Recensioni per
Darkness of Desire - Due teli di plastica
di Marlenae
Sentivo il bisogno di prendere una pausa, un momento per riflettere. Per questo motivo non mi sono fatta sentire negli ultimi due, tre capitoli. |
Come sempre la tua storia ha un intensità senza eguali. Si nota qua e la qualche momento di cedimento di Lexa, che però non bastano per farli capire davvero anche a Clarke. Clarke che prende una decisione per se stessa non facendosi trascinare nella disperazione pur volendola, e lo dimostra quando masochisticamente ordina il drink di Lexa... si fa per farsi male, ricordando certe donne che ti distruggono eppure non puoi far ameno di desiderare. |
C’è chi non parla e chi non vuole sentire, come se la verità non dovesse esistere e ci potesse essere un rifugio sicuro. Rifugio che non accontenterebbe nessuno, ma è la via più semplice, comoda. Situazioni che si ripetono all’infinito. |
Ciao, è la prima recensione che faccio a questa storia perchè ho iniziato da poco a leggerla e mi sono messa in pari solo ora, che dire?! una storia molto coinvolgente, triste, malinconica, faticosa e sofferente! come piace a me! non vedo l'ora di leggere nuovi capitoli, complimenti per la scrittura e per la fantasia, sei bravissima!! |
Un’increspatura che compare sulle onde dello scorrere del tempo. Che così fluttua, assume uno spessore che costringe tutti i personaggi di questo palcoscenico senza confini a stare l’uno accanto all’altro, pigiati, anche quando sono distanti. E’ come se questi modelli fossero stati scelti perché adatti ad indossare abiti particolari, unici, singolari, per la loro fisicità, per il loro corpo “interno”, oltre che per come conformato esteriormente. Indossano ogni crepa, incrinatura, bizzarrìa, ardire folle di una rappresentazione, che pensiamo esista in un limbo, in un luogo che non ci è permesso frequentare. Come forse pensava Clarke. C’è una protezione a fare la differenza. Quella di Lexa. Ho detto che avrei conservato i suoi pensieri e intendo farlo ancora per un po’, ma devo utilizzare il suo agire come metro di paragone. Clarke s’insinua attraverso una maschera perché intravede e vede qualcosa di Lexa, anche se non riesce a definirlo, a comprenderlo. Ed è quell’appiglio apparente, qualcosa che si può riconoscere come familiare, quanto ci sia di più avvicinabile a ciò che conosce e quindi può gestire. Ma è illusorio ed è per questo che Lexa vuole celarlo a Clarke, per impedire che laceri la ragazza lasciandola senza possibilità di ricongiungere i brandelli. Forse è così che è successo ad Anya con Roan. Lexa protegge Clarke dalla propria protezione. E ad ogni stretta di Clarke, gli aculei interiori di Lexa la pungono, ma, come dicevo, non ne parlerò ora. Siamo all’estremo opposto di una messa in scena, di quella sorta di inganno della compassione, di Bellamy. Non accetto ciò che sono e non sono ciò che vorrei, un continuo brandire condizionali contro un unico bersaglio, di fronte a sé. Continua a crogiolarsi nel fallimento, in ginocchio davanti a Clarke, per costringerla ad inginocchiarsi con lui, per guardarla con gli occhi colmi di lacrime e dire, ecco vedi che non riesci a rialzarmi? E’ così che lui ottiene la sua vittoria. E poi Finn. Potrebbe essere una pagina bianca, pulita, su cui scrivere con un inchiostro privo di sbavature, lettere dai contorni definiti, parole comprensibili e rassicuranti. Ma se penso a lui vedo i due teli come una cerata bianca, che potrebbero soffocare, con la stessa brutalità di un cibo a cui si è intolleranti. Ritorno in quella casa. Per il volgere di una notte, due anime iridescenti, pelle su pelle, che brucia. Anche qui la temperatura ha portato un sentore di gelo. I due teli adesso sono di metallo incandescente. |
ecco.. già odio finn lo so..che dire per un attimo ci ho creduto, ma con la tua bravura hai stroncato ogni speranza,non possono farcela ed insieme e solo peggio..povera anya, sono tutte anime in cerca del perdono, ora con finn sarà solo peggio.. ma prima o poi arriverà una gioia?anche se è bellissima così eh :D |
Le cose sono sempre più ingarbugliate, i problemi di tutti si riversano in un unico pentolone mischiandosi e trascinando a fondo anche gli altri. Bellamy, Anya, la reazione di Lexa, la notte con Clarke... i gesti dicono una cosa e le parole un'altra, ma poi anche i gesti si contraddicono passando alla completa indifferenza. |
Me lo sentivo che prima o poi sarebbe saltata fuori una situazione del genere. Diciamo che per il momento il discorso è rimandato causa di forza maggiore per la scomparsa di Anya, m presto o tardi a Clarke toccherà un po' di chiarezza con entrambi i modelli, ed io sono sempre più curiosa sul conto di Octavia, sul come abbia conosciuto la bionda, e cosa sia successo con Lexa. |
Una recensione fatta di pensieri accostati, avendo cura che non diventino un’accozzaglia ma che conservino un confine che li rende avvicinabili a quelli accanto. Non ho mai sopportato Bellamy, mi infastidisce persino scriverne il nome. Nella serie televisiva. E qui lo ritrovo, identico, finalmente svelato in tutti quegli aspetti, quelle motivazioni per cui non mi piace. Non si tratta di debolezza, ma di una sorta di non accettazione di ciò che si è, dandone la colpa all’altro. E’ come se dicesse a Clarke: mi hai ferito, lo stai facendo ancora, sanguino per colpa tua e adesso devi ricucire quelle ferite, possibilmente con un bel po’ di anestesia. Quell’ago Clarke lo usa forse inconsapevolmente su Lexa per scolpire, scalfire, incidere. E’ più doloroso che se ad essere usato fosse uno scalpello. Ed ogni volta è come se Clarke scivolasse su una superficie liscia, con l’interezza del suo corpo e di sé. Dimentichiamo troppo spesso che dall’altra parte della superficie c’è qualcosa, qualcuno. E che ciò che scivola lascia traccia. Ho sempre trovato l’espressione “divorare lentamente” un controsenso, la voracità è violenta, immediata, è come buttare giù un bicchiere di whisky tutto d’un sorso. Il rituale di Lexa e Clarke non è nulla di tutto ciò. Brucia e lascia segni che scompaiono, ma sono solo nascosti, perché devono essere celati alla vista, alla possibilità costante di dare uno sguardo, o si rovinebbero fino a scomparire. Le lacrime di Clarke con Bellamy sono la ricerca di una “normalità”, di un appiglio a quella parte sicura di sé, un altro scivolare, ma non su una superficie liscia, su un nulla, su qualcosa che non c’è più, solo vuoto, un abisso là dove prima c’era solida roccia. Conservo i pensieri su Lexa ancora un po’. I teli si fronteggiano, uno di freddo metallo luccicante, uno di metallo caldissimo, ardente. |
È indubbio che la scrittura di questa storia sia molto particolare..una strana tensione mi ha accompagnato fino al capitolo 10, lì si è sciolta nel momento in cui si è scoperto il pensiero di Clarke sul bacio di Lexa, la sua sorpresa nel prendere consapevolezza delle proprie sensazioni nei confronti della modella: tanto lei non si aspettava di poterle provare per una donna, tanto io non mi aspettavo (non so se ci fossero degli indizi nei capitoli precedenti, se cosi fosse non li ho colti) non avevo capito questo potesse stupirla. |
leggendo il capitolo di oggi ho di nuovo avuto la sensazione che i due teli alla fine di questa storia avvolgeranno più di un corpo freddo, non so perchè ma ogni tanto percepisco questo..è stato bello legger che clarke anche se per poco abbia cercato di tirarsi su da sola,di mettere insieme i suoi pezzi, ma destino vuole che non sarà così..mi ha spiazziato la scena con octavia mi ha fatto molta tenerezza sopratutto ha svelato un altro segreto che circonda tutti..per una volta ho aprezzato lexa e il suo modo di fare, la scena finale come sempre spezzerà ancora di più clarke che ormai si è arresa..complimenti come sempre spettacolo puro.. |
Ho dovuto rileggere un paio di volte il capitolo per cogliere tutti i particolari, perché questa volta ne hai messi davvero tanti. Dall’ossessione del colore durante la spesa, alla ricerca continua di ordine, di un punto fermo che tenga insieme Clarke. |
La consistenza è qualcosa che può cambiare in un istante, il tempo di uno sguardo. Così due teli di plastica diventano di granito, impediscono di avanzare, di attraversare un confine, un termine di separazione. E’ stato qualcosa di simile forse ad istituire in me una specie di divieto a recensire, a scrivere, quasi significasse mandare in frantumi un equilibrio. Dal primo capitolo la mia lettura ha avuto due compagne fisse, “Sister of night” dei Depeche Mode e Gia. La prima credevo di averla perduta molto tempo fa, la seconda l’ho sempre portata con me. Adesso che i capitoli sono diciannove, ho la quasi certezza che non ci si può sentire come Lexa senza avere una parte di Clarke, così come non si può essere Clarke senza concedere, ricevere una parte di Lexa. Ogni momento è descritto ad un livello molecolare, percettivo, che ha dell’incredibile. Per quello che riesce a trasmettere e per il modo in cui lo fa. Mette a nudo chi scrive e chi legge, e se per la prima è un atto di coraggio, per i secondi è un atto di accettazione dell’incredulità e delle sfaccettature del piacere o del dolore e del loro fondersi. “Let me see you stripped down to the bone…” Ecco, adesso i teli sono diventati di metallo. |
Niente, ad ogni capitolo mi lasci sempre con il fiato sospeso, questa Clarke distrutta che tenta di ripararsi e poi si ritrova sempre solo più rotta di prima. Questa Lexa che dimostra freddezza e disinteresse, ma che credo nasconda molto di più. Questa Octavia arrabbiata con il mondo intero, e Bellamy oramai perso.... è sempre tutto sospeso sul filo del rasoio, e tutte le volte che leggo ho paura che qualcuno si tagli. |
Le insicurezze e le paure di Clarke ancora una volta sono state protagoniste mentre si accentuavano per causa della stessa unica cosa che riusciva a placarle. Ancora una volta Lexa l'ha disarmata mostrandole qualcosa di se che non si aspettava. L'ha rispettata, l'ha trattata con cura e l'ha coccolata a modo suo facendole sentire ogni piccola sfumatura delle migliaia di sensazioni che un semplice tocco può causare. Il più delle volte si mostrerà fredda e distaccata la modella, ma ogni volta dimostra che dietro quella maschera c'è tutta un altra Lexa, quella vera. |