I Sentieri dei Sogni Spezzati
Capitolo 8: Dolce febbre
-Grazie mille! Sei sicuro che gli altri approvino?-
-Approveranno, infondo Grimmauld Place è casa mia!-
Minus era seduto su una di quelle sedie a rotelle simili a quelle dei Babbani;
l’unica differenza consisteva nel fatto che quelle magiche si muovevano da sole,
a seconda della direzione che il mago seduto sopra volesse prendere.
Harry era accanto a lui e si stava avvicinando al bancone dell’ingresso dei San
Mungo per firmare alcuni moduli: avrebbe portato Peter a casa con lui e se agli
altri non stava bene, potevano anche andarsene.
Non sapeva dire cosa, ma Harry sentiva che in Minus qualcosa di diverso c’era e,
oltre a volerlo scoprire, iniziava a fidarsi di quell’uomo, anche se non
completamente.
-Con la tua ragazza… Alla fine hai fatto come ti ho suggerito?- domandò Minus,
apprensivo.
-Si, l’ho lasciata. Ho sofferto come un cane, ma era l’unico modo per
proteggerla… Se le fosse successo qualcosa, non me lo sarei mai perdonato…-
”Hermione per me è tutto”
Questo pensiero però lo tenne per sé.
-E con il tuo amico, Ron, come va? Ho avuto l’occasione di conoscere i suoi
fratelli gemelli un paio di giorni fa, due tipi alquanto bizzarri…- spiegò
Minus, aggrottando un po’ le sopracciglia; il ricordo di quei due ragazzi ancora
lo scuoteva e divertiva allo stesso tempo.
Harry rise –Si! Fred e George sono proprio due tipi in gamba… Con Ron, non va!-
buttò li il ragazzo, mentre si grattava il mento con la penna d’oca che teneva
in mano.
”Residenza” c’era scritto su quel modulo. Harry non poteva rispondere “Ordine
della Fenice” si sarebbe trovato presto un sacco di gente tra capo
e collo. Optò per Grimmauld Place numero 12.
-E come mai?- chiese ancora Minus.
-Mi ha nascosto una cosa importante…- rispose Harry, vago.
Va bene tutto, ma confidarsi con Minus non gli sembrava veramente il caso.
I Medimaghi avevano detto che Peter si stava riprendendo, anche se aveva bisogno
di riposo assoluto in seguito all’attacco. Era guarito velocemente, lasciando
tutti vagamente sorpresi: quell’ometto, che sembrava reggersi in piedi per puro
miracolo, aveva sconfitto i mali di una maledizione a tempo di record.
Mai visto prima di allora.
Mentre Harry riconsegnava i moduli compilati alla Guaritrice gentile che stava
dietro al bancone, immaginava già la reazione di Lupin, di Tonks, di Ron…
Avrebbero iniziato ad urlare come matti, fino a che Moody non fosse
provvidenzialmente intervenuto, prendendo a calci Minus e sbattendolo fuori di
casa.
Rabbrividiva al solo pensarci, ma Harry evitò accuratamente di mettere Peter al
corrente delle sue idee: non sarebbe stata una buona idea, ecco tutto.
-Qualcosa ti turba Harry?- domandò l’ometto sulla sedia a
rotelle, mentre si avviavano verso l’uscita –Sembri pensieroso- spiegò infine.
-Sono un po’ preoccupato… Devo fare pace con i miei amici, ma mi sono comportato
come un emerito idiota, e devo farmi perdonare- spiegò Harry, forse più rivolto
a se stesso che al suo interlocutore.
Minus annuì –Sono d’accordo!- disse –Anche tuo padre avrebbe fatto lo stesso…-
A quell’affermazione, fu come se qualcuno avesse gettato un secchio di acqua
gelida addosso ad Harry; un dolore paralizzante allo stomaco e un pulsare
frenetico alle tempie lo obbligarono a fermarsi.
Ma che stava facendo? Quello era l’indiretto assassino dei suoi genitori, colui
che l’aveva privato di ogni gioia dalla tenera età di un anno. Come poteva,
quindi, portarlo in casa sua, a contatto con tutti i suoi cari, con tutte le
persone che amava? E se avesse fatto del male anche a loro?
-So a cosa stai pensando, Harry, ed è più che legittimo che tu non ti fidi
ancora di me… Ma ti dimostrerò che sono cambiato… Giuro che te lo dimostrerò, lo
dimostrerò a tutti-
Harry annuì, riflettendo su quanto loro due fossero simili: entrambi avevano
fatto soffrire delle persone e per essere felici, entrambi ora necessitavano di
una seconda possibilità.
Se Harry desiderava che Ron e Hermione lo perdonassero per il suo egoismo,
allora doveva a sua volta perdonare quell’uomo.
-Minus…- iniziò Harry.
-Peter, ti prego-
-Peter- riprese il ragazzo, correggendosi –mi fiderò di te. Ma se dovesse
succedere qualcosa, qualunque cosa, alle persone che amo, sappi che sarò la tua
ombra. Ti seguirò in capo al mondo per fartela pagare e ti garantisco fin da ora
che non avrai pace. È una promessa-
E le promesse vanno mantenute.
Peter annuì, abbozzando un sorriso –Mi sembra più che giusto-
-Ora andiamo- disse Harry –Ho un limite di sopportazione piuttosto bassino
quando ci si trova negli ospedali… E’ un ambiente così inquietante-
***
-Tu- mormorò Moody con voce ferma, puntando un dito contro
Harry –sei completamente pazzo-
Primo round dell’incontro che vedeva Harry contro l’intero Ordine della Fenice:
Moody aveva appena sferrato il suo primo colpo. Non era andato a segno, però.
-Si, lo avevo sospettato- rispose Harry, sarcastico, mentre faceva il giro del
tavolo per mettersi di fronte a Malocchio.
Sapeva che prima di tutto era fondamentale convincere lui, e gli altri gli
avrebbero dato corda come dei cagnolini; Moody era, in un certo senso, il capo
dell’Ordine. Dopo Silente, ovviamente.
-Potter… Io quello qui dentro non ce lo voglio… E’ un pericolo
ambulante!-
Secondo colpo di Moody; l’anzianità iniziava a farsi sentire, perché i suoi
attacchi mancavano di potenza.
-Andiamo, non essere ridicolo. Ti ricordo che è
stato attaccato anche lui dai Mangiamorte- ribattè Harry, arrabbiato.
-Così dice lui-
-Cosa intendi dire?
-Io non c’ero quando c’è stato l’attacco! E nemmeno tu…-
Terzo ed ultimo colpo, quello decisivo. E Moody sollevava
al cielo la coppa della vittoria.
Harry ammutolì di colpo, senza nemmeno una parola da aggiungere; non aveva
calcolato l’altra ipotesi, cioè quella che Minus potesse essere veramente un
traditore.
Aveva visto una persona ferita a causa dei Mangiamorte e aveva subito tirato le
conclusioni.
Il ragazzo si lasciò quindi cadere sconfitto sulla sedia
accanto a lui.
Remus, Tonks, i Weasley, Hermione e Malfoy che avevano fatto da pubblico
all’avvincente incontro, osservarono prima Harry e poi Malocchio.
E fu finalmente Remus a prendere in mano le redini della situazione…
*
I Grifondoro sapevano trovare modi veramente molto
fantasiosi per complicarsi la vita.
Draco lo stava scoprendo a sue spese.
Lui, da buon Serpeverde quale era, non si sarebbe mai e poi mai sognato di
accogliere in casa sua un individuo che aveva cercato di ammazzarlo più e più
volte.
Tanto per cominciare, quindi, c’era da precisare che il Grifondoro in questione
era Potter; madre natura era già stata molto crudele con lui, gli aveva donato
una stupidità leggermente superiore alla media e uno spiccato senso per
l’autodistruzione.
Di fatti, qualunque scelta potesse nuocergli, Potter la prendeva.
Non era poi da trascurare il fatto che fosse cresciuto circondato da Grifondoro
che, a loro volta, chi più chi meno, portavano con sé più che evidenti segni di
squilibrio mentale.
Primo fa tutti quello di aver anche lontanamente potuto pensare di mantenere un
luogo come l’Ordine della Fenice nascosto. Il risultato era stato un massiccio
attacco da parte delle forze dell’Oscuro Signore e la perdita di Arthur Weasley.
Veramente qualcosa di cui andare poco fieri.
Draco afferrò una ciliegia dal recipiente riposto sul
tavolo e la masticò lentamente, passando lo sguardo su tutti i suoi compagni ed
elencando, ovviamente, i principali squilibri mentali di ognuno.
Arrivato a Ginny, fu costretto ad immobilizzare i suoi occhi: lei lo stava
guardando.
E anche profondamente.
Gli occhi blu spiccavano come due diamanti sul suo viso pallido, mentre le
lentiggini le conferivano un aria terribilmente sbarazzina.
Controllo.
Doveva mantenere il controllo, sennò avrebbe scaraventato il tavolo di lato a
forza e non avrebbe più risposto delle sue azioni: sarebbe stato in grado di
baciarla lì, davanti a tutti?
Meglio non metterlo alla prova.
Ginny gli sorrise, provocatoria e lui le rivolse un’occhiataccia ammonitrice.
-Harry, sarebbe bene che tu…- iniziò Lupin, con un’aria incredibilmente
apprensiva.
Draco afferrò un’altra ciliegia. Ascoltava a stento quello di cui si stava
discutendo, circa la sicurezza di Potter.
A che fine, poi, proteggerlo quando quell’idiota, appena gli si fosse presentata
l’occasione, avrebbe spedito nel gabinetto ogni sforzo?
Ginny lo guardava ancora, e anche lei prese a masticare le ciliegie con aria
incredibilmente sensuale; decisamente, Draco doveva controllarsi.
-Guardati le spalle-
Tutti si voltarono nella sua direzione, leggermente stupiti
di sentirlo partecipare alla conversazione; la signora Weasley gli sorrise con
uno sguardo di approvazione, Lupin annuì e Moody grugnì.
Malfoy non cercò nemmeno di spiegare che non era stato un suo spontaneo
intervento alla conversazione, ma un avvertimento per la piccola di casa
Weasley.
-Scusa, ma non accetto consigli da te-
Potter, come sempre. Una risposta idiota echeggiava nell’aria, chi poteva
essere? Ma lui, nemmeno a domandarselo.
-Consigli?- ripetè Draco, con un ringhio.
Malocchio sbuffò. Malfoy lo ignorò.
-Mi devo guardare le spalle. E da cosa?-
Malfoy alzò gli occhi al cielo: quello era veramente
idiota, allora.
-A dire il vero, credo che Draco abbia semplicemente completato la mia frase.
Harry, nessuno di noi ti impedirà di portare a casa Minus, ma guardati le
spalle!- spiegò Remus, appoggiando una mano sulla spalla di Potter.
Ovviamente questo non gli badò manco un po’, parve non aver nemmeno ascoltato
quello che Lupin gli aveva appena detto. Rivolse un altro sguardo truce a
Malfoy.
-Allora?- incalzò.
Draco era veramente scocciato –Allora cosa, Potter?-
-Rispondi alla mia domanda-
Una risatina bassa distrasse un attimo Draco, che si voltò a lanciare
un’occhiata poco benevola nella direzione di Ginny: era tutta colpa sua, se ora
si trovava al centro di un dibattito con Potter-mi-scuso-se-sono-sopravvissuto.
La ragazza stava ancora mangiando con calma le ciliegie e sembrava
incredibilmente rilassata, anzi no…
Divertita, si stava godendo un mondo quella
scenetta.
Malfoy sbuffò ancora –L’unica cosa da cui ti devi guardare le spalle, Potter, è
la tua proverbiale idiozia…-
Potter spalancò la bocca –Ma come ti permetti?-
Senza dire una parola, Malfoy junior si alzò dalla sedia, uscì da quella
stramaledetta cucina che gli rievocava ricordi fin troppo piacevoli e si lasciò
quella manica di idioti patentati alle spalle.
Sapeva, quando aveva deciso di collaborare con
l’Ordine della Fenice, che non sarebbe stato semplice convivere con un gruppo di
Grifondoro starnazzanti.
Ma persone come quello strambo di Moody, o come quell’idiota di Potter, non gli
rendevano decisamente il lavoro più semplice.
-Sarà già un miracolo se non lancerò un Avada Kedavra contro tutti entro la
settimana- disse il ragazzo ad alta voce.
Senza volerlo, con quella frase aveva svegliato la Signora Black che, prima lo
squadrò dalla testa ai piedi e poi, forse riflettendo sul perché lui era
lì, iniziò ad urlargli dietro una bella sfilza di epiteti.
-Traditore del sangue…!-
Decisamente l’ideale per iniziare al meglio una nuova giornata.
***
Azkaban era uno di quei luoghi che, dopo una breve
visitina, uno sperava di non dover mai più rivedere. Era infatti comune opinione
che chi entrava vivo in quel carcere, aveva ben poche speranze di
rimanerlo, in principio perché le razioni di cibo e acqua erano veramente una
cosa esigua, e poi perché i Dissennatori ad ogni entrata non lo rendevano
certamente un luogo piacevole.
Azkaban era un enorme edificio di cemento armato situato su un’isola sperduta, a
Nord dell’Inghilterra. Al suo interno vi erano, come minino, un migliaio di
celle, ognuna delle quali aveva una minuscola finestrella. Se non ci fossero
state delle forti sbarre, sarebbe riuscita a passarci tranquillamente una mano.
Ogni cella si affacciava su un lunghissimo corridoio attraverso una porta
blindata, su cui vi era una finestrella che si poteva fare scorrere, per aprirla
o chiuderla.
A differenza delle altre costruzioni magiche, Azkaban era dotata di un impianto
elettrico, anche perché non sarebbero mai state sufficienti le candele per
illuminarla. Di conseguenza, tutti i corridoi erano illuminati da delle luci al
neon, che conferivano alla prigione qualcosa di ancora più tetro.
C’erano tre entrate, la principale e quella sul retro, più quella che usavano i
dipendenti.
Per dipendenti si intendeva un gruppo di Auror che non avevano veramente nulla
da perdere e che erano stati mandati lì a sorvegliare i Dissennatori.
Tutti avevano trovato ridicolo che i Dissennatori, che avrebbero dovuto
sorvegliare i prigionieri, avessero bisogno di qualcuno che li controllasse, ma
la fedeltà (se così la si poteva chiamare) di quelle creature era già stata
sperimentata una volta, con risultati tutt’altro che soddisfacenti.
I Dissennatori avevano lasciato senza troppi ripensamenti il loro lavoro ed
erano andati a trovare conforto sotto la calda ala di Lord Voldemort. Solo in
seguito alla sua (temporanea) caduta erano tornati a fare il loro dovere.
Hermione Granger si avvicinò con incertezza all’ingresso di quella grande
prigione: non vi aveva mai messo piede, ma l’infrangersi rumoroso delle onde
contro le scogliere dell’isola la intimoriva a morte. Il mare era in burrasca e
il cielo era di un grigio livido, come se qualcuno gli avesse fatto un torto e
l’avesse fatto infuriare. Prometteva vendetta, avrebbe infatti piovuto di lì a
poco.
Bussò.
-Chi è?-
L’accoglienza in quel luogo era fredda almeno quanto il clima.
-Sono Hermione Granger, un Auror del Ministero… Sono venuta qui per il rapporto riguardante Bellatrix Lestrange-
La porta si aprì, rivelando l’immagine di un giovane
ragazzo dall’aria sciupata: aveva due profonde occhiaie sotto gli occhi ed era
pure tremendamente pallido.
-Entri… Scusi se sono stato brusco, ma di questi tempi non si sa mai…- si scusò
il tizio, mentre le stringeva la mano –Sono Michael Watson… La prego, mi eviti
la battutina-
Quella frase riuscì a strappare un sorriso ad Hermione, che iniziò a darsi
un’occhiata incuriosita in giro: era tutto squallido, triste e privo di
vitalità. Il pavimento bianco e sporco, quelle porte che viste da fuori
apparivano come la più sicura delle barriere, ma dal cui interno provenivano
grida e lamenti.
La ragazza si sentì correre un brivido lungo la schiena e cominciò subito
girarle la testa. Ne seguì subito una gran nausea.
-Si sente bene?- le domandò apprensivo l’Auror –E’ un luogo troppo brutto per
una ragazza come lei… Avrebbero dovuto mandare un uomo, sarebbe stato più adatto
alla situazione-
Hermione si sentiva talmente male, che non riuscì nemmeno a rivolgergli una
frase aspra in risposta, più che altro per dargli del maschilista maleducato.
-No, va tutto bene- rispose poi, dopo un po’.
Watson annuì –Oggi la Legge si è data appuntamento qui- disse semplicemente il
ragazzo, mentre conduceva Hermione verso la prigione che una volta era
appartenuta a Bellatrix Lestrange.
-Che intende dire?- domandò Hermione; quel ragazzo le ispirava poca fiducia, ma
forse era solamente per tutto il tempo che aveva trascorso in quel luogo.
- C’è anche Katie Green-
Hermione spalancò la bocca: non sapeva che il Ministro della Magia sarebbe stata
ad Azkaban, quel giorno.
Arrivati davanti alla cella di Bellatrix, trovarono proprio la Green che
passeggiava avanti e indietro, apparentemente in tensione.
-Ministro- salutò Hermione.
Katie Green non le era mai piaciuta un granché; troppo giovane per poter
sostenere un ruolo importante come il Ministro, e non aveva nemmeno fatto degli
studi adeguati alla sua professione. Aveva preso il diploma da Guaritrice e,
come aveva giustamente fatto notare Ginny, una abituata ad aprire le persone per
controllare che tutto andasse bene, non poteva poi sedersi dietro una scrivania
a governare un Paese.
Quando Hermione la salutò, l’altra parve un po’ disorientata, come se non si
ricordasse chi fosse.
Forse era effettivamente così, perché si limitò a ricambiare il saluto con un
discreto –Buongiorno-
Colta poi da un lampo di genio, aggiunse –Signorina Granger, immaginavo che
sarebbe venuta qui oggi… Credevo di poter essere utile-
Aveva pronunciato il nome “Granger” con un tono che faceva venire i brividi,
come se contesse disprezzo o le volesse dimostrare di essere superiore.
Hermione parve sorpresa –E in che modo?- domandò.
-Io sono venuta qui proprio il giorno in cui Bellatrix è fuggita di prigione…-
La sorpresa di Hermione aumentò visibilmente –E come le è sembrata?-
La donna si mise a ridere, senza pensare di poter apparire maleducata –Cosa si
dice di Bellatrix? Che è pazza, no? Come crede che mi sia sembrata? Ma non mi
sembrava che stesse organizzando qualche folle piano per evadere… Era normale,
quel giorno…-
Hermione annuì, registrando quei dati nella sua mente; tuttavia aveva addosso
una sensazione molto strana, come se le sfuggisse qualcosa di fondamentale.
Si costrinse a riportare la sua attenzione sulla Green, che ora si guardava
attorno con un disprezzo tale da poter pensare che avesse passato i suoi anni
migliori tra quelle mura –Forse andrebbero rivisti gli addetti alla sicurezza-
aggiunse la donna, posando il suo sguardo gelido su Watson, che ricambiò con
un’occhiata carica di astio.
-Ministro- rispose il ragazzo, con una calma solo apparente –Le posso assicurare
che Bellatrix Lestrange era sorvegliata con cura estrema-
La Green rise ancora, con una dolcezza letale questa volta –Evidentemente non è
stato sufficiente. O mi sbaglio, signorina Granger?-
Hermione sobbalzò: nessuno la chiamava più Signorina dai tempi di Hogwarts, come
poteva quella donna prendersi tanta confidenza? Infondo si erano incontrate si e
no tre volte in tutta la vita e si erano scambiate frasi molto brevi.
Hermione annuì, anche se contro la sua volontà. Le parve di notare quasi una
luce sinistra negli occhi di Katie Green, ma quando si voltò verso la donna per
scrutarle il volto, non vide nulla, se non lo stesso sguardo freddo di poco
prima, e un’espressione veramente patita.
-Mi tratterrei a discutere con voi, ma il lavoro mi chiama- esclamò la donna,
lanciando uno sguardo al suo elegante orologio da polso –E’ stato un piacere-
aggiunse poi, stringendo la mano a Watson e ad Hermione.
Alla ragazza, nel momento in cui la sua mano entrò in contatto con quella della
Green, corse un gelido brivido lungo la schiena, quasi come se ne fosse
terrorizzata.
-Arrivederci-
E detto questo il Ministro si allontanò, con flemma, lanciando sguardi carichi
d’odio alle celle che nascondevano i prigionieri. Ancheggiò sulle sue scarpe dai
tacchi vertiginosi, fino a che non scomparve dietro all’angolo che portava
all’uscita.
Era un’altra cosa che non veniva certo apprezzata in Katie Green: il suo
abbigliamento, tutt’altro che sobrio, poteva essere facilmente scambiato con
quello di una poco di buono, camicette perennemente scollate, minigonne
cortissime… Vestiti che addosso ad una giovane ragazza sarebbero stati perfetti,
ma che su di lei, visto l’enorme incarico che aveva sulle spalle, stonavano.
-Che donna orribile!- esclamò Watson, mentre si lanciava in una fedele
imitazione del Ministro che si dimenava per mostrare tutte le sue forme –Alle
prossime elezioni, vincerà sicuramente l’altro candidato. Non piace a nessuno! E
le nuove leggi che ha introdotto… Beh, sembra quasi che voglia favorire i
Mangiamorte!- aggiunse, furente.
Hermione fu molto felice di notare di non essere l’unica ad avere una certa
antipatia per quella donna –C’era lei di turno, il giorno in cui la Green è
venuta a trovare Lestrange?- domandò a Michael, che borbottava ancora tra sé e
sé.
Lui parve risvegliarsi –Si, perché?-
Hermione sospirò, stancamente. Non sapeva nemmeno lei cosa in quel momento le
passava per la testa, ma era certa che dovesse seguire il suo istinto.
-Dovrò farle qualche domanda- spiegò Hermione, mentre Watson appariva un po’
stupito.
-A me?- domandò ancora. Evidentemente era un tipo senza spina dorsale, il solo
pensiero di poter essere accusato di qualcosa lo terrorizzava ed Hermione si
chiese come uno così potesse essere finito a lavorare ad Azkaban.
La ragazza sorrise, annuendo –Elementare, Watson-
*
-Qui staremo più comodi- le disse il ragazzo, mentre apriva
la porta di una piccola saletta –La usano per fare gli interrogatori-
Hermione sorrise –Allora è perfetta!-
La stanza era tetra come tutto il resto dell’edificio; quattro pareti, una
finestra che si affacciava sulle cupe scogliere dell’isola e un tavolo al centro
della stanza.
Il vetro della finestra era socchiuso, così che si potesse sentire l’ululare del
vento e lo scrosciare della pioggia, mentre il cielo livido andava mano a mano
schiarendosi.
Hermione tirò fuori dalla sua borsa un blocco di fogli, moduli che andavano
compilati. Le solite stupide ed inutili formalità che il Ministero li obbligava
a svolgere, come se non avessero già abbastanza tempo da perdere. Servivano solo
quelle inutili ed aggiuntive perdite di tempo.
-Ha notato qualcosa di strano quel giorno?- domandò Hermione, in tono
professionale, mentre si rigirava una matita tra le dita; dubitava fortemente
che avrebbe cavato qualcosa di interessante da quell’interrogatorio.
Watson scosse la testa –No. La Green è arrivata qui molto tardi. Saranno state
le due del mattino. Io avevo appena finito di fare la ronda notturna. Mi ricordo
che mi ha chiesto di parlare con Bellatrix Lestrange, le voleva chiedere se era
coinvolta nell’omicidio di Arthur Weasley…-
Hermione trattenne il fiato.
Non avevano mai trovato il colpevole dell’assassinio del padre di Ron, avevano
fatto enormi sforzi per trovare qualche pista che li potesse portare nella
direzione giusta, ma invano.
E ora si veniva a scoprire che Katie Green era andata a discutere di certe
questioni con Bellatrix Lestrange…
-…e mi ricordo che insistette parecchio perché voleva parlarci da sola!-
…in privato, per giunta.
-E a lei non è sembrato strano?- domandò ancora Hermione, cercando di ritrovare
un po’ di controllo nella sua voce, che ora era diventata stridula.
Michael Watson cadde in un pesante silenzio.
Hermione poté sentire ancora i lamenti dei carcerati, che gridavano e
strepitavano come se qualcuno gli stesse strappando via la pelle.
La luce al neon le bruciava gli occhi e la ragazza si costrinse a richiuderli
solo quando si accorse che le stavano lacrimando.
Iniziò a percepire nella sua pelle il freddo di quella prigione, che le congelò
le mani e il cervello, impedendole quasi di pensare razionalmente.
-Signor Watson?-
Quello parve riprendersi, come se fino ad un attimo prima fosse stato rapito da
uno stato di semi-incoscienza –Ecco…- iniziò, un po’ titubante.
Hermione gli rivolse un grande sorriso di incoraggiamento.
-Ecco… A dire il vero, quel giorno ci sono state un po’ di cose strane… A
partire proprio dalla richiesta della Green di parlare con la Lestrange. Ho
pensato che fosse assurdo che potesse pensare che Bellatrix fosse l’autrice
dell’omicidio di Arthur Weasley!- esclamò, strabuzzando gli occhi, come se
davanti a sé avesse ancora il Ministro che gli faceva quella richiesta assurda.
-Anche perché, se non erro- continuò il ragazzo, pensosamente –a quell’epoca
Bellatrix era già in prigione, quindi a meno che non riuscisse a sdoppiarsi…-
Hermione lo interruppe un attimo –E se qualcuno fosse venuto a trovarla e le
avesse portato una Girotempo?- azzardò, ma subito l’altro scosse la testa.
-Avrebbe potuto utilizzarla solo come soprammobile: non funzionano qui dentro-
spiegò brevemente Watson, mentre faceva apparire un bicchiere d’acqua –Ha sete?-
Hermione scosse il capo.
-E comunque nessuno è mai venuto a trovare Bellatrix Lestrange, prima della
Green- precisò, buttando giù un lungo sorso d’acqua, che parve rinfrescargli
veramente la gola.
Hermione era un po’ demoralizzata: se si fosse venuto a scoprire che la Green
aveva taciuto qualche informazione fondamentale agli Auror, sarebbe stata
arrestata e sarebbe scoppiato uno scandalo.
Ma qualcosa le suggeriva che l’assassino del Signor Weasley non era quella donna
pallida e dall’aspetto perennemente moribondo.
Qualcun’altro era stato e la Green aveva usato una stupida scusa qualunque per
poter parlare a Bellatrix, anche se rimaneva un mistero di cosa avessero
discusso veramente.
-Comunque, quando la Green se ne è andata, dopo aver fatto visita alla
Lestrange, sembrava veramente molto strana- aggiunse infine Watson, scrutando
pensosamente il volto di Hermione.
-Strana in che senso?- domandò la ragazza.
-Non so dirle in che modo era strana…- rispose un po’ bruscamente il ragazzo,
scrollando le spalle; evidentemente per lui l’aggettivo “strana” era più che
sufficiente per spiegare il comportamento della Green, quel giorno.
-Parlava in modo strano? O camminava in modo diverso? O sembrava spaventata?-
provò Hermione, che stava cercando di carpire a quell’uomo più informazioni
possibile.
-No-
-E allora…-
Qualcuno aprì la porta di scatto. Una donna a cui sembrava che non le
interessasse niente del mondo intorno a lei, come se l’unica certezza concreta
fossero state quelle solide mura che custodivano il cuore di Azkaban.
-Michael… Scusa se vi interrompo, ma Matt mi ha detto di venirti a chiamare per
la ronda…- disse la donna, un po’ bruscamente, come se non volesse realmente
scusarsi per averli disturbati.
-Arrivo subito Sarah- le rispose Watson, con un vago cenno della mano.
La tipa uscì dalla stanza. Watson si girò verso Hermione e le sorrise –E’ la mia
fidanzata- spiegò –Appena mi vede con un’altra ragazza, diventa gelosa-
Hermione annuì comprensiva, cercando di ignorare quel lieve dolore che sentiva
nel petto, un misto tra nostalgia ed invidia.
Nessuno più era geloso per quello che faceva lei…
Si alzò dalla sedia e tese una mano verso Watson –Il dovere
la chiama. Grazie della conversazione- lo salutò, prima di indossare la giacca.
-Quando vuole, sa dove trovarmi. L’accompagno?- le domandò cortesemente.
Hermione scosse il capo, con un sorriso gentile –No, conosco la strada.
Arrivederci.-
Quando la ragazza uscì da quella prigione claustrofobica, non poté fare a meno
di apprezzare la folata di vento fresco che le invase i polmoni, liberandoli da
quella sensazione opprimente che li aveva invasi fino ad un attimo prima.
***
Essere scocciati era diventata ormai una cosa ricorrente in quegli ultimi giorni.
Come precedentemente detto, infatti, Draco Malfoy sembrava
gradire molto poco le mirabolanti trovate dell’Ordine della Fenice, specialmente
quando, come in quel caso, prevedevano di interrompere la sua attività
preferita: poltrire.
Malocchio Moody, infatti, aveva pensato bene di rendere il suo soggiorno a
Grimmauld Place uno strazio superiore a quello che Malfoy era solitamente in
grado di sopportare.
E non era solo una coincidenza.
Draco Malfoy era completamente certo che quello strambo uomo (come si ostinava a
chiamarlo da qualche giorno) stesse escogitandosi ogni piano possibile ed
immaginabile, pur di levarselo dai piedi. Ma il ragazzo non era intenzionato a
mollare, comunque.
Tanto per dire, in quel momento aveva avuto la brillante idea di tenere una
seduta sull’autocontrollo, e quando Moody era entrato in camera di Draco per
comunicarglielo, il rampollo di casa Malfoy non aveva potuto fare a meno di
scoppiare in una grassa risata.
Parlare, infatti, di autocontrollo con persone della levatura di Weasley o,
peggio ancora, di Potter, era veramente pretendere troppo.
Cosa potersi aspettare, in fin dei conti, da un tizio che per puro e animalesco
istinto, aveva portato a casa sua colui che aveva tradito i suoi genitori? Era
dunque possibile parlare di autocontrollo con un caso disperato come Potter?
Draco ne dubitava fortemente.
Ora si trovavano in una stanza circolare che stava a piano terra, proprio
accanto al salotto, e che avevano destinato ad una specie di palestra dove
allenarsi.
-Non capisco a cosa serva, questa pagliacciata- commentò
acidamente Potter, portandosi le mani sui fianchi.
Draco ghignò: lì non si trattava di afferrare Boccini volanti, ma di avere i
nervi saldi; cosa di cui, Malfoy ne era praticamente certo, Potter era
sprovvisto.
Remus Lupin pensò bene di mettere Potter al corrente delle
sue idee –Se un Mangiamorte ti dicesse di scegliere, o fai quello che ti dice o
uccide Hermione, tu cosa fai?-
Draco Malfoy roteò gli occhi al cielo, posandoli alla fine su Potter, che aveva
spalancato poco elegantemente la bocca: era sicuro, per qualche strana ragione,
che la risposta che avrebbe sentito sarebbe stata molto, ma molto idiota.
-Ma ovvio! Gli tiro un pugno sul naso e gli spacco la faccia-
Appunto.
Lupin fece un sorriso storto –Certo, così il Mangiamorte uccide Hermione-
Draco Malfoy ghignò all’espressione di puro dolore che si era dipinta sulla
faccia di Potter; non aveva mai apprezzato molto il suo vecchio professore di
Difesa Contro le Arti Oscure, ma adesso non poteva fare a meno di complimentarsi
con lui, per come aveva messo a tacere quell’idiota colossale.
Potter parve accorgersi dell’espressione di Draco, perché
gli lanciò uno sguardo minaccioso –E tu cosa diavolo hai da ridere?-
Malfoy scoppio in una grassa risata, che nulla aveva del divertimento, e che
tutto aveva del disprezzo –Come ho già detto, - proruppe, con voce strascicata
–rido della tua idiozia, Potter-
Quello parve mandare giù l’insulto, senza badarci più di tanto. Remus sorrise,
comprensivo.
Ci sarebbe stato da lavorare sodo, ma prima o poi quei due sarebbero andati
d’accordo.
Prima o poi.
*
-Allora, la prima cosa da fare è sgombrare la mente. So che
probabilmente è una cosa più facile a dirsi che a farsi, ma è realmente
fondamentale. Se il vostro avversario riuscisse, per una disgraziata ragione, a
prendere il controllo della vostra mente, voi sareste perduti-
Remus Lupin cercò di spiegare il concetto con parole semplici, ben sapendo che
persone come Draco Malfoy non avevano bisogno di quei consigli e che, invece,
persone come Harry e Ron avrebbero dovuto fare anche gli straordinari. Per
comprendere il solo concetto, s’intende.
-E in che modo l’avversario può prendere il controllo della nostra mente?-
I ragazzi erano seduti su dei materassini, tutti e tre ben attenti a non
avvicinarsi all’altro.
Hermione era in servizio, e comunque aveva più sangue freddo lei di tutti e tre
messi insieme.
Draco Malfoy scosse il capo.
-Moody te lo mostrerà…- rispose sinteticamente Lupin, facendo cenno a Ron di
alzarsi e di raggiungere Malocchio, appoggiato ad una parete con l’espressione
mortalmente annoiata.
Fumava, tanto per cambiare.
Ron si alzò in piedi, un po’ incerto, posizionandosi di fronte all’uomo, che lo
guardò con un’espressione di sfida; solo il suo sguardo arrogante era
sufficiente per fargli desiderare di colpirlo.
L’uomo ghignò –Molto bene, Weasley, ma che piacere averti qui… Ho saputo che hai
litigato col tuo amichetto Potter, sono veramente addolorato. C’entrerà per caso
il fatto che ti sei fottuto la sua ragazza?-
Ron era impallidito, mentre stringeva a pugno le mani. Le nocche delle sue dita
stavano sbiancando paurosamente, mentre il ragazzo sembrava realmente sul punto
di colpire Moody.
Malfoy sogghignava, del tutto indifferente alle provocazioni, sembrava molto più
attratto dall’espressione di rabbia sul volto di Ron.
Harry era semplicemente furente.
-Immagino di si- aggiunse Moody, sempre sfidando il ragazzo con lo sguardo –Ma
d’altronde cosa vuole: le donne sono fatte così, prima fanno le preziose e poi
vanno a letto con il primo che ci sta…-
-NO!-
Se Malocchio aveva intenzione di continuare quella tortura, non ci riuscì,
perchè un urlo inumano echeggiò nella stanza; l’uomo fu assalito da un Harry
Potter furibondo, che si scagliò addosso a lui con tutta la rabbia che aveva in
corpo.
Ma la rabbia di un giovane ragazzo non poteva niente contro anni di
addestramento, e soprattutto contro un Auror come Moody.
L’uomo infatti bloccò Potter per le braccia prima che lo potesse colpire e,
sempre tenendogliele immobili con un braccio, puntò la bacchetta magica contro
lo stomaco di Harry.
Cadde il silenzio, interrotto solo da un lieve sbuffo divertito di Malfoy.
-Se fossi un Mangiamorte, a quest’ora saresti morto, Potter- disse Moody,
lasciando andare il ragazzo, che in quel momento se ne stava immobile,
sconfitto.
Ron aveva assistito alla scena come paralizzato.
Scoprire che il dolore poteva essere utilizzato per infierire un dolore
ancora maggiore, era come rimanere senza fiato, come se qualcuno fosse stato in
grado di togliere l’aria dai polmoni.
E lui aveva bisogno dell’aria, per poter vivere.
Remus interruppe quel silenzio irreale, anche se sembrava
un po’ incerto –Ecco come possono impossessarsi della tua mente, Ron. Adesso lo
sai-
Ron trovò solo la forza di annuire, prima di cadere a terra con gli occhi
sbarrati.
Harry tremava ancora di rabbia, e guardava Moody con occhi carichi di odio -Lui
ha usato argomenti molto personali per poterci far perdere il controllo! Non è
leale!- ribattè il ragazzo.
Remus sorrise, amaramente, mentre Moody scoppiava in una grassa risata, molto
simile a quella precedente di Malfoy –Potter, credi che ai Mangiamorte freghi
qualcosa di essere leali? Se non volete andare a fare una visitina al Creatore
prima del tempo, vi conviene tenere sotto controllo le vostre emozioni o, come
avete visto, qualcuno potrebbe utilizzarle per nuocervi-
Harry non ci aveva mai pensato; aveva sempre creduto che conoscere alla
perfezione ogni singolo incantesimo di Difesa contro le Arti Oscure lo avrebbe
preservato da qualunque male, rendendolo immune. E ora si rendeva conto che
c’era una cosa più importante da imparare, una cosa che lo obbligava a cambiare
radicalmente un lato della sua personalità: l’impulsività.
-Harry, ti senti bene? Sembri pallido…- domandò Lupin, apprensivo, mentre si
affiancava al ragazzo.
Harry effettivamente sentiva che la testa gli scoppiava e che le tempie avevano
preso a pulsare freneticamente, come se qualcuno dall’interno stesse bussando
perché voleva uscire.
Aveva il viso accaldato e improvvisamente un velo sottile gli si piazzo davanti
agli occhi, sfuocandogli la visuale.
Il ragazzo sentì la mano di Lupin che gli scorreva sulla fronte –Hai la febbre,
forse è meglio che ti accompagni in camera tua-
Prima che potesse rispondergli qualunque cosa, Harry sentì le gambe e le braccia
perdere forza, mentre la testa prendeva a girargli vorticosamente, senza sosta.
Cercò di dire qualcosa, spiegando che si sentiva male come poche altre volte in
vita sua, ma alla bocca non arrivarono i fiochi ordini del cervello e quindi
rimase serrata.
-HARRY!-
Malfoy sfilò dalla tasca dei jeans una sigaretta, che accese e fumò con una
calma che rasentava il più totale disinteresse per quello che gli stava
succedendo davanti agli occhi.
Malocchio disse che per quel giorno poteva bastare, mentre Lupin portava via
Harry, svenuto.
Certo che i Grifondoro erano veramente le creature meno dotate di spina dorsale
che lui avesse mai visto. E loro sarebbero dovuti essere quelli coraggiosi?
Weasley era inginocchiato ancora sul pavimento, sotto i suoi occhi, e sembrava
stesse sforzandosi di non mettersi ad urlare o peggio, piangere.
Potter era addirittura svenuto e sicuramente avrebbe poi additato la colpa alla febbre.
Certo, la febbre…
Draco posò uno sguardo divertito su Weasley, che adesso aveva preso a tremare
convulsamente.
Con enorme sforzo, il ragazzo si alzò in piedi e si voltò verso Malfoy, che
stava ancora fumando in tutta tranquillità, come se fosse stato da solo nella
stanza.
-Malfoy…- lo chiamò con una voce spaventosa.
L’altro alzò un sopracciglio, interrogativo –Si?-
Al diavolo l’orgoglio, al diavolo chi per anni gli aveva detto che Malfoy era un
traditore; ora quel ragazzo pallido, odioso e freddo come il ghiaccio poteva
rivelarsi l’unica soluzione al suo problema.
Se fosse stato così semplice fare del male alle persone che amava, il suo lavoro
di Auror non aveva più alcun significato. Almeno per lui.
-Mi devi aiutare…-
***
Era incredibile pensare che fino a due giorni prima lui
aveva assistito alla stessa scena.
Solo che ora, al posto suo c’era lei.
Harry stava riposando disteso sul suo letto, le coperte tirate fino al collo; un
ciuffo di capelli neri gli ricadeva sulla fronte, pizzicandogli le labbra, ma
lui continuava a dormire tranquillamente.
Hermione cedette alla tentazione di riportargli quella ciocca di capelli dietro
le orecchie.
Il suo tocco fresco, come l’aria nelle prime luci del mattino, era
inconfondibile e lo riusciva sempre a risvegliare, anche dal sonno più profondo.
Harry aprì gli occhi, mentre Hermione ritraeva all’istante la mano, turbata.
-Ciao- La salutò flebilmente Harry, mentre con un piccolo sforzo si metteva a
sedere.
Hermione lo guardò torva, ma ricambiò il saluto, anche se riluttante –Ciao-
Tanto per fare qualcosa, Harry afferrò il bicchiere sul suo comodino e buttò giù
un lungo sorso d’acqua, sempre tenendo gli occhi inchiodati al viso di Hermione.
La ragazza parve indifferente e si alzò di scatto dalla sedia accanto al letto;
iniziò a percorrere la stanza a grandi passi, e si curò bene di non guardare
Harry.
Fuori dalla stanza si sentì una porta che sbatteva, e subito dopo una sonora
imprecazione di Tonks, seguita dalle grida inarticolate della Signora Black.
-Come stai?-
Una semplice frase, sussurrata, fu sufficiente per spezzare il grande silenzio
che era accaduto tra loro; l’orgoglio che impediva loro di buttarsi le braccia
al collo, e la rabbia che non permetteva nessun tipo di rapporto.
-Bene- le rispose Harry, dolcemente.
-Remus ha detto che avevi la febbre-
-Si, ma ora mi sento meglio…-
Hermione si voltò a guardarlo: quella frase aveva un doppio senso e Hermione
parve cogliere il vero significato che conteneva.
Con gli occhi scrutò quelli di Harry, cercando risposte alle domande che le
affollavano la testa da quando, due giorni prima, l’aveva lasciata.
Do you miss me?
I hear you say you do
but not the way I'm missing you
What's new?
Kiss The Rain - Billie Myers
-Vieni qui- le disse Harry, tendendo un braccio verso di lei.
Hermione voleva porre resistenza, voleva non dargliela
vinta così facilmente, ma qualcosa dentro di lei fece in modo che obbedisse a
quell’ordine.
Si andò a sedere sulla sponda del letto, accanto a lui –Cosa c’è?-
Harry deglutì a fatica –Posso abbracciarti?-
Qualcosa tremò dentro la sua voce, ma cercò di non farci caso. Hermione nel
frattempo annuì, senza però dire una sola parola.
Harry le passò le braccia intorno al collo, attirandola dolcemente a sé e
posandole un casto bacio sul collo. Restarono così per parecchi minuti, durante
i quali Harry respirò il profumo di Hermione e cerco di conservarne il più
possibile.
Per non dimenticarlo.
Hermione si districò da quell’abbraccio –Che succede?- gli
domandò, sembrava che stesse per scoppiare in lacrime.
-Niente- fu la laconica risposta del ragazzo, che posò una mano sulla sua
guancia per accarezzargliela –E tu come stai?-
-Come vuoi che stia?- gli rispose freddamente lei, mentre scacciava la mano di
Harry dal suo viso e si alzava di nuovo in piedi, voltandogli le spalle.
In realtà, Hermione stava solo cercando di nascondere i suoi occhi, ormai
stracolmi di lacrime.
Harry, l’espressione addolorata sul viso, non azzardò dire una sola parole, ma
si limitò a rimirare la schiena della ragazza che amava e che ora lo odiava.
–E al lavoro? Cosa c’è di nuovo?- le disse, tanto per dire qualcosa.
Ma lei era ancora voltata; così facendo il ragazzo non poté vedere l’espressione
ironica sul viso di Hermione, “Pessima tattica, Harry” pensò la ragazza.
-Niente-
-Ah-
La ragazza si voltò bruscamente e tornò a sedersi sul letto, accanto a Harry,
che ora non sapeva veramente come comportarsi: c’erano attimi, tra loro, in cui
sembrava tutto come prima, come se non si fossero mai lasciati, come se si
appartenessero ancora. Altri attimi, invece, rimanevano sopraffatti per l’odio
che provavano reciprocamente, quello stesso odio che li aveva portati a
dividersi.
Quell’odio dettato dalla paura di perdere un amore così grande.
-Io non voglio litigare, Harry. Non più- gli disse
Hermione, mentre allungava la mano per sistemargli un’altra ciocca di capelli
dietro all’orecchio, la stessa di prima, che ora era scivolata di nuovo.
Lui le afferrò quella mano e se la portò alle labbra –Nemmeno io- le sussurrò,
per poi sfiorarle la mano con le labbra; Hermione chiuse gli occhi.
Cercò di auto-convincersi che quella situazione non andava bene, che avrebbe
dovuto respingerlo, perché lui l’aveva fatta stare male, non l’aveva capita e
l’aveva lasciata in un momento troppo doloroso.
Cercò veramente di farlo, ci provò con tutte le forze, ma
non ci riuscì; quando lui le lasciò andare la mano, lei chinò il viso verso
quello di Harry, pronta ad unire le labbra alle sue, pronta a baciarlo, per
poter rendersi finalmente conto di essere ancora viva.
Era vicina, terribilmente vicina, talmente tanto che poteva sentire il respirò
di Harry solleticarle le labbra; lei chiuse gli occhi, e lui fece altrettanto,
mentre le poggiava una mano dietro la nuca.
-Harry…- sussurrò Hermione, ma lui le fece cenno di non parlare; sapeva che se
si fossero fermati a discutere, quel magico momento sarebbe finito, e lui aveva
troppa voglia di cedere a quel desiderio.
-Harry, Molly voleva sapere se…-
Harry e Hermione si scostarono bruscamente, voltandosi verso Lupin che li aveva
interrotti.
-Scusate- mormorò Remus, mentre desiderava poter diventare piccolo piccolo per
potersi nascondere –Non volevo disturbare-
-Non preoccuparti, Remus- gli disse Harry con un gran sorriso, cercando però di
nascondere la sua seccatura –Volevi dirmi qualcosa?-
L’uomo annuì, lanciando un altro breve sguardo di scuse ad Hermione, ancora
mezza intontita –Si,- disse –Molly mi ha mandato a chiederti se ti va un brodo
di pollo?-
Harry sorrise –Certo!-
Remus, ancora un po’ imbarazzato piegò il capo verso la sua spalla destra, un
po’ intristito –Allora vado. Ciao Hermione-
-Salve- lo salutò la ragazza, prima che lui si chiudesse la porta alle spalle.
Hermione si alzò di scatto dal letto, mentre Harry cercava di ricacciare
indietro il desiderio di spingere di lato le coperte e abbracciarla, baciarla e
poterla tenere con sé per sempre.
*
-Ora devo andare- disse semplicemente la ragazza, mentre si
chinava sulla sedia per prendere la sua giacca; erano gli ultimi giorni di
Agosto, e già dovevano trovare dei rimedi per il freddo che aveva invaso la
città.
-Dove devi andare? Non rimani qui a Grimmauld Place a dormire?- le domandò
Harry, mentre indossava gli occhiali.
Hermione si voltò a guardarlo, un po’ indecisa –Harry, io…-
Ma il ragazzo la interruppe –Hermione! Non riesco a vedere niente con gli
occhiali!-
L’espressione addolorata sul volto della ragazza si tramutò in sorpresa –Come?-
Harry fece un sorriso larghissimo, mentre si toglieva gli occhiali e batteva le
palpebre; accostò nuovamente gli occhiali al suo viso, e poi li allontanò ancora
–Si! Con gli occhiali vedo tutto sfuocato, mentre senza… Ci vedo!- disse, con la
voce di un tono più alta, felicissimo per quella piccola novità: Harry aveva
sempre detestato portare gli occhiali.
Hermione sorrise, comprensiva, ma il suo sorriso conteneva allo stesso tempo
qualcosa di terribilmente cupo –Sono contenta, Harry-
Il ragazzo parve accorgersi dell’espressione di lei, perché improvvisamente si
spense tutto il suo entusiasmo e la guardò profondamente –A me non sembra,
Hermione. Cosa mi stavi dicendo prima?- le domandò.
Hermione parve esitare un momento, ma poi sospirò –Devo andare a sbrigare le
ultime pratiche per l’acquisto del mio appartamento…-
Non lo aveva guardato negli occhi, semplicemente non voleva scorgere qualcosa di
molto simile al dolore al loro interno; non l’avrebbe sopportato.
-Appartamento?- ripeté Harry, con voce strozzata. Probabilmente aveva sentito
male, pr obabilmente aveva le
orecchie piene di cotone e lui aveva frainteso quello che voleva dirgli
Hermione. Non poteva volersene andare veramente.
-Harry, - la ragazza parve prendere un po’ di coraggio – io andrò a vivere nel
mio appartamento. Alla Tana mi sembra di essere un po’ d’impiccio, mentre qui…-
-NO! Sono tutte scuse, Hermione! Sapevi benissimo che saresti potuta rimanere
qui, non c’era bisogno di comprare un appartamento, lontano da tutti! E poi
posso capire che tu non voglia dare disturbo a Molly, anche se lo sai che lei ti
adora, ma qui a Grimmauld Place c’è così tanto posto… Io non capisco, perché?-
urlò Harry, furibondo, mentre guardava Hermione con occhi carichi di rabbia,
tristezza e odio. Si, riusciva a provare anche odio in quel momento.
Hermione perse finalmente il controllo e gli scoppiò a piangere in faccia
–Perché io non riesco a vivere in un posto dove so per certo che ti incontrerò
tutte le dannate mattine, quando non posso più baciarti, abbracciarti e
toccarti, solo perché tu hai preso la tua decisione e non ammetti repliche.
Perché mi sono stancata di tutti gli sguardi compassionevoli degli altri, quando
l’unica cosa che vorrei è che tornassero a trattarmi come hanno sempre fatto.
Perché non riesco a capire, Harry, tu vuoi tenermi lontana dal pericolo, ma non
accetti che io me ne possa andare e mi vuoi obbligare a rimanere con te, senza
contare il fatto che sei stato tu a lasciarmi-
Hermione si calmò un attimo, passandosi una mano sul viso per cancellare le
lacrime, ma aveva ancora gli occhi arrossati. Fece un respiro profondo.
-Perché io ti amo, Harry, e non riuscirò mai a dimenticarti
finché vivo costantemente al tuo fianco-
Un gelo invernale cadde improvvisamente nella stanza, paralizzando Harry e per
prima Hermione, che aveva riversato quelle parole amare contro chi le aveva
fatte nascere.
-Quindi mi vuoi dimenticare- constatò Harry, con un filo di voce –Vuoi
fare finta che tra noi non ci sia mai stato niente-
Hermione non gli rispose nemmeno, si limitò a ricambiare il suo sguardo,
permettendogli di trovare all’interno dei suoi occhi, la risposta alle sue
domande.
Si.
Prima che lui potesse aggiungere altro, la ragazza disse –Ora devo proprio
andare-
Un timido sguardo, come a voler ottenere il permesso di pronunciare un ultimo
saluto.
Hai ragione tu, permesso accordato.
-Ciao!-
Senza veramente più niente da dire, Hermione se ne andò, lasciando Harry immerso
in una delusione e una tristezza, che come unico colpevole avevano se stesso.
***
-Dai, me lo dici?-
-No-
-Ti prego-
-Ho detto di no-
-Se ti do’ un bacio?-
-No-
-Draco, dimmelo!-
-Weasley, chiudi quella boccaccia, prima che decida di farlo io, con i miei
metodi però-
-E quali sono?-
L’inizio della relazione tra Draco Lucius Malfoy e Ginevra Molly Weasley, poteva
tranquillamente essere definito “scoppiettante”.
Lei era una di quelle persone che al posto della testa hanno una
corazza, mentre per convincere lui a fare qualunque cosa,
esisteva un unico modo: la Maledizione Imperius.
Quando due caratteri simili s’incontravano, era veramente molto difficile
stabilire quali sarebbero state le sorti del match, se non a giochi conclusi.
Per ora la bilancia pendeva dalla parte del rampollo Malfoy
(così affettuosamente soprannominato dalla sua novella fidanzata, Ginny) che non
si era lasciato piegare dall’effusioni della giovane e stridente ragazzina.
Tuttavia, la piccola Ginevrina, come il rampollo Malfoy amava tanto chiamarla,
aveva già guadagnato molto punti sul tabellone che segnava le vittorie, e non
era poi così lontana dall’eguagliare il novello fidanzato.
Il rampollo, in quel dato momento, le stava mostrando cosa intendeva lui per “metterla
a tacere”, ed era un metodo che piaceva molto ad entrambi.
*
Le sue labbra la baciavano con una tenerezza e una foga che
servivano solo a lenire quel terribile vuoto che sentiva dentro.
Vuoto che lei comprendeva benissimo, perché sapeva cosa significava sentirsi
svuotare l’anima, fino a non avere più un appiglio, fino a non sapere nemmeno
più chi sei.
Si, Ginny lo capiva, per quello adesso non poteva fare a meno di tenerla tra le
braccia, perché era la sua parte complementare, e non riusciva davvero ad
immaginarsi come potesse essere vivere senza di lei.
-Draco, aspetta…- disse la ragazza, interrompendo il bacio.
Lui non le diede nemmeno la soddisfazione di ascoltarla e continuò a baciarla,
fino a che Ginny gli posò le braccia sulle spalle e lo allontanò da sé –Ti ho
detto aspetta-
Lui sbuffo, contrariato –Cosa diavolo c’è?-
La ragazza guardò l’orologio che aveva al polso –Devo andare al lavoro- disse,
anche se era visibilmente seccata.
-Vai a curare i tuoi pazienti e mi lasci qui, con questa bestiaccia?- si lamentò
Draco, stringendola fortissimo, tanto che lei emise un piccolo urletto.
Il ragazzo fece un breve cenno del capo nella direzione di Fierobecco, che li
stava guardando come se fosse geloso di Ginny: si erano appartati nella sua
stanza, per rimanere lontani dagli occhi indiscreti dell’Ordine. Loro non
avrebbero mai potuto capire.
-Fierobecco non è pericoloso, e io vado a fare il mio lavoro- rispose Ginny,
mentre si dava una veloce sistemata ai capelli e indossava la felpa.
-Io mi sento male…- disse ancora Draco, che sembrava intenzionato a non
lasciarla andare; le circondò ancora la vita con le braccia e la guardò negli
occhi.
-E dove?-
Il ragazzo prese una mano di Ginny e se la portò all’altezza del cuore –Qui-
Ginny dovette fare un’enorme violenza su se stessa per non scoppiargli a
piangere in faccia dalla commozione; si limitò quindi a sorridergli.
-Ha qualcosa per me, signorina?- le domandò, mentre si chinava a baciarla.
Quando si fu staccato da lei, posò la fronte sulla sua.
Lei tentennò un momento, prima di rispondere –Certamente, ma ora non ho il tempo
di mostrarglielo…-
Gli diede un altro piccolo e casto bacio a fior di labbra, prima di allontanarsi
definitivamente –Ci vediamo, Draco- lo salutò.
Lui non ricambiò, semplicemente sbuffò, come quando era contrariato.
Ginny rise e si chiuse la porta alle spalle.
Draco fece un breve giro intorno a se stesso, per scaricare un po’ quella dolce
tensione che lo aveva attanagliato; poi rivolse uno sguardo di sottecchi a
Fierobecco –E tu cos’hai da guardare, peloso ficcanaso?- gli domandò.
L’animale cercò di avvicinarsi a lui, per poterlo attaccare; fortunatamente,
però, era legato, il che gli impedì ripetere la performance del terzo anno.
-Sei proprio una bestiaccia
sfacciata- l’accusò Draco, puntando un dito contro il muso dell’animale, che per
tutta risposta emise un guaito.
Il ragazzo, rendendosi conto del fatto che stava parlando con un animale,
distolse lo sguardo, turbato; i suoi occhi, in compenso, caddero sul Pensatoio
di Harry, a pochi metri da lui.
Harry lo lasciava sempre lì, perché la stanza di Fierobecco era l’unico luogo in
cui potesse veramente fermarsi a pensare.
-Guarda un po’ cos’ha dimenticato Potterino…- mormorò Draco, tra sé e sé, mentre
prendeva in mano l’elegante scodella argentea.
Parve per un attimo indeciso sul da farsi, non avrebbe mai voluto rivivere un
momento intimo tra Potter e la Granger, ma qualcosa gli diceva che erano ben
altri i pensieri contenuti all’interno di quel Pensatoio.
Forse, dando una sbirciatina, avrebbe potuto scoprire qualcosa che a Potter,
quell’idiota, era sfuggito. Perché, ne era sicuro, a Potter era sfuggito per
forza qualcosa.
Immerse quindi la testa nel pensatoio.
*
Era in una stanza
d’ospedale.
Potter era seduto accanto a Minus, che gli stava parlando con voce sommessa.
Aveva l’aria malandata e pure vagamente stanca.
Draco non impiegò molto a capire che si trattava di qualche giorno prima, quando
Potter era corso al San Mungo per poter parlare con Minus.
E per avere informazioni al riguardo del suo matrimonio mandato in fumo.
-Non ho potuto sposare Hermione- urlò Potter, andando a confermare i suoi sospetti.
-Perchè?-
Anche in quel momento così “intimo” Draco non poté fare a meno di pensare che Potter era un idiota: per quale strana ragione, qualcuno poteva non volerlo vedere felice? Era anche una cosa da domandare? Maledizione a quell’idiota, che prima o poi li avrebbe fatti morire tutti ammazzati.
Minus stava rispondendo alle sue domande, e aveva appena donato a Potter un consiglio che non poteva che infierire sul vacillante stato mentale del ragazzo.
-…se sei davvero innamorato
di questa ragazza, la devi proteggere: sarà la prima sulla Sua lista quando
deciderà di attaccarti-
Lasciare la Granger: ecco da chi era uscita quell’idea geniale!
Certamente, se uno va con lo zoppo impara a zoppicare: se Minus era idiota, le
probabilità che avesse trasmesso la stessa idiozia a Potter erano piuttosto
altine.
Solo una cosa impedì a Draco di continuare con le sue elucubrazioni mentali: le
strane spiegazioni di Minus.
-Prima che lasciassi il
castello dei Malfoy, ho sentito Lui che discuteva con Bellatrix...-
Il castello dei Malfoy, impensabile nascondiglio dove il Signore Oscuro
riposava, in attesa di poter mettere in atto la sua vendetta.
Vendetta che, Draco ne era certo, non era rivolta solo contro Potter.
C’era anche lui, tra le vittime sorteggiate.
-… dare il via ai giochi, come l'ha definito Lui…-
Anche lui avrebbe
partecipato come concorrente a quei giochi diabolici che Voldemort stava
organizzando con cura minuziosa.
E c’era un solo modo per impedirlo.
*
Draco alzò di scatto il capo
dal pensatoio di Potter.
Come previsto, a quell’idiota era sfuggito qualcosa di fondamentale; si era
sempre chiesto, in effetti, perché mandassero lui a discutere con le persone,
quando, in ogni caso, metà delle cose che gli venivano confessate, Potter le
dimenticava.
-Devo dirlo a Malocchio…- disse soprapensiero, con il viso rivolto verso
Fierobecco –Se Voldemort sta al castello dei Malfoy, devo farlo sapere agli
altri…-
Era una sua impressione, o l’Ippogrifo aveva appena annuito?
Titubante si avvicinò all’animale, facendogli uno dei suoi migliori inchini: non
era decisamente nella natura del rampollo di casa Malfoy, inchinarsi davanti
agli altri.
Fierobecco, chinò il capo a sua volta e si lasciò accarezzare.
Mentre allungava una mano per poter sfiorare la morbida criniera dell’animale,
Draco sorrise inconsapevolmente: forse, infondo, un passo alla volta, stava
riuscendo a guadagnarsi la fiducia di qualcuno, in quella tetra Grimmauld Place
numero dodici.
****************************************************
Eccomi qui, con un mese abbondante di ritardo, ma eccomi qui! Chiedo innanzi tutto scusa a tutti per l’atroce ritardo, ma sono stata veramente presa: l’inizio della scuola si è annunciato come stressante, verifiche a tutto spiano e pochissimo tempo da dedicare alla scrittura. E anche quando trovavo il tempo ero talmente stanca che quello che scrivevo mi risultava atroce. Perdonata? Comunico che i prossimi due capitoli sono quasi già scritti (devo ultimarli, perché sapete che se una cosa non mi soddisfa non la posto proprio) però mi sento ispirata in questo periodo e dovrei aggiornare più velocemente del solito. Ma mi tappo la bocca, prima di fare la fine dell’ultima volta!
Passiamo a ringraziare chi mi
ha lasciato un commento, che dite?
Emma: tu non sai quanto
le tue parole mi facciano piacere. Sapere di scrivere qualcosa, di arricchirla
di particolari che vengono notati è veramente una grande soddisfazione! La
storia del puzzle si risolverà tra un paio di chap, ma non credo che ti farà
molto piacere scoprire come… O.o Un bacio tesoro mio e grazie per esserci sempre
^____^
Marco: tantissimi, altro che storie. Comunque non credo che le cose tra
questi due potranno risolversi entro il millennio, sai? Scherzo ovviamente ^^’
Andremo per le lunghe, ma ogni capitolo sarà ricco di momenti magici H/H
(altrimenti so che mi uccidete!) Bacione e grazie mille, come sempre ^____^
Hermione_granger-es:
ebbene si, torneranno insieme piccola, non piangere e non rattristarti!
Guarda un po’ Fred & George o Moody & Draco e rallegrati, che a quei due testoni
ci penso io ^____^ Un bacio grande
Appuntamento alla prossima
puntata “La scelta di Minus” che si preannuncia un po’ pieno di azione (aiuto!!
O___O) ma anche con un tenero momento Harry/Hermione *___*
Un bacione grande grande
Ale69