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Autore: Miss Fayriteil    06/04/2012    1 recensioni
Jane potrebbe essere una donna come tante, con una bella e numerosa famiglia, ma in realtà nel suo passato si nasconde un doloroso segreto...
Questa storia l'ho scritta un po' di tempo fa... spero vi piaccia!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.
 
 
Quel mese da incubo per Jane, alla fine arrivò e lei, vedendosi confermati i suoi sospetti, decise di subirlo con fredda rassegnazione.
  Alla fine del periodo, fu esclusivamente a causa di un grosso numero di costrizioni e minacce, se Jane si ritrovò, con suo profondo orrore, incinta. Iniziò a sospettarlo verso la fine di ottobre, vale a dire più o meno due settimane essere rientrata in possesso della sua stanza, ma quando lo scoprì rimase davvero terrorizzata. Il motivo era evidente: con quel bambino si sarebbe legata per sempre a Number One, che lei lo volesse o no. E ovviamente lei non voleva. Aveva perso. Anche se non l’avesse detto a Number One, cosa che, tra l’altro, aveva tutte le intenzioni di fare, era impossibile che lui non lo venisse a sapere. Entro qualche mese la cosa sarebbe diventata evidente e lui ne sarebbe stato indubbiamente felice e chissà cos’avrebbe fatto.
  Quello che l’angosciava di più in quel momento, non era tanto che fine avrebbe fatto lei in quella casa, una volta nato il bambino, ma piuttosto che fine avrebbe suo figlio, se lei non se ne fosse andata da lì in breve tempo.
  Questo angosciante pensiero le era venuto un giorno di quelli, dopo aver chiacchierato con Charlotte. Jane, come spesso faceva, le aveva esposto i suoi timori e le sue preoccupazioni e Charlotte le aveva risposto, per la centesima volta, forse, di non preoccuparsi.
  A queste parole, la povera Jane, con una specie di strillo isterico, era sbottata: «Come diavolo faccio a non preoccuparmi?! Ti rendi conto che se mio figlio sarà maschio me lo toglierà appena nato per allevarlo come vuole lui, mentre se sarà una bambina…» ebbe un brivido e continuò, «non ci voglio nemmeno pensare. E questo lo so per certo che lo farà, me lo hai detto tu!»
  A questo punto, Charlotte si voltò a guardare Jane, che aveva il viso rosso e stravolto dalla rabbia e dalla tensione. Si sedette accanto a lei sul divano e le disse pazientemente: «Vedi, Jane, tu non sei certo la prima a finire nelle grinfie di Number One, anche se credo proprio che questo tu lo sappia». Jane annuì; certo che lo sapeva. Era da prima della sua nascita che circolavano le notizie delle sparizioni di svariate donne, tutte ad opera di Number One.
  «Sì, be’, l’immaginavo» continuò la donna. «Quello di cui forse tu non sei a conoscenza è il numero delle ragazze che in questi venticinque anni hanno avuto la tua stessa sorte. A dirti la verità, nemmeno io conosco il numero preciso, ma posso assicurarti che ne ho viste passare più di cinquanta nei miei cinque lustri di carriera» Annuì con gravità, notando lo sguardo sbalordito di Jane.
  «E non è tutto» aggiunse addolorata, «nessuna di queste poverette, tranne quattro per la verità, è riuscita a sopravvivere per più di una settimana dal rapimento. La maggior parte di loro si è tolta la vita in un estremo gesto disperato».
  «È orribile» mormorò Jane, sconvolta.
  «Hai ragione, non è bello quello che ti sto raccontando, ti capisco, ma è la verità e tu hai il diritto ed il dovere di conoscerla».
  Jane fissò Charlotte in silenzio per alcuni istanti, poi chiese: «Che cosa successe, invece, alle altre quattro ragazze? Quelle che riuscirono poi a sopravvivere, intendo». Era molto interessata, nonostante quella storia non le piacesse per niente.
  Charlotte le rispose, soppesando le parole: «Be’, diciamo che è successo loro, né più né meno quello che è successo a te. Number One le ha obbligate a sposarsi con lui e ad un certo punto della loro permanenza qui, hanno scoperto di aspettare un bambino. Purtroppo due di queste ragazze hanno avuto una bambina, cosa del tutto inaccettabile per Number One. Lui ha un’opinione molto medievale di noi donne. Ci considera dei semplici oggetti, utili solo per dargli dei figli. Quindi non sapeva che farsene delle sue figlie e credo, e spero, che le abbia lasciate fuori di qualche casa, nelle mani di qualche persona civile.
  «Per quanto riguarda le due che hanno avuto un maschio, invece, c’è da dire che purtroppo non hanno mai visto crescere i loro figli nel modo giusto. Infatti, Number One li tolse alle loro madri per allevarli fin da neonati a modo suo e…»
  «E allora vedi che avevo ragione io?» la interruppe Jane, furente. «Non posso stare tranquilla in ogni caso! Se sarà una bambina se ne libererà all’istante e io non potrò neanche sapere se sarà viva o morta, mentre se sarà un maschio, è molto probabile che io diventi madre di un delinquente, così come ne sono già la moglie!»
  Charlotte la fissò, quasi severamente e poi le disse: «Sì, Jane, hai ragione tu, ma non m’interrompere».
  «Mi dispiace» mormorò Jane, cercando di apparire mortificata.
  «Non è vero che ti dispiace, ma non importa. Non sono qua per giudicare» ribatté Charlotte tranquillamente. Dopo alcuni secondi riprese: «Dunque, stavo dicendo che li ha cresciuti a modo suo e quando hanno compiuto sei anni li ha mandati a studiare in una specie di istituto fatto apposta per quelli come loro. Vale a dire per i figli di ladri e quant’altro. Almeno credo.
  «Il più piccolo dei suoi figli si chiama Richard, ma tutti lo chiamano Rick. Ha otto anni e vive là per circa dieci mesi l’anno e torna qui solo in estate per trascorrere le vacanze, e il Natale, insieme a suo padre. L’altro figlio maschio di Number One si chiama Michael, detto Mike, ha diciotto anni e ha già finito la scuola. Immagino che ora viva per conto suo».
  Jane, a quelle parole, esclamò, praticamente impietrita dallo stupore: «Il figlio maggiore di Number One si chiama come mio fratello e ha solo un anno in meno di lui! Credi che possa essere un segno?» Charlotte rispose: «Non saprei proprio. Be’, può essere benissimo che ci sia un senso in questo fatto. Comunque, cosa stavo dicendo? Ah, sì, per quanto riguarda le due ragazze, invece, so pochissimo, anzi, direi niente, a parte le età approssimative. La più piccola credo che abbia tredici anni, mentre l’altra dovrebbe essere di un anno più grande di te».
  Jane era sempre più indignata nel sentire quante persone insieme suo marito riusciva a far soffrire, e quando Charlotte arrivò a parlare della sua quasi-coetanea, ebbe una specie di spasmo involontario. “Avrei potuto benissimo essere io”, pensò con orrore.
  Ad un certo punto domandò: «Ma, non hanno mai tentato di fuggire?»
  «Chi, le ragazze?» domandò Charlotte. Jane annuì.
  «Certo che hanno tentato di fuggire» rispose la donna, come se la cosa fosse ovvia. «Me le ricordo bene. Tutte con il proprio bambino, o la propria bambina, in braccio che si arrampicavano fuori da una finestra, che ingenue. Number One le ha scoperte, naturalmente, anche se non ho idea di come abbia reagito. Di sicuro non bene» proseguì pensierosa. «Ma non credo che le abbia uccise, non ti preoccupare» aggiunse in fretta, notando lo sguardo agghiacciato di Jane.
  Lei e Charlotte si fissarono a lungo, la ragazza dalla folta chioma rossa e la donna dai capelli corti e color ferro. Jane mormorò: «Voglio andarmene di qui, Charlotte. Il più presto possibile». La cuoca la fissò con uno strano sorriso di complicità e disse: «Sai, Jane, sono quasi convinta che tu riuscirai a fuggire da qua».
  «Davvero?» esclamò Jane, con gli occhi sbarrati. «E come posso fare?»
  «Be’, immagino, che ti serva solo un buon piano e, soprattutto, un piccolo… aiuto». Jane la guardava senza capire. «Che cosa intendi dire, Charlotte?» le chiese.
  «Esattamente quello che ho detto» le rispose la cuoca con un sorrisetto misterioso e poi se ne tornò in cucina, lasciando Jane sola, a riflettere sulla profondità del discorso appena concluso. Si rese conto che all’inizio voleva che suo figlio fosse maschio, perché almeno avrebbe potuto continuare a vederlo. Però, dopo quello che le aveva detto Charlotte, aveva capito che in fondo non era importante, perché tanto sarebbe fuggita comunque e Number One non sarebbe mai venuto a sapere di niente.
  Sì, decise, si sarebbe fatta aiutare sicuramente da qualcuno nella fuga. Già, ma da chi? Chi avrebbe avuto il coraggio di tradire Number One, per aiutare la sua ennesima moglie ribelle, che voleva riconquistare la libertà ed oltre a questo aveva tutte le carte in regola per riuscirci? La ragazza rifletté e improvvisamente, incredibilmente, la prima persona che le venne in mente fu Jack l’Araldo, la spia di Number One. Per capirci, il ragazzo che l’aveva presa in giro la sua prima sera lì. Charlotte aveva accennato al discorso di un’ipotetica fuga e a lei era venuto in mente… Si paralizzò a mezz’aria, nell’atto di alzarsi dal divano. La prima sera c’era ancora sua madre. Chiuse gli occhi e cercò di figurarsi il suo viso nella mente, ma si rese conto di non riuscirci: non se la ricordava più. Le venne da piangere. Che razza di persona era diventata se riusciva ad essere capace di dimenticarsi di sua madre in soli cinque mesi?  Si riscosse. Non aveva tempo di perdersi in sentimentalismi, al momento. I suoi due problemi principali in quel momento erano la fuga e come trovare il modo di convincere Jack l’Araldo ad aiutarla ad attuare il suo piano, sempre che gliene venisse in mente uno, beninteso.
  Quindi, dal giorno seguente si mise a lavorare solo su quello: un soddisfacente piano di fuga. Dopo lunghe riflessioni ed interminabili colloqui con Charlotte, grazie ai quali riuscì a scoprire che tutte le sue colleghe avevano tentato di scappare di giorno, probabilmente con il pensiero che Number One non le avrebbe scoperte, dato che viveva di notte, Jane riuscì ad avere un piano adatto alla sua situazione. Era veramente molto semplice e tuttavia piuttosto geniale. L’idea, in realtà, era né più né meno la stessa delle altre quattro ragazze, in altre parole la classica fuga dalla finestra. La sua aveva però una differenza. Aveva deciso che, per non commettere il loro stesso errore, sarebbe fuggita durante la notte, quando normalmente Number One non era in casa ed era quindi più difficile che la scoprisse.
  Per quanto riguarda, invece, l’idea di farsi aiutare da Jack le era venuta dopo essersi resa conto che il ragazzo in realtà non era cattivo, ma solo imprigionato in qualcosa troppo grande per lui. Parlando con Charlotte, aveva inoltre cominciato a sospettare, da un po’ di tempo, di essersene innamorata, ma, forse per timore che Number One lo scoprisse, non aveva mai avuto il coraggio di confessarlo, nemmeno a se stessa. La parte più difficile del piano, era proprio convincere Jack ad aiutare Jane, perché la ragazza non aveva il permesso di parlare con i ragazzi della banda, al di fuori di Number One, ovviamente, e aveva quindi dovuto chiedere a Charlotte di farlo al posto suo. La donna doveva chiedere alla spia di trovare una scusa per restare a casa quella notte, ma senza fargli capire il motivo. Con gran sorpresa di Jane, il giovane accettò subito, senza esitare. Non perse nemmeno tempo ed energie per chiedere inutilmente per quale ragione lui fosse tanto importante. Jane e Charlotte non volevano che fosse un segreto, ma in quel momento c’era Number One in casa.
  Quella notte la sorte volse a loro favore: in casa non c’era nessuno, tranne i due ragazzi e, naturalmente, Charlotte. Ora quindi a Jane non restava altro che parlare con Jack, per cercare di indurlo ad accettare di aiutarla nell’attuare il suo eccezionale piano di fuga. Questa poteva essere la parte più difficile del loro piano.
  L’una di notte era passata da un pezzo, quando Jane uscì dalla sua stanza e, in punta di piedi (non voleva svegliare Charlotte), si diresse in quella di Jack. Il ragazzo era già in piedi: Jane riusciva a vedere vagamente il suo profilo stagliato contro la finestra, illuminata dalla luce della luna.
  «Jack!» lo chiamò piano, nel buio. Lo vide sedersi sul proprio letto ed accendere l’abat-jour sul comodino. Lei chiuse la porta e si fece strada tra gli altri tre letti e raggiunse quello di Jack, dove si sedette. Il ragazzo si voltò verso di lei.
  « Qual è il tuo problema?» le domandò, senza giri di parole. «Di sicuro hai un problema, altrimenti non ti saresti azzardata a chiedermi di restare in casa con una scusa, sapendo quali rischi corro, anzi, corriamo entrambi, se Number One dovesse venirlo a sapere». Nella sua voce c’era una lieve nota di rimprovero, che però non provocò alcun effetto su Jane. Lei lo guardò intensamente con i suoi penetranti occhi verdi, poi sorrise dolcemente. «Be’, sì, d’accordo. Cioè in realtà non è proprio un problema, il mio, è solo… ho bisogno del tuo aiuto».
  Jack la fissò sbigottito: di tutte le risposte insensate che si era aspettato di ricevere, questa era certamente la più assurda. Chiese quindi a Jane: «E per quale oscuro motivo avresti bisogno del mio aiuto, scusa?»
  «È molto semplice» rispose questa. «Mi servi per aiutarmi ad attuare il mio fantastico piano di fuga che utilizzerò dopo la nascita del bambino: non ho la minima intenzione di restare qua oltre quella data. Non voglio che mio figlio faccia la stessa fine dei suoi fratelli o, peggio ancora, delle due sorelle, Jack, non è possibile».
  «Ti prego aiutami» disse alla fine, con tono implorante, «sei l’unico che può farlo». Rifletté. «Be’, a parte Charlotte e lei non può aiutarmi da sola». Il ragazzo rimase a lungo immobile e in silenzio, riflettendo. Alla fine non rispose, ma annuì.
  Jane, incredula, lanciò un acuto strillo di gioia, gli saltò al collo e iniziò a baciarlo ovunque, sulle guance, sulla fronte, sul naso… Alla fine tornò ad un comportamento più dignitoso staccandosi da Jack e rimettendosi in piedi come una persona normale. «Oh, grazie, grazie, grazie!» gridò entusiasta. «Sei unico Jack! Sei un vero amico! Non so cosa avrei fatto senza di te!»
  I due ragazzi tornarono a sedersi sul letto e a quel punto Jane, in un momento di inaspettata imprudenza, diede sfogo ai suoi sentimenti turbinanti, afferrando Jack per le spalle e dandogli un bacio lungo e appassionato. Jack, con aria sbalordita, se la tolse di dosso con una scrollata di spalle.
  «Ehi, ma che cosa ti salta in mente, si può sapere?» le disse infuriato. Jane si rese conto di arrossire, ma non si pentì di quello che aveva appena fatto.
  «Jack, io mi sono innamorata di te, ne sono sicura» disse piano. «Capisci, non è che credo sia un bene e quando ci penso cerco di dirmi che non è vero, che tu sei soltanto un amico per me, ma sarebbe come ingannare il mio cuore, Jack e questo… questo non è… giusto».
  Il ragazzo la fissò a lungo, poi disse: «Jane, senti, quello che mi hai detto è molto importante e ora ti confesserò che anche io mi sono innamorato di te dal primo momento che ti ho vista, anche se non potevo fartelo capire. Spero comunque, che tu capisca che avere una relazione clandestina con me è davvero pericoloso, soprattutto noto l’elemento che sei stata costretta a sposare».
  «Oh, ma Jack…» cominciò Jane, ma lui l’interruppe, alzando la voce.
  «Per cui dobbiamo stare solo molto attenti a non far scoprire niente a nessuno. Naturalmente, Charlotte può e deve sapere di questa cosa».
  Jane, straordinariamente felice, gli gettò le braccia al collo, sospirando. «Oh, Jack, meno male che qui ci sei tu».
  La ragazza, rendendosi conto solo in quel momento di ciò che le stava accadendo, pensò eccitata: “Wow, ho l’amante. Sto tradendo mio marito con un altro uomo! Mi sembra di essere in un film! È una cosa fantastica!”
  «E senti» continuò il ragazzo, «mi dispiace di averti spinto via così prima, quando mi hai baciato, ma non saprei come dire, mi hai spaventato».
  Jane si scusò, poi gli chiese: «Perché hai deciso di aiutarmi, in ogni caso? Voglio dire» aggiunse con un mezzo sorriso, «non dovresti essere un mio nemico?»
  Ancora una volta Jack rimase in silenzio a lungo, senza sorridere, riflettendo, come per decidere in che modo dirle la verità.
  «Vedi» disse alla fine, soppesando le parole. «Ho deciso di aiutarti perché, in tutta sincerità, non vedevo l’ora di fare qualcosa, qualsiasi cosa, contro Number One.
  «No, aspetta» continuò, alzando la voce perché Jane era sul punto di interromperlo. «Non sto mentendo e non sono impazzito. Sarà bene che tu sappia che io ho cambiato idea su questa vita, dall’ultima volta in cui ho rischiato di essere arrestato. Stavo semplicemente cercando l’occasione giusta, così, quando sei arrivata tu, ho visto riaccendersi la speranza di potermi salvare».
  «Wow» commentò Jane alla fine. «Così mi fai arrossire, però. E poi, non credevo che avresti potuto cambiare idea così in fretta. Voglio dire, da quello che mi ha detto Charlotte, non è molto che sei qua».
  «No, infatti» mormorò lui. «Ma torniamo a noi. Mi stavi parlando di questo tuo geniale piano di fuga. Che cosa avresti intenzione di fare?»
  Jane ci pensò sopra un attimo, poi disse: «Vediamo, innanzitutto, direi di aspettare fino alla nascita del bambino, anche perché altrimenti non saprei proprio dove andare… Certo, anche con un neonato è complicato fuggire, ma a questo si può rimediare più facilmente.
  «Ora, diciamo che ad essere sincera, il mio piano non ha proprio niente di geniale. È solo la classica fuga dalla finestra. L’unica particolarità, rispetto alle altre quattro ragazze che mi hanno preceduto, è che l’evasione avverrà di notte, in modo che Number One e gli altri tre non la scoprano, dato che probabilmente saranno fuori. E ovviamente il tuo aiuto è più che apprezzato, tutto qui». Quando lei smise di parlare, Jack la guardò strano, ma non disse niente.
 
  
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