in alcun modo appoggiare e sapeva che non era giusto
che
miliardi di umani innocenti perissero, però non poteva fare
a meno di pensare a
quanto sarebbe stato bello riavere una casa, una Patria da poter
veramente
chiamare così, un senso di
“comunità” che la sua specie aveva
perduto da una
vita.
Aveva
provato una cosa simile durante
parte della sua permanenza sulla Terra ma le cose ormai non erano
più come
prima. Volendo tralasciare la relazione di Optimus e Arcee -alla quale
aveva
deciso di soprassedere, o avrebbero iniziato a pensare che fosse
innamorato di
uno dei due- tra quelle più attuali c’era
l’idea di farsi sfuggire un’altra
occasione per riportare in vita Cybertron, poi c’erano
l’aver perso un membro
del gruppo che si era fatto corrompere e poi era morto, il non aver
ancora
trovato il modo di liberare Smokescreen, il fatto che un membro del
gruppo
fosse mutilato e il fatto di aver quasi perso Bulkhead poco tempo
prima. Tutte
cose imputabili a Spectrus Specter in un modo o nell’altro,
ma per come la
pensava Ratchet non era il solo colpevole: ad avere colpa di tutto
questo erano
anche loro perché gliel’avevano permesso, questo
già da quando avevano lasciato
che si infilasse nel gruppo a creare caos e malesseri e non erano stati
capaci
di contrastarlo. Prima di lui Ratchet aveva avuto un’opinione
molto più alta
della squadra e dell’unione del Team Prime, ora non ci
riusciva più, non per
davvero.
Mai
in vita sua avrebbe tradito
Optimus o i suoi compagni ma era innegabile che nella sua Scintilla
albergasse
un senso di delusione generalizzato difficile da cacciare via.
«Troveremo
un modo per riportare in
vita Cybertron con o senza un nuovo Omega Lock» disse
Bulkhead, quasi intuendo
cosa stava pensando.
«Sì…
sicuro» sospirò il medico.
«Piuttosto,
sai a chi stavo pensando?
A Smokescreen. Se fosse stato qui avrebbe detto di coprire Soundwave
con
qualcosa o simili, ne sono sicuro» disse il demolitore
«È abbastanza
inquietante in effe-»
«Bulkhead,
ti prego, le bambinate di
Smokescreen sono una cosa di lui che proprio non mi manca. Mi auguro
solo che
riusciremo a liberarlo presto, perché più tempo
resta insieme a Specter e più
diventa a rischio».
Sentirono
la porta aprirsi, ma
capendo che era Fowler e vedendo che stava esaminando dei fogli
rimasero
tranquilli. Evidentemente non c’erano novità da
parte sua, il che era ottimo,
quel che invece era preoccupante era la mancanza di notizie dalla gente
in
Antartide. D’altra parte però avevano
già discusso del fatto che il sincrotrone
avrebbe potuto disturbare i loro segnali una volta entrati nel centro
di
ricerca, dunque Ratchet decise di imputare il silenzio a quello,
sperando di
avere ragione.
Fu
allora che Laserbeak, in un modo
che ai presenti parve “così di botto senza
senso”, sfondò la vetrata
dell’hangar.
«Ma
che cos-!» esclamò Ratchet,
cercando di ripararsi dagli spari.
«Laserbeak!»
esclamò Bulkhead,
sparando contro l’assistente di Soundwave.
Riuscì
effettivamente a colpirlo
-anzi colpirla: Laserbeak era femmina- e a far cadere a terra un pezzo
di una
sua ala, ma non riuscì a evitare il peggio, alias che
riuscisse a liberare
Soundwave e a riunirsi a lui riattivandolo.
In
pochi istanti Soundwave si
risvegliò e, grazie alle informazioni che Shockwave aveva
caricato dentro
Laserbeak, seppe cosa doveva fare. Proprio come aveva immaginato: il
fatto che
gli Autobot non avessero dato peso alla fuga della sua assistente ora
gli stava
permettendo di fuggire dopo aver trovato la loro base.
“C’è
stato un incidente di percorso
ma le cose sono andate per il verso giusto… e meglio
verrà!” pensò, tramortendo
Bulkhead con la scarica elettrica di uno dei suoi tentacoli. Con
l’umano fu
sufficiente un colpetto, e già quello gli fece fare un bel
volo.
«Stai
lontano!» esclamò Ratchet,
indietreggiando nel vederlo avvicinarsi. Il suo intento sarebbe stato
raggiungere
la pulsantiera per inviare un SOS, ma non fece in tempo e venne
tramortito a
sua volta.
“È
stato fin troppo facile” pensò
Soundwave.
Prima
di iniziare l’interrogatorio,
gli Autobot gli avevano detto che dalla Nemesis non avrebbero avuto
alcuna
speranza di rintracciarlo, questo grazie agli scudi nuovi che avevano
installato, e infatti Soundwave non riusciva a mettersi in contatto con
la
Nemesis; non che fosse un problema, dal momento che Shockwave aveva
inserito le
coordinate dell’astronave dentro Laserbeak, che gli Autobot
avevano un Ponte e
che, in ogni caso, al suo ritorno la Nemesis avrebbe ripreso a muoversi.
Sparì
nel Ponte trascinandosi dietro
Ratchet poco prima che Bulkhead, che era un demolitore e di conseguenza
molto
coriaceo, iniziasse a riacquistare i sensi.
«Cosa…»
borbottò, cercando di rialzarsi
nonostante sentisse il processore pulsare in modo sgradevole nella sua
testa «Soundwave»
ricordò, sgranando le ottiche e barcollando
«Soundwave si è… Ratchet?» si
guardò attorno «Ratchet?!»
Vide
che Fowler era ancora a terra,
vide che la base non era stata danneggiata, tutto quel che mancava
erano
Soundwave e Ratchet. Poteva significare solo una cosa, ossia che
Soundwave per
qualche motivo avesse deciso di rapirlo.
«Optimus,
riesci a sentirmi? Abbiamo
un problema grosso, Soundwave si è liberato e ha preso
Ratchet!» esclamò il
demolitore nel comm-link «Optimus, mi senti?!»
–
-crrr-
Sì, ti ho sentito. È l’ultima cosa che
doveva succedere!... riusciremo a
recuperare Ratchet, hai la mia parola, ma intanto devo chiederti una
cosa
importante: riesci a vedere i segnali di Arcee e Bumblebee sui monitor?
–
«Sì,
Optimus» confermò il demolitore
«Il segnale di Bumblebee risulta anche più forte
di quello di Arcee! Potrebbe
essere ferito!»
–
Apri
un Ponte Terrestre alla loro posizione e una volta che lo avranno
attraversato
aprine uno anche per me e Magnus: la Decepticon Justice Division
è qui, Ultra
Magnus è stato colpito da una valanga, se anche Bumblebee
è ferito è il caso di
rientrare prima che succeda dell’altro. –
«Sissignore!»
“Dobbiamo
cercare di uscire” pensò
Arcee, gettandosi più di un’occhiata dietro le
spalle mentre si aggirava nei
meandri del centro di ricerca.
Se
fossero stati vehicons comuni la
sua reazione sarebbe stata molto diversa, così come se lei e
Bumblebee avessero
dovuto affrontare “solo” Starscream o un altro dei
soliti ufficiali Decepticon,
ma trovarsi ad affrontare i due membri più grossi della
Decepticon Justice
Division -e un altro piccolo, ma sempre più grosso di lei-
da sola e con Bee
ferito era impensabile. Benché la femme Autobot fosse nota
per la sua
impulsività, c’era una differenza fondamentale tra
questa e la voglia di
suicidarsi trascinando un compagno con sé.
«No!..»
esclamò rendendosi conto che
lei e Bumblebee avevano imboccato una via che li aveva condotti a un
corridoio
senza uscita.
«--Non è detto che sia finita, non
arrendiamoci--» disse Bumblebee
«--O
comunque cerchiamo di vendere cara la pelle--» aggiunse
poi, sentendo i
passi dei loro inseguitori farsi sempre più vicini.
«Da
Autobot quali siamo» disse Arcee,
preparandosi a sparare. Non era felice all’idea di venire
terminata quel giorno
ma, conscia del lavoro che faceva, sapeva che il rischio
c’era sempre. Il suo
compagno non poteva proteggerla di continuo, era qualcosa che lei non
voleva
nemmeno.
«--Da Autobot quali siamo--»
ripeté Bumblebee.
La
luce di un Ponte Terrestre si aprì
dietro di loro, e subito dopo riuscirono a sentire Bulkhead parlare nei
loro
comm-link.
–
-crrr-
…trate nel Ponte, Optimus ha dato l’ordine, presto!
–
“Se
Bulk ora riesce a contattarci
vuol dire solo una cosa, ossia che il sincrotrone è stato
portato via mentre
noi scappavamo” pensò Arcee, entrando nel Ponte
con Bumblebee senza farselo
ripetere due volte “Abbiamo fallito!”
Il
Ponte si chiuse dietro di loro
appena prima che Vos, il più piccolo e dunque più
veloce tra i tre della DJD
presenti nel centro di ricerca, svoltasse l’angolo.
«Come?
Sono spariti?! Aaah» sbuffò
Tesarus «Io volevo festeggiare il mio ritorno in squadra
tritando qualcuno».
Vos
fece notare che il
fatto che gli Autobot fossero riusciti
a comunicare per farsi aprire un Ponte significava che
l’essere inutile -alias
Starscream- e i vehicons rimasti erano riusciti a portare via il
sincrotrone, che
invece prima disturbava le loro comunicazioni, e che dunque la loro
presenza
aveva permesso il completamento della missione.
«Non
hai tutti i torti» ammise Helex
con un sospiro.
«Mi
auguro che a Tarn sia andata
meglio. Non mi ha permesso di affrontare Specter perché
anche secondo lui sono
ancora convalescente-»
«Non
è “secondo lui”, Tesarus, tu sei ancora convalescente» lo
interruppe
Helex.
«Dunque
il minimo che possono fare è
riuscire a prenderlo» concluse l’altro Decepticon
«Anzi, ora lo informo subito
del fatto che gli Autobot se ne sono andati da qui dentro,
così domando. Tarn»
disse Tesarus nel comm-link «Gli Autobot che
c’erano qui dentro sono fuggiti ma
Starscream e i vehicons sono riusciti a portare via il sincrotrone. Da
voi come
va?»
–
Siamo
a poca distanza dal centro di ricerca e fuori non
c’è nessuno, dunque immagino
che anche Optimus Prime sia scappato. Per il resto sapevo del
sincrotrone, Lord
Megatron mi ha informato. Mi ha anche informato del fatto che il medico
degli
Autobot sarà ospite nella Nemesis per qualche tempo e che
dunque nessuno di voi
deve ucciderlo nel caso se lo trovi davanti. –
«Feccia
Autobot nella Nemesis?!»
poiché Tarn non era lì a contestare le sue
cattive maniere, Helex sputò per
terra «Puah. Per quale ragione?»
–
Sempre
per l’Omega Lock, pare che Shockwave e Knockout da soli non
riescano a
stabilizzare l’energon sintetico e che quel che si conosce
della formula sia
dovuto a quel medico. Portate pazienza, una volta che avrà
fatto quel che deve
fare credo che Lord Megatron non avrà problemi a lasciarlo
alle nostre cure.
–
«Almeno
questa è una buona notizia.
E… Specter?»
–
Sarò
completamente onesto nel dirvi che siamo stati costretti a ritirarci
–
rispose Tarn, tutt’altro che felice.
«Ma
come?» protestò Tesarus, piuttosto
indignato e temporaneamente dimentico del fatto che quella non fosse
una grande
idea «Perché vi sie-»
–
Potrei
concludere il discorso dicendoti che l’ho trovato opportuno,
e tu dovresti
ritenerlo sufficiente – lo interruppe Tarn
– Ma credo non sia un male rendere
tu e Helex consapevoli del fatto che
qui, relativamente a poca distanza dalla nostra posizione, sono
presenti delle
montagne troppo alte
che abbiamo visto poco tempo fa in una certa
parte di una certa
costellazione, mentre cercavamo una certa
campana. –
–
E
quindi no, grazie – concluse Nickel.
«Aspettate,
intendete le montagne che
abbiamo visto dalla strega? Qui?!» si stupì Helex,
che all’improvviso non si
sentì più tanto sicuro di quel che aveva attorno
«Com’è possibile?! Tarn, non
è
che siamo ancora dentro-»
–
No, non ci siamo!... A breve si aprirà un
Ponte e torneremo alla Nemesis,
confido che i disturbi di frequenza in quel posto impediscano eventuali
dirottamenti. –
«Se
Specter è andato in mezzo a
quelle montagne c’è la possibilità che
ci siamo liberati di lui e del suo
compare, magari» sperò Helex.
–
Non
ci contare troppo, Helex: la mala erba non muore mai… a meno
che riesca a
falciarla io. Torniamo nella nostra astronave, signori, qui abbiamo
finito.
–
.::
nel frattempo, Hangar E
::.
«…
e quando mi sono risvegliato
Fowler era a terra, Soundwave se n’era andato e Ratchet non
c’era più» concluse
Bulkhead «Ma per quale motivo avrebbero dovuto rapirlo?
Vogliono scambiarlo con
qualcosa? Vogliono-»
«In
considerazione di quel che stanno
cercando di costruire in questo momento io credo che Megatron possa
averlo fatto
rapire per qualcosa di inerente all’Omega Lock»
disse Optimus con tono grave
«Forse c’è di mezzo l’energon
sintetico… Ratchet è stato quello che ha
sintetizzato la formula incompleta».
«Dobbiamo
tirarlo fuori da lì il
prima possibile, e spero che nel mentre riesca a prendere
tempo» disse Fowler
«Non possiamo permettere che la Terra venga cyberformata, su
questo siamo
tutti d’accordo!»
«Assolutamente»
confermò Optimus
«Dobbiamo trovare un modo di rintracciare la Nemesis. Ad aver
avuto l’accesso
che ha Spectrus alle loro informazioni, saremmo già
lassù».
«Se
avessimo trovato noi per primi il prioniano che
lo accompagna è quel che sarebbe successo» disse
Ultra Magnus, a riposo dopo
essere stato colpito dalla valanga «Forse. O forse ci avrebbe
mandati a morire
di proposito».
«Temo
che la seconda sia più
plausibile» sospirò Optimus, ricordando quel che
Bustin gli aveva detto.
«Qui le cose vanno sempre peggio su tutti i
fronti» commentò Arcee con
aria cupa «Vedo tutto molto incerto».
Optimus
Prime rimase in silenzio.
Sapeva che la sua compagna aveva ragione e sapeva anche che quella
frase
non era stata detta per dargli la colpa di qualcosa, però
lui si sentiva
responsabile ugualmente, e il peggio era che pur sapendo cosa voleva
fare non
aveva idea di come. Si sentiva
perso
più di quanto fosse disposto ad ammettere con chiunque, in
primis con se
stesso: troppe variabili, troppe persone pericolose mentre loro erano
sempre
meno. Arcee non era la sola a vedere tutto incerto.
«Forse
per la Nemesis potrei domandare a Rafael, che è
più competente di
informatica di quanto sia io» ammise Optimus senza alcun
problema.
Bulkhead
si fece avanti. «E per il ragazzo? Per Smokescreen?»
«Per lui... temo che non ci resti altro da fare se non
aspettare».
Gli
sguardi sconfortati che vide non erano
altro che un riflesso del suo.
.::
Qualche ora dopo, altrove ::.
Quello
che ospitava Dreadwing e
Spectra, ormai in movimento costante, sembrava uno di quei boschi
fatati che
tanto avevano fatto sognare la ragazza fino a relativamente poco tempo
prima,
uno di quelli in cui non sarebbe parso troppo strano incrociare una
creatura
mitologica o un principe a cavallo e in cui lei si sarebbe divertita a
vagare senza
farsi problema alcuno lasciando che fosse la mano del destino a
guidarla.
«Forse
è meglio andare verso
sinistra. Che
dici?»
Ora
invece a guidarla -sebbene si
curasse di essere d’accordo sulla direzione da prendere- era
la mano di
Dreadwing, saldamente allacciata alla sua.
In
un altro frangente, e magari senza
un matrimonio con un altro mech di mezzo, quell’atmosfera
avrebbe potuto quasi
essere adatta a una passeggiata romantica al chiaro di luna con
dichiarazione
d’amore annessa; tutte cose che comunque per una ragione o
l’altra non
attraversavano il processore di nessuno dei due, almeno non a livello
cosciente.
«Immagino
che vada bene. Sai meglio
di me dove trovarli, credo che nonostante tutto da quando sei arrivato
sulla
Terra tu sia andato in giro più di me!»
«Io
però senza farfalle di mezzo»
replicò con un sorriso l’ex secondo in comando
«Nonostante tutto non posso fare a meno di
ricordare l’espressione di Lord… di Megatron
quando è tornato nella Nemesis
dopo la tua sparizione, ma anche quando sei tornata qualche tempo dopo.
Con me
si lasciò sfuggire qualcosa di simile a “Quella
femme scompare e appare dal
nulla come uno spettro”».
«Quando
mi sono allontanata non
pensavo di finire a perdermi o che di questo si sarebbe dispiaciuto
qualcuno»
disse Spectra «Venire a sapere il contrario o che qualcuno si
ricorda di me mi
stupisce sempre, non saprei dire come mai… anzi no, non
è vero, in realtà lo
so: è che non capisco perché qualcuno dovrebbe
fare una o l’altra cosa. Anche
nelle mie precedenti missioni credo che la gente vicina a quelli che
Spectrus…
da cui lui mi faceva trovare e che poi ha…»
“Terminato, perché era così che
andava, loro venivano con me senza sentire ragioni e lui li ha
terminati tutti,
tutti-”«Si sia
dimenticata in fretta
di me, almeno che io sappia».
«Credo
che il punto della questione
sia proprio in quel “che io sappia”. Secondo me ti
ricordano molte più persone
di quanto tu cre-»
Un
colpo di cannone laser decisamente
potente colpì Dreadwing in pieno su un fianco, facendolo
crollare a terra con
una ferita non da poco. Spectra gridò, si chinò
sul Decepticon ferito, e quando
volse lo sguardo a sinistra incontrò quello gelido
dell’ultima persona che si
sarebbe aspettata di vedere lì e che allo stesso
tempo aveva sempre immaginato di
poter incontrare da un momento all’altro: Spectrus Specter,
suo fratello.
«Ci
hai fatto caso, sorellina? Rovini
la vita di tutti quelli ai quali ti attacchi come la parassita che
sei».
Era
vero.
Era
una parassita che rovinava la
vita a chiunque incontrasse, a chiunque facesse il grave errore di
voler avere
a che fare con lei. Quante volte lo aveva pensato in quel periodo?
Quella
era la conferma. Spectrus, con
le sue parole e le sue azioni, aveva dato voce ai suoi pensieri in modo
perfetto.
Soundwave
era stato ferito dal suo
comportamento -per quanti buoni motivi lei potesse avere- e non solo,
Dreadwing
era in ginocchio e perdeva energon, e Starscream… iniziava a
darsi in parte la
colpa perfino di quel che lui aveva cercato di farle. Forse era stata
lei col
suo atteggiamento a portarlo al punto di fare quel che aveva fatto,
tentare di
forzarla alla connessione due volte ed essere punito per questo in
entrambi i
casi, nel secondo da lei stessa.
Lei
era un essere inutile, anzi, era
utile solo se si trattava di fare del male alle persone: era
senz’altro quello
che le riusciva meglio, c’era qualcosa di orrendo in lei, di
malvagio, come Spectrus.
Non
era ancora come lui ma rischiava
di diventarlo, aveva avuto ragione a pensare anche quello.
«S-Spectra…
scappa, Spectra, scappa!…»
esclamò Dreadwing, digrignando i denti nel cercare di
rialzarsi.
Curiosamente
la giovane femme si
trasformò e fece proprio come Dreadwing le aveva detto,
allontanandosi più
velocemente che poteva; non perché contasse di
più salvarsi la pelle che il
pensiero di Dreadwing ferito, non per paura, ma per una speranza.
Le
parve di sentire un “Da te tornerò
più tardi” precedere il rumore sordo di un pugno,
e capì che la speranza in
questione si era realizzata.
“È
me che vuole” pensò, sentendo i
passi di Spectrus avvicinarsi rapidamente “Se mi insegue e mi
uccide magari nel frattempo Dreadwing riuscirà a
salvarsi”.
Poco
tempo prima si era posta una
domanda che riassunta era “Se Spectrus mi trovasse e mi
terminasse, ma
Dreadwing si salvasse, sarebbe una cosa così
brutta?”.
Quando
avuto quel
pensiero non era stata in grado di darsi una risposta, o forse si era
rifiutata
di ascoltarla, ma in quel momento non aveva dubbi: la risposta era
“No, anzi,
sarebbe la cosa giusta”. Come si era detta quella sera,
Dreadwing e gli altri
erano guerrieri Decepticon, erano abituati a vedere la gente morire per
mano
loro e non, dunque se ne sarebbero fatti una ragione e si sarebbero
accorti
rapidamente che un mondo senza di lei era molto, molto migliore. Una
parassita
in meno, una preoccupazione inutile in meno.
Spectra
sentiva di aver già fatto
abbastanza del male e aver contribuito a farne in un modo o
nell’altro, sentiva
di poter diventare come Spectrus e non intendeva lasciare che
succedesse. Doveva
mettere fine a quella storia, dunque doveva “mettere
fine” anche a se stessa.
Giunta
al centro di una piccola radura
si fermò e si trasformò. C’era la luna,
c’era dell’erba morbida e c’erano
perfino quegli animaletti minuscoli e luminosi che in teoria si
chiamavano
“lucciole”. Era un bel posto per morire, anche
meglio di quanto avrebbe
meritato.
«Hai
già smesso di correre?»
Sentendo
la voce di Spectrus, Spectra
si voltò a guardarlo. «Sì».
«Ripaghi
così la volontà di tenerti
in vita che aveva quel povero idiota? Che dire, se non altro non sei
ingrata
solo con me».
«Come
ci hai trovati, Spectrus?»
domandò Spectra, con una certa stanchezza nella sua giovane
voce.
«Il
tuo datapad personale» rispose
semplicemente l’altro.
«Capisco».
Spectra
non si scompose nemmeno
vedendolo tirare fuori la spada, né oppose resistenza quando
lui utilizzò la
punta per sollevarle il mento.
«Questa
tua poca voglia di vivere mi
sorprende quasi quanto mi ha sorpreso sapere che sei fuggita con un
mech il
giorno dopo averne sposato un altro. Qualcosa da me hai imparato,
dopotutto».
«Io
non voglio diventare come te»
disse Spectra «Non volevo che tu morissi e volevo che avessi
una possibilità di
andare via a fare la tua vita da un’altra parte, almeno una
te la dovevo, anche
perché sono così stupida da volerti ancora bene,
ma oltre al passato e al CNA
non voglio avere niente in comune con te».
«Invece
abbiamo in comune proprio
quest’ultimo desiderio» la contraddisse Spectrus
«Ed è proprio per questo che
mi secca abbastanza dire quel che sto per dire: “hai compiuto
un’azione
meschina quasi degna del sottoscritto! Molto brava, Spectra. Molto
brava”».
«Smettila»
mormorò la femme, con le ottiche
lucide e le mani che tremavano.
«Spectra,
solo Spectra esiste, solo
Spectra e i suoi sogni di “ammmore”: dopo tutto
quello che ho fatto per te, tu
mi hai voltato le spalle per sposare un Decepticon, uno di quelli che
hanno
fatto saltare la testa di nostra madre…»
«Quello
fu Starscream, non
S-»
«È
un Decepticon anche Soundwave, dunque fa differenza?»
ribatté
Spectrus «Prima che tu muoia voglio che tu sappia questo: per
quanto non ti
volessi bene, quando siamo arrivati qui non pensavo di terminarti.
Avevi fatto
quel che ti avevo chiesto nel corso del tempo, quindi avevo pensato di
sbolognarti a un qualche Autobot che ti prendesse come compagna e
basta. Tu
avresti avuto il compagno che volevi, io mi sarei liberato della
zavorra e
sarebbe stata una vittoria per tutti, ma tu no! Tu hai deciso di
tradirmi, tu
hai deciso di mandare a puttane i nostri rapporti per sposare un mech
che
conoscevi da un mese e con cui, oltretutto, ora
nemmeno stai! Non vuoi diventare come me? Di sicuro sei
già altrettanto
egoista. La sola differenza è che io lo ammetto».
Era
difficile per Spectra capire
quello che stava provando. Era un miscuglio di tutto e di nulla, tra un
incubo
e il risveglio, tutto molto ovattato. Sentiva sprazzi di emozioni
agitarsi al
di sotto di quella sottospecie di “calma”, cose che
cercavano di portare le sue
gambe a scattare per fuggire, ma quel che invece la stava tenendo
ancorata lì era
più forte. Non trovare alcunché da ribattere alle
accuse di Spectrus riguardo
il suo egoismo e la sua ingratitudine era un altro buon motivo per cui
quella
faccenda doveva finire, perché lui portava già
abbastanza distruzione in giro e
non c’era proprio bisogno di un’altra Specter ad
aiutarlo.
«Mandami
offline. Almeno uno di noi
due non farà più male a nessuno» disse
Spectra, guardando il fratello dritto in
faccia «Se devo davvero diventare come te preferisco finire
così, perché non
posso accettarlo».
«Farsi
terminare pur di non accettare
l’idea di essere in grado di fare del male non è
coraggioso, è un atto di
codardia proprio degno di te, sorellina».
Spectra
abbassò la spada del fratello
in modo che fosse in corrispondenza della Scintilla. «Lo
so».
Sentì
un dolore acuto al petto, le
gambe cedere e qualcosa di caldo scivolare giù lungo il suo
addome insieme alle
lacrime lungo le sue guance.
“Mi
dispiace per tutto quello che ho
causato. Mi dispiace”.
Mentre
cadeva all’indietro le parve
di sentire del caos, dei colpi di cannone laser e qualcuno che la
chiamava, una
voce femminile conosciuta ma non fu in grado di capire chi fosse, e
riuscì solo
a chiedersi se fosse reale o meno.
Poi,
più nulla.
“Uccidi”
Nel
processore di Tarn, generalmente
affetto da una quantità di pensieri più grande di
quella che sarebbe stato sano
avere, c’era posto per quella sola parola.
“Uccidi”
L’immagine
che aveva ancora davanti alle
ottiche era quella dei brevi istanti in cui aveva visto Spectra
abbassare la
lama della spada fino alla Scintilla, le sue lacrime quando questa era
penetrata e il volto inespressivo di Spectrus Specter, Spectrus
Specter-
“UCCIDI!”
Come
in un sogno molto lucido
annegato in un oceano di furia omicida affondò le dita nel
braccio di quel
mostro che Spectra aveva chiamato fratello, strinse, lo
sentì sfrigolare tra le
due mani e lo strappò via.
All’inizio
gli aveva sparato col
doppio cannone a fusione e non l’aveva colpito, ma forse era
meglio così. Sparargli non gli bastava, voleva farlo a pezzi
con le proprie mani.
Il
suo nemico non rimase fermo a
farsi smembrare, lo sentì sparargli più volte col
laser del braccio che gli era
rimasto. Erano colpi forti ed erano stati assestati in alcune delle
parti più
vulnerabili della sua armatura, Tarn se ne rendeva conto e si rendeva
conto di
essere stato ferito, ma non gli importava niente: aveva usato
l’ultima briciola
di vero raziocinio per ordinare a Nickel di occuparsi di Spectra -non
che ce ne
fosse stato bisogno perché, come Vos che avrebbe dovuto
occuparsi di sollevarla, il
suo medico di bordo si era mosso un nano click prima di ricevere il
permesso- e
non ne aveva più per qualsiasi altra cosa.
Riuscì
ad afferrare l’altro braccio
di Spectrus, quello con cui gli stava sparando, e strinse di nuovo.
Quella
bestia stava urlando qualcosa ma lui non capiva né gli
importava capire, e
diede uno strattone che portò via l’arto quasi del
tutto.
«…
uccisa! Se ti avesse detto “no”
l’avresti fatta fuori tu stesso, ipocrita del cazzo!»
Un
ricordo.
“Le ho detto di staccare i
recettori audio. Le parlerò una
volta che l’avrò portata nel vostro alloggio,
spero con buoni risultati”.
“E se non dovessero
essercene?”
La sua alla domanda di Nickel fu
qualche secondo di
completo silenzio.
«Spectra,
ora io devo chiederti una cosa» disse, percependo chiaramente
attraverso i pollici le pulsazioni della Scintilla della giovane
«Allo stato
attuale, ora che abbiamo parlato, pensi di riuscire a capire e
accettare il
tutto?»
Se
avesse risposto di no il suo sarebbe stato un atto di pietà,
si
ripeteva: un atto di pietà.
Un
colpo potentissimo dritto sul suo
volto gli annebbiò la vista, tutto quel che sentì
per qualche istante fu un
fischio acuto. A quel colpo ne seguì un altro, poi un altro
ancora, e quando
una delle sue ginocchia toccò terra riuscì a
ritrovare un po’ di controllo.
Aveva
l’altro braccio di Spectrus in
mano ma la sua iconica maschera era andata, la ferita causatagli da
Grimlock
vorn e vorn or sono si era riaperta diventando anche più
profonda, non vedeva
ancora in modo chiaro e il dolore alla testa non era da poco, ma
cercò comunque
di rialzarsi e sollevò il cannone a fusione per sparare a
uno Spectrus mutilato,
col volto in parte devastato -o così parve a Tarn- a
rivelare che l’aveva colpito
con la testa e che nonostante le condizioni in cui si trovava stava
correndo
via tenuto in piedi dalla forza della disperazione, o forse dalla
cattiveria.
Non
riuscì a colpirlo, tutto quel che
ottenne fu buttare giù un paio di alberi e vedere Specter
sparire nel folto
della vegetazione. Lui però non intendeva lasciarselo
sfuggire, non un’altra
volta. Le tracce di energon non gli avrebbero permesso di perderlo di
vista,
poteva permettersi di inseguirlo sapendo che c’era
già chi si stava prendendo
cura di Spectra: aveva visto Vos e Nickel scomparire
all’interno di un Ponte. Era una scelta che i possibili
dirottamenti rendevano rischiosa, infatti avevano
raggiunto il bosco con un’astronave della Nemesis, ma se
Nickel aveva preso
quella decisione poteva essere solo perché aveva capito che
in caso contrario
Spectra non ce l’avrebbe fatta.
«Tesarus!»
esclamò nel comm-link
«Com’è la situazione?»
–
Vos
e Nickel sono arrivati, Nickel è in infermeria con Specter
femmina. Ho l’impressione
che sia conciata peggio di quanto fossi io –
commentò il grosso Decepticon,
delicatissimo come suo solito – Specter
maschio? –
«Non
è ancora offline ma intanto ha
detto addio alle braccia» disse Tarn rialzandosi «E
la caccia non è finita».
–
Bene! E Dreadwing? –
«L’ho
lasciato a Helex e Kaon»
rispose Tarn.
Non
erano capitati in quel bosco per
caso: se erano giunti lì era stato proprio perché
era stato Dreadwing a
contattare Kaon, che nel loro gruppo si occupava delle comunicazioni,
direttamente nel comm-link. Era stato il secondo in comando dei
Decepticon, di
conseguenza aveva anche quel contatto privato.
Kaon
aveva subito riferito il tutto a
Tarn ipotizzando che forse potesse essere l’ennesima trappola
ma lui, appena
il suo tecnico aveva finito di parlare, aveva disposto tutto per la
partenza
immediata -decidendo di lasciare Tesarus nella Peaceful Tiranny causa
convalescenza- senza neanche avvertire chiunque altro oltre alla sua
squadra. Non
era una trappola, l’aveva sentito in ogni fibra del suo corpo
tecnorganico:
Spectrus era in quel bosco, aveva attaccato Dreadwing a sorpresa e
dunque Spectra
era in gravissimo pericolo.
Quando
erano arrivati avevano trovato
Dreadwing in piedi e barcollante, ma Tarn aveva visto le tracce dei due
Specter, quindi non se n’era curato se non per dare a Helex e
Kaon l’ordine di
occuparsene. Lord Megatron l’aveva messo nella Lista tra i
bersagli prioritari,
e oltretutto non era stato in grado di proteggere Spectra, quindi era
indubbio
che meritasse la terminazione.
Aveva
seguito quelle tracce correndo
come se Unicron in persona l’avesse inseguito, con Vos in
modalità fucile in
mano e Nickel a volargli accanto, era arrivato sul posto, aveva
attaccato,
eppure c’era la possibilità che non fosse
abbastanza. Da tempo non credeva più
in alcun dio, ma se l’avesse fatto avrebbe pregato con tutta
l’anima perché lei
si salvasse. Era quel che desiderava di più in assoluto, al
pari della morte di
Spectrus o anche di più.
«Tarn!»
esclamò Helex, arrivando di
corsa sul posto insieme a Kaon «Stai bene?! Dreadwing ci
è sfuggito e-»
«Non
pensate a lui! Specter è
danneggiato» disse il Decepticon, lasciando cadere a terra il
grosso braccio
nero e blu del suo nemico «È l’occasione
buona».
«Lilleth-»
avviò a chiedere Kaon,
venendo bruscamente interrotto.
«Se
ne sta occupando Nickel. Noi
dobbiamo seguire Spectrus Specter e terminarlo una volta per
tutte» disse Tarn,
mettendosi in marcia «La vita di quell’essere
immondo finirà oggi!»
Correndo
mentre farfugliava la
sequela di bestemmie più lunga di tutta la sua esistenza e
trovandosi a
maledire la propria grande stazza per la primissima volta nella sua
vita -se
fosse stato più piccolo sarebbe stato più
semplice trovare dei nascondigli in
caso di bisogno- Spectrus Specter riuscì comunque a trovare
sufficiente lucidità
per chinarsi e raccogliere della terra morbida e umida con quel poco e
niente che restava
delle sue braccia. Quella avrebbe tamponato le ferite almeno in parte e
avrebbe
reso più difficile la caccia a Tarnlandia. Sapeva che Tarn
non era da solo,
aveva sentito le voci di almeno altri due del gruppo, il che non
migliorava la
sua situazione.
Corse
ancora. I passi dei suoi inseguitori dietro di lui erano abbastanza
distanti ma il solo fatto di riuscire a
sentirli era pericoloso, specie pensando che il suo obiettivo era
arrivare alla
Jackhammer e riuscire a decollare prima che loro gli posassero
nuovamente le
ottiche addosso. Pensare alle ottiche altrui fece sì che per
un attimo si
focalizzasse sulla sua ottica sinistra, o meglio, quel che ne restava:
era
quasi del tutto cieca, e non poteva essere altrimenti visto che adeso
quella parte
della sua faccia era massacrata proprio come quella di Tarn. Almeno a
quel problema contava di ovviare presto… se fosse
sopravvissuto.
«Posso
sopravvivere a questo e ad
altro» ricordò a se stesso in un sibilo.
Era
stato costretto a dirsi che sarebbe sopravvissuto.
Da quanto era che non gli capitava? Quando era stata l’ultima
volta in cui si
era trovato veramente a essere
cacciato e veramente
in pericolo, se poi gli era mai successo?
Fino
a neanche cinque minuti prima
aveva creduto di aver raggiunto uno dei suoi obiettivi primari,
oltretutto con
la complicità di una “cara” sorella che
i sensi di colpa avevano reso così
malmessa da rendere il suo tentato omicidio qualcosa di più
simile a un
suicidio assistito, e adesso invece era mutilato, ferito e
doveva assolutamente farsi venire in mente qualcosa. Avrebbe anche
voluto
capire come avesse fatto la DJD ad arrivare lì di botto, ma
a
quello avrebbe pensato in seguito.
“Un
momento. Io ho
in mente qualcosa”
pensò, dopo aver ricordato che un diversivo, o qualcosa che
poteva essere usato
come tale, lo aveva già.
«Nano
malefico» disse nel comm-link
«Riesci a localizzare il mio segnale?»
–
Forte
e chiaro, anche troppo. L’amico di tua sorella ti ha ferito?
–
«No,
ma ho parte di Tarnlandia dietro
di me e ho bisogno di una mano, o anche due. Sì, in
effetti....» fu costretto a
reprimere il principio di una risata isterica decisamente non da lui,
segno che
l’accaduto non lo stesse lasciando indifferente
«Avrei davvero bisogno di due
braccia in più» represse la seconda risata
isterica e fece un breve sospiro
nervoso «Libera Bernie e spingilo verso la mia attuale
posizione».
–
Mi
mancherà, era il mio spettatore preferito nonché
l’unico di voi due che si
prestasse a provare gli oggetti da recensire che mi mandano
– sospirò
Bustin – Ma anche le cose belle
hanno una
fine, giusto? –
La
comunicazione tra loro terminò
così. I tamponi improvvisati di terra sembravano anche
reggere discretamente,
dunque c’era anche molto meno energon a gocciolare in giro, e
Spectrus, dopo
una leggera deviazione dal percorso, tornò a dirigersi verso
la Jackhammer con
rinnovato vigore.
«“Now
let's skip the tears and start on the whole, y'know/ Being dead thing!”»
Smokescreen
non capiva molto di
quello che stava succedendo, per non dire che non capiva affatto. Tutto
quel
che sapeva era che uno dei suoi carcerieri, precisamente Bustin, lo
aveva
liberato, gli aveva tolto la vernice dai sensori ottici e aveva aperto
il portello della
Jackhammer.
«“ You're
doomed, enjoy the singing/The sword of Damocles is
swinging”…»
La
giovane ex guardia d’élite, meno
imbottita di sedativi rispetto al solito ma non del tutto lucida, aveva
fatto... quel che c’era da aspettarsi da qualcuno non proprio
lucido, per
l’appunto: aveva visto la via verso la libertà e
l’aveva imboccata senza
riflettere.
Non
capiva neppure perché Bustin dopo averlo liberato gli stesse
sparando -a lui o, piuttosto, vicino a lui per
farlo muovere?- o perché in quell’occasione stesse
cantando con particolare “passione”
quella stramaledetta canzone che lui, dopo averla sentita troppe volte
nel
corso della prigionia, aveva imparato a odiare con tutto se stesso.
«“You're/You're
gonna be fine/On the other side”…»
Corse,
inciampò varie volte e ne
cadde altrettante, ma trovò sempre la forza di rialzarsi e
continuare. Si
sentiva così pesante, voleva così disperatamente
riuscire a contattare gli
altri e tornare alla base! Non desiderava nient’altro al
mondo se non rivedere
qualcuno dei suoi compagni, chiunque. Il suo comm-link però
era distrutto, la
sua scatola vocale danneggiata, quindi anche volendo gridare
“Aiuto” non
avrebbe potuto. Ma poi, c’era davvero qualcuno che potesse
sentirlo?
A
un certo punto i colpi laser di
Bustin smisero di arrivare. Gli sembrò di distinguere un
“DIE! YOU'RE ALL GONNA DIE! YOU'RE
ALL GONNA DIE!” che faceva sempre
parte della canzone, ma era piuttosto distante e in seguito non
sentì più
nessuno cantare.
Osò
sperare di averlo semplicemente
seminato.
Le
speranze da sedativi erano così
ingenue.
Continuò
ad avanzare per un altro po’
prima di iniziare a sentire una voce.
«…
sentito un rumore, viene da là!
Scommetto che Specter è andato da quella parte, quel
bastardo».
“È
uno dei miei compagni?” pensò Smokescreen,
caracollando verso quello che il suo desiderio di tornare a casa e la
poca
lucidità rendevano una potenziale fonte di aiuto invece che
un probabile
pericolo mortale.
Capì
di aver fatto un errore quando,
sbucando da dietro due alberi, trovò davanti a sé
un mech rossastro con due
antenne Tesla sulle spalle che lui non riconobbe nemmeno, ma col
simbolo dei
Decepticon ben visibile sull’armatura.
«Cos-?!
Un Autobot?... dev’essere la
giornata del due al prezzo di uno!»
Il
datapad era a terra e attivo. Da
esso Spectrus riusciva a vedere distintamente le immagini trasmesse
dalla
microcamera che tempo addietro lui e Bustin avevano installato addosso
a
Smokescreen; era stato un lavoretto pulito e più semplice di
quello che invece
aveva portato a compimento da solo e riguardava sempre quel giovane
Autobot. Se
non ricordava male era stato il giorno in cui il nano era andato a
prendere
quelle camicie orrende e aveva rincontrato l’altra nana per
la prima volta.
Spectrus
aprì uno scomparto e da esso
lasciò cadere un telecomando che raddrizzò con un
leggero colpo di un piede.
Sul datapad vide Kaon avvicinarsi a Smokescreen e mettergli le mani
addosso. Sarebbe stato
meglio che quel ragazzo fosse morto circondato dai suoi compagni, nel
calore della nuova
base, scioccamente convinto di essere in salvo. Inizialmente
l’idea di Spectrus era stata quella, ma poi si erano messi
in mezzo la DJD, la sfortuna, il destino. smokescreen
non avrebbe fatto una bella fine, e in fondo non meritava
una morte così brutta e dolorosa per mano della DJD, giusto?
«Spectrus
il misericordioso»
commentò, conscio del fatto che nelle sue azioni c'era tutto
tranne misericordia, e premette col piede l’unico pulsante
presente sul telecomando. Avrebbe
potuto farlo fare a Bustin, ma farlo personalmente, anche e soprattutto
perché
senza braccia, era tutt’altra cosa.
Una
sola carica esplosiva del
compianto Wheeljack poteva far crollare una miniera, e Spectrus dentro
Smokescreen ne aveva messe ben cinque: quattro negli arti e una
all’altezza del
petto.
L’esplosione
che seguì fu tremenda, e
pur essendo abbastanza lontano fu raggiunto da vari detriti, dal boato
che lo
assordò per più di qualche attimo e dalla luce
delle fiamme che si stavano
propagando in tutta l’area; se il clima in quei giorni fosse
stato più secco,
quel bosco sarebbe diventato una succursale dell’Inferno.
–
Ora
Bernie è diventato veramente un Bernie, e forse anche il
tecnico di Tarnlandia
nonché miglior cliente di PornHub –
sentì dire Bustin nel suo comm-link – I motori sono accesi. Ti direi di cercare di
darti una mossa ma non c’è bisogno, giusto? –
«Decisamente
no» replicò Spectrus.
«KAON!»
urlò Helex, lanciandosi in mezzo alle fiamme e agli alberi
che cadevano per
recuperare il compagno di squadra orrendamente ferito
«Tarn!...»
Quando
avrebbe avuto fine quella
giornata da incubo, quando?, si chiedeva Tarn, il cui modulo cerebrale
non
aveva ancora assorbito del tutto quel che era appena successo. Un
attimo prima le
cose sembravano essersi messe decentemente, aveva creduto veramente di
poter
finalmente mettere un punto alla questione Spectrus, e adesso il bosco
era il
fiamme, uno dei suoi uomini era messo malissimo e gli era parso di
sentire Kaon
chiamare “Autobot” il tizio che era esploso. Non ci
voleva molto per unire i
puntini e comprendere che non era stato casuale veder spuntare un
Autobot
imbottito di esplosivi in un momento in cui Spectrus era stato messo
alle
strette.
Nonostante
tutto non si sarebbe
aspettato una cosa simile, aveva creduto di aver capito con chi - no:
con cosa -
aveva a che
fare e invece era stato sorpreso ancora una volta, com’era
abitudine degli
Specter.
«Occupati
di lui!» ordinò Tarn a
Helex «Cerca di tornare nella nostra nave o nella Nemesis,
chiama qualcuno,
io…»
“Devo
continuare la caccia”.
Helex
comprese perfettamente. «Fallo
secco. Prendilo e fallo secco».
Tarn
per tutta risposta annuì e,
guidato dai recettori uditivi che avevano avvertito in lontananza il
vago
rumore del motore acceso di un’astronave, partì in
quarta. Un albero infuocato
gli cadde addosso, ma il bruciore che sentì quando
riuscì a bloccarlo con le
mani era una delle tante cose che quella sera non gli importavano
proprio,
insieme alle ferite subite in precedenza che si facevano sentire, e lo
spinse
via. Non intendeva arrendersi, non quella sera.
«Guarda
nano: senza mani!»
«Ah…
ma allora quando dicevi di avere
bisogno di due braccia in più intendevi in senso
letterale» osservò Bustin.
Non
erano molte le volte in cui a
Bustin era capitato di vedere un transformer conciato così
male reggersi ancora
in piedi. Da quel che restava delle braccia doveva essere fuoriuscito
parecchio
energon, la testa di Spectrus e la faccia sfrigolavano ogni tanto,
l’ottica
sinistra era del tutto andata o poco meno, aveva l’aria di
chi cercava di contenere un momento
d’isteria e barcollava il giusto, eppure eccolo
lì, senza mollare e senza
essersi trattenuto dall’assestare alla DJD un colpo di coda.
“Come
direbbe Ryuuk il dio della
morte, questo Specter è proprio… uno
spasso!” pensò il minicon, guardandolo
attraversare il portello della nave.
Avrebbe giurato che sarebbe crollato a terra ma non fu così,
anzi, si mise a
sedere con la schiena dritta e fece un lungo sospiro.
«Nano,
dopo avrò bisogno-»
«Di
una mano» completò Bustin mentre
chiudeva il portello e dava il via alle procedure di decollo. La
Jackhammer si
sollevò in aria.
«Grazie
al fatto che il buon
Wheeljack viaggiasse da solo abbiamo gli attrezzi per le riparazioni e
anche il
suo braccio destro. Sei capace di riattaccarmelo?»
«Di
mio non sono un medico, però so
seguire le indicazioni e ho la mano ferma. Tu sei capace di darmi le
indicazioni per farlo?»
«Sì»
rispose Spectrus, poggiando la
schiena contro la parete metallica. Il tampone improvvisato di terra
aveva
ceduto quasi del tutto, dunque il pavimento si stava riempiendo di
fango
azzurro luminescente «Cerchiamo un luogo riparato
e-»
«Frollo!»
esclamò Bustin, avvistando Tarn che usciva dagli alberi e
riuscendo a eseguire
una brusca virata a destra appena in tempo per evitare che la nave
fosse
colpita dal cannone del Decepticon.
«Speravo
che l’esplosione avesse
coinvolto anche lui ma sarebbe stata troppa grazia! Dobbiamo andare via
da
qui!»
Salirono
ulteriormente di quota ma
Bustin vide Tarn alzare entrambe le mani, e capì subito che
non era un gesto
casuale.
“Allora
è così che hai spento la tua
nave quando l’ho dirottata, vero Glitch?”
pensò il minicon, che decise di cambiare strategia e
scendere giù in una
violenta e improvvisa picchiata.
«Cosa
CAZZO-»
«Salvo
la pelle a entrambi!» esclamò
Bustin.
La
manovra che eseguì subito dopo
impedì lo schianto contro il terreno, ma lo schianto contro
Tarn fu quasi
altrettanto terrificante: era stato come aver colpito una piccola
montagna
molto dura. Dopo l’urto però riuscirono a far
risollevare la Jackhammer e,
finalmente, a volare via.
«Non
credo che dovremo affrontare
altro per oggi» disse il minicon.
«Non
potevi sparargli invece di andargli
addosso?» domandò Spectrus, cercando di rialzarsi
dal pavimento.
«Io
penso che l’effetto sorpresa
abbia evitato che la Jackhammer si spegnesse sotto i nostri piedi. La
voce non
è il solo modo che ha per disattivare qualcosa a distanza,
credo di aver avuto
la conferma questa sera e… ah» commentò
Bustin, notando una spia rossa sul
display del computer di bordo «Mi spiace dirtelo ma non
possiamo lasciare la
Terra con questa nave. Il modulo per l’iperspazio
è andato».
«È
un problema minore» rispose Spectrus
«Perché io non intendo assolutamente lasciare
questo posto prima di aver fatto dell'altro. Se pensano che quel che
è successo possa fermarmi si sbagliano di
grosso» affermò con forza il mech, cercando di
contrastare l’inizio di un
mancamento «Anzi! Porterò loro via tutto quel che
hanno di più caro o farò sì
che succeda, non importa quanto tempo o quali mezzi dovrò
impiegare. Sono
ancora vivo, ho ancora la mia spada, il mio cervello e te, quindi non
è finita.
Non è finita».
Bustin
non replicò. «Già,
com’è che
hai ancora la spada? Non hai nemmeno provato a infilzare
Frollo?»
«La
stavo usando per uccidere mia
sorella e forse ci sono riuscito, ma Frollo mi ha
sparato, quindi l’ho rimessa a posto per sparargli a mia
volta più agevolmente.
Non che sia servito, quella bestia non sentiva dolore, pareva quasi in
trance…
ma sbattergli in faccia le conclusioni che ho tratto ascoltando quel
che
Spectra mi ha raccontato vari vorn orsono gli ha fatto abbassare la
guardia per
un attimo» fece una breve pausa «Mi è
andata bene. Mi secca ammetterlo ma è così, anche
se continuo a considerare un fallimento buona parte di quel che
è successo. Sai, quello che non capisco
è come siano arrivati qui».
«Dopo
averci riflettuto un po’ho
concluso che possa essere stato l’amico di tua sorella,
Dreadwing se non
sbaglio. Non ci sono state comunicazioni in entrata nel computer della
Peaceful
Tiranny ma da quel che so lui è stato secondo in comando:
può darsi che avesse
il contatto privato del comm-link di uno di loro»
ipotizzò Bustin «Non mi viene
in mente altro. In questo caso sarebbero arrivati qui per colpa di un
nostro
errore di valutazione».
«Meglio
che sia andata così per
demerito nostro che per merito…
altrui…» borbottò Spectrus
«Nano-»
«Mi
occupo delle ferite, sì. “You’re
welcome!”».
Nel
buio e nel fumo che oscurava il
cielo e la visuale, Tarn iniziò lentamente a rialzarsi.
“Ho
fallito”.
Non
riusciva a vederla in altro modo.
Aveva assestato al suo nemico un colpo non da poco e gli era stato
restituito,
non avevano terminato Dreadwing, e quanto a Spectra…
“Per
primo venne il fuoco, il sangue per secondo, terza la tempesta che al
quattro annega il mondo…”
La
scena che si era trovato davanti e
l’aveva fatto scattare, la spada di Spectrus conficcata nel
petto di Spectra
dopo che lei l’aveva abbassata: lui l’aveva
già vista.
Era
una delle tante cose che aveva
visto quel maledetto giorno in cui lui e il resto della sua squadra
avevano
affrontato i famigerati tredici passi alla fine del gioco della strega.
Se
l’era trovata davanti adulta, lei l’aveva pregato
di non lasciarla lì da sola, ma
lui -con la morte nella Scintilla e volendo disperatamente credere che
fosse
un’illusione- era andato avanti lo stesso… e
l’aveva vista morire senza poter
fare niente, neppure tornare indietro.
Quando
l’aveva rivista sulla Terra
aveva capito di non averla lasciata a morire, era viva, era
lì, era fisicamente
a posto, quindi si era illuso di poter dire “scampato
pericolo”, ma si era
sbagliato. Come per le montagne troppo alte in Antartide, quel che gli
era
stato mostrato dalla strega non si era trattato di
un’illusione e basta: era stato un
frammento del futuro.
Lì
Spectra era morta, poteva davvero
sperare di essere riuscito a cambiare il corso degli eventi?
«Tesarus…
apri un Ponte».
Avere
cento braccia: riuscire a fare tutto;
Ryyuk, che Bustin ha citato, è un personaggio di Death Note.
E
anche oggi Smokescreen lo liberiamo
doma- ah, no. Perdono, Prime.
CHE DIRE!
Spero
che a Kunoichi_BeastKnightress
sia piaciuta la parte in cui Spectrus le ha prese,
gliel’avevo… beh, non dico
promessa, ma quasi xD
Mi
auguro che il capitolo sia risultato
comprensibile, nel caso abbiate bisogno di chiarimenti su questo o
quello
potete tranquillamente scrivermi.
Grazie
a chi legge, chi recensisce,
chi apprezza e anche a chi vorrebbe picchiarmi come se fosse un Tarn
qualunque
col suo Spectrus di fiducia. Alla prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 19 *** 19 - Tra sogno e realtà ***
È venuto lungo anche
questo, più di 6500
parole, quindi vale l’avvertenza del capitolo precedente. Vi
avviso anche che
non è prevista azione qui, è molto
Spectra-centric, ma in fin dei conti con l’azione
ho già dato abbastanza l’altra volta. Buona
lettura, e grazie a chi sta
seguendo questa storia!
19
(Tra sogno e
realtà)
Una
luce accecante costrinse
Spectra a socchiudere le ottiche poco dopo averle aperte, abituandosi
gradualmente all’ambiente. In fin dei conti quando aveva
chiuso le ottiche per
l’ultima volta era buio.
“Quindi è così una volta
offline...”.
Si guardò attorno, anche se in realtà non
c’era molto da
vedere: si trovava su una sorta di “isola” in
pietra, tra le rovine di un
antico edificio pieno di archi e colonne, e tutt’intorno non
vedeva altro
eccetto un infinito specchio d’acqua piatto come una tavola.
“Un’eternità da sola? Mi aspetta questo?
Allora forse ho
fatto peggio di quanto avessi pensato” pensò
“Se mi tengono lontani anche i
morti”.
«Spectra?»
Aveva sentito quella voce solo una volta tempo addietro,
ossia quando aveva sognato il giorno della sua nascita -o
l’aveva ricordato?
Era ancora insicura sulla natura di certi suoi sogni, nonostante tutto-
ma,
com’era ovvio che fosse, non sarebbe riuscita a dimenticare
la voce di
Sparkleriver Specter.
Dopo oltre un mese passato nella tristezza, nel rimorso,
nell’incertezza e nell’angoscia, dopo una vita
intera passata a convivere con
una malinconia subdola, latente e costante data dall’essersi
sentita sempre
poco utile, poco sveglia, poco bella e poco tutto, la giovane femme era
totalmente
e indiscutibilmente felice. Lo era
in
un modo in cui non si era sentita nemmeno quando si era sposata.
Ci si sarebbe potuti aspettare una riunione di famiglia con
più lacrime di commozione, ma quando Spectra corse ad
abbracciare sua madre non
pianse, anzi, fece una risata di pura gioia che contrastava abbastanza
col
sorriso triste sulle labbra di Sparkleriver.
«Lo speravo! Ho sperato tanto che una volta terminata
avrei... sono contenta di vederti, mamma» disse Spectra.
«Io avrei preferito che ci conoscessimo di persona in una
circostanza diversa, sono sincera» ammise l’altra
femme accarezzandole la testa
«Però anche io sono contenta di poterti
abbracciare».
«Adesso avremo tutto il tempo, vero?»
domandò Spectra.
Forse per una volta nella sua esistenza aveva preso la
davvero decisione giusta.
***
«Aiutami ad aiutarti,
E CHE CAZZO!» esclamò Nickel.
Erano passate oltre quarantotto ore dal momento in cui lei e
Vos avevano portato Spectra nella Peaceful Tiranny, e in quel lasso di
tempo il
medico di bordo della DJD non aveva avuto un momento di pace.
Benché Helex avesse intelligentemente portato Kaon
nell’infermeria della Nemesis -sapendola impegnata con un
altro membro della
squadra che era messo male, alias Spectra stessa- Nickel stava passando
quelle
ore in uno stato di costante tensione. Era riuscita subito a capire
l’entità
del danno alla camera Scintilla di Spectra, grave ma, nonostante
ciò che
sembrava all’inizio, senz’altro meno di quanto
fosse stato quello di Tesarus, ed
era assolutamente sicura di aver seguito tutte le procedure corrette;
eppure ogni
volta che si convinceva di essere riuscita a stabilizzarla ecco che i
parametri
tornavano a precipitare al punto da rendere quasi
“rabbiosi” i segnali acustici
delle macchine a cui era attaccata.
Proprio come stava succedendo in quei minuti.
Che in certi casi volontà del paziente facesse la sua parte
nello
scampare o meno la morte non era solo una leggenda metropolitana,
Nickel era
medico da parecchio tempo e lo sapeva bene, ed era proprio per quella
ragione
che riusciva a vedere come nel caso di Spectra la volontà ci
fosse, sì: quella
di andare offline una volta per tutte.
«Questa testardaggine dovresti usarla nell’altro
senso»
sbottò la minicon, spostando qualche leva di un macchinario
che generava una
serie di impulsi elettrici per cercare di mantenere costante
l’energia della
Scintilla «Giuro che se ti salvi mi sentirai!»
***
«Avremo
tempo, vero?
Sono stata terminata, sono qui per questo… quella
cos’è? Una barca? È
bellissima!» esclamò Spectra, indicando
un’imbarcazione che alla vista sembrava
fatta di cristallo «Sei venuta qui con quella?»
Fuori la sua situazione era critica, ma lei in quel mondo di
sogno -se poi era davvero un sogno- dal tempo tutto suo non se ne
rendeva
affatto conto, e forse era proprio quella gioia che sentiva a star
finendo di
trascinarla nel baratro.
«Sei curiosa come tuo solito» sorrise Sparkleriver
«Sono
venuta qui con quella, sì».
«Posso salirci su?»
«Puoi» concesse la femme «Però
mentre facciamo un giro
dovremmo parlare un po’, Spectra».
«Va benissimo!» annuì lei, entusiasta
«Ascolta, papà dov’è?
È anche lui qui da qualche parte?»
«Lui è un po’più lontano.
Quando si è trattato di decidere
chi sarebbe venuto qui ha suggerito che fossi io: non perché
non desiderasse
vederti» chiarì Sparkleriver mentre aiutava
Spectra a salire sulla barca «Ma
perché nelle fattezze somiglia veramente moltissimo a
Spectrus, come sai».
«Somiglia a lui, però non
è Spectrus. Spectrus non è stato
terminato» disse Spectra.
La barca salpò senza che nessuna delle due facesse
alcunché,
scivolando sullo specchio d’acqua immobile nel modo in cui
una forbice da sarto
scivolava nel tagliare la seta più fine. Spectra si
inginocchiò vicino a uno
dei bordi e immerse una mano nell’acqua.
«C’è tanta pace qui» disse
«Mi piace l’idea di restare per
sempre. Ad averlo immaginato…»
«Ad averlo immaginato avresti deciso di fuggire da
prima?»
completò Sparkleriver, che ormai non sorrideva
più e anzi, osservava la figlia
con uno sguardo severo e abbastanza triste nelle ottiche color serenity.
L’ambiente circostante rimase immutato ma
l’atmosfera sulla
barca cambiò improvvisamente. Spectra continuò a
tenere la mano nell’acqua.
«Non credo di capire».
«Io invece penso che tu capisca benissimo, dopotutto non sei
una sciocca» ribatté l’altra femme,
incrociando davanti al petto le braccia
candide come quelle
di Spectra «Io non
ti ho dato la vita perché tu la buttassi via come e peggio
di quanto stia
facendo tuo fratello».
«Mi dispiace che tu l’abbia presa male ma
è proprio perché
stavo buttando via la mia vita e quelle altrui che ho preso la
decisione che ho
preso, ero convinta».
«“Eri convinta”»
ripeté Sparkleriver «Se davvero eri
convinta, spiegami quell’impulso di scappare… e
ringrazio Primus che ci fosse».
«Quello non conta, ciò che importa è
che io sia andata fino
in fondo» replicò la giovane femme.
Spectrus le aveva descritto la loro madre come una persona
dolce, carina e gentile, ma qualche volta aveva anche detto che era in
grado di
essere abbastanza schietta. Quello però rispetto al modo in
cui si erano
salutate all’inizio era un po’più di
“abbastanza”.
“Perché fa così?” si chiese
Spectra, che non provava più
tutta la felicità di poco prima.
Riuscì a darsi da sola una risposta pensando che nessun
genitore sano di mente sarebbe stato felice di sapere che la propria
figlia
aveva cercato la morte e l’aveva trovata. Riflettendo su
questo provò reale
dispiacere verso Sparkleriver e anche un certo senso di colpa. Pareva
proprio
che quello fosse destinato a perseguitarla anche lì.
«In ogni caso ormai è fatta»
continuò «Almeno uno tra me e
Spectrus ha smesso di essere una disgrazia per tutti quelli che lo
incontrano
anche solo per sbaglio, no? Quindi è meglio
così».
«Non credo che le altre persone la pensino allo stesso
modo».
***
«Io pretendo di vedere mia moglie».
Soundwave nel corso della sua vita si era trovato davanti
ostacoli di ogni genere, tanto come gladiatore quanto come Decepticon,
e avendo
svariati vorn di vita alle spalle aveva vissuto parecchie situazioni
inaspettate, ma fino a due mesi prima non avrebbe potuto neanche
lontanamente
immaginare che un giorno si sarebbe trovato a dover oltrepassare Tarn
per
riuscire a vedere una compagna di vita ricoverata
nell’infermeria della
Peaceful Tiranny.
«Pensavo di essere stato chiaro già
all’inizio ma a quanto
pare sono costretto a ripetermi: il mio medico di bordo non permette
neppure al
sottoscritto di entrare in infermeria, e purtroppo anche tu puoi
sentire il
motivo».
Sì, Soundwave lo sentiva, il rumore dei macchinari che
segnalavano problemi era perfettamente udibile sebbene né le
pareti né la porta
fossero sottili, ed era proprio per quello che lui avrebbe solo voluto
poter entrare.
Quando era tornato nella Nemesis col medico degli Autobot
ancora tramortito gli era sembrato tutto normale, effettivamente per
qualche
ora lo era stato davvero, poi nel suo lavoro di sorveglianza era venuto
a
conoscenza del fatto che Helex della Decepticon Justice Division aveva
portato
il suo compagno di squadra Kaon nell’infermeria della
Nemesis, per di più con
una certa urgenza. Già da lì il suo morale
abbastanza alto per la missione
portata a compimento era tornato giù di botto: se qualcuno
della DJD aveva
riportato danni del genere era estremamente probabile che fosse opera
di
Spectrus Specter e, pur avendo quel gruppo di fanatici
tutt’altro che in simpatia,
era ovvio che Soundwave odiasse l’altro mech molto di
più.
Dopo quello non aveva saputo altro per un pezzo, dunque era
tornato a occuparsi del suo lavoro notando tra le altre cose che la
DJD, prima
che Helex portasse il ferito nella Nemesis, aveva preso in prestito una
delle
loro navicelle piccole. Anche quello però non era un
problema, Megatron aveva
dato loro carta bianca a riguardo, e non era neppure una
novità considerando
che anche la DJD si fidava ben poco del proprio Ponte.
Forse era stato anche per quello che il suo processore era
piombato in una muta confusione quando Megatron era venuto da lui e,
dopo
avergli domandato a che punto era col lavoro, gli aveva comunicato che
Spectra
era nella Peaceful Tiranny e per colpa di Spectrus era messa molto
male.
Da lì in poi lui non aveva capito più niente,
ricordava di
aver visto muoversi la bocca di Megatron ma non aveva ascoltato una
parola,
tutto quello che aveva fatto era stato precipitarsi
nell’altra astronave come
se l’avesse inseguito Unicron in persona. Lui e Spectra
avevano grossi
problemi, però non significava che i suoi sentimenti per lei
fossero svaniti,
dunque l’ultima cosa che Soundwave avrebbe voluto era che lei
si facesse male!
Anzi, se aveva insistito tanto col fatto che tornasse nella Nemesis era
stato
anche per quello: oltre al fatto che essendo sua moglie doveva stare con lui e non discutere, al di fuori
della Nemesis c’erano maggiori rischi di essere attaccata da
qualcuno.
In quei momenti aveva solo desiderato vederla e poterle
stare vicino, diviso tra la speranza che sopravvivesse,
l’ansia spaventosa che
invece non fosse così e l’odio più che
mai profondo verso quello che, ahilui,
era suo cognato. Lei era la sua compagna di vita, era normale che si
fosse
sentito così e avesse sperato con tutto se stesso che non
andasse offline prima
di essere riusciti a fare pace. Soundwave continuava a non darsi la
colpa di
nulla -“Se lei non fosse fuggita, se lei fosse tornata quando
gliel’ho detto,
se Dreadwing non l’avesse manipolata”- ma sapeva
che non si sarebbe perdonato
facilmente una cosa del genere.
Peccato che arrivato davanti all’infermeria si fosse trovato
davanti un Tarn fermissimo nel suo intento di non far passare nessuno:
era malconcio
-era ferito, sporco di energon suo e, aveva supposto Soundwave, altrui-
con
parte del volto ridotta a un macello, ma la sua scatola vocale stava
benissimo
e non aveva vacillato un attimo quando gli aveva detto che nessuno,
incluso lui
stesso, poteva entrare. Il primo pensiero di Soundwave, ben poco
razionale in
quel frangente e in vari altri ultimamente, era stato provare a
toglierlo di
torno con la forza, e forse ci avrebbe provato sul serio se Megatron
non fosse
arrivato dietro di lui stroncando tutto sul nascere.
“Sono certo che quando
la situazione di Spectra sarà più stabile avrai
il permesso di vederla in
quanto suo compagno di vita. Tarn, conto sul fatto che entrambi verremo
tenuti
aggiornati”.
Si era dovuto accontentare di questo e, sempre conscio del
nome di Dreadwing che lui aveva fatto aggiungere di straforo alla
Lista, non
aveva potuto permettersi di protestare più di tanto quando
Megatron gli aveva
detto che nonostante l’accaduto non avrebbe potuto lasciar
perdere il lavoro e
che avrebbe dovuto regolare le visite in base a quello: erano in una
fase
delicata dunque non poteva stare davanti all’infermeria della
Peaceful Tiranny
per tutto il tempo, azione che in ogni caso sarebbe stata inutile.
«Sono passate oltre quarantotto ore» disse
Soundwave «Se
dopo tutto questo tempo mia moglie
non è ancora stabile allora devo cominciare a pensare che il
tuo medico di
bordo sia incompetente».
«Ritengo Nickel il medico più competente che sia
presente su
questo pianeta, se la situazione attuale con la paziente è
questa significa che
le sue condizioni sono più complesse del previsto»
gli rispose Tarn con una
certa freddezza «Occorre ricordare che la spada che ha ferito
Spectra è grande
almeno quanto lei».
«Lo so» replicò Soundwave, con lo
sguardo rivolto verso la
porta dell’infermeria.
Il senso di impotenza che provava era grande quanto la sua
angoscia e la sua rabbia per tutto quel disastro, e altrettanto forte
era il
suo desiderio di sfogare il tutto in qualche modo. Ad aver avuto
Spectrus
Specter o Dreadwing tra le mani avrebbe saputo benissimo come fare, ma
nessuno
dei due era presente, c’era solo Tarn.
Il mech che gli impediva di vedere sua moglie e che aveva
avuto Spectrus tra le mani ma non era riuscito a farlo fuori una volta
per
tutte.
«Spero che il medico della tua squadra sia più
efficiente di
quanto siano gli assassini».
Era stata una pessima idea, se n’era reso conto benissimo
prima di aprire bocca. Seguì un breve momento di gelo.
«Potrei quasi pensare di raccogliere il tuo tentativo di
provocazione, ma ho altre priorità»
replicò Tarn, indicando la porta con un
cenno del capo «E le tue dovrebbero
essere simili».
Purtroppo quello schizzato fanatico aveva ragione, l’ex
gladiatore lo sapeva; sembrava proprio che in quel periodo non potesse
evitare
di fare pessime figure, anche se era sempre convinto di non aver detto
niente
di sbagliato nella sostanza.
Le macchine all’interno dell’infermeria smisero di
suonare
di continuo, segno che l’intervento di Nickel per
stabilizzare le condizioni di
Spectra era andato a buon fine. Ma per quanto?
«Appena cambia qualcosa-»
«Lord Megatron ha impartito ordini precisi, non
c’è altro da
aggiungere».
Che non ci fosse altro ad aggiungere era vero, e lui
purtroppo doveva tornare alla sua postazione. C’era un
prigioniero Autobot da
tenere sotto sorveglianza e, benché Shockwave lo facesse
già mentre lavorava con
lui, un paio d’ottiche in più non facevano mai
male. Gli Autobot a volte sapevano
essere insidiosi nella loro poca
intelligenza.
Dopo un’ultima occhiata alla porta e all’ostacolo
che gli
impediva di attraversarla, Soundwave si allontanò con la
speranza che la voglia
di vivere di sua moglie avesse la meglio.
Peccato solo che Spectra e la voglia di vivere non fossero
particolarmente in sintonia in quel momento.
***
«Mi rendo conto che Soundwave e Dreadwing potrebbero soffrire
per la decisione che ho preso, mamma…»
Più si andava avanti più quella conversazione
diventava
difficile. Era morta, non c’era rimedio, dunque
perché sua madre si focalizzava
così tanto su quello che aveva lasciato indietro, facendo
sì che lei lo facesse
a sua volta? Non credeva che fosse per il gusto di farla soffrire,
però le
sfuggiva il senso, non capiva dove Sparkleriver voleva arrivare.
«“Potrebbero”? Spectra, uno è
il tuo compagno di vita e
l’altro sarebbe disposto a mettere in gioco la sua pur di
tenerti al sicuro, cosa
che sai benissimo» sottolineò l’altra
femme «E non pensare che siano i soli a
tenere a te a simili livelli».
«Sapevo che Dreadwing sarebbe stato disposto a fare
più di
quanto abbia già fatto, è vero» ammise
Spectra «E quel che ha fatto è già
molto
più di quanto avrebbe dovuto o di quanto meritassi, e il
risultato si è visto»
disse poi, cupa e preoccupata, ricordando che Dreadwing era stato
ferito da
Spectrus «È per questo gli ho detto più
volte di andare ognuno per la sua
strada ma lui non mi è stato a sentire, ed è
sempre questo uno dei motivi per
cui io… io non volevo che lui vivesse in quel modo per colpa
mia, che rischiasse
per me e stesse in ansia per me, non era giusto. Adesso ha una cosa in
meno di
cui preoccuparsi».
***
“Che fine hai fatto?”
Alla faccia dell’avere una cosa in meno di cui preoccuparsi,
quella era la domanda più ricorrente che tartassava il
processore di Dreadwing.
Solo in una grotta, rattoppato alla bell’e meglio con un kit
di pronto soccorso
che aveva avuto il buonsenso di intascare quando lui e Spectra avevano
abitato
nell’Harbinger, in fuga e ancora incredulo per essere
riuscito per chissà quale
miracolo a scappare dai due della DJD che avevano tentato di
“occuparsi” di lui
-come aveva ordinato quel mostro di Tarn- alla faccia di quel che gli
aveva
fatto capire Megatron tempo addietro.
“Infame e bugiardo, proprio degno di Starscream, non
c’è da
stupirsi se lo tiene con sé!” pensò.
Non era la situazione più dura che avesse affrontato in
tutta la sua esistenza ma era la peggiore da quando era giunto sulla
Terra, e
oltre a essere in pensiero per se stesso lo era per Spectra, soprattutto per lei. Alla faccia di quel
che diceva la filosofia Decepticon riguardo la religione, Dreadwing pregava ogni
divinità più o meno conosciuta
per avere sue notizie e perché queste fossero positive, ma
ne dubitava sempre
più ogni ora che passava e insieme al dubbio crescevano
l’angoscia, il senso di
colpa e la sensazione di essere stato un completo inetto. Aveva giurato
e
spergiurato a Spectra che sarebbero rimasti insieme e che
l’avrebbe protetta,
ma appena si era trovato davanti il pericolo maggiore per lei, alias
Spectrus,
era stato abbattuto subito, e lei adesso non rispondeva ai suoi
tentativi di
contatto.
“Forse è per questo che mi hai detto
più volte di andare
ognuno per la propria strada, avevi capito che non sarei stato capace
di
mantenere la parola neppure provandoci” pensò
amaramente “Che fine hai fatto?”
L’ultima volta che lui l’aveva vista era scappata
via
proprio come le aveva gridato di fare, e aveva visto Spectrus andarle
dietro
poco dopo. Utilizzare il contatto privato del responsabile delle
comunicazioni
della Decepticon Justice Division era stata la mossa disperata di un
mech
altrettanto disperato, con la speranza che l’interesse di
quella squadra di
macellai -o meglio, del loro capo- verso uno o entrambi gli Specter,
per motivi
diversi, fosse abbastanza forte da indurli a muoversi in fretta. Era
stato così
ma quella era stata la sola cosa più o meno
“positiva” in tutto quel disastro,
e in seguito lui era stato costretto a scappare. Era l’ultima
cosa che avrebbe
voluto fare, ma Helex e Kaon l’avrebbero terminato e, al di
là dell’avere
ancora voglia di restare online, da morto avrebbe potuto fare per
Spectra ancor
meno che da vivo.
“Sei ancora viva? Sono riusciti a salvarti o non hanno fatto
in tempo?”
L’idea che fosse offline era insopportabile, e lui si stava
pentendo di tutto quel che aveva fatto nell’ultimo mese:
“se non fossimo
fuggiti, se fossimo tornati nella Nemesis quando Megatron ci aveva teso
la mano
e prima che decidesse di mettermi nella Lista, se avessimo cercato il
modo di
lasciare il pianeta e fossimo andati via come avevo detto di
fare”… l’ultima
cosa in particolare rappresentava un motivo di rimpianto per lui. A
Spectra
sarebbe stato bene qualunque posto ma si era resa conto che per lui una
scelta
simile sarebbe stata solo un “adattarsi” -anche se
in ogni caso sarebbe stata
una sua decisione e, come sempre,
sarebbe andato fino in fondo.
Se quel giorno nel relitto dell’astronave le avesse mentito
e le avesse detto che sbagliava avrebbero avuto la
possibilità di essere
sereni, ma l’idea di mentirle o nasconderle le cose lo
disgustava
profondamente. Spectra aveva sentito abbastanza bugie per una vita
intera, e
comunque lui la rispettava troppo per dirgliene.
“Cosa devo fare ora?”
Si sentiva perso, una sensazione tutt’altro che nuova da
quando aveva iniziato la sua vita di reietto che però era
resa ancora più acuta
dalla mancanza di Spectra. Non era un peso per lui e non lo era mai
stata, la
sua presenza aveva reso tutto sopportabile fino ad allora. In certi
momenti il
tutto era stato anche molto più che
“sopportabile”, tipo quelli in cui avevano
parlato mentre la teneva tra le braccia. Aveva avuto delle relazioni in
passato
ma erano state sempre brevi, sempre più
“fisiche” che altro perché la sua vita
da militare non gli aveva concesso molto altro né si era
messo d’impegno a
cercarlo, nulla a che vedere con la fiducia reciproca che riteneva si
fosse
creata con quella femme. Non che loro due avessero una relazione,
naturalmente:
lui era un reietto ma era ancora un mech d’onore, lei invece
non era una
reietta ed era una donna sposata, e comunque nessuno dei due pensava
all’altro
in quel senso.
Giusto?
“Non è il momento dei castelli in aria, non
è mai il momento per
quelli” concluse
bruscamente.
Avrebbe pensato a una qualche prossima mossa, avrebbe
continuato a cercare di avere notizie di Spectra, ma in quel momento
tutto quel
che poteva fare era mettere ordine nel suo processore, per il bene di
tutti
quanti.
***
«Dici così, Spectra, “una preoccupazione
in meno”» ripeté
Sparkleriver «Ma tu come hai preso il fatto che il tuo
compagno di vita non
abbia dato minimamente peso a certe tue scelte né a come ti
sentivi a riguardo?
E come hai preso il fatto che lui continuasse ad agire di conseguenza,
o
provarci, perché “ha ragione e
basta”?» domandò «Mi risulta
che non ti sia
piaciuto e ti sia sentita trattata come una persona stupida,
l’hai ritenuta una
mancanza di rispetto vera e propria e ti dispiace che lui non
l’abbia capito e
non lo capisca ancora».
Spectra, ora seduta vicino al bordo della barca che
continuava a vagare, annuì. «Sì,
è così... non era tutto il problema,
perché poi
c’era anche la questione del vedermi rovinata e di volermi
“sistemare”, ma
quello che hai detto tu è il motivo che mi ha allontanata da
lui all’inizio».
«Bene. Ora ti faccio una domanda: ritieni Dreadwing uno
stupido?»
«No!» esclamò Spectra, sgranando gli
occhi «Ovvio che no,
non potrei mai pensare una cosa del genere! Lui è una
persona fantastica, è
solo che su certe cose non… non è uno stupido,
è un ufficiale Decepticon, so
che fuggire con me e continuare a starmi vicino era stata una sua
scelta e che
conosceva i rischi» disse «È che quando
si trattava di me Dreadwing ragionava
in un modo che lo metteva in pericolo, e io volevo solo…
volevo solo che stesse
un po’più al sicuro, volevo eliminare il problema,
almeno… così, lui…»
La giovane femme ammutolì rendendosi conto che tutto quel
discorso suonava spiacevolmente familiare: seppure con un esito
diverso, si era
comportata con Dreadwing in modo molto simile a come Soundwave si era
comportato con lei. Aveva ritenuto poco lucido Dreadwing riguardo lei
stessa e
i rischi che aveva scelto di correre e aveva deciso di rimuovere il
problema
-ergo togliersi di mezzo- indipendentemente da come la pensava lui;
Soundwave,
ritenendola poco lucida riguardo Spectrus, aveva cercato a sua volta di
togliere di mezzo il problema, ed era molto probabile che
l’avesse fatto
esattamente per gli stessi motivi.
«Non ci credo» mormorò, prendendosi il
viso tra le mani «Ho
fatto con Dreadwing la stessa cosa che Soundwave ha fatto con
me… e che avessi
buone intenzioni non conta, se Soundwave ha sbagliato allora ho
sbagliato anche
io, e non solo non ho capito come Soundwave potesse aver preso quella
decisione, ma ho anche fatto soffrire Dreadwing più di
quanto credevo!»
“Dicevano che non ero come Spectrus? Forse hanno ragione,
oltre che a essere un’idiota sono perfino peggio!
«Spectrus almeno deve pensarci, a come fare del male alla
gente, io invece per riuscirci dovevo solo comportarmi normalmente!
Aveva
ragione lui… aveva ragione lui!»
***
Da quando Soundwave se n’era andato era passata qualche ora,
e in quel lasso di tempo Tarn aveva perso il conto delle volte in cui
aveva
sentito i segnali d’allarme delle macchine
nell’infermeria, unico rumore a
spezzare il silenzio totale di quel freddo corridoio nella Peaceful
Tiranny.
Le condizioni di Spectra non avevano fatto altro che
precipitare, tornare stabili e precipitare di nuovo da quando era stata
ricoverata, ma non poteva dire di aver fatto l’abitudine a
quei segnali. Ogni
volta era come le prime, ogni volta temeva che fosse l’ultima
nonostante gli
sforzi di Nickel, ed era anche per quel motivo che lasciava la sua
postazione
davanti all’infermeria solo per andare a sincerarsi delle
condizioni dell’altro
membro ferito della sua squadra, ossia Kaon. Farlo era il dovere di un
buon
comandante, oltre che una sua precisa volontà.
“Lui era messo male ma per fortuna si è
stabilizzato subito,
lei invece-”
Il rumore, finito da pochi secondi, era ricominciato di
nuovo. Era un inferno senza fine, il prosieguo di quel che aveva visto
dalla
strega che si mescolava con i ricordi di una parte della sua vita che
avrebbe
voluto solo dimenticare ma che continuava imperterrita a tormentarlo.
“Lei invece vuole morire”.
Nel ricordare il modo in cui Spectra aveva abbassato la
spada di Spectrus all’altezza della Scintilla, nel pensare
all’espressione sul
suo viso mentre l’aveva fatto, Tarn non poteva fare a meno di
pensare a se
stesso, o meglio, alla seconda delle sue precedenti
“versioni”. Ricordava
benissimo cosa significava provare il desiderio di farla finita: in
effetti lo
ricordava talmente bene da fargli venire il sospetto che, nonostante le
modifiche al suo corpo e alla sua intera vita, quello fosse ancora
lì, sepolto
da qualche parte.
Ricordava perfettamente come ci si sentisse a non avere
punti di riferimento, a non avere chiaro il proprio posto nel mondo e
uno scopo
che desse un’utilità all’esistenza, a
non avere un luogo e delle persone da
chiamare “casa”… o a credere
di non
averne, che non era poi così diverso.
“Lilleth credeva che
non ci ricordassimo di lei! L’ha proprio detto, ‘Vi
ricordate ancora di me, non
ci pensavo’, Tarn, ti rendi conto?”
Quando Kaon gli aveva riferito quel particolare aveva dovuto
ammettere a se stesso di essere rimasto più colpito del
previsto, era stata più
o meno come una stilettata; non perché quel che lei aveva
detto o il modo in
cui gli aveva sorriso facesse pensare che li avesse dimenticati, ma
perché
quella frase gli aveva suggerito che Spectra non si desse abbastanza
importanza
perché loro la ricordassero. O anche solo abbastanza
importanza da voler continuare
a vivere, considerando quel che era successo in seguito e che lui non
era
riuscito a evitare.
Se solo fosse stato più veloce…
“Spero che il medico
della tua squadra sia più efficiente di quanto siano gli
assassini”.
Aveva risposto a Soundwave in un altro modo, ma il primo
pensiero era stato “Sono sempre più efficienti di
te come marito”. Si poteva
dire che evitargli quella frecciata fosse stato da parte sua
l’unico atto di
pietà che avesse intenzione di concedere a Soundwave da
lì in avanti, e solo
perché aveva il buongusto di essere molto preoccupato per la
moglie. Non poteva
dire di non capirlo.
L’idea di condividere qualcosa con lui gli seccava ma era
indubbio che il loro stato d’animo in quel momento si
somigliasse moltissimo.
Da dopo l’esperienza vissuta dalla strega e ancor di
più quando purtroppo aveva
visto avverarsi quelle illusioni riguardo Spectra, si era reso del
tutto conto
di come il desiderio e la volontà di tenere al sicuro quella
femme, di vederla vivere
serena, felice e ben lontana da pensieri suicidi fossero profondi e del
tutto suoi. Che fossero avallati
dal fatto che
anche Lord Megatron in persona auspicasse una cosa del genere per lei
era
“solo” una ragione per accogliere in totale
coscienza una simile consapevolezza
senza esserne in alcun modo spaventato. Lo spaventava molto di
più l’idea che
quel membro della sua famiglia disperso da troppo tempo potesse
spegnersi per
sempre, non l’avrebbe meritato, non lei, dei due fratelli non
era lei quella
che sarebbe dovuta morire.
“Se solo fossi arrivato a staccare la testa a Spectrus,
invece delle braccia…”
I suoi pensieri vennero inevitabilmente invasi dall’altro
Specter, e dovette ammettere che in tutta la sua esistenza non
ricordava di
essersi mai trovato ad affrontare una bestia simile. Non era tanto per
una
forza bruta, per lui era assolutamente gestibile, in caso contrario non
sarebbe
riuscito a smembrarlo parzialmente la prima volta in cui era riuscito
ad
avvicinarsi a sufficienza; il problema era che per prevedere molte
delle cose
che Spectrus aveva fatto sarebbe servita una sfera di cristallo, e
oltre a
quello c’era la lucidità che quel grandissimo
stronzo -non l’aveva detto ad
alta voce, dunque niente ammonimento a se stesso- era sempre riuscito a
mantenere anche in quel loro ultimo incontro.
Lui purtroppo non era in grado di fare altrettanto, aveva
un’odiosissima tendenza a non reagire in maniera del tutto
razionale se messo
troppo sotto pressione, difetto che si trascinava dietro da sempre e
non era
mai riuscito a togliersi di dosso. Era anche per quel motivo che
cercava sempre
di avere tutto sotto controllo, specie nella Peaceful Tiranny che era
il suo
piccolo regno, ma il controllo totale delle cose era sempre qualcosa
che veniva
meno quando c’erano di mezzo gli Specter, nel bene e nel
male. La sua testa e
il suo volto che pulsavano ancora un po’, sebbene si fosse
fatto dare una
sistemata veloce da Knockout nell’andare a visitare Kaon,
erano una delle tante
dimostrazioni.
“Se ti avesse detto
‘no’ l’avresti fatta fuori tu stesso,
IPOCRITA DEL CAZZO!”
Strinse i pugni. Ricordare quelle frasi gli aveva fatto un
brutto effetto, inducendolo a domandarsi se Spectra, nonostante quel
che si
erano detti vorn e vorn orsono l’ultima volta che avevano
dormito nella stessa
stanza, nonostante il sorriso di poco tempo fa e la mano posta sulla
sua, si
sentisse e si sarebbe mai sentita veramente “a
posto” nei suoi confronti… ma
quello non era il momento delle paranoie, e in ogni caso
l’insicurezza non
faceva parte di quella versione di se stesso: era bene ricordarlo.
Sentendo il suono dei macchinari interrompersi di nuovo
aspettò qualche minuto e decise di bussare. Il viso stanco
di Nickel fece
capolino dall’infermeria parlava da solo.
«Tarn, se si salva io te lo dico: la prendo a
schiaffi»
dichiarò la minicon «È come cercare di
salvare dall’assideramento qualcuno che
distrugge i pezzi dell’armatura e fugge per correre in mezzo
al ghiaccio. A
livello fisico non c’è alcun motivo per cui sia
ancora così instabile, dunque
la causa è da un’altra parte» disse,
indicandosi la testa.
«Avevo già iniziato a pensarlo. Arrivati a questo
punto
allora l’unica persona che possa veramente aiutare Spectra a
uscire da questa
situazione è… Spectra» disse Tarn, con
la massima compostezza possibile «Ti
vedo molto provata, sei lì dentro da oltre quarantotto ore
ed è notte, dimmi se
posso aiutarti in qualche modo».
Nickel tentennò un po’ perché era
sempre dell’idea di non
volere nessuno in infermeria, poi però rendendosi conto di
quanto fosse grande
la stanchezza che sentiva addosso fece un breve sospiro. «Non
lo so, il massimo
che mi viene in mente è che potresti svegliarmi nel caso in
cui finisca in
ricarica senza accorgermene, ci sia bisogno di me e il casino che fanno
le
macchine non ci riesca di suoi. Senti, sei andato da Kaon anche
oggi?»
«Certo che sì. È sempre stabile, hanno
già cominciato a
ricostruirlo e confermo che l’esplosione non ha danneggiato
alcun organo
vitale, neppure la scatola vocale».
«Almeno una mezza buona notizia
c’è» commentò la minicon
«Vieni».
***
«Spectrus aveva ragione, l’ha sempre avuta su
tutto»
continuò Spectra, tenendosi la testa tra le mani
«E io ero un mostro!»
Non parlava in quel modo per farsi consolare, credeva a quel
che stava dicendo: in caso contrario non avrebbe tentato di farsi
uccidere.
«Spectra, ascoltami bene» disse Sparkleriver,
inginocchiandosi accanto alla figlia con un leggero tintinnio degli
ornamenti
dorati che aveva sulla testa e a pendere sul viso «Hai
sicuramente gestito male
varie situazioni, preso alcune decisioni molto avventate e altre del
tutto
sbagliate, ma la malvagità che tu temi di avere non
c’entra niente».
«Ho fatto soffrire delle persone, mamma, qualunque cosa
facessi sembrava finire così e io non
volevo che questo succedesse».
«Tutti quanti nella vita finiamo per far soffrire gli altri
almeno una volta, anche senza volerlo. Quello che conta è
evitare di farlo di
proposito o riconoscere i comportamenti che portano a questo e
correggerli. La
cattiveria non è quel che tu e Spectrus avete in comune, di
tante cose che lui
ha fatto di proposito a te non passerebbe per la testa neppure
l’idea. O vuoi
dirmi il contrario? Spectra, dopo tutto quello che ha fatto tu riesci a
volergli ancora bene, dimmi chi è che sarebbe capace di fare
la stessa cosa!»
«N-non lo so, forse… tu?»
Sparkleriver scosse vigorosamente la testa. «Ma nemmeno per
idea».
«No?» si stupì Spectra.
«No. Il fatto che mi comportassi in modo gentile e
affettuoso con chi ai tempi sembrava meritarlo non significa che fossi
disposta
a voler bene a chi mi aveva fatto del male. La mia tata Valka, che era
un bel
tipo -per darti un’idea, aveva tirato su due nipoti
capacissimi di combattere per
gioco con degli orsi- mi ripeteva sempre “Non lasciare che
gli altri ti
facciano ingoiare il loro energon esausto, blyat!”».
«Ci credi che ho capito il significato di quella parola
anche se non l’avevo mai sentita?»
«Tranquillamente. È la potenza del dialetto
kostrobnese»
annuì Sparkleriver «Per capirsi: che certe cose
vengano dalla tua famiglia,
biologica o acquisita che sia, non significa che tu debba accettarle
per forza
o pensare che siano vere. In un mondo giusto la famiglia dovrebbe
essere sempre
un rifugio dal male, ma questo non è un mondo giusto, dunque
quando è il caso
di tagliare bisogna farlo. C’è di buono che a
volte si può trovare il “bene”
nei posti più impensati, bisogna solo imparare a vederlo e
ad assumersi certe
responsabilità. Quel che tu e Spectrus avete in comune
è di non esservene presa
alcuna, per motivi diversi, con intenti diversi, ma è quel
che è successo. Questo
però non fa di te un mostro. Se lo fossi stata pensi che
quegli ufficiali Decepticon, dunque
non i primi
sciocchi che passano per strada, sarebbero rimasti colpiti
così in positivo da
te?»
«Io… non lo so, forse… no?»
«Se vuoi l’esempio di come reagiscono a un mostro,
ricordati
cosa pensano di tuo fratello e fai un breve paragone» disse
Sparkleriver «Per
evitare di rifare gli stessi sbagli devi solo diventare un
po’più consapevole
del fatto che ci sono persone che ti vogliono bene e comportarti di
conseguenza
imparando a rispettarle, se davvero gliene vuoi altrettanto: tutto qui.
Purtroppo
tu e Spectrus siete attratti dalla distruzione come cyberfalene da una
fiamma, ma
ricordati sempre che tu al contrario di lui hai molto
da perdere».
«“Avevo”. Sono morta» le
ricordò Spectra «I discorsi che mi
hai fatto mi hanno fatto capire diverse cose, e ti ringrazio per
questo, però
non servono a molto. La decisione che ho preso non mi permette di
tornare indietro».
«Ora come ora lo faresti, se potessi scegliere?»
Spectra si strinse nelle spalle. «Aver parlato con te mi ha
fatto capire diverse cose, te l’ho detto. Su alcune questioni
mi sento perfino
un po’meglio, nel senso… comincia a venirmi il
dubbio che forse non sono un
mostro, o che comunque non sono del tutto senza speranza»
disse «Di sicuro tornerei
indietro e chiederei scusa a tutti quanti per il modo in cui mi sono
comportata,
per non essermi presa certe responsabilità, per non aver
fatto caso a certe
cose e per non aver pensato a quanto sarebbero stati male. Il pensiero
mi
metterebbe un po’ di ansia, sono sincera, però
sarebbe la cosa giusta»
ripensando al alcuni particolari nella conversazione
aggrottò leggermente le
sopracciglia metalliche «Mamma».
«Sì?»
«Mi hai detto che Soundwave e Dreadwing non erano i soli che
tenevano a me abbastanza da soffrire per la mia morte. Finora sei stata
molto
chiara, dunque… chi manca nella lista?»
«Hai appena parlato di una lista,
Spectra. Considerando il modo in cui sei stata salutata, devo
veramente dirtelo io?»
«No» mormorò lei «Non
c’è bisogno. Anche alcuni nella DJD forse
potrebbero esserci rimasti un po’ male, è vero. A
quanto pare le cose di cui
dispiacermi aumentano sempre di più, solo che non posso
farci niente».
«A dire il vero puoi».
«In che senso, scusa?» domandò Spectra,
sorpresa.
«Pensavi di essere offline ma non lo sei del tutto. Sei in
una specie di limbo e ci sono due possibili scelte: restare su questa
barca e
andare avanti oppure tornare indietro, riunirti alle persone che ti
vogliono
bene e fare quel che hai detto poco fa» disse Sparkleriver,
tornando ad alzarsi
in piedi «Cercare di sistemare le cose. Non ti
mentirò dicendo che tornando
indietro saresti serena e tranquilla, per raggiungere questo obiettivo
servirebbero
tempo e forza di volontà, però è
possibile».
«È per questo che abbiamo parlato tanto di quello
che ho
lasciato indietro, vero? Perché sapevi che se mi avessi
detto questa cosa all’inizio
avrei scelto di andare avanti con te e basta» comprese
Spectra, alandosi in
piedi a sua volta «Hai voluto cercare di aiutarmi a
riflettere».
La decisione era già presa, lo sapevano tutte e due.
Passarono
qualche istante a guardarsi ancora, nel loro essere così
simili in alcuni
tratti e così diverse in tanti altri.
«Le mamme servono anche a questo» sorrise
l’altra femme,
abbracciandola «Non ho potuto aiutarti prima, ma
adesso… io adesso spero di
aver fatto qualcosa di buono ed essere riuscita a evitare che almeno
una dei
miei figli si rovini la vita sul serio. Non sei la sola a dover fare i
conti
con gli errori commessi, Spectra, c’è ben poco che
sia più democratico della
capacità di commetterne».
Spectra la strinse forte, affondando il viso nella sottile
stoffa rosata del suo vestito. «Non sei una cattiva mamma,
sono sicura che hai
cercato sempre di fare del tuo meglio. E lo farò anche
io».
«Promesso?»
Spectra annuì. «Promesso».
***
Nickel infine era stata vinta dalla stanchezza. Riposava con
la testa poggiata su un tavolo lì vicino, con una mano che
stringeva un cacciavite
l’altra a essere vittima di leggere contrazioni che
rivelavano una ricarica
agitata.
Tarn non si era sentito di svegliarla, era evidente quanto il
suo medico avesse bisogno di una dormita, e in ogni caso le condizioni
di
Spectra sembravano aver finalmente trovato una stabilità. Da
quando era entrato
nell’infermeria erano passate quattro ore, e lei ormai era
tranquilla da tre:
in tutto quel tempo non era mai successo.
“Se continuasse così potrei perfino azzardarmi a
sperare che
abbia deciso di non voler morire adesso” pensò.
Era ancora seduto dove si era messo quando Nickel si era addormentata,
ossia vicino alla cuccetta dov’era sdraiata Spectra. Era
cresciuta rispetto a
quando l’aveva persa vorn e vorn addietro, era una femme
adulta e sposata, ma
vederla attaccata a quei macchinari la faceva sembrare indifesa proprio
come la
bambina che era stata. Gli aveva messo una pena terribile,
l’aveva messa a lui che
per lavoro riduceva i
transformers in quelle condizioni e molto peggio; la legge del
contrappasso
aveva deciso di colpire per mezzo di un’innocente.
Era immobile da ore, ma sobbalzò quando vide le palpebre
della giovane iniziare a tremolare, aprirsi, i suoi sensori ottici
azzurri
farsi più vivi e luminosi nel tentare di metterlo a fuoco.
“Mi sono addormentato anche io come Nickel?” fu
l’unico
pensiero che riuscì a formulare mentre il braccio sinistro
di Spectra si
sollevava piano e arrivava ad accarezzare la sua nuova maschera; lo
fece col
dorso della mano, proprio come aveva fatto lui quando l’aveva
rivista lì, su
quel pianeta, dopo essersi convinto che c’era davvero e che
non era una
visione.
«Tarn?...»
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Capitolo 20 *** 20 - Un altro po’di chiacchiere ***
20
(Un altro po’di
chiacchiere)
«M-mi…
mi dispiace… mi dispiace…»
La
visuale di Spectra era piuttosto
confusa ma era riuscita comunque a riconoscere Tarn, che in modo fermo
ma
delicato stava stringendo la mano con cui lei l’aveva
accarezzato tenendola
ancora poggiata sulla maschera.
Le parve di sentire un “Non sforzarti” in risposta,
poi di
vedere dei sensori ottici azzurri e stanchi e delle manine piccole che
riuscì
in qualche modo a ricondurre a Nickel.
Non era particolarmente lucida e si sentiva come se una
schiacciasassi le fosse passata sopra dieci volte, ma
continuò a ripetere “Mi
dispiace, mi dispiace”, o almeno a provare a farlo con quel
filo di voce che
riusciva a far uscire. A un certo punto ebbe l’impressione di
non star
emettendo alcun suono ma continuò a dirlo lo stesso, decisa
a far intendere
quel suo messaggio e sperare che in futuro sarebbe riuscita a farlo
arrivare a
tutti, anche a Soundwave e anche a…
Dov’era Dreadwing?
Continuò a ripetere “Mi dispiace”
finché la stanchezza la
trascinò nel buio caldo e avvolgente della ricarica.
Aveva proprio bisogno di dormire.
Dopo vari minuti di tensione, Tarn
permise a se stesso di rilassarsi almeno
un po’.
«Prognosi?» domandò a Nickel.
«Il fatto che si sia svegliata significa che non
andrà
offline per un altro crollo improvviso. Al momento è in una
fase di comune
ricarica» rispose la minicon, indicando gli schermi di certi
macchinari «Il che
è normale. Inoltre ha parlato, il fatto che le sue
condizioni mentali non
sembrino causarle afasia è positivo anch’esso. Non
sono sicura che sapesse dove
si trova e con chi…»
«Mi ha riconosciuto» disse rapidamente Tarn
«Prima che ti
svegliassi. Ha detto il mio nome e mi ha toccato il viso, o meglio, la
maschera».
«Anche questo è un buon segno»
annuì Nickel, tornando a
guardare Spectra «Però non significa che sia tutto
a posto, immagino che te ne
renda conto. Dovrò informare il suo compagno di vita che non
ho la minima
intenzione di farle lasciare questa astronave in tempi brevi, anche se
si è
svegliata: era vicinissima a finire offline solo poche ore fa, bisogna
continuare
a seguirla da vicino e in modo costante. Mi auguro per lui che arrivi a
capirlo».
«Se non ci riuscirà da solo darò il mio
contributo perché lo
faccia» replicò Tarn «Puoi contare su
questo».
“Non ne dubitavo guarda” pensò Nickel.
«E il colpo che ha
preso ha danneggiato parecchio il suo regolatore di temperatura, ho
dovuto
mettergliene uno nuovo ma ci vorrà un
po’perché si installi a dovere. Quando in
futuro potrà uscire almeno dall’infermeria
consiglierei che lo faccia avvolta
in una coperta termica o qualcosa di simile, così che resti
più costante».
«Sarà fatto. Altro?»
«Il mio pensiero non va solo alle sue condizioni fisiche,
penso che tu lo sappia già. Eravamo lì tutti e
due quando ha cercato di farsi
uccidere, perché è di questo che si è
trattato, e non vorrei che cerchi di fare
il bis» disse la prioniana, schietta come suo solito
«Quindi va tenuta d’occhio,
ma in tutto questo bisogna cercare di non farla sentire
un’invalida pazza senza
speranza: peggiorerebbe la situazione. Bisognerebbe anche capire di
preciso
perché ha fatto quel che ha fatto, sperando che ne voglia o
ne riesca a
parlare, e partendo da quello cercare di darle dei “punti
fermi”. Forse il suo
compagno di vita riuscirà ad avere risposte da lei
più facilmente?...»
«Il compagno di vita dal quale aveva così tanta
voglia di
tornare da preferire l’idea di correre rischi maggiori
restando in qualsiasi luogo
non fosse la Nemesis?» commentò Tarn «Si
può provare, ma ho qualche dubbio in
proposito».
«Non sei il solo. A meno che l’altro-»
«È stata insieme a
“l’altro” per oltre un mese, ormai, e il
risultato ce l’hai davanti. Di sicuro non è stato
utile» sentenziò il
Decepticon «E in ogni caso la persona in questione
è nella nostra Lista. Inoltre…
se quando ci siamo incontrati
giorni fa non fosse stato così svelto a portarla via, ci
sarebbero state meno
probabilità che lei riuscisse a farsi ridurre in questo
modo».
«Non dai per scontato che non sarebbe successo».
Tarn scosse la testa. «Non si finisce ad avere certi
pensieri di punto in bianco, forse nella sua mente quel
“qualcosa” sarebbe
scattato lo stesso, però avrebbe avuto meno occasioni di
provarci».
Nickel si chiese se anche il suo comandante fosse stato vittima
degli stessi “demoni” anche in situazioni dove altri non avevano cercato di proposito di portarlo a un simile stato. Ricordava le immagini che
Bustin le aveva mostrato e
anche quello che aveva visto di persona, e non era raro che le vittime
di una
barbarie come l’empurata -non solo menomate, ma anche
trattate come appestate
indegne di appartenere alla società o al cosmo stesso-
fossero state soggette
anche a depressione e tendenze suicide; si poteva dire che ne avessero
ben
donde. Aver subito una cosa simile spiegava in parte anche la
teatralità di
Tarn in determinati contesti, mostrando a se stesso e al mondo il
cambiamento
che aveva fatto, di certo grazie a Megatron. Ecco: quello avrebbe
spiegato da
cosa derivava davvero
così tanta
devozione, non solo da un ideale in cui rispecchiarsi ma da qualcosa di
molto
più personale, alias il pensiero di dovere la propria vita a
un singolo individuo…
che lo vedeva come fumo negli occhi.
Era una cosa triste quanto pericolosa, ancor più pensando
che non era già venuta a galla era solo per qualcosa di
molto simile a un
favore personale fatto a lei.
«Capisco, mi sembra sensato» disse la minicon
«Ascolta, tu
prima mi hai detto che Kaon si era stabilizzato subito, giusto? Lo
è abbastanza
da essere trasferito qui? Dato che lei ora è messa
così posso e voglio
occuparmi anche di lui».
«Chiederò conferme a riguardo ma penso che sia
fattibile. A
petto, braccia, mani e antenne hanno già lavorato».
«Alias quel che gli serve per sopravvivere stando almeno
seduto dritto e per gli attacchi elettrici, quando si
sveglierà».
Tarn non negò. «Naturalmente bisogna lavorare
anche al resto
ma quelle sono le due cose più fondamentali in questo
momento».
Nickel fece un breve sospiro. «Anche questo ha
senso».
«Hai detto che non dovrebbe avere altri crolli che
potrebbero ucciderla, giusto? Se è così, se ne
sei sicura, allora forse è il
caso che tu torni a riposare qualche altra ora, o potresti finire ad
aver
bisogno del medico a tua volta, Nickel» la avvertì
il Decepticon «Ho notato che
gli orari in cui si fa vivo il suo compagno sono sempre quelli, tu
avresti modo
di essere presente quando arriverà».
«Dici di me, ma tu quanto tempo di ricarica hai fatto da
quando lei è qui dentro, se sei
mai
andato in ricarica -cosa di cui mi permetto di dubitare? Tu sei stato
qui
davanti per tutto il tempo, se ti sei mosso è stato solo per
andare a
controllare le condizioni di Kaon» disse Nickel, guardandolo
severamente
«Ammettilo».
«In realtà non è esattamente
così, mi sono mosso anche per
andare a prendere questo» replicò Tarn, tirando
fuori un datapad da uno
scomparto «L’amministrazione non poteva restare
indietro, dunque tra un crollo
e l’altro, tra una visita a Kaon e la successiva, ho cercato
di stare in pari.
Credo che continuerò anche adesso».
«Non credo di voler commentare questa cosa».
«Negli ultimi tempi non sono mai riuscito a fare
più di due
ore continue di ricarica, non fa granché
differenza» ribatté
Tarn «E in ogni caso sai già che di
mio non
dormo granché. L’ultima volta in cui sono riuscito
a fare sei ore filate di
ricarica è stato...» diede una breve occhiata a
Spectra «Qualche vorn or sono».
«Ecco un motivo per cui volevi ritrovarla, ti concilia il
sonno... basta che poi non debba svegliarvi io di nuovo!
D’accordo» cedette
Nickel, prima che lui potesse rispondere «Non
andrò in ricarica perché non
credo sia il momento, ma l’idea di poter fare almeno una
breve doccia calda mi
andrebbe a genio. Farò presto e ora che dorme non dovrebbe
capitare niente, ma
se tu vedessi qualcosa che non va-»
«Ti chiamerei. Ovvio».
Dopo un’ultima occhiata a Spectra, a Tarn e al datapad con
la burocrazia, Nickel uscì e in pochi passi raggiunse la
propria stanza e poi
il bagno. Toltasi tutte le parti di armatura che era possibile
rimuovere,
accolse il getto di olio caldo della doccia con un lungo sospiro di
sollievo.
“Spero davvero che si riprendano entrambi”
pensò riferendosi
a Kaon e Spectra “Se penso che quando Tarn ha deciso di
venire qui eravamo
tutti convinti che sarebbe stato facile… invece da quando
abbiamo fatto rotta
verso questo pianeta siamo finiti in un disastro dopo
l’altro: prima non
riuscivamo ad andare via da Pettinathia, poi abbiamo rischiato di
restare
intrappolati per sempre dalla strega, e ora ci si è messo
quella bestia di
Specter maschio… e Bustin”.
Forse un giorno sarebbe riuscita a sentirsi indifferente nei
confronti dell’altro minicon, invece che arrabbiata e
confusa, ma non era
quello il giorno. Anche con tutti i pensieri che aveva e con la
prospettiva del
doversi occupare di due pazienti, non riusciva a impedire che una parte
del suo
processore andasse a lui, non in senso positivo. Magari non riusciva
ancora ad
accettare l’idea di essere stata la fidanzata di un testa di
cazzo, perché per fare
ciò che aveva fatto e stava facendo doveva esserlo per forza.
“Magari è diventato così dopo la
distruzione della nostra
colonia e quando stava con me non… aaah, ma chi voglio
prendere in giro?! Mi ha
detto in faccia di avermi abbandonata, e Prion in quel momento non era
ancora
distrutta, se questo non è un comportamento da testa di
cazzo non so cosa possa
esserlo! Ricordando quel che è successo nella foresta forse
è vero che non
toccherebbe me, anche in Antartide
avrebbe potuto spararmi e non l’ha fatto, ma non cambia il
resto”.
Certi incubi che aveva fatto -alcuni dei quali ancora
perfettamente impressi nella sua memoria dopo vorn e vorn-
probabilmente
avevano cercato di dirle qualcosa, segno che forse in qualche recondito
meandro
della sua coscienza aveva sempre saputo di cos’era innamorata
ma aveva scelto
di non vederlo per vari motivi, in primis che con lei si fosse sempre
comportato a meraviglia. Con la sua attuale
“famiglia” di assassini più o meno
cannibali in fin dei conti stava facendo lo stesso: evidentemente aveva
quella
tendenza.
Finita la doccia e rindossati i pezzi di armatura, tornò ad
accantonare -ma non a far sparire, ahilei- immediatamente le sue
faccende
personali: c’erano dei pazienti che avevano bisogno di lei e
che in quanto
membri del gruppo avevano la precedenza su qualsiasi altra cosa, sempre
e
comunque.
***
La lucidità di Spectrus non era al cento per cento in quel
momento, e tantomeno la salute, sebbene si sentisse decisamente meglio
rispetto
a prima - un “prima” che ora il suo orologio
interno suggeriva essere collocato
negli ultimi due giorni.
Aveva iniziato a perdere il senso del tempo poco dopo che
Bustin, in seguito alle cure che gli aveva prestato seguendo le sue
indicazioni, aveva provato a montare il braccio di Wheeljack. Poco dopo
aver
iniziato, Spectrus aveva iniziato a sentirsi in un modo che definire
“poco
bene” era un eufemismo. Se fosse stato una persona meno
razionale avrebbe
pensato che Wheeljack gli avesse mandato una maledizione
dall’aldilà ma, dato
che invece era razionale, aveva concluso che tutto ciò fosse
imputabile a una
qualche infezione.
Di quanto era accaduto in seguito non riusciva a ricordare
granché, aveva solo sprazzi di memorie miste ad
allucinazioni più o meno lunghe
e definite. Inizialmente erano state deliranti, fatte di elefanti rosa
con la
testa di Bustin che suonavano la tromba, poi erano diventate perfino
gradevoli
quando aveva sognato di un… matrimonio
aperto?... con una nobile, giovane, bella e ricca seeker mai
vista prima di
nome Redwing, ma poi il tutto aveva preso un’altra piega
quando era comparso
suo padre.
Ricordava solo alcune parole qui e là…
“Figlio-”
“Errore-”
“… stringere alleanze,
tu invece-… nemici su nemici-”
“Fallimento!”
Ma ricordava anche di aver risposto con qualcosa sulla
falsariga di “Sei morto, chi se ne frega di te”.
O forse aveva risposto proprio in quella maniera molto
sentita e del tutto onesta rivolta a un
genitore per il quale da tempo aveva smesso di nutrire il
benché minimo sentimento,
e naturalmente non aveva ricominciato ad averne quando aveva saputo che
il
massacro della sua famiglia non era stato ordinato da Megatron.
Quando aveva rincontrato Starscream per la seconda volta e
aveva cercato di farlo fuori gli aveva detto “Per mio padre,
per mia madre, per
tutta la mia famiglia, ma soprattutto per la MIA
vita rovinata a causa TUA”,
ma lo sapeva per certo: in quella frase aveva incluso il padre per una
questione di rispetto verso il “sangue” -nobile- in
comune, non di lui come
persona, né tantomeno per una questione d’affetto.
Il sangue era la stessa ragione per cui aveva deciso di non
abbandonare Spectra in un cassonetto come avrebbe dovuto fare, in fin
dei
conti.
A proposito di Spectra, ora che riusciva a formulare
pensieri sensati e compiuti poteva constatare di trovare fastidioso il
modo in
cui il suo destino e quello della sua cara sorella si erano legati
anche in
quell’occasione: forse l’aveva uccisa, di quello
non aveva ancora la conferma, ma
anche lui era andato un po’troppo vicino a fare la stessa
fine.
Era stato sincero anche quando le aveva detto che
condivideva l’idea di non voler avere niente in comune -oltre
a quel che
purtroppo si ritrovavano a condividere geneticamente- con
un’imbecille simile,
e anche su tutto il resto, dal giudicarla quale un’egoista
ingrata che si
fingeva meglio di quel che era al ritenerla una codarda per aver deciso
di
rinunciare alla vita. A dirla tutta aveva trovato seccante che nel
darle quel
che secondo lui meritava avesse fatto quello che lei
aveva voluto.
Avvertendo un movimento alla sua destra voltò la testa in
quella direzione.
“Dori me
Interimo, adapare
Dori me
Ameno Ameno
Latire…”
Due Bustin quasi sovrapposti erano vicino a lui, avevano un
mantello color nero e oro col cappuccio e lo stavano fissando mentre
“Ameno”
veniva riprodotta in sottofondo.
“Latiremo
Dori me
Ameno!”
Riguardo la presenza di un gemello di Bustin aveva qualche
dubbio ma non credeva che il resto fosse un’allucinazione
considerando che si
era trovato davanti quella scena, identica, almeno un paio di volte
mentre si
trovavano in Messico.
Rigorosamente in piena notte.
“Omenare imperavi
ameno
Dimere, dimere matiro…”
In quelle occasioni ricordava di aver guardato il suo
coinquilino, aver commentato con un “Bah” ed essere
tornato in ricarica senza
prestargli ulteriore attenzione, stavolta però nonostante la
stanchezza non
poteva permettersi un lusso simile.
«Tu e il tuo gemello dovete piantarla»
sbuffò.
«Ti pare il modo di trattare tua moglie e tuo
cognato?»
sospirò Bustin. «Ieri mi hai scambiato per una
femme di taglia normale e ho
dovuto nascondermi nell’impianto di aerazione, sappilo.
Più che altro mi chiedo
se davvero sia utile raccontartelo visto che non so come sei
messo… quanto fa
due più due?»
«Quattro. E mi rifiuto di credere di averti scambiato per
una femme» aggiunse Spectrus, che avrebbe tanto voluto
massaggiarsi la fronte
ma, sfortuna sua, senza braccia non poteva farlo «Tantomeno
di taglia normale,
per diventare alto anche solo come l’ingrata invalida
aspirante suicida dovresti
crescere di oltre… un te stesso e mezzo…»
borbottò, cercando di mettersi almeno a
sedere.
«Vacci piano, non so se te ne sei accorto ma non sei messo
bene» lo avvertì il minicon «Anche se
adesso ci sei con la testa… gemello a
parte s’intende. Bene, cominciavo a pensare che le medicine
non sarebbero
bastate, invece stai migliorando».
«Che mi sono perso?» domandò il mech,
debole a livello
fisico ma sempre fermo nella sua volontà di stare al passo.
«Niente di nuovo né dai Decepticon né
dagli Autobots» disse
il minicon, volando a sedersi sulla sua spalla destra
«È vero che i Decepticon
stanno cercando di costruire un Omega Lock ma non è qualcosa
che si faccia in
un giorno, né in due o tre, né in una settimana
se è per questo. L’unica cosa
nuova è che ho capito perché il tentativo di
metterti il braccio di Wheeljack
ha fatto questo effetto: ho trovato dei residui di colla di valvola che
non
avevamo pulito! Sono riuscito a fare un paio di analisi».
«La DJD allora è passata da Pettinathia una volta
o più prima
di venire qui» commentò Spectrus
«Perché ad appiccicare Wheeljack alla montagna
sono stati loro e so per certo che quella roba non è in
vendita sul sito di
Extranet».
«Non sarai al cento per cento ma stai riprendendo a capirmi
al volo, potrei commuovermi marito mio!»
«Se non la pianti con questa faccenda di marito e moglie e
soprattutto di strusciare la testa sulla mia guancia ti prendo a sberle
anche
se non ho le braccia!»
«E se in quel posto magico che è la Florida un
uomo senza
braccia è riuscito a pugnalare un turista, non stento a
credere che possa
riuscire anche tu a fare altrettanto» replicò
Bustin.
Specter alzò gli occhi al soffitto ma non si curò
di
rispondere, anche perché il nano era effettivamente tornato
a stare fermo e
composto. «Dici che quella città è
ancora in piedi?»
«Lo è senz’altro: nel caso abbia bisogno
ha un buon sistema
di difesa e una
famiglia a dare un po’di
sostegno. A proposito di famiglia, cosa mi dici riguardo la
tua?»
«Morta, se il colpo è andato a segno».
«Metti che invece non sia così e che tua sorella
sia ancora
viva» ipotizzò il minicon «In
considerazione dell’averla definita “aspirante
suicida”, proveresti ad aiutarla ancora una volta?»
Al mech non piacque il termine “aiutarla”, che
sembrava
ricalcare il pensiero avuto poco prima. «Presumo di
sì».
«“Presumi”?» ripeté
Bustin.
Spectrus rimase in silenzio per qualche secondo. «Non ho
esitato a infilzarla» disse «Era quel che volevo
fare da un pezzo e quindi ho
colto l’occasione, sarebbe stato stupido non farlo».
«Ma?...»
«Ma che lei per prima fosse arrivata a riconoscersi quale
l’essere inutile che era e a buttarsi via quasi come se nulla
fosse, fa sì che
io non abbia potuto trarre particolare soddisfazione
dall’ucciderla. Anche
adesso all’idea che sia morta penso “Sì,
è offline, ok, benissimo, ma non le ho
tolto niente di cui le importasse”. Se avesse mostrato
più attaccamento alla
vita sarebbe stato perfetto, invece così mi viene in mente
che nelle condizioni
in cui era ridotta le avrei fatto più male lasciandola
vivere che sollevandola
dalle sue miserie come ho fatto. Se ci penso trovo molto più
soddisfacente
averla distrutta e averla quindi fatta arrivare a tal punto per
“paura di fare
del male agli altri e diventare come me” che
l’averla -forse- terminata in sé. Capisci
che intendo?»
«Il destino peggiore per una persona non è sempre
la morte,
se questa persona non capisce il valore di una vita ben vissuta e crede
di non
avere niente da perdere: su questo non ci sono dubbi»
concordò il minicon
«Quindi?»
«Quindi, che sia morta o viva, sarebbe inutile perdere altro
tempo con quella deficiente. Per il momento. Se ne riparlerà
nel caso, oltre a
essere ancora viva, in futuro riesca a essere felice e io venga a
saperlo»
concluse Spectrus, costretto a socchiudere gli occhi per un capogiro
«Io invece
devo iniziare a pensare a qualcosa che alla fine di tutto comprenda una
nave
per noi» continuò Spectrus «Fosse anche
temporanea prima di procurarcene una
nuova. Il modulo per l’iperspazio di questa non è
riparabile, così mi dicevi. Voglio
che colpisca anche più gente possibile, e possibilmente
dev’essere anche
qualcosa che faccia molto male a quel coso
violaceo con i mini Megatron a corrergli nel processore al posto degli
heliocriceti».
Il pensiero di Bustin corse alla registrazione di Megatron
che aveva fatto ascoltare anche a Nickel, e proprio per Nickel scelse
di continuare
a fingere di non possedere nulla del genere.
Se avesse deciso di giocare quella carta sarebbe stato tutto
ridicolmente semplice, perché quel che Spectrus aveva
immaginato qualche tempo
prima si sarebbe avverato quasi di certo: un omicidio
generalizzato/suicidio a
opera di Tarn, con buona pace di tutti -o meglio, con buona pace sua e
di
Spectrus. Il problema era che una cosa simile avrebbe finito per
coinvolgere
anche Nickel, e provare a rapirla prima avrebbe solo generato problemi
obbligandolo a tenere anche lei legata in uno sgabuzzino proprio come
il
compianto Bernie, cosa che Bustin non voleva affatto.
«Io direi di stare a vedere come si mette la situazione e
starcene
buoni fino a quando ti sarai ripreso, avrai di nuovo un nuovo braccio e
avrai
preso dimestichezza con la nuova parte del corpo, Specter,
perché qualunque
cosa tu voglia fare dovrai essere fisicamente a posto… o a
posto per quanto
possibile. Vedi ancora il mio gemello?»
«Ne vedo due, tra un po’avrai più cloni
tu di quanti ne
avesse Cell, e che per colpa tua ormai conosca Dragon Ball Z abbastanza
da
citarlo è preoccupante».
Magari era preoccupante anche il fatto di riuscire ad
ammettere a se stesso, ma soprattutto
davanti a un’altra persona -ossia Bustin- di non essere in
condizioni di fare questa
o quella cosa. Da un lato era meglio per il suo fisico, che in caso
contrario
avrebbe sottoposto a ulteriori stress che in quel momento non
servivano, dall’altro
però avrebbe potuto dargli da pensare: non era sicuro al
cento per cento se
definire la cosa un’evoluzione o un’involuzione.
Forse era meglio non
domandarselo affatto, concluse, perché non valeva nemmeno la
pena. Meglio concentrarsi
su altro, nello specifico sull’aiuto che gli aveva dato e gli
stava dando il miglior
peggior coinquilino mai avuto, che era innegabile.
Fece un lungo sospiro. «Nano?»
«Sì?»
«Perché fai tutto questo?»
«Istruirti sulla cultura pop di questo pianeta? Tecnicamente
non l’ho fatto io» disse Bustin facendo spallucce
«Hai assorbito le cose per
osmosi o perché ti sei interessato».
«Non mi riferisco a quello e credo che tu lo sappia
benissimo, come sai benissimo di non stare parlando con un
coglione».
«Vero» riconobbe il minicon, tornando ad
appoggiarsi contro
la testa dell’altro transformer e ignorando il suo
conseguente sbuffo «Più che
altro, come mai questa domanda all’improvviso?»
«Finora abbiamo parlato di quel che abbiamo già
fatto e di
possibili progetti futuri, dunque non è una domanda fuori
contesto. Siamo
andati via dal Messico un po’ perché era ora e un
po’ perché aveva iniziato a
scottarti sotto i
piedi, a dir tuo. Sempre
a dir tuo ti faceva comodo “uno grosso”
perché ti saresti potuto difendere
meglio, e hai detto che mi avresti aiutato in cambio di
quest’ultima cosa…»
«Cheee poi è quel che sto facendo» disse
Bustin, senza
scomporsi.
«Non ho detto il contrario, e tutto il resto può
anche
essere vero, ma se hai veramente bisogno di essere difeso allora
perché hai la
tendenza a viaggiare da solo, tra l’altro senza sapere
praticamente nulla di
medicina? Quando si viaggia da soli c’è sempre il
rischio di essere feriti e cose
simili, e da certi rischi non sei immune neanche tu.
Immagino».
«Certo che posso essere ferito come chiunque altro, in caso
contrario non mi sarei nemmeno curato di evitare di farmi sparare da
Ultra
Magnus in Antartide, per dirne una. Per quanto riguarda il resto, tu e
io
abbiamo già avuto una conversazione riguardo il destino,
giusto? Ho pensato che
non fosse un caso se un cybertroniano spuntato in Messico
all’improvviso aveva
intenzione di venire qui insieme a me, e scoprire che Nickel
è viva, sebbene
sia del tutto indifferente nei miei confronti» aggiunse,
mentendo «E non cambi
il fatto che per me il resto della sua squadra può
tranquillamente finire
offline, è stata la prima dimostrazione».
«Quello è stato un colpo di sfortuna, non
“il destino”»
replicò Spectrus «Non credo a questa roba e, per
quanto possa essermi tornato
utile, in futuro non dovresti farlo nemmeno tu. Ammetto
l’esistenza dei colpi
di fortuna e di sfortuna ma al di là di quelli ci si crea la
vita con le
proprie mani».
«E si finisce a perderle!»
Specter, pur barcollando e sentendosi bruciare per via della
temperatura interna troppo elevata, si alzò in piedi.
«Rischi del mestiere»
rispose, deciso a non dare alcuna soddisfazione al suo coinquilino.
«Dove vuoi andare?»
«Fuori. Siamo a terra, no? E ammesso che in questo momento
io sia “fuori servizio” credo che sia il caso di
dare al Team Prime, o quel che
ne resta, la lieta novella riguardo Bernie. Sentirti nominare Ultra
Magnus mi
ha fatto tornare in mente tutta la combriccola».
«E c’è bisogno di andare fuori? Se cadi
non posso tirarti
su, pesi come un roboyeti» gli ricordò Bustin,
aprendo comunque il portello
principale della nave dopo essere volato a prendere un datapad.
«I roboyeti non esistono, nano».
«Eppure ne ho uno davanti a me!»
«Nemmeno ti rispondo…»
Non sarebbe stata mia intenzione concludere il capitolo in
questo modo, tanto più dopo un mese di non aggiornamento
:’D avrei voluto
mostrare il Team Prime qui in fondo e Ratchet in precedenza, ma alla
fine ho
deciso diversamente, complice anche il fatto che il capitolo fosse
già
lunghetto.
Ringrazio come sempre chiunque mi stia seguendo ancora, eee
credo che a MilesRedwing non sia sfuggito il particolare che non doveva
sfuggirle xD alla prossima!
_Cthylla_
|
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Capitolo 21 *** 21 - Patti coi diavoli ***
21
(Patti coi diavoli)
Pur con la sua
compagna vicina e con la consapevolezza di
essere ancora al sicuro nell’hangar messo a disposizione del
Team Prime dalle
autorità governative terrestri, per Optimus trovare
sufficiente pace da
riuscire a chiudere i sensori ottici e fare una meritata ricarica
risultava
impossibile in quel momento, e i rumori che riusciva a sentire
all’esterno
della stanza -ancorché flebili- suggeriva che per gli altri
fosse lo stesso.
«Mi
arrendo» sospirò Arcee, accanto a lui, schiudendo
le
palpebre «Non riesco a dormire».
«Non
ce la fa nessuno» disse Optimus «Stiamo pensando
tutti
alla stessa cosa».
«Smokescreen»
mormorò, funerea in volto, la femme Autobot.
«Smokescreen».
L’avevano
saputo ventiquattro ore prima, ovvero in piena
notte, proprio come in quel momento. In tutto quel che era successo con
la
cattura di Soundwave -durata, come avrebbero detto gli umani,
“da natale a
santo Stefano”- con la disfatta in Antartide, il rapimento di
Ratchet, la
consapevolezza che i Decepticon stessero cercando di costruire un Omega
Lock
nuovo, il loro attacco malriuscito all’hangar sbagliato -e
Optimus non era
sicuro se ringraziare per questo l’idea che avevano avuto di
cambiare la
lettera o la stupidità di chi non aveva raso al suolo tutti
gli hangar pur
avendo i mezzi per farlo- si era aggiunta l’ennesima mazzata
al morale già
abbattuto di tutta la squadra.
Optimus aveva
dato un ordine chiaro a tutto il team, “Non
rispondete a Spectrus in caso cerchi di parlare con voi tramite
comm-link”, ma
lui per ovvi motivi non poteva permettersi lo stesso lusso. Si era
detto che se quell’essere ignobile avesse voluto
utilizzare Smokescreen
per ottenere qualcosa -fornendo quindi una possibilità per
loro di riuscire a
liberarlo, finalmente- avrebbe contattato direttamente lui.
Era andata
proprio così, e quando era successo Optimus si
era allontanato rapidamente dalla base grazie al Ponte Terrestre e
aveva
risposto. Quella strategia atta a impedire a Spectrus e al suo compare
di
trovarli aveva funzionato fino a quel momento, e se anche quei due
avessero
ricevuto la notizia dell’attacco all’hangar
avrebbero semplicemente pensato che
i Decepticon avessero fatto un errore e/o ormai la squadra si fosse
trasferita
da tutt’altra parte.
Quando
però aveva accettato il contatto e il datapad aveva
proiettato l’immagine olografica di Spectrus, tutto avrebbe
pensato tranne che
di trovarselo davanti malridotto come l’aveva visto: privo di
braccia, il volto
devastato per metà e con visibili problemi a stare in piedi
dovuti alla
temperatura interna che doveva essere molto più alta del
normale. Se tutto ciò
fosse successo in un altro momento e senza la Decepticon Justice
Division in
giro, Optimus avrebbe potuto esserne felice e accettare di provare un
sentimento
forse poco nobile ma del tutto comprensibile, ma tutto quel che aveva
sentito
in quel caso era stata la proverbiale stretta allo stomaco -o
serbatoio, che
dir si volesse.
“Magari
ci sei già
arrivato da solo, Prime, ma potrei essere stato trovato da Frollo e
parte di
Tarnlandia…”
“Non
aspettarti che io
provi pena per te! Dov’è Smokescreen?!”
“Se io
sono messo così
dove vuoi che sia il ragazzo? Non c’è neppure
rimasto qualcosa da seppellire,
Prime: è offline! Distrutto, evaporato come chi fugge nel
fottuto Messico ma
senza Messico, senza maracas e senza un burrito che non essendo
organici non
possiamo mangiare in ogni caso!... l’unica cosa buona
è che anche uno dei membri
della DJD forse ha fatto la stessa fine”.
Sì,
Optimus non aveva capito granché la febbricitante parte
del Messico, ma purtroppo il resto era stato chiarissimo. Addio a ogni
progetto
di liberare Smokescreen, la giovane guardia d’elite cui
Optimus doveva in parte
la vita e che sicuramente non meritava di finire massacrato dalla
Decepticon
Justice Division.
Se solo
Spectrus non l’avesse rapito e tenuto prigioniero,
se solo loro fossero riusciti a prendere Spectrus e tirargli fuori di
bocca
dov’era la Jackhammer, se solo… avrebbe potuto
continuare per un bel pezzo: di
rimpianti ne aveva anche troppi, e inizialmente il suo processore aveva
persino
rischiato di surriscaldarsi a causa della rabbia quando, in seguito,
aveva
sentito Specter affermare di aver provato a far sì che
Smokescreen non cadesse nelle mani di Tarn e i suoi.
“Non ho
capito chi
vorresti prendere in giro. Non solo sei un essere spregevole e ne sono
consapevoli tutti, ma non avevi nemmeno interesse a-”
“Avevo
intenzione di
imbottire il ragazzo di esplosivi, restituirvelo dopo una finta lotta e
farvi
saltare tutti per aria, altro che ‘non avevo
interesse’, ne avevo e pure
parecchio. Solo che si
è messo in mezzo quel Frollo
del cazzo e niente, a quanto pare uno non può nemmeno dare
una mano alla
propria sorella che cerca l’eutanasia senza essere ridotto un
mezzo rottame e
senza che la gente muoia in modo molto più brutto del
previsto. Il mio almeno
sarebbe stato rapido e indolore”.
“Tu hai
qualcosa di grosso che non va,
Specter!”
“Pensa,
considerando
che al
momento vedo quattro Optimus sono propenso a darti ragione”.
Tutto molto
delirante, benché l’idea di imbottire
Smokescreen di esplosivo e farli saltare tutti in aria fosse proprio
qualcosa
che ci si poteva aspettare da quella versione ancor più
spietata del “solito”
Spectrus, eppure
non era
stata la parte più incredibile della
conversazione: quella era arrivata subito dopo, e anche in quel momento
Optimus
oltre a stentare ancora a crederci era costretto a soffocare ondate di
indignazione pura al solo pensiero.
“In
realtà al momento
abbiamo tutti quanti qualcosa di grosso che non va, e il nome del
qualcosa in
questione è Tarn, Frollo per i nemici: direi per gli amici,
ma se non fosse una
macchina da omicidio nessuno se lo filerebbe di striscio, nemmeno il
suo amato
Meg-senpai… hhh… Prime. Anche dopo giorni non hai
idea di quanto faccia male la
testa dopo averla sbattuta contro quello là. A proposito di
Frollo e
Tarnlandia, finora siete riusciti a fare qualcosa di concreto contro di
loro
oltre a ritirarvi?”
“Dove
vuoi andare a
parare?”
“Sai
come si dice, ‘il
nemico del mio nemico’… non
è mio
amico ma non è nemmeno tra quelli che voglio morti adesso o
nell’arco di questo
vorn o dei prossimi, mettiamola così”.
Aveva avuto la
faccia tosta di dire una cosa simile.
Spectrus
Specter, dopo aver seminato caos e discordia in
ogni dove, dopo tutto quel che aveva fatto ad Arcee, dopo averli quasi
fatti
saltare in aria tempo addietro, dopo aver ingannato Ultra Magnus, dopo
aver
messo in pericolo Bulkhead -sì, l’intero alveare
degli insecticons sembrava
essere morto quel giorno stesso ed era un’ottima cosa, ma non
cambiava il
resto- e tutto il resto, si era azzardato a proporre quella che suonava
quasi
come un’alleanza contro un problema comune.
Che fosse
impensabile a dire poco era stato il primissimo
pensiero di Optimus, il quale dunque aveva risposto con un
“No” secco.
“Non
puoi veramente
pensare
che dopo tutto quel che hai fatto io ti dia corda e finisca a cadere in
quella
che è una palese trappola trovandomi ad affrontare Megatron,
gli ufficiali
della Nemesis e la Decepticon Justice Division tutti insieme mentre tu
guardi
lo spettacolo da lontano”.
“Se va
come deve
andare non vedrete Tarnlandia neppure di striscio. Che vi incontriate
non mi
interessa proprio, anzi, ormai direi che sia esattamente
l’opposto”.
“E per
l’appunto non
ci credo affatto, non vedo una ragione plausibile”.
“Vi
conosco abbastanza
per concludere che proverete a fermare Megatron anche in queste
condizioni.
Tarnlandia sarebbe da quelle parti e potrebbe mettervi le mani sopra
prima che
un giorno o l’altro lo faccia io, e no, grazie: tu col tuo
piccolo restyling
puoi riuscire a uscirne vivo, ma gli altri? Due persone della tua
cosiddetta famiglia sono
già andate offline per
mano loro, e sempre per colpa loro Ultra Magnus ha una mano in meno;
vuoi
veramente che, vedendo tua moglie, Helex che di mani ne ha quattro
gliele metta
dove non deve al grido di ‘Elevata! Vorrei
agguantarla’*
prima di staccarle la testa a morsi? Se è così
fai pure, le tendenze cannibali
non gli mancano. Se faceste le cose da soli allora sì che vi
trovereste ad
affrontare loro E gli ufficiali presenti nella Nemesis E Megatron.
Difficilmente riusciresti a proteggere tutti, tu che tieni tanto a
farlo…
caaaazzo, ora ci sono cinque te stesso… ma potresti avere
qualche possibilità
in più se Tarnlandia fosse impegnata altrove. Potrei aver
preso lo smembramento
sul personale, sai”.
Ecco: che
Spectrus potesse avercela a morte con Tarn era
l’unica cosa sulla quale Optimus avrebbe messo la mano sul
fuoco, quel mech
portava rancore per molto meno ed era anche da lui il volersi vendicare
personalmente,
ma anche così restava più di una domanda, prima
tra tutte: “come”?
Se anche un
membro, o più d’uno, della DJD era morto o
più o
meno malmesso, ne restavano sempre almeno tre o quattro. Spectrus era
messo
molto male, dunque cercare di combattere contro di loro sarebbe stata
una mossa
suicida, inoltre già per due volte aveva attirato la DJD
prima in una trappola
e semplicemente altrove la volta dell’attacco alla Nemesis;
il proverbio diceva
“non c’è due senza tre” ma, se
Optimus fosse stato al posto di Tarn, non si
sarebbe mosso neppure se avesse visto un filmato di Spectrus e il suo
compare
minicon ballare la tarantella in una miniera Decepticon.
Un qualsiasi
essere umano avrebbe detto che era tutta aria
fritta, solo chiacchiere vuote di un disperato e quindi nulla che
valesse la
pena stare a sentire, specie perché il disperato in
questione era un noto
bugiardo. Anche il fatto che un capogiro particolarmente forte avesse
costretto
Specter a interrompere il video con un “Mi rifarò
vivo a breve” difficilmente
aiutava a pensare qualcosa di diverso.
Però.
«Optimus.
Tu non stai pensando solo a Smokescreen» disse
Arcee.
«Vero»
fu costretto ad ammettere il comandante degli Autobot
«La proposta ricevuta mi ha lasciato di sasso, ma penso sia
l’effetto che ha
fatto a tutti».
«Le
chiacchiere di un disperato. L’hai detto tu stesso»
gli
ricordò la femme Autobot «Propone
un’alleanza come se a essere quelli disperati
fossimo noi e non lui che non può neanche grattarsi il
sedere da solo. È una
cosa ridicola».
«Sì…
lo so».
Arcee gli
lanciò una lunga occhiata, poi sospirò con un
fare
tra il nervoso e il rassegnato. «…
“ma”?»
La sua
compagna di vita stava imparando a “leggerlo”.
Avrebbe dovuto esserne felice, da un lato lo era sul serio, ma doveva
ancora
abituarsi all’idea di poter effettivamente condividere delle
incertezze, e in
quel momento più che mai, dato che ai
“ma” in questione lui stesso non pensava
volentieri.
“Ma
loro sono tanti, Arcee, e noi siamo pochi, siamo
malmessi e un nostro compagno è già in mano ai
Decepticon”.
“Ma
noi non sappiamo ancora dove si trovi la Nemesis, Arcee,
non sappiamo quando il nuovo Omega Lock verrà completato,
sappiamo solo che
verrà usato sicuramente anche su questo pianeta. Megatron
voleva farlo già
l’altra volta, quando si mette in testa qualcosa non si
schioda facilmente. Ci
riproverà. Io lo so, tu lo sai, tutti lo sanno: e
l’unico modo per evitare che
la popolazione di questo pianeta corra il rischio anche una terza volta
in
futuro forse è… una soluzione
definitiva”.
“L’idea
che quel gruppo di macellai possa essere lontano da
noi, che ci imbarcheremmo in una missione già difficile, e
soprattutto lontano
da te, non riesce a lasciarmi indifferente. Non so come Specter abbia
in mente
di tenerli impegnati, soprattutto pensando alle sue condizioni, ma non
è
improbabile che sia in grado di macinare un piano nel suo cervello
malato. Ha
fatto un disastro a Dakmount, non dimentichiamolo… e
ricordando l’attacco
all’hangar ci sono ottime probabilità che i
Decepticon ci credano morti.
Potrebbe essere un ottimo momento per tentare il tutto e per
tutto”.
“Siamo disperati anche
noi, Arcee! Questo
è il problema!”
«Ma…
perché dev’essere tutto così
difficile?» si lasciò
sfuggire il comandante degli Autobot, molto più
“Optimus” che “comandante” in
quel momento e con lei.
«Quando
mai è stato semplice? È stato tutto difficile fin
dall’inizio. Dovresti saperlo meglio di me, sei online da un
po’ più di quanto
lo sia io. E tu stai pensando di dare retta a quel mostro».
Era
un’affermazione, non una domanda. Stava imparando a
leggerlo bene, per l’appunto. «L’idea di
dargli corda mi disgusta, cosa
credi? Megatron ha fatto scoppiare una guerra che ha tolto la vita alla
nostra
casa, eppure trovo Spectrus peggiore di
lui».
«E
io condivido il sentimento. Tarn doveva staccargli la
testa, non le braccia».
«Solo
che Spectrus non è una minaccia per il pianeta Terra
intero, Megatron sì. Il bene di intere specie dovrebbe
essere superiore alle
questioni personali. O no? Io sono… incerto,
Arcee» ammise «Assecondare il male per
combattere altro
male. Non dovrei mai essere incerto, ancor meno in una situazione del
genere,
ancor meno con soggetti simili, eppure eccomi qui a pensare che
possiamo usare
Spectrus e le sue follie di vendetta come lui ha usato questa fazione
per le
sue in tutti questi vorn. Contrariamente a prima partiamo avvantaggiati
con lui,
sappiamo già cos’è capace di fare,
sappiamo già che tenterà di
‘fregarci’,
quindi possiamo pensare a delle contromisure da attuare quando lo
farà».
Esisteva una
creatura di fantasia nella cultura umana, si
chiamava “diavolo”, e tra le molteplici cose che lo
riguardavano si diceva che
fosse molto pericoloso scendere a patti con lui, perché
nulla di quel che dava
era mai gratis; ecco, Optimus in quel momento aveva
l’impressione di star
discutendo riguardo la possibilità di infilarsi
coscientemente in
qualcosa di simile.
«Probabilmente
conta di tenerli impegnati non so come fino a
quando avremo fermato definitivamente Megatron e poi rispedirceli
addosso
facendoli cadere in un Ponte Terrestre aperto in qualche modo o
qualcosa del
genere» ipotizzò Arcee
«Cercherà, sempre non so come, di ucciderne
qualcuno…
forse?... ma poi li manderà da noi a fare il lavoro al posto
suo. Se fosse come
dico io bisognerebbe cercare sia di impedire l’apertura di
Ponti vari
all’interno della Nemesis, sia di continuare a tenere
Spectrus e il suo compare
lontani dalla possibilità di sabotare il nostro».
«Questo
lo stiamo già facendo con successo, non dobbiamo
fare altro che continuare così. Per l’altra cosa
possiamo fare quel che hanno
fatto loro tempo fa, disturbare le frequenze attorno alla Nemesis al
punto di
rendere impossibile l’apertura dei Ponti. Ratchet
è già lassù, nelle giuste
condizioni lui e Raf insieme magari possono fare qualcosa»
ragionò Optimus
«Anche se…»
«Soundwave».
«Soundwave.
Ammesso che i macellai di Megatron siano davvero
lontani, lui va messo fuori gioco per primo, e…»
Solo in quel
momento realizzò una cosa che Arcee aveva detto
poco prima.
«Arcee…
sbaglio o hai detto di fermare Megatron
“definitivamente”?»
«Abbiamo
un’alternativa?» gli chiese lei in risposta, dopo
una lunga occhiata.
Optimus scosse
la testa.
Che Arcee
avesse avuto il suo stesso pensiero era
indicativo, e le alternative, come anche la speranza in quel periodo,
erano
proprio una delle cose che mancavano alla squadra.
***
Così
come i pensieri di Optimus, di Arcee e degli altri
andavano a Ratchet, anche i pensieri di Ratchet andavano a loro. Era
l’ennesima
persona che aveva problemi ad addormentarsi, ma nel suo caso era
comprensibile
considerando che era prigioniero, sorvegliato in maniera costante e
costretto a
lavorare con scienziati Decepticon dalla pessima fama.
E con
Knockout, marginalmente.
“Devo
studiare un modo per sabotare il tutto o per andarmene
di qui, o entrambe le cose” pensò “Ma
come?”
Sarebbe stato
costretto a improvvisare, probabilmente,
appena si fosse presentata l’occasione, alias appena si fosse
trovato nel
laboratorio -in quel momento era in una cella comoda ma debitamente
sorvegliata- e Shockwave e Vos fossero stati lontani.
Sì,
anche Vos in quanto ex scienziato di una certa caratura
collaborava. Ratchet non capiva granché di quel che diceva,
ma Shockwave non
aveva gli stessi problemi, né era strano che quel boia
pericoloso quanto
allampanato si fosse interessato al progetto: era un obiettivo
ambizioso e mai
tentato prima, cercare di utilizzare l’energon sintetico e
l’acido
cybernucleico per creare cybermateria e dare nuova vita a un pianeta
distrutto. Era
stato più strano l’interesse di uno dei due
“grossi” della Decepticon Justice
Division, Tesarus, quando si era parlato anche di un possibile utilizzo
di
quell’insieme di sostanze in campo medico: se veramente
fossero riusciti a far
funzionare il tutto, c’era la forte probabilità
che gli effetti avessero quasi
del miracoloso anche sui corpi di pazienti molto più che
malmessi.
Probabilmente
i pensieri di quel mostro gigantesco erano
andati al compagno di squadra che, da quel che Ratchet aveva capito,
era stato
conciato male da Spectrus Specter.
Ecco,
sì: l’unico vantaggio della sua attuale posizione
era
il fatto di riuscire a carpire varie ed eventuali informazioni dagli
sbuffi di
Knockout e dalle lingue lunghe dei vehicons.
Pareva che
Spectrus Specter fosse stato ridotto molto male
da Tarn ma che, in quella stessa occasione, avesse duramente colpito
sia un
membro della DJD, sia Dreadwing -non in modo grave- sia la sua stessa
sorella,
e che in tutto questo un Autobot, alias il povero Smokescreen, fosse
finito
offline. Ratchet pensava che lo stato
d’animo di Optimus Prime al pensiero doveva essere anche
peggiore di quanto
fosse il suo: lui si sentiva ovviamente dispiaciuto per la triste fine
del
ragazzo, ma lui e Smokescreen non avevano mai avuto molto a che fare,
mentre
Optimus gli doveva in parte la vita.
Era una di
quelle situazioni in cui Ratchet si trovava a non
saper dire quale nemico fosse “il meno peggio”,
anche se Spectrus magari era
più gestibile, come suggeriva il fatto che Tarn avesse vinto
la battaglia.
Tutto quel che sapeva era che sarebbe stato tutto più facile
se solo Specter e
la DJD si fossero massacrati a vicenda del tutto e per bene, alla
faccia dei
pensieri poco da Autobot: si chiamava realismo, come quello che
l’aveva spinto
ad accettare le richieste di Megatron senza opporsi più di
tanto. Non aveva
avuto molta scelta, a meno di voler andare incontro a una fine
oltremodo
dolorosa considerando chi c’era sul pianeta, e in ogni
caso… quelle
attrezzature, quell’ingegneria che, suo malgrado, riconosceva
essere di
altissimo livello, la possibilità concreta che Cybertron
tornasse a vivere
anche dopo la distruzione dell’Omega Lock che tanto aveva
tormentato lui,
Optimus e tutti quanti…
Era realismo o
idealismo mescolato a un sogno disperato, il
suo? Non riusciva a rispondere. Era tutto confuso: la situazione quanto
lui
stesso.
Megatron se
n’era reso conto, e dirla tutta aveva puntato
più su tutto ciò che sulle minacce, spingendolo a
sentirsi come se avesse “venduto
la propria anima al diavolo” -l’aveva
sentito dire più volte da quel bravo figliolo che era
Rafael- in cambio di una
possibilità unica nel suo genere.
Chiedendosi
come stessero i suoi compagni e se lo stessero
pensando, il medico degli Autobot chiuse inutilmente le palpebre.
***
L’orologio
interno di Spectra segnava
le quattro e mezza di notte quando riprese conoscenza nuovamente.
L’ora
fu la seconda cosa di cui si
rese conto dopo la consapevolezza di essere stata avvolta in una
coperta
morbida. Quello le piacque, il calore delle coperte e sentirne il peso
addosso
quando ci si raggomitolava dentro le erano sempre piaciuti:
razionalmente non
aveva molto senso ma l’avevano fatta sentire protetta durante
le notti passate
da sola prima che Spectrus iniziasse a usarla nelle missioni, e nel
presente
era valido lo stesso discorso.
Aprendo
i sensori ottici si rese
conto di due cose, ovvero che la coperta -primo oggetto capitatole
sotto i
sensori ottici- era viola, e che quella non era la sola cosa viola
presente;
non che lei considerasse Tarn una “cosa”,
ovviamente.
Era
intento a fare qualcosa su un
datapad, probabilmente pratiche amministrative. Era
un’immagine molto
familiare, durante il mese trascorso nella Peaceful Tiranny vorn e vorn
or sono
l’aveva visto impegnato in certe cose quasi tutti i giorni,
soprattutto nel
periodo in cui aveva deciso di tenerla d’occhio in modo
costante e avevano
passato insieme mattine, pomeriggi, sere, notti; e questo, per
sorprendente che
potesse
sembrare, per Spectra non era un
brutto
ricordo, perché già allora era
sempre contenta di avere compagnia. A essere spiacevole era stata solo
la
motivazione ma ricordava perfettamente che si erano già
chiariti, quindi era tutto a posto.
Era
stata la stessa sera in cui lui
aveva cercato di insegnarle a non considerarsi stupida e le aveva detto
che non
la riteneva tale, ma le sue parole di allora -per quanto vi si fosse
aggrappata più volte nel corso dei vorn- non erano riuscite
a cambiare la considerazione che aveva di se stessa.
Stupida,
inutile, dannosa per gli
altri e per sé.
Ingrata.
Codarda.
Egoista.
Alla
debolezza si aggiunse la
vergogna, perché il suo tentativo di farla finita
rispecchiava in pieno gli
ultimi due aggettivi. Che fine
aveva fatto
tutta la sua resilienza? Se n’era davvero andata insieme a un
“bene” che suo
fratello non le aveva mai voluto, lasciandosi dietro solo
un’ameba alla quale più di una persona era
affezionata e per colpa delle
cui decisioni, magari,
soffriva?
Anzi,
no: non “magari”, non c’erano
più “forse” e
“magari”. Quelle persone tenevano a lei, di
conseguenza
soffrivano vedendola stare male come lei avrebbe sofferto
nel
vedere stare male loro, ed era da
lì che derivava la sua responsabilità nel loro
confronti.
E il concetto di
“loro” era più ampio di quanto avesse
pensato - come sua madre le aveva fatto
capire. Poteva anche essere stato un sogno ma lei preferiva credere di
no- data
la presenza di Tarn lì.
“Perché?”
Domanda
che aveva molteplici
significati avendo riconosciuto l’infermeria della Peaceful
Tiranny e avendo
come ultimo ricordo, ormai risalente a qualche giorno prima, suo
fratello che
la trafiggeva nel bosco. Immaginava che fosse stata la DJD a portarla
lì dopo
quello, ma c’era da domandarsi come e perché
fossero arrivati lì in tempo per
salvarla da Spectrus -e chissà che fine aveva fatto anche
quest’ultimo, se era
così!- o da se stessa. Ma
perché avrebbero dovuto prendersi
tanto disturbo? Rasentava
l’assurdo e non valeva la pena.
“Forse
per me non vale la pena, ma per loro
sì. Anche se non lo capisco devo
rispettarlo lo stesso” guardò Tarn
“Sono le quattro di notte e lui è qui, vicino a
qualcuno che è stato in
questa nave poco tempo e che lui ha
rivisto una sola volta dopo vorn e vorn. Non è qualcosa che
farebbe con tutti, credo, ed è molto probabile che mi abbia
salvato la vita. Se ho
una possibilità di cercare di sistemare le cose e trovare un po’di
pace in futuro potrebbe
essere grazie a lui” si disse “E a Nickel, che
deve essersi occupata di me”.
Forse
sentendosi osservato, il
Decepticon distolse lo sguardo dal datapad. Le parve di notare un ovvio
sguardo
sorpreso al di sotto della maschera prima che lui mettesse via il
dispositivo e
le rivolgesse la parola.
«Da
quant’è che sei sveglia?» le
domandò, piuttosto piano.
«Da
poco» rispose lei, cercando anche
di fare un debole sorriso e di continuare a guardarlo in faccia.
«Come
stai?»
Inizialmente
la giovane femme pensò
di rispondere “Tutto sommato bene”, ma poi
ricordò che Tarn, molto tempo prima,
le aveva detto di volere da lei la verità e
nient’altro quando parlavano. Dando
per scontato che fosse ancora valido, Spectra decise di dire le cose
come
stavano.
«Stanca»
ammise, pensando che fosse
assurdo essendosi appena svegliata «E dispiaciuta»
aggiunse con voce esile,
stringendo in modo quasi convulso la coperta «E fatico a
guardarti in faccia, ma non è
colpa tua.
Mi vergogno così tanto...»
Avrebbe voluto che il loro terzo incontro
fosse diverso, da
un’altra parte, magari con lei a dirgli qualcosa come
“Ho continuato a leggere Towards Peace, lo sapevi? Recitato a
memoria però era un’altra
cosa”. Invece era andata diversamente, e lui era sveglio in
piena notte a sorvegliare una deficiente che aveva
provato a farsi terminare.
«Mi
chiedo se anche tu sia
più deluso o schifato da quel che ho fatto, nella mia
stupidità. Non mi pare di ricordare che tu avessi stima per
le
persone che
fanno cose così».
Concluse
quel breve discorso tremando
leggermente, non perché spaventata da chi le stava davanti
ma per la sensazione
di vergogna che provava e che si era acuita adesso che qualcuno le
stava
rivolgendo attenzione. Avrebbe voluto essere da sola e allo stesso
tempo si
sentiva pericolosamente vicina al pianto proprio per il sollievo che ci
fosse
qualcuno con lei; era tutto complicato e sarebbe
tornata a
dormire volentieri… ma non poteva dormire per sempre se
voleva davvero tirare
fuori qualcosa di buono dal suo continuare a esistere.
«È
vero» annuì Tarn, impassibile
nella voce quanto nell’espressione «Non ho stima
per gli
stupidi, però questo non c’entra con la nostra
situazione».
“Perfino
lui è arrivato a dire
bugie per compassione” pensò Spectra.
«Prima
di pensare che io possa
parlare per compassione, ricordati quel che hai appena detto e
soprattutto
ricordati chi hai davanti» continuò il Decepticon
«Non sono molto generoso
quando si tratta di valutare le altre persone».
Spectra
appoggiò la schiena contro il
cuscino. «Leggere nel pensiero è
un’abilità da outlier nuova?»
domandò, senza
ironia.
«No.
Ho solo visto la tua
espressione» replicò Tarn, restando in silenzio
per qualche secondo prima di
fare un leggero cambio d’argomento «Forse ti stai
chiedendo come sei arrivata
qui».
«Un
po’sì. Nel senso, se ci penso mi
sembra di ricordare di aver sentito una voce femminile poco
dopo… questo» si
indicò il petto. Era stato rattoppato ma non era privo di
segni «Che ha fatto
Spectrus. Non so se è un ricordo giusto ma se è
così penso che fosse Nickel, e
che quindi anche tu fossi lì?...»
Tarn
annuì. «Corretto. Io mi sono intromesso
nell'azione di Spectrus e tu sei stata portata qui da Vos e Nickel
subito dopo
il
colpo. Lei si è presa cura di te, nelle condizioni in cui
eri non ti avrei
lasciata nelle mani di un altro medico».
«Immaginavo
che fosse stata lei a
occuparsi di me. La lista di persone da ringraziare, con le quali
scusarmi»
disse, pensando ovviamente anche a Soundwave «Sia per il
disturbo sia per
altro, diventa sempre più lunga».
Cosa
Tarn pensasse di un’affermazione
simile non fu visibile in quel poco che si vedeva del suo volto.
«Immagino che
ti stia chiedendo come abbiamo fatto a trovarvi: la risposta
è che Dreadwing ha
sfruttato i canali privati da secondo in comando, anche se non lo
è più, per
contattarci direttamente. Inutile dire che ci siamo mossi
subito».
«Dreadwing...
lui… lui dov’è? Spectrus lo ha
attaccato di sorpresa, era ferito, mi ha detto di scappare, ma
lui-»
«La
sua posizione attuale mi è ignota
ma l’ultima volta che l’ho visto era vivo e, seppur
ferito, abbastanza in forze
da riuscire a trasformarsi e volare via» disse il Decepticon
con voce
perfettamente neutra «Inoltre si tratta di un militare. Ex.
Non dubito che sia
in grado di cavarsela, e oltre a questo i non-Decepticon che potrebbero
rendergli le cose più difficili hanno altri problemi al
momento».
«Hanno
altri problemi… Spectrus
quindi è ancora vivo?»
«L’ultima
volta che l’ho visto lo era
ancora, sì».
Niente
da fare, Spectra non riusciva
a liberarsi di quella minuscola stilla di sollievo che provava nel
sapere vivo
il sangue del suo sangue. Al momento sembrava non poter fare
assolutamente
nulla per cambiare ciò ma, come le aveva detto Dreadwing,
pur non avendo
particolare controllo sulle emozioni lo si aveva sulle azioni. Non
voleva più
avere a che fare con suo fratello e sapeva che, avendo sprecato in quel
modo la
sola e unica possibilità di vivere altrove che lei stessa
avrebbe voluto
dargli, non c’era assolutamente niente che potesse fare per
lui.
Non
era neppure sicura di voler fare
qualcosa, ormai.
“Sono
una brutta persona come lui… no.
No. Non lo sono. O meglio, non proprio
come lui. Se sono arrivata a questo punto è
perché ha cercato di uccidermi… se
ha cercato di uccidermi però è perché
io l’ho tradito sposando un Decepticon, lui
ha detto che quando siamo arrivati qui lui non voleva fare quel
che… ma
potrebbe aver mentito, lo fa sempre, è quel che fa
sempre-”
«Spectrus
è nella Lista» disse Tarn, interrompendo
una catena di pensieri che forse era stato un bene mettere in pausa
«Lo era già
da diversi vorn, questo per ragioni abbastanza ovvie se si considera il
suo
passato ruolo di spia, ma fin dal giorno successivo al nostro arrivo
-quello
dopo il nostro incontro, Spectra- Lord Megatron ha ordinato di dare a
lui la
priorità assoluta fino a quando resteremo qui. Non potrei
oppormi a un Suo
ordine diretto neppure se volessi, e
non voglio. Nulla di
questo dovrebbe
risultarti sorprendente».
«Spectrus
ha causato dei problemi ai
Decepticon, finire nella tua Lista era inevitabile per
lui»
commentò Spectra.
Sapeva
cos’aspettarsi da Tarn e dalla
sua squadra, lo sapeva da quando non era ancora una femme adulta ed era
chiaro
che da allora non fosse cambiato assolutamente niente.
“Quel
che ha fatto lui… e io? Io ho
accettato di farmi usare, io ho assistito alla morte di vari Decepticon
per
mano di Spectrus e ho continuato ad aiutarlo. Dovrei essere
anch’io nella
Lista, ci si finisce per molto meno. Mi chiedo se lui lo
sappia” pensò Spectra,
dando un’occhiata al Decepticon “Tanto vale
che glielo dica io adesso,
presto o tardi verrebbe fuori e averlo nascosto lo renderebbe solo
peggio”.
«Io
l’ho aiutato nelle sue missioni»
disse quindi, con voce incolore «Per diverso tempo. Io
non… io credo di poter
immaginare cosa pensi adesso a sentirmi dire-»
«Ne
ero al corrente. Lord Megatron ha immaginato che tu potessi confessare
il tutto
al suo
principale esecutore» disse Tarn «Era una cosa che
ti si addiceva anche
pensando a com’eri quando ti conobbi, e pare che certe cose
non
cambino. Lui in
ogni caso ha parlato in modo molto chiaro: ti ritiene del tutto
innocente e
vuole che tu sia tranquilla e al sicuro per quanto è
possibile, e finché
rimarrai qui
farò in modo che sia così».
Ecco:
Lord Megatron allora doveva
essere il solo motivo per cui Tarn, pur essendo venuto a conoscenza di
certi
dettagli, le aveva salvato la vita e si stava comportando in un modo
che
avrebbe potuto tranquillamente definire gentile. Non osava pensare a
quanto
dovesse seccargli tutta la faccenda.
«Ti
ringrazio per quello che hai
fatto e che stai facendo per me. Cercherò di riprendermi
presto» disse piano
Spectra «Così almeno non… tu hai
già abbastanza da fare di tuo, giusto? Mi
spiace che tu sia costretto a tutto questo».
«“Costretto”»
ripeté Tarn, con un
tono di voce e uno sguardo al di sotto della maschera che Spectra non
riuscì a
decifrare «C’è qualcosa che devo
mostrarti. Quando Nickel verrà a sapere che ti ho portata
fuori da qui non sarà
felice… ma in fin dei conti faremo presto e tu non hai
necessità di essere
costantemente attaccata alle macchine, al momento non lo sei»
disse il
Decepticon, più a se stesso che a lei
«Naturalmente non puoi andare da alcuna
parte da sola, non sei nelle condizioni di farlo, dunque…
sei a
tuo agio con
l’idea che io ti trasporti? Il posto dove dobbiamo andare
è all’interno della
nave».
«Se
a te va bene io non ho problemi»
rispose Spectra, con un guizzo della sua familiare curiosità
a farsi strada in lei «In fin dei conti non sarebbe la
prima volta».
«Ai
tempi non eri una femme adulta,
ora è molto diverso» replicò Tarn
«Le femme adulte non si fanno prendere in
braccio da chiunque».
«...
ah
no?» si sorprese Spectra, alla
quale il concetto risultava piuttosto nuovo: in fin dei conti era la
stessa
persona che era andata in braccio a Megatron senza pensarci due volte.
«Eh
no. In teoria. Avvolgiti nella
coperta, Nickel ieri ha detto che la tua temperatura deve restare
costante. Il
colpo ha danneggiato il tuo regolatore e lei te ne ha installato uno
nuovo»
disse Tarn, prendendola in braccio con ovvia ed estrema
facilità dato che lui
era grosso e che lei, anche da adulta, era di poco più bassa
di
Arcee «Serve un
po’di tempo perché si assesti».
«Le
ho reso le cose difficili, credo»
mormorò Spectra, lasciandosi portare fuori
dall’infermeria.
«Abbastanza.
Anche così però ho
dovuto insistere sia ieri notte sia oggi perché si
riposasse, ricordi com’è
fatta Nickel, prende il suo lavoro molto sul serio e,
al di là
del suo compito, era anche genuinamente preoccupata per la tua salute.
Non era la sola, Lord Megatron in persona si è
interessato più
volte delle tue condizioni e il tuo… compagno di vita, viene
qui a chiedere
notizie di te ogni volta che può. Sarebbe voluto entrare
nell’infermiera ma le
tue condizioni delicate non lo permettevano».
Tra
loro le cose non andavano bene ma
Soundwave non voleva che lei si facesse male, Spectra l’aveva
capito già da
tempo ma era un’altra cosa alla quale aveva attribuito zero
importanza nel
momento in cui aveva deciso di farsi uccidere. Immaginarlo fuori dalla
porta
dell’infermeria più preoccupato che mai la
lasciò tutt’altro che indifferente.
Strinse maggiormente la coperta attorno a sé pensando che
doveva assolutamente
parlare con lui appena possibile, sebbene l’idea la facesse
sentire tesa come e
più dell’altra volta per svariate ragioni.
«Nickel
si è raccomandata di far sì
che stessi tranquilla, non sei costretta a vederlo se
non è
quel che vuoi».
Tarn
doveva aver notato ancora una
volta qualcosa che gli aveva fatto intuire il suo stato
d’animo. Spectra scosse
la testa. «Devo e voglio, è la cosa
giusta.
Te
l’ho detto che devo chiedere
scusa a tante persone, Soundwave è sicuramente una di
loro».
«Capisco».
Da
lì
rimasero in silenzio -pur senza essere a disagio per quella ragione, o
almeno,
Spectra non lo era.
Andando
a rovistare nei ricordi di
quel mese passato nella Peaceful Tiranny vorn or sono, a Spectra parve
di
riconoscere la strada che portava agli appartamenti di Tarn. Il
pensiero non la preoccupò
minimamente, così come non si era
preoccupata di chiedere al Decepticon cosa volesse mostrarle di
preciso: non era
in pericolo, quindi andava bene. Nel
trovarsi in quell’astronave e in braccio
a quel mech si rese conto che probabilmente
il periodo trascorso a bordo della Peaceful Tiranny tempo addietro,
lontana da
Spectrus, era uno di quelli in cui era stata più al sicuro.
Riconobbe
la porta degli appartamenti
di Tarn quando vi si fermarono davanti, ricevendo la conferma che la
sua
ipotesi era esatta. Quando entrarono Spectra notò subito che
non era cambiato
nulla… proprio nulla, inclusa la cuccetta predisposta per
lei vorn or sono.
Era
ancora lì, e più Spectra guardava
quella e ciò che c’era attorno più le
sue ottiche si sgranavano nel più totale
stupore.
C’era
la cuccetta -più grande rispetto a com'era stata-
c’era la coperta
viola che aveva usato allora visibilmente fresca di bucato,
c’era lo zainetto
che portava sulle spalle allora, quando Tarn e gli altri
l’avevano trovata; su
delle mensole c’erano i due libri che erano rimasti
lì quando Spectrus l’aveva
portata via, e a essi ne erano stati aggiunti parecchi altri di
svariati generi,
storici, saggi -tra i quali spiccava un’immancabile edizione
di Towards Peace- sia
di cucina, sia di fiabe. Tarn non era né un appassionato di
cucina né un amante
di storie con principi e principesse, dunque se libri di quel tipo
erano lì era
perché chi li aveva comprati l’aveva fatto sapendo
che a lei
sarebbero piaciuti. L’aveva fatto pensando a
lei, lei sola.
“E
le lampade di sale…”
Quelle
che era stata costretta ad
abbandonare in parte nell’Harbinger quando, sentendo gli
Autobot parlare di
prenderla in ostaggio, era scappata. Le lampade che aveva potuto
prendere
erano ancora
nel suo scomparto, il resto era lì: cose vecchie e cose
nuove, ed era tutto per
lei… da tanto tempo.
Ancora
presa a guardarsi attorno si
accorse a stento del fatto che Tarn l’avesse messa sulla
cuccetta. Sentì
tremare leggermente la mano con cui si era coperta le labbra in un
gesto piuttosto inconscio, sentì scivolare sul viso lacrime
che
con la tristezza non
avevano molto a che fare: magari avevano a che fare col senso di colpa,
con
l’ulteriore vergogna per il gesto compiuto e una
profondissima commozione, ma
non la tristezza.
Era
andata incontro alla morte
pensando di non essere in grado di lasciare un segno nelle vite altrui
né
ricordi degni di nota a nessuno -del resto per quale motivo avrebbero
dovuto
ricordarla, pensare a lei?
“Si riprenderanno, mi
passerà, mi dimenticheranno
presto”.
“Non
credevo che vi ricordaste di
me”, aveva detto a Kaon e Helex quando li aveva
rivisti…
«Pensi
ancora che ti abbia salvata e
fossi nell’infermeria perché
“costretto”, Spectra?»
Tarn
si era accovacciato vicino al
letto, immobile e composto sia nella postura sia nella voce, ma non in
uno
sguardo che forse, nonostante la maschera, la diceva più
lunga di quanto lui
stesso avrebbe voluto lasciar trapelare; e per l’ennesima
volta in
quel periodo,
Spectra si rese conto di non aver mai capito niente.
Aveva capito
che anche alcuni membri della DJD avrebbero potuto dispiacersi se fosse
morta o
se fosse stata male, ma non sarebbe mai arrivata a intuire quanto.
«I-io
non credevo…» balbettò «Io
non…
n-non pensavo… credevo che mi aveste dimenticata, ho sempre
pensato questo…»
«Lo
so, lo hai detto anche a Kaon.
Non ho stentato a crederlo, era molto “da
te”, ti sei sempre
considerata stupida e poco importante. È difficile acquisire
convinzioni
diverse da quelle con cui si è cresciuti, anche se le
convinzioni in questione
sono sbagliate».
Quel
mech aveva conservato tutte le
sue cose e ne aveva prese di nuove, non l’aveva mai
dimenticata. Forse, per
vorn e vorn, mentre entrambi erano andati avanti con le rispettive
vite, aveva
sempre sperato di ricevere sue notizie. Magari aveva sperato di vederla
tornare, un giorno o l’altro. Quanto doveva aver sofferto,
anche lui, a vederla
in punto di morte poco dopo averla incontrata ancora? Ma
soprattutto…
«Perché?
Perché? Non …
una persona come-»
“Una
persona come te non dovrebbe
minimamente darsi pena per una come me, tantomeno a questi livelli, non
ne vale
la pena”, questo era quel che stava per dire prima di
ricordarsi che non era
lei a dover decidere chi e cosa valesse la pena per le altre persone,
non ne aveva il diritto. Quindi si
zittì, cercando di asciugarsi le lacrime.
«Una
persona come me non si preoccupa così per gli altri,
immagino che intendessi questo. In fin
dei conti
sai chi sono, sai cosa faccio e sai che le due cose insieme mi rendono
un
mostro. Ne sono consapevole e ricordo anche il mio atteggiamento nei
tuoi
confronti gli ultimi giorni in cui sei stata qui, dunque non ti biasimo
per il
pensiero».
«No!
No, non intendevo dire niente di
tutto questo» disse subito Spectra «Al di
là del fatto che da quel che ricordo
avevamo parlato, era andato tutto a posto e avevamo anche dormito
insieme, io
non penso che tu sia un mostro, o comunque non sempre e non con tutti.
Di sicuro non lo sei con me»
aggiunse, sentendosi per la
prima volta sicura in quella conversazione «Tarn, tu sei
stato il
primo a dirmi che non dovevo darmi della stupida da sola... io ti ho
sempre ricordato
più per
questo che per qualsiasi altra cosa. Non sei un
mostro, per me» ripeté «Non sei
tu quello che mi vuole morta, quindi non pensare che ti veda in quel
modo, perché non
è così.
Va bene?»
La
Decepticon Justice Division era un
gruppo di mostri? Sì, la maggioranza lo era, anche per
Spectra non c’era alcun
dubbio su questo.
Erano solo
dei mostri? Non necessariamente.
Erano
stati dei
mostri con lei? Contrariamente alla
persona attorno cui lei aveva costruito la sua esistenza, no, non lo
erano
stati.
Forse
era anche per quello che
Spectra si era sempre trovata a suo agio con persone simili: era stata
cresciuta da una di esse.
«Il
tempo passa ma non smetti di
essere… sorprendente, Spectra» disse il Decepticon
dopo una breve pausa di
silenzio «Mi hai chiesto le ragioni per cui non ti ho
dimenticata, questa non è
la sola, ma è sicuramente una delle tante. Da quando
Spectrus ti ha portata via
ho sempre continuato a pensare che prima o poi ci saremmo trovati di
nuovo qui.
Ero sicuro che saresti sopravvissuta abbastanza a lungo
perché succedesse, ti
eri adattata a noi, potevi superare qualsiasi cosa. Una sensazione di
certezza
che non si è mai scalfita fino a poco prima del mio arrivo
sul pianeta»
aggiunse Tarn, rivolto a se stesso più che a lei
«Anche se… forse se mi sono
mosso subito quando Dreadwing ha chiamato è anche
perché in quel posto
maledetto ho visto…»
fece un breve
sospiro e si interruppe, riacquistando totale compostezza «Ci
sono angoli del
cosmo che è meglio non frequentare, per ora mi limito a
dirti questo. È anche
il caso di tornare in infermeria, ti ho mostrato quel che
dovevo».
Spectra
annuì. «E ti ringrazio per
averlo fatto. Solo… posso prendere un paio di
quelli?» chiese a Tarn, indicando
i libri.
«Non
devi chiederlo, sono tuoi. Mi
raccomando solo di non stancarti troppo con la lettura».
Com’era
prevedibile, Spectra scelse
un libro di fiabe… e Towards Peace. Aveva ripreso a leggerlo
nell’Harbinger e
aveva dovuto interrompere la lettura, riprendere l’avrebbe
aiutata a calmarsi
un po’ in vista dell’incontro con suo marito.
Presi
i libri e tornata saldamente in
braccio a Tarn fecero per uscire dalla stanza, e fu solo allora che
Spectra
notò un dettaglio decisamente bizzarro.
«Tarn?»
«Dimmi».
«Perché
c’è una bambola con l’aspetto
di mia madre su quella mensola in alto?»
Non
c’erano dubbi: quella che vedeva
era una riproduzione pressoché perfetta, seppur abbastanza
ridotta perché lei
potesse tenerla in braccio, di Sparkleriver. Colori, forma della testa
e del
corpo, ornamenti dorati e “abiti”: era tale e quale
alla Sparkleriver che
Spectra aveva visto di recente.
«Tua…
madre?» ripeté
Tarn, visibilmente attonito, avvicinandosi alla
mensola in questione e prendendo in mano la bambola «Sei
proprio sicura?»
«Del
tutto, l’ho vista da poco. Non
so se fosse un sogno o meno, ma se ho deciso di provare a continuare a
restare
online è anche perché ho parlato con
lei» rivelò Spectra al Decepticon.
Tarn
parve soppesare la bambola per
qualche istante, esaminandola. «Sono venuto in possesso di
questa bambola una
vita fa. Due. Molto prima che noi
due
ci conoscessimo e, in un certo senso, anche prima che conoscessi me
stesso… è
una coincidenza impressionante. A questo punto mi domando se si possa
davvero parlare
di coincidenza o, piuttosto, di destino» guardò
Spectra «Soprattutto pensando
che è rispuntata fuori da poco, dopo un…
chiamiamolo “incidente contro una montagna
a opera di un minicon di sesso maschile da fare a pezzi il prima
possibile” che
ha smosso varie cose in questa stanza. Ti piace?»
«È
molto bella…»
«È
tua. Non dire di no» la bloccò
subito Tarn «È giusto che l’abbia tu, e
se davvero le hai parlato, sogno o
meno, rappresenta un ricordo più piacevole di quelli che
rappresenta per me.
Oltretutto rimarrebbe sempre in questa astronave, Nickel
intende monitorare le
tue condizioni da vicino ancora per un po’. Non
preoccuparti, la porto io
in infermeria, tu hai già i libri».
Entrambi
tacquero: avevano avuto l’impressione
di aver sentito la voce della minicon in lontananza.
«È
meglio tornare in infermeria per
davvero, mi sa» commentò Spectra.
«Togli
il “mi sa”. In teoria si
sarebbe dovuta svegliare tra mezz’ora…»
Le
parve di sentire mormorare Tarn,
precisamente di sentire un “E che Lord Megatron ci
assista”, ma non poteva
esserne sicura.
Avvolta
nella coperta con i suoi
libri e la consapevolezza di avere più amici di quanto
avesse creduto, in
Spectra iniziò a germogliare la speranza che sua madre
potesse avere ragione
per davvero: aveva delle cose da risolvere e non sarebbe stata davvero meglio subito, né
tantomeno
bene, però forse sarebbe stato possibile che il futuro per
lei fosse migliore,
e intravedere una “possibilità” nel suo
futuro era meglio che vedere solo una
massa nera senza spiragli di luce.
Ho
aggiornato!
First
reaction: SCIOCCC.
Con
un capitolo oscenamente lungo e
privo di azione, ma ho aggiornato :’D sono riuscita a
risolvere un paio di
questioni inerenti ai futuri capitoli della storia, a finire JoJo fino
alla
terza stagione -…ecco sì, questa cosa ha avuto
delle ripercussioni sul mio
cervello e di conseguenza temo proprio che ne avrà anche in
questa povera fic :’D-
e, soprattutto, a stare lontana da Sims 4 per qualche pomeriggio.
Spero
di procedere a un ritmo più
spedito d’ora in avanti :)
Non
so se qualcuno è arrivato a
leggere fin qui né sono sicura che i poveri disgraziati
lettori che seguivano
questa storia siano ancora interessati, ma nel caso sia così
sappiate che vi
sono più grata di quanto Spectra sia grata a Tarn in questo
capitolo.
Alla
prossima :D
_Cthylla_
|
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Capitolo 22 *** 22 - Il suono del silenzio… che non c’è ***
Non so bene
come abbia fatto a riempire un capitolo di
dialoghi, dialoghi e dialoghi. L’intenzione inizialmente non
era quella, volevo
mettere più brutte intenzioni e maleducazione (con o senza
monopattino) ma alla
fine andranno nel prossimo capitolo: questo è occupato
perlopiù da Soundwave e
Spectra.
Anche se forse è giusto così, considerando che
sono ancora
marito e moglie e una conversazione seria senza saltarsi addosso
sarebbe
servita già tempo fa.
Ora che siete stati avvisati armatevi di caffè e di pazienza
(ormai non manca molto
nemmeno alla fine di questa storia), e buona lettura :’D
22
(Il suono del silenzio…
che non c’è)
Percorrere i corridoi della Peaceful Tiranny era diventata
un’abitudine per Soundwave che, se esprimere
un’opinione a riguardo fosse stato
importante, avrebbe potuto dire di trovare l’atmosfera data
dalle luci fredde
sul soffitto più opprimente e asettica della costante
penombra che invece
regnava nella Nemesis. Tarn aveva dato una forte impronta di se stesso
alla sua
astronave, o meglio, l’impronta della parte di se stesso che
compensava col
rigore il suo essere un completo disastro di mech.
Quel grosso cumulo violaceo di fanatismo e utile idiozia
però avrebbe potuto essere solo un fastidio molto marginale
per Soundwave, se
questi non avesse iniziato a vederlo come l’ennesimo
possibile ostacolo tra lui
e sua moglie.
Anzi, non “possibile”, era un ostacolo certo e
anche molto
pericoloso.
“Spectra sarà debole
fisicamente per molto tempo, ha rischiato di andare offline,
dovrà restare in
infermeria, psicologicamente parlando è in un momento
delicato, va tenuta
d’occhio e deve stare tranquilla, quando si
sveglierà di nuovo e riuscirà
a restare cosciente voglio continuare a seguirla dunque
dovrà restare nella
Peaceful Tiranny per un pezzo…”
Quella era solo una sintesi di tutto il discorso della
minicon riguardo le condizioni di Spectra, che in realtà era
stato ben più lungo.
In altri contesti Soundwave avrebbe anche potuto prendere sul serio il
tutto,
ma la sola cosa a cui riusciva a pensare era che quella minicon fosse
la serva di Tarn, e che dunque
avrebbe
detto qualsiasi cosa se lui gliel’avesse ordinato, anche
esagerando nel parlare
del bisogno di cure della paziente; ragion per cui aveva tutta
l’intenzione di
ignorare il parere della minicon, portare sua moglie nel proprio
alloggio
appena fosse stato possibile staccarla definitivamente dalle macchine
-o
mettere nell’alloggio anche le macchine in questione-
rivolgersi alla prioniana
solo in caso di reale necessità e mandare a monte il piano
di quello zelota
schizzato.
“Che troverò fuori dalla porta
dell’infermeria come al solito”.
Per l’ex gladiatore era tutto molto chiaro: ora che Tarn era
riuscito a mettere le mani su Spectra e a portarla nella sua tana da
mostro non
aveva la minima intenzione di restituirgliela, e se lui non fosse
riuscito a
tirarla fuori da lì in fretta avrebbe sfruttato la
situazione per tenerla nella
Peaceful Tiranny e cercare di condizionarla a suo piacimento, complici
anche
tutte le ore lavorative in cui lui non avrebbe potuto essere presente
per
impedirlo.
“Potrebbe riuscirci davvero, è questo il
peggio”.
Secondo Soundwave, Spectra era già di suo estremamente
fragile, lo era sempre stata da quando l’aveva conosciuta
-non per nulla l’aveva
soprannominata Scricciolo- e quando si trattava di Spectrus lo era
ancora di
più: ora che il fratello l’aveva quasi mandata
offline, almeno riguardo le
condizioni mentali delicate non stentava a credere alle parole di
Nickel.
Inoltre, come se il resto non fosse stato sufficiente, Spectra era
anche reduce
da una manipolazione profonda da parte di quel ladro di compagne altrui
comunemente chiamato Dreadwing, che nella sua ossessione di averla per
sé aveva
passato tutto quel tempo a “demolire” lui e
rovinare lei ogni giorno di più,
con bel risultato che tutti quanti avevano visto.
Era il terreno più fertile che le parole di qualcuno che
uccideva a suon di chiacchiere potessero trovare, e se per disgrazia
avessero attecchito sarebbe stato un disastro, anche perché
sì, Spectra era
sposata con lui, ma Megatron non si era dimostrato favorevole
né contrario
all’idea di Tarn o di chiunque altro
di portarsela via lasciando la scelta finale alla sola Spectra, cosa
che
secondo lui era stata un’idea a dir poco pessima.
A volte Soundwave si chiedeva seriamente cosa passasse per
la mente di Megatron nel prendere decisioni del genere, ma non stava a
lui
contestarlo, nemmeno in quel caso: era il suo amico ma era anche il suo
capo, e
lui negli ultimi tempi aveva avuto più di qualche
defaillance, non ultima
quella per colpa della quale era stato catturato -sebbene alla fine la
cosa fosse
stata sfruttata a loro favore.
Fortunatamente almeno Optimus Prime e il resto degli
Autobot, saltati in aria insieme al loro hangar, non erano
più un problema
ormai.
“Appunto, eccolo. Maledetto" pensò Soundwave,
vedendo Tarn fuori dalla porta dell’infermeria.
«Soundwave, ero proprio in procinto di contattarti»
lo
accolse questi «Si è svegliata poco fa ed
è ancora cosciente».
Sulle prime il tecnico provò un misto di stupore, sollievo e
gioia nel ricevere finalmente una buona notizia riguardante sua moglie,
che lui
non vedeva l’ora di rivedere, ma poi il “poco
fa” detto da Tarn si fece strada
nel suo processore, e la sensazione di allarme si acuì
profondamente.
«Credevo di essere stato chiaro sul voler essere avvisato subito di ogni cambiamento delle sue
condizioni».
«Prima dovevamo
accertare che lasciare
che tu le facessi
visita fosse consigliabile per la sua salute»
replicò Tarn «Se non fosse stato così
avremmo potuto essere coinvolti in scene spiacevoli
nelle
quali qualcuno avrebbe dovuto persuaderti a restare fuori
dall’infermeria».
«Senza riuscirci».
“Non dimenticare chi hai davanti” pensò
l’ex gladiatore,
puntando lo sguardo dritto in quello di Tarn pur sapendo che questi,
causa
visore, non poteva vederlo “Quando io combattevo
nell’arena di Kaon tu non eri
ancora online. E ringrazia Megatron
se ora non apro un Ponte Spaziale sotto i tuoi piedi per spedirti
dritto in un
vulcano attivo”.
«Soundwave?...»
Spectra, che doveva averlo sentito, lo aveva chiamato da
dietro la porta. Era sveglia, cosciente, stava abbastanza bene da
riuscire a
parlare e da riconoscerlo e lo aveva
chiamato: poteva sembrare poco ma non lo era per lui, specie
con i problemi
che avevano.
Tarn e il resto del mondo smisero di esistere per Soundwave mentre apriva la porta,
fissava solo per
qualche brevissimo momento la femme avvolta nella coperta viola e col
cavo di
un singolo macchinario attaccato al suo braccio e, infine, si
avvicinava
rapidamente per stringerla tra le braccia -non troppo forte, tenendo a
mente le
sue condizioni- del tutto incurante della presenza di chicchessia,
fanatici o
medici di taglia ridotta che fossero. Era sua moglie ed era quasi
andata
offline, dunque la sua reazione era quanto di più
“umano” possibile.
Inizialmente la sentì irrigidirsi nel suo abbraccio ma fu
solo per un istante, perché subito dopo si
rilassò e lo ricambiò in silenzio.
«Scusami se ho fatto cose per le quali sei stato
male»
mormorò poi Spectra vicino a uno dei suoi recettori uditivi
«E non ne ho capite
altre prima. Mi dispiace».
Era tutto quel che Soundwave voleva sentire, pur dando per
scontato che lei si riferisse a “cose” alle quali
invece forse non pensava. Le
accarezzò brevemente la nuca e, quando lei
sollevò il viso, lo sguardo dell’ex
gladiatore andò dall’espressione stanca sul viso
della giovane allo squarcio
richiuso sul petto. Quella era la prima volta in cui aveva la
possibilità di
vedere il danno coi propri occhi, e lo spettacolo gli causò
tanta ansia e
tristezza quanta rabbia: le prime due per lei, la terza verso Spectrus,
verso
Dreadwing -“Se lui non
l’avesse
portata via non sarebbe successo! Spero che presto lo prendano e vada
offline,
finalmente!”- e… sì, se non fosse stato
per tutto il resto forse ne avrebbe
provata un pochino anche verso di lei, per la testardaggine avuta nel
rischiare
così tanto restandogli lontana.
«Farò portare i macchinari che servono nel mio
alloggio, non
devi stare qui» disse.
«Bello scoprire che tutto il discorso che ti ho fatto ha
avuto
la stessa utilità di parlare col muro!»
esclamò Nickel «Portarla fuori
dall’infermeria non è una buona idea. È
appena uscita fuori da una situazione
che definire complicata è poco, ha bisogno di tempo per
recuperare e di essere
seguita da un medico competente, e l’unico medico qui in giro
che può essere
definito così sono io».
«Al momento non rischia di morire, dunque non credo che i
motivi per cui stai insistendo
c’entrino qualcosa con
la sua salute» ribatté Soundwave guardando non la
minicon, ma Tarn, che in
tutto ciò era rimasto sulla soglia
dell’infermeria.
«Ho la sensazione, sicuramente
sbagliata, che tu stia
cercando di insinuare qualcosa» replicò
freddamente l’altro Decepticon.
Fu allora che i sensori ottici di Soundwave notarono che sul
comodino vicino a Spectra c’erano sia dei libri -libri di
fiabe e Towards
Peace, la cui presenza era una firma evidentissima di chi li aveva
scelti e
messi lì- sia una bambola molto ben fatta di quella che,
senza ombra di dubbio,
era la compianta Sparkleriver Specter, che Soundwave afferrò
e protese verso il
comandante della DJD.
«Io non insinuo, faccio accuse molto precise. Usare una
bambola di sua madre per guadagnare la sua fiducia prima e cercare di
condizionarla come ti pare e piace poi è squallido perfino
per te».
«Che tu la ritenga
così stupida da pensare che una cosa simile sia possibile mi
fa capire il
perché e il per come di molte cose»
replicò Tarn.
«Stai insinuando qualcosa?»
«Certo che no» replicò l’altro
«Faccio accuse molto
precise».
«Penso che Soundwave sia solo molto teso per tutto quel che
è successo» disse
Spectra, recuperando la bambola dalle mani di Soundwave e mettendola
nuovamente
sul comodino «Ma non credo che intendesse davvero darmi della
stupida o accusare qualcuno. È un bene che tu
sia venuto qui, volevo parlarti» disse poi, rivolta al
marito.
«Una volta nel nostro alloggio avremo tutto il
tempo»
insistette il tecnico.
«Non prenderla male per favore ma io preferisco restare qui.
Non è per te, è perché Nickel ha
ragione sul fatto che ho bisogno di essere
seguita» disse Spectra «Se resto dove sono
può farlo molto meglio che se fosse
obbligata a fare qua e là».
Per quanto le parole di Spectra potessero suonare ragionevoli,
a Soundwave non poteva importare di meno. Quella bambola -che lui tra
l’altro,
ignaro del fatto che quella bambola fosse nelle mani di Tarn da tempo
immemorabile, vedeva come un feticcio a dir poco inquietante- i libri,
il fatto
che Spectra avesse preso le sue parti ma
avesse anche detto che lui sbagliava nel pensare a una manipolazione:
unendo il
tutto era palese che il lavaggio del processore di Spectra da parte di
quel
mostro di Tarn fosse già cominciato.
“Prendila, apri un Ponte e portala via subito!” gli
intimò
il suo processore.
“È attaccata a un macchinario, se lo faccio corro
il rischio
di farle del male” gli ricordò un’altra
voce più ragionevole.
“Mai quanto può fargliene Tarn!”
tornò a insistere la
paranoia che, essendo lui all’oscuro di vari particolari, era
comprensibile “Afferra
lei E il macchinario E
portala via subito!”
Poi ricordò.
“Non vorrà restare con loro quando Tarn e i suoi
termineranno
Dreadwing, per quanto Tarn possa cercare di parlarle male di lui nel
mentre. Ha
difeso quel traditore, non ha ascoltato me che sono il suo compagno di
vita...
una volta che questo mostro avrà fatto quel che deve fare,
Spectra
non ascolterà
nemmeno lui. È una di quelle cose che si possono risolvere
da sole”.
«Se davvero sei sicura di quello che dici e di avere bisogno
di questo, allora d’accordo».
Il modo in cui lei gli sorrise causò emozioni contrastanti
in Soundwave, che da tempo aveva iniziato a temere che Spectra non
l’avrebbe
mai più fatto in quel modo.
«Grazie. Per me il fatto che mi ascolti significa
tantissimo»
disse Spectra «Ci sono altre cose che vorrei dire ma non sono
sicura-»
«Qualche minuto da soli ve lo posso concedere, se nessuno fa
il cretino e ti porta via dopo aver aperto un Ponte» si fece
sentire Nickel,
senza risparmiare a Soundwave un’occhiata
«Poi però riposo assoluto, ti sei
svegliata da poco e di emozioni ne hai
avute già troppe… quindi sii responsabile almeno
tu, dato che sul resto non ci
si può contare».
“Sfacciata, parla così solo perché ha
Tarn dietro di sé”
pensò il tecnico, senza capire che la minicon non si stava
riferendo solo a lui
ma anche a Tarn stesso.
«Però per me non è stato un
mal… va bene» disse Spectra,
sollevando le mani in segno di resa dopo aver notato
l’espressione di Nickel «Dopo
mi sarei riposata in ogni caso, mi sento piuttosto debole».
«Bene» disse Tarn, uscendo con Nickel
dall’infermeria «Se
serve qualcosa siamo qui fuori, Spectra».
«Non disturbarti» ribatté Soundwave,
senza ricevere alcunché
in risposta «Finalmente siamo soli»
borbottò appena la porta si chiuse
«Relativamente, dato che di sicuro è rimasto
sempre troppo vicino a cercare di
ascoltare tutto quel che diciamo».
Spectra fece spallucce. «È la sua astronave, e
poi… cercare
di ascoltare tutto non è qualcosa che fai anche tu per
lavoro?» gli domandò
poi, con un breve sorriso.
«Per lavoro, appunto» replicò
l’ex gladiatore «Lui invece
per altre ragioni. Se è a capo di una squadra di mostri
è perché lui è il
peggiore. Dovresti saperlo, considerando che sei stata con loro un
mese… ennesima
cosa che non mi hai mai detto».
«Scusami per non averlo fatto» replicò
lei, senza abbassare
lo sguardo «Non credevo che fosse importante
perché ero sicura di essere stata
dimenticata. Anche quando mi sono svegliata qui e ho visto che si
stavano prendendo cura di me ho pensato che Tarn stesse facendo tutto
per via di un ordine di Lord Megatron, ma non è
così... io non me lo aspettavo, ammetto di essermi anche
commossa quando mi sono resa conto che lui, anzi, che un po'tutti
loro-»
«Ti prego, ti ha salvato la vita ma non iniziare a pensare
anche a lui come un altro principe di non
so cosa “da
marito”, con cavalieri al
seguito e tutte le conseguenze del
caso».
Era stata un’uscita molto più acida di quanto
avrebbe voluto
-e con implicazioni poco gentili- e se ne sarebbe reso conto anche
senza notare
l’espressione di sua moglie.
«Non volevo dire niente del genere»
mormorò lei «Mi ha solo
fatto piacere sapere di non essere stata dimenticata e che queste
persone tengono a me, quando invece non pensavo di
poter
lasciare “un segno”».
«… lo so. Lo so. Non volevo prendermela con te,
è solo…
perché si mettono tutti in mezzo? Perché
non ci lasciano in pace? È dall’inizio di tutto
che non ci lasciano in pace»
disse, mostrando un’esasperazione che provava da tempo e che
lo stava anche inducendo
ad agire in modi in cui in altre situazioni non avrebbe mai agito.
«Che non abbiamo avuto pace è vero»
concordò Spectra «Tra
una cosa e l’altra… e soprattutto per Spectrus. A
proposito, ho capito perché
tempo fa hai fatto quello che hai fatto. Pensavo che avessi ignorato la
mia
decisione
perché non ti importava né di quel che pensavo
né di quel che sentivo» disse la
giovane femme «Ma di recente mi sono resa conto che a volte
quando si fanno
scelte del genere lo si fa per tutto il contrario del “non
importare”. Non
rende comportarsi così meno sbagliato, ma ora che ho capito
cosa ti ha spinto a
farlo è già diverso. Vorrei solo esserci arrivata
prima».
“È ancora convinta che mi sia comportato nel modo
sbagliato
anche adesso che è stata quasi uccisa?!”
pensò, ringraziando il cielo di non
essersi tolto il visore: la sua espressione avrebbe
senz’altro tradito quel che
pensava.
Dreadwing l’aveva proprio rovinata, solo un lavaggio del
processore contro di lui a livelli altissimi avrebbe potuto portare
Spectra a
restare convinta del fatto che lui, Soundwave, non avesse agito nel
migliore
dei modi.
Con gli Autobot fuori dai giochi e gli ex Autobot
temporaneamente fuori servizio, o forse definitivamente
nell’improbabile caso
in cui Spectrus fosse morto per le ferite riportate, quello avrebbe
potuto
essere un periodo fantastico per lui e per tutta la fazione; invece lo
era solo
per la fazione, e sarebbe stato così finché la
DJD non avesse risolto il
“problema Dreadwing”.
«Tu non eri lucida quando si trattava di Spectrus, dovevo
fare qualcosa» disse quindi a Spectra, senza commentare il
resto «Ero sicuro
che anche dandogli quella possibilità che volevi dargli non
ci avrebbe lasciati
stare. Quell’essere non è uno che si arrende,
infatti guarda dove sei. Per
tutto il tempo in cui sei stata via ho temuto una cosa simile, del
resto sono
il tuo compagno di vita, è ovvio che mi importi, anche se
certe persone provano
a farti credere il contrario».
«Nessuno lo ha fatto. Tra le primissime cose che mi ha detto
Tarn c’è stato il fatto che tu sia sempre venuto
qui appena potevi. Anche
questo mi ha colpita molto quando l’ho saputo,
perché quando… lo sai, quando ho
deciso di lasciarmi uccidere da Spectrus l’ho fatto anche
pensando che-»
Soundwave, per il quale quell’ultimo dettaglio era stato una
doccia gelata, la interruppe con un cenno. «Aspetta. Cosa
significa “lasciarti
uccidere”?!»
«Mi vergogno tanto a dirlo ma è questo che ho
fatto, non
voglio nasconder… aspetta, n-non te l’avevano
detto?»
No, nessuno si era dato pena di avvisarlo del fatto che la
sua compagna di vita aveva tentato il suicidio (assistito). In difesa
della DJD
si poteva dire che fino a poco prima non avessero avuto
dall’interessata la
conferma certa del tentativo, ma di
questo Soundwave non era a conoscenza.
«Perché?» fu tutto quel che
riuscì a dire l’ex gladiatore,
mentre la candida ammissione di Spectra vorticava nel suo processore.
“Ho deciso di lasciarmi uccidere”: il solo pensiero
che lei
potesse essere arrivata a un punto simile gli causava quasi dolore
fisico.
“Sono i danni del tentativo di indottrinamento che ha subito
da lui” alias Dreadwing, che per Soundwave era, dopo
Spectrus, tutto il male
del mondo “Gli ennesimi! Certi pensieri non le sarebbero mai
venuti in mente prima
di passare con lui tutto quel tempo”.
«È stato per… per tutto un insieme di
cose. Non mi si
toglievano dalla testa, molte non mi si tolgono ancora dalla testa. Ho
finito
per fare male a varie persone, in un caso volevo
perfino farlo. Ti rendi conto? Ho pensato…»
continuò, ora con aria assente «Di
stare diventando come Spectrus. Mi sono detta lui in giro a fare del
male
bastava e avanzava. Non servivo anche io online. Non
così… rovinata».
Per un lungo momento Soundwave non seppe né cosa dire
né cosa
fare. Non aveva, forse, fatto altro se non pensare a quanto lei si
fosse
“sporcata”? Non aveva, forse, usato proprio quella
parola -“rovinata”- nelle
due occasioni in cui aveva parlato con Spectra durante il periodo in
cui erano
stati lontani? E non aveva pensato a lei in quei termini per tutta
la durata dell’attuale conversazione?
«Ricordo di aver usato quella parola ma non ho mai pensato
che tu potessi diventare come lui. Sono
il tuo compagno, tutto
volevo tranne che farti del male» riuscì ad
articolare Soundwave, stringendole
una mano in modo quasi convulso «In tutto quel che ho detto e
che ho fatto non ho
mai avuto questa intenzione».
Spectra fece un triste -ma sincero- sorriso. «Lo so,
il mio era un pensiero che avevo già prima che tu lo
dicessi. Ho… ho
paralizzato Starscream tempo fa. Ho provato il desiderio di ucciderlo. È quello il caso in cui
volevo fare del male ed è
successo prima che noi due parlassimo, quindi non ti sto dando la colpa
di
qualcosa».
Andava già meglio ma lui non poteva fare a meno di
continuare
a provare un po’di rimorso per la cosa, soprattutto
perché -pur essendo vero
quel che le aveva detto- continuava a pensarlo, quel termine:
“rovinata” al
punto di lasciarsi uccidere, o almeno provarci.
Incapace di approfondire un argomento che già non aveva la
minima idea di come affrontare, decise di spostare
il
discorso su Starscream.
«Lui è un caso particolare. Ti ha fatto del male
per primo,
tu hai reagito e hai fatto bene» ribatté, dunque
«E per
fortuna che sei riuscita a difenderti».
Lei strinse maggiormente la coperta attorno a sé.
«Spero
davvero che d’ora in avanti, soprattutto adesso, mi lasci
stare…»
«Megatron è dovuto ricorrere alla mnemosurgery
perché
riuscisse a stare sveglio senza urlare e fuggire urlando se
vede blu e bianco insieme, quindi direi di sì».
Spectra rispose a questo con un’occhiata stupita e
perplessa. «Mi ricordo che si è lamentato spesso
delle punizioni che gli dava
Lord Megatron e ha riprovato a forzarmi anche dopo averle prese da
te… davvero
l’ho traumatizzato tanto?»
Soundwave indicò la porta dell’infermeria.
«Non tu».
Spectra diede a sua volta un’occhiata alla porta, poi
tornò
a guardare lui. «Ha tradito Lord Megatron più
volte, immagino che finire nella
Lista fosse inevitabile come per Spectrus».
«Era nella Lista ma era anche stato rimosso tempo fa. Non
è
stato per quello».
«No?»
Soundwave scosse la testa. «No. Il motivo per cui l'ha fatto
è lo
stesso dietro
quella» aggiunse, indicando la bambola di Sparkleriver
«La trovo un feticcio un
po’inquietante, lo ammetto, è uguale a una persona
che purtroppo è offline».
«È più vecchia di me, quindi non
è che l'abbia presa per me. Credo che quando lui
l’ha avuta non sapesse
neppure che era così tanto ispirata a qualcuno, e tantomeno
che quel qualcuno in futuro sarebbe diventata mia madre»
disse Spectra.
“Davvero sei così ingenua da credergli?! Pazienza.
Devo
avere pazienza” pensò Soundwave “La cosa
si risolverà da sé”.
«…
e comunque giuro
che io non sono andata a lamentarmi di Starscream con loro».
«Non fatico a crederci. Immagino la scena: Starscream a
terra, loro presenti e tu lì a dire “È
tutto a posto”…»
«In effetti è quello che ho
detto…»
«Questo è molto da Scricciolo»
commentò Soundwave.
Lei sorrise di nuovo. «Almeno in questo non sono cambiata
molto, allora. Ascoltami: certe cose
che sono successe non
si possono cancellare e certi cambiamenti che ho fatto, o certe parti
di me che
sono venute fuori, non si possono togliere. E continuo a pensare che
forse abbiamo
corso troppo decidendo di sposarci così presto, anche se lo
volevamo davvero…»
Il tecnico ricordava bene quel momento, la gioia immensa che
avevano provato tutti e due. Sembrava essere passata
un’eternità da allora,
entrambi non avrebbero potuto essere più lontani da
com’erano stati in quegli
attimi.
Scacciò uno sgradevole paragone con
l’energon incendiato -molta luce,
estremo calore, brevissima durata- dalla propria testa.
«Però questo non vuol dire che non mi importi
più di te»
proseguì Spectra «Siamo compagni di vita, come hai
detto. Tutto quel che è
successo magari fa pensare il contrario, però io ti voglio
sempre molto bene».
“Siamo compagni di vita, come hai detto. Tutto quel che
è
successo magari fa pensare il contrario, però
io continuo ad amarti sempre moltissimo”: sarebbe
suonato diverso ai
recettori uditivi di Soundwave, ma non era quello che lei aveva detto.
“Non dovrei pensare a questo dopo aver saputo che ha cercato
di farsi uccidere, però ci penso lo stesso e penso anche che
tutto questo disastro
avrebbe potuto essere evitato, se tante cose fossero andate
diversamente”.
«Mi credi?» gli domandò lei, con
l’aria di chi sperava in un
“sì”.
«Sì. E dato che per me è lo stesso, in
quel che ti riguardava ho avuto sempre in mente il tuo bene, qualsiasi cosa abbia
detto o fatto. Qualsiasi»
ripeté lui, sulla falsariga di qualcosa che aveva
già
detto «Ed è per questo che mi preoccupo se
sei costretta a stare con
persone pericolose come la DJD. Capisci?»
«Sì, e mi dispiace sapere che sei così
in ansia per me. Io però mi fido delle persone che
ci sono in questa
nave, non mi hanno dato motivo di non farlo ed è
davvero il
caso che io resti
qui, dunque spero di non vedere altre discussioni per colpa
mia. Non voglio
essere la causa di altri problemi».
Col “si risolverà da sé” che
era il suo nuovo mantra,
Soundwave l’ abbracciò di nuovo. Stavolta non ci
furono attimi di irrigidimento
da parte di sua moglie, a conferma che quello precedente era stato
dovuto alla sorpresa.
«Non posso dirti “va bene”, se
vedrò cose che non mi
piacciono reagirò» rispose Soundwave «Ma
dove e quando sarà possibile farò un
tentativo».
«Grazie per l’onestà».
Notando l’espressione sempre più stanca della sua
compagna,
Soundwave decise a malincuore che era il momento di andare.
«Io ora devo andare
al lavoro. Con la ricostruzione dell’Omega Lock e tutto
quanto c’è molto da
fare, ma tornerò appena potrò fare una
pausa».
«Mi fa piacere».
Erano ancora abbracciati, i loro volti erano molto vicini.
Per un attimo Soundwave, nonostante tutto, immaginò
un bacio attraverso il visore tra lui
e la sua compagna, ma le
labbra rosee di quest’ultima si tesero di nuovo in un breve
sorriso, e la cosa
finì lì.
«A dopo allora».
Con la sensazione di non sapere bene come prendere tutto
quel che era venuto fuori dall’aver finalmente parlato con
Spectra, sempre in
ansia per svariati motivi e sempre immensamente dispiaciuto per altri,
Soundwave uscì dall’infermeria. Finse di non
vedere sia la prioniana, sia il
boia dalle “accuse molto precise”,
ignorò con decisione il fatto che stessero
parlando tra loro e, con la speranza che le cose potessero davvero
migliorare
in futuro una volta risolti certi problemi, se ne andò.
***
«Il cambio di atteggiamento che ha avuto, passando da
“Le
stai facendo il lavaggio del processore” a
“D’accordo, resta qui se proprio ne
sei sicura” è abbastanza sospetto, non
credi?»
«Non hai torto» ammise Nickel, rispondendo
così alla domanda
di Tarn «A dirla tutta è già tanto che
non abbia cercato di portarla via».
«È evidente che per quanto sia destabilizzato
non è ancora arrivato al livello di commettere
un atto così stupido. Non negherò di essere
sorpreso» disse il Decepticon «Il
suo comportamento è molto diverso rispetto
all’immagine “conosciuta” di lui,
non solo perché parla. Ti dirò, lo preferivo
silenzioso. Cosa
possa portare un mech ad agire in maniera totalmente diversa dal suo
solito…
non saprei dirlo…» si interruppe
all’improvviso, con l’aria di chi stava
ascoltando qualcosa.
«Problemi?»
Lui le fece cenno di fare silenzio, e Nickel a quel punto si
accorse che Spectra dentro l’infermeria sembrava star
parlando con qualcuno.
«… ho riacceso il comm-link solo adesso.
Mi dispiace di aver sentito i messaggi solo ora e per tante altre cose,
Dreadwing… comunque, anche grazie a te che hai chiamato la
DJD, sono viva, mi
stanno curando bene e sono al sicuro. M-mi preoccupa molto di
più la tua
situazione che la mia. Spectrus ti ha ferito, e io… ascolta,
non ho il diritto
dirti cosa fare e dove stare, solo… cerca di stare al sicuro
anche tu, va bene?
Ciao».
Il tono di voce era normale, dunque non si poteva dire che
cercasse di farlo di nascosto.
«Prossimamente le farò presente che lui
è nella Lista» disse
Tarn, molto neutro.
«Andrebbe aggiunto il consiglio di diminuire il numero di
henn da combattimento che ha intorno, magari, ma non oggi, si
è già stressata
abbastanza» commentò, lanciando poi
un’occhiata al suo comandante «Non sembri
sorpreso per la chiamata».
«Non sono sorpreso né che lui l’abbia
cercata né che lei
abbia risposto. Qualsiasi cosa le ricordi che ci sono persone alle
quali
importa di lei però è positiva, e dopo i fatti
più recenti è positivo anche il
fatto che provi interesse per le condizioni di qualcun altro.
Sbaglio?»
«Non sbagli. Ha tanta strada da fare ma pensavo a una
partenza peggiore, anche nel parlare col suo compagno era molto
composta, anche trop-»
Una comunicazione in entrata nel comm-link di Nickel
interruppe il discorso.
– Qui
Knockout. Mi avevate chiesto di essere
aggiornati
sulle condizioni del vostro compagno e sono felice di dire che
è possibile
spostarlo come volevate! Organizzo subito il trasferimen-
–
«Non prima che arrivi io, l’ultima volta i vostri
vehicons
hanno sballottato il mio compagno di squadra come un pacco
postale!» esclamò la
prioniana, riferendosi a Tesarus «Falli venire nella tua
infermeria ma non far toccare loro
Kaon prima che io
metta piede lì. Arrivo» concluse, con un breve
sbuffo «Meglio che vada prima
che qualcuno di quegli incapaci faccia sbattere la testa di Kaon da
qualche
parte e una volta sveglio diventi ancor più rintronato di
quanto già sia
normalmente. Torniamo subito».
«Vai pure, intanto qui provvedo io».
***
“Per fortuna Dreadwing è vivo e non è
ferito in modo troppo
grave” pensò Spectra, con la schiena comodamente
appoggiata contro il cuscino
“Il suo comm-link era chiuso ma spero che ascolti presto il
mio messaggio, così
non sarà più in ansia per me”.
Anche lei non poteva fare a meno di provare un sentimento
analogo, chiedendosi cos’avrebbe fatto lì fuori da
solo. Non dubitava che se la
sarebbe cavata, Tarn aveva avuto ragione nel farle notare che era un
“militare.
Ex” e che quindi potesse tranquillamente trovare il modo di
sopravvivere; tuttavia,
ora che le recenti esperienze iniziavano a farle intravedere qualcosa
al di là
della sua bolla di auto-deprecazione in cui le altre persone non
trovavano
molto spazio, stava prendendo coscienza di quello che il gesto da lei
quasi
commesso avrebbe significato per lui, specie nel venire a sapere con
precisione
com’erano andate le cose.
Per lui e anche per Soundwave, che si era preoccupato molto.
Non dubitava né di questo né del fatto che lui le
volesse bene come le aveva
detto, anche se… no: niente “anche se”.
Avevano parlato per bene ed era andata
meglio dell’ultima volta, nonostante tutto, e anche il
“nonostante tutto” era
da bandire. Lui era il mech che aveva scelto come compagno di vita,
dunque era
meglio concentrarsi sul fatto che il modo in cui l’aveva
abbracciata all’inizio
l’avesse stupita ma fosse stato un momento che aveva trovato
piuttosto dolce.
“E mi ha ascoltata quando ho detto di voler
restare qui. Forse il mio matrimonio ha una possibilità di
salvarsi, potrebbe
essere un modo per iniziare a sistemare tutto”.
L’immagine di Dreadwing in difficoltà
tornò nuovamente a
galla nel suo processore. Non poté fare a meno di pensare
che avrebbe tanto
voluto vederlo tornare nella Nemesis, dopo aver sistemato le
cose
con Lord Megatron e aver accettato la mano che gli aveva teso, sarebbe
stato più al sicuro. Avendo creduto morto Spectrus per
diverso tempo capiva
più che
bene la sofferenza di Dreadwing riguardo Skyquake -che oltreutto non
aveva mai tentato di ucciderlo- e quel che Starscream aveva
fatto, però
sapeva anche che tornare nei ranghi era quel che Dreadwing
voleva
davvero: non riusciva a smettere di chiamare “Lord
Megatron” in quel
modo neppure impegnandosi.
“Ma sarebbe veramente al sicuro, dato che Soundwave lo odia
a causa mia?... perché poi?”
Ricordi. Giorni e notti in cui Dreadwing l’aveva sopportata e
supportata, le ore passate tra le sue braccia a parlare. Si era sempre
trovata
a suo agio, senza la sensazione che Dreadwing si aspettasse
alcunché da lei -e
viceversa- ma non aveva certo tradito il suo compagno di vita: non si
erano
baciati, non si erano connessi. Non ci aveva neppure pensato ed era
sicura che
per Dreadwing fosse stato lo stesso. Entrambi avevano sempre avuto
tutt’altro
per la testa, loro erano ridotti un disastro, la situazione intera era
un
disastro, con qualche eccezione.
Una delle quali, ovvero Tarn, era appena rientrata in
infermeria.
«Novità?»
«Dreadwing mi ha contattata. Era molto in ansia, ora sa che
sono al sicuro» rispose Spectra «Penso che lo
capirà anche Soundwave».
«Non sei la sola che si augura di evitare ulteriori
discussioni».
Soundwave aveva ragione sul fatto che avesse Tarn fuori
dall’infermeria avesse sentito i loro discorsi, ma non le
importava, anche perché riteneva che in quella faccenda non
ci
fosse niente da nascondere.
«Sicuro-sicuro?»
«Riguardo?»
«Il non voler discutere?...»
Tarn fece un breve sospiro. «A modo tuo sei così
diretta... ci sono moltissime cose delle
quali posso essere accusato, talmente tante che non
c’è la necessità di andare
a cercarne dove non ci sono. Io difendo la mia squadra» disse
«Nulla di più e
nulla di meno, anche se siete tutti in grado di
farlo da
soli in situazioni di vario tipo. Ricordo un accenno fatto da Lord
Megatron eoni or sono riguardo il
fatto che
per le nobili femme di Iacon la cortesia fosse
“l’armatura di una lady”... in questo
caso è accurato».
«Io di nobile ho solo il cognome e un matrimonio da
principessa
delle fiabe» ovvero con una persona che conosceva poco
«Cioè proprio quel che desideravo. Me l'avevi
detto, no? "Pare che le fiabe a volte diventino
realtà, anche se non nel modo in
cui ci si aspetterebbe". A proposito, dato che parliamo di nobili e
fiabe e hai
sentito tutto il discorso ti tranquillizzo su una cosa: mi hai salvato
la vita ma
non ho iniziato a sognare di sposarti per questo» disse con
un’amarezza che
solo in quel momento si rese conto di provare.
Negli attimi di silenzio totale che seguirono provò
l’ennesimo
senso di colpa, sentendosi ingiusta nei confronti del compagno di vita
assente,
ma non poteva negare che aver sputato fuori quelle frasi in maniera
piuttosto
freddina avesse allentato un po’il nodo che aveva sentito
all’altezza dello
stomaco per tutto il tempo in cui aveva parlato con Soundwave.
«Anche se non c’è da stupirsi che
l’abbia detto, con lui è
andata così» aggiunse poi, massaggiandosi la
fronte «Forse è meglio lasciar
stare, non è colpa sua. Meglio che segua gli ordini di Nicky
e mi riposi, credo
che andrò in ricarica ora».
«Sì, a tal proposito, credo sia meglio evitare il
“Nicky”»
osservò Tarn, tornando solo allora a farsi sentire
«È collegato a pessime cose.
Hai presente il minicon maschio al quale ho accennato prima?»
«Quello che vuoi terminare?»
«Lui. Forse è meglio che ti mostri
un’immagine, non vedo
ragioni per cui tu debba mai trovarlo davanti a te ma pensando al
futuro è bene
che tu conosca i nostri nemici. Si chiama Bustin e lavora con
Spectrus».
Molto semplice, molto stondato, con tre soli colori e un
visore come quello di Soundwave. Sorrideva perfino, un sorriso di pixel
molto
carino. Avrebbe mentito dicendo che le sembrava pericoloso ma Tarn
aveva appena
detto che lavorava con Spectrus, e prima aveva parlato di un incidente
contro
una montagna, quindi immaginò che dovesse esserci
più di quel che sembrava.
“Forse è costretto. Non è facile dire
di no a Spectrus”
pensò, ma non diede voce a quel suo dubbio sapendo benissimo
che, per Tarn, costretto
o non costretto non faceva differenza.
Di solito.
«Capito. Lo terrò a mente».
«Bene. Ora riposa pure, quando ti risveglierai avrai ancora
compagnia…»
«Tu?» gli
domandò con un sorriso.
«Anche, ma parlavo di Kaon: non è molto in forma
ma si sta
riprendendo, come te, quindi non ti preoccupare. Condividerete
l’infermeria per
un po’».
«Va benissimo» sorrise Spectra. Le dispiaceva che
Kaon non
stesse bene ma non le dispiaceva l’idea della compagnia, come
sempre.
Finalmente, aggrappandosi all’impressione di aver almeno
iniziato a scalfire la montagna di caos che la circondava,
tornò in ricarica.
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Capitolo 23 *** 23 - I danni della gratitudine ***
23
(I
danni della gratitudine)
Nell’essere costretto a lavorare per il perfezionamento
della formula dell’energon sintetico richiestagli dai
Decepticon, alle domande
che ronzavano nel processore di Ratchet se n’era aggiunta
una, ossia: “Perché i
miei compagni non vengono a salvarmi”?
«Sei lento come la morte per mancanza di energon,
dottore»
sbuffò Knockout, che lo sorvegliava, mentre Ratchet era
impegnato in un
complesso processo di estrazione chimica.
«O la cautela o un’esplosione in piena faccia, se
vuoi
rovinarti la carrozzeria però posso fare più
velocemente» replicò l’Autobot.
«No, grazie» replicò Knockout e, almeno
per il momento,
parve decidere di restare zitto.
Ratchet tornò al processo e ai suoi pensieri cupi con un
breve sospiro.
Perché i suoi compagni non si erano ancora fatti vivi? Era
quel che ci si sarebbe aspettati. Possibile che non fossero riusciti a
trovare
l’astronave? Vero, era sempre in movimento, ma fino a quel
momento erano sempre
riusciti nell’impresa in un modo o nell’altro.
Lui aveva accettato di partecipare al progetto di Megatron
ma, anche se veniva mosso dalla speranza di poter riportare in vita
Cybertron,
non era piacevole trovarsi in mezzo ai Decepticon, soprattutto quando
Vos della Decepticon Justice Division partecipava alle sperimentazioni.
Probabilmente stava prendendo le misure per capire quanto
del suo corpo sarebbe entrato nella fornace di Helex una volta che lui
avesse
finito il lavoro.
Più si andava in là meno illusioni Ratchet si
faceva a
riguardo: sarebbe rimasto in vita fino al compimento del suo lavoro ma
poi, se
i suoi compagni non fossero arrivati in tempo, non sarebbe uscito vivo
dalla
Nemesis. Per tale motivo aveva deciso di rallentare il tutto
-l’accusa di
Knockout non era infondata- per quanto possibile. Con Shockwave e Vos
in giro
non lo era molto, ma lui cercava di fare del suo meglio mentre
pregavadi non essere scoperto, se mai avesse dovuto
sabotare di
nuovo un’attrezzatura del laboratorio, e per essere salvato.
La raccolta d’informazioni continuava a essere
l’unica cosa
abbastanza positiva in quella situazione, insieme al trovarsi sotto gli
occhi
casi unici e soluzioni alle quali di suo non avrebbe mai pensato.
Nell’energon
sintetico instabile c’era un componente che non erano stati
in grado di
“tagliare” fino a quando Shockwave aveva suggerito
di utilizzarne un altro
presente nei corpi di creature tipo gli insecticons; guarda caso nella
Nemesis
al momento era presente più di qualche carcassa, colpa
dell’attacco di qualche
tempo prima.
Dall’analisi che avevano fatto avevano reperito il
componente, non intaccato da alcunché, ma avevano scoperto
anche un’altra cosa,
ovvero che quelle bestie presentavano un avvelenamento nel loro fluido
vitale dovuto a una cosa che gli umani chiamavano
“radioattività”. Probabilmente le loro
uova si trovavano in uno di quei luoghi
fuori mano in cui gli esseri umani avevano la brutta tendenza a
smaltire certe
scorie, tendenza della quale Ratchet era a conoscenza a causa della
frequentazione con i terrestri. A detta di Shockwave questo poteva
essere
collegato con una cosiddetta “follia omicida” che
secondo lui quelle creature
avevano manifestato durante l’attacco.
All’aver sentito lo scienziato Decepticon parlare
dell’utilità di un possibile siero che mandasse in
berserk la carne da cannone,
Ratchet preferiva non pensare.
“Terrò duro e continuerò a cercare di
fare il possibile per
allungare i tempi” pensò “Spero che gli
altri trovino l’astronave e mi tirino
fuori da qui”.
***
Se nel laboratorio della Nemesis l’atmosfera era quella che
era, fortunatamente non si poteva dire lo stesso
dell’infermeria della Peaceful
Tiranny.
«… ma fammi capire, i tre vengono tutti a te per
botta di c-
ehm, pura fortuna, o li nascondi da qualche parte?! Ok logicamente non
mi sono
innervosito sul serio, solo che, e che cazz- che diamine,
ecco!... brava, ridi delle mie disgrazie con le carte»
applaudì Kaon, con un’aria di biasimo palesemente
fintissima sul volto «Brava!
Complimenti!»
Kaon, che era stato spostato lì proprio come Tarn aveva
detto qualche tempo prima, era tornato a essere completamente cosciente
ed era tornato a
poter stare seduto e a poter lanciare attacchi elettrici, come da
programmi di
Tarn, ma ancora non era in condizioni di camminare. In compenso la
presenza di
sedie come quella sulla quale si trovava al momento gli permetteva
muoversi e
avvicinarsi a Spectra,
così da poter
passare il tempo insieme. Anche quando non faceva così,
di rado la tenda
tra i loro lettini veniva tirata: a Kaon non erano mai dispiaciute le
chiacchiere, specie se erano con delle femme e se le femme in questione
non
avevano la tendenza a dare colpi di cacciavite.
«Non è per quello che rido, è
perché cerchi di non dire
brutte parole» disse Spectra, aggiungendo al proprio mazzetto
le carte appena
guadagnate.
Spectra dal canto suo apprezzava il tutto, Kaon contribuiva moltissimo
ad
alleggerire tutta la situazione e in vari momenti riusciva perfino a
farla
sentire divertita, cosa che poteva solo essere considerata
buona.
«Possono essere passati i vorn ma gli ammonimenti e i
richiami scritti del capo sono ancora validi com’erano validi
una volta, anche
per gli in-validi
com’è al momento il
sottoscritto» replicò il Decepticon, indicando la
sedia fluttuante sulla quale
si era spostato «Una sedia costretta a stare su una sedia, se
non fossi io
farebbe ridere. In realtà fa ridere anche se sono
io… cos’è quella faccia?»
«È che mi dispiace per quel che è
successo, spero che tu guarisca
presto».
«Lilleth… noi diamo la caccia alla gente della
Lista, le
cose che possono capitare nel mentre si chiamano “rischi del
mestiere”. Se
avessi voluto un lavoro d’ufficio non sarei in questa nave, e
lo
stesso vale per gli altri. A dirtela tutta saremmo contenti se anche tu
facessi
la stessa cosa... rimanere qui con noi, intendo».
Il parlare e straparlare di Kaon aveva fatto sì che quel
discorso venisse fuori più di una volta in pochissimo tempo,
ma neppure questo
infastidiva Spectra. L'opinione di Tarn su quell'argomento era
già stata inequivocabile, pure se non espressa a parole
-ricordare quello che
Soundwave trovava pericoloso, alias il fatto che Tarn
oltre a
conservare tutto avesse preso dei libri nuovi e altro per lei, riusciva
ancora a commuoverla- ma le faceva piacere
sapere che anche per gli altri la sua non era una presenza
sgradita. Da quel che aveva capito, la consideravano
un membro della squadra disperso da tempo.
«Soundwave però lo sarebbe un po’meno,
credo» disse Spectra
«Quindi mi sa che non è il
caso…»
«Da dove hai
tirato fuori l’asso adesso?!» si lagnò
Kaon, vedendo sfuggirgli anche le carte
di quella mano «Sì, beh, alle brutte puoi
divorziare. Con la guerra i matrimoni
si fanno facilmente e i divorzi pure, a meno che… avete fuso
la Scintilla?»
Spectra scosse la testa. Quella era una tra le cose che
ricordava di aver desiderato quando la sua massima aspirazione era
trovare un
compagno di vita, ma no, lei e Soundwave non l’avevano fatto.
Durante la prima
notte di nozze -nonché l’ultima di pace- si erano
occupati di altro, e per
come si erano messe le cose poco dopo era stata una gran fortuna.
«Ecco, brava. Se le cose stanno così ti puoi
già muovere
molto più facilmente, Lilleth, e- va bene, non riesco a
mettere via nemmeno i
punticini» borbottò.
«Quando l’ho sposato è stato
perché ci credevo. Magari se
tornassi indietro farei le cose meno di fretta, come ho detto anche a
lui»
disse la giovane femme «Ma è andata
così e mi sono comportata già piuttosto
male senza aggiungere altro di brutto. E comunque non è che
abbia smesso di
volergli bene, quindi se potessi vorrei evitare di finirla
così senza nemmeno
provare ad sistemare un po’tutto. Un po'lo stiamo
già facendo».
Se avessero domandato a Spectra come andava con Soundwave,
avrebbe appunto risposto che le cose “procedevano”.
Lui continuava ad andare a
trovarla in ogni momento libero e non c’erano state
discussioni spiacevoli
né
tra loro due né fra lui e altri. Una certa tensione tra
Soundwave e Tarn sembrava essere inevitabile ma Spectra non aveva
più assistito a
scene come quella del primo incontro, ed era già tanto,
infatti si sentiva
molto più rilassata nei confronti del suo compagno.
«Ho capito. Quel che volevo dire è di ricordarti
che se le
cose non dovessero andare granché c’è
sempre posto qui. A Helex mancano i tuoi
biscotti» aggiunse Kaon.
«Appena Nickel mi dà il permesso di uscire da qui
glieli
faccio, giuro… se non vanno oltre la sua razione»
aggiunse poi Spectra «Anche
la cosa delle razioni vale sempre?»
«Eccome» sospirò il Decepticon, che se
avesse avuto dei
sensori ottici li avrebbe alzati al soffitto «Lui si ricorda
ancora».
«Chi?»
«Helex. Si ricorda ancora di quando hai cercato di coprirlo
quella volta in cui voleva farsi fare dei biscotti in più e
Tarn vi ha beccati
in cucina, hai presente?... oooooh, finalmente due punti!»
esultò Kaon,
artigliando le carte.
«Ricordo, ma è passato tanto tempo»
disse Spectra, un
po’perplessa «Volevo solo cercare di aiutarlo e non
ha nemmeno funzionato molto
bene, è stato un po' un niente di che».
«Il “niente di che” gli
è bastato per pesare
la persona che aveva davanti e decidere che non gli dispiaceva, ti
pare?»
«A questo punto immagino di sì. Solo che da allora
sono
cambiate tante cose, voi siete gentili con me e ne sono felice, ma
sinceramente
non capisco perché la gente si ricorda di me, o ci tiene, o
magari pensa che
potrei essere in grado di fare qualcosa di buono» disse
apertamente Spectra «Finora
io di quello non ho fatto granché. Forse non dovrei
disturbarti con questi
discorsi però».
«Quando Tarn mi ha preso nel gruppo me lo chiedevo anche io.
Cosa potesse vedere di buono in me» disse Kaon, avvicinandosi
ancora di più con
la sedia «Prima dei Decepticon e della DJD, che per me sono
arrivati nello
stesso momento, ero un tossico e segaiolo-»
Si interruppe e si guardò intorno, chiedendosi se Tarn fosse
in ascolto e se quella fosse una parola approvata o meno. La risposta
alla
prima domanda parve essere “no”, e quanto alla
seconda… immaginava che fosse
“no” anch’essa, ma ormai il danno era
fatto.
E poi Lilleth era adulta e sposata, dunque conosceva l'argomento.
«Dicevo, un tossico che pur essendo un tecnico più
che decente non
era mai
riuscito a combinare niente se non finire in un casino dopo
l’altro» continuò
«Pensavo di essere buono solo per quelli. Ai tempi la squadra
non era
conosciuta come adesso ed era anche più piccola,
c’erano solo i due grossi…
ecco, diciamo che mi servivano gli shanix per una dose, e nel mezzo di
una crisi
di astinenza pesante poootrei
aver hackerato i loro conti bancari tutti
insieme.
Non dire niente, non so come mi sia saltato in testa».
Solo qualcosa legato alla droga avrebbe potuto spingere
qualcuno a cercare di rubare soldi a Tarn, Helex e Tesarus insieme,
pensò
Spectra, felice che Kaon fosse ancora lì per raccontarlo.
«E poi mi hanno trovato, ma Tarn non mi ha fatto secco e ha
deciso di tenermi» proseguì il Decepticon
«Inizialmente ero solo contento che
mi avesse risparmiato ma non capivo perché, non vedevo quel
che aveva visto
lui, col tempo invece ho cominciato a capire anche io quanto valevo, ed
eccomi
qua! Un po’meno drogato, segaiolo sempre e comunque MA anche
uno dei tecnici
migliori che ci siano, tutto perché lui ha creduto in me.
Ora non sto dicendo
che è il santo protettore degli ultimi o robaccia buonista
del genere, ok? Dico
solo che se non fosse stato per lui probabilmente il mio cadavere
starebbe ad
arrugginire in un fosso e che a volte, di noi, capiscono più
gli altri di
quanto ne capiamo noi stessi! Ok è un discorso confuso
ma è Tarn quello che
parla bene, non io».
«Non è per niente confuso» sorrise la
giovane femme «Grazie
per avermelo raccontato».
L’ultima mano di valtti, con varie proteste da parte di
Kaon, decretò la vittoria di Spectra. Visto quello, le
condizioni di entrambi e
l’ora, il Decepticon decise di tornare sul suo lettino e
andare in ricarica.
«E ti direi di fare lo stesso, Lilleth» aggiunse
poi «Dopo il
solito controllo di Nickel».
Spectra annuì. «Lo farò, Soundwave
prima mi ha già detto che
stasera non sarebbe potuto passare, quindi non devo aspettarlo. Questa
cosa
dell’Omega Lock dà molto da fare a tutti
quanti...»
«Ci puoi scommettere. Speriamo che stavolta non si metta in
mezzo nessuno, sono venuto a sapere che l’ultima volta
l’hanno fatto Optimus
Prime e compagnia… ma dopo che Soundwave è
tornato col medico Autobot,
Starscream e i vehicons hanno spazzato via la loro base. Unica cosa
buona che
sia riuscito a fare ultimamente quello
là»
aggiunse Kaon «Quindi stavolta non dovremmo avere sorprese,
l’unico sicuramente
sano e che possa avere ancora voglia di creare problemi è
l’altro nan-ehm,
l’altro minic-»
«Tardi» fu il commento asciutto di Nickel
nell’entrare in
infermeria «Se ti sento chiamarmi nana un’altra
volta- e tirare la tenda non ti
salverà, ti ho sentito, LO SO che
non
dormi!... se non altro il fatto che abbia ripreso a dire stupidaggini
è un
segno di miglioramento» sbuffò Nickel,
avvicinandosi a Spectra «Come ti senti?»
«Piuttosto bene, mi sembra che vada un
po’meglio
di stamattina».
«Vediamo» disse la minicon mentre controllava i
suoi valori. Erano quasi tutti sotto a quel che sarebbe stato il
livello
normale, ma era prevedibile. «Sì,
considerando tutto direi che
procedi bene. La risposta da dare al tuo compagno se domani dovesse
dirti di
nuovo di uscire e andare a stare nel suo alloggio però
è sempre no. È testardo
come un mulocon!»
Non aveva tutti i torti dato che Soundwave, nonostante i
buoni propositi, aveva tirato fuori spesso l’argomento. La
prima volta che
avevano parlato le aveva detto che se pensava di aver bisogno di
restare lì
l’avrebbe lasciata fare, ed era così, ma era
evidente che lui continuasse a
temere che qualcuno lì potesse fare qualcosa di
inappropriato. Se faceva così
però non era per cattiveria o perché la riteneva
una deficiente, su quel punto
si erano chiariti, il che era importante.
«Abbastanza ma penso che lo faccia anche perché
vorrebbe che
stessimo più vicini. Sono la sua compagna, lui ha detto di
essersi preoccupato
molto per tutto il tempo e gli credo,
e se penso a quel che è successo con Spectrus, al fatto che
io me lo sia
cercato e che Soundwave sappia anche di questo… quel che
voglio dire è che la
reazione di Soundwave magari è normale, ecco. Mulocon o
meno».
Quel che la preoccupava di più non era la propria situazione
fisica o la relazione col suo compagno, dato che entrambe le cose
sembravano
aver imboccato la via giusta, quanto il silenzio di Dreadwing, che da
quando
lei gli aveva lasciato quel messaggio non si era fatto più
sentire. L’ansia che
potesse essere nei guai c’era sempre, ma nei giorni passati
aveva saputo che
gli Autobot sulla Terra erano stati mandati offline, che gli
insecticons di
Airachnid avevano fatto la stessa fine -e molto probabilmente anche
Airachnid
stessa- e che Spectrus non era in condizioni di nuocere, dunque aveva iniziato anche ad
avere il dubbio che
magari lui potesse semplicemente aver lasciato il pianeta in qualche
modo.
Poteva essere andato via proprio come qualche
tempo prima, nel relitto dell’astronave con cui lei e
Spectrus si erano
schiantati all’arrivo, le aveva proposto di fare. Dreadwing
allora le aveva
lasciato intendere che se fosse andato via sarebbe stato per -e con-
lei, non
per se stesso, e quello era uno dei motivi per cui lei
l’aveva dissuaso, ma
magari dopo gli ultimi fatti aveva cambiato idea e aveva deciso di
chiudere con
tutto. Una cosa simile le sembrava poco in linea col Dreadwing che
conosceva,
ma ormai anche lei aveva imparato che le persone, in circostanze
particolari,
potevano comportarsi in modo del tutto opposto al solito.
Forse Dreadwing era già lontano dai Decepticon, lontano dai
propri guai e anche lontano da lei e dai suoi, di guai. Lontano dai
suoi
pianti, dal suo affidarsi a lui per ogni cosa e da tutto ciò
che, per scelta o
meno, aveva sopportato.
Non riusciva a fare a meno di pensare che se fosse stato
così lui avrebbe potuto almeno farle sapere che era a posto
e dirle addio tramite
comm-link, sarebbe
stato sempre
meglio del
silenzio, ma sapeva anche di non essere nella posizione di volere
alcunché da
un mech al quale aveva già preso troppo senza dare niente in
cambio.
«Se volete cercare di riavvicinarvi era giusto che tu glielo
dicessi, anche se sicuramente non è stato facile»
concesse Nickel.
«No infatti. È difficile parlarne
perché tutta la cosa con
Spectrus è anche difficile da spiegare e ancora
più difficile farlo senza
sembrare completamente stupida. Soundwave, ma anche Dreadwing, non
capivano
granché come potessi volergli ancora bene dopo che aveva
tentato di terminarmi
una volta… figurarsi gli dicessi che nonostante tutto
è ancora così».
«come come?!»
esclamò Kaon spostando
la tenda con forza, dimentico di essere teoricamente “in
ricarica” «C’è mancato
poco che facesse secchi sia te che me che Tess,
com’è possibile?!»
Non era arrabbiato, solo estremamente sorpreso, e Nickel non
era da meno. Nessuno dei tre fece caso che un rumore di passi pesanti
si era
interrotto fuori dall’infermeria, neppure Spectra che
rendendosi conto di come
suonava quel che aveva detto cercava un modo di far capire il non
capibile.
«Hai presente quello di cui parlavamo poco fa e di quanto ti
senti grato a qualcuno a cui devi tutto quello che sei? Immagina questa
cosa
cominciare da appena hai avuto l’età per capire e
di non aver avuto nessun
altro intorno, stabilmente, per tutto quel tempo. “Sono
inutile ma questa
persona è l’unica che mi vuole bene lo
stesso”. Tutto quel che vorresti è poter
ricambiare, e un giorno quella persona ti dice che ha bisogno del tuo aiuto. Avrei fatto qualsiasi
cosa»
disse, passando alla prima persona «Penso che ormai sappiate
anche voi che mi
mandava a spiare al posto suo e anche la fine che facevano le persone
dalle
quali mi faceva trovare. Loro non erano cattivi come diceva, non era
giusto che
finissero così, di solito erano gentili con me»
continuò «Era Spectrus a terminarli ma la colpa
era anche mia
perché non
riuscivo a impedirlo, lui li terminava e io mi odiavo a morte, e mi
ripetevo “Senza
di lui non hai niente e non sei niente, non conta come ti senti, lo fai
per lui, a cui devi
tutto, devi farlo per lui,
che
tiene a te come nessun altro”. Poi mi sono innamorata del mio
compagno e ho capito…»
disse, concedendosi un attimo per riprendere fiato «Ho capito
che Spectrus non ha mai
tenuto a me come credevo, e subito dopo ho dovuto attaccarlo e poi ho
creduto
che fosse morto ed è stato tutto un disastro. Sono contenta
di essere riuscita
a smettere di volerlo aiutare, so che è nella Lista, so che
è giusto che si
trovi lì e spero di non vederlo mai più
nella vita, però non riesco ancora a smettere di
pensare a tutto questo e che forse se è finita
così è perché non sono riuscita
a far sì che lui mi volesse bene abbastanza da non volermi
uccidere quando ho
scelto Soundwave… e i Decepticon».
«Quella che hai tu verso Spectrus si chiama
“dipendenza
affettiva”. Lui però non ti ha mai voluto bene,
l’hai detto tu stessa» disse
Nickel «Avresti potuto dargli il mondo e tanto non sarebbe
stato abbastanza,
dunque non hai rovinato le cose: puoi averle accelerate, ma presto o
tardi
sarebbe finita allo stesso modo. L’unica cosa che puoi fare
è cercare di andare avanti, anche se ci vuole tempo, e
parlarne come hai fatto
va molto bene. Io come medico ci sono, gli altri anche, tu
però aiutaci ad
aiutarti».
«È quello che voglio fare».
«Tra le cose che vuoi fare non puoi mettere anche lasciarmi
vincere un attimo a carte la prossima volta?»
domandò Kaon a Spectra.
Questo diede inizio
a
una breve e ben poco seria discussione tra lui e Nickel, la
quale nel
corso
di essa e del controllo dei valori di Kaon utilizzò dei
gesti il cui
significato era sconosciuto a Spectra ma che sicuramente si
avvicinavano molto
all’osceno. Probabilmente avrebbe chiesto la traduzione a
Tarn il giorno dopo.
«E comunque no, quello tra le cose che voglio fare non
c’è»
disse Spectra -che aveva capito e apprezzato il tentativo di Kaon di
alleggerire l’atmosfera- con un sorriso. Sentiva anche che
essere riuscita a
dare forma ai propri pensieri e a spiegarsi la faceva stare meglio.
«È un’ingiustizia
però!»
«In ricarica tutti e due, forza» concluse la
minicon «Avete
bisogno di riposo, soprattutto tu, Kaon!»
I due convalescenti si diedero la buonanotte e la diedero
anche a Nickel, che dopo un’ultima occhiata uscì
dall’infermeria con un breve
sospiro. Era felice che entrambi stessero migliorando, lo era anche nel
vedere
che Spectra sembrava starsi dando da fare in tal senso ma il suo
rapporto con
Spectrus sembrava diventare una faccenda più contorta ogni
volta che ne
parlava.
«Da quanto sei qui?»
«Un po’» disse Tarn «La mia
intenzione sarebbe stata quella
di entrare ma sarebbe stato deleterio interrompere un discorso a dir
poco…
complesso. “Per lui, a cui devi tutto”»
ripeté «Se qualche vorn fa le cose
fossero andate diversamente-»
«Il discorso che ho fatto a lei vale anche per te, per il
passato non si può fare niente ma si può fare
qualcosa adesso. Abbiamo
iniziato, continuiamo così».
Il Decepticon annuì. «Non hai torto. Hai avuto
notizie di
comunicazioni dall’esterno?»
«Se parli del mech che lei non sa ancora essere sulla Lista,
no».
«Mi sembra di notare un accenno di biasimo,
Nickel… la mia
intenzione era quella, poi pensando alla situazione attuale e al fatto
che il
suo compagno mi avrebbe volentieri anticipato ho deciso di concedergli
elegantemente
tempo e modo di farlo. Solo che non ha ancora provveduto, il che
è strano:
visto il modo in cui si è comportato nel loro primo incontro
mi sarei aspettato
che usasse questi giorni per dirle che Lord Megatron ritiene che
Dreadwing vada
condannato e cercasse di rovinarne
l’immagine in qualsiasi modo,
invece sembra aver deciso di fingere che Dreadwing non esista e che
l’aggiunta
del suo nome alla Lista non sia mai avvenuta. Mentirei se dicessi che
lo
capisco» commentò.
C’era più di una ragione dietro a quel
comportamento,
incluso il piccolo dettaglio riguardo il fatto che non fosse stato Lord
Megatron ad aggiungere quel nome alla Lista, ma né lui
né Nickel potevano
saperlo, e le ipotesi erano tutto ciò che restava loro per
quella sera.
***
“Ancora?...”
Di nuovo la
Nemesis sospesa nell’atmosfera terrestre, di
nuovo quella strana vasca, anello o qualsiasi cosa fosse ripieno di un
liquido
sconosciuto, e di nuovo Starscream che urlava, Knockout in lontananza e
il
Decepticon con un solo sensore ottico.
Nessuno di loro
sembrava essere in grado di vederla,
esattamente come l’altra volta. Alcuni sogni che aveva fatto
tempo prima erano
stati estremamente “interattivi” -anche troppo
considerando che era finita
offline in più d’un paio di essi- ma questo non
era tra loro: il Decepticon con
l’occhio rosso non fece minimamente caso a lei mentre
afferrava Starscream
dicendo cose che Spectra, come l’altra volta, non capiva
affatto.
“Shockwave.
Dreadwing mi ha dato una mano a capire chi sei”
pensò.
Quando aveva
visto tutto ciò per la prima volta aveva
riflettuto se parlarne o meno a Dreadwing, decidendo infine di farlo.
Lui aveva
ipotizzato che potesse esserle stata mostrata un’immagine di
Shockwave in
passato e che il suo processore potesse averla ripescata totalmente a
caso -non
era improbabile dato che solitamente era così che funzionava
nei sogni- ma allo
stesso tempo le era sembrato abbastanza dubbioso: d’altra
parte né lui né lei
sapevano davvero se e quanto credere al fatto che anche quel sogno
potesse
avere una base di verità.
Gliene aveva
parlato la stessa notte in cui erano stati
sorpresi nel bosco da Spectrus. Era passato poco tempo ma in quel
momento,
complice anche il trovarsi in un sogno, le sembrava tutto lontanissimo.
Si
voltò sapendo già cos’avrebbe trovato,
alias il corpo di
Lord Megatron che, trafitto da Star Saber e vittima della forza di
gravità,
stava scivolando dalla lama ed era in procinto di cadere nel vuoto;
ancora una
volta non vide chi brandiva la spada, la quale però non
sembrava “attiva”
neppure in quell’occasione, dunque chiunque fosse non era un
Prime. Ricordava
la leggenda a riguardo, e come non avrebbe potuto? Lei era sempre
quella che le
sapeva tutte.
“E se
fosse?...”
Il sospetto che
potesse trattarsi di Dreadwing scomparve
così com’era venuto. Dreadwing poteva avercela con
Lord Megatron, ma non era
lui che Dreadwing avrebbe voluto vedere morto, quello che avrebbe
voluto vedere
morto era Starscream.
“Questa
è la Nemesis, se fosse vero Soundwave sarebbe qui e
ci sarebbe anche la DJD, loro non permetterebbero a nessuno di fare
questo a
Lord Megatron” pensò Spectra “Non
è detto che sia vero o che lo sarà. I miei
sogni sono andati in modo simile ma mai uguale a quello che ho visto,
solo uno
è andato uguale, e-”
Le
passò accanto Arcee, incapace di vederla esattamente
come gli altri, e solo a quel punto vide che più in
là c’era anche l’Autobot
che avrebbe voluto prenderla in ostaggio; non che Spectra ce
l’avesse con lui
per quello, in fin dei conti lei era sposata con un Decepticon. Se non
ricordava male il suo nome era Ratchet, il medico degli Autobot
presente sulla
Terra.
L’astronave
intera a quel punto iniziò a tremare, anche se
lei parve l’unica a rendersene conto, e le stanze e i
corridoi iniziarono a
richiudersi su se stessi.
Forte del fatto
che fosse un sogno, che lei stavolta ne
fosse consapevole e che quindi non ci fosse assolutamente nulla di cui
avere
paura, Spectra Specter si lanciò all’interno della
struttura ad anello ripiena
di liquido strano poco dopo aver avvertito quel che sembrava -o anche
no- il
suono dello spostamento d’aria dovuto a un battere
d’ali.
…
…
“Come,
wayward
souls
And
wander through the
darkness…”
“Dove
sono? Cos’è questo posto?”
pensò Spectra, sulla
soglia di un magazzino molto malridotto e col tetto semi distrutto che
riusciva
a riparare ben poco dell’interno dalla pioggia battente
“Chi è che canta?” si chiese
poi, capace solo di comprendere che si trattava di una femme
“Io non conosco
questa canzone”.
“…outlier!
Outlier! OUTLIER!”
Non conosceva
neppure quelle voci, e se anche le avesse
conosciute non avrebbe avuto motivo di temerle dato che logicamente non
si
stavano rivolgendo a lei, eppure fu pervasa da un terrore profondo e un
istinto
viscerale di scappare che sentiva suoi e, allo stesso tempo,
completamente
alieni a se stessa.
“
There is a
light, for the lost and the meek
Sorrow
and fear are
easily forgotten
When
you submit to the
soil of the earth…”
Il magazzino
prese fuoco, Spectra urlò con una voce che non
era la sua e le sue gambe si mossero indipendentemente dalla sua
volontà mentre
il rumore di passi di corsa di chissà quali e quante persone
dietro di lei
nasceva e aumentava sempre di più, dandole
l’impressione di avere alle spalle
una folla inferocita che lei non riusciva a voltarsi ad osservare. Il
rumore
della corsa e della pioggia però non superavano quello della
canzone
sconosciuta che, già lo immaginava, sarebbe rimasta nel suo
processore per un
pezzo.
“Grow,
tiny seed
You
are called to the
trees
Rise
till your leaves
fill the sky…
Until
your sighs fill the
air in the night…”
Corse ancora, non
poteva proprio farne a meno anche se le
gambe iniziavano a dolere e sentiva un senso di oppressione al petto e
un
malfunzionamento del sistema di ventilazione che non le era mai
capitato di
provare in vita sua. Perché aveva così tanta
paura? Non aveva senso. Lei di
solito non aveva paura degli sconosciuti, proprio perché
sconosciuti: non era
detto che dovessero essere malintenzionati per forza.
Anche se
difficilmente una folla correva urlando dietro
qualcuno per riempirlo di complimenti.
“Lift
your
mighty limbs…
And
give praise to the
fire”.
Una luce davanti
ai suoi occhi attirò la sua attenzione più
di tutto il resto: era quella di una lanterna che si trovava oltre la
vetrina
di un negozio, anch’esso a lei del tutto sconosciuto, ma quel
che campeggiava
in vetrina non lo era affatto: la bambola di Sparkleriver -la stessa
che era
sul comodino dell’infermeria- era lì, a rendere
ancor più strano il tutto.
Forse anche per
quel motivo provò la certezza assoluta che
quel negozio fosse un posto sicuro e si mosse in avanti per
raggiungerlo, ma un
qualcosa di indefinito -causa buio, pioggia e velocità
dell’accaduto- la
strattonò di lato con violenza, senza farle male ma
sollevandola comunque dal
terreno.
Vide il negozio
allontanarsi e la luce della lanterna
sparire, inghiottiti da un’oscurità abissale che
avvolse anche lei subito dopo.
…
…
Quando
riaprì i sensori ottici fu costretta a socchiuderli
nuovamente a causa del fastidio dovuto alla luce improvvisa. Qualsiasi
posto
fosse, di sicuro non erano quel magazzino e quei vicoli tetri nei quali
aveva
fatto la sua corsa disperata fino a poco prima. Si sentiva ancora
piuttosto
scossa, al punto di rendersi conto di star tremando.
Ai suoi sensori
olfattivi giunse un odore dolce che era
sicura di non aver sentito per moltissimo tempo…
cos’era? Era un cibo che le
piaceva.
Quando
riaprì le palpebre si trovò davanti una matassa
filante di zinco rosato. Istintivamente allungò una mano per
prendere il
bastoncino che lo sorreggeva…
“Lali-ho”
disse Bustin, il minicon che Tarn le aveva
descritto come nemico, mostrando sul visore lo stesso sorrisetto di
pixel che
Spectra aveva visto nell’immagine.
Non
c’era differenza da quella al sogno che stava facendo,
se non che in quest’ultimo lui sembrava essere decisamente
più alto: a volerla
dire tutta non era molto più basso di lei. Oltre che su di
lui lo sguardo di
Spectra iniziò a cogliere dettagli anche sul luogo in cui si
trovavano, un
luna park simile a quello che, nell’Harbinger con Starscream,
aveva visto nella
puntata di un anime. Anche il “lali-ho” era una
citazione a quell’episodio.
A quel punto
Spectra fece istintivamente la cosa più da
Spectra che potesse fare.
“Emerald Splash!”
esclamò, allargando le dita di entrambe le mani.
L’attacco
speciale di uno dei protagonisti della serie non
riuscì, ma sicuramente riuscì a far ridere di
gusto il minicon dopo un
brevissimo attimo di confusione.
“Ah,
vedo che sei una donna di cultura” disse
poi, tornando a porgerle lo zinco filato “Allora, signora
Specter, aggiungo o
no le stelline di energon?”
Vero, essendo
sposata ormai era ‘signora’. Era stato tutto
talmente veloce e disastrato da non averci mai pensato.
“Tante stelline,
grazie”.
“Arrivano!”
Lei e Bustin
sembravano proprio essere completamente soli in
quel posto, ma si sentiva del tutto a
suo
agio pur sapendo chi lui fosse: in fin dei conti non si erano mai
incontrati
faccia a faccia e soprattutto, come le prime due parti di quel sogno,
nulla di
tutto quel che aveva attorno era altro che un processo del suo modulo
cerebrale.
“Anche
se mi sono presentato con un ‘Lali-ho’ non ho
brutte
intenzioni, tranquilla” disse lui “Non pensavo che
potessi cogliere il
riferimento”.
“E io
non credevo che l’anime mi fosse rimasto in mente”
replicò Spectra, prendendo in mano il bastoncino quando
Bustin glielo porse di
nuovo. “Grazie”.
“Non mi
hai ancora chiesto chi sono” disse lui.
“So
già chi sei, è per questo che non te
l’ho chiesto”
replicò Spectra, perfettamente tranquilla “Ho
visto una tua immagine”.
“Spero
che fosse del mio profilo destro, è quello che
preferisco”.
“Sinceramente
non penso che dovresti preoccuparti del
profilo. Non so perché tu sia finito a lavorare con Spectrus
ma non è stata una
buona idea” disse Spectra “Anche se fossi stato
costretto, per te non
cambierebbe niente ormai”.
“È
tua abitudine preoccuparti della salute dei tuoi
nemici?”
“Questo
è un sogno e tu non mi hai mai fatto nulla…
ancora”.
“Forse
lo zinco filato è avvelenato, non ci hai pensato?”
Spectra diede una
breve occhiata al dolciume. “Dicevi di
non avere brutte intenzioni, no?”
“Non
tutti
quelli che sono carini con te hanno buone intenzioni, che sia a breve o
lungo
termine. Ormai penso che tu lo sappia”.
“Quello
che è
successo di brutto non cambia il fatto che io continui a pensare che ci
sia più
bene che male nell’Universo. Tra i Decepticon stessi ce ne
sono vari a cui
voglio bene e viceversa, o che comunque si preoccupano un
po’per me. Perfino
Lord Megatron. Spero davvero che non gli capiti qualcosa di
brutto” mormorò,
più a se stessa che a al minicon.
“Qualcosa
di brutto tipo?”
Era preoccupata
per quel che aveva visto prima, si sentiva
ancora inquieta e, riguardo la seconda parte del sogno, anche confusa.
Cercare
di fare mente locale ora che era tutto più tranquillo poteva
non essere una
brutta idea, concluse.
“Certi
sogni che ho fatto si sono avverati, uno in modo
preciso e gli altri no, ma anche lì le vere intenzioni della
persona che ho
sognato si sono rivelate uguali a quelle che ho visto” disse
“Ho sognato Lord
Megatron che moriva. Quando mi sveglierò forse dovrei
parlargliene, lo
riguarda, e poi conosce tante cose più di me, magari mi
può aiutare a capire
che fare… se
è davvero il caso di
prendere sul serio questi sogni, intendo”.
Il minicon
lì per lì non rispose, ma il luna park fu invaso
da una melodia che Spectra conosceva, allegra e un
po’malinconica allo stesso
tempo in alcuni passaggi. Non ricordava a quale anime o film
appartenesse ma
era piuttosto sicura che fosse sempre tra quelli che aveva visto
nell’Harbinger.
“Ti va
di ballare, signora Specter?”
“Non
credo… ecco… non sono capace” disse
Spectra.
“Ti
guido io. È più semplice di quel che
pensi” disse il
minicon, fluttuando alla sua altezza mentre raggiungevano un piazzale a
un paio
di metri di distanza “Hai anche un bel vestito, sarebbe un
peccato non
sfruttarlo”.
Spectra fece a
malapena in tempo a realizzare di star
effettivamente indossando un abito iridescente di foggia simile a
quello visto
indosso a sua madre, prima di trovarsi a essere guidata dal minicon in
quel
ballo improvvisato. Non aveva torto: lasciando fare a lui, con una mano
nella
sua e l’altra poggiata su una sua spalla, era più
semplice di quanto pensasse.
“Tu sei
proprio sicura che parlare ad altri di questi tuoi
sogni sia una buona idea?” disse Bustin “Al momento
ti trovi con i Decepticon.
Non te li toglieresti più di torno già solo per
questo, oltre che per il resto:
immagina come potrebbero voler sfruttare
un’abilità del genere se col tempo
riuscissi a controllarla meglio, e pensa a come sono ridotti coloro le
cui
abilità particolari vengono sfruttate da Megatron
già da tempo. Vuoi davvero
rischiare questo?”
“Non
è detto né che sia controllabile né
che sia un’abilità
vera” replicò Spectra “E comunque Lord
Megatron è stato buono con me, non era
obbligato a lasciare che venissi soccorsa e stessi nella Nemesis e
nemmeno
aveva motivi per parlare bene di me in giro, eppure l’ha
fatto lo stesso. Se
c’è la possibilità che possa
succedergli qualcosa simile al mio sogno, io come
posso stare zitta? Non posso, io… non posso. È
giusto che io provi a
parlargliene e decida lui, il resto non importa”.
Il minicon fece
un breve sospiro. “Capisco. Cerca di non
rovinarti l’esistenza per colpa della gratitudine o della
gentilezza, o se non
vuoi proprio farne a meno trova anche il modo di tirartene fuori.
Sarebbe un
peccato se un giorno finissi offline per questo”.
“È
strano che una persona che lavora con Spectrus si
preoccupi della mia salute” commentò Spectra.
“Come
hai detto tu prima, questo è un sogno, io non ti ho fatto
niente e neppure tu a me” replicò lui “E
ho apprezzato il tuo saluto”.
“Neppure
la DJD ti aveva fatto qualcosa ma da quel che ho
capito li hai attaccati lo stesso» osservò Spectra
«Anche se tra loro c’è… Nicky”.
“Nicky”
ripeté Bustin, dopo una breve pausa “Una
rimpatriata difficile nel momento sbagliato”.
“Non
credo che trovarvi uno contro l’altra fosse quel che
volevi, no? Voglio dire… siete minicon. Da quel che sapevo
Nickel sarebbe
dovuta essere l’unica rimasta e invece ci sei anche tu, ma
siete comunque
soli”.
“Vero.
Sarebbe bello se la vita tenesse conto di quello che
si vuole o non si vuole, peccato che non sia così”
rispose il minicon “E che tu
non sia la sola a rischiare di rovinarsi l’esistenza a causa
delle persone che
ha attorno e ai sentimenti verso di esse”.
“Nickel
ha attorno il resto della DJD, non credo che
vogliano farle del male o rovinarle l’esistenza”
disse Spectra,
perplessa “Forse stando con Spectrus
rischi di farlo più tu che loro, anche senza
volerlo”.
“Di
sicuro è tutto molto complicato”
replicò il minicon,
allontanandosi tranquillamente da Spectra «E ora devi proprio
andare”.
“Come-”
iniziò a dire Spectra mentre l’immagine del luna
park e del minicon diventava sempre più sfocata.
“È
stato interessante. A presto, signora Specter…”
…
…
«…»
Il risveglio di Spectra stavolta non fu brusco come spesso
succedeva dopo quel tipo di sogno. Era consapevole di trovarsi
nell’infermeria
e il suo orologio interno suggeriva che fosse già mattina,
non così tardi da
vedere Kaon sveglio -la tenda era tirata- ma nemmeno a un’ora
troppo
improbabile. A dirla tutta era pressappoco l’ora in
cui…
«Sei sveglia» disse Soundwave, entrando in
infermeria con la
creanza di fare piano dato che c’era un altro paziente in
ricarica.
«Sono uscita dalla ricarica poco fa, ti stavo anche
pensando»
sorrise la femme.
«Spero per cose buone».
«Mi ero resa conto dell’orario, quindi ho
immaginato che
saresti arrivato presto» spiegò Spectra.
«Sì. Giusto. Hai visto che cerco di essere
regolare con le visite,
è più facile per tutti. Avrei davvero voluto
venire a trovarti anche ieri sera,
solo che… lo sai».
«Mi avevi già avvisata che non saresti passato e
so che hai
molto da fare, quindi non c’è problema. E poi non
vengo mai lasciata sola»
cercò di tranquillizzarlo lei «La cosa importante
però è che tu non finisca a
stare male per via del troppo lavoro e del poco sonno, te
l’ho già detto
qualche altra volta».
«Sto attento, non preoccuparti. Tu, piuttosto… il
medico di
bordo mi ha detto che la guarigione procede».
«È vero» confermò Spectra.
«E mentre controllava l’accesso come una guardia
dell’arena
di Kaon mi ha anche detto che però devi ancora restare
qui» continuò Soundwave.
«È vero anche questo e…
cos’è?» domandò Spectra,
mostrando
sincera curiosità nei confronti di un contenitore che
Soundwave ha tirato fuori
da uno scomparto.
«Energocciole» annunciò il tecnico nel
togliere il coperchio
«Dopo averle contate, scansionate e aver analizzato tutti i
macro, qualsiasi
cosa siano di preciso, la minatura
di
guardia dell’arena di Kaon ha detto che puoi mangiarne
“addirittura” cinq… a
quanto pare avevi fame» commentò, vedendola
infilarsene in bocca due insieme.
«Scusami, è che da quando ho sono sulla Terra non
ho visto
un dolce neppure nelle fotografie» si giustificò
lei, con una mano davanti alla
bocca «Non ho avuto nemmeno modo di cucinarli».
«Sai fare i dolci?»
«… già, tu non sapevi neanche
questo» realizzò Spectra. Erano
compagni di vita ma non si erano proprio detti granché, loro
due. «Sì, so fare
i dolci. A dire il vero so cucinare un po’di tutto ma quelli
in particolare mi
vengono bene, dicono. Magari in futuro riuscirò a fartene
assaggiare qualcuno» disse,
rompendo un’energocciola in due parti e porgendone una a
Soundwave.
«Sono contento di sentirti parlare del futuro» fu
la
risposta di Soundwave, il cui stato d’animo a riguardo era
percepibile nel tono
di voce.
«Ecco, a proposito di quello, dopo se Lord Megatron non ha
troppo da fare vorrei parlargli di una cosa-»
Il comm-link di Soundwave emise le statiche di una
comunicazione in entrata, ragion per cui l’ex gladiatore fu
costretto a
interrompere Spectra con un cenno.
– Non credo che la
cosa ti farà piacere ma saresti venuto a saperlo tra poco
– disse Megatron
– Dreadwing è qui.
È nella Nemesis e,
parole sue, si è “consegnato in quanto
disertore”. –
«Soundwave? È
successo qualcosa?» domandò Spectra.
Qualcosa era successo, sì: il possibile fallimento di un
piano concepito dalla rabbia, la gelosia e probabilmente destinato a
finire
male già da allora.
Spectra però, purtroppo o per fortuna, non poteva ancora
saperlo.
N.d.A.:
- l’anime che viene citato è, nemmeno a dirlo,
JOOOO-JO!
*letto cantando Sono
Chino Sadame*
- la canzone è “Merry-Go
Round Of Life”. Che è
bellissima. Il mio disegno riguardo una
scena qui presente, un po’meno :D
“Che ve devo di’, ar massimo ve posso
cantà na canzone”.
Cominciavo a pensare che questo capitolo non sarebbe mai
esistito, invece con una mezza botta di ispirazione e tre inizi di
capitolo più
o meno lunghi e rimescolati tutti insieme in quello che avete letto
sono
riuscita, dopo mesi, a tirare fuori qualcosa.
Dubito che ormai freghi qualcosa a qualcuno, trattasi di un
fandom poco popolato e oltre a questo i tempi di aggiornamento non
aiutano, ma
tengo davvero tanto a continuare e finire questa storia. Ringrazio
coloro che
mi hanno dato/danno sostegno :)
_Cthylla_
|
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Capitolo 24 *** 24 - A volte ritornano ***
Precedentemente:
I Decepticon
della Nemesis sono avanti nella costruzione del
nuovo Omega Lock e, con l’aiuto di Ratchet, nella
stabilizzazione dell’energon
sintetico;
La Decepticon
Justice Division è relativamente in pace e si
sta riprendendo dall’ultimo incontro con Spectrus Specter, il
quale ha teso una
mano agli Autobot -nascosti e creduti morti dai Decepticon- per una
temporanea
alleanza che potrebbe salvare il pianeta Terra da una
cyberformattazione.
In tutto
ciò, Spectra Specter sta cercando di rimettere in
ordine un’esistenza piuttosto complicata tra un matrimonio
che si rivela essere
stato molto avventato, un amico in pericolo e dei sogni
di dubbia natura…
24
(A
volte ritornano)
.:: Qualche tempo
prima rispetto al presente, Terra ::.
Benché
sapesse di non avere molta scelta se non quella di allearsi con un male
maggiore
che in quel contesto era costretto a considerare minore,
c’era voluto un po’di
tempo perché Optimus si decidesse ad accettare
l’idea di un’alleanza temporanea
con qualcuno il cui unico pregio era non voler cyberformattare la
Terra.
L’aveva
ripetuto a se stesso di continuo, perché quella era
l’unica ragione per cui poteva pensare di sopportare il
tutto, e sempre con
quello in mente aveva accettato il patto col diavolo quando questi si
era fatto
sentire di nuovo.
Optimus
aveva
deciso di appoggiarsi anche a Fowler, che si
era offerto di fornire da parte del governo una struttura diversa dalla
base
nella quale far avvenire l’incontro con Specter e il suo
compare prioniano: data
la situazione non era particolarmente sicuro farlo in uno spazio
aperto.
Sì,
Optimus aveva preferito che l’incontro avvenisse di
persona nonostante il soggetto col quale avrebbe dovuto avere a che
fare, un
po’perché era ancora dell’idea che le
cose importanti andassero decise così, un
po’perché voleva verificare coi propri occhi le
condizioni di Specter. Quel
pazzo aveva intenzione di tenere lontana dalla Nemesis la Decepticon
Justice
Division, un compito tutt’altro che semplice già
in condizioni normali,
figurarsi per qualcuno che fino a poco tempo prima riusciva a malapena
a stare
in piedi.
Il
comandante
degli Autobot continuava a temere che si
trattasse di una trappola, e benché nel caso di Spectrus il
volersi vendicare
fosse una ragione più che concreta per agire
-l’aveva già pensato: la DJD
l’aveva parzialmente smembrato e Specter portava rancore per
molto meno-
continuava a sentirsi tutt’altro che sicuro. Come dargli
torto?
Anche
parlare
della cosa al resto degli Autobots non era stato semplice.
Erano “contenti”
quanto lui e Arcee, però era riuscito a far capire loro che
non c’erano molte
alternative. Loro avevano capito, insistendo per accompagnarlo tutti
all’incontro. A un’eventuale apertura
d’emergenza del Ponte Terrestre avrebbe pensato
Rafael, che dopo Ratchet era quello che in generale sapeva usare meglio
i
computer della base.
«…
ed è per questa ragione che è meglio continuare
lasciare il vostro dottorino preferito dove sta: più andate
avanti a non muovervi in tal senso
e più possibilità ci sono che i
Decepticon si convincano del tutto che siate morti, se non lo sono
già. Diranno
“Se fossero vivi avrebbero già cercato di
salvarlo, di solito fanno così”,
mentre stavolta farete qualcosa fuori dai vostri schemi.
Così facendo non si
aspetteranno il vostro attacco alla Nemesis, il che è
l’ideale dato che siete
rimasti quattro cybergatti».
Fino a quel
momento però non era servito, perché Spectrus
stava solo parlando e il suo compare, dopo un “Signora e
signori, buonasera!”
detto con un po’troppo entusiasmo, si era messo seduto dove
Specter di solito
riponeva la spada -ossia su una parte della sua schiena-.
Pur non
immaginando che sarebbe arrivato con un braccio nuovo
-dipinto di blu e di nero come l’originale- che durante la
videochiamata non
aveva, gli avevano detto che se davvero voleva quell’incontro
avrebbe dovuto
essere disarmato, e lui aveva accettato. Per una volta era stato ai
patti.
«Anche
grazie a te, Specter» ribatté Ultra Magnus
«Che hai
preso in ostaggio quel povero ragazzo per un piano concepito da
transistors
deviati, facendolo invece finire nelle mani dei macellai di
Megatron!»
«Sapete
già che i miei piani erano diversi».
«--Sì, farci
saltare
tutti in aria, grazie mille!--»
esclamò Bumblebee.
«Di
sicuro sono più gentile dei macellai che avete appena
nominato e dei quali voi non dovrete occuparvi. Non
c’è di che. Allora:
conoscete la planimetria della Nemesis e sapete chi
c’è, chi non c’è e in che
condizioni si trova. Arrotondate per eccesso e aggiungete anche
Dreadwing al
conteggio, l’ho ferito ma non l’ho ucciso
perché avevo altro da fare» disse,
con un cenno annoiato del solo braccio che aveva «Quindi
potrebbe essere
tornato all’ovile a piangere la morte dell’ingrata
invalida o a continuare ad
aggiungere corna sulla testa del mio delizioso cognato, non saprei.
Ecco sì, vi
consiglio di liberarvi di Soundwave per primo, se volete arrivare a
Megatron
non è
proprio il caso che vi si apra un Ponte sotto i piedi».
«Ci
eravamo arrivati da soli ben prima di te» si fece
sentire Arcee «Non stai parlando con degli idioti».
Anche con
mezzo viso devastato, notò Optimus, il sorrisetto
freddo e arrogante di Spectrus era sempre lo stesso.
«Ci
stiamo sforzando tutti quanti di essere gentili per il
bene di questo piccolo pianeta che amate tanto, Arcee, ma se continui a
darmi
degli assist del genere non resisterò a lungo e questa
magnifica riunione di “famiglia”
verrà rovinata… per colpa tua. Come sempre, del
resto».
«Dovresti
impegnarti di più a essere un po’meno te stesso.
Siamo “quattro cybergatti” ma non siamo stati noi a
proporre un’alleanza né
siamo noi quelli pesantemente menomati» disse Optimus, con
tutta la freddezza
di cui era capace, prima che Arcee sbottasse una serie di insulti
«Quello
che dobbiamo fare noi ci è chiaro e conosciamo
già il campo di battaglia.
Dobbiamo trovare la Nemesis, entrare, liberare Ratchet e impedire che
la Terra
venga cyberformattata».
Un elenco di
soli quattro punti sembrava roba da poco, ma
non era così ed il tutto era ancora pieno di incognite, tra
le quali ciò che
sarebbe successo se Spectrus avesse deciso di tradire oppure se fosse
stato
ucciso prima del tempo. Peccato che non avessero molta scelta.
«Impedirlo
uccidendo Megatron» gli ricordò Spectrus
«Per poi
usare su Cybertron il nuovo Omega Lock che ha fatto costruire. Avevi
dimenticato qualche particolare un po’ più
crudo».
«Niente
che chiunque in questa stanza non sappia già».
«Dirlo
ad alta voce ti metterà nel processore che stavolta
dovete andare fino in fondo per davvero e dovrete anche farlo
più in fretta
possibile. Per i miracoli non sono ancora attrezzato e anche per fare
quel che
ho in mente mi servirà… tu» disse
Spectrus, indicando Fowler che pur seguendo
l’incontro era rimasto in disparte.
«Io?»
si stupì l’agente.
«Proprio.
Se non vuoi che la tua specie venga spazzata via
dai Decepticon dovrai mettere a mia disposizione armi di vario tipo. I
missili
con cui è stata buttata giù Darkmount non
sarebbero male come inizio» disse
l’ex Autobot «Ma sono piuttosto sicuro che abbiate
anche qualcosa di meglio».
«Vuoi
anche un caffè, dei pasticcini e una bomba
all’idrogeno?!» fu la risposta di Fowler pur
essendo consapevole che, data la
gravità della minaccia da affrontare, era probabile che
dovesse finire per
assecondare quelle richieste.
«La
bomba andrà benissimo».
«Scordatela!»
«Peccato.
Serviranno anche degli scudi di rinforzo per la
Jackhammer, i migliori che possono essere messi insieme. È
destinata alla
rottamazione in ogni caso ma dev’essere in grado di fare un
ultimo lavoro e un
atterraggio in quest’area» disse Spectrus,
indicando il posto in questione su
una mappa olografica «Oltre a questo nient’altro,
appena avrò a disposizione le
armi saremo a posto».
«--Il rischio di farti
uccidere è grosso quanto quello di essere colpito da una
frana, una valanga o
tutte e due le cose insieme--»
commentò Bumblebee, osservando il posto che
Spectrus aveva scelto «--Ma poi, la base
della DJD non è in un posto simile? Messatine è
rocce, neve e inquietudine. Si sentiranno a casa--».
«Lo
so. Cos’è, ti preoccupi per la salute del tuo
vecchio
compagno di squadra?»
«--Mi preoccupo che ti
smembrino di nuovo un po’prima di quanto spero--».
«Vinci
un biscotto per l’onestà. Noto che mi stai
fissando
da un po’, Bulkhead. Hai qualcosa da dire?»
Optimus si
voltò a dare un’occhiata a Bulkhead, il quale
sembrava fissare il nuovo braccio di Spectrus con particolare interesse
misto
alla confusione e a un’aria da “non è
possibile”. Optimus immaginava che quello
venisse da uno dei vehicon più grossi, e non era detto che
Specter se lo fosse
procurato dopo l’ultimo scontro con Tarn, se mai tempo prima:
prevedere di
dover sostituire qualche pezzo non era una cosa stupida, specie
pensando alla
“mano” nuova di Ultra Magnus.
«…
Jacky».
Arcee
guardò stranita il demolitore. «Bulkhead,
cos-»
«Quello
è il braccio di Wheeljack, PEZZO DI-»
«Ehi
grosso, non davanti ai bambini!» si fece sentire
Bustin.
«Qui
non ci sono bam… Miko?!»
allibì l’Autobot, temporaneamente dimentico del
braccio incriminato nel vedere
lì la sua “partner”.
Era vicina a
delle casse dietro le quali, dopo essersi
intrufolata chissà come in quel posto, doveva essersi
nascosta fino ad allora,
e sembrava intenta a scattare fotografie a un minicon ora vicino a lei
e munito
di occhiali da sole, cappello stile Blues Brothers e posa plastica.
«…
iscriviti al mio canale, mi raccomando».
«Stai -lontano -da
-LEI!»
intimò il demolitore al prioniano, col pugno pronto a tirare
un
colpo che avrebbe potuto ridurre questi in una frittata «Se
provi a toccarla io
ti-»
«Puoi
stare tranquillo, tra Autobot, Decepticon e umani apprezzo
questi ultimi molto di più» replicò
Bustin, allontanandosi in volo da Miko dopo
un breve cenno di saluto «E devo ai giapponesi molte delle
serie che gradisco.
A proposito, ho adorato il Comiket» disse, tornando a
rivolgersi alla ragazzina
«Senza travestimento ho rimediato molti complimenti come
“cosplayer”!»
«E
tu come hai fatto a entrare?!» esclamò Fowler,
guardando
Miko «Dimmi che non si sei infilata nel portabagagli,
altrimenti!…»
«No
no, ero sotto il sedile posteriore!»
Dando una
breve occhiata a Spectrus, vide che questi lo
guardava scuotendo la testa come a dirgli “Non sei neppure
capace di tenere a
freno dei ragazzini”. Non aveva tutti i torti, anche se i
ragazzini in
questione si erano resi utili in più di un frangente, e
forse era anche per
quel motivo che spesso li aveva lasciati fare.
«E
comunque!» esclamò Miko dopo aver ricevuto e letto
un
messaggio sul suo cellulare «È un bene che io sia
qui, almeno posso dirvi
subito che Raf ha trovato un pezzo d’ala di Laserbeak e lo
ha…» lesse «“Usato
per agganciarsi al segnale dato dal resto di Laserbeak e localizzare la
Nemesis”! È fatta!»
«Finalmente
una buona notizia» disse Arcee, con sincero
sollievo.
Nel corso
della riunione Spectrus aveva accennato al fatto
di essere in grado di localizzare la Peaceful Tiranny e la Nemesis di
conseguenza -per quel che sapevano, viaggiavano ancora insieme-
però tutti gli
Autobot potevano essere solo felici all’idea di non dover
dipendere da lui in
questo.
Spectrus a
quel punto si alzò in piedi e si avviò verso
l’uscita. «Tutto quel che c’era da dire
è stato detto, dunque la riunione è
finita e ci aggiorniamo quando le armi saranno pronte, ed è
meglio che lo siano
presto. Prima o poi -più prima che poi- i lavori per mettere
in funzione l’Omega
Lock finiranno. E comunque no, Bulkhead: il braccio del tuo amico mi
avrebbe fatto
comodo, magari sarebbe stato un po’ più grosso, ma
ormai anche le schegge che
ne restavano si saranno arrugginite, piaccia o no».
«Non
è ancora stato detto tutto, c’è
un’ultima cosa» affermò
Optimus, dopo aver bloccato Bulkhead con un cenno. Capiva la sua voglia
di
prenderlo a pugni fino alla rottamazione, ma era un piacere riservato
alla DJD,
e lui e il resto del Team Prime erano anche costretti a sperare che non
ci
riuscissero… o comunque non prima che loro avessero fatto
quel che dovevano. A
volta la vita, per utilizzare un’espressione dei ragazzini,
“faceva proprio
schifo” «Se ti verrà in mente di
tradirci non ci sarà alcun posto nell’Universo
dove potrai riuscire a nasconderti. È una
promessa».
Spectrus
sollevò brevemente il sopracciglio prima di rivolgersi
al suo compare minicon. «Who you gonna
call?»
«Ghost! Busters!»
***
«Non
ti ha dato un pugno in faccia solo perché gli servi
abbastanza in forma, lo sai questo?»
«Prime
e gli altri hanno nemmeno capito la citazione, nano,
forse l’hanno fatto solo gli umani. Se li tradissi potrei
preoccuparmi dei loro
fantasmi, al massimo» disse Spectrus, arrivato a pochi metri
dalla Jackhammer
«Per cui non…»
Un passo
barcollante.
“Maledetto”
pensò, rivolto a un boia Decepticon che non
poteva sentirlo.
Bustin, fino
ad allora seduto sulla spalla col nuovo braccio
attaccato, volò davanti a lui.
«“Non
sto facendo troppi sforzi per esercitarmi col braccio,
nano, quindi la temperatura interna non si alzerà troppo
un’altra volta, non
sei mia madre, sono praticamente a posto”» disse
Bustin, ripetendo quel che lui
stesso gli aveva detto.
«“Praticamente
a posto” lo sono. Quasi. Qui e il momento
dello scontro lo sarò, anche se non credo manchi molto.
Muoviamoci a tornare
dentro».
«Siamo
coperti, non c’è fretta. Tu sai che quello a cui
hai
pensato non è il solo modo di procurarci una nuova
astronave».
«Ne
avrei almeno altri due. Forse due e mezzo, se nei resti
della Iron Will il modulo spaziale non fosse rotto».
«Sai
anche che non è il solo modo di sbarazzarti di un
po’di
alcuni tuoi nemici».
«Ma
è l’unico che valga veramente la pena. Se tutto va
come
deve andare, il disastro sarà epocale».
«Questo
è vero» riconobbe il minicon «Per una
volta avresti
contribuito a un disastro davvero degno di nota. Ma cosa succederebbe
se a
decidere di tradire fossero gli Autobot? Potrebbero trovare un modo per
farlo o
più. Potrebbero distruggere l’Omega Lock anche
stavolta e rimandare l’uccisione
di Megatron a quando Tarnlandia non sarà più
sulla Terra e tu sarai, se gli
Autobot stessi cercassero di far sì che succeda, morto. Con
loro ci siamo
comportati come se solo la nostra parte fosse vitale perché
il tutto riesca, ma
non è così».
«
Tengono troppo a questo pianeta per permettergli di
riprovarci anche una terza volta» ribatté il mech
«Togliere di torno Megatron,
farlo presto e farlo quando ha meno gente intorno è la cosa
più conveniente per
loro».
«Sul
breve termine».
«Dopotutto,
al di là di Frollo e compagnia, chi garantisce
loro che Megatron non trovi altri rinforzi come e peggio di quanto
fosse
l’armata degli insecticons?»
«Anche
qui non hai
torto ma sai benissimo che il punto del
mio discorso era un altro» insistette Bustin, volando di
fianco a lui «Hai il
caos in programma e un rischio altissimo di non goderne se anche
riuscisse. A
dirla tutta le probabilità di riuscita sono più
alte di quelle della tua
sopravvivenza, anche con le armi che ti daranno».
«Non
è la prima volta in cui mi trovo in una situazione a
rischio e non sarà l’ultima. A te poi basta solo
un briciolo di attenzione per
evitare di finire offline, quindi a che serve questo
discorso?».
«Non
ti importa della Terra, quindi potresti tradire e basta
sapendo quanto sia probabile che almeno gli Autobot finiscano offline.
È da
quando siamo arrivati che ti infili in “situazioni a
rischio” una dopo l’altra
sapendo che, per quanto pianificate possano essere, può
sempre andare storto
qualcosa… come l’ultima volta. Frollo ti ha
conciato male, io lo so, tu lo sai.
Immagino che anche prima di incontrarci ti comportassi allo stesso
modo, forse
anche peggio. Quel che mi chiedo è:
“Perché?”»
“Perché
quella fangirl emo perennemente infoiata mi avrebbe
fatto a pezzi, lo
ha fatto”.
“Perché
è divertente”.
“Perché
lo meritano. In fin dei conti, se si trovano in
condizione di soffrire, la colpa è loro per non essere stati
abbastanza forti
da evitarlo. La vita non fa sconti a nessuno, quindi che si sveglino,
finché
possono”.
“Perché
mi dà una soddisfazione immensa l’idea di vedere
le
loro facce quando in tutto il disastro loro vanno in pezzi mentre io
faccio il
contrario, e sopravvivo, e vinco. Com’è
sempre stato prima di quella giornata
del cazzo e anche dopo. Ne vale la pena anche perché, oltre
alla vita stessa e
alla soddisfazione che posso trarne, che altro
c’è?”
Spectrus fece
spallucce. «E perché no?»
.: Peaceful
Tiranny- il
presente :.
C’erano
dei motivi se Tarn fino a quel momento aveva evitato
di mettere Spectra al corrente del fatto che Dreadwing fosse nella
Lista tra i
bersagli prioritari, allo stesso livello di Airachnid, ancora
ufficialmente
dispersa: aveva parlato a Nickel di uno di essi ed era stato abbastanza
onesto
nel dirle che aveva voluto dare a Soundwave la possibilità
di parlare della
cosa a sua moglie -una vocina fin troppo somigliante a quella di Nickel
suggeriva che fosse codardia, ma non aveva intenzione di darle peso-
ma, per
valido che fosse, quell’uno non era il solo. Più
di tutto, e questo era
qualcosa che riusciva ad ammettere con se stesso, aveva pensato alle
conseguenze su un equilibrio psichico che definire così
-“equilibrio”- al
momento suonava come una presa in giro.
In passato o
con altre persone che non fossero lei si
sarebbe allarmato per aver avuto pensieri che potevano suggerire un
punto
debole da estirpare con forza, mentre nel caso specifico aveva solo
concluso di
tenerli da conto e aggiustare il tiro. Spectra sembrava tenere molto a
Dreadwing quindi, dopo che Soundwave era stato costretto a dirle della
detenzione di questi e della sua presenza nella Lista, Tarn aveva
potuto
immaginare svariati scenari di pianti, suppliche di risparmiare la vita
del
seeker che lui non avrebbe potuto accogliere neppure volendo e, nel
caso
peggiore, una nuova ricaduta o più di una. Aveva sperato di
no ma aveva anche
ritenuto di non poterlo escludere, dunque si era preparato mentalmente
a essere
inflessibile sull’argomento come lo era stato vorn orsono
quando Spectra li
aveva raggiunti con i biscotti.
«…Lord
Megatron ha parlato con Dreadwing lo stesso giorno in
cui vi ho incontrati su questo pianeta, avrebbe voluto che tornasse
nella
Nemesis e non aveva intenzione di ucciderlo, perché se
l’avesse avuta l’avrebbe
fatto appena Dreadwing gli ha detto di no. Che sia nella Lista non
ha senso anche per questo oltre per il fatto che lui non ha
fatto
niente per meritare di finire lì dentro. Volevo parlare con
Lord Megatron anche
per altri motivi, già che ci sono gli chiederò
cosa succede».
Tutto aveva
pensato insomma tranne che di vederla reagire
nel modo in cui lo stava facendo: né pianti né
svenimenti, piuttosto
l’intenzione di andare a parlare con Lord Megatron come se
fosse stato un suo
diritto o comunque qualcosa di normalissimo.
«Spectra,
tu sai che Lord Megatron è molto impegnato con i
preparativi per quel che succederà a breve, scienziati e
medico Autobot
permettendo. Non so di cos’altro tu voglia parlare con lui ma
riguardo
Dreadwing non sono sicuro che sia il caso di distrarlo con una
questione di cui
ha già deciso l’esito» disse il
Decepticon «Mi rendo conto che lo consideri un
amico ma si trova nella Lista».
«Per
avermi portata via dalla Nemesis quando io gliel’ho
chiesto, perché questo è
tutto quello che può aver fatto di male» disse lei
«Ci sono persone che hanno
cercato di uccidere Lord Megatron più di una volta e sono
ancora online, mentre
Dreadwing non si sarebbe mai permesso di tradire così lui o
i Decepticon. Mai.
Credo che questo Lord Megatron lo sappia, quindi
com’è possibile che voglia
vederlo terminato da te? Non ha senso» ripeté
Spectra, spiegazzando la coperta
nello stringerla tra le mani «Solo poco tempo fa avrebbe
voluto che tornasse
qui».
«Non
è possibile che Dreadwing ti abbia mentito riguardo
questo punto?» domandò Tarn «Per
mettersi in una luce migliore o per farti
stare più tranquilla. Quando si è dei fuggitivi
è confortante pensare di avere
dei nemici in meno».
«Dreadwing
non è il tipo di persona che tende a mentire»
affermò
Spectra, con tutta la calma e la sicurezza del mondo, guardando Tarn
dritto nei
sensori ottici «E tantomeno lo farebbe con me. Non so
perché Lord Megatron dopo
abbia cambiato idea, ma se Dreadwing dice che quel giorno non lo voleva
morto
allora è così. Quando ti ha detto di metterlo
nella Lista ha almeno accennato
qualcosa sul perché? Io non riesco a
capirlo…»
Tarn scosse la
testa. No, in quella notifica non gli erano
stati comunicati i motivi, anche perché non c’era
mai stato bisogno: se Lord
Megatron faceva un nome per la Lista, quel nome si aggiungeva senza se,
senza
ma e senza farsi domande, era sempre stato così anche in
occasioni in cui c’era
una certa dissonanza tra un ordine e l’altro.
Come in quel
caso specifico, perché ora Tarn stava
ricordando un dettaglio della sua conversazione con Lord Megatron il
giorno
dell’arrivo sulla Terra.
«Sentendotene
parlare mi è tornato in mente un dettaglio
risalente a quel giorno. Lord Megatron aveva detto
“Dreadwing ha
abbandonato la Nemesis ma non la Causa, quindi per ora non merita
né la Lista
né di essere un altro Starscream”. Riguardo il
mentire… forse il tuo amico non l’ha
fatto» fu costretto ad ammettere.
«Non
è il tipo che dice bugie, te l’ho detto»
«Ciò
non toglie che le cose siano cambiate. Magari Lord
Megatron ha ritenuto che la sua assenza durante l’attacco
degli insecticons
fosse una ragione sufficiente, perché la nota è
arrivata poco dopo, o forse
ne ha altre che non vedi. Tu sai che anche quando Lord Megatron
darà l’ordine io
dovrò eseguirlo, al di là di quel che stiamo
dicendo adesso».
«“Se”
darà l’ordine» replicò lei
«Dreadwing è tornato da
qualche ora e Lord Megatron non l’ha ancora fatto. Ha
cambiato idea una volta,
magari può cambiarla ancora».
In quel caso
specifico, se il tutto non fosse andato contro
un ordine che presto o tardi avrebbe dovuto eseguire, Tarn avrebbe
quasi potuto
definire ammirabile una simile determinazione in qualcuno messo
com’era lei.
Era lontana dallo stare bene ma pareva che la persona che
l’aveva favorevolmente colpito vorn
addietro non fosse morta.
Quella femme
non finiva mai di stupirlo e Tarn, pur avendo
una certa mania di controllo, non sapeva se dispiacersi o meno
dell’imprevedibilità
di certe reazioni.
«Lo
spero davvero» continuò lei
«Perché se no… non merita quella fine»
scosse la testa «Anche lui è sempre
stato gentile con me».
«La
sua gentilezza non ti ha protetta da Spectrus» si
trovò
a dire con una certa freddezza prima di riuscire a rifletterci sopra.
Sapeva da
tempo che Dreadwing e Spectra tenevano uno
all’altra, era palese al punto che lui stesso prima di sapere
che era sposata
con Soundwave aveva pensato che potessero essere compagni. Non era
così e
Spectra non l’aveva mai contraddetto quando lui
l’aveva definito un amico, ma per
Tarn il fatto che lei gli volesse bene e che lui potesse aver avuto le
migliori
intenzioni significava ben poco di fronte al fatto che fosse quasi
morta. Anzi:
a essere onesto, ricordando il momento in cui Spectrus
l’aveva trafitta e tutte
le ore nelle quali aveva pensato che l’ennesima ricaduta
potesse essere
l’ultima, per lui “le buone intenzioni e la
gentilezza” di Dreadwing non
significavano assolutamente niente -al di là del fatto che
fosse nella Lista.
«C’è mancato troppo poco» aggiunse, rivolto più a
se
stesso che a lei.
Dopo una
breve occhiata, Spectra poggiò una mano sul suo
avambraccio, accarezzandolo delicatamente in un gesto di conforto.
Tarn
immaginò che avesse compreso almeno in parte il suo
stato d’animo, ma si disse che era uno di quei casi in cui
ciò non
era un male, anche perché quella ricerca di un contatto da
parte di lei non gli dispiaceva. Aveva
deciso di essere molto chiaro già da quando le aveva
mostrato i libri e
il resto, anche se in quel frangente era stato difficile per lui
rendersi
conto di essersi “scoperto”. Non lo era neppure
adesso -anche se aveva
accettato l’idea di tenere a lei- ma considerando
com’era stata la
sua intera esistenza non poteva essere diverso.
«Siete
arrivati quasi subito, se avessi cercato di fuggire
sul serio forse Spectrus non avrebbe neppure fatto in tempo ad
avvicinarsi
abbastanza. Quello che cerco di dire è che Dreadwing ha
fatto quello che ha
potuto con gli altri, ma non poteva proteggermi anche da me. Sono finita
così anche perché ci ho messo del mio»
disse
Spectra «Non lo rifarò. Promesso».
Se non altro
il suo messaggio sembrava essere arrivato a
destinazione, cosa per cui poteva solo sentirsi sollevato.
«Sarebbe
un peccato».
«Anche
per Dreadwing… però penso che sia inutile dirtelo
ancora».
Non
c’era né biasimo né altro nel suo tono,
era una semplice
constatazione riguardo qualcosa che evidentemente le era chiaro da
tempo. Niente
“Tarn ti prego/ti imploro/ti supplico”. Meglio
così.
«Davvero,
io spero di poter vedere Lord Megatron presto, anche
perché come dicevo devo parlargli anche dell’altra
cosa».
«Vuoi
provare a parlarne anche a me?» le domandò Tarn,
un
po’sollevato all’idea di poter cambiare argomento
«Potrei essere utile lo
stesso, pur non essendo Lui».
«Non
lo so, pensavo di chiedere a lui perché è
coinvolto in
prima persona ma anche perché alla sua età ha
sicuramente visto tante cose,
magari anche strane, che io invece no»
considerò lei, con aria pensierosa
«Però il discorso dell’età
vale anche per te
mi sa, quindi penso che vada bene!»
«Negli
ultimi tempi ho fatto il pieno di cose strane, quindi
forse posso darti una mano pur essendo più giovane di
svariati vorn rispetto a
Lord Megatron e anche rispetto al tuo compagno di vita».
«Ah
sì?» disse Spectra, con sguardo estremamente
sorpreso.
«…
sì».
«Non
l’avrei mai detto, sai?»
«Né
io pensavo di essere messo così male, ma a quanto pare
devo ricredermi».
«No,
non è perché sei messo male, anzi. Lo credevo
più che altro
per... è che quando ci siamo incontrati la prima volta mi
eri sembrato un po’
rigido, un po' freddino, non solo perché sei il capo della squadra, e i
cybertroniani di una
certa età tendono a esserlo di più, quindi mi ero
fatta quell’idea. A quanto
pare però mi sbagliavo, e non solo per
l’età» concluse lei, per poi guardarlo
leggermente dubbiosa «Non è
che te la sei presa, vero? Anche perché avere
l’età di Lord Megatron non vuol
dire essere messi male, no? O magari pensi di
sì?...»
«Assolutamente no e
non divaghiamo oltre: di cosa volevi parlare?»
Mentre pensava
a quanto a volte parlare con lei potesse
risultare una faccenda ardua, la vide esitare prima di iniziare il
discorso,
come rimuginando su qualcosa o se fosse stata indecisa, ma il tutto
durò
pochissimo.
«Che
tu sappia, esistono dei transformers che riescono a
vedere il futuro? Anche solo qualche pezzetto? Perché io
penso… non ne sono
sicura al cento per cento ed è anche per questo che chiedo,
per cercare di
capire, però… da quando sono arrivata qui sulla
Terra mi sono resa conto che
alcuni sogni che faccio potrebbero non essere solo dei sogni, ma
qualcosa di
più. Forse».
Quel che aveva
sentito era l’ennesima piega inaspettata
presa da Spectra Specter, tanto per cambiare. Che lei non fosse una
persona
comune era risaputo ma non aveva mai preso in considerazione la
possibilità che
potesse essere un’outlier come lui, un altro tratto in comune
oltre a quelli
che aveva già avuto modo di vedere e sentire,
un’altra cosa ad avvicinare due
persone che per il resto non avrebbero potuto essere più
diverse -in virtù di
un animo buono che lui non aveva più da una vita.
«Posso
dire con certezza che ne esistono almeno due: con una,
mio malgrado, ho avuto a che fare poco prima di arrivare qui,
l’altra invece è
una persona che conosco da molto tempo. Guarda caso, la stessa che un
paio di
vite fa creò quella bambola» disse il Decepticon,
indicando la bambola di
Sparkleriver «Nel primo caso poter dare un'occhiata al futuro
è solo la punta dell'iceberg, nel secondo caso la vista
è
estremamente limitata, ma c’è. In virtù
di tutto questo direi che
dei possibili sogni profetici non siano improbabili, per cui spiega
più
dettagliatamente. Per favore».
Spectra lo
fece. Parlò di quelli riguardanti Starscream e
Spectrus, di quello ambientato il mattino dopo le nozze e per ultimi,
ma non
per importanza, di quelli che l’avevano messa in allarme -e
stavano mettendo
abbastanza in allarme anche lui: Lord Megatron che moriva infilzato da
una Star
Saber non attiva. Il solo pensiero che potesse succedere, specie con
lui
presente sul pianeta, non poteva essere ammissibile.
«…
c’era Shockwave, ma io non avevo mai visto Shockwave,
è
stato Dreadwing che quando gli ho raccontato dei miei sogni mi ha detto
chi
era, ed ecco perché ho il dubbio che non fosse un sogno
normale. L’ho visto
anche la seconda volta, nel sogno diviso in tre parti. La seconda parte
del
sogno non l’ho proprio capita e la terza non
c’entrava niente col resto, ma
nella prima c’era Lord Megatron che moriva, di nuovo, e di
nuovo nello stesso
modo. La sola differenza è che stavolta c’erano
anche gli Autobot».
«Gli
Autobot sono morti. Non lo erano quando hai fatto il
primo sogno, ora sì» osservò Tarn.
«Hai
ragione. Però come ho detto non conoscevo Shockwave, e
se anche l’avessi visto da qualche parte non potevo sapere
che è nella Nemesis
e c’era già dai tempi del primo sogno. Dreadwing
ha detto che il sogno con
Starscream poteva essere un ricordo tornato a galla e quelli su
Spectrus
l’inconscio che cercava di suggerirmi qualcosa, e ha senso,
ma il resto come si
spiega?»
Nonostante
tutto, al momento Tarn non si sentiva di dirle né
sì né no. C’erano delle spiegazioni
valide ma gli ultimi tempi aveva visto
troppe stranezze per decidere a prescindere di non crederle, farlo
sarebbe più
stupido di quanto lui non fosse.
«Non
so darti una risposta. Forse… hai detto che
l’ultimo
sogno era in tre parti. Parlami di quelle, anche se dici di non aver
capito la
seconda».
Lei si strinse
di più nelle coperte. «Avevo tanta paura, non
ne ho mai avuta tanta in tutta la vita. La cosa strana è che
non la sentivo
“mia”. Ero in un posto che sono sicura di non aver
mai visto, in una specie di
magazzino messo molto male e con il tetto mezzo rotto. Pioveva un
sacco».
La sensazione
provata da Tarn in quel momento era molto
strana: la stessa che precede l’arrivo di un indefinito
“qualcosa” poco
gradevole, senza riuscire a vedere da dove arriverà -o non volerlo vedere- né
la natura precisa.
«Poi
il magazzino ha preso fuoco, io ho urlato e sono corsa
via. Mi sentivo male» indicò il petto
«Non alla Scintilla, era come se il
sistema di ventilazione non funzionasse. Non avevo mai provato niente
del
genere prima. Poi ho iniziato a sentire delle persone che mi
inseguivano,
urlavano “outlier, outlier”…»
La sensazione
strana provata del leader della DJD stava
iniziando a trasformarsi in qualcosa di meno strano e più
conosciuto. Spectra
era quella col regolatore di temperatura ancora in fase di taratura, ma
anche
lui aveva l’impressione di stare iniziando a sentire freddo,
mentre il
processore rifiutava di uscire dalla stasi in cui si era messo.
«A
un certo punto mi sono trovata davanti un negozio che non
avevo mai visto, però ho avuto
l’impressione… no, la certezza, che fosse un
posto sicuro. C’erano una grossa lanterna gialla e, cosa
ancora più strana, quella»
indicò la bambola somigliante a Sparkleriver Specter, che al
momento stava
fissando proprio lui con ottiche vitree color serenity «In
vetrina. Volevo andare
lì ma poi qualcosa mi ha allontanata e quindi non ci sono
riuscita, ed è finita
cos… no. Stavo dimenticando una cosa: in tutto questo, dal
primo all’ultimo
momento, c’è sempre stata una donna che cantava.
Io però non conoscevo quella
canzone… come tutto il resto. Te l’ho detto, non
ho capito niente di tutto
questo».
Oltre al
cervello adesso era anche il corpo di Tarn a essere
in stasi, forse nel tentativo estremo quanto inutile di evitare ancora
per un
po’ di processare quanto aveva sentito; ma era difficile ora
che aveva davanti
agli occhi il buio di quel magazzino e la luce del fuoco, come il
rumore della
pioggia nei recettori uditivi e la voce di Scylla.
«La
canzone» si sentì dire «Puoi cantarla
per me?»
A che pro?, si
chiese. Non c’era bisogno di una conferma,
sapeva benissimo quale canzone avrebbe sentito, sapeva benissimo
cos’aveva
sognato Spectra Specter -anche se l’aveva fatto in modo
alquanto impreciso-
eppure non ritirò la sua richiesta, ancora paralizzato,
forse per il contrasto
dell’essere del tutto convinto quanto incapace di accettare
la realtà dei
fatti.
“Come,
wayward souls,
And wander
through the
darkness…”
Una
realtà dei fatti con cui però avrebbe -avrebbero-
dovuto
fare i conti il prima possibile.
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Capitolo 25 *** 25 - Fine della favola -ma non della storia- ***
25
(Fine della
favola -ma non della storia-)
«… questo è tutto quel che ricordo,
Lord Megatron, almeno per
la parte del mio sogno che La riguarda».
Più si andava avanti, più Spectra diventava qualcuno di
comodo e molto scomodo insieme alle ottiche di
Megatron. Non
perché avesse smesso
di apprezzarla come persona -né si era pentito delle
decisioni
sul suo conto- ma
per la sua influenza sulle cose, sulla
gente, per il caos che si portava appresso, e ora anche per questo.
Non stentava a credere che
quella giovane femme potesse essere capace di vedere sprazzi del
futuro, già solo
perché Tarn non l’avrebbe
mai fatto venire nell’infermeria della Peaceful Tiranny
-diventata
temporaneamente una sala riunioni, per la “gioia”
della minicon, anche lei
presente come Tarn stesso e il tecnico senza ottiche della DJD- con
tutta
quell’urgenza se non avesse avuto sospetti più che
concreti del fatto che
potesse essere vero.
Si sarebbe potuto sentire allarmato pensando a quando una cosa simile
era successa a lui, con tutto quel che ne era derivato e che
aveva coinvolto anche una divinità, ma Spectra non aveva mai
assunto dell'energon oscuro, dunque Megatron non pensava che Unicron
c'entrasse anche stavolta.
«Ho capito. Il resto?»
«Nella seconda parte del sogno non ho visto nessuno che io
conosca. Non conosco neppure il posto o la canzone che ho sentito,
l’unica cosa
familiare che ho visto è la bambola».
«È vecchia» si sbrigò a dire
Tarn, rimasto in silenzio fino
a quel momento «Risale a un paio di vite fa, ossia a quando
è ambientata quella
parte del sogno. Seppur abbastanza impreciso era corretto nella sua
sostanza,
con cose che non può essere venuta a sapere in altro
modo».
“Ha sognato qualcosa riguardante il suo passato?... questo
spiega
varie cose” pensò l’ex gladiatore.
«È per questo che ho deciso di avvertirLa, Lord
Megatron,
oltre al fatto che a dire di Spectra c’è stato
almeno un caso in cui uno dei
suoi sogni si è avverato».
«Avete fatto la cosa giusta. Per quanto tu abbia detto di
essere incerta sul considerarlo vero o meno, Spectra, non sono
dell’idea di
sottovalutare la cosa. Grazie a te sappiamo che dovremo essere pronti
per un
attacco da parte di Spectrus-»
«Io però non ho visto lui, io ho visto gli altri
Autobot»
disse Spectra.
«Lo so» replicò Megatron
«Però gli altri Autobot sono stati
terminati il giorno in cui grazie a Soundwave abbiamo localizzato la
loro base.
Inizialmente posso aver avuto qualche dubbio in merito ma abbiamo il
loro
medico e, ricordando chi abbiamo qui» indicò Tarn
con un cenno del capo «Se
fossero stati ancora online avrebbero tentato di entrare di nascosto
nella
Nemesis per salvarlo già da qualche tempo. Invece non si
è visto nessuno,
Soundwave non ha rilevato nulla di strano sui radar né ci
sono stati attacchi
al sistema, dunque restano solo Spectrus e il minicon. Inoltre non hai
visto
chi mi ha ucciso nel tuo sogno» continuò
«Sappiamo solo che Star Saber non era
attiva, altra cosa che suggerisce che Optimus Prime si sia riunito
all’All
Spark. Una battaglia campale che porti alla mia morte non potrebbe
essere che
tra noi: nessun altro sarebbe all’altezza».
«Spectrus però è abbastanza affezionato
alla propria spada,
almeno quello lo so-»
«Se fossi al posto suo, dopo i danni che ha
subìto, e dovessi
entrare nella Nemesis con l’intenzione di uccidere me» indicò se stesso
«Cercherei di procurarmi l’arma più
potente
presente sul posto. Non c’è affezione che
tenga» sollevò un sopracciglio «Spero
che dopo tutto quel che è successo tu non stia, almeno in
parte, cercando di
difenderlo ancora».
Spectra scosse la testa. «Però lui ora
è senza braccia, quindi
come potrebbe riuscire a ucciderLa con una spada? È messo
così, no, Kaon? Me
l’hai detto tu in questi giorni».
«Vero, Lill-ehm, Spectra» si corresse il tecnico,
forse per
mantenere l’atmosfera di serietà in quella
riunione alla quale di norma lui non
avrebbe neppure partecipato «Però se è
riuscito a trovare un minicon in un
pianeta di organici ti stupirebbe davvero che riesca anche a tirare
fuori due
braccia nuove da chissà dove?»
«… Wheeljack» disse Tarn
«L’Autobot che abbiamo incontrato
poco dopo il nostro arrivo. Le braccia le aveva ancora».
«Ma l’ho attaccato alla montagna con la colla di
valvola,
auguri a staccarlo, ne rimane metà appiccicato alla
roccia!» esclamò Kaon.
«Kaon-»
«Cos’è la colla di valvola?»
domandò Spectra.
“Da un lato vorrei accodarmi a domandare,
dall’altro non
sono certo di volerlo sapere” pensò Megatron
“E sotto la maschera di Tarn
intravedo un’espressione da ‘uccidetemi/uccidetelo
adesso’, quindi direi di
glissare sull’argomento”.
«Quello di Wheeljack non era il solo cadavere che Spectrus
potesse trovare in giro, né ritengo che sarebbe schifato
all’idea di un
trapianto, tanto più in questa situazione. Di sicuro quelle
braccia servono più
a lui che al suo ex collega» commentò Megatron.
Diede un’occhiata a Spectra: non stava facendo una piega di
fronte alle azioni violente citate. In fin dei conti se aveva
conosciuto la DJD
quando non era ancora adulta doveva aver avuto ampiamente modo di
capire sia
come agivano, sia di non poter fare niente per cambiare le cose. No,
per una
volta non poteva neppure lei.
Non si era scomposta particolarmente nemmeno all’idea che
tutti loro potessero prepararsi all’attacco del fratello, con
le dovute
conseguenze, ma quello era positivo: nel momento in cui il tentativo di
Spectrus di ucciderlo fosse miseramente fallito, non avrebbe dovuto
sentire da
parte di Spectra delle preghiere di risparmiarlo.
«A questo punto non credo che resti altro da dire se non che
in questi giorni organizzeremo la difesa e… noto che non sei
attaccata alle
macchine, Spectra, la guarigione dunque procede».
«Sì, Lord Megatron, miglioro ogni
giorno» sorrise lei
«Nickel è molto brava».
«Quindi immagino che non ci siano problemi se ti porto con
me per un po’».
«Va benissimo» rispose Spectra prima che chiunque
altro
potesse mettere bocca sulla faccenda «Sono sicura di essere
in buone mani».
La prioniana sembrava tutt’altro che felice ma né
Tarn né il
tecnico della DJD avrebbero mai detto una parola contraria
all’idea, venendo da
lui, e che Spectra per prima non si opponesse all’idea era
precisamente quel
che si aspettava.
Immaginava anche di cos’avrebbe voluto parlargli -o meglio,
di
chi- e lui, oltre a dover mettere in chiaro alcuni punti, aveva certi
propri
disegni da portare a termine per il bene della fazione, che come sempre
veniva
prima di ogni altra cosa.
Anche di un amico stretto al quale, a suo modo, riteneva di
star facendo un favore.
“Tra moglie e marito non mettere il dito”, il
proverbio
diceva così e lui stesso di solito evitava di mettersi in
mezzo agli affari
privati dei suoi uomini, ma aveva agito diversamente con un amico del
quale
ormai conosceva fin troppo bene l’irrazionalità in
campo sentimentale.
“Io però ho solo dato a Soundwave il compito di
inoltrare a
Tarn una notifica con un singolo nome” pensò
“Non gli ho dato io l’idea di
aggiungerne un altro, quello di un
“disertore”… per
quanto fosse proprio quel che mi aspettavo”.
Soundwave con quella scelta aveva quasi certamente il colpo
di grazia a una relazione che, secondo Megatron, avrebbe dovuto
concludere già da
un po’. Il breve matrimonio con Spectra non aveva portato
nulla di buono per
lei, per lui e nemmeno per un esercito con uno spymaster deconcentrato
-che poi
era quel che gli premeva di più.
«Ottimo».
Dopo aver dato al resto dei presenti un rapido congedo prese
Spectra -e annessa coperta- con sé e uscì con lei
dall’infermeria, senza
impiegare molto per raggiungere la Nemesis. Decise di portare Spectra
nella
parte dei propri alloggi destinata anche alle conversazioni che
dovevano
avvenire lontano da ottiche e recettori uditivi indiscreti. Sarebbe
stato un
posto sicuro e discreto anche nel momento in cui le avrebbe fatto
incontrare
almeno un’altra persona.
«Energon? Ne ho un tipo molto rinvigorente, tu ne hai
bisogno» disse, porgendo un cubo alla giovane.
«Grazie» sorrise Spectra, di nuovo. «Lord
Megatron?...»
«Sì?»
«La volevo ringraziare anche per aver detto buone cose di me
alla Decepticon Justice Division… nonostante
tutto».
«Una persona una volta mi ha detto che secondo lei non sono
del tutto cattivo, sarebbe stato un peccato smentirla. Detto
ciò, ricordandoti
che al momento sei sposata con un ufficiale Decepticon e hai rapporti
di vari
tipi con altri ancora, dovrai obbedire all’ordine che sto per
darti» continuò
Megatron, estremamente serio «Ovunque sarai nei prossimi
vorn, se sognerai
altre cose che riguardano me nello specifico -siano esse future o
passate- e
che ti daranno da pensare, io dovrò essere l’unico
a saperlo. Dopo che me
l’avrai riferito, a seconda di quel che si tratta, se ne
potrà parlare anche ad
altri oppure no. Non si arriva dove sono arrivato io con la rettitudine
e l’onestà,
nella mia esistenza ci sono certe cose che io stesso farei volentieri a
meno di
ricordare».
«Me lo aveva accennato, vero? Non è stato molto
tempo fa ma giuro
che mi sembra che tra quel giorno e oggi sia passata
un’eternità».
Megatron non poteva dire di avere la stessa impressione,
perché lui aveva sempre avuto molto altro da fare e per la
testa, ma non
dubitava che per la giovane femme le cose potessero
essere
diverse. Lei stessa era diversa rispetto a quando era piombata nelle
loro vite.
«Una volta raggiunto lo stadio di adulti per noi
transformers la crescita e il tempo sono cose che non sempre vanno di
pari
passo. Non è così sorprendente, su questo pianeta
non ti sono mancate le
esperienze, nel bene e nel male».
«Sì… questo è
vero».
«Avendo attorno dei Decepticon è un bene aver
perso un
po’di ingenuità» continuò
Megatron «Per quanto alcuni di noi possano essere per
te una compagnia più
sicura di quanto
sia mai stato Spectrus ricordati sempre che non
c’è Decepticon -ne c’era Autobot-
che sia davvero “buono” nel senso comune del
termine; neppure Dreadwing, per
quanto ti sia caro. È abbastanza onorevole, sufficientemente
di retto senso e
un po’più vicino a capire chi ha davanti di quanto
siano altri, ma di certo non
“buono”».
«Però non credo che sia questo il motivo per cui
è nella
Lista, giusto?» domandò Spectra, prendendo
prevedibilmente la palla al balzo
«Se si è allontanato è stato
soprattutto per via mia ma non ha mai davvero
rinnegato i Decepticon, voglio dire, non riusciva a smettere di
chiamarla
“Lord” Megatron… e in passato Lei ha
riaccolto altre persone, e non è Dreadwing
quello che vorrebbe prendere il suo posto, e fino a poco tempo fa Lei
non
voleva ucciderlo, avrebbe voluto che tornassimo qui tutti e due, io non
capisco»
sollevò lo sguardo, e la tranquillità mostrata
fino ad allora ormai aveva
ceduto il posto a un’espressione di profonda angoscia
«Perché? È davvero perché
non c’è stato durante l’attacco di
qualche tempo fa, quello con gli
insecticons? So che è entrato nella Lista poco dopo
ma-»
«Dreadwing è ancora un Decepticon leale, per
quanta rabbia
possa aver provato nei miei confronti e per quanto possa voler uccidere
Starscream. Non che sia il solo, Starscream si è sempre
messo particolarmente
d’impegno nel farsi dei nemici».
«Se lo sa, allora perché?!...»
«Far sì che Dreadwing finisse nella Lista non era
nel mio
interesse. Le cose hanno continuato a procedere anche senza di lui, il
che ha
dimostrato che la sua presenza nella Nemesis non è
strettamente necessaria, ma
da qui farlo terminare ce ne corre. Capisci cosa voglio
dire?»
«… non è finito nella Lista per un
ordine che Lei ha dato?»
Megatron, impassibile, scosse il capo.
«M-ma allora… Tarn ha detto di aver ricevuto una
notifica, doveva aggiungere Dreadwing e Airachnid... meglio per lei che
sia dispersa, se
devo dirla tutta-»
Il Decepticon alzò gli occhi al soffitto. In quel senso
Spectra non era cambiata, o comunque non del tutto. «Vero. Ho
deciso di far
aggiungere Airachnid».
«A meno che Tarn mi abbia mentito?... no» si
rispose da sé la
femme «Lei gli aveva detto di non volere che Dreadwing
venisse ucciso da loro, dunque per quanta voglia di terminarlo abbia, e non mi
ha
nascosto di averne abbastanza, non avrebbe
disobbedito. Anche qui considerando chi è
e che ha tenuto
tutte le mie cose non era niente di inaspettato, ma non averlo nascosto
renderebbe dire una bugia una cosa assurda da parte sua, o
no?»
«Hai detto tutto tu».
«Però allora quella notifica da dove viene? Tarn
non
c’entra, Lei non è stato e non credo che
Starscream possa far aggiungere nomi
alla Lista quando vuole. Chi altri, e perché, può
volere che Dreadwing muoia in quel modo?
Non rimane nessuno...»
Dopo ciò Spectra si bloccò e fece una brevissima
pausa di
silenzio.
«Proprio nessuno» concluse.
«Sicura di non esserti fatta un’idea?»
«No, non ne ho» disse Spectra.
«Io invece credo che tu lo sappia dal preciso momento in cui
ti sei resa conto che far aggiungere Dreadwing non avrebbe avuto senso
da parte
mia. Credo che tu sappia anche “perché”,
oltre a “chi”. Allora: a chi giova?»
«A nessuno-»
«Spectra Specter, smettila di fingere
di ignorare quel che ti succede intorno!» la riprese
Megatron, più duramente di quanto avesse mai fatto
«Le esperienze in realtà non
ti sono mancate neppure prima della Terra, ma finché
c’è stato Spectrus hai
voluto tenere gli occhi chiusi su tutto quel che non volevi accettare,
e a cosa
ti ha portata la tua testardaggine?» indicò lo
squarcio sul petto della giovane
«Sei buona, paragonata a chiunque di noi lo sei.
Vuoi rimanerlo? Puoi farlo! Essere buona
però non vuol dire essere
cieca e ingenua per “compensare” un fratello che
è l’opposto».
Spectra si irrigidì e si strinse nella coperta.
«Perché mi
sta dicendo ques-»
«Perché era ora che qualcuno lo facesse»
replicò il leader
dei Decepticon «Per il tuo bene. A chi giova?»
tornò a chiederle «E perché?»
«Soundwave. Potrebbe aver aggiunto quel nome alla notifica in
modo che
Dreadwing facesse una fine orrenda e io non potessi reagire male con
lui come
ho reagito nel caso di Spectrus» rispose Spectra, con voce
incolore «Lei non
voleva morto Dreadwing ma non lo considera neppure
“necessario”, me l’ha detto
prima e credo che anche Soundwave lo sappia» Si
passò una mano sul viso «Questa
è l’idea che mi sono fatta. Però voglio
parlarne con Soundwave prima di iniziare
a pensare davvero che lui possa
essere arrivato a questo per gelosia. Non l’ho tradito, Lord
Megatron, glielo
posso giurare, non l’avrei mai fatto».
«Però penso che tu possa capire che a un mech non
faccia piacere l'idea della propria moglie chissà dove con
un altro, anche se non hai fatto nulla con lui, e ti sei legata a
Dreadwing al punto di uscire
dall’infermeria per la prima volta da quando sei tornata.
Anche se a chiederti
di uscire sono stato io, avresti potuto rifiutare col dire essere
troppo debole».
«Dreadwing non merita la terminazione, se volevo cercare di
aiutarlo come lui ha fatto con me non potevo dirLe di no nemmeno
volendo. Anche se per me
parlare di
Dreadwing per me era importante, mentre per Lei era una scusa per
arrivare ad
altro» aggiunse poi «Lei ha dato a Soundwave
l’occasione di fare quello che forse
ha fatto, facendo inviare una
notifica da lui invece di parlare direttamente a Tarn con il
comm-link… doveva
volere proprio tanto che ci trovassimo in questa situazione. Anche se
la
decisione di mettere un nome in più, se poi è
stata presa, resterebbe sempre
del mio compagno».
Era sensato che fosse arrivata a fare due più due intuendo
anche il suo magheggio oltre a quello di Soundwave ma, per quanto lui
per primo
avesse ricordato a Soundwave più volte di non
sottovalutarla, si sentiva
comunque sorpreso nel vederla arrivare a tanto.
Contrariamente a lei che, in tutto ciò, non mostrava nessuno
stupore e lo fissava seria e stanca.
«Farà togliere Dreadwing dalla Lista?»
Megatron annuì. «Nei vorn ho aggiunto e tolto a
mio
piacimento senza che nessuno protestasse, e che Tarn pensi che non sono
del
tutto indifferente alla tua opinione non dovrebbe dispiacerti, quali
che
saranno le tue scelte per il futuro».
«Capisco» rispose lei, e all’idea che
Dreadwing fosse salvo
dalla Lista parve rilassarsi un po’.
Ci fu un breve attimo di silenzio.
«Rimpiangi di avermi ringraziato, Spectra?»
Lei scosse la testa. «Né questo né
averLa avvertita del
pericolo, Lord Megatron, se tornassi indietro rifarei entrambe le cose.
Credo che Lei pensi davvero quel
“per il tuo bene” che
mi ha detto» bevve
un breve sorso di
energon «Ha solo fatto quel che pensa sia giusto per tutti
quanti, anche se
farlo vuol dire sacrificare qualcosa. Crede che potrei
incontrare Soundwave adesso? Oppure
è
impegnato?»
Megatron portò una mano al comm-link.
***
“L’hai tenuta lontana
da me oltre un mese-”
“Ho fatto quel che lei
ha voluto! Se fosse voluta tornare
qui, io subito-”
“… e stando con te si
è ridotta in un modo tale che ha cercato di farsi uccidere
dal fratello. È lei ad
avermi detto di averci provato”.
“Lei
cos-”
“L’hai portata via,
Dreadwing,
ne eri responsabile e questo è quel che hai ottenuto. La mia
compagna non
riesce a capire i danni che hai contribuito a farle ma io li vedo
benissimo.
Qualsiasi cosa ti succederà, dalla tortura alla
terminazione, te la meriti”.
Soundwave di suo non avrebbe speso una parola che fosse una
con quel disertore, traditore e ladro di compagne altrui, ma nonostante
tutto
l’aveva ritenuto opportuno.
Lo spymaster lo vedeva: il disastro che si stava avvicinando
a lui, a Spectra e al loro matrimonio come un fronte temporalesco
pronto ad
annegare definitivamente la loro unione nella pioggia acida. Crudele
ironia
della sorte, o forse la sorte non c’entrava proprio un tubo:
il fronte
temporalesco in questione era stato causato da lui stesso.
“Sono un Decepticon, non sono Santo Soundwave di Old
Kaon”,
così aveva pensato nel prendere la decisione avventata di
far inserire Dreadwing
nella Lista.
La professionalità era andata a farsi friggere in favore
della gelosia più pura e ora vedeva bene tutte le possibili
falle di quell’idea
improvvisata, non ultima quella che si era verificata, con Dreadwing
che si era
consegnato a Megatron.
Probabilmente l’altro Decepticon l’aveva fatto
proprio
sperando in una grazia o in una terminazione più rapida, che
nonostante tutto
sarebbe stata un destino meno tragico rispetto al finire nelle mani di
Tarn.
“A meno che Megatron decida di terminarlo lo stesso, cosa
della quale dubito dato che si è limitato a
metterlo in cella. Non so
come uscirne, o meglio, non so come uscirne bene, e se non so come
uscirne bene
è perché non posso farlo”.
Presto o tardi qualcuno avrebbe capito cos’aveva fatto,
molto probabilmente le persone sbagliate, e avrebbero fatto presto a
dirlo a
Spectra, la quale nel corso del tempo ne aveva lasciate passare tante a
tutti
tranne che a lui, il compagno di vita che aveva scelto.
O comunque questo era il suo punto di vista dato che,
secondo Dreadwing, di Soundwave si sarebbe potuto dire lo stesso.
Gli veniva in mente solo una possibile via per tentare di
arginare i danni, ossia quella di confessare la faccenda a sua moglie.
Non
avrebbe cambiato le cose ma magari lei avrebbe reagito meglio se si
fosse
mostrato pentito… pur non essendolo. Si pentiva di aver
agito d’impulso senza
fare i dovuti calcoli, non del fatto in sé: dopotutto, di
quel che aveva detto
a Dreadwing prima di voltargli le spalle e andarsene dalla cella senza
aspettare una risposta, non c’era nulla che non pensasse
davvero.
Anche quando Megatron gli disse di raggiungerlo nei suoi
quartieri privati continuò a rimuginare sul problema fino a
quando i suoi
sensori ottici notarono la presenza di Spectra.
Lì il suo processore entrò in una breve paralisi,
al punto
di non chiedersi neppure il motivo per cui lei fosse insieme a
Megatron.
«C’è qualcuno
che
vuole parlare con te» si limitò a dire Megatron.
«Cos-»
«Dopo andrà riportata in infermeria, dovendo
andare a vedere
come procedono i lavori conto su di te per questo. Vi lascio
soli».
Megatron, lesto come un razor-snake, scomparve oltre la
soglia prima che Soundwave potesse dire due parole in fila.
«So che hai molto da fare ma avevo bisogno di parlarti, spero
di non averti disturbato» esordì Spectra.
Soundwave scosse la testa. «Anch’io in
realtà dovevo parlare
con te».
«Sì?... allora ok, vai prima tu».
«No, non c’è problema, se vuoi dirmi
qualcosa ti ascolto,
per il resto c’è tempo».
“Vigliacco” gli suggerì una vocina nel
processore.
«Va bene» disse Spectra, e fece un breve sospiro
«Allora, il
punto è che mi sono accorta di una cosa che riguarda la
Lista. Intendo quella
della DJD. Dreadwing è lì ma ho saputo che Lord
Megatron non c’entra né è stato
Tarn ad aggiungerlo, è una cosa strana...» lo
guardò «La mia
domanda è: tu, che di solito sai tutto
quel che succede, per caso hai idea di come e perché il nome
di Dreadwing sia
finito lì?»
Sembrava essere stata in grado di fare collegamenti che non
avrebbe dovuto fare. Forse Megatron aveva sempre avuto ragione nel
ricordargli
che non avrebbe dovuto sottovalutarla.
Quel poco di speranza che aveva iniziato a provare proprio
quel giorno, in cui l’aveva sentita parlare di un futuro in
cui era compreso
anche lui, si stava frantumando senza che lui potesse fare
alcunché.
«Dreadwing, Dreadwing, solo lui esiste» disse
Soundwave, col
tono reso aspro tanto dalla propria impotenza quanto nel vederla
coprirsi il
viso con le mani e scuotere la testa «È sempre in
mezzo, adesso come qualche
tempo fa…»
Tanti saluti all’idea di mostrarsi pentito, ma in fondo
un’altra bugia avrebbe solo peggiorato ulteriormente le cose.
«L’hai fatto veramente. Tu volevi veramente farlo
massacrare
dalla DJD!»
Vederla piangere gli causò una grossa stretta allo
"stomaco” ma riuscì anche a innervosirlo ancora di
più.
«Puoi biasimarmi? La mia compagna di vita è stata
lontana da
me con un altro mech per tutto quel tempo e non voleva tornare a
casa».
«Lì ho sbagliato e me ne sono resa conto, sono
stata
impulsiva e infatti ti ho chiesto scusa, però non
è questo-»
«Eri in giro da quasi un mese con un mech che cercava di
allontanarti da chi voleva proteggerti, al punto che il nostro incontro
non era
andato solo male, era andato peggio! Riflettici. Dreadwing ti metteva
contro di
me, cercava di manipolarti-»
«Non è lui
quello
che voleva far uccidere un mech con cui io non ho mai fatto niente in quel
senso!»
lo interruppe Spectra in modo estremamente duro «Non
è lui quello che si è
detto “Se Dreadwing muore e sono Tarn e gli altri a
terminarlo a lei non
importerà che le abbiano offerto una casa, non
potrà fare altro che restare con
me”, perché l’hai pensato, vero?
È questo che avevi in mente. Dopo
questo hai il coraggio di dire “Dovevo proteggerti da un suo tentativo di
manipolarti”?» la femme fece una breve risata
amara «Se cerchi qualcuno che tenta di farlo devi solo
guardarti allo specchio!
Non voglio più dover temere cose del genere da chi mi sta
vicino, mi è bastato
quel che è successo con Spectrus e mi rifiuto di accettarlo
anche da mio marito».
«Non potevi pretendere che me ne stessi fermo a guardare
Dreadwing distruggere il nostro matrimonio!»
esclamò lui «Era dai tempi
dell’arena che avevo escluso tutti i sentimentalismi dalla
mia vita, non
riuscivo a gestirli, erano una mia debolezza. Poi sei arrivata tu, ci
siamo
innamorati, siamo riusciti a metterci insieme e poi… e poi
Spectrus, e lui.
Sono un
Decepticon, non un santo, se avessi affrontato faccia a faccia quel
ladro di
compagne altrui e fosse finita nel solo modo in cui poteva finire non
ti
sarebbe stato bene lo stesso, cos’avrei dovuto fare secondo
te?»
«Non dovevi fare nulla, non ne avevi motivo!»
ribatté
Spectra «Non l’ho mai baciato, non mi sono mai
connessa con lui, non ci ho
nemmeno pensato. I miei pensieri erano su Spectrus, su di te, sul
futuro e su
tutto il disastro, non sarei nemmeno riuscita a pensare a una relazione
con
qualcun altro. Per lui era lo stesso, aveva altro per la testa, suo
fratello è
uno zombie che vaga in una dimensione alternativa!»
«In condizioni normali non mi avresti tradito, lo sapevo e lo
so, ma
eri in un momento delicato e io di lui non mi fido. Ero e sono convinto
che ti voglia
per sé, fratello zombie o meno. Tu eri con lui e mi sembrava
di diventare
pazzo. Vi ho anche sognati mentre vi connettevate» ammise,
tra rabbia e
vergogna «Capisci come mi sentivo?»
«Mi dispiace di averti fatto soffrire, te l’ho
detto qualche
giorno fa e mi dispiace ancora di più adesso»
disse Spectra «Se sei
arrivato a tanto è anche perché io per prima ho
sbagliato delle
cose, me ne rendo conto e mi scuso di nuovo. Quel che hai fatto
però non mi sta bene lo stesso, non mi aspettavo una cosa
del genere da te. Tu di solito sei
meglio di così,
o almeno è quel che credevo».
«Benvenuta nel club dei coniugi delusi».
L’espressione di Spectra diventò ancor
più seria. «Sì, ricordo
il “rovinata”. Prima mi hai chiesto
cos’avresti dovuto fare, no? La risposta è:
“Se eri tanto
deluso, potevi divorziare”. Sarebbe stata una cosa
più sensata di quella che
hai fatto… ed è quella che voglio fare
io».
Spectra Specter, la femme che credeva nelle favole e il cui
unico desiderio quand’era arrivata sulla Terra era trovare un
compagno di vita,
aveva appena parlato di divorzio.
Soundwave aveva pensato alla fine del proprio matrimonio quando
aveva saputo del ritorno di Dreadwing, l’aveva temuta, ma
adesso che gli si
presentava davanti si sentiva comunque incredulo, anche con tutto quel
che si
erano detti. Forse perché, pur immaginandola, non ci aveva
ancora iniziato a
crederci sul serio.
«Come sarebbe? Fino a poche ore fa cercavamo di rimettere
tutto a posto!»
Spectra aveva ripreso a piangere. «Tu sei deluso da me al
punto di arrivare dove sei arrivato, io sono delusa da te e non riesco
a
passare sopra a questa cosa, cosa andiamo avanti a fare, Soundwave? Non
ha
senso».
«Mi rifiuto. Se pensi che ti lascerò andare
così ti sbagli.
“Principe” qui, “ti amo”
lì, e non solo da degnissima sorella di tuo
fratello
ti sei già stufata, ma
non hai neanche
il coraggio di ammetterlo».
«Soundwave-».
«Non
ti permetterò di farmi passare per il cattivo della
situazione
dopo
avermi già fatto passare per l’idiota cornuto di
turno. Forse è il caso che
vada a fare quel che avrei voluto fare già da un
pezzo» aggiunse, facendo un
passo verso la porta «Tanto bene Dreadwing ha deciso di
tornare qui».
Rabbia e disperazione pura, era nelle stesse condizioni
disgraziate di quanto aveva preso la decisione che aveva messo fine a
tutto
quanto, se non peggio. Non vedeva e non sentiva più nulla,
se non i ricordi:
quello del momento in cui aveva visto Spectra per la prima volta,
quelli in cui
aveva sofferto come un cane dopo aver capito di essersi innamorato, la
prima
volta in cui avevano dormito insieme, il suo sorriso, la propria
preoccupazione
quando era sparita, le volte in cui l’aveva salvata, quella
mezza giornata
passata a giocare in acqua, il momento in cui si erano riabbracciati
nella
Peaceful Tiranny e la prima e ultima notte di nozze in cui
avevano fatto l’amore: era
tutto mescolato
insieme e reso troppo amaro dall’idea di una fine che lui non
voleva accettare
e della quale cercava un colpevole diverso da loro due.
Sentì qualcosa cercare di tenerlo fermo sul posto e lui si
tolse bruscamente dalla sua presa, ma rendersi conto che il
“qualcosa” poteva
essere solo Spectra -Spectra, alla quale almeno fino a due giorni prima
avevano
consigliato di alzarsi il meno possibile- riuscì a penetrare
il caos che aveva
in testa.
“Cosa sto facendo?!”
pensò.
La risposta era “un’idiozia dietro
l’altra” e ormai, vista
Spectra sorreggersi al tavolo al quale si era aggrappata per non
cadere, era
estremamente chiaro perfino a lui. Fu come ricevere uno schiaffo in
piena faccia che fece sparire la furia quasi di colpo: sua moglie
sarebbe potuta
finire a terra per
una sua azione -nulla di grave ma nemmeno qualcosa che lui volesse- ed
era stato talmente furioso da non essersene neppure
accorto.
Si avvicinò rapidamente con l’intento di aiutarla
a tornare a sedere ne ne avesse avuto bisogno,
salvo
bloccarsi temendo un rifiuto, ma Spectra sollevò lo sguardo,
lo stesso che
all’inizio aveva preso la sua Scintilla… e gli
sorrise, come a dirgli "allora non sei del tutto perso".
Quello, per quanto fosse confortante in parte, gli fece più
male
di tutto il resto.
«Non… mi dispiace. Non volevo rischiare di farti
cadere» disse, teso «Mi
dispiace».
«Non è che tu mi abbia colpita o cosa, ti sei solo
scansato» lo tranquillizzò lei «Sono io
quella poco stabile sulle gambe, è tutto
ok, non è successo niente».
La femme gli fece cenno di mettersi vicino a lei, cosa che
lui fece.
Per almeno un minuto nessuno dei due proferì
parola.
«Credevo anche io di essere migliore di
così» disse
Soundwave «Pur non essendo un "principe". Non avrei mai
voluto
che finisse in
questo modo, non volevo finire a essere “il
cattivo” per te».
«Non lo sei. Puoi aver fatto qualcosa che non accetto ma la
cattiveria vera nei miei confronti
so
com’è. Io ho dato spesso l’impressione
non essere molto in grado di scegliere
bene le cose e le persone, quindi penso che un po’ti fossi
convinto davvero di
stare facendo la cosa giusta per me, anche se Dreadwing in
realtà è a posto e... quel che c'era da dire l'ho
già detto».
«Ne ero abbastanza convinto, sì»
confermò l’ex gladiatore «Sono
finito a farne una io, ma sul volerti evitare cose brutte sono sempre
stato
sincero. Se ti ho sposata è stato perché
ci credevo davvero».
«Anche io… ma avremmo dovuto andare un
po’meno veloci».
«Magari conoscendoci meglio saremmo riusciti a evitare i
vari sbagli e ora sarebbe tutto diverso, o non ci saremmo proprio
sposati…
anche se non riesco a pentirmi sul serio di averlo fatto».
«Abbiamo avuto anche dei momenti belli, se parli di quelli
non mi pento nemmeno io, lo sai già».
Soundwave, per quanto gli costasse mostrare la propria
vulnerabilità, si tolse il visore sapendo che lo sguardo
pieno di dolore e il
sorriso triste erano lo specchio di quelli della sua compagna di vita.
Riuscivano a parlare sul serio e senza “distanza”
solo
adesso che si stavano lasciando: era così ironico.
«Mi fa
piacere sapere
che lo pensi ancora. Nonostante quel che ho combinato non hai rinnegato
tutto e
non mi detesti».
«Neppure tu detesti me… e in vari casi non mi sono
comportata bene nemmeno io, Soundwave».
«Io non credo davvero
che tu ti sia stufata di me a caso né ti vedo simile a
Spectrus in questo. L’ho
detto solo per rabbia».
«Lo speravo».
«E la mia idea “geniale”…
dovevo tirarmi un paio di schiaffi
e starmene fermo, perché se non fosse stato per quella
avremmo…» sospirò
nervosamente «Tu, da quando sei tornata, hai mai pensato
davvero che avessimo
una possibilità?»
Spectra annuì. «Però noi due tendiamo a
tirare fuori il
peggio uno dell’altra anche se ci vogliamo bene».
Soundwave allungò le mani per accarezzare quelle della
femme, che non si oppose, e poi le strinse. «Purtroppo
è un fatto».
«E tu hai molte cose buone da dare, Soundwave, lo penso sul
serio. Spero che un giorno potrai farle vedere tutte quante a qualcuno
meno…
incasinato».
Incontrare un’altra persona, chissà quando e come,
ricominciare tutto da capo e rischiare di affrontare nuovamente il
dolore
lacerante che stava provando anche in quel momento? Non ne aveva la
minima
intenzione. Questo, però, a Spectra non l’avrebbe
detto.
«E io spero che resterai sempre una persona buona e che chi
ti sta intorno sia capace di apprezzarlo. E che ti rispetti, sia sempre
onesto
con te e sia in grado di proteggerti… anche da se stesso, se
serve» avvicinò il
viso a quello di Spectra, poggiando la fronte contro la sua
«Cerca di non
metterti nei guai. Puoi sempre chiamarmi ma preferirei che non
fosse necessario».
«E tu cerca di non esagerare con il lavoro, perché
andare
poco in ricarica non ti fa bene. E anche tu puoi chiamarmi o venire in
infermeria se vuoi parlare con me, anche se immagino che per un
po’sarà
difficile per tutti e due».
«Credo che lo sarà per diverso tempo. Sarebbe
strano il
contrario».
Si abbracciarono un’ultima volta. A breve Soundwave avrebbe
chiesto a Megatron se poteva tornare lì, così da
divorziare ufficialmente… ma
in quel momento, sentendo Spectra singhiozzare contro il suo petto, si
trovò costretto
ad asciugare una lacrima che era scesa lungo la sua guancia, inclemente
come
l’essere due persone che sarebbero potute stare bene insieme
ma si erano
incontrate nel momento sbagliato.
***
«… non ne sei felice, lo capisco, ma Lord Megatron
ha
ritenuto opportuno che lui e Spectra parlassero da soli e non potevamo
certo
dirgli di no, ne ha tutto il diritto. Inoltre sono sicuro che se fosse
necessario farebbe quel che serve per evitare il peggio».
«Dopo tutta la fatica che ho fatto per salvarla me lo
auguro!» replicò Nickel, piuttosto tesa.
«Ormai Lilleth non sta molto attaccata alle
macchine»
osservò Kaon «Non credo che finirà a
sentirsi male».
«Nessuno vuole questo, soprattutto adesso» disse
Tarn «Lord
Megatron terminato… non se ne parla».
Tarn era convinto di quel che stava dicendo, ma lui era
all’oscuro di alcuni dettagli che invece lei aveva ben
chiari, primo tra tutti
quello che Megatron ritenesse la loro squadra un grosso errore, che
l’avesse
detto ad alta voce almeno una volta, e che quindi Spectra Specter un
giorno
avrebbe potuto sognarlo.
“Potrebbe decidere di terminarla o tenersela e cercare di
farle sviluppare quest’abilità, o altro ancora che
non mi viene neppure in
mente” pensò la minicon.
Aveva escluso l’unica ipotesi che invece si era rivelata
giusta -ovvero fare dei patti e tenerla dalla propria parte,
perché poteva
tornare utile, ma non troppo vicina da essere coinvolto nei suoi
drammi- ma era
comprensibile, dato che Nickel riteneva Megatron alquanto
imprevedibile.
“Il modo
in cui ha
agito con Dreadwing l’ha dimostrato. Lista no, Lista
sì, Lista sì ma
non l’ha ancora dato in mano a Tarn
né l’ha terminato personalmente! Va’ a
sapere cos’ha in testa quello là, e se
io dicessi a Tarn di quella registrazione che Bustin mi ha fatto
sentire sarebbe
un disastro in ogni caso. Come minimo sarebbe Tarn a usarla, quella
spada
leggendaria, e Spectrus Specter festeggerebbe alla faccia
nostra”.
A proposito di Specter -seppure fosse quella che le era
simpatica- la sua paziente fece ritorno in infermeria accompagnata
da…
Soundwave.
«Eccomi!… lasciami pure qui» disse poi
Spectra a Soundwave,
il quale eseguì prontamente posandola poco dopo
l’ingresso «Grazie».
«Prego».
C’era un’atmosfera strana tra quei due, Nickel non
faticava
a percepirlo. Probabilmente avevano discusso un’altra volta,
ma se anche era
stato così Spectra non aveva avuto bisogno di tornare in
infermeria nel mentre,
ed era positivo.
«Ci vediamo».
«… ci vediamo».
“Va bene, definire l’atmosfera solo
‘strana’ è poco”
pensò
Nickel, vedendo Soundwave con una certa voglia di andarsene -cosa mai
successa
fino ad allora- e Spectra restare a fissare la porta chiusa per qualche
istante.
«Tutto bene?» le domandò Nickel, prima
ancora di Tarn,
squadrandola da capo a piedi.
«È tutto a posto» la
tranquillizzò Spectra, diretta verso il
bagno dell’infermeria.
«Sicura?»
«Sì. Lord Megatron e io abbiamo solo parlato un
po’ della
mia abilità, poi di Dreadwing… a proposito, non
vuole che resti nella Lista. Non
so se ve l’ha già detto ma penso che lo
farà presto».
«Dreadwing è fortunato a poter contare su di
te» commentò
Tarn.
Di sicuro non era felice di quella rimozione ma Nickel non
credeva che gli dispiacesse vedere che Spectra, anche dopo quel che era
successo, era in grado di agire se c’era in ballo qualcosa
cui teneva.
«Non ne sono sicurissima…»
«Nient’altro? Lord Megatron ti ha portata con
sé e sei
tornata qui col tuo compagno».
«Ex. Abbiamo divorziato».
Detto ciò entrò in bagno senza aggiungere altro.
Nickel scambiò un’occhiata con gli altri.
«Sono indeciso se domandarle cosa, come e perché
è successo
così di botto senza senso, oppure evitarlo come la peste
cybonica» commentò
Kaon.
«Siamo in due» disse Nickel.
«Tre» aggiunse Tarn.
Non era per davvero “di botto”, e neppure senza
senso, ma
era probabile che non sarebbero venuti a conoscenza dei dettagli in
tempi
brevi.
E in ogni caso, dato che Shockwave e Ratchet nei laboratori
della Nemesis erano terribilmente vicini al completamento della formula
dell’energon
sintetico, ben presto avrebbero avuto altro a cui pensare:
perché per ogni
sogno distrutto, ce n’era sempre almeno un altro che
rischiava pericolosamente
di realizzarsi.
Volevo intitolare il capitolo “cameriere,
champagne”, ma l’unica
a festeggiare la fine di un amore qui sono io xD più che
altro perché era un
punto che si è rivelato particolarmente ostico.
Posso confermare che la storia resterà sotto i trenta
capitoli, segno che, come vado dicendo da un po’, non manca
molto alla fine.
Riusciranno i nostri eroi (io) a finire la storia prima che finisca
anche il
2021?
Alla prossima,
_Cthylla_
|
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Capitolo 26 *** Bonus: ''Stranieri'' ***
In questo
capitolo bonus, precedentemente, una ona shot a se stante che ho deciso
di accorpare qui, parla anche di cose
presenti in "(Not) the odyssey" ma conoscere quella fanfiction non
è altrettanto necessario a fini di comprensione :) buona
lettura!
Stranieri
Lord Megatron, uscito dall’alloggio di Soundwave,
iniziò a
riflettere sul fatto di trovarsi vicino ai propri obiettivi
più di quanto fosse
mai stato.
Optimus Prime era offline, il resto del suo team lo era a
sua volta, il nuovo Omega Lock era stato costruito, non mancava molto a
completare la formula dell’energon sintetico e finalmente
Megatron avrebbe
potuto rimediare a ciò che la guerra da lui iniziata aveva
causato: la rovina
di Cybertron, la morte della stessa patria che eoni addietro avrebbe
tanto
voluto salvare, purificandola da una nobiltà corrotta nella
sua quasi totalità.
“Erano tempi diversi”.
Pur con tutto il marcio che aveva avuto modo di vedere anche
nell’arena di Kaon, che non era poco, guardando indietro non
faticava a rendersi
conto di quanto all’epoca fosse stato disperatamente
idealista già solo
nell’aver pensato di essere diverso da quegli stessi nobili
che aveva fatto
massacrare. O meglio: forse “diverso” lo era stato,
almeno all’epoca, ma non lo
era più e lo sapeva benissimo da molto tempo, per quanto
avesse potuto cercare
di ammantare di filosofia tutte le atrocità commesse e
lasciate commettere dai
suoi sottoposti.
Il Megatronus di allora non avrebbe approvato che, con la
motivazione della genesi stessa del pianeta Terra, un’intera
razza perlopiù
inconsapevole della loro esistenza e presenza sul pianeta fosse
spazzata via,
né il Megatronus degli inizi, quando gli Autobot si erano
perlopiù dispersi,
avrebbe cercato di rivolgere contro le specie organiche la rabbia del
movimento
che aveva creato. Era logico che suddette specie avessero iniziato a
vedere i
cybertroniani come una minaccia, data la portata e
l’estensione della guerra
civile, era logico che il tutto si fosse inasprito quando lui aveva
deciso di
attaccare, attaccare e attaccare ancora spazzandone via di intere e
creando
colonie Decepticon al loro posto.
Lo sapeva, si rendeva conto di questo e di molte altre cose,
e decideva ogni giorno di persistere. Il concetto di
“muoversi per inerzia”, se
fatto persona, sarebbe potuto essere sintetizzato in
“Megatron”.
“Sì e no. Dopotutto in alcune cose credo
ancora” pensò.
Se il suo fosse un crederci o un voler
crederci era qualcosa che non sapeva e che forse non voleva
sapere affatto. C’era una reale differenza, poi? Lord
Megatron aveva iniziato a
pensare di no. Alla fine tutto quel che contava era proprio la
volontà e, per
quanto consunta dal peso di eoni ed eoni di vita e di orrore, la sua
era ancora
fatta del metallo più resistente che si potesse concepire.
Continuò a camminare nei corridoi bui della Nemesis e,
resosi
conto di non aver mangiato quella manciatina di chips di rame rubate
dal pacco
che aveva portato a Soundwave, si trovò a pensare a lui e al
suo recentissimo
divorzio. Era finita male ma, se non avesse capito che era tempo di
concludere,
tra lui e Spectra Specter sarebbe potuta finire molto peggio
-già solo perché
la ragazza in questione aveva legami pericolosi. Non era sicuro di
quale
etichetta avrebbe potuto dare a ciò che Tarn aveva mostrato
nei riguardi di
quella femme né sinceramente aveva la minima voglia di
rifletterci sopra,
tantomeno di chiederglielo. Se non altro sentiva di essere a posto con
la
coscienza: lui aveva fatto quel che poteva perché fosse
libera di scegliere, Spectra
aveva ricambiato avvisandolo di quel suo sogno potenzialmente profetico
e non
iniziando a detestarlo nello scoprire l’ingerenza nel suo
matrimonio, dunque
erano pari. Essere stata cresciuta da Spectrus l’aveva
abituata a sentirsi a
proprio agio con dei mostri, poteva essere emotiva, ingenua -meno di
quanto
sembrasse- e poteva avere un lato impulsivo ma non era
un’ingrata, non era
cattiva, non lo era mai stata e dubitava che potesse
diventarlo… finché avesse
continuato ad avere la volontà
di non
farlo.
Le chips di rame finirono nella sua bocca e si trovò a
pensare che il concetto della volontà si poteva ritrovare in
tutto, anche in
Soundwave. Serviva volontà per cercare di riportare nei
giusti binari qualcosa
che era deragliato da tempo, ne serviva altrettanta per decidere di
mollare il
colpo senza continuare a intestardirsi facendo male solo a se stesso.
In certi casi serviva più volontà per mollare che
per
continuare.
“Chips di rame e
femmes, mi risulta che ne sappia qualcosa anche tu. Io perlomeno so
come si
chiama”.
Anche Soundwave non aveva iniziato a detestarlo ma questo
non significava che gli avesse risparmiato il sarcasmo. Lui, Megatron,
aveva
incassato il colpo: era meritato.
“Dopo
l’aiuto, non vuoi darmi anche la tua
designazione?”
“Assolutamente
no”.
“Senti
un po’-”
“Fuori”.
“Tempo
finito, l’hai sentito. Arrivederci o
addio, Straniero”.
“Tu
tornerai! La prossima volta e anche le
altre”.
La Straniera non era mai tornata.
I ricordi invasero il suo processore come uno tsunami, tanto
quelli dei rapporti consumati con lei nel suo alloggio di gladiatore
quanto quel
che era venuto dopo la scomparsa di quella femme dalla sua esistenza.
Aveva
creduto di essere superiore a certe amenità ma aveva
scoperto di sbagliarsi
ogni volta in cui, nell’arena, il suo sguardo era corso tra
gli spettatori con
la speranza inutile e maledetta di incrociare quel suo sguardo dorato;
inutile,
sì, perché quando lei c’era stata non
aveva mai avuto bisogno di cercarlo, lo
aveva sempre percepito chiaramente come avrebbe potuto percepire la
lama di un
pugnale infilata nel petto.
In quel periodo il giovane se stesso aveva pensato a tante
cose e ne aveva provate altrettante, dalla profonda amarezza
all’idea che lei
potesse aver deciso di troncare cercando qualcosa che reputasse
migliore -col
sottinteso che lui non fosse
all’altezza- alla rabbia, perché avrebbe potuto
almeno salutarlo un’ultima
volta, alla preoccupazione. “Se le avessero fatto del male?
Se fosse morta? Se
le avessero fatto tutto questo perché hanno, forse, trovato
le pagine che IO ho
scritto?”.
A un certo punto era stato costretto a venire a patti col
fatto di non poter mai sapere com’era andata davvero,
perché quella testarda
non aveva mai voluto rivelargli niente di sé, neppure la
designazione, dunque
non avrebbe saputo neanche da dove iniziare a cercare notizie.
“Troncare cosa,
poi?”, si era ripetuto centinaia e centinaia di volte. Non
c’era mai stato
nulla da “troncare”, all’atto pratico la
Straniera era stata una delle femmes
che avevano voluto delle connessioni con lui e nulla di più.
Per lui forse non era stato così ma alla realtà
non
importava mai alcunché dei sentimenti di chicchessia.
Il tempo e tutto
quel
che era accaduto l’avevano aiutato a smettere di pensarci.
C’erano stati tanti
altri luoghi, tanti altri danni, tante altre donne… ma
nessuna che avesse
tenuto vicina troppo a lungo -per un motivo o l’altro- e
nessuna alla quale
avrebbe chiesto in diretta televisiva di raggiungerlo, contrariamente a
quel
che aveva fatto in quel Chosen One Day di tanto tempo fa.
Procedette ancora, intenzionato ad andare nel laboratorio in
cui Shockwave, Knockout, il medico Autobot e Vos della DJD stavano
lavorando
all’energon sintetico. Capitava che ogni tanto al gruppo si
unisse anche
Tesarus. Cos’avesse a che fare un ex demolitore con quella
faccenda e perché
potesse essere interessato, solo il cielo lo sapeva e avrebbe
continuato a
saperlo. Era un’altra di quelle cose che non aveva la minima
intenzione di
domandare.
Svoltato l’angolo vide il Decepticon in questione fuori
dalla porta del laboratorio, apparentemente impegnato in una
videochiamata.
«… fermoposta, come sempre. Anche Helex non vede
l’ora di
averle e-…» vedendolo arrivare si interruppe e si
mise sull’attenti «Lord
Megatron».
Il leader dei Decepticon rispose con un breve cenno, pronto
a entrare in laboratorio…
– Ciao, Straniero.
–
Salvo bloccarsi dopo quella che doveva essere stata
un’allucinazione uditiva o forse no,
dal momento che Tesarus era effettivamente al telefono con qualcuno.
“Possibile che quel qualcuno sia PROPRIO-”
I millisecondi passati immobile erano anche troppi per i
gusti di Megatron e il suo stesso ruolo prevedeva che in una situazione
simile
agisse e si togliesse il dubbio, invece di restare fermo come un
idiota.
«Datapad» disse dunque a Tesarus «E resta
dove sei».
Il boia della DJD lo accontentò senza esitazione alcuna,
com’era giusto che fosse, e dopo poche falcate Megatron
raggiunse una stanza
vuota nella quale si chiuse.
«Sei ancora lì?» domandò
prima di sollevare il datapad.
– Salutare e chiudere
subito non avrebbe avuto troppo senso. –
Era davvero lei, avrebbe riconosciuto la sua voce tra
milioni.
Quale assurdo scherzo del destino, al livello di “parli di
un demone e spunta la coda”.
I sentimenti provati riguardo il tutto erano altamente
contrastanti ma, di nuovo, decise di restare nel personaggio e agire,
posando
le ottiche su una persona che aveva “accantonato”
ma non dimenticato… e
restando, almeno internamente, pietrificato da quel che vide. I milioni
di anni
trascorsi potevano essere stati inclementi con lui sotto certi aspetti
ma
vedere le condizioni di quella femme gli causò una
sgradevolissima stretta allo
stomaco dovuta a del genuino dispiacere, sebbene lui nel tempo avesse
ridotto
molto peggio tante altre persone. Le altre persone però non
erano qualcuno cui
un tempo aveva pensato, ripensato e ripensato ancora.
La sua ex amante non aveva più un braccio, sembrava non
avere più né metà della parte
superiore del corpo né le gambe -per
quel che riusciva a vedere- e neppure la maggioranza del volto, tutto
sostituito da parti che la facevano somigliare a un ibrido tra una
femme e
un’inquietante bambola capace di parlare.
– Sono un po’ in
ritardo per gli scontri nell’arena di Kaon
– disse la femme – Come
vedi ho avuto qualche cybergatta da
pelare, anche se forse è il caso di dire che le cybergatte
in questione hanno
pelato me. Letteralmente. C’è di buono che ho
perso peso senza sforzo! –
I “capelli” che si erano avvolti attorno ai suoi
polsi e
alla sua gola però erano ancora lì, la sua
linguaccia maledetta era ancora lì
-e poté avvertire le proprie labbra tendersi in un sogghigno
per le parole che
aveva sentito- e anche il suo sguardo, sebbene le fosse rimasto un
singolo
sensore ottico, era ancora quello, dorato e fiero, senza alcun problema
a
sostenere il suo nonostante tutta l’acqua passata sotto i
ponti e qualsiasi
cosa, di certo orrenda e dolorosa a livelli inimmaginabili, le fosse
successa.
Era ancora la sua Straniera, anche se “sua” mai
stata
-almeno non a livello ufficiale.
«Mi hai mollato per una dieta e adesso rispunti
così, donna?
Milioni di anni e non ti sei sprecata neppure a fare un saluto, e
sì che ero
bene in vista».
– Mi risulta che oltre
a essere bene in vista fossi anche molto impegnato.
–
«Ci puoi giurare. Però sono un mech che sa gestire
bene il
proprio tempo» replicò Megatron «Avrei
potuto trovarne anche per quello».
– Non è andata
così,
dunque non c’è granché da aggiungere.
Mi dicono che ci siano buone notizie per
questo pianeta? Non sono scesi nei dettagli. -
«Sei a Cybertron?! Sapevo di comunità di persone
ostinate
che non hanno voluto lasciare alcune zone di quel pianeta morto. Avrei
dovuto
immaginarlo. Dove altro saresti potuta essere se no, testarda come
sei?» disse
il leader dei Decepticon. «Confermo le buone notizie. A breve
non sarà più
morto».
– Molto bene. –
«… tra le altre cose mi chiedo come e
perché tu sia venuta
in contatto con la Decepticon Justice Division» aggiunse
Megatron, dopo aver
riflettuto su chi fosse il proprietario del datapad che stava
utilizzando.
– Conosco il loro capo
da molto prima di tutti loro e di te, Straniero. Se te lo stai
chiedendo, sì,
quando mi ha conosciuta ero già dimagrita da un bel
po’... e lui non aveva
ancora avuto il piacere di incontrare il Senato.
–
Avrebbe potuto ricevere notizie di quella femme eoni
addietro se solo avesse indagato più a fondo nella vita
pre-empurata del suo
inquisitore fanatico. Non aveva neppure pensato di farlo, in primis
perché in
realtà Tarn in ogni sua incarnazione era una delle tante
cose di cui non gli
era mai importato davvero, contrariamente a quanto credeva Tarn stesso,
e ne
aveva pagato il prezzo senza saperlo.
“Le cose avrebbero potuto essere
diverse…”
Le cose e anche la Straniera. Se era stato quel che era
successo al suo corpo a tenerla lontana, se non era stato per
disinteresse o
perché aveva trovato (un) altro che aveva smesso di venire a
Kaon, allora
avrebbe potuto fare qualcosa. Avrebbe potuto tenderle la mano e farle
riavere
la sua, insieme al resto del corpo e a un badge da Decepticon.
Ricordando le
loro connessioni era piuttosto certo che nessuno avrebbe avuto da
ridire se
avesse deciso di tenere con sé una simile macchina da
battaglia.
«Capisco. Avrai modo di darmi altri dettagli in
futuro»
disse, perfino.
Prima aveva riflettuto su quanto fosse cambiato rispetto
alla sua versione giovane, idealista e con dei sogni, ma forse quel
Megatron non
era morto del tutto se nel suo processore ronzavano ancora simili
pensieri
riguardo qualcuno che l’aveva colpito profondamente in
gioventù -il tutto senza
chiedersi se lei, allora come adesso, l’avrebbe pensata allo
stesso modo.
La parte più cinica di lui era molto chiara nel suggerirgli
che il divorzio di Soundwave avrebbe dovuto fungere da promemoria, che
stesse
solo inseguendo un sogno finito prima di iniziare, magari nel tentativo
di
portare ulteriore linfa vitale a quel momento di
“stanca” dove il troppo
rimuginare smorzava addirittura l’entusiasmo dovuto alla
prospettiva di
utilizzare l’Omega Lock, ma un’altra parte diceva
“Perché no? Perché
no? Raggiunti i tuoi obiettivi
principali, perché non provare a raggiungere anche questo?
Perché non
concederti di provare a riprendere quel che è stato
interrotto?”.
C’erano sogni peggiori da inseguire… e quelli dai
quali
invece era inseguito, poi, erano a tutt’altro livello di
“peggiore”.
«Credo che ormai sia questione di giorni prima che io torni
a mia volta su Cybertron» proseguì
«Sogni “profetici” mortiferi
permettendo» si
trovò ad aggiungere, quasi tra sé e
sé.
– Prego? –
«Sul pianeta in cui mi trovo ora ho avuto modo di fare
alcuni incontri piuttosto peculiari, inclusa una femme che fa sogni
pericolosi.
Dubito che mi riunirò all’Allspark tanto presto,
specie dopo essere stato
avvertito» minimizzò l’ex gladiatore,
forse per convincere se stesso in primis
«Non hai di che allarmarti, Straniera. A proposito, vuoi
dirmi o no il tuo
nome? Credo di aver aspettato abbastanza».
La femme, senza rispondere, continuò a guardarlo per qualche
breve istante.
– Scylla –
disse –
Il mio nome è Scylla e abito nella
città
di Tarn, dove ho sempre vissuto. Fabbrico bambole.
–
«Scylla» ripeté Megatron «Ora
so dove venirti a cercare e lo
farò».
Era soddisfatto di conoscere la designazione di quella femme
testarda come un mulocon, finalmente. Forse lei stessa a quel punto
desiderava
di essere trovata, motivo per cui aveva desistito dal continuare a
nascondergli
il tutto.
“Fabbricante di bambole… un mestiere
peculiare” pensò “Ma
d’altra parte è peculiare lei stessa”.
– No, Megatron –
disse
Scylla – Non lo farai.
–
«Non credi alla mia parola?» ribattè
lui, sottilmente
inquietato dal modo e dal tono in cui lei aveva risposto.
– Posso credere che tu
sia convinto di quel che dici – replicò lei
– Ma ormai è irrilevante. In ogni
caso non mi pento di aver sfruttato l’occasione per una
passeggiata sul viale
dei ricordi... – sollevò
l’unica mano rimastale in un cenno di saluto – Addio, Straniero. –
«Scylla-»
La femme terminò la videochiamata, e l’unica
immagine che
gli restituì lo schermo del datapad fu la sua.
Rimase qualche istante solo, in silenzio, a rimuginare sulle
ultime frasi che Scylla gli aveva rivolto, per poi uscire dalla stanza,
restituire il datapad a Tesarus ed entrare nel laboratorio come aveva
previsto
di fare.
Scervellarsi sulle parole di quella testarda era inutile,
dimostrarle il contrario con le proprie azioni non lo sarebbe stato e,
una
volta giunto il momento, era esattamente ciò che avrebbe
fatto.
***
«… nient’altro. Non so cosa si siano
detti, Lord Megatron è
andato a parlare da un’altra parte»
riferì Tesarus a Tarn «E Scylla non era
più
in linea quando mi ha restituito il datapad. Non solo, oltre a questo
non ha
risposto quando ho provato a richiamarla. La sola fortuna è
che avessimo
sistemato i nostri affari prima».
“Nulla di tutto questo promette bene”
pensò Tarn.
«Hai fatto bene a riferirmelo, Tesarus».
«Non avevo idea che lei e Lord Megatron si
conoscessero…»
«Io neppure».
Tesarus assunse un’aria pensierosa. «Che si
conoscano per le
stesse ragioni per cui io e Helex…»
Silenzio.
Tesarus aveva avuto almeno il buonsenso di non completare il
pensiero riguardo il fatto che Lord Megatron potesse conoscere Scylla
per
questioni triviali come le bambole erotiche, perché
sicuramente era ciò cui si
riferiva -Tarn era al corrente di quel dettaglio? Sì.
Avrebbe fatto volentieri
a meno? Sì! - dunque,
concedendogli
che il suo stato confusionale potesse essere derivato dalla stranezza
dell’accaduto,
lasciò che se Tesarus ne andasse rapidamente dopo che questi
ebbe borbottato la
prima scusa che gli era venuta in mente.
Megatron non era il solo a essersi sentito inquietato a
causa di quella telefonata: Tarn, pur non essendone consapevole, ora
gli faceva
compagnia. Non sapeva se fosse più perché Lord
Megatron aveva parlato con
Scylla, per il fatto che i due sembrassero conoscersi per qualche
ragione -“E
in tutto questo tempo mai che lei abbia detto una parola a
riguardo!”- o per il
silenzio di Scylla, tutt’altro che normale. Se e quando lui e
la sua squadra
sarebbero passati in città, chiederle alcune spiegazioni
sarebbe stata la prima
cosa che avrebbe fatto.
“Posso veramente cercare di indagare su dettagli personali
di Lord Megatron? È andato a conversare con lei altrove,
dunque qualsiasi cosa
sia vuole che resti privata” rifletté poi,
fortemente indeciso “Però, se
chiedessi a Scylla del suo punto di vista riguardo la questione, starei
indagando su di lei… non direttamente su di Lui”.
Concluse che quella linea d’azione potesse andar bene e,
ancor meno sereno di quanto non si
sentisse da quando era venuto a conoscenza del sogno di Spectra, diede
un’occhiata
all’ora e decise che passare in infermeria non era una brutta
idea.
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Capitolo 27 *** 26 - Inizia il conto alla rovescia ***
26
(Inizia il conto alla
rovescia)
– Ayyyy ,porqué no me
amas, Alejandro?!
“È una mood, Gabrijela!”
pensò Soundwave, portando alla
bocca una cucchiaiata di azoto gelato.
Erano passati due giorni da quando lui e Spectra avevano
rotto. Il divorzio c’era stato per ottimi motivi e di comune
accordo, ma era
ancora freschissimo e per quanto soffrisse per l’intera
faccenda non poteva
evitare di al suo processore di regredire all’adolescenza e
fantasticare su un
improbabile ritorno di fiamma… tra qualche vorn. O qualche
eone. Prima
avrebbero dovuto trovare la forza di riuscire a guardarsi in faccia, e
al
momento l’idea di combattere dodici insecticons gli risultava
più facile
rispetto all’altra.
Pensando a questo decise che tanto valeva fare la maialata,
dunque buttò nell’azoto gelato tutte le chips di
rame che erano rimaste.
Soundwave aveva la vaga impressione che se avesse continuato
in quel modo la parte di tessuti tecnorganici che poteva aumentare di
volume
avrebbe fatto esplodere certe parti della sua armatura, ma tra il
lavoro e lo
sfasciarsi il processore a suon di melodrammi sudamericani di pessima
qualità -e
meno melodrammatici del suo stesso divorzio- si teneva in allenamento
così che
nessuno potesse rimproverarlo per essersi lasciato andare, nemmeno lui
stesso o
Megatron.
O “Snitchertron”: sì, forse sarebbe
stato più accurato.
Quando aveva iniziato a ragionare più lucidamente non aveva
impiegato molto a fare due più due: Spectra poteva aver
tratto per conto
proprio determinate conclusioni, ma chi aveva dato una spintarella al
tutto era
stato Megatron, il suo amico… o “amico”
per modo di dire, aveva pensato
all’inizio, per poi rendersi conto che comunque non era stato
Megatron a prendere la decisione
avventata che aveva messo fine a un matrimonio altrettanto avventato e
allo
sbando da un pezzo.
Non aveva avuto nemmeno l’energia per imbestialirsi con lui,
ma quando Megatron gli aveva portato le chips di rame da mangiare
insieme al
gelato -un vago accenno di senso di colpa, forse?- Soundwave non si era
risparmiato di ricordargli quante ne avesse mangiate lui
ai tempi dell’arena tra un taglio di testa e
l’altro, sempre
per una questione di femmes. O meglio di una precisa femme che a un
certo punto,
dopo una prova di lealtà non da poco e svariati incontri
parecchio focosi, era
scomparsa dalla sua esistenza. Megatron poteva non aver mai avuto
difficoltà a
trovare delle donne che gli scaldassero la cuccetta ma neppure lui,
sentimentalmente parlando, aveva avuto particolare fortuna.
“Dovrei farla finita, sono patetico”
pensò poi, tirando su
una grossa cucchiaiata di quella deliziosa porcheria “Non ha
funzionato e basta”.
Un ritorno di fiamma era improbabile già solo
perché Dreadwing
era stato riammesso nei ranghi dopo un lungo colloquio con Megatron e,
anche se
il seeker non lo sapeva ancora, questi aveva già varie
idee su come
utilizzarlo in futuro una volta conclusa la faccenda
dell’Omega Lock e quella
con Spectrus Specter. Dreadwing in molte di queste idee era
responsabile di
questo o quel quadrante del cosmo, di certi settori di Cybertron o
della Terra stessa
una volta
cyberformattata; non nella Nemesis o nella base operativa dove
sarebbero stati
lui e Megatron, dunque, e Soundwave immaginava che per Spectra sarebbe
stato lo
stesso. Loro due si erano divisi, per il resto Spectra non aveva veri amici tra gli ufficiali che
sarebbero stati presenti, dunque non aveva motivo di rimanere.
“Dove andrà a stare e con chi non mi riguarda
più, devo
ripetermi
questo”.
Era probabile che in futuro non avrebbe più visto di persona
la sua ex moglie.
Non sapeva com’era possibile sentirsi allo stesso tempo
sollevato
e triste all’idea, ma immaginava che facesse parte del
pacchetto “rottura
fresca”, fino a quel momento mai vissuto personalmente e con
tale intensità.
In tutto ciò persino il sogno probabilmente profetico di
Spectra era passato in secondo piano, o meglio: era
allarmante e tutti, una
volta che Spectrus avesse deciso di attaccare, avrebbero fatto in modo
di evitare
la morte di Megatron, ma il fatto che Spectra fosse in grado di fare
certi
sogni era stata per Soundwave l’ennesima cosa da aggiungere a
quelle di cui lei
non gli aveva mai accennato.
Una più, una meno, tanto
ormai.
Pensò a questo, pensò che una volta concluso il
tutto
sarebbero stati altri a gestire le reazioni inaspettate di Spectra e le
sue
omissioni qui e là… e quello non lo
intristì nemmeno un po’.
***
«… avrei dovuto farlo l’altra volta ma
vedendoti abbastanza
provata ho preferito evitare di nuocere alla salute di qualcuno in
grado di
dare avvertimenti utili. Al momento come puoi vedere l’Omega
Lock non è attivo,
contrariamente a ciò che hai visto nel tuo sogno, ma era
questa la struttura ad
anello di cui ci hai parlato?»
«Sì, Lord Megatron! Era questa, ne sono
sicura» disse
Spectra.
La Nemesis in quel momento aveva interrotto il suo vagare
nell’atmosfera terrestre, e la costruzione ad anello
mastodontica vista da
Spectra e finalmente ultimata le si rivelava in tutto il proprio
splendore di
ingegneria Decepticon di massimo livello. Contrariamente a
com’era stata messa
la fazione di Spectrus fino a quando i membri erano stati online, i
Decepticon
avevano i mezzi per fare quello e altro.
«E credo che Lei si trovasse lì»
aggiunse Spectra indicando
un punto preciso della struttura.
«Direi che questa sia un’ulteriore conferma. Tu non
avevi
visto i progetti ed è la prima volta che questo Omega Lock
viene aperto» disse
Megatron «E a giudicare dal rapporto del qui presente
Shockwave sulla
stabilizzazione dell’energon sintetico, direi che manchi poco
anche
all’attacco».
«A breve non avremo più bisogno
dell’Autobot. Nonostante dei
sospetti non confermati che lui in questi giorni abbia tentato di
rallentare il
processo, il tutto sta giungendo a conclusione» disse lo
scienziato Decepticon.
«Riguardo la tabella di produzione?...»
«La tecnologia di iperaccelerazione è pronta
all’uso».
«Molto bene. Presto potremo finire il lavoro che ho
cominciato tempo addietro con Darkmount!» esclamò
Megatron.
Spectra si avvicinò ulteriormente alla struttura ad anello e
guardò in basso.
Ricordò l’impressione che aveva avuto
nell’osservare la
Terra per la prima volta, le era sembrata un bellissimo gioiello
azzurrino. Era
triste pensare che a breve o non sarebbe stata più
così: un numero
incalcolabile di esseri viventi sarebbero stati spazzati via dalla
cyberformattazione o Megatron sarebbe morto e, come nel suo sogno, la
Terra
sarebbe rimasta com’era… almeno fino a quando gli
umani avrebbero provveduto da
soli al proprio annientamento.
Quando il discorso “cyberformattazione” era venuto
fuori per
la prima volta e lei stava ancora insieme a Soundwave, questi le aveva
spiegato
che in base ai loro comportamenti era la fine più probabile.
«Vorrei solo aver visto di più»
mormorò «Avete concluso
che sarà Spectrus ma io non mi sento tranquilla. Non sono
convinta lo stesso».
«Starscream è riuscito a fare almeno una cosa
utile e
nell’andare per esclusione siamo stati tutti della stessa
idea» le ricordò
Tarn, avvicinandosi a sua volta al bordo «E del resto abbiamo
già parlato:
nessuno di noi usa bene le proprie abilità quando
è agli inizi».
Benché un paio di giorni prima neppure a Spectra fosse
sfuggito un po’ di sconcerto da parte di Tarn nel venire a
sapere di quella sua
abilità, al di là del contenuto del suo sogno, di
lui poteva dire soltanto che
anche in quell’occasione era stato molto di supporto. Non le
era sembrato dispiaciuto
all’idea che potessero avere in comune l’essere
“outliers” -la definizione che
aveva usato era quella- e le aveva anche spiegato brevemente la
situazione
precaria in cui le persone come loro avrebbero potuto trovarsi in
passato,
molto diversa rispetto a un presente in cui la mentalità
generale era cambiata
e certe pene non esistevano più. Spectra era anche venuta a
sapere che una di
esse era stata del tutto abolita da suo padre, Spector Specter, e le
aveva
fatto piacere l’idea che un membro della sua famiglia avesse
fatto una cosa
buona per la comunità.
Curiosa com’era non si era risparmiata dal chiedere a Tarn
come fossero andate le cose per lui ma non aveva ricevuto una
risposta, se non
“Per quanto sia una lunga storia non c’è
quasi nulla che valga la pena
menzionare prima del mio incontro con Lord Megatron”.
Ricordando chi era e come era
la persona cui aveva fatto quella domanda, in quel momento Spectra
aveva avuto
la vaga sensazione che oltre a essere una lunga storia potesse essere
anche
spiacevole, dunque per una volta aveva evitato di insistere. In fin dei
conti
neppure Tarn aveva insistito nel voler sapere le ragioni precise del
suo
divorzio -ragioni precise che lei non avrebbe dato in ogni caso:
mettere in
difficoltà il suo ex compagno di vita non era nelle
intenzioni di Spectra.
Nulla di quel che era successo si sarebbe ripetuto e chi doveva esserne
al
corrente, ossia Megatron, lo era già- dunque il minimo che
aveva potuto fare
era stato ricambiare il favore.
«Il fatto è che non so né come allenare
questa cosa né se
posso, Tarn, dato che succede mentre sono in ricarica. È
diversa dalla tua…»
«Quando avrò del tempo libero potrei indagare su
questo e
sul funzionamento generale del tuo processore» disse
Shockwave, mosso da pura
curiosità scientifica «Benché gli
outliers che ho avuto modo di studiare non
siano pochi, sarebbe la mia prima analisi di un meccanismo in grado di
“vedere”
qualcosa diverso dal presente».
«A volte è meglio non indagare troppo a
fondo» osservò
Megatron «Le origini di certi sogni o certe visioni possono
essere più oscure di
quanto si creda. A proposito,
Spectra: hai avuto mal di testa, avvertito effetti strani sul tuo
corpo,
sentito qualcosa di simile al rumore di una Scintilla pulsante?... no?
Ottimo».
«Questo è molto specifico, Lord
Megatron» osservò Spectra.
«Riguarda la natura stessa di questo pianeta ed è
una delle
ragioni per cui intendo terraformarlo. È una storia
abbastanza lunga ma-»
sentendo un tentativo di contatto in entrata portò una mano
al comm-link «Knockout,
che succede?!»
– Ehm… non so come
dirglielo, Lord Megatron, ma, ecco, il prigioniero è
scappato! Ha anche causato
dei danni a- –
«Ed ecco perché mettere un segnalatore al dottore
è stata
una buona idea» commentò Megatron, seguendo il
segnale su un datapad «Possibile
che non ti si possa lasciare solo un minuto?!... Shockwave, vai a
verificare
l’entità dei danni, all’Autobot penso
io. Questo colpo di testa gli costerà».
«Sarebbe stato terminato comunque»
osservò lo scienziato.
«Ma in modo più rapido. Un regalo per i tuoi
uomini, Tarn!»
«Vari di loro non aspettavano altro»
replicò il Decepticon
in questione.
«Naturalmente. Vieni con me, farò aprire un Ponte
per…»
Passi conosciuti. Dreadwing -lì
perché in cerca di qualcuno o per tenere d’occhio
la struttura, per quel che poteva sapere Spectra- rimase immobile dopo
aver
dato una breve occhiata alla stanza e aver incrociato per un nanoclick
il suo
sguardo.
Quella, dal ritorno di Dreadwing, era la prima volta in cui
Spectra era riuscita a vederlo. In quei giorni non c’erano
stati contatti tra
loro: non una visita -comprensibilmente, trovandosi lei insieme alla
DJD- non
un tentativo di contatto via comm-link, niente di niente, al punto di
aver
concluso che i propri pensieri riguardo il fatto che Dreadwing si fosse
rotto
le scatole potessero essere corretti. Lei avrebbe voluto cercare un
contatto,
in quei giorni lo aveva pensato molto spesso e in certi momenti
l’aveva quasi
fatto, salvo lasciar perdere ogni volta: il discorso sul non imporre la
propria
presenza era sempre valido, lui era al sicuro, doveva bastarle.
«Stavo per dire “farò aprire un Ponte
perché Spectra torni
nella tua nave” ma direi che non sia necessario scomodare
Soundwave» concluse
Megatron «Eri qui per fare rapporto, Dreadwing?»
«Nossignore, notando l’Omega Lock aperto ho solo
pensato che
fosse tutto pronto».
«Lo sarà appena Shockwave avrà risolto
i problemi creati dal
prigioniero in fuga. Tu portala nella Peaceful Tiranny»
indicò Spectra con un
cenno del capo «Tarn, con me».
«Sissignore» fu la sola risposta di
quest’ultimo.
Spectra immaginò che Tarn non fosse particolarmente felice
all’idea che Dreadwing entrasse nella sua astronave ma
c’era un Autobot in
fuga, e in ogni caso l’ordine di Lord Megatron era stato
molto chiaro e conciso.
Lei e Dreadwing rimasero soli in compagnia del più totale
silenzio.
«Una conversazione con Lord Megatron mi ha fatto intuire che
dietro il mio essere ancora online ci sia tu. Ti ringrazio»
disse Dreadwing.
«Lui non ti ha mai voluto morto, c’è
stato qualche… problema
interno… e ci sei andato di mezzo. Non ce ne saranno altri,
non penso».
«Bene».
Il suo tono di voce era distante come Spectra non l’aveva
mai sentito prima di quel momento e aveva l’impressione che
il Decepticon non
la stesse neppure guardando direttamente, preferendo
piuttosto un qualche punto imprecisato dietro
di lei.
«Ho sentito che sei tornato
nell’esercito…»
«Sì».
Il seeker non aggiunse altro.
“Avevo pensato bene” pensò Spectra
“Era palese, ha smesso di
cercare un qualsiasi tipo di contatto già da un
po’. Non posso dargli torto”.
Cercò di ricacciare indietro le lacrime nonostante la
stretta allo “stomaco” fosse piuttosto dolorosa.
Era assurdo, ma
l’atteggiamento di Dreadwing in quella circostanza la faceva
soffrire molto più
della fine ufficiale di un matrimonio che aveva desiderato per tutta la
vita, che
invece le causava solo molta amarezza nel ripensarci.
Notando quell’ultima cosa nei giorni passati aveva iniziato
a pensare che forse la disperazione
nera provata quando lei e Dreadwing erano fuggiti era stata dovuta
anche alla
consapevolezza che tra lei e Soundwave fosse finita già da
allora, per quanto
avesse(ro) potuto provare a negarlo e per quanto, nel dirgli di aver
davvero voluto provare a sistemare le cose e di aver pensato che
potessero avere un futuro, fosse stata sincera. Avrebbe spiegato molte
cose.
«Dreadwing, mi dispiace per…»
Si interruppe. Gliel’aveva già detto nel
rispondere ai suoi
messaggi, e altre scuse, per quanto fossero sincere da parte sua, non
sarebbero
servite assolutamente a niente, parole vuote per qualcuno che aveva
giustamente
deciso di prendere le distanze.
«… per tutto, ma già lo sai. Mi ha
fatto piacere rivederti
e- no» aggiunse, vedendolo fare un passo in avanti
«So cos’hanno detto ma posso
tornare nella Peaceful Tiranny da sola, non c’è
bisogno che tu faccia altro per
me, mi sto riprendendo man mano. Se tu e Lord Megatron siete riusciti a
chiarirvi sono felice, adesso dovresti essere al sicuro, a me basta
questo» diede a Dreadwing un’ultima occhiata
«Ci vediamo».
Ebbe solo il tempo di voltarsi e fare due passi verso il
corridoio prima di essere avvolta in una stretta che in tutto il tempo
che lei
e Dreadwing avevano passato insieme aveva imparato a conoscere molto
bene, con
la differenza che in quei momenti non aveva mai potuto avvertirne il
tremore
leggerissimo che invece avvertiva adesso.
«Dreadwing-»
«Non dovrei fare questo» disse il Decepticon, con
la voce
leggermente incrinata «Mi ero ripromesso di starti
più lontano possibile perché
se c’è una cosa su cui Soundwave ha ragione
è che io sia stato solo dannoso per
te. Non sono riuscito a capire cos’era giusto fare, non sono
riuscito a
proteggerti, non sono riuscito a essere utile in niente per te! In niente!»
Spectra dovette concludere di essersi sbagliata per
l’ennesima volta, perché era chiaro perfino a lei
che quella non era la
reazione di un mech cui non importava più nulla di qualcuno.
«Non è-»
«In questi giorni non ho fatto altro che pensare e ripensare
a questo, poi quando sono tornato mi hanno detto che tu hai
cercato…» fece una
pausa.
«Di morire. Non pensavo che te lo avessero già
detto»
commentò lei, senza però sentirsi particolarmente
stupita.
«Dunque è vero».
«Sì. Però- aspetta!»
sentendolo sciogliere la stretta, la femme si voltò
abbastanza rapidamente da
riuscire a prendere il viso del Decepticon tra le proprie mani e
poggiare la
fronte contro la sua «Non andare via, non
andare…»
«Spectra-»
«Ho fatto molto male anche a te, se tu volessi stare lontano
da me per questo non insisterei, ma se è perché
pensi che quel che è successo
sia stato colpa tua allora ti prego, non farlo»
continuò Spectra,
accarezzandogli il viso «Mi sei sempre stato vicino, mi hai
sempre ascoltata, se
per la mia fissa di essere un peso per gli altri non avessi smesso di
parlarti
di certi pensieri che ho avuto forse non sarei nemmeno arrivata a
tanto, e se invece
non ci fossi stato tu forse l’avrei fatto molto prima. Tu hai
fatto di tutto
per aiutarmi, non è colpa tua, non
è
colpa tua» ripeté «Hai
chiamato la DJD per salvarmi e sei quasi morto!…»
Nel dire quelle parole l’idea di Dreadwing morto -per mano
di Tarn e gli altri, oltretutto- la colpì profondamente come
fino a quel
momento, tra un tentativo concreto di salvarlo, un sogno profetico e un
divorzio, non aveva fatto.
Realizzò
quanto lui fosse andato vicino al finire offline in modo atroce e
quanto
trovasse insopportabile l’idea che la Scintilla di quel
transformer potesse
spegnersi.
In quei giorni era la seconda volta in cui scoppiava a
piangere tra le braccia di qualcuno, stavolta in un miscuglio di
rimorsi e di
sollievo: i primi per tante ragioni, considerando quel che lui aveva
rischiato,
il secondo perché erano entrambi vivi, erano entrambi
lì… ed erano ancora
insieme. Non smise di accarezzarlo neppure per un secondo, accorgendosi
solo
allora di quanto grande fosse stata la sua angoscia all’idea
di non avere più
modo di farlo, la stessa che aveva avvertito chiaramente nei messaggi
che lui
tempo addietro le aveva lasciato nel comm-link.
«Ho avuto tanta paura» disse, guardandolo dritto
nelle
ottiche «Se non fosse… se le cose fossero andate
diversamente e tu fossi morto,
io non-»
«Ne ho avuta anche io,
più per te che per me.
È anche per
questo che alla fine sono tornato, al di là di aver pensato
che magari se mi
fossi consegnato avrei avuto più probabilità di
una morte veloce di quante ne
avrei avute se, restando fuori, la DJD mi avesse trovato».
L’idea di sopravvivere non sembrava essere stata presa molto
in considerazione da Dreadwing, o comunque era quel che sembrava
sentendolo
parlare in quel modo. La cosa non fece piacere a Spectra, che comprese
una
volta di più come dovevano essersi sentiti gli altri per
colpa sua.
Mai più.
«N-non… non hai pensato di andare via dal pianeta?
Quando ne
avevamo parlato tempo fa-»
«Passare la vita a scappare sapendo di essere nella Lista
non era qualcosa che volevo» replicò Dreadwing
«E anche senza la DJD di mezzo
non l’avrei fatto. Non da solo. In questi giorni ho pensato
spesso anche a
questo, se già da allora avessimo lasciato il
pianeta…»
«Tu saresti ancora considerato un disertore. Se potessi
tornare indietro ti ripeterei esattamente quel che ti ho detto quel
giorno»
disse Spectra «Tu sei tornato dove volevi tornare e io ho
risolto le cose con
Soundwave. Non è finita benissimo ma poteva andare molto
peggio, e se non altro
sia io che lui possiamo andare avanti. Sapevi già
che?...»
Dreadwing annuì. «Io e Lord Megatron abbiamo
parlato molto a
lungo di vari argomenti. Tra le cose che mi ha detto è degno
di nota anche il
“Tra moglie e marito non bisogna mettere il dito, e tu ci hai
messo tutto te
stesso”».
“Proprio lui va a rimproverare altri per
questo?...” pensò
Spectra, evitando però di esprimersi.
«Tu mi avresti riportata qui se io te l’avessi
chiesto. Tu
volevi solo cercare di aiutarmi, non mi hai tenuta lontana per altri
motivi!
Mentre eravamo via, prima di quel che è capitato nel bosco,
non credo che tu mi
abbia mai vista in “quel” modo. Giusto?»
«Mentre eravamo via, prima di quel che è capitato
nel bosco,
no. Sai che alcune cose che avevo visto mi erano piaciute poco ma posso
giurare
su quel che mi è più caro che non ho mai pensato,
neppure per un momento, di
cercare di “portarti via” da Soundwave».
Una risposta che sarebbe potuta essere sufficiente, eppure
Spectra aveva la vaga impressione che Dreadwing non avesse ancora
finito.
«Poi però è successo quel che
è successo» continuò lui,
infatti «Non sapevo dov’eri, se eri ancora viva
oppure no, e mi sono reso conto
di quanto mi sentissi perso».
Stavolta fu il Decepticon ad accarezzarle il viso, mentre
lei realizzava il significato di quel che aveva appena sentito.
Nonché il fatto di esserne meno stupita di quanto forse
avrebbe dovuto.
«Mi hai detto che se non ci fossi stato io forse saresti
andata offline prima ma forse hai dimenticato che è lo
stesso che io ho detto
a te. Aiutarti mi ha evitato di fare cose che avrebbero portato alla
mia
terminazione» proseguì il seeker «Anche
tu mi hai ascoltato quando ti parlavo
di Skyquake, di Lord Megatron e di tutto quanto, anche tu mi sei stata
vicina,
anche tu hai cercato di fare di tutto per aiutarmi, al punto che ora
non mi
trovo più nella Lista. Non ti ho mai vista come un peso, nei
momenti in cui
eravamo particolarmente vicini io stavo… bene. Nonostante
tutto».
Era un pensiero fin troppo simile a certi che Spectra, nel
ricordare il tempo trascorso insieme, aveva avuto nei giorni in cui lei
e
Dreadwing si erano persi di vista. Non poteva negarlo né
avrebbe mai potuto
prendersela con lui per qualcosa che in quei momenti aveva provato a
sua volta,
e a sua volta senza iniziare a vederlo in “quel”
modo… in quel periodo.
«Per me è stato lo stesso nonostante tutto il
disastro in
cui eravamo in mezzo» ammise lei «Dunque ti
capisco».
Aveva notato di essere meno stupita del dovuto, ma in
effetti perché avrebbe dovuto essere diverso? Dreadwing
c’era sempre stato per
lei, Dreadwing sarebbe stato pronto a battersi per lei, a lasciare il
pianeta, a
rinunciare ai Decepticon. Dreadwing sarebbe stato capace di arrivare a
dare la
propria vita pur di salvare la sua, cosa che comunque lei sperava di
convincerlo a non
fare se mai si
fossero trovati in quelle condizioni.
Spectra sapeva benissimo tutto ciò e non da pochi minuti: il
fatto che né lei né Dreadwing avessero voluto -o
fossero riusciti a- vedere le
implicazioni era un’altra cosa.
«Credo di capirti anche in altre cose. Tengo veramente tanto a te, Dreadwing, anche se purtroppo
in certi momenti ho dimostrato il contrario, e quello di noi due
insieme
da
qualsiasi parte tra qualche tempo è un pensiero
che… che non mi dispiace, ecco.
È solo che io e Soundwave abbiamo divorziato da pochissimo,
io n-non mi sento-»
«Lo so. Non voglio niente da te, volevo solo che tu sapessi
come stanno le cose. So che adesso non è un buon momento,
infatti se ho pensato
di chiudere i rapporti è stato anche per cercare di non
complicarti la vita.
Solo che…»
«Solo che non ci sei riuscito. Per fortuna».
«“Per fortuna”?»
«Sì!»
Dreadwing sorrise e si chinò per baciarle la fronte. La
sensazione che Spectra avvertì fu gradevole quanto il calore
sulle sue guance.
«Credo che ora sia il caso di riportarti in
infermeria»
disse poi il seeker.
«Sì! Siamo quasi in uno dei momenti della giornata
in cui
Nickel controlla i miei valori. È molto attenta nel suo
lavoro».
«Considerando che l’alternativa sarebbe stata
Knockout è un’altra
buona ragione per dire “meglio
così”» commentò Dreadwing
«Andiamo».
***
“Sono morti… morti…”
Era stata quella la molla che aveva spinto Ratchet a
decidere di sabotare il poco che aveva potuto -creando più
rumore che
danno, temeva- e cercare
di fuggire… in qualche modo.
Essersi accorto solo all’inizio di quel corridoio di aver
avuto un segnalatore addosso per tutto il tempo non era certo
d’aiuto alla sua
impresa.
“Ecco perché non sono mai venuti ad
aiutarmi” pensò mentre,
trasformato, cercava di correre verso una capsula di salvataggio.
Cercare di
orientarsi con le poche frecce di segnalazione a terra non era semplice
“Ecco
perché sono passati giorni, giorni e giorni e non si
è mai visto nessuno. Sono
offline, lo sono stati da quando Soundwave mi ha portato
quassù!”
La lingua lunga di Knockout aveva colpito anche in
quell’occasione,
lasciando sconvolto il medico Autobot che aveva trovato alle proprie
domande
una risposta terribile. Non c’erano altri Autobot sul
pianeta, era rimasto
solo, nessuno sarebbe venuto a salvarlo: ogni vaga speranza che poteva
aver
avuto fino ad allora si era distrutta completamente.
Pensieri in netto contrasto con le sue azioni iniziarono ad
affacciarsi nel suo processore.
“Perché lottare ancora?”
“A che pro scappare?”
“Per andare dove?”
“La Terra verrà cyberformattata a breve anche
grazie a te”.
“Jack, June, Miko, Fowler, Rafael…”
“Se anche non fossero stati nella base quando Starscream
l’ha
fatta saltare in aria, a breve saranno morti, tutti morti, morti,
morti, morti-”
Il piede di Megatron, arrivato all’improvviso da dietro di
lui, raggiunse all’improvviso il suo parabrezza con tanta
forza da incrinarlo.
Ratchet abbandonò la propria alt mode in un riflesso
condizionato, cercando di
rialzarsi in piedi e fronteggiare il nemico, per quanto inutile potesse
essere
quell’azione.
«Fine della corsa, dottore» furono le parole del
leader dei
Decepticon «Andando avanti non avresti avuto più
fortuna».
Si voltò, trovandosi davanti nientemeno che il boia
Decepticon per eccellenza, ed ebbe la conferma che la sua non sarebbe
stata una
fine veloce. Averlo immaginato in quei giorni non diminuì
comunque
la sensazione di
terrore provata, alla quale in quel momento riusciva a far fronte in
parte solo
grazie alla rabbia.
«Li hai uccisi!»
esclamò rivolto a Megatron «Hai fatto saltare la
base-»
«Un’occasione per togliermi qualche spina dal
fianco troppo
valida per essere sprecata in favore di un’ultima battaglia
con Optimus Prime»
replicò Megatron.
«Vuoi farmi fare la stessa fine? Non vuoi neppure sprecarti
a farlo con le tue mani ed è per questo che hai portato con
te questo mostro?!»
sputò fuori l’Autobot «Bene! Ma non
avrai mai la formula completa-»
– Lord Megatron, qui
Shockwave. La informo che le azioni del prigioniero non hanno causato
danni
irreparabili. Non solo: posso dire con sufficiente sicurezza che la
formula
dell’energon sintetico è finalmente stabile. Ho
attivato la tecnologia di
iperaccelerazione e col suo permesso posso attivare anche
l’Omega Lock. –
«Ottimo tempismo, Shockwave. Attiva l’Omega
Lock!»
– Sissignore. –
«Sentito, dottore? Cybertron potrà essere salvata
nonostante
le tue azioni scellerate e non sei più necessario. Dopo una
chiacchierata con
Tarn e i suoi uomini potrai riunirti ai tuoi compagni
nell’Allspark: sii
felice».
Era finita.
Finita.
***
Nel farsi prendere in braccio da Dreadwing, Spectra aveva
provato una sensazione simile a quella di “tornare a
casa”. Forse quel
sentimento non sarebbe stato giusto in quel momento, pensando a
Soundwave di
certo non le sembrava tale sebbene si fossero lasciati, ma non era
sicura di
volersi preoccupare anche di una relazione non
nata.
Lungo il tragitto verso la Peaceful Tiranny continuò a
parlare di qualsiasi cosa con assoluta scioltezza, incluso il modo in
cui era
stata trattata dagli abitanti di quell’astronave.
Evitò di parlare con
precisione solo dei dettagli che le avevano fatto intuire la misura in
cui Tarn
si curava di lei, perché aveva la vaga idea che lui non
avrebbe gradito che
venissero spiattellati in giro.
«… vorrebbero che tornassi con loro, sai? Kaon me
l’ha detto
più volte da quando sono qui e non ti nascondo che in questi
ultimissimi giorni
ci ho pensato sul serio. Mi trovo bene e mi sono detta che non posso
restare
nella Nemesis ancora per molto, visto il divorzio non è il
caso. Dopo quel che
mi hai detto prima, però…»
«Non so bene dove verrò mandato in futuro e a fare
cosa,
Lord Megatron non è stato specifico su questo. Con la
cyberformattazione che
stiamo per fare forse neppure lui lo sa di preciso» disse
Dreadwing «Ma cercherò
di far sì che tu possa essere con me fin da subito o
raggiungermi il più presto
possibile».
Arrivati nell’infermeria trovarono Nickel e Kaon intenti a
discutere di qualcosa riguardante un guasto.
«Sì, lo so che non ti piace andare nei condotti,
ma è la
cosa più rapida, si tratta di cambiare un
fusibile!» esclamò Kaon, con un datapad
in mano «Certo che un surriscaldamento da quella parte della
nave è strano ma
considerando tutto quel che la Peaceful Tiranny ha visto ultimamente
forse
nemmeno tanto e- oh, Lilleth, sei…»
L’espressione di Kaon, da allegra che era, cambiò
in modo
repentino quando notò che Spectra era in braccio a
Dreadwing. La rimozione
dalla Lista era ancora troppo recente perché le cose
potessero essere diverse.
«Dreadwing è stato così gentile da
riportarmi qui,
ovviamente Tarn e anche Lord Megatron lo sanno» disse
Spectra.
«Henn da combattimento numero due su tre»
commentò Nickel
«D’accordo, controllo i valori di Spectra e vado
nei condotti. Appoggiala sulla
cuccetta vuota» disse poi al seeker
«Vediamo… buone notizie: alcuni valori sono
tornati a un livello del tutto normale. Sei sulla buona strada,
Spectra».
«Sono contenta» sorrise la femme, rivolgendosi poi
a
Dreadwing «Sentito? Va meglio!»
«Anche grazie a lui» disse Kaon «Ah,
no».
Nickel alzò brevemente gli occhi al soffitto e, sapendo dove
andare e che passando da lì non avrebbe impiegato molto,
entrò nel condotto e
li lasciò soli.
«Vi ha chiamati lui... ha chiamato proprio te,
giusto?»
domandò Spectra a Kaon, con l’aria più
tranquilla del cosmo «E per questo siete
arrivati in tempo, quindi è più un “Ah,
sì”. Di sicuro sono grata a tutti voi
allo stesso modo».
«… non si apre».
«Come?»
«La porta» disse Dreadwing, premendo pulsanti a
lato che
tuttavia erano inattivi «Non si apre».
«Fino a un attimo fa funzionava… Kaon?»
Kaon scosse il datapad, ora improvvisamente morto. «Fino a
un attimo fa funzionava anche questo. I comm-link di Tess e
Helex… no, sento
solo statiche, non mi piace, non mi piace
per niente. Tarn!» esclamò nel comm-link
«Tarn, mi senti?»
***
«Ti sento. Che succede?»
Lord Megatron, di fianco a Tarn, sollevò brevemente un
sopracciglio mentre il medico Autobot, reduce dalla cattura e da una
sentenza
di morte non ancora eseguita, rimase in ginocchio.
– Dreadwing ha
riportato qui Spectra ma quando stava per uscire la porta si
è bloccata, il
datapad è morto, non riesco a contattare Tess e Helex anche
se dovrebbero
essere qui, c’è qualcosa che non- –
Il rumore di un colpo violentissimo attraverso il comm-link
di Tarn, come se qualcosa di grosso si fosse schiantato contro la
Peaceful
Tiranny a poca distanza dall’infermeria, venne avvertito
anche da Megatron.
«Kaon! Kaon, che
sta-»
«L’Omega Lock è stato attivato, le
tempistiche del sogno di
Spectra corrispondono. L’attacco è
iniziato» disse Megatron, con l’intento di
andare a prendere la Star Saber oscura prima di subito
«Soundwave, apri qui un Ponte verso la Peaceful
Tiranny.
Tarn, sai cosa fare».
«Spectrus Specter non si avvicinerà ulteriormente
alla
Nemesis, glielo assicuro!» fu la replica decisa del
Decepticon.
Quel pazzo bastardo di un mech aveva scelto di iniziare
l’attacco cercando di portare a termine il lavoro che aveva
iniziato nel bosco,
ma quella sarebbe stata l’ultima decisione sbagliata che
avrebbe avuto modo di
prendere.
***
Lo scafo della Peaceful Tiranny era stato sfondato dalla
Jackhammer. L’astronave era estremamente danneggiata ma
ancora attiva e pronta
sia a fare retromarcia sia a un atterraggio d’emergenza
grazie a scudi che solo
in quel momento stavano iniziando a cedere.
In quel delirio di fumo, scintille e scarti di metallo, uno
Spectrus Specter privo di un braccio al posto del quale era stata
montata la madre di tutte le motoseghe, ora attiva, e armato fino ai
denti premette il
pulsante di attivazione di una bomba “gentilmente”
fornita da alleati che ne
avrebbero fatto volentieri a meno.
«Si va in scena!»
Non credo di dover aggiungere molto altro se non “Il mio
cervello, grazie a vermissen_stern e al suo farmi notare che il
divorzio nel
capitolo precedente ha avuto una grossa dose di melodramma, ha fatto un
paio di
associazioni con Helluva Boss e Soundwave è diventato un
attimo Stolwave”.
Per via di Stolas.
GABRIJELA-
Ora immagino Soundwave con le gambe da barbagianni.
Allora!
Per chi non sa cos’è uno snitcher: è
qualcuno che fa quel
che ha fatto Megatron nello scorso capitolo, alias fare in qualche modo
la spia
:’D da lì “Snitchertron”, e la
femme a cui si riferisce Soundwave è Scylla
(se avete letto “Not the odyssey”
probabilmente c’eravate arrivati da soli. Se non
l’avete letta… vi consiglio di
farlo quando e se avrete tempo e voglia xD)
Tra uno o due capitoli dovrebbe concludersi tutto.
Grazie a tutti quelli che continuano ad avere la pazienza di
aspettare i miei capitoli, leggerli e, in certi casi, addirittura
recensirli.
Alla prossima!
_Cthylla_
|
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Capitolo 28 *** 27 - Samarcanda ***
tsb27
Precedentemente:
Spectra è finalmente riuscita a mettere un po’ di
ordine
nella sua vita privata, nel bene e nel male, di comune accordo con
l’ormai ex
compagno di vita; tanto lei quanto Dreadwing, dopo essersi quasi persi
-in
senso metaforico e non- hanno dovuto accettare l’esistenza di
un “qualcosa”
nascente tra loro. Il futuro di entrambi è ancora da
scrivere.
L’Omega Lock, nonostante gli sforzi di Ratchet volti a
rallentare la stabilizzazione dell’energon sintetico e i
tentativi di
sabotaggio, è stato completato e attivato. Il pianeta Terra
è nuovamente in
pericolo ma, se il sogno di Spectra si dimostrerà accurato
ancora una volta,
Megatron potrebbe esserlo ancora di più -soprattutto
perché gli Autobot ancora
in vita sono in un numero maggiore di quanto lui non
creda.
L’attacco finale è iniziato!
(... e questo, con oltre 9500 parole, è
probabilmente il capitolo più lungo che io abbia mai scritto
in tutta la mia discutibile carriera fanfictionara.
Abbiate
pietà di me e della mia anima, o meglio, di quel che rimane
di essa.)
27
(Samarcanda)
«State bene?!»
«Tutto ok, Lilleth!» la rassicurò Kaon,
avvicinandosi a lei
ancora di più «La roba che era sulle mensole
è un po’meno ok ma io sono a
posto».
«Anch’io» disse Dreadwing, riuscito a
restare in piedi
nonostante l’urto subito dalla nave «Che diavolo
succe-»
Altre esplosioni, sempre troppo vicine, e il rumore di
quella che sembrava una motosega gigantesca.
«Sorelliiiiinaaaa!...»
“Spectrus…”
Alla fine sembrava proprio che Lord Megatron e Tarn avessero
avuto ragione sulla faccenda, sebbene Spectra a quel punto non
riuscisse a
immaginare come suo fratello potesse arrivare nella Nemesis, non dopo
aver
deciso di attaccare la Peaceful Tiranny e avendo come obiettivo quello
di
terminarla definitivamente. Entrare in casa della DJD era stata follia
pura da
ogni punto di vista possibile, soprattutto dopo il modo in cui era
andata a
Spectrus l’ultima volta che li aveva incontrati.
Forse non era la sola dei due ad avere avuto in mente l’idea
di farla finita, pensò.
«Siamo chiusi dentro ma la porta dell’infermeria
è fatta per
resistere alla poca
pazienza dei più forti della mia
squadra, può proteggerci
per un bel pezzo» disse Kaon «Se nonostante questo
Specter riuscirà entrare prima che Tarn
e gli altri arrivino, noi mandiamo Lilleth in bagno, tu mi
copri» si
rivolse a Dreadwing «E io lo stendo» concluse,
attivando brevemente le antenne
Tesla sulle proprie spalle «Al resto penseranno gli altri,
Tarn in particolare
ne ha voglia da un bel po’».
Spectra intercettò l’occhiata di Dreadwing e
annuì. Suo malgrado e nonostante tutto si sarebbe trovata a
provare non
poca amarezza, perché per quanto lei si stesse impegnando era difficile liberarsi di
certe dipendenze
affettive, ma poteva anche immaginare che
sarebbe
riuscita a superarla. Spectrus si era giocato da molto tempo la
“sola e unica
possibilità” di rifarsi una vita altrove che lei
aveva voluto dargli e aveva
sperato cogliesse, aveva cercato la propria rovina tante di quelle
volte da
averle fatto perdere il conto e, se prima non avrebbe potuto fare
niente per
lui neppure volendo -cosa che aveva pensato già quando aveva
saputo della
presenza di Spectrus nella Lista- adesso il discorso era ancora
più valido.
«Va bene» disse il seeker, pronto alla battaglia.
***
Spectrus gettò davanti a sé un’altra
bomba gentilmente
fornita dal governo americano e si divertì a incidere con la
motosega la parete
dell’astronave pensando che, piatto com'era
l’ambiente, fosse un miglioramento.
“Peccato non poter migliorare anche la stanza di
Frollo”
rimpianse “A partire dal libro”.
Era un peccato davvero ma sapeva di non potersi permettere
l’azzardo di cercare di raggiungere i quartieri privati di
Tarn. Doveva portare
caos nell’incrociatore e lasciar credere di star cercando
Spectra, ancora viva
a detta del nano malefico di casa -cosa della quale a lui invece non
importava
più, non in quel momento- ma doveva anche restare vicino
alla Jackhammer per
poter procedere con il piano quando-
«Wear my faaaaaaace!»
Quando il resto di Tarnlandia sarebbe arrivato sul posto,
appunto.
Decise di ignorare il lieve capogiro che gli causò il
voltarsi troppo velocemente -non si era ripreso
del tutto
e ne era
consapevole ma la cosa non l’aveva fermato- per cercare di
smezzare Vos con la
motosega,
purtroppo fallendo nell’intento.
Vedendo arrivare Helex e Tesarus alla propria destra decise
di lanciare qualche altro esplosivo e ritirarsi verso la Jackhammer. Un
Ponte
Terrestre si aprì davanti a lui e Spectrus, già
immaginando chi sarebbe uscito da esso, scartò di lato e
corse ancora più alla
svelta.
«PARTI, NANO! PARTI!»
La Jackhammer iniziò a muoversi nonostante fosse messa male
-che poi era quel che avevano cercato di ottenere nel momento in cui
avevano
chiesto all’agente governativo umano i migliori scudi che
potessero
essere forniti loro-
staccandosi rapidamente dalla Peaceful Tiranny e mostrando un
portellone già
spalancato e pronto ad accoglierlo nel quale lui saltò
subito.
La parte più semplice del tutto era andata come doveva ma,
come ebbe modo di riflettere mentre la Jackhammer dava il via a un
atterraggio
di emergenza nel punto prestabilito, il peggio doveva ancora venire.
***
«Sì, Tarn, stiamo tutti bene! Siete arrivati prima
che
potesse cercare di entrare».
Due membri del suo gruppo più Dreadwing a rimorchio erano
chiusi nell’infermeria ma a detta di Spectra stavano bene e,
per come la vedeva
lui, erano più al sicuro dentro che fuori. Per questo
motivo, per i danni già
presenti nella nave e per il fatto che non ci fosse tempo da perdere
accantonò
rapidamente l’idea di far esplodere la porta a suon di
cannonate.
«Bene. Due di voi sono feriti dunque non cercate di uscire,
restate dove siete, noi intanto sistemeremo la faccenda. Il massimo che
quell’astronave possa fare è un atterraggio di
emergenza qui sotto» si rivolse
a Helex e Tesarus «Quindi quel che faremo ora è
raggiungerlo e concludere
questa storia».
Era difficile non lasciarsi prendere del tutto dall’ira in
una situazione simile, dove Spectrus Specter -immemore della batosta
presa di
recente o forse con solo quella in testa e in piena
fase
vendicativa- aveva osato violare i confini della sua “base
mobile” e portare
l’Inferno sulla soglia di casa sua, anzi, casa loro.
Era l’ennesimo affronto imperdonabile da parte di quel mech,
percepito da lui come peggiore dell’ aver fatto in modo che
gli insecticons
invadessero la Nemesis tempo addietro -e sì che non era
stato qualcosa da poco.
Fosse stato per lui sarebbe saltato sulla Jackhammer in
partenza spaccandola pezzo per pezzo a mani nude fino a quando non
fosse
riuscito a creare un’apertura abbastanza grande per entrarvi,
ma rendendosi
conto che avrebbe rischiato più di cadere che altro e che
sarebbe stato
ingiusto privare Helex, Vos e Tesarus del loro divertimento
-specialmente Tess,
il quale aveva un conto aperto da tempo con Specter- aveva deciso
altrimenti.
Niente più “dividi e distruggi” da parte
di Spectrus e il suo compare minicon,
non quella volta: avrebbe chiesto di aprire un Ponte, sarebbero andati
laggiù e
sarebbero rimasti insieme.
Anche perché quando Vos aveva provato ad attaccarlo da solo,
essendo arrivato sul posto per primo, a detta degli altri aveva evitato
per un
soffio di essere decapitato con quella motosega che Specter si era
messo al
posto del braccio mancante - “E l’altro
probabilmente viene davvero dal suo ex
collega!”- dunque avevano avuto un ulteriore esempio di cosa
non fare.
Il suo comm-link aperto venne raggiunto da una comunicazione
di Lord Megatron.
– Soundwave ha seguito
tutto, la nave di Specter sta atterrando sotto di noi. A voi il Ponte
-
disse, e un Ponte Terrestre si aprì a poca distanza da loro
- È tutto
vostro, Soundwave ne ha il pieno controllo, non ci sono interferenze
esterne.
Fate in modo che quei due non vi sfuggano un’altra volta e i
Decepticon avranno
vinto! -
«Li prenderemo. Questa volta non avranno scampo»
replicò
Tarn.
- Soundwave mi
riferisce anche che l’infermeria non è stata
danneggiata. -
«L’impatto è stato vicino ma Specter non
ha neanche fatto in tempo
ad arrivarci. Stanno tutti bene».
- In qualche modo dev’essere
venuto a sapere che non ti trovavi nella tua nave e
deve
aver pensato che occuparsi di Spectra
prima di venire qui fosse una buona idea. -
«A breve si convincerà del contrario»
ribatté il Decepticon,
che riguardo l’attacco di Spectrus aveva avuto lo stesso
pensiero e quello era
un’ulteriore fonte di rabbia pura -come se il resto non fosse
stato
sufficiente- attraversando il Ponte con Helex, Tesarus e Vos.
***
Approfittando del caos creato da Spectrus nel momento in cui
questi aveva assaltato l’astronave, era
“scappato” come da piano e la DJD era
stata allontanata, gli Autobot avevano fatto presto ad aprire un Ponte
Terrestre e infiltrarsi nella Nemesis a poca distanza da dove Soundwave
si era
recato nel momento esatto dell’attacco, ossia al comando
dell’astronave: per
quanto Soundwave potesse fare molto già a distanza, da
lì avrebbe potuto fare anche di più.
Tuttavia l’attuale situazione, l’utilizzo della
parte che Laserbeak aveva
perduto per connettersi al sistema e l’abilità
informatica di cui Rafael aveva
già dato mostra in passato gli stavano impedendo di
accorgersi dell’intrusione
nemica, proprio come loro avevano sperato.
«Spectra! Spectra!…
maledizione» lo sentirono sibilare
«Perché Megatron è riuscito a mettersi
in
comunicazione con Tarn e io non riesco a farlo con lei?!»
Dopo aver scambiato con Optimus un’ultima occhiata, Arcee e
Bumblebee si separarono da lui, Ultra Magnus e Bulkhead. Il segnale di
Ratchet
giungeva chiaro -e vicino- a tutti loro, segno che era ferito, doppio
motivo
per cui non c’era tempo da perdere.
“Io e Bumblebee siamo
i più veloci di tutta la squadra, Optimus, se
c’è qualcuno che può riuscire a
fare quel che va fatto siamo noi”.
“Non posso fare a meno
di pensare che se invece fosse lui a essere più veloce
potrebbe decidere di
mandarvi assieme a Spectrus”.
“Potremmo anche morire
tutti, umani inclusi. Dobbiamo provarci, lo sai anche tu”.
“Voi farete quel che
dovete, noi penseremo a Ratchet, te lo manderò come da piano
e infine…
Megatron”.
“Sì. Stavolta
sì”.
«Pronto?»
«-Nato pronto!-»
I due Autobot fecero il loro ingresso nella sala controllo
della Nemesis sparando all’impazzata appena sentirono dal
comm-link aperto dei
propri compagni che erano giunti anch'essi sul posto.
“Cosa?!”
pensò Soundwave, i cui riflessi
pronti gli consentirono di non essere colpito neppure una volta nel
corso di
quell’azione, e di dare l’allarme riguardo
l’invasione “Loro dovevano essere
tutti morti!”
Lui stesso aveva dato a Megatron le coordinate della base e
aveva assistito in diretta all’attacco da parte di
Starscream, avrebbe potuto
giurare che l’hangar che era stato distrutto fosse quello
giusto ma era
evidente che non fosse così o che gli Autobot
non fossero stati lì al momento dell'assalto.
Come erano arrivati lassù? Se erano sopravvissuti,
perché nonostante
la presenza della DJD avevano aspettato tanto a raggiungerli e cercare
di
liberare il loro compagno? Come li avevano trovati? Com’era
possibile che il
loro attacco contemporaneo a quello di Spectrus, che aveva allontanato
Tarn e
la DJD -non che avessero mai avuto bisogno di loro per riuscire a
difendersi ma
quello non era il punto- da lì, fosse una banale
coincidenza?
Semplice: non poteva esserlo.
«Avete toccato il fondo al punto di allearvi con
Specter?»
Con uno scatto dei suoi “tentacoli”
riuscì ad afferrare
Bumblebee e sbatterlo contro una parete, mentre Arcee riuscì
a sfuggirgli più
di una volta anche grazie a una stazza minore. Soundwave non
poté evitare di
pensare a quanto la sua fisicità gli ricordasse quella di
Spectra, e anche per quel
motivo concluse che fosse tempo di fare quel che in passato aveva
già fatto in
più di un’occasione, ossia aprire un Ponte
Terrestre e spedire altrove quella
femme -magari in mezzo ai vehicons: in generale non era
dell’idea di mandarla
in mezzo alla DJD e lo era ancor meno ricordando che una volta lo aveva
spinto
ad ascoltare la sua ormai ex compagna di vita.
Vide che Arcee notando l’apertura del Ponte aveva iniziato a
indietreggiare verso la parete, cosa a parer suo poco intelligente dal
momento
che presto non avrebbe avuto più margine di movimento.
«-ORA!-»
esclamò
Bumblebee, ancora a terra, nel comm-link.
Un altro Ponte Terrestre si aprì dietro Soundwave prima che
questi potesse capire cosa stava succedendo e perché, e alla
sensazione di
stupore si aggiunse quella sgradevolissima di star venendo risucchiato.
“Nella shadowzone?! Non se ne parla!”
pensò Soundwave.
Si divincolò, purtroppo inutilmente, facendo caso solo
allora che Arcee e Bumblebee erano corsi ad afferrare il timone per
evitare il
suo stesso destino… che divenne ancora più
incerto quando la femme Autobot,
utilizzando i comandi sulla console, aprì un Ponte Spaziale
proprio sotto i
suoi piedi.
Il mondo scomparve attorno a lui ed ebbe tempo solo di
lanciare un’ultima maledizione verso se stesso, per non
essere stato capace di
evitare la disfatta, e per dedicare un ultimo pensiero a Megatron e a
Spectra -per
quanto lei potesse essere protetta e non più
“affar
suo”- prima di perdere i sensi.
***
Quando era sbucato fuori dal Ponte, sentendo il familiare
freddo nella neve sotto i propri piedi e trovandosi in un posto che
ricordava
Messatine, Tarn aveva provato sufficiente soddisfazione da riuscire ad
accantonare un pensiero sfuggito al suo controllo: che quella dei
nobili di
giungere ad azioni suicide o quasi quando si fissavano di doversi
vendicare di
qualcosa o su qualcuno potesse essere una tendenza, e che di rado
questa
tendenza finiva bene per una qualunque delle parti coinvolte.
Quando erano arrivati avevano potuto vedere la Jackhammer
esplosa dopo un atterraggio troppo brusco per un veicolo già
provato e il solo
Spectrus correre via. Non avevano visto il minicon volare accanto a
lui, cosa
che magari poteva significare che fosse rimasto coinvolto nel disastro:
tutti
loro, prima, avevano sentito distintamente Spectrus urlargli di
partire, dunque
era stato lui il pilota.
Sarebbe stata troppa grazia e Tarn si era detto di non
abbassare la guardia ma la speranza era l’ultima a morire.
All’inizio qualche sparo da parte di Spectrus era giunto da
dietro le rocce, nulla che potesse allarmarli -anzi, era servito
soltanto a
segnalare loro la posizione del nemico- e nulla di anormale in quella
situazione, ma poi…
“Che senso ha tutto
questo?!” pensò Tarn per
l’ennesima volta in quel breve lasso di tempo.
«ROAD ROLLER DA!»
Videro Spectrus piombare giù dall’alto insieme a
qualcosa di
grosso e pesante che terribilmente somigliante a un rullo compressore
di colore
giallino mentre urlava quelle parole per loro incomprensibili, e fu
solo grazie
all’intervento di Helex che Vos non finì
schiacciato.
«Specter-»
Una bomba venne lanciata subito dopo nel modo più caotico
possibile, causando una frana che non li investì solo
perché furono abbastanza
svelti a togliersi di mezzo prima di essere colpiti da neve e rocce.
«COSA è appena
successo?!» esclamò Helex.
«Ci ha lanciato delle bombe» disse Tesarus, terra
terra come
suo solito.
«Fin qui l’avevo notato, Capitan Ovvio, non
è quel che
intendevo!»
Da quando aveva saputo del possibile attacco da parte di
Spectrus, Tarn aveva pensato e ripensato a una moltitudine di possibili
scenari
riguardo quel che il mech in questione avrebbe potuto escogitare. Gli
schemi
mentali che aveva costruito ricordando le precedenti azioni del suo
nemico e
rapportandole a condizioni fisiche che andavano dalla
più alla meno
disastrosa erano innumerevoli, come lo sarebbero stati quelli di uno
scacchista
che si era preparato ad affrontare un avversario piuttosto
ostico… peccato che
ora si stesse trovando a “giocare” con un piccione
che dopo essere volato sulla
scacchiera si stava divertendo ad afferrare i pezzi con zampe e becco e
buttarli fuori in modo del tutto casuale.
Quella era la sensazione che stava provando ed era molto
lontano da tutto ciò che aveva immaginato.
Spectrus aveva attaccato la sua nave concludendo la propria
azione con un nulla di fatto, era stato costretto a ripiegare e ad
atterrare
laggiù, era in una situazione disperata e la cosa
più assurda era che stesse
dando mostra di fare tutto meno che impegnarsi davvero in un
combattimento.
Vederlo spuntare
davanti a loro correndo
con la schiena in avanti e le braccia tese indietro urlando “Naruto
run” non era stata la cosa
più strana.
Avrebbe potuto pensare che tutta quella manovra si trattasse
di un diversivo, ma un diversivo da cosa,
se Spectrus stesso era bloccato lì? Le volte in cui quel
folle li aveva
attirati in un determinato posto aveva sempre cercato di stare loro
lontano, o
comunque di stare lontano da
lui -“E considerando come
l’ho macellato appena
gli sono arrivato abbastanza vicino direi che ne avesse ben
donde” pensò Tarn-
cosa che stavolta non era.
“Io non mi sento
tranquilla. Non sono convinta lo stesso…”
Eppure…
“Fate in modo che quei
due non vi sfuggano un’altra volta e i Decepticon avranno
vinto!”
Lord Megatron gli aveva dato ordini precisi e il fatto che
fosse riuscito a comunicare con lui significava che la linea era
attiva, se
avesse avuto bisogno di loro lassù avrebbe potuto farli
tornare in qualsiasi
momento; non l’aveva fatto, dunque nella Nemesis era tutto a
posto e lui doveva
concentrarsi sul compito che gli era stato dato.
Fece cenno a Helex e Tesarus di fare silenzio e si
concentrò, utilizzando la propria abilità da
outlier per cogliere il rumore dei
passi di Spectrus.
«Sta andando in un punto dove siamo già passati,
possiamo
circondarlo. Tu e Tesarus bloccherete la sua sinistra, io e Vos la sua
destra.
Attenzione a eventuali sorprese, forse aveva previsto che il suo
assalto
potesse fallire, di per sé la presenza di un rullo
compressore qui non avrebbe
senso» disse Tarn «Forse ha fatto male i conti
riguardo le tempistiche e sta
cercando di confonderci e seminarci per riuscire a fuggir-»
“Hiu iu iu iu iu iu
Când vii, bade, pe la
noi
Să nu vii fără
cimpoi!”
«Taaaarn-»
«Non! Siamo! Ancora! Lì dentro!» fu
svelto a esclamare il
comandante della DJD prima che Helex potesse aggiungere
qualcos’altro.
Sul fatto che quella fosse la stessa canzone che avevano
sentito nell’IKEA infestato dai cybertroniani mannari a sud
dello Scorpione non
c’erano dubbi ma Tarn lo riteneva l’ennesimo
spoiler, anche perché non sarebbe
riuscito a sopportare l’idea di non essere mai riuscito a
portare in salvo se
stesso e tutti gli altri.
L’unica cosa certa era che a quel punto, se non avesse
trovato tutte le casse, sarebbe stato più complicato
localizzare Specter con
l’udito -ed era anche l’ulteriore conferma che
questi
avesse preparato un piano di fuga.
"Da pe cimpoi, da pe
cimpoi
Joacă fetele la noi,
Da numa' așe, da numa'
așe!”
Nonostante la musica ad alto volume tutti quanti poterono
udire distintamente il rumore dei razzi che venivano lanciati e quello
delle
valanghe createsi di conseguenza.
Forse il piano di fuga di Spectrus era più articolato del
previsto.
***
«Ha funzionato!» esclamò Arcee, rivolta
a Rafael che
riusciva a sentirla perfettamente dalla loro base «Il Ponte
Spaziale sembra
aver avuto effetto, è stato diverso da come mi avete
descritto l’accesso alla
shadowzone».
Erano stati i ragazzini ad aver suggerito loro di provare ad
aprire un Ponte Spaziale nel momento in cui Soundwave sarebbe stato in
procinto
di finire nella shadowzone, in modo che se anche questi avesse
escogitato un
sistema per liberarsi -non era improbabile se era a conoscenza di
quella
particolare dimensione- si sarebbe comunque trovato in un punto molto
lontano
del cosmo, distante da qualsiasi colonia, e avrebbero potuto
cercare di
impedirgli di aprire nuovamente il Ponte per tornare indietro.
Loro
l’avevano
trovata una buona idea, decidendo dunque di tentare.
– Bene! Quando Miko ce
ne aveva parlato io e Jack non eravamo sicuri ma dopo che anche voi
avete detto
che poteva essere una buona idea- –
«Miko?» si stupì Arcee
«È da lei che è partita
l’idea?...
quando è stato?» domandò, sentendo
svanire quel po’di entusiasmo dovuto
all’aver fatto la propria parte a causa di uno sgradevole
sospetto.
– La prima volta che
avete incontrato Spectrus, quando Miko si è infilata sotto
il sedile
posteriore… avete parlato di Soundwave prima che la
scopriste e- –
«Il minicon» comprese la femme Autobot
«Deve averle messo la
pulce nell’orecchio, come dite voi terrestri. Anche lui ha
solo da guadagnare
dall’avere in giro un esperto informatico in meno».
Non fece in tempo ad approfondire i propri pensieri sulla
questione, perché in quel momento un Ratchet ferito -non
gravemente- fece di
corsa il proprio ingresso nella stanza.
«-Ratchet!-»
esclamò Bumblebee, più che felice di rivedere il
compagno di squadra «-Stai-»
«Sto bene, sì, Optimus mi ha già detto
perché ci avete
impiegato così tanto e che stavate tenendo
d’occhio la situazione, cosa che
comunque ho capito da solo visto il tempismo e visto che Knockout e i
vehicons sono
sempre stati delle pettegole» tagliò corto il
medico, ricordando come anche in
passato avessero potuto captare informazioni varie proprio per quel
motivo «E
per fortuna. Bumblebee, apro un Ponte Terrestre verso la miniera
dov’è stato
ucciso Wheeljack. Ci sono dei vehicons ma puoi, o potete,
gestirli».
«Cos- perché?!» allibì Arcee.
«Megatron ha fatto nascondere Star Saber laggiù,
è una delle
tante cose che sono riuscito a sentire dalle pettegole, e quella spada
servirà
a Optimus dato che Megatron si è tenuto la versione oscura.
Sapeva
dell’attacco» spiegò brevemente Ratchet
mentre apriva il Ponte «Ma dandovi per
morti era convinto che ad attaccare sarebbe stato solo
Spectrus».
«Come sapeva dell’attacco?»
«Pare che la sorella di Spectrus possa avere dei sogni
profetici. Col senno di poi è stato meglio non essere
riusciti a prenderla in
ostaggio, se anche l’avessimo tenuta lontana da Soundwave
quando l’abbiamo
catturato e lui
non fosse riuscito a portarla via è praticamente
certo che vi
sareste trovati la DJD ad attaccare tutti gli hangar -non solo il
nostro come mi
è parso di capire abbiano fatto Starscream e i suoi- e fare
una strage»
commentò l’Autobot «Andate, io sgancio
la Nemesis dalla Peaceful Tiranny e farò
in modo che nessuno oltre a noi
possa
usare il Ponte Terrestre, a costo di distruggere i comandi».
Optimus doveva avergli parlato anche di quel dettaglio prima
di mandarlo lì. Non sapevano cos’avessero in mente
di preciso Spectrus e il suo
compare per riuscire a uscire da ciò in cui si erano
cacciati ma tutti loro
erano determinati a far sì che, quale che fosse, non
comprendesse un Ponte di
cui loro avevano il controllo: Ratchet avrebbe pensato a quello nella
Nemesis e
Raf, se avesse visto qualcosa di strano, avrebbe disattivato
l’alimentazione
del sistema nell’hangar. Tutti quanti avevano concluso che,
se Spectrus fosse
morto laggiù dopo aver permesso loro di fare quel che
dovevano, sarebbe stato
tutto di guadagnato.
Di certo Spectrus per primo aveva
immaginato una cosa simile ma, per una volta, potevano anche essere
lieti di
non deludere le sue aspettative.
***
Anche Nickel, entrata nei condotti dell’astronave per
cambiare il fusibile che si era guastato, com’era ovvio aveva
avvertito
distintamente il rumore dell’impatto e le vibrazioni,
riuscendo anche a
comprendere che di qualsiasi cosa si fosse trattato
si era verificato a poca distanza
dall’infermeria.
“Ricordando il sogno di Spectra ci sono pochi dubbi su cosa
stia succedendo e grazie a chi!” pensò
“Solo, perché qui e non la Nemesis?!”
Cercò di contattare gli altri, ovviamente senza riuscirci.
Attraverso
una grata notò che le telecamere erano ancora attive, o
comunque quella che
stava guardando lo era, ma qualcosa, anzi qualcuno,
stava bloccando le comunicazioni, ragion per cui il suo comm-link emise
un
rumore di statiche e nulla di più.
“Posso provare a
tenerti al sicuro dal peggio, ma non da tutto”.
Il fusibile guastato per un sovraccarico distante dal luogo
dell’attacco non era stato un caso, ormai era molto
più che palese, si disse,
procedendo lungo i condotti con fare rabbioso. Allo stesso modo in cui
Bustin
non aveva tentato nuovamente di dirottare la nave -se aveva potuto
intervenire
sul fusibile avrebbe potuto fare anche l’altra cosa,
immaginava- allo stesso
modo in cui dopo essersi reso conto di averla mandata troppo vicina a
degli
insecticons era intervenuto per salvarla dalla situazione in cui
l’aveva messa,
allo stesso modo in cui in Antartide aveva evitato accuratamente di
sparare
nella sua direzione quando si era messa davanti al cannone di Tarn e non aveva parlato a Spectrus
né a
chiunque altro di quanto Megatron trovasse Tarn tutt’altro
che una buona cosa
per la propria fazione, anche in quel momento stava cercando di
proteggerla da
una minaccia creata in parte da… lui
stesso.
La cosa non la faceva innervosire di meno, se mai il
contrario.
«Tutto a posto voi?!» esclamò, andando a
sbucare prima di
tutto in infermeria.
«Nickel! Per fortuna stai bene!» esclamò
Kaon «Abbiamo
cercato di contattarti ma non ci siamo riusciti, i comm-link sono mezzi
morti!»
«Purtroppo me ne sono accorta» replicò
la minicon, notando poi
che la maggior parte dei suoi attrezzi era a terra
«… se metto le mani
addosso a quelli là-»
«Ci hanno chiusi dentro. Per te sarebbe possibile riuscire a
farci uscire?» le domandò Dreadwing «Non
c’è… che so, un qualche sistema di
apertura manuale dall’esterno senza cercare di buttare
giù la porta?»
Nickel scosse la testa. «Purtroppo no».
«Se l’attacco è iniziato allora Lord
Megatron potrebbe aver
bisogno di tutti gli ufficiali presen-»
«L’attacco è iniziato ma lo Specter
stronzo è lontano sia da
qui sia dalla Nemesis» lo interruppe Kaon «E Tarn
ha ordinato di restare dove
siamo. Vuol dire che non ti ritiene necessario laggiù
né da qualunque altra
parte e, se non si è fatto sentire, anche Lord Megatron la
pensa allo stesso
modo».
«Le linee sono bloccate, magari ha provato a contattarmi e
non
ci è riuscito!»
«Se Lord Megatron ha parlato con Tarn avrebbe potuto farlo
anche con te» insistette
il tecnico «Soundwave
avrà ripristinato almeno le sue linee».
«Lord Megatron parla con Tarn, forse grazie
Soundwave… ma io
non riesco a parlare con Soundwave» disse Spectra
«Alcune linee vanno, alcune
no, non potevamo parlare tra noi nella nave ma tu
hai potuto parlare con Tarn appena prima dell’attacco, che
senso
ha avuto tutto questo? Che senso ha che sia così anche
adesso che l’attacco di
Spectrus è andato in modo diverso da come doveva, che Lord
Megatron è qui e
loro sono tutti laggiù?»
«Forse il tuo sogno era giusto solo a
metà» ipotizzò Kaon
«Hai detto tu stessa che non sono molto accurati».
«Forse, però è strano»
insistette Dreadwing «E non mi piace».
«Io posso volare e non sono bloccata dentro» disse
Nickel
«Posso andare a vedere quel che succede nella Nemesis e posso
anche
allontanarmi abbastanza da far sapere agli altri che
c’è qualcosa che non va, se
c’è. Con le mie dimensioni è
più
difficile che facciano caso a me».
Non sentiva di poter dare tutti i torti a Spectra nel dire
che era tutto piuttosto strano, ragion per cui dare
un’occhiata non era una
brutta idea.
«Grazie» disse Dreadwing «Grazie
davvero».
“Il non-compagno di Spectra se non altro è
più educato del
suo ex marito” pensò la minicon, tornando a
camminare nei condotti.
Inizialmente pensò di raggiungere l’uscita
più vicina al
punto dove la Jackhammer aveva penetrato lo scafo e passare da
lì ma, nel
dirigersi dove aveva stabilito, i suoi recettori uditivi iniziarono a
captare qualcosa,
o meglio qualcuno, che non avrebbe dovuto trovarsi nella nave.
– … si sta come Homura con la Walpurgis E io in questo NON
sono la Walpurgis, nano, oltre a non
aver avuto la colonna sonora che avevo chiesto! –
Avanzò. Si era offerta di controllare la Nemesis ma, da quel
che stava sentendo con maggiore chiarezza a ogni passo, sembrava che il
nemico
non fosse lì: piuttosto, era entrato in casa sua e non ne
era mai uscito.
Bustin aveva già pilotato a distanza un’astronave
non sua,
figurarsi se avrebbe potuto avere difficoltà a farlo con una
nella quale aveva
vissuto per un pezzo… ed ecco che, mentre Tarn e gli altri
erano laggiù con
Spectrus Specter, lui era tranquillo e al sicuro nella Peaceful
Tiranny.
“Non lo sarà ancora per molto”
pensò Nickel, trattenendosi
dal correre solo perché i suoi passi le avrebbero impedito
di continuare a
origliare.
«Dunque i missili non sono stati
d’aiuto».
– Tutti
esplosi a mezz’aria solo alzando le
mani! E le bombe non bastano. Io gliel’avevo detto di darmi
l’atomica ma loro
nnnoooo... si stanno dando una
mossa
almeno?! –
«Da quel che vedo e sento pare di sì, si sono
già occupati
del primo ostacolo. Perché ho l’impressione che tu
sia tornato a parlare come
facevi quando avevi la febbre?»
– Perché magari
è tornata,
ma questi sono det- PORC- –
– Specter! Vieni fuori
e affronta la musica! –
– Ecco sì, se per
ammazzare la gente usassi i tuoi orrendi gusti musicali forse
otterresti qualcosa
di più concreto! –
Il rumore delle esplosioni che seguirono erano meno
incoraggianti per Specter di quanto fosse per i ragazzi, a parere di
Nickel, ma
il “si stanno dando una mossa, si sono già
occupati del primo ostacolo” era
molto più allarmante perché… a chi si
stavano riferendo quei due?
Ebbe solo il tempo di emettere un’esclamazione sorpresa
quando due laser tracciarono un cerchio attorno a lei -tenendosi a
distanza di
almeno un metro dal suo corpo- e si trovò a precipitare come
se non fosse stata
munita di un jet pack che invece c’era ma non aveva ancora
attivato, e in ogni
caso un paio di braccia nere ben conosciute la riacchiapparono a
mezz’aria
prima che potesse farlo.
«Nicky» la salutò Bustin, atterrando
velocemente «Stai bene,
ottimo, speravo di riuscire a-»
Il pugno di Nickel partì da solo andando a colpire la faccia
dell’altro minicon con tutta la cattiveria possibile, tale da
farlo cadere a
terra e riuscire a incrinare leggermente la maschera che nascondeva il
suo
volto sempre e comunque; fatto ciò strappò dalle
mani di Bustin il datapad che
questi non aveva messo
giù nel
“salvarla” e ne ruppe lo schermo sotto una delle
proprie ruote. Non era sicura
se la propria furia fosse dovuta al disastro che Bustin e Spectrus
avevano
fatto e stavano facendo o all’inflessione sincera in quello
“Stai bene,
ottimo”. Forse era per entrambe le cose e, sempre forse, in
quel momento era
meglio non
pensarci troppo.
«Livello di violenza pari a quello di un tasso del
male»
commentò Bustin, asciugando un sottile rivolo di energon
colato al di sotto
della maschera «Però è
meritato».
Nickel non commentò, preferendo puntare la pistola laser
contro la sua testa. «Cosa volete
ottenere da tutto questo? Chi è di preciso che dovrebbe
darsi una mossa?!»
«Le linee continueranno a essere disturbate e il mio
comm-link continuerà a essere aperto su tutto anche ora che
il datapad rotto,
mi sembra giusto che tu lo sappia» disse Bustin
«Niente attivazione a distanza
del Ponte Terrestre per il mio socio, cosa che aveva messo in
conto… ma neppure
tu potrai aprirne uno per i tuoi compagni di squadra».
«Da quel che ho sentito è Spectrus a essere nei
guai, non
loro» ribatté la minicon «Cosa
volete?!»
ripeté.
L’astronave subì un paio di scossoni sebbene
nessuno fosse
alla guida, segno evidente che suddetti movimenti non erano stati
causati dalla
Peaceful Tiranny stessa, bensì…
«La Nemesis è ufficialmente in viaggio»
osservò quietamente
Bustin «Star Saber anche. A questo punto immagino che non
manchi molto alla
fine».
«Cosa-»
«Ricordi quel che ti ho detto tempo fa sull’essere
vicini a
un punto di svolta? Ho la vaga idea che Megatron si pentirà
di non aver dato
retta alla signora Specter».
«Gli Autobot non sono morti» comprese Nickel che,
avuta anche
l’ulteriore conferma che stessero venendo ascoltati da
chissà quanto, iniziò a
indietreggiare con la pistola sempre puntata verso Bustin
«Starscream ha
attaccato l’hangar ma nessuno ha cercato i loro
corpi-»
«Atteggiamento piuttosto arrogante, concordo» disse
Bustin,
iniziando a rialzarsi.
«Fai un’altra mossa e ti apro un buco in quella
testa vuota
che ti ritrovi!»
«… ma d’altra parte parliamo di
Megatron, lo stesso che si è
impegnato in modo particolare a far sì che lo vogliano
morto» continuò l’altro
minicon, ormai in piedi, ignorando l’avviso «Se il
suo piano riuscisse,
un’intera specie perlopiù ignara
dell’esistenza di altre civiltà
nell’Universo
si troverebbe sterminata a causa di una guerra non sua. Mi ricorda
qualcosa che
non doveva succedere. Mi ricorda il destino di una colonia pacifica
vittima
della reazione degli organici a una
guerra altrui. È un
miracolo che tu
sia viva e ne possa parlare».
Nickel sparò nello stesso momento in cui lo fece Bustin per
disarmarla, facendole volare via la pistola dalle mani senza causarle
alcun
danno, esattamente come il giorno in cui si erano rivisti per la prima
volta.
«Non ti azzardare a paragonare le due cose!»
esclamò lei,
decidendo di attaccare nuovamente l’ex fidanzato usando
bisturi che non avevano
molto da invidiare a una spada in fatto di affilatura «Non si
somigliano per
nulla!»
«La gratitudine verso Tarn non ti permette di vederla in
altro modo» replicò l’altro minicon,
limitandosi a cercare di evitare i colpi e ricevendo comunque
più di un graffio sulla corazza
«Per me è diverso».
Nickel aveva la sensazione di trovarsi in un vicolo cieco: nella
Nemesis il sogno di Spectra poteva star prendendo forma ma lasciare
Bustin in
giro significava che avrebbe avuto accesso al Ponte Terrestre
dell’astronave e
che l’avrebbe avuto anche Spectrus, che invece era meglio
lasciare dov’era.
Doveva cercare di tramortire Bustin prima che la situazione degenerasse
ulteriormente
o terminarlo una volta per tutte e diventare davvero l’ultima
della propria
specie, per quanto male all’anima potesse causarle.
Specie con la consapevolezza che Bustin avrebbe potuto
spararle già una trentina di volte, avendo dei laser
incorporati nelle dita e
che non l’aveva fatto ugualmente... per ragioni che lei
sapeva
benissimo.
***
“Spectra poteva avere ragione, dunque?”
L’Omega Lock era stato attivato, l’interno
dell’anello era
pieno di una sostanza azzurra luminescente per nulla dissimile dal loro
stesso
fluido vitale, e tutti quanti si stavano battendo al massimo delle
proprie
forze. Starscream e dei vehicons se la stavano vedendo con Bumblebee e
un’Arcee
particolarmente agguerrita, Knockout,
Shockwave e ulteriori vehicons stavano cercando di vedersela contro
Bulkhead e Ultra Magnus,
e poco
prima Bumblebee era arrivato di corsa lanciando a Optimus Prime la Star
Saber.
Il signore dei Decepticon si batteva con la stessa grinta di
sempre contro il proprio nemico giurato, eppure da quando aveva visto
Optimus
sbucare dal nulla assieme ad alcuni dei suoi uomini i suoi pensieri non
erano
più per la battaglia, per l’Omega Lock e per il
proprio obiettivo. A quel punto
non erano più neppure per Soundwave, il quale non rispondeva
ai suoi tentativi
di contatto -e considerando che la Nemesis si era mossa staccandosi
dalla
Peaceful Tiranny e allontanandosi dalla Terra, cosa che non sarebbe
accaduta se
Soundwave fosse stato ancora al timone, temeva il peggio.
I pensieri di Megatron andavano a una vecchia canzone della
sua terra natia, ossia la città di Tarn: riguardava un
soldato che era scampato
a una guerra e che durante i festeggiamenti incrociava lo sguardo
apparentemente
maligno della “nera signora”, ossia la morte. Il
soldato tentava di evitare
l’incontro con essa scappando via più lontano
possibile, col solo risultato di
trovare la morte davanti a sé all’arrivo.
“Eri fra la gente
nella capitale,
So che mi guardavi con
malignità,
Son scappato in mezzo
ai grilli e alle cicale,
Son scappato via ma ti
ritrovo qua!”
Nascondere in una miniera l’arma che sembrava essere
destinata a ucciderlo non era servito, prepararsi a un attacco di
Spectrus non
era servito perché non era lui che ora lo stava affrontando.
La lontananza di Spectrus avrebbe dovuto impedirgli di
morire, invece mandare Tarn e i membri non feriti della DJD appresso a
Spectrus
avrebbe potuto risultare inutile riguardo al sopravvivere a quella
giornata, se
non dannoso.
“Sbagli, t'inganni, ti
sbagli soldato
Io non ti guardavo con
malignità,
Era solamente uno
sguardo stupito,
Cosa ci facevi l'altro
ieri là?
T'aspettavo qui per
oggi a Nova Chronum
Eri lontanissimo due
giorni fa,
Ho temuto che per ascoltar
la banda
Non facessi in tempo
ad arrivare qua!”
Non aveva mai avuto bisogno di Tarn per riuscire a
difendersi ma c’era di mezzo quel sogno, quella condanna a
morte in formato
onirico che sembrava sempre più vicina alla
realtà, e non gli era più possibile
comunicare con nessuno tanto all’interno quanto
all’esterno della Nemesis. Non
riusciva a raggiungere neppure Dreadwing, che doveva essere ancora
chiuso nella
Peaceful Tiranny assieme a Spectra e il tecnico della DJD.
Ghignò soddisfatto quando riuscì a far volare via
la spada
dalle mani di Optimus, facendo cadere questi sulla struttura ad anello,
ma
l’allegria passò subito nel momento in cui la sua
nemesi con uno sparo riuscì a
fare lo stesso con la Star Saber oscura che lui aveva in mano.
Dopo aver raggiunto Optimus sulla struttura ad anello -solo dopo- si rese conto di essersi
avvicinato terribilmente al punto che Spectra gli aveva
indicato…
***
Studiare il terreno era servito solo fino a un certo punto,
piazzare le armi era servito solo fino a un certo punto e le bombe
anche
-gliene
erano rimaste solo due; la motosega immane installata sul braccio era
servita
più come citazione ad Ash Williams che ad
altro
e lo stesso poteva dirsi del rullo compressore.
D’accordo, quello e molte
altre cose erano state fatte solo per confondere i suoi nemici e
tenerli laggiù
senza ingaggiare direttamente un combattimento che non avrebbe mai
potuto
vincere, ma il punto non era quello: il punto era che lo stavano
accerchiando e
Spectrus se ne rendeva conto.
Non era così folle o così idiota da nascondere
quella verità
a se stesso, anche se il piano che aveva concepito avrebbe potuto
classificarlo
in entrambi i modi da un punto di vista esterno. A volerla dire tutta,
il primo
di quei due aggettivi suonava calzante a lui per primo ora che la
febbre dovuta
a un organismo ancora debilitato dalla batosta subita era tornata a
farsi
sentire in tutto il suo splendore.
“Lo sapevi fin
dall’inizio”.
Già una volta era riuscito ad attirare la DJD altrove mentre
nella Nemesis gli insecticons avevano fatto un disastro, non sarebbe
riuscito a
ripetere una cosa simile permettendo ai suoi ex colleghi di uccidere
Megatron se
non avesse alzato la posta mettendo in palio se stesso. Per questo
aveva
attaccato l’astronave della DJD rendendo le proprie azioni
impossibili da
ignorare, per questo si era reso una preda appetibile con
quell’atterraggio di
emergenza, per questo prima ancora di incontrare Optimus Prime aveva
detto a
Bustin di provare a inserirsi nel sistema di pilotaggio della Nemesis e
alterarne la rotta in modo impercettibile, quel tanto che, basandosi
sul ritmo
dei progressi nella costruzione dell’Omega Lock e nella
stabilizzazione della
formula dell’energon sintetico, sarebbe bastato a far
sì che la Nemesis -e
l’astronave di Tarn di conseguenza- si trovassero vicini al
punto previsto. I
Decepticon si sarebbero accorti di un’invasione del sistema
più profonda o se
avessero cercato di dirottare tutti in un vulcano attivo, ma non si
erano
accorti della variazione minima e progressiva della rotta subita in
quei giorni
ogni volta che Soundwave si era allontanato dai comandi, e
l’aveva fatto
spesso.
Anche le comunicazioni permesse e non permesse erano state studiate
ad arte in modo da attirare Tarn nella propria astronave prima e da
convincerlo
che Megatron potesse comunicare liberamente con lui in seguito -e
richiamarli
nella Nemesis al bisogno- poi. Sembrava aver funzionato dato che Tarn
era molto
preso dai tentativi di ucciderlo.
Sentì rompersi l’ennesima cassa che riproduceva
“Pe Cimpoi”
a ciclo continuo, segno che era tempo di abbandonare nuovamente un
riparo non
più sicuro.
“Muovetevi, maledetti imbecilli!” pensò,
rivolto a Optimus e
compagnia.
Fece in tempo ad accorgersi solo all’ultimo che Helex era
appena spuntato vicino a lui, abbastanza da riuscire a lanciargli in
faccia un
bel blocco di neve e sassi e a scappare nuovamente… salvo
trovare bloccate tre
vie su tre. L’unica libera era una che lo avrebbe portato in
cima a uno degli
alti ammassi rocciosi presenti sul posto, e avrebbe dovuto sperare di
distanziare abbastanza i propri inseguitori per trovare un punto da cui
scivolare giù e riprendere la fuga, imponendo al proprio
fisico di non tradirlo
adesso.
«Tutto qui, Specter?» sentì dire a Tarn
«Mi sarei aspettato
di meglio da qualcuno che si è spinto fino a entrare in casa
mia».
Spectrus pensò che di certo il Decepticon non sapeva se lui
poteva sentirlo oppure no -in quel caso sì, complice aver
messo la musica
proprio per disturbare eventuali utilizzi della sua voce - ma non
c’era da
stupirsi che, iniziando a convincersi di avere tutto sotto controllo,
volesse
infierire su quella che vedeva come una situazione disperata o quasi
per il
proprio nemico. Riguardo la situazione disperata non aveva tutti i
torti ma sul
resto si dimostrava beatamente cieco, come il resto dei
Decepticon… e anche
come i propri ex colleghi.
In quell’unico secondo tra le parole di Tarn e il lancio di
una delle ultime due bombe riuscì a pensare ad almeno sedici
risposte da dare all’inquisitore
fanatico in questione, ma infine tutto quel che gli uscì
dalle labbra
nell’imboccare la salita che aveva visto in precedenza fu la
sentita risata di
un uomo che non aveva pressoché nulla da perdere.
***
I riflessi allenati di Megatron gli permisero di notare
dietro di sé il movimento di Bumblebee, cybertroniano col
quale per un periodo
si era trovato suo malgrado -ma anche “suo” inteso
come “di Bumblebee”- a
condividere il processore. Vedendo Optimus Prime in
difficoltà nonostante
l’upgrade ed essendo riuscito a recuperare Star Saber, aveva
deciso di saltare
giù per raggiungere il proprio comandante e passargli
quell’arma letale.
Megatron sollevò il braccio con il cannone.
Andassero all’Unicron le canzoni tradizionali della
città di Tarn e il
destino: aveva fatto sempre in modo di deciderlo da sé e
costruirsi il proprio
futuro, in quel caso non avrebbe fatto eccezione solo perché
il sogno di una
femme aveva posto sulle sue spalle una sensazione di
ineluttabilità pesante
come un macigno.
«Star Saber!...» esclamò e, prima che
Optimus Prime potesse
intervenire, sparò tre volte in direzione del ricognitore
Autobot che in quel
momento era scoperto e assolutamente inerme.
Se Optimus disse qualcosa nel colpire il suo braccio col
miraggio di deviare colpi che erano già stati sparati ed
erano destinati ad
andare a segno, l’ex gladiatore non lo registrò.
A Megatron parve quasi di star vivendo a rallentatore quella
scena, nel vedere i suoi spari al laser infrangersi e infrangere il
corpo di
Bumblbee uno dopo l’altro, mentre la luce e la vita
abbandonavano i
sensori ottici dell’Autobot. La spada andò a
cadere sulla struttura ad anello
mentre Bumblebee affondava rapidamente nella massa azzurrina
all’interno di
essa sotto gli sguardi sconvolti e disperati dei suoi compagni di
squadra…
E dopo ciò, grazie a un pugno micidiale che Optimus Prime
-infuriato come mai per la perdita di uno dei suoi migliori soldati,
nonché di
un amico- scagliò contro la sua faccia,
l’impressione del “rallenti”
svanì
miseramente.
Prime non disse una parola mentre trasformava quel primo
pugno in una serie di colpi che l’ira rendeva potenti e
veloci come fino a quel
momento non erano mai riusciti a essere, riuscendo perfino a rendere
impossibile tentare di reagire, e un ultimo gancio lo mandò
a sbattere con
violenza contro la struttura metallica, facendolo crollare miseramente
a terra
indolenzito e frastornato come e peggio di quanto a volte si fosse
trovato a
essere nell’arena di Kaon.
La fortuna però era dalla sua parte e, quando le sue ottiche
notarono la presenza di Star Saber oscura, non esitò un
istante a usarla contro
Optimus Prime, il quale era pronto a finirlo con un colpo di cannone.
Il colpo fu tanto violento da far volare via di svariati
metri la sua nemesi, che riuscì ad aggrapparsi con una mano
al bordo dell’Omega
Lock solo per puro miracolo.
“Non morirò” pensò Megatron,
rialzandosi nonostante le
ammaccature e la visibile fatica, nel raggiungere Optimus Prime con
l’intento
di assestargli il colpo finale “Non morirò io
oggi”.
Sollevò la spada sopra di sé.
«Optimus… preparati a raggiungere il tuo amico
nell’Allspark!»
Avrebbe posto fine alla sua guerra con Optimus Prime,
avrebbe cyberformattato la Terra, avrebbe riportato in vita Cybertron.
Sarebbe tornato a Tarn, dove tutto era
iniziato, e si sarebbe preso la Straniera della quale finalmente, dopo
milioni
di anni di silenzio che non erano bastati a cancellarla davvero dal suo
processore, aveva conosciuto la designazione.
“No, Megatron. Non lo
farai”.
Le parole sentite da quella donna risuonarono nella sua
testa potenti, sicure, cupe, andando ad acuire l’
“ineluttabilità” che fino a
quel momento non l’aveva mai lasciato…
«Megatron!»
«Cosa-»
E che si concretizzò nel momento in cui, voltandosi in
direzione della voce familiare che l’aveva interpellato, si
trovò ad abbassare
lo sguardo su una Star Saber che seppure inattiva era stata
perfettamente in
grado di penetrare il suo petto, la sua camera Scintilla.
«Mi hai rubato la voce» sentì dire
Bumblebee,
miracolosamente redivivo e con il corpo intento a ultimare le
riparazioni dalle
ferite mortali che lui gli aveva inflitto «Ed è
andata
com’è andata... ma ora non
farai più del male a nessuno!»
Le forze iniziarono ad abbandonarlo rapidamente, al punto
che il suo tentativo di sollevare Star Saber oscura si
rivelò del tutto vano.
La spada cadde oltre il bordo dell’Omega Lock e lui non
poté fare a meno di
crollare in ginocchio.
Mentre il mondo si sfocava e si tingeva di nero, mentre il
grido di Starscream lo raggiungeva e il suo corpo scivolava via dalla
lama, il
suo processore tornò a indugiare sul sogno di Spectra, sui
propri sogni
infranti e sul destino, infame creatura, dal quale neppure lui era
riuscito a
sfuggire.
Infine, il nulla.
***
Durante la lotta, se di lotta si poteva parlare dal momento
che era stata solo lei ad attaccare, Nickel riuscì a notare
Bustin fermarsi per
un attimo.
«Mh. Ce l’hanno fatta davvero».
«Cosa-»
«Il punto di svolta» disse Bustin
«Eccolo: Megatron è appena
morto».
«NO-»
L’altro minicon alzò il volume del comm-link.
«Ascolta».
– Optimus Prime a
tutte le unità. Mi sentite? Megatron è stato
eliminato. L’Omega Lock è sotto il
nostro controllo… a questo punto direi di metterlo in
funzione. Autobot!
Preparatevi per Cybertron! –
Sulle prime Nickel, immobile e schiacciata da un milione di
pensieri relativi alle conseguenze se quel che aveva sentito fosse
stato vero,
volle pensare che fosse un trucco. La beata illusione tuttavia
durò meno di un
secondo: non lo era. Lo sapeva, lo percepiva. Per qualche motivo era
sicura che
mai Bustin le avrebbe parlato di nuovo di quella sensazione
che
aveva
avuto, se non fosse stato tutto vero.
«Nicky… Nickel. È complicato e mi
rendo conto, ce l’hai con
me, hai ragione» disse
rapidamente il
minicon «Ma ti ripeto quel che ti avevo già detto:
abbandona la nave. Non devi
rimanere per forza in mezzo al caos e anche io dopo sparirò
dalla tua
esistenza, se mi dirai di farlo, ma vieni via-»
«Neanche morta!»
ringhiò Nickel,
tornando ad attaccarlo con più furia di prima.
Lo schema si ripeteva in questo come in tutto il resto:
Bustin faceva, disfaceva -o comunque contribuiva- e poi si preoccupava,
come
aveva sempre fatto da quando si erano incontrati nuovamente e anche
prima.
Prima della DJD, prima della distruzione di Prion, prima di confessarle
di
essersene andato e al contempo di mostrarle tutt’altro che
indifferenza. Le
aveva detto di non aver mai provato per nessun’altra quel che
aveva provato per
lei, le aveva fatto capire che non aveva intenzione di farle del
male… e il
peggio era che lei gli credeva ancora e che lo facesse
perché consapevole, a
un livello profondo, che quella non era la manipolazione di un
narcisista. Nell’essere
dannatamente complicato purtroppo era tutto vero, per lui come per lei,
e se
fosse stata meno imbestialita la frustrazione avrebbe anche potuto
portarla al
pianto.
Bustin si spostò all’ultimo con un movimento
fluido per
evitare il suo affondo, dando al braccio che impugnava il bisturi un
colpetto
leggero comunque sufficiente a far deviare la traiettoria e farle
perdere
l’equilibrio.
«Ti tengo» lo sentì dire poi, mentre le
passava un braccio
attorno alla vita, impedendole così di cadere, e la
disarmava con la mano
libera «Tranquilla. Ora però devo
andare».
Bustin la lasciò andare di colpo e lei, come prima cosa, si
chinò ad afferrare la pistola a laser che le era stata fatta
cadere di mano in
precedenza. Lui aveva fatto quel che doveva fare aiutando il suo
compare a fare
un disastro e avrebbe voluto andarsene impunito? Non se ne parlava
proprio.
Più che mai dilaniata dai suoi sentimenti contrastanti,
vicinissima alla disperazione ma sempre memore di far parte della
Decepticon
Justice Division, vedendo Bustin darle le spalle Nickel premette il
grilletto e
sparò.
«!...»
Le sue ottiche ora offuscate di lacrime che lei malediva una
a una riuscirono comunque a vedere l’energon zampillare fuori
dalla ferita, che
sembrava essere più vicina alla spalla sinistra che alla
Scintilla sebbene lei
avesse puntato proprio lì, e il vacillare
dell’altro minicon.
«Mi hai sparato...»
Gli aveva sparato e avrebbe dovuto farlo di nuovo, eppure
non era capace di premere il grilletto, troppo impegnata a cercare di
reprimere
singhiozzi che riuscivano comunque a uscire.
«Eppure…»
Sobbalzò. Anche da ferito Bustin era riuscito ad avvicinarsi
a lei con un movimento fulmineo, a prendere la pistola dalle sue mani e
lanciarla via.
Le sorrise, con l’energon che fuoriusciva dalla sua bocca
abbastanza copiosamente da gocciolare al di là del mento
oltre che sotto la
maschera.
«Mai nella vita, quale che sia la ragione, potrei avercela
con te».
Poggiò la mano destra contro la sua spalla e, mentre la
stringeva, la baciò sulle labbra con assoluta delicatezza.
Nickel avrebbe potuto ritrarsi in qualsiasi momento, avrebbe
potuto respingerlo, prenderlo a pugni di nuovo, affondare un cacciavite
nella
ferita che trapassava da parte a parte il suo ex compagno; avrebbe
potuto fare
tutto questo e anche di più se solo avesse voluto,
trovandosi invece a
staccarsi brevemente solo per premere a sua volta, con maggior
decisione, le
proprie labbra contro quelle di Bustin. Lo sentì sussultare
in modo
infinitesimale per la sorpresa e percepì il suo
sorriso prima di
essere ricambiata con un altro bacio.
– NANO- –
La voce di Spectrus Specter, perfettamente udibile nel
comm-link ancora a volume massimo, riuscì a trasmettere una
sensazione di dolore,
grave pericolo e di urgenza persino a lei.
«Troverò sempre il modo di raggiungerti se avrai
bisogno»
disse Bustin, allontanandosi dopo aver raccolto il datapad del quale
lei aveva
rotto lo schermo «Arrivederci, Nicky».
«Bustin!»
Lo vide alzarsi in volo lasciando una traccia di energon non
da poco dietro di sé e, pochi secondi dopo, una delle porte
tagliafuoco parte
del sistema di sicurezza dell’astronave chiudersi dietro di
lui, impedendole di
seguirlo. Il datapad era rotto ma evidentemente funzionava ancora.
L’allarme antincendio scattò appena prima che
Nickel
crollasse in ginocchio, riuscendo a ricordare solo in quel momento la
presenza
di una telecamera in quella zona, in teoria attiva come lo erano state
le altre
che aveva visto in giro, e avvertendo un’ondata di allarme
del tutto giustificata…
«…»
Prima di accorgersi
che invece era spenta.
Difficilmente era una coincidenza.
Alla consapevolezza dei momenti difficili che sarebbero
seguiti si aggiunse quella che, piacendole o meno -e dopo quel bacio
che lei
aveva scelto di ricambiare era ancor più confusa di quanto
fosse prima, il che
era tutto dire- tra lei e Bustin la faccenda era tutt’altro
che conclusa.
***
Era stato costretto a consumare l’ultima bomba proprio nel
momento in cui aveva trovato un punto da cui avrebbe potuto scivolare
giù,
finendo a doversene privare per cercare di salvarsi la vita dopo che
Tesarus lo
aveva quasi preso. Era evidente che quel colosso ce l’avesse
con lui in modo
particolare considerando com’era andato il loro primo
incontro, e adesso che
aveva quasi raggiunto la cima c’erano due sole cose in cui
poteva sperare: che
le sue gambe reggessero al salto, magari anche grazie alla
quantità di neve
presente, e/o che Bustin desse il via l’ultima parte del loro
piano.
Per la precisione quella che prevedeva
il furto della
navicella d’emergenza della Peaceful Tiranny, munita di un
modulo per
l’iperspazio perfettamente funzionante e una
velocità maggiore del normale
proprio in quanto “d’emergenza” e dunque
costruita per allontanarsi in fretta. Aveva
fatto quel che poteva
ma arrivato a quel punto i suoi ex colleghi avrebbero dovuto
arrangiarsi e lui,
forse, dire addio all’idea che essi potessero davvero
riuscire a…
– Optimus Prime a
tutte le unità. Mi sentite? Megatron è stato
eliminato. L’Omega Lock è sotto il
nostro controllo… a questo punto direi di metterlo in
funzione. Autobot!
Preparatevi per Cybertron! –
“Ce l’hanno fatta!” pensò
Spectrus, sorpreso quanto
esultante.
Ci erano riusciti e, di conseguenza, anche lui "ci era
riuscito". Era stato lui a concepire quell’idea, a suggerire
loro di rimandare
l’attacco il più possibile, a tenere la Decepticon
Justice Division lontana per
un tempo sufficiente per consentire ai suoi ex colleghi di uccidere
Megatron e diventare bersaglio principale di
Tarn per questo motivo.
Era quello il
dettaglio riguardo cui Optimus e gli altri si erano rivelati ciechi,
non avendo
pensato a cos’avrebbe portato la terminazione di Megatron per
colui che l’aveva
compiuta: trovarsi in futuro costretti a scappare, nascondersi o
affrontare una
battaglia che avrebbe contribuito a sfoltire i ranghi ancor
più di quanto
avesse fatto tutto quel che era successo fino a quel momento, dando
più tempo a
lui e Bustin -al quale Spectrus già riconosceva ogni merito
che dovesse
essergli riconosciuto- di far perdere completamente le proprie tracce.
“Lo hanno ucciso! È morto sul
serio…”
Vorn e vorn addietro i Decepticon avevano tradito gli
Specter e, in conseguenza di questo, Spectrus aveva perso tutto.
I Decepticon gli avevano tolto l’importanza conferitagli dal
cognome nobiliare, la sua casa, la quantità infinita di
shanix che aveva sempre
avuto a disposizione -e che Megatron, pur affermando di non aver dato
ordine di
coinvolgere anche loro nel massacro, era stato lesto a prendersi- la
sua
famiglia, tutti coloro che nel corso dell’infanzia aveva
definito “amici”
-questi ultimi sacrificabili a patto che la sua famiglia restasse fuori
dalla
mattanza… ma non era successo- e ora, finalmente, i
Decepticon avevano perso
altrettanto.
Megatron era il pilastro sul quale si fondava tutta la
fazione. Adesso che era stato eliminato -non “in
coma”, disperso, ferito e
quant’altro: eliminato- i
Decepticon,
nella cui fazione aveva avuto già modo di notare della
decadenza, si sarebbero
rapidamente divisi, saltandosi vicendevolmente alla gola come i cani
rabbiosi
che erano in principio, avevano continuato ad essere e sarebbero sempre
stati.
Infima plebaglia che com’era prevedibile si era dimostrata
tale e quale ai
precedenti governanti che avevano avuto tanta voglia di distruggere. Le
molteplici conferme di quella sua idea sarebbero state la giusta
vendetta per
tutto.
“Ed è proprio quel che meritano”.
Si era vendicato anche di Tarn, del suo essersi messo in
mezzo nel suicidio assistito di
Spectra, del suo averlo parzialmente smembrato, del suo avergli
rovinato i
piani decidendo malauguratamente di fare rotta verso la Terra. I suoi
inseguitori non lo sapevano ancora ma il loro stare alle sue calcagna
era più
futile di quanto fosse stato in precedenza, perché avevano
già perso.
Era finita. Spectrus aveva fatto quel che doveva fare, quel
che aveva sempre avuto voglia di fare da quella giornata maledetta in
poi e
ora si sentiva invaso da qualcosa che non provava sul serio da molto
tempo: un
curioso, odioso -per altri- e inopportuno senso di… pace.
Sensazione che venne meno quando un colpo di cannone da
parte di Tarn, sparato alla massima potenza, lo prese in pieno
facendolo volare
in avanti di diversi metri.
« NANO-»
esclamò
nel comm-link, appena prima che un’altra cannonata
decisamente meno potente ma
sempre tremenda lo raggiungesse.
«È nostro!»
Neppure Spectrus, se gliel’avessero chiesto, avrebbe saputo
spiegare come avesse potuto riuscire a non restare a terra e
trascinarsi in
ginocchio vicino all’orlo del precipizio. Il suo sistema gli
stava segnalando
una moltitudine di danni e, abbassando lo sguardo, vide che
effettivamente
aveva un grosso buco dove il
primo colpo
di cannone l’aveva preso. Il freddo, al quale i cybertroniani
erano sensibili,
non lo aiutava e non serviva essere un medico per notare che quella
ferita
l’avrebbe ucciso in breve tempo… o peggio: avrebbe
fatto sì che lui perdesse conoscenza
e avrebbe potuto dare alla DJD modo di tamponarla, ritardare la sua
morte e
dargliene una infinitamente più lunga e dolorosa.
Tarn non era tipo da fare le cose alla svelta, soprattutto non
in casi come il suo.
“E questo è proprio il motivo per cui, da
protocollo, una
spia ha sempre una capsula di veleno in bocca da poter
rompere”.
Tornò a pensare al precipizio alle proprie spalle. Avrebbe
rotto la capsula durante la caduta, così contava di fare.
Curioso come
l’idea di morire
non lo spaventasse per nulla e lo seccasse un po’,
sì, ma non troppo.
Non riuscire a stare in piedi dinanzi a Tarn, ora a due
passi da lui, gli seccava molto di più.
«Spectrus Specter. Incredibile ma vero: sei quasi riuscito a
essere una spina nel fianco in più di
un’occasione…»
Istintivamente alzò quasi gli occhi al cielo per
quell’inizio di discorso di autocompiacimento, salvo
ricordare quanto esso,
nella sua ignoranza, fosse poco opportuno. La risata gorgogliante e
dolorosa
che uscì dalla sua gola fu solo la naturale conseguenza di
quel pensiero.
«La follia deve aver infine preso completamente possesso del
tuo processore» commentò Tarn.
Oltre a vederlo seccato Spectrus iniziò a
notare che Tarn era anche guardingo.
Lo
vide fare un altro passo verso di lui, ma anche fare cenno ai propri
uomini di
restare dov’erano. Il cambio di atteggiamento era curioso ma,
se anche Tarn
aveva iniziato a intuire che qualcosa non andava, era
irrilevante… anche perché
a breve avrebbe saputo di preciso cos’era che “non
andava”.
«N-no… Frollo» riuscì ad
articolare Spectrus «È che n-non
hai molto… di che e-essere… contento.
Condoglianze» disse, sputandolo fuori
senza balbettare «M-megatron è morto.
E
tu eri con me… e non lì».
La maschera che Tarn portava sul volto non riuscì a
nascondere minimamente a nascondere lo stato d’animo del
Decepticon e, per
Spectrus, quello sguardo sul volto del suo nemico era senza prezzo.
Si lasciò cadere all’indietro usando le proprie
energie
residue per attivare un’ultima volta la motosega quando Tarn
tentò di afferrarlo.
Ad accoglierlo per diversi metri fu solo il vuoto…
«C-cosa-»
E poi il portellone aperto di un’astronave.
Arrivato a quel punto stava perdendo conoscenza ma era
abbastanza sicuro che non fosse neve: la neve non sarebbe stata
altrettanto
dura e non avrebbe vibrato sotto di lui, né si sarebbe
sentito schiacciare
contro il pavimento da quella che, se fosse stato più
cosciente, avrebbe
riconosciuto come una procedura di decollo fatta in fretta e furia.
«N…a...»
Non riusciva neppure a dire “nano”. Se anche lui e
l’astronave erano arrivati davvero, l’avevano fatto
tardi.
“È tardi? Lo è davvero?” si
chiese, senza essere sicuro di
aver cercato di borbottarlo anche ad alta voce o meno.
In quello stato di torpore ovattato e doloroso -lo era
sempre meno a ogni secondo che passava, il che non era un buon segno-
non
poteva essere sicuro di quel che i suoi sensori ottici stavano vedendo.
Gli
sembrava di vedere una massa confusa e abnorme muoversi
nell’oscurità e i
familiari candidi ovali bianchi di pixel della maschera di Bustin
avvicinarsi
al suo volto.
“Dipende da quanta testardaggine hai ancora a disposizione,
Spectrus Specter. Ne hai abbastanza… o no?”
In quella situazione persino la voce di Bustin suonava
distorta ai suoi recettori uditivi, come se fosse stata mescolata a
quella di
una creatura i cui organi avevano ben poco di cybertroniano.
Quello fu il suo ultimo pensiero.
Il disastro è fatto e ora manca solo un capitolo in cui
alcune persone dovranno iniziare a raccogliere i cocci.
Sono incredula per essere effettivamente riuscita ad aggiornare, non potete capire quanto.
Eeeee vi
lascio questo
vecchio disegno che come avete potuto notare era alquanto spoiler.
Ci sono
citazioni varie da "L'armata delle tenebre", Madoka Magica, JoJo,
Naruto del quale conosco solo la naruto run causa raid Area 51 di
qualche anno fa, inutile elencarle, tanto le avete viste :'D degna di
menzione invece è la
canzone che dà il nome al capitolo.
A voi i
commenti riguardo questo capitolo infinito (o anche no, sinceramente
dubito che dopo sei mesi di non aggiornamento, SEI, ci sia ancora
qualcuno interessato. Ma non si sa mai).
Alla prossima!
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Capitolo 29 *** 28 - Una fine, un inizio ***
Anche
questo capitolo supera le ottomila
parole, non so come, ma…
è l’ultimo.
Ebbene
sì.
Spero
che lo apprezziate già solo per
questo :D Buona lettura!
28
(Una fine, un inizio)
L’ennesimo colpo di Dreadwing vibrò spietato
quanto inutile contro una porta
che, nonostante gli sforzi suoi e di Kaon che aveva tentato
più volte di
riattivarla con l’elettricità senza successo, non
voleva saperne di cedere.
«Maledizione!...»
sbottò il mech,
senza desistere nei suoi tentativi.
Nel
momento in cui avevano sentito
quegli scossoni dovuti a chissà cosa, a Dreadwing era
importato ancor meno di
prima tanto degli ordini di Tarn -che comunque non era il suo capo-
quanto di aspettare
Nickel, che non era tornata dalla sua missione di ricognizione e per
forza di
cose non aveva potuto dare segni di vita da lontano.
L’ansia
di tutti e tre era arrivata a
livelli indicibili dopo colpi su colpi che erano riusciti solo ad
ammaccare una
porta studiata per reggere ben altro, come Kaon aveva detto
chiaramente, acuita
da una sensazione di impotenza soffocante.
«Soundwave!
Soundwave, mi senti?»
Tutto
quel che Spectra aveva potuto
fare era stato cercare continuamente di contattare il suo ex compagno
di vita
ma non aveva ricevuto alcuna risposta, e questo le aveva fatto pensare
il
peggio riguardo quel che stava succedendo altrove.
«Per
favore, se mi senti di’
qualcosa, Soundwave!…»
Lei
e Soundwave potevano aver
divorziato ma era sicura che in quella situazione lui non le avrebbe
negato un
contatto, indipendentemente da quel che era successo tra loro. Se
suddetto
contatto non c’era stato era perché evidentemente
per Soundwave non era stato
possibile raggiungere nessuno di loro in alcun modo e questo,
conoscendo la
testardaggine dell’ex gladiatore, era molto
preoccupante. Se non gli era
stato possibile farlo doveva essere perché era stato
gravemente ferito o
terminato -alternativa alla quale Spectra rifiutava di credere.
«Nulla,
Lilleth?» le domandò Kaon.
Spectra
scosse la testa. «No. Non mi
piace, Kaon, mi piace sempre meno ogni secondo che passa e che sia
scoppiato un
incendio di sicuro non mi fa pensare il contrario. Nickel è
qui fuori e non è
ancora tornata, non possiamo neanche sapere-!...»
–
… icevete? Qualcuno mi riceve?!
Kaon! Nickel! –
«I
comm-link sono tornati a posto!»
esclamò Kaon, felicemente stupito del fatto che Tarn fosse
riuscito a
contattarli «Tarn, ti ricevo! Che succede
laggiù?!»
–
Se
mai la domanda è “cosa succede
lassù”. Spectrus Specter è stato
portato via
almeno due minuti fa dalla la nostra navicella d’emergenza-
–
«Come?!»
allibì il tecnico della DJD.
Dreadwing,
che da quando aveva notato
il tentativo di contatto riuscito aveva interrotto i tentativi di
sfondare la
porta, si avvicinò a Kaon e Spectra scambiando con
quest’ultima un’occhiata
particolarmente allarmata.
–
Un’azione
inutile dal momento che le ferite erano tali da poterlo uccidere
durante la
caduta che l’ha portato nella nave in questione e se anche
non fosse morto in
quel momento lo sarebbe stato subito dopo, ma non è quel che
importa. Hanno
preso quell’astronave, non riesco a contattare nessuno nella
Nemesis, ripeto: cosa sta succedendo
lassù?... e
perché sento l’allarme antincendio? –
Anche
per Spectra lo stato d’animo di
Tarn risultava piuttosto evidente dal suo tono. Sebbene il modo in cui
parlava
fosse quanto più possibile controllato, il Decepticon in
questione era tutto
meno che tranquillo, questo nonostante l’essere
apparentemente riuscito a
portare a termine il compito che Megatron gli aveva dato.
I
suoi pensieri riguardo l’idea che
Spectrus fosse stato terminato riuscivano a essere ancora contrastanti
ma
quello non era il momento di approfondire, perché
più si andava avanti e più la
brutta sensazione di Spectra riguardo quel che stava succedendo -o era
già
successo- fuori dalla porta si acuiva.
«“Cosa
sta succedendo”? Se mi aveste
fatto uscire magari l’avremmo saputo!»
ribatté Dreadwing,
innervosito «Abbiamo sentito degli scossoni ma non siamo
riusciti a contattare
nessuno neppure noi, neppure Spectra c’è riuscita
con Soundwave e non sappiamo
che fine abbia fatto il vostro medico di bordo! Aveva detto che sarebbe
andata
a controllare ma non si è fatta più viva,
possiamo solo sperare che non sia
ferita».
«Se
qualcuno ha preso la vostra
navicella d’emergenza mi sa che il minicon era sceso con
Spectrus al momento
dell’attacco ed è rimasto qui» disse
Spectra «Spiegherebbe alcune cose».
“Neppure
la DJD ti aveva fatto qualcosa ma da quel che ho capito li hai
attaccati lo stesso anche se tra loro
c’è… Nicky”.
“Nicky.
Una rimpatriata difficile nel momento sbagliato”.
“Non
credo che trovarvi uno contro l’altra fosse quel che volevi,
no?
Voglio dire… siete minicon. Da quel che sapevo Nickel
sarebbe dovuta essere
l’unica rimasta e invece ci sei anche tu, ma siete comunque
soli”.
“Vero.
Sarebbe bello se la vita tenesse conto di quello che si vuole o non
si vuole, peccato che non sia così e che tu non sia la sola
a rischiare di
rovinarsi l’esistenza a causa delle persone che ha attorno e
ai sentimenti
verso di esse”.
“Nickel
ha attorno il resto della DJD, non credo che vogliano farle del
male o rovinarle l’esistenza. Forse stando con Spectrus
rischi di farlo più tu
che loro, anche senza volerlo”.
“Di
sicuro è tutto molto complicato”.
«…
se fosse così però credo che
l’abbia trattenuta, non che l’abbia terminata o
simili. Sono i soli due minicon
rimasti» aggiunse rapidamente.
Nessuno
le aveva chiesto della terza
parte del suo sogno né lei aveva avuto fretta di
raccontarla. Anche perché
cos’avrebbe potuto dire? Di aver mangiato azoto gelato in un
luna park con un
minicon manifestazione del suo inconscio che aveva cercato di
avvertirla
riguardo la possibilità di rovinarsi l’esistenza
per colpa della gratitudine,
avvertimento che lei aveva deciso di ignorare dicendo a Megatron quel
che
sarebbe potuto succedergli?
–
…i
sentite? Riuscite a sentirmi? –
«Nickel!»
esclamò Spectra, felice che
quel che aveva detto fosse stato appena confermato «Ti
sentiamo! Sai bene?!»
–
Sì.
Sì, io… Bustin era quassù. Gli ho
impedito di aprire un Ponte per Spectrus, gli
ho sparato, ho mirato alla Scintilla e anche se non l’ho
preso dove volevo gli
ho fatto un buco, si vedeva dall’altra parte... –
“Dice
che sta bene ma da come parla
mi sembra il contrario” pensò Spectra.
–
Lui però ha recuperato il datapad ed è fuggito
dopo che… Tarn… Tarn, io
non so…
– ci fu una pausa da parte di
Nickel, poi un sospiro – Gli
Autobot
erano ancora vivi. Erano nella Nemesis, l’hanno presa e sono
andati a
Cybertron, l’astronave non c’è
più, lo sto vedendo ora. Lord Megatron…
lui… c’è
stata una comunicazione di Optimus Prime su tutte le linee, ha detto
che Lord
Megatron è stato eliminato,
Tarn-
–
–
No.
No, anche Specter ha detto una cosa del genere poco prima di
precipitare ma è
palesemente un’assurdità: Lord Megatron non
è morto. Non è possibile che sia
morto. Anche nel caso in cui gli altri Autobot fossero vivi Lui ha la
versione
oscura di Star Saber, quella originale non era nella Nemesis, ha il
resto degli
ufficiali, ha se stesso. Nessuno
di
loro sarebbe stato in grado di terminarlo, dunque non è
morto. –
Le
espressioni sui volti di Dreadwing
e Kaon suggerirono a Spectra che stavano avendo gli stessi pensieri
riguardo
tutto. La presenza degli Autobot nella Nemesis avrebbe spiegato molte
cose,
soprattutto l’attuale assenza di suddetto
incrociatore, e avrebbe confermato
una volta di più che il sogno purtroppo era stato reale, che
la sua insicurezza
sul fatto che sarebbe stato Spectrus a uccidere Megatron era fondata e
lo era
sempre stata.
–
Tarn-
–
–
Ho
detto che non è morto, Nickel. Questo è quanto –
la interruppe il
Decepticon – Avete di nuovo il
controllo
della Peaceful Tiranny? Puoi spostarla? Con lo scafo sfondato non
possiamo
lasciare il pianeta ma non è il caso di restare fermi qui,
gli Autobot e le
“autorità nazionali” in questo pianeta
di sudici primitivi sono alleati. Il
posto dove ci procurammo il sincrotrone non è troppo
lontano, raggiungiamolo e
cerchiamo di rimanere fuori dai radar mentre ripariamo la nave.
–
Le
luci accanto al pannello che
permetteva di aprire e chiudere la porta erano verdi, segno che il
sistema era
tornato attivo. Ovvio che fosse così ora che Autobot ed ex
Autobot con minicon
annesso avevano fatto quel che dovevano fare.
«Abbiamo
il controllo della nave»
disse Kaon, con voce incolore «Veniamo a prendervi e
andiamo».
Con
ciò chiusero la comunicazione e
si diressero verso il timone, inclusa Spectra, che Dreadwing aveva
preso in
braccio. L’allarme antincendio non suonava più
-probabilmente ormai le fiamme
erano state domate- e non impiegarono molto a raggiungere la
destinazione.
«Qui
dentro siamo tutti consapevoli
che Lord Megatron è stato terminato, giusto?»
domandò Dreadwing «Per quanto
possiamo volere il contrario e per quanto Tarn sia in fase di
negazione. Se
Lord Megatron fosse stato ancora vivo la Nemesis sarebbe ancora qui,
massimo
poco distante nel caso fossero stati ancora in piena battaglia. Lord
Megatron è
morto» fece una pausa «In tutti i territori
Decepticon scoppierà il disastro».
«Nei
territori Decepticon però non lo
sanno ancora» disse Kaon, dopo aver fatto l’accesso
al sistema e alla rete di
extranet «In caso contrario sarebbe al primo posto nelle
tendenze. Magari nel
frattempo riusciamo a… non lo so. Fare qualcosa?»
si massaggiò l’attaccatura
del naso «Non so cosa. Il secondo in comando di Megatron
negli ultimi tempi era
Soundwave ma non c’è traccia del suo
segnale» disse, trafficando con i computer
dopo aver impostato le coordinate e dato i comandi per
l’atterraggio «Stessa
cosa per quelli di Shockwave, dell’ufficiale medico e di
Starscream, non che di
quest’ultimo si senta la mancanza».
«No»
confermò Nickel, raggiungendoli
nella stanza «Per nulla. Sto bene, sì!»
li anticipò, vedendo le loro occhiate
«Dei due non sono stata io a riportare danni,
l’avevo detto, e ora abbiamo
problemi infinitamente più grossi. Lo stadio di negazione
non durerà granché».
Su
quello, Spectra come Kaon e
Dreadwing non poté far altro che concordare.
***
“Non
è morto”.
“Se
fosse ancora online si sarebbe
fatto sentire ormai, ti rendi conto-”
“Non
è morto”.
“Voleva
cyberformattare la Terra, se
fosse vivo non avrebbe permesso che il suo incrociatore-”
“Non
è morto!”
“E
allora cos’è?!”
“Disperso,
forse prigioniero, non lo
so, ma non è morto! Non può essere morto: io ho
eseguito i Suoi ordini, io ho
fatto quel che dovevo fare, non ho sbagliato!”
“Peccato
che, se il resto degli
Autobot era vivo ed è entrato nella Nemesis -e tu sai che è così,
perché è l’unica cosa che dia un senso
a tutto!- a
essere sbagliati fossero proprio gli ordini”.
“Lord
Megatron non era un inetto che
poteva dare ordini sbagliati e non
è
morto. Probabilmente si trova ancora nella Nemesis e aspetta
di essere
liberato, cosa che farò appena la mia nave sarà
stata rimessa sufficientemente
in sesto. Caso chiuso!”
“Spectus
Specter ha detto che è
morto, anche Nickel ha detto di aver sentito quel messaggio-”
“Era
palesemente un trucco. Taci”.
Messi
a tacere i pensieri
contrastanti nel proprio processore, Tarn riprese a valutare con
più
accuratezza i danni presenti nell’astronave. Ora, senza la
fretta e l’allarme
dati dall’intrusione del nemico in casa propria, poteva dire
con più certezza
che quanto fatto da Spectrus fosse stato più per scena che
per altro. O meglio:
i danni erano reali ma nel suo farne abbastanza da rendersi impossibile
da
ignorare si era anche contenuto. Non si era spostato molto dal punto
dell’impatto e si era limitato a un’area ristretta
che arrivava abbastanza
vicina all’infermeria da essere allarmante ma non lontana
dalla Jackhammer.
“Lui
e il minicon devono essersi
divisi subito”.
Continuò
a camminare. Al suo rientro
nell’astronave Nickel era stata precisa nel dare indicazioni
su dov’era
avvenuta la loro lotta, vicina alla navicella d’emergenza
-ulteriore
dimostrazione del fatto che fosse stato tutto programmato- e Tarn
decise di recarsi
lì.
Il
fluido vitale a terra non mancava
e corrispondeva a quel che un cybertroniano delle dimensioni di Bustin
avrebbe
potuto perdere da una ferita da arma da fuoco come quella di cui Nickel
gli
aveva riferito -non che diffidasse di lei in alcun modo - ma quel che
c’era al
di là di dove in precedenza era calata la porta taglia fuoco
che aveva bloccato
il corridoio era un altro paio di maniche. Era come se quel tratto
fosse stato
allagato da combustibile al quale era stato dato fuoco, con lo sparo di
una
pistola o un dito laser, per
esempio,
e di fluido vitale non c’era più traccia, tutto
bruciato assieme al resto.
Nulla
di tutto ciò però era
paragonabile a quel che trovò una volta raggiunto
l’accesso alla navicella
d’emergenza, distrutto, semifuso come fosse stato vittima di
un’esplosione MA solo
dopo che le porte scorrevoli
erano state strappate via e deformate da una presa di forza
innominabile a
opera di chissà cosa.
Oppure
era solo un’esplosione mal
eseguita e della quale lui non riusciva a spiegarsi granché
il motivo, dato che
se Bustin aveva avuto il controllo del sistema non avrebbe avuto motivo
di far saltare
tutto.
“Come
non detto: ecco il senso” si
contraddisse dopo aver notato a terra degli inutili frammenti di quello
che era
stato un datapad di dimensioni adatte a un minicon “Nickel ha
riferito di
averlo rotto. Deve aver smesso di funzionare del tutto dopo che le ha
impedito
di inseguirlo bloccando il corridoio”.
Alcuni
solchi in ciò che restava
della porta gli fecero immaginare dita mostruose piantarvisi con furia
ma, per
quanto lui stesso in passato avesse avanzato dei dubbi sulla natura di
quel
minicon, poteva valere tutto e il suo contrario. Chiese a Kaon di
inviare sul
suo datapad personale qualsiasi immagine fosse stata catturata dalle
telecamere
di sorveglianza, se erano state attive, venendo subito accontentato.
“Nickel
è stata trattenuta come aveva
detto. Non che i miei dubbi siano su di lei”
pensò, lasciando che le riprese
scorressero davanti a lui.
Qualsiasi
cosa tenesse lontano il suo
processore da “Lord Megatron è morto, smetti di
fingere il contrario, debole
idiota!” era ben accetta in quel momento, e si
trovò a trattenere un sobbalzo
di stupore nel notare un dettaglio particolare nel momento in cui
Bustin era
riuscito a disarmare Nickel. Non rivelava nulla di mostruoso…
“Ma
rivela che quel minicon conosce molto
bene la mia ex vicina di casa!”
Riguardò
per tre volte di fila il
movimento con cui Bustin si era spostato all’ultimo facendo
perdere
l’equilibrio a Nickel per poi impedirle di cadere. Non era
fluido quanto erano
stati quelli di Wraith -tale era il
nome di quella disgraziata, definita così per buoni motivi,
e il suo gemello
non era da meno- ma non c’era alcun dubbio sulla
“scuola”.
Già
una volta aveva pensato a come
tutto nella sua vita fosse collegato in qualche modo più o
meno assurdo, quella
non era che un’ulteriore prova… e un indizio utile
su dove andare a cercare il
soggetto in questione una volta che fosse arrivato il suo turno.
Si
riunì al resto del gruppo poco
dopo. «Novità sull’ultima posizione
conosciuta della Nemesis prima di
“sparire”?»
«Sono
entrato nel sistema dei
satelliti dei terrestri. Era vicina alla nostra posizione
attuale» rispose Kaon
«Sopra l’acqua, sì, ma vicina
e… direi che possiamo confermare l’uso del Ponte
Spaziale. Sarebbe bello averne uno anche noi».
Anche
in quel caso le immagini
parlavano chiaro. La parte dell’essersi diretti a Cybertron
doveva essere vera
e, in ciò, a un certo punto riuscirono a inquadrare anche
una capsula di
salvataggio che veniva espulsa dalla Nemesis e veniva scagliata con
forza
nell’atmosfera.
«Qualcuno
si è dato alla fuga»
commentò Tesarus.
«Starscream
e Knockout?» ipotizzò
Helex «Starscream e Shockwave? Starscream e
Starscream? Chi si è dato alla fuga in un momento
simile merita la Lista
già solo per questo».
Tarn
annuì brevemente a quelle
parole, concordando appieno.
«Se
avessi potuto esserci…»
Captando
quel mormorio di Dreadwing,
che in tutto ciò era sempre rimasto con Spectra e di
conseguenza con loro
-mostrando un certo coraggio considerando che fino a poco tempo prima
avevano
cercato di ucciderlo- Tarn si voltò nella sua direzione.
«Le
hai prese da un ex Autobot, figurarsi
da più di uno. È per questo che ti ho lasciato
lì dentro, non avresti fatto la
differenza».
«O
forse sì, perché sono stato
secondo in comando per un motivo» ribatté il
seeker, con la massima durezza
possibile «E, sempre forse, se fossi stato lì Lord
Megatron non sarebbe morto!»
«Credo
che tu con le limitate
capacità di comprendonio di cui hai dato prova in passato
esattamente come
adesso ti sia lasciato sfuggire dal processore quel che ho detto solo
poco fa, Dreadwing»
replicò Tarn, iniziando ad abbassare pericolosamente la voce
« Devo ripetertelo
più piano? Lord Megatron
non è stato
terminato. Lui-»
«TARN,
problema!» lo interruppe Kaon, collegandosi allo
schermo più grande
«Guardate!»
–
…
qui è Spectrus Specter che parla, ufficiale
Autobot… ex. Non che faccia
differenza rispetto a quanto sto per dire in questo messaggio, che
spero
raggiunga più persone possibile. –
«Spectrus?!»
si stupì Spectra,
sgranando ulteriormente le ottiche già grandi.
«Lo
abbiamo praticamente ammazzato,
come fa a essere lì?!» esclamò Helex,
allibito.
«Ha
registrato questo video in
anticipo, se non tutto almeno una parte» disse Tarn, dopo un
attimo di stupore iniziale
«Quando non era ferito. Vedete? E
ora il
suo compare lo sta mandando in onda!»
–
Sarò
breve: Megatron è morto. Le immagini qui presenti,
provenienti dalle telecamere
della Nemesis, sono reali. –
Mentre
Spectrus parlava sullo schermo
comparvero in sequenza tutte le azioni di cui gli Autobot si erano resi
protagonisti una volta entrati nella Nemesis: Soundwave e la sua
disfatta -solo
Primus sapeva dove potesse essere finito, con gli effetti combinati di
tre
Ponti!- la battaglia contro Shockwave, Knockout, Starscream, i
vehicons, la
battaglia di Optimus contro Megatron… e soprattutto Star
Saber nelle mani di
Bumblebee -Bumblebee, un
ricognitore,
uno dei soldati Autobot di grado più basso- che penetrava il
petto di Lord Megatron
come fosse stato di burro, per poi lasciarlo precipitare al di
là della struttura
ad anello.
La
sensazione di gelo che Tarn aveva
provato nel rendersi conto che il sogno di Spectra poteva essere reale
come lo
era stato riguardo il suo passato era niente confrontata a
ciò che sentiva in quel momento.
Non
riusciva a distogliere lo sguardo
da quelle immagini e non ci riuscì neppure quando il video,
spietato, zoomò
sugli ultimi attimi di vita della persona che per lui aveva significato
tutto
nel corso della sua “terza vita”, le persona al cui
altare aveva sacrificato tutto
quel che gli era più caro e per cui stringeva i denti ogni
volta in cui dei
dubbi sul proprio lavoro si facevano strada nel suo cervello; la
persona per la
quale aveva, tempo addietro, scelto di diventare un mostro proprio come
lo
definivano.
“Non
sempre, non con tutti” -forse
non avrebbe mai rivelato quanto avessero significato per lui quelle
parole
sentite da quella persona… anche se
colei che gliele aveva dette, ossia Spectra, era a meno di un metro da
lui- ma
per la maggior parte delle persone decisamente
sì, per quanto potesse
cercare di
giustificare in qualsiasi modo l’atrocità di quei
suoi atti.
–
Megatron
è morto e i suoi più alti ufficiali difficilmente
potranno causarvi problemi,
essendo riusciti a perdere anche il loro incrociatore
– continuò Spectrus –
Stesso dicasi per i suoi boia preferiti.
La Decepticon Justice Division ha qualche problema con lo scafo della
propria
nave al momento e si trovano sul pianeta blu TX108776. A voi calcolare
le
distanze. –
«GRANDISSIMO
PEZZO DI SCARTO-» si fece sentire Nickel prima di
tutti gli altri.
“Nel
registrare il video aveva
previsto il danno che avrebbe fatto” comprese Tarn.
Stava
ribollendo di rabbia e
disperazione pura, senza però smettere di
aggrapparsi ossessivamente a una
speranza che ormai sembrava stupida persino a lui.
“Potrebbe
essere un trucco. Potrebbe
aver fatto questo video col solo scopo di seminare il caos. Lord
Megatron
potrebbe essere ancora online, non è morto, non è
morto, non è morto-”
–
Volete
riprendervi quel che era vostro e loro vi hanno portato via? Volete
essere voi
a portare via qualcosa ai Decepticon? Il momento è questo.
C’è un impero da
fare a pezzi, sbrigatevi ad accaparrarvi il vostro prima che qualcuno
se lo
prenda al vostro posto! –
Quell’ultima
frase in pieno stile
Spectrus Specter concluse il messaggio.
«Non
è detto» dichiarò Tarn, con la
sensazione che la sua voce stesse uscendo dalla bocca di un estraneo
«Potrebbe
essere tutto un falso e in ogni caso, se anche facesse agitare un po'le
masse, per
il momento restano le chiacchiere un tizio qualunque su extranet.
Non-»
«Quelle
di Specter maschio sì… le sue invece
no!» esclamò Kaon,
ingrandendo una nuova diretta.
–
Tossici
e tossiche di tutta la galassia, qui è Stiria Shaula che vi
parla. Questa è una
comunicazione istituzionale. –
Stiria
Shaula. Logico. Chi altri se
non quella femme che continuava a essere un pugno in un occhio per i
colori e
uno strazio per l’udito avrebbe potuto decidere di dire la
propria avendo una
sorella che, come aveva dato a loro delle anticipazioni riguardo il
futuro,
doveva aver fatto lo stesso con lei?
L’impressione
di Tarn era quella di
star assistendo in diretta e del tutto impotente a un terribile
incidente tra
astronavi o a una catastrofe naturale. La differenza era che in quella,
di
catastrofe, non c’era proprio nulla che fosse
“naturale”.
–
Di
sicuro avete visto anche voi il video che sta girando in rete riguardo
la morte
di Megatron: fonti accertate mi confermano che non è un
fake, è tutto vero al
cento per cento. Ciò significa che i territori Decepticon
sono “territori di
chi può prenderseli” e che da ora Pettinathia
si espande! –
«Quelle
sono le colonie Decepticon
vicine ai confini con la costellazione dello Scorpionokor!»
esclamò Dreadwing
mentre i cannoni dell’astronave di Stiria, inquadrati,
sparavano con un boato
qualcosa di totalmente impercettibile a occhio nudo.
–
Avrete
notizie riguardo l’apertura della nuova succursale appena
avrò sistemato alcuni
dettagli. Ciao ciao! –
Stiria
aveva inquadrato nuovamente se
stessa nel dire quelle ultime cose ma i sensori ottici di Tarn si erano
fissati
su altro, defilato rispetto alla giovane seeker al centro della scena:
due
femme perfettamente identiche che giocavano a un gioco antico che
consisteva
nel togliere bastoncino dopo bastoncino da una torre senza farla
cadere. Una
delle due fallì nell’impresa al primo
“ciao”, facendo crollare l’intera
struttura.
“Condoglianze.
M-megatron è morto. E tu eri con me… e non
lì”.
“C’è
stata una comunicazione di Optimus Prime su tutte le linee, ha detto
che Lord Megatron è stato eliminato,
Tarn-”
“E,
sempre forse, se fossi stato lì Lord Megatron non sarebbe
morto!”
“Sarò
breve: Megatron è morto”.
“C’è
un impero da fare a pezzi, sbrigatevi ad accaparrarvi il vostro prima
che qualcuno se lo prenda al vostro posto!”
“Riguardo
la morte di Megatron… è tutto vero al cento per
cento”.
E
in quello stesso istante anche il
suo processore crollò sotto la consapevolezza di quel che
era accaduto e a cui
non c’era rimedio: Lord Megatron non c’era
più.
Sentì
se stesso dare ordine di
cercarne il corpo, che considerando la posizione della Nemesis non
doveva
essere troppo lontano, sentì solo vagamente il resto della
sua squadra cercare
di chiamarlo, poi solo freddo, neve, la luce rossastra riflessa su quel
deserto
ghiacciato nel quale procedette mentre il suo respiro si faceva sempre
più
difficoltoso, soffocato in una sensazione maledettamente familiare per
il suo
sistema di ventilazione.
“No,
no, NO-”
Cercò
di restare in piedi ma fu
inutile, trovandosi in ginocchio subito dopo. Proprio come una volta,
quando
Lord Megatron non gli aveva ancora dato uno scopo, quando era ancora
uno scarto.
“Puoi
cambiare aspetto, ma non puoi nasconderti da quel che siamo!
Deboli. Insicuri. Ossessivi. Dipendenti! Questo siamo! Questo sei!
Questo sarai
sempre!”
Strinse la
testa tra le mani cercando di cacciare via
l’immagine di quel suo clone malridotto -il clone di Glitch-
che la strega gli
aveva mostrato e, sempre con la testa tra le mani, si trovò
seduto nella neve.
Non aveva
forse avuto ragione, quel clone? Debole, insicuro,
ossessivo… e dipendente dal sommo Lord dei Decepticon, ormai
offline. Cos’era
lui ora, senza Lord Megatron?
La cacofonia
di pensieri continuò a ruggire nel suo processore,
e nessuno giunse a dargli una risposta.
***
«…
e nel caso in cui sia sopravvissuto ci ha disegnato un
bersaglio grosso così sulla schiena, soprattutto a
Bumblebee! Ecco dove voleva
andare a parare, ecco perché non voleva che incontrassimo la
DJD mentre eravamo
nella Nemesis!»
Optimus Prime
guardò Cybertron, di nuovo viva e splendente
sotto di loro dopo che avevano utilizzato l’Omega Lock
direttamente nel Pozzo.
I lavori di sistemazione sarebbero stati lunghi ma il più
era fatto e anche i
testardi che non avevano mai abbandonato quel pianeta morto erano
sicuramente
felici del cambiamento.
«Le
nostre azioni di per sé ci hanno resi un bersaglio,
Arcee, questo era da mettere in conto».
«Non
quello principale! Non necessariamente considerando che
Spectrus li aveva attirati lontano. Dopo quel video però non
avranno più
dubbi!»
Il leader
degli Autobot era riuscito a ottenere quel che
aveva sempre desiderato… ma a che prezzo?
La guerra era
finita ma tutta quella vicenda gli aveva
lasciato in bocca un sapore amaro, non solo per essersi dovuto alleare
con
Spectrus -e chissà qual era stato il destino di questi. A
guardarlo non era sicuro che quel video non fosse stato pre-registrato.
Optimus aveva
la sensazione che, sebbene la fazione dei
Decepticon fosse destinati a essere funestata da una guerra civile di
proporzioni gigantesche, neppure loro sarebbero stato risparmiati da
una serie
di problemi che doveva ancora iniziare.
«Faremo
come abbiamo sempre fatto: affronteremo tutto
come una squadra. Abbiamo dimostrato di essere in grado di sopravvivere
a
qualsiasi cosa la vita ci abbia lanciato addosso e continueremo a farlo
per il
bene di Cybertron, della Terra, di tutti quanti»
affermò Optimus accarezzando
le braccia della moglie, esili quanto in grado di tirare pugni
abbastanza forti
da stendere seekers ben più grossi di lei «Incluso
il nostro in quanto compagni
di vita».
Arcee, dopo
qualche istante di serietà, riuscì a
sorridergli. «Essere Autobot significa anche questo. Non
credo che la nostra
vita matrimoniale sarà mai tranquilla».
«Siamo
in due a non crederlo… ma funzionerà lo stesso.
Io ci
credo».
Disse
così e finché fosse durata, fino a quanto
terminazione
non li avesse separati -sperando che ciò accadesse il
più tardi possibile e per
vecchiaia- Optimus era certo che l’avrebbero entrambi fatto
davvero.
***
Le
dodici ore seguite alla morte di
Megatron erano come volate per Spectra Specter, che aveva visto
declinare le
proprie offerte di aiuto nel riparare l’astronave. Non
avevano torto a dirle
che non doveva sforzarsi -stava meglio ma non
“bene”- e che non era un
ingegnere né poteva muovere carichi pesanti, ma aveva
ritenuto che offrirsi
fosse il minimo. Vos, Tesarus e Helex, che si occupavano delle
riparazioni
mentre Nickel rimetteva in funzione l’infermeria e Kaon
scandagliava l’oceano
nei dintorni in cerca delle spoglie di Megatron, sembravano aver
apprezzato.
Quanto
a Tarn, dalla sera prima
nessuno di loro aveva avuto sue notizie. Sapevano in che direzione era
andato -le
sue impronte erano evidenti sulla neve- ma nessuno l’aveva
cercato. Spectra
poteva capire che avessero ritenuto opportuno lasciarlo
solo per un po’ ma lei non era sicura che fosse il caso di
prolungare troppo
quel momento di solitudine. Ricordando come si era sentita la prima
volta
in cui aveva pensato di aver perso la persona attorno a cui aveva
sviluppato la
sua intera esistenza era sicura che avere qualcuno vicino
fosse stato un bene. In seguito era andata com’era andata ma
non aveva mentito
dicendo a Dreadwing che senza di lui sarebbe finita male molto prima.
“Io
poi non ho una statua di Spectrus
a cui rivolgevo delle preghiere… e se avesse scritto dei
libri non li avrei
presi come testi sacri” pensò.
Se
lei non era stata bene Tarn di
sicuro stava molto peggio, con la differenza che per ora nessuno gli
stava
tendendo la mano. Molti avrebbero detto che Tarn non avrebbe meritato
nulla di
simile a prescindere -essendo… se stesso- ma per
quanto i “molti” avessero
tutte le ragioni di questo mondo e Spectra lo
riconoscesse non poteva evitare di
ricordare il modo in cui era
stata riaccolta e trattata nell’ultimo periodo. Allo stesso
modo non poteva
evitare di ricordare il momento in cui si era risvegliata in piena
notte e
aveva trovato Tarn lì, accanto alla cuccetta, non per ordini
superiori ma
perché aveva voluto esserci.
“Pensi
ancora che ti abbia salvata e fossi nell’infermeria
perché
‘costretto’, Spectra?”
Poteva
non ritenersi particolarmente
sveglia ma che lui e gli altri fossero sinceri nel modo di porsi e
tenere a lei
risultava evidente. Le avevano teso la mano e lei l’aveva
presa, ora forse era
il caso di ricambiare per quanto le era possibile. Anzi, non solo
“era il
caso”: era quel che lei riteneva giusto fare e, soprattutto,
quel che lei voleva fare.
Le
circostanze sembravano a favore di
quell’idea… e meno a favore di Dreadwing,
purtroppo, almeno a sentire quel che
le stava dicendo. Erano andati a parlare sul
“tetto” della Peaceful Tiranny
-ovviamente dopo che lei si era avvolta una coperta termica attorno-
posto che
avrebbe potuto garantire loro un po’di privacy.
«…
il caos. Profughi dai quadranti
vicini, sottufficiali di sottufficiali che hanno iniziato a farsi la
guerra uno
con l’altro… immaginavo che la situazione da
quelle parti non sarebbe stata semplice
ma non credevo che sarebbe degenerato tutto così tanto in
fretta. Non sono
sicuro di come fare per…» il Decepticon si
interruppe «Io volevo andare lì con
a te, riprendere il controllo di quel quadrante stellare e cercare di
tenere
insieme quanto più possibile essendo l’unico
ufficiale Decepticon di alto grado
ad aver dato segni di vita, ma se le cose stanno così non
è sicuro. Sarebbe
come trascinarti in mezzo a un campo di battaglia».
«È
veramente messo tutto così tanto male?»
«Sì.
Non importa» disse il seeker «A
questo punto non importa. Ricordi quel che avevamo detto tempo fa?
Andare via
insieme, trovare un lavoro. Per me è ancora
valido».
Per
Spectra quello era molto simile a
un déjà-vu. Ovviamente ricordava quella loro
conversazione e, oggi come allora,
aveva ben chiaro che i reali desideri di Dreadwing fossero diversi.
«Tu
ricordi quel che ti ho risposto
io? È ancora valido anche quello».
Non
dubitava della sincerità delle
sue parole e non dubitava che si sarebbe adattato a qualsiasi cosa, ma
sapeva
anche che assecondarlo sarebbe stato un gran peccato. Non era saggio
né giusto
che Dreadwing mandasse all’Unicron tutti i propri sogni e
tutti i propri
progetti per lei quando, con un po’di pazienza, avrebbe
potuto riuscire a
ottenere tutto.
«Spectra-»
«Per
ora sei l’unico ufficiale
Decepticon di alto grado che si sia fatto vivo, lo hai detto proprio
adesso,
perfino io arrivo a capire quanto potrebbe essere importante per i
Decepticon che
tu torni lì e cerchi di rimettere in ordine le cose. Tu sei
stato il secondo in
comando, ti conoscono, ti rispettano» disse la femme
«Vuoi veramente lasciar
perdere tutti i tuoi programmi?»
«Se
questi programmi non ti
comprendono, sì».
«E
se mi comprendessero, ma più
tardi?»
Dreadwing
le diede una lunga
occhiata.
«Spiegami».
«Tu
torni lassù e fai quel che vuoi
fare senza dover pensare di continuo a come tenermi al sicuro, e io
fino ad
allora… mi considerano una di loro» Spectra
indicò l’astronave con un cenno
«Parte della “famiglia”e con me si sono
comportati di conseguenza quando ne
avevo bisogno. Credo che ora invece siano loro ad avere bisogno della
squadra
al completo, che include anche me».
Dreadwing
non sembrava felice ma non
stava neppure dicendo “Non se ne parla”; era
logico, a entrambi sarebbe dispiaciuto e dispiaceva separarsi di nuovo
per fare
quel che avevano in mente, ma la proposta di Spectra aveva senso ed era
vero che Dreadwing avrebbe avuto molta più
libertà di azione. Per quanto
Spectra fosse in grado di difendersi era chiaro che non fosse qualcuno
da
portare “in un campo di battaglia” o che avrebbe
potuto aiutarlo granché in
combattimento.
«Dici
“loro” e intendi “lui”, sempre
che non si sia già… sai cosa intendo»
disse Dreadwing, ipotizzando un possibile
suicidio «Lord Megatron è stato terminato. Non so quanto restare con la DJD
possa essere
“sicuro”, proprio perché è
tutto molto instabile» continuò «Se Tarn
tornasse indietro e iniziasse a
uccidere tutti? Se non lo facesse, se ti tenesse al sicuro ma poi
decidesse di
non lasciarti andare via?»
«Lord
Megatron ha fatto in modo che
io potessi decidere dove e con chi stare…»
«Ed
è morto. Una cosa come quella che ho detto
potrebbe diventare la causa di
un conflitto in futuro, non so quanto valgano le sue parole per lui ora
che Lord
Megatron non c’è più».
«Valevano
abbastanza
da non terminarti subito
quando gli hai fatto notare che forse lasciandoti uscire avremmo potuto
evitare
tutto questo. Può andare come dici tu oppure può
andare in modo diverso e posso
diventare una ragione perché si vada tutti
d’accordo» disse Spectra, augurandosi che la
prospettiva di poterla danneggiare in un eventuale conflitto sarebbe
riuscita a far sì che entrambe le parti restassero
più tranquille. «Per ora non
possiamo sapere cosa succederà ma credo che se tu non
provassi ad andare lì finiresti
a pentirti».
«Spero
di non pentirmi di averlo
fatto, invece» disse il seeker dopo qualche attimo di
silenzio «Non sarebbe la
prima volta. È davvero questo che vuoi? Sei
sicura?»
Spectra
annuì. «Lo sono».
«Mi
farò sentire ogni volta che
potrò. Appena sarò riuscito a rendere il tutto
abbastanza sicuro tornerò a
prenderti» affermò Dreadwing «Hai la mia
parola».
Il
seeker fece scendere entrambi a
terra prese il volo poco dopo, non senza essersi voltato indietro
un’ultima
volta per stringerla in quello che per qualche tempo, probabilmente per
qualche
vorn, sarebbe stato il loro ultimo abbraccio… anche se in un
futuro ancora
tutto da scrivere avrebbero avuto tempo di recuperare.
Spectra
diede un’occhiata alla propria
sinistra, intercettando lo sguardo di Helex, Vos, Tesarus e Nickel che
doveva
essere uscita a controllare come procedevano i lavori.
«Mi
sa che rimarrò a farvi compagnia»
disse Spectra «Non per sempre ma di sicuro per un bel
po’».
«Biscotti!»
esclamò Helex, visibilmente soddisfatto.
Nickel
alzò gli occhi al soffitto.
«Le priorità, Helex!... ne siamo felici. Pensavamo
che saresti partita».
«Voi
c’eravate quando ho avuto
bisogno, ho la possibilità di fare la stessa cosa. Mi sono
affezionata anche a
voi, sapete?»
Suonava
assurdo se rapportato a una
squadra di assassini, eppure era la verità. Se
c’era qualcosa che Spectra aveva
imparato, oltre al fatto che per lei nell’Universo ci fosse
di peggio, era che
si potesse trovare del bene nei luoghi più impensati.
***
«…
I Decepticon non abbandonano i propri compagni, lui non
ha abbandonato me in quel posto
quando ero ferito e noi non lo abbandoneremo ora. Ormai è
fuori da più di
ventiquattro ore» disse Tesarus, riferendosi al proprio capo
«Se entro
domattina non torna noi andiamo a recuperarlo».
Un discorso
simile sarebbe stato vicino all’impensabile in
altre realtà, per quanto i membri della DJD potessero
essersi affezionati al
proprio capo, ma lì le cose erano diverse e Tesarus non era
il solo ad aver
espresso pensieri simili. Sembrava che Tarn fosse riuscito a farsi
temere, a
farsi rispettare ma anche a farsi volere bene dai membri del suo team,
forse
perché nel tempo lui per primo aveva mostrato di tenere a
loro. Tesarus non
aveva dimenticato il modo in cui Tarn e Helex l’avevano
sollevato così che
anche lui riuscisse a non essere divorato dalle creature della strega
in quel
posto maledetto, così come Kaon non si era dimenticato
dell’abbraccio ricevuto
quando Tarn, sempre in quel frangente, lo aveva ritrovato vivo e
nessuno di
loro aveva dimenticato gli sforzi fatti dal loro capo per togliersi di
dosso
almeno la dipendenza da nucleon. Non sarebbe stato tenuto a farlo ma
lui
l’aveva fatto comunque, per se stesso e anche per loro.
Spectra
Specter non sapeva nulla di tutto questo -non poteva
saperlo dato che certi retroscena non le erano stati ancora raccontati-
ma
vedere da lontano tutto il gruppo annuire alle parole di Tesarus era
sufficiente e, in pieno stile Spectra, era sufficiente anche per
decidere anche
di uscire dall’astronave per andare a cercare il loro
comandante. Aveva ancora
indosso la coperta termica, dunque Nickel non avrebbe potuto
rimproverarla per
aver preso freddo.
“Spero
di trovarlo vivo” pensò Spectra, memore
dell’allusione di Dreadwing a un possibile suicidio.
Purtroppo non era campata
per aria ma sperava tanto che il seeker si sbagliasse.
Avvistare
le
bioluci violacee di Tarn in lontananza le tolse
un gran peso dalla Scintilla.
«Tarn?»
lo chiamò, avvicinandosi ulteriormente a lui
«Sei-»
Si interruppe
notando che, al di là di un’espressione del
tutto assente, i pugni del Decepticon erano talmente stretti da far
fuoriuscire
energon dalla ferita.
«Tarn?...»
Chiamarlo
nuovamente non sortì alcun effetto, così come non
ne ebbe stringere una mano del mech tra le proprie nella speranza che
il
contatto ne avesse… almeno in principio. In seguito, con suo
gran sollievo,
avvertì la stretta allentarsi gradualmente, trovandosi
infine a stringere tra
le proprie mani quella aperta e ferita del Decepticon.
L’energon che
fuoriusciva dalla ferita che si era inflitto stava sporcando anche lei
ma in
quel momento non le sarebbe potuto importare meno.
«Sei
qui fuori da un pezzo… non vuoi tornare nella nave?
So
che Messatine non è troppo diverso e sei abituato ma non ti
fa bene stare fermo
qui fuori».
Da Tarn, che
continuava a fissare la notte e la neve davanti
a sé, non arrivarono reazioni.
«Perlomeno
adesso so per certo che sei online. Iniziavo a
preoccuparmi» continuò lei.
Di nuovo,
nessuna reazione.
“Forse
non dovevo venire qui, non sembra essere stato utile”
pensò Spectra “No, non è vero, ha
smesso di ferirsi, qualcosa di buono l’ho
fatto”.
«Se…
se vuoi ancora un po’ di tempo per conto tuo ti lascio
stare ma non farti male di nuovo, va bene?»
Lasciò
andare con garbo la mano del mech e fece per
allontanarsi, salvo trovarsi trattenuta da lui l’attimo
seguente.
Altri al suo
posto si sarebbero pentiti di tutti i propri
peccati temendo di trovarsi in breve tempo con la Scintilla distrutta
per
essersi avvicinati a una persona tanto pericolosa in un momento simile,
Spectra
invece non si scompose neppure quando venne sollevata e presa in
braccio, al
riparo dalla neve e dal vento gelato che si era alzato nel frattempo.
La
coperta termica l’avrebbe protetta ma qualsiasi gesto che
potesse confermare il
fatto che Tarn ora fosse “presente” era il
benvenuto.
Fu lui, dopo
qualche minuto di silenzio, a parlare per primo.
«Non
dovevi venire qui» disse, in totale contrasto con le
precedenti azioni «Non avresti dovuto vedermi in questo
stato».
«Tu
mi hai vista quando ho cercato di farmi uccidere, c’eri
quando mi sono risvegliata in infermeria» replicò
Spectra, con tutta la
tranquillità possibile «Siamo pari».
«Non
è la stessa cosa. La mia posizione è diversa
dalla
tua».
«Quel
che pensavi di me prima della faccenda nel bosco è
cambiato? Dopo hai iniziato a stimarmi di meno?»
Quali
potessero essere i motivi per cui lui la riteneva
degna di stima e di considerazione era qualcosa che lei non aveva
ancora
afferrato, nonché del tutto irrilevante in quel momento. Non
era di lei che si parlava, non era lei quella messa peggio tra loro due.
«Mai»
rispose il Decepticon, con una nota calda prima
assente nel suo tono di voce.
«Ecco!
Neppure io lo farei con te. Mai».
Da Tarn, che
per la prima volta da quando l’aveva raggiunto
posò il proprio sguardo su di lei, non giunse risposta di
alcun tipo. Fosse
perché non voleva darne o perché non ne aveva,
non si poteva sapere.
«Vuoi
parlarne?» domandò lei, dopo aver aspettato un
po’.
«Lord
Megatron è morto, Spectra, “parlarne”
non lo riporterà
indietro. Io dovevo fare una cosa, una,
e non ci sono riuscito perché per tutto
il tempo ho guardato da un’altra parte. Non
c’è molto da dire e c’è ancor
meno
da fare. Non riesco a credere che sia successo. Mi sembra un
incubo».
Su quel punto
Spectra riusciva a capirlo. Pur avendolo
sognato per due volte anche a lei sembrava impossibile pensare che Lord
Megatron fosse davvero offline,
specie perché da ciò che si sapeva era
sopravvissuto a talmente tante cose nel
corso della propria vita da far iniziare a pensare che non potesse
morire
affatto; invece era successo ed era stato ucciso da un Autobot
qualunque,
nemmeno dal suo nemico giurato e tantomeno da Spectrus, al contrario di
ciò che
lui, Tarn e il resto dei Decepticon avevano immaginato.
Stavolta
Spectra non sapeva bene cosa dire, non era neppure sicura
che ci fosse qualcosa da poter dire a una persona in quella situazione,
ragion
per cui fece quello che le veniva spontaneo -e quel che Dreadwing aveva
sempre
fatto con lei in certi momenti: con la massima delicatezza possibile,
lasciandogli tempo di fermarla se avesse voluto, lo strinse a
sé in un
abbraccio, lasciando che poggiasse la testa contro il suo petto.
Il suo gesto
non venne rifiutato, neppure le sue carezze e,
al contrario, dopo pochissimi istanti poté sentire Tarn
rilassarsi
completamente sotto di esse.
«Puoi
aver guardato da un’altra parte ma era la parte che
Lord Megatron ti aveva indicato. Non penso che potessi fare
altro» disse la
femme, in totale onestà, dopo qualche minuto.
«Non
è vero. Ci hai avvisati. Ci hai detto più volte
di non
essere convinta della nostra interpretazione ma non ti abbiamo
ascoltata, non
fino in fondo, e ora sta andando tutto in pezzi»
mormorò Tarn «Quale può
essere il posto della DJD in quella che riesco già a
immaginare come una faida
tra gruppi più o meno consistenti di Decepticon alla deriva?
Non c’è nessuno
capace di prendere il posto di Lord Megatron e tenere unito
l’impero così
com’è. Non Soundwave, se anche non fosse disperso,
non Starscream, che se per
disgrazia proverà ad allungare le mani dove non deve
troverà le mie attorno al
suo collo e neanche Dreadwing, sebbene… immagino che abbia
ancora una certa
influenza nei quadranti stellari dov’era al comando prima di
arrivare qui».
«È
così» confermò Spectra «Ma
non è più lì da tempo e la
situazione non è stabile né sicura per il
momento, tra le minacce interne e
quelle esterne. Così mi ha detto».
«Mi
auguro per lui che in tutto ciò riesca a darti
una… una
protezione adeguata. Quando andrete
lì».
«Dreadwing
è già partito. Niente Ponte Spaziale, niente
astronave, quindi era meglio che si muovesse in fretta».
Tarn,
visibilmente stupito nonostante la maschera, tornò a
guardarla dritto in viso. «Vuoi dire… intendi dire
che tu-»
«Se
avesse dovuto pensare di continuo alla mia sicurezza E a mettere in ordine
quel che deve non
avrei fatto altro che rallentarlo» spiegò
brevemente Spectra «E pensiamo
entrambi che avrà molto da fare per un bel po’di
tempo. Fino ad allora…»
«Resterai?
Fino ad allora?»
Spectra
annuì. «A meno che tu nel frattempo abbia cambiato
ide-»
«No»
la interruppe Tarn «No, non ho cambiato idea. Sono
lieto che tu mi veda come qualcuno che può tenere fede a
quel che aveva detto
tempo fa sul fare in modo che fossi tranquilla e al sicuro,
nonostante…
l’inefficienza».
«Non
ho alcun dubbio sul fatto che tu possa riuscirci ma
questo non è il solo motivo per cui sono rimasta. Mi avete
fatto capire che mi
considerate parte della squadra, dunque voglio esserci quando
c’è bisogno, così
come ci siete stati voi quando sono stata io ad averne avuto.
È normale che sia
così» aggiunse Spectra, con un breve sorriso
«Avendo la possibilità di farlo,
lo faccio».
Spectra non
era sicura di cosa stesse pensando Tarn -il modo
in cui la stava guardando era per lei difficile da interpretare,
complice anche
la maschera- ma, qualsiasi cosa fosse, si augurava di averlo convinto
della
sincerità delle proprie parole; non perché
pensasse di avere di che temere, ma
perché voleva chiarire che sfruttarli non era nelle
sue intenzioni.
«“Normale”
per te. Considerando quel che è successo, ora più
che mai non posso evitare di chiedermi cosa possa aver fatto
per…» il Decepticon
fece una breve pausa, per poi schiarirsi la voce «Ho
compreso. Apprezzo il
pensiero e confermo puoi considerare casa tua la mia astronave e la
base di
Messatine. Lo sapevi già ma non fa male
ripeterlo».
«E
io ti ringrazio per questo. Torniamo indietro?» disse
Spectra, e
fece un cenno in direzione della nave «Non sono la sola a
essersi preoccupata».
«Trovandoci
su un pianeta ostile, al di là del disastro, è
ovvio che siano tesi alla prospettiva di restare senza una
guida».
«Non
è solo questo, visto quel che è successo sono
preoccupati davvero. Lo ero io, figurati loro che ti conoscono molto
meglio di
me. Ho sentito Tesarus dire di voler cercare di
“recuperarti” al massimo
domattina. “I Decepticon non abbandonano i propri compagni,
lui non ha
abbandonato me in quel posto quando
ero ferito e noi non lo abbandoneremo ora”»
riferì Spectra «Non so di che posto
parlasse ma non mi sembra una cosa che direbbe qualcuno che vuole solo una guida.
Quindi… torniamo dagli
altri? Torniamo a casa?»
Dopo qualche
istante probabilmente utilizzato per soppesare
le sue parole, Tarn annuì. «Sì.
Torniamo a casa».
Il Decepticon
si alzò in piedi e, fatto questo, la prese
nuovamente in braccio prima di incamminarsi verso la Peaceful Tiranny.
«Per
quanto tu stia meglio e abbia avuto il buonsenso di
coprirti è stato azzardato uscire con questa temperatura.
Quando faremo ritorno
su Messatine sarà diverso perché sarà
passato più tempo ma fino ad allora -o
meglio, fino a quando saremo costretti a restare qui- cerca di fare
attenzione.
Non devi esporti a rischi, fossero anche minimi, a causa
mia».
«Va
bene» disse Spectra «Però non mi pento
di nient… oh, ci
sono anche gli altri!»
Il resto della
DJD, incluso Kaon in arrivo sulla sedia
fluttuante, si fermò a metà strada nel vederli
arrivare. Probabilmente si erano
accorti della sua sparizione improvvisa e avevano notato la seconda
serie di
impronte nella neve.
«Aggiornamenti?»
disse Tarn, prima che uno di loro potesse
dire qualsiasi cosa.
«Gli
scanner sono riusciti a rilevare il corpo di Lord
Megatron» disse Kaon, dopo un attimo di esitazione
«Sto rimettendo a punto il
sistema del Ponte Terrestre così che qualcuno possa scendere
sul fondale a
recuperarlo».
«Ottimo.
Non permetterei mai che i Suoi resti arrugginiscano
in questo posto, avrà una degna sepoltura da
un’altra parte» fece una breve
pausa «So della vostra apprensione per il mio stato. Non
è più necessaria ma è…
apprezzata».
“Sul
fatto che non sia più necessaria avrei molto da ridire
ma è già qualcosa che sia tornato indietro. Che
abbia ammesso di apprezzare
l’esserci preoccupati per la sua salute poi è
incredibile” pensò Nickel.
Diede a
Spectra un’attenta occhiata e vide che sembrava del
tutto tranquilla, il che era ottimo, ma c’era qualcosa che la
minicon non
poteva fare a meno di chiedersi: era davvero rimasta lì di
sua volontà o nei
piani di Dreadwing c’era quello di sfruttare
l’attaccamento mostrato da Tarn
nei confronti di quella femme in modo che lei -col tempo e sfruttando
la
fragilità altrui- potesse convincerlo a stare dalla sua
parte?
Avendola in cura
sapeva bene che uno dei motivi che aveva spinto Spectra a cercare di
andare offline era stato il terrore di poter
diventare un
essere maligno e manipolatore com’era -o “era
stato”, ormai- il fratello,
quindi era ben difficile che nelle sue intenzioni potesse essere
presente la
voglia di fare dei danni a qualcuno, e forse la futura
neutralità verso il seeker in questione poteva non essere
una delle prospettive
peggiori…
ma non era quello il punto: ciò che Nickel sperava era che,
oltre a non avere
brutte intenzioni, i suoi sentimenti verso di loro fossero
reali come lo erano i loro nei suoi riguardi.
Che lei si fosse spinta a cercare Tarn nella neve mentre lui era in quelle condizioni
se non altro suggeriva di sì.
«Ritengo
che troveremo il nostro posto nel nuovo stato delle
cose e dichiaro l’Autobot che ha terminato Lord Megatron
quale nuovo principale
bersaglio» dichiarò il comandante della DJD
«Lui e gli Autobot che erano
presenti pagheranno carissimo quel che hanno fatto».
«Non
vediamo l’ora» disse Tesarus, senza alcuna ironia
«Se
anche, avendo preso la Nemesis, avessero usato l’Omega Lock
per ridare vita al
pianeta non potranno goderselo granché».
«Il
colpo di fortuna che hanno avuto nel riuscire a cogliere
di sorpresa Lord Megatron non si ripeterà»
concluse Tarn.
«Se
dovessi fare di nuovo sogni come l'ultimo giuro
che ve lo dirò» aggiunse Spectra.
«E
noi non
commetteremo lo stesso errore due volte».
Rientrarono
nella nave tutti insieme, in attesa che il
sistema del Ponte Terrestre tornasse online.
***
Il periodo che
si prospettava davanti a tutti quanti non
sarebbe stato semplice per i Decepticon rimasti. Lo smembramento di un
impero,
la ricerca di uno scopo all’interno dei nuovi equilibri che
già in quel momento
si stavano venendo a creare, il dover affrontare drammi personali
più o meno
profondi e la consapevolezza che certi conti e certi rapporti con
alcune
persone fossero ancora in sospeso… ma in tutto questo
c’era almeno una cosa
buona: erano insieme. In certi casi fisicamente, in altri per il
momento solo spiritualmente, ma lo erano.
Nella stanza
privata che le era stata assegnata all’interno
dell’astronave -dirimpetto a quella di Tarn- Spectra Specter
terminò la sua
conversazione con Dreadwing. Il seeker aveva iniziato già da
ora a mantenere la parola
riguardo il farsi sentire appena possibile ed era arrivato senza
intoppi alla
prima delle fermate previste nel proprio tragitto.
Lei come gli
altri aveva ancora molto lavoro da fare, principalmente
su se stessa… ma, essendo meno ingenua di quanto fosse al
proprio arrivo sulla
Terra, avendo progetti abbastanza definiti che lei aveva deciso riguardo
il proprio futuro, trovandosi circondata
da persone che le
volevano bene, che erano
interessate alla sua salute e che apprezzavano davvero
la sua presenza nelle
loro vite, si stava
convincendo che un giorno sarebbe riuscita a rimettersi in piedi sul
serio, dopotutto.
*La vicina di
casa a cui si riferisce Tarn è la disgraziata
che compare in “I vicini di casa peggiori della
storia” :D
Stento a
credere che sia finita ma… è finita.
Dopo oltre due
anni, dopo aver visto iniziare a concludere
altre due fanfiction mentre non
scrivevo questa, è FINITA.
I miei
ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno
continuato a leggere questa storia, che nonostante tutto ha avuto
più “feedback”
di quanto inizialmente avessi previsto (… avevo previsto
“zero”, quindi
figuriamoci xD).
Ringrazio
tutti coloro che hanno letto, che l’hanno messa
nelle proprie liste e che hanno deciso di recensire.
In particolar
modo ringrazio MilesRedwing la quale, se non qui
su Wattpad, ha sempre fatto in
modo che il suo entusiasmo riguardo questa storia e tutto
ciò che l’accompagna
mi arrivasse forte e chiaro :D
Anche questo
disegno era uno spoiler? Sì :’D
Alla
prossima… non so dove, non so quando, ma alla prossima!
:D
_Cthylla_
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