E diciamolo pure: che grande stronzo Andrè!
Lo so, tutto il discorso della mia recensione al precedente capitolo e la volontà di non giudicare per categorie etiche si frantumano, come quei bicchieri di cristallo in picchiata verso il suolo, di fronte a cotanto comportamento :). Però cerco di tornare in me, dopo questo iniziale, imperdonabile, ma così liberatorio, sfogo. Perché tu sei bravissima nel creare la tensione e nel mantenerla ad alti livelli per tanti capitoli lunghi come questi e, quando sono arrivata alla fine e il finale era del tutto diverso da quello che mi ero immaginata per interi capitoli, un epiteto colorito non è potuto che salirmi dal cuore e dalla pancia e indirizzarsi subitaneamente verso il bel moraccione.
Perché, mentre recuperavo capitoli su capitoli e rileggevo il precedente per molte volte, mi ero fatta un film. Pericoloso crearsi delle aspettative. E sta alla bravura dello scrittore spiazzare il lettore con finali diversi da quelli scontati o desiderati.
In tutti gli incontri-scontri che hanno avuto Oscar ed Andrè dopo la rottura, ci sono i tentativi di attacco, di difesa, c’è la battaglia, la rabbia ma ci sono anche erotismo, tensione sessuale, desiderio che scorrono a fiumi, misti all’ira e alle incomprensioni. Tu lo fai sentire tutto questo erotismo e sei molto brava in questo: non sei mai volgare, troppo esplicita ma le immagini sono chiare a chi legge, le sensazioni che i protagonisti sentono le fai sentire a chi ti legge.
Mi viene in mente la scena di un terribile litigio di un’altra coppia mitica e affiatata di uno scritto (non riesco a chiamarlo libro) e della tv, Claire e James, se sai di cosa sto scrivendo. I protagonisti, subito dopo che lui ha rischiato la vita per salvare lei, iniziano a litigare furiosamente a riversarsi addosso insulti terribili, volgari, pesanti, in una gara al rialzo. Eppure potrei quasi definirla la scena di sesso più bella di tutta la serie tv ;) Al punto che ti viene quasi da dire: “E basta! Trombate adesso che io ‘sta tensione non la reggo più!” Perché la rabbia esalta la chimica, il desiderio, l’attrazione reciproca che provano. Solo quando arrivano davvero ad un passo dal punto di non-ritorno, uno dei due improvvisamente torna in sé, sembra quasi che si stia osservando dall’esterno, non riconoscendosi, non riconoscendo loro due e il loro amore in quello che era successo solo pochi secondi prima. E allora compie un gesto, eroico per me: ritorna a far parlare il suo cuore, la parte più autentica di sé, sciogliendo la rabbia, mostrandosi com’è davanti all’altro, ferito, impaurito, piangente, innamorato, nonostante tutto. E, di fronte ad un cuore aperto e sincero, ecco che si sciolgono subito anche la rabbia e le difese dell’altro. Questo se c’è amore.
Ecco. Così pensavo sarebbe andata tra i nostri due. Che Oscar avrebbe ceduto, lo avevo capito. Lei si è resa conto, solo quando lo ha perso, del tesoro che possedeva, possedendo il cuore e la mente e il corpo di Andrè e, di fronte alla fuga di lui, si sente persa e vuole fare di tutto, spero quasi di tutto, per dimostrargli che anche lei sa amare fino in fondo, profondamente, con tutta se stessa, accettando anche i difetti, gli errori, le condizioni dell’altro, per quanto assurde e umilianti possano essere. Che poi, diciamocelo, queste condizioni in sé e per sé, per come le hai impostate, con estrema attenzione, sempre sul filo del rasoio, senza mai scivolare nella violenza o nella costrizione, queste condizioni non sono poi così male, potrebbero essere anche molto eccitanti ed intriganti, se prese come un gioco o come una temporanea e consenziente sospensione della comunione amorosa. E credo che la tua Oscar non sia immune dal fascino di un Andrè che le pone condizioni, la forza leggermente ogni volta sempre di più, la conosce eppure vuole che siano come due estranei.
Ma poi ero convinta, per come hai descritto Andrè fino ad adesso e non perché pensassi all’Andrè dell’anime che, ormai è chiaro, qui non c’è… ero convinta che lui, una volta stato di nuovo tra le sue braccia, tra le sue gambe, tra i suoi baci e i suoi capelli, nel vederla completamente arresa, affidata a lui, avrebbe sciolto la sua rabbia, magari anche lui tra le lacrime, come James, e si sarebbe tolto tutto il peso, tutto il dolore, tutta la delusione, ritrovando la via per il proprio cuore. Lui conosce Oscar, la sua testardaggine, il suo orgoglio, il suo valore e il suo non voler scendere a compromessi con i propri ideali e valori. Lui dovrebbe essere conscio dell’enorme dono e rinuncia della dignità che Oscar sta compiendo in quel momento, e avevo pensato che, in quel momento, non sarebbe più riuscito a guardarla come si guarda un’amante, “senza amore”. Non proprio “nel crepuscolo dell’amplesso che scemava ed in quel momento, proprio in quello, l’anima si ritrovava improvvisamente sperduta, annientata, sola”. Chapeau ancora al modo “olistico” con cui descrivi le scene di sesso/amore, coinvolgendo tutto: mente, tatto, odorato, spirito, corpo, gusto, vista, emozioni, cervello, sangue e carne.
Sì, sono amanti, come preannunciava il titolo di questo capitolo. Non più “les amantes disparus”; solo “les amantes”. Ed è bella la parola “amante”, colui o colei che ama, che è capace di amare, che lo fa, participio presente, attivamente, rischia per farlo ma lo fa, con un atto di volontà. Amante: ama, adesso, nel presente, senza altro da aggiungere, da precisare; ama senza tempo, in un eterno presente, e senza condizioni. Ama. Punto e basta. Proprio perché mi piace tanto la parola “amante”, disprezzo l’uso che ne viene fatto ormai normalmente, svilendo la potenza della parola, riducendola a pregiudizi, ad appuntamenti nascosti e frettolosi, a giacigli improvvisati, ad un senso di precarietà e insoddisfazione reciproca.
Sì, ora finalmente Andrè ed Oscar sono di nuovo amanti, dopo tanto tempo e tanto dolore reciproco, procurato e restituito con altrettanta se non maggiore forza ed intenzione; lo sono come lo si è in ogni coppia che vive d’amore. I due concetti sono inscindibili: se amo qualcuno, sono anche amante. Non solo amica, compagna, fidanzata o moglie, complice, ma anche, soprattutto, amante.
E invece no. Subito dopo ci fai vedere che solo Oscar è amante, di certo non lo è Andrè. Lui non la sta amando, lui non l’ha amata. Ha continuato a volerla punire, a volersi vendicare, per far provare a lei lo stesso dolore che lui ha provato o, forse, perché sia lei a fare quello che lui non ha la forza di fare: andarsene.
Questo non è amore. Non parliamo di amanti. Parliamo di un cliente con la sua puttana.
L’Andrè dell’anime non esiste nella realtà: nessun uomo reale potrà mai essere come lui e, a volte, mi sono interrogata se, nella realtà, mi sarebbe piaciuto davvero avere accanto uno come lui, sempre presente, sempre perfetto, amante al punto da dedicare tutto se stesso all’altro, anche se sa di non avere speranze, che è una storia impossibile, con gli occhi da cucciolo che ti seguono e ti scrutano dentro. In ogni caso non rischio di incontrarlo perché uno come Andrè non esiste, e, forse per questo, ci innamoriamo subito di lui.
Capisco quindi il tuo intento di riportarlo, di riportare anche lei, ad una dimensione più umana, più realistica, evidenziandone anche i difetti e le normali difficoltà e i meccanismi di una relazione.
Capisco anche che essere amante di una come Oscar non sia sempre facile e non è che una notte di sesso nei campi possa delimitare nettamente il limite tra un passato di sofferenza, spesso invisibile agli occhi di lei, e l’idillio eterno di un amore senza macchia, come un “e vissero felici e contenti” delle favole. Te l’ho già scritto: tu non ti fermi alla favola, scavi, incidi anche nella relazione di coppia. Non mi è mai piaciuta la Oscar che, la mattina dopo, è pronta a rinunciare alla sua indipendenza e alla sua autonomia di scelta per dichiarare davanti a tutta la Guardia che ora lei farà quello che il suo Andrè deciderà. Anni di femminismo buttati nel cesso. E poi non ce la vedo, non è coerente con tutto quello che è stata per le 37 puntate precedenti. L’amore ti cambia; non è detto ma può accadere. Solo che quando lo fa, lo fa lentamente, attraverso un lavoro profondo e continuo su di sé, con l’altro. Amare è un lavoro. Richiede cura, attenzioni costanti, rispetto profondo, fiducia totale. L’amore non è una bacchetta magica che, appena ti ha toccato, ti cambia in un baleno.
Capisco tutto, capisco tutto quello che ha dovuto sopportare e passare Andrè, quando lei non lo amava e non lo vedeva nemmeno sotto questo aspetto, e poi, dopo, fino agli ultimi cocenti allontanamenti e silenzi.
Ma qui siamo andati oltre. Troppo oltre, oltre il punto di non ritorno che qualsiasi donna con un minimo di dignità e di amor proprio potrebbe sopportare. E forse non tanto per la sveltina quanto per le parole pesantissime che lui pronuncia, prima ma soprattutto dopo, nonostante l’avesse avuta arresa tra le sue braccia. Quante volte la ferisce con le parole, toccandola nell’anima, quell’anima che è lì, esposta, davanti a lui, che gli si offre schiusa e indifesa per sua volontà! Quante volte la ferisce sporcando persino i suoi gesti d’amore, come cucinare per lui. E, cosa per me imperdonabile, proprio nel momento in cui “nel crepuscolo dell’amplesso che scemava… l’anima (di lei) si ritrovava improvvisamente sperduta, annientata, sola.” Il momento in cui più si avverte che siamo spirito e che a quello Spirito ritorneremo, come per un attimo indefinito abbiamo appena fatto. Andrè, proprio in quel momento, in cui è completamente aperta verso di lui, indifesa e ricettiva verso di lui, la colpisce a morte. E uso questa espressione perché non vedo come potrebbe recuperare, se stesso e lei, dopo essere arrivato così in fondo.
Come si può aver tanto amato per decenni e poi rivelare un lato così buio di sé? Hai preso alla lettera il “tu sei la luce, io sono l’ombra”: qui è notte fonda, altro che ombra! Andrè è buio perché ha smarrito la strada verso il suo cuore. E’ solo rabbia, egoismo, orgoglio, vendetta, dolore ed inguine. Non è centrato, espressione che prendo a prestito da alcune discipline e filosofie orientali; la ferita che innegabilmente ha ricevuto da Oscar lo ha portato lontano dalla sua parte più autentica. Quando tutto in noi, compresi gli ancestrali e primordiali istinti e bisogni, è in armonia, stiamo bene e siamo più “forti”, “potenti”. Ma spesso la stanchezza, la mancanza di allenamento, di costanza, fanno sì che gli eventi esterni possano alterare questo nostro benessere e portarci lontano dal nostro centro, la’ dove si sta male. Lo vedo così adesso il tuo Andrè, talmente lontano dal suo centro, da non sentire nemmeno l’amore per la sua donna e per quel figlio che sa sta arrivando.
E, così facendo, non si rende conto che lui e solo lui è la causa del dolore che sta provando e del suo malessere profondo.
Non mi piacciono le generalizzazioni, per definizione fallaci. Si usa dire che ci siano comportamenti tipicamente maschili e altri tipicamente femminili. E il nostro Andrè ne ha utilizzato uno di quelli “femminili”. Messo davanti alla possibilità di soffrire, di essere ferito dal nuovo importante silenzio di lei, ha evitato di andare dritto al nocciolo della questione, di chiedere chiarimenti, di affrontare un confronto alla pari sulle vere questioni in ballo, e cioè la natura del loro rapporto e il modo di relazionarsi fra di loro. Non è stato razionale, le ha sempre impedito di spiegarsi, di parlare del motivo per cui non aveva rivelato subito la sua gravidanza, non l’ha ascoltata. Cieco di rabbia e di dolore, ha preferito costruirsi la sua spiegazione, e l’ha ritenuta realtà. Ha usato un pretesto (prae-textus) per non parlare del testo (textus).
Se solo si fermassero, sull’orlo del precipizio, e si parlassero col cuore in mano, l’uno all’altra…
Da queste situazioni non ci si schioda se uno non fa un passo verso l’altro, rinunciando ad arroccarsi per difendere se stesso. Oscar, che pure non è immune da grossi sbagli e colpe, l’aveva fatto questo passo, con la sua dichiarazione d’amore intensa e vibrante, prima, e con la rinuncia al suo orgoglio di donna dopo. Se neanche questo ha mosso qualcosa in Andrè, e spero che ce lo dirai nei prossimi capitoli, non vedo speranza per i due. Troppa distanza hanno messo tra di loro. Si stanno facendo troppo male, ciascuno a se stesso e ognuno all’altro.
Sei stata, come sempre, bravissima nel mostrarci tutto, nell’introspezione, nel portarli fin qui. Se sarai altrettanto capace di farli ritrovare, l’uno all’altra, in maniera coerente e che non si avverta nessuna cesura o nota stonata nella costruzione e nello sviluppo del personaggio, sarai sublime. (Recensione modificata il 03/08/2017 - 11:06 pm) |