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Autore: Storm_    03/04/2012    3 recensioni
Misaki e Usami, divisi da un impegno di lavoro e da un insopportabile silenzio.
Le introduzioni son piuttosto inutili.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akihiko Usami, Misaki Takahashi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2- Perchè devi sempre mettere in dubbio il mio amore?

-Stai tranquillo piccolo, questa non è certo l' ultima volta che ti chiamo.
Sì, come no. Misaki era infuriato con Usami, che dieci giorni dopo quella promessa che gli aveva risvegliato il cuore non si era ancora fatto sentire.
Era così difficile per lui cercare una cabina telefonica e chiamarlo, anche solo per pochi minuti? 
Misaki, che sera dopo sera sentiva la speranza infrangersi sempre di più contro il silenzio del telefono, era arrivato alla triste conclusione che Akihiko, immerso fino al collo tra party all' ultima moda e conferenze in cui aveva tutti gli occhi e gli obbiettivi della stanza incollati addosso, si fosse dimenticato di lui.
Il piccolo e insignificante Misaki. Cosa poteva valere, confrontato alla gloria dello scrittore?
-Però, devo dire che è stato davvero veloce a dimenticarsi di me.. allora non mi ha mai amato davvero..
I pensieri che quell' ennesima sera priva di squilli affollavano la mente di Misaki erano drasticamente spiacevoli. Il ragazzo non poteva impedire alla sua mente di formularli, anche se tutta quella negatività gli bruciava il cuore.
In un momento di amore verso se stesso, pensò che era inutile passare un' altra sera chiuso in casa ad aspettare una telefonata che non sarebbe mai arrivata, così, ricordando l' invito a cena che gli avevano fatto alcuni suoi compagni quel giorno a scuola, prese la giacca e si diresse verso il ristorante "Ai no ki", cha aveva aperto da poco nel centro della città e stava già riscuotendo un enorme successo.
I suoi compagni gli avevano raccontato che era un posticino molto tranquillo, e l' ambiente era curato e lussuoso.
Misaki uscì in strada e l' aria fredda investì improvvisamente il suo viso, pizzicandogli le guance; mentre il gelo gli faceva lacrimare gli occhi.
Di quest' ultimo particolare Misaki era felice, aveva una scusa per piangere e sfogare almeno un po' la frustrazione.
Dopo qualche centinaio di metri, però, la voglia di svagarsi fu sostituita da quella di rinchiudersi nel suo dolore, al sicuro sotto le coperte.
Misaki fece rapidamente dietrofront, e camminò a testa bassa e con passo spedito per tutta la strada. Non aveva voglia di vedere gente.
Sapeva che gli avrebbe fatto bene uscire un po' e distrarsi piuttosto che starsene chiuso in casa a spezzarsi il cuore da solo fissando il telefono eternamente silenzioso, però proprio non gli andava di interagire con altri esseri umani. 
Sarebbe stato orribile, dover sopportare tutti i sorrisi dei suoi amici, quando la felicità sembrava lontana anni luce dal suo cuore.
Il ragazzo era arrivato all' ultimo incrocio prima di casa sua, con gli occhi ancora offuscati di lacrime controllò rapidamente che non stesse passando nessuna macchina e si precipitò in strada.
Una macchina rossa che era arrivata a rotta di collo lo mancò per un pelo, dopodichè sterzò bruscamente e si fermò a qualche metro da lui.
Dall' autovettura uscì un individuo alto, fasciato in un impermeabile grigio e con il viso quasi del tutto coperto da una sciarpa.
L' uomo si avvicinò a un Misaki tremante di freddo e paura. Stava cominciando a realizzare cos'era appena successo, e si sentiva fortunato. Chiuse gli occhi rapidamente e cercò di immaginare la scena da fuori. Uno stupido ragazzino, ansioso di tornare a casa a struggersi per il un amore alimentato solo dalla sua flebile speranza, che si buttava in mezzo alla strada senza fare caso a nulla. Come aveva fatto ad essere così stupido?
-Ma sei stupido? avrei potuto investirti.. guarda te questi stupidi ragazzini. Proprio oggi che ho fretta mi devi capitare in mezzo ai piedi tu! lo riprese duramente una voce vagamente familiare.
Misaki arrossì e alzò lo sguardo, colmo di vergogna. Essere sgridato da un estraneo era proprio quello che ci voleva per incoronare quella come peggior serata della sua vita.
Anche se quell' uomo non gli sembrava proprio un estraneo. -Mi dispiace. mormorò Misaki imbarazzato e fece per voltarsi, ma lo sconosciuto lo afferrò per un braccio e lo spinse nella macchina. Misaki tenne gli occhi chiusi, si sentiva più protetto così.
-Ma sei proprio stordito, Misaki! Non mi riconosci? gridò l' uomo. -Apri gli occhi, piccolo. gli sussurrò poi dolcemente all'orecchio.
Quelle parole fecero sentire Misaki ancora più stupido. Come aveva fatto a non riconoscere colui che era stato il suo pensiero fisso nell' ultimo anno?
Il ragazzo aprì gli occhi e si ritrovò faccia a faccia con il suo Akihiko. 
Tutte le volte che aveva fantasticato sul loro incontro, non aveva mai immaginato niente di simile.
Pensava che non appena avesse rivisto Usami gli sarebbe saltato addosso e l' avrebbe ricoperto di baci, ma invece gli riversò addosso un fiume di parole e rabbia. Tutto il rancore che aveva serbato negli ultimi giorni trovò un sbocco lì, davanti ad un Akihiko sempre più scioccato.
-Mi avevi promesso che mi avresti chiamato. Perchè non l' hai fatto? Ho passato ogni sera di questi fottuti dieci giorni ad aspettare una tua telefonata, che puntualmente non arrivava. Sei uno stronzo. Era così difficile trovare un attimino tra tutti quei tuoi impegni da favola per farmi sapere che eri ancora vivo, che ogni tanto mi pensavi? A quanto pare non sono così importante per te! Si vede che sei uno scrittore, sei davvero abile nel raccontare storie.. e io che ci avevo creduto.. come ho potuto? Tu non mi ami. sputò infine.
Vide dagli occhi di Akihiko che lo aveva colpito con quel discorso. No, non colpito. Ferito. No, impossibile. Come si può rimanere feriti da qualcuno di cui non ci importa niente?
-Misaki, perchè devi sempre mettere in dubbio il mio amore? gli chiese Akihiko, con un tono di voce troppo straziato per i suoi standard.
-Aikawa mi è stata tutto il tempo con il fiato sul collo per paura che ti chiamassi di nuovo, così ho cercato di sbrigarmi in fretta in modo da poter tornare un po' prima... Volevo semplicemente farti una sorpresa, anche per farmi perdonare il fatto che non ti ho mai chiamato. Mi dispiace di averti spaventato, piccolo. Non era esattamente il rientro trionfale che avevo progettato.
Detto questo gli accarezzò i capelli, un gesto che fece sciogliere immediatamente tutta la rabbia che Misaki aveva provato, ma al posto suo spuntò un po' di senso di colpa per aver dubitato dell' amore del suo angelo. Misaki promise a se stesso che non l' avrebbe fatto mai più.
-Scusami tu, Usagi-san.. Comunque, mi hai fatto davvero una bella sorpresa, te lo giuro. Grazie. Mi sei mancat- non fece in tempo a terminare la frase, perchè un paio di morbidissime labbra si erano posate sulle sue.
Misaki si sentì sciogliere, era da tempo che aspettava quel momento. Si godette a fondo ogni istante, ogni particolare di Usagi-san: le sue labbra morbide, la sua lingua che pian piano i insinuava nella bocca già schiusa di Misaki, le sue mani affusolate che lo accarezzavano dappertutto, provocandogli continui brividi di piacere.
Misaki affondò le mani tra i capelli dello scrittore, fece scorrere le dita fra quell' oro sfuso così morbido.
Quella botta di sensazioni così a lungo agognate lo aveva stordito, ma ora il ragazzo riuscì a recuperare un pizzico di lucidità, tanto quanto bastava per ricordargli che erano ancora nella macchina di Akihiko, e quella macchina era ancora in mezzo alla strada.
Molto malvolentieri si districò dal bacio e disse: 
-Usagi-san, non so se te ne sei accorto, ma siamo in mezzo alla strada. Anche io non vedo l'ora di... ehm... recuperare il tempo perso con te, ma non potremmo continuare a casa?
Lo scrittore fece un sorriso malizioso che quasi fece rimpiangere a Misaki le sue parole e, con la solita voce suadente, gli rispose :
-D' accordo piccolo, sono parole tue. Ricordati che una promessa è una promessa. Magari così il mio prossimo racconto BL non sarà tutto di fantasia.
Quella frase preoccupò ed eccitò Misaki al tempo stesso, ma mai quanto lo sbattere della porta della loro stanza una volta che furono arrivati a casa.
La porta restò chiusa fino al mattino dopo, quando un Akihiko un po' rintronato dal poco sonno ne uscì con espressione soddisfatta.

  
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