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Autore: Gillywater    05/11/2006    7 recensioni
Sono passati sette anni dalla misteriosa scomparsa di Lord Voldemort; Harry e Hermione sono felicemente fidanzati e in procinto di sposarsi. La vita di tutti sembra andare a gonfie vele, fino a quando persone tutt'altro che desiderate iniziano a fare la loro comparsa. E se qualcuno che si finge amico fosse in realtà un traditore? I sogni di tutti verrebbero per forza di cosa infranti, a chi l'arduo compito di ricomporli?
Ff dedicata sinceramente a Eva_elamela, FraFra e LadyLiberty
Storia sospesa a tempo indeterminato.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Draco/Ginny, Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seven Years'
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I Sentieri dei Sogni Spezzati

 

Capitolo 8: Dolce febbre

 

-Grazie mille! Sei sicuro che gli altri approvino?-

-Approveranno, infondo Grimmauld Place è casa mia!-
Minus era seduto su una di quelle sedie a rotelle simili a quelle dei Babbani; l’unica differenza consisteva nel fatto che quelle magiche si muovevano da sole, a seconda della direzione che il mago seduto sopra volesse prendere.
Harry era accanto a lui e si stava avvicinando al bancone dell’ingresso dei San Mungo per firmare alcuni moduli: avrebbe portato Peter a casa con lui e se agli altri non stava bene, potevano anche andarsene.
Non sapeva dire cosa, ma Harry sentiva che in Minus qualcosa di diverso c’era e, oltre a volerlo scoprire, iniziava a fidarsi di quell’uomo, anche se non completamente.
-Con la tua ragazza… Alla fine hai fatto come ti ho suggerito?- domandò Minus, apprensivo.
-Si, l’ho lasciata. Ho sofferto come un cane, ma era l’unico modo per proteggerla… Se le fosse successo qualcosa, non me lo sarei mai perdonato…-
”Hermione per me è tutto”
Questo pensiero però lo tenne per sé.
-E con il tuo amico, Ron, come va? Ho avuto l’occasione di conoscere i suoi fratelli gemelli un paio di giorni fa, due tipi alquanto bizzarri…- spiegò Minus, aggrottando un po’ le sopracciglia; il ricordo di quei due ragazzi ancora lo scuoteva e divertiva allo stesso tempo.
Harry rise –Si! Fred e George sono proprio due tipi in gamba… Con Ron, non va!- buttò li il ragazzo, mentre si grattava il mento con la penna d’oca che teneva in mano.
Residenza” c’era scritto su quel modulo. Harry non poteva rispondere “Ordine della Fenice” si sarebbe trovato presto un sacco di gente tra capo e collo. Optò per Grimmauld Place numero 12.
-E come mai?- chiese ancora Minus.
-Mi ha nascosto una cosa importante…- rispose Harry, vago.
Va bene tutto, ma confidarsi con Minus non gli sembrava veramente il caso.
I Medimaghi avevano detto che Peter si stava riprendendo, anche se aveva bisogno di riposo assoluto in seguito all’attacco. Era guarito velocemente, lasciando tutti vagamente sorpresi: quell’ometto, che sembrava reggersi in piedi per puro miracolo, aveva sconfitto i mali di una maledizione a tempo di record.

Mai visto prima di allora.
Mentre Harry riconsegnava i moduli compilati alla Guaritrice gentile che stava dietro al bancone, immaginava già la reazione di Lupin, di Tonks, di Ron…
Avrebbero iniziato ad urlare come matti, fino a che Moody non fosse provvidenzialmente intervenuto, prendendo a calci Minus e sbattendolo fuori di casa.
Rabbrividiva al solo pensarci, ma Harry evitò accuratamente di mettere Peter al corrente delle sue idee: non sarebbe stata una buona idea, ecco tutto.

-Qualcosa ti turba Harry?- domandò l’ometto sulla sedia a rotelle, mentre si avviavano verso l’uscita –Sembri pensieroso- spiegò infine.
-Sono un po’ preoccupato… Devo fare pace con i miei amici, ma mi sono comportato come un emerito idiota, e devo farmi perdonare- spiegò Harry, forse più rivolto a se stesso che al suo interlocutore.
Minus annuì –Sono d’accordo!- disse –Anche tuo padre avrebbe fatto lo stesso…-
A quell’affermazione, fu come se qualcuno avesse gettato un secchio di acqua gelida addosso ad Harry; un dolore paralizzante allo stomaco e un pulsare frenetico alle tempie lo obbligarono a fermarsi.
Ma che stava facendo? Quello era l’indiretto assassino dei suoi genitori, colui che l’aveva privato di ogni gioia dalla tenera età di un anno. Come poteva, quindi, portarlo in casa sua, a contatto con tutti i suoi  cari, con tutte le persone che amava? E se avesse fatto del male anche a loro?
-So a cosa stai pensando, Harry, ed è più che legittimo che tu non ti fidi ancora di me… Ma ti dimostrerò che sono cambiato… Giuro che te lo dimostrerò, lo dimostrerò a tutti-
Harry annuì, riflettendo su quanto loro due fossero simili: entrambi avevano fatto soffrire delle persone e per essere felici, entrambi ora necessitavano di una seconda possibilità.
Se Harry desiderava che Ron e Hermione lo perdonassero per il suo egoismo, allora doveva a sua volta perdonare quell’uomo.
-Minus…- iniziò Harry.

-Peter, ti prego-
-Peter- riprese il ragazzo, correggendosi –mi fiderò di te. Ma se dovesse succedere qualcosa, qualunque cosa, alle persone che amo, sappi che sarò la tua ombra. Ti seguirò in capo al mondo per fartela pagare e ti garantisco fin da ora che non avrai pace. È una promessa-
E le promesse vanno mantenute.
Peter annuì, abbozzando un sorriso –Mi sembra più che giusto-
-Ora andiamo- disse Harry –Ho un limite di sopportazione piuttosto bassino quando ci si trova negli ospedali… E’ un ambiente così inquietante-

***

-Tu- mormorò Moody con voce ferma, puntando un dito contro Harry –sei completamente pazzo-
Primo round dell’incontro che vedeva Harry contro l’intero Ordine della Fenice: Moody aveva appena sferrato il suo primo colpo. Non era andato a segno, però.
-Si, lo avevo sospettato- rispose Harry, sarcastico, mentre faceva il giro del tavolo per mettersi di fronte a Malocchio.
Sapeva che prima di tutto era fondamentale convincere lui, e gli altri gli avrebbero dato corda come dei cagnolini; Moody era, in un certo senso, il capo dell’Ordine. Dopo Silente, ovviamente.
-Potter… Io quello qui dentro non ce lo voglio… E’ un pericolo ambulante!-
Secondo colpo di Moody; l’anzianità iniziava a farsi sentire, perché i suoi attacchi mancavano di potenza.

-Andiamo, non essere ridicolo. Ti ricordo che è stato attaccato anche lui dai Mangiamorte- ribattè Harry, arrabbiato.
-Così dice lui-
-Cosa intendi dire?
-Io non c’ero quando c’è stato l’attacco! E nemmeno tu…-

Terzo ed ultimo colpo, quello decisivo. E Moody sollevava al cielo la coppa della vittoria.
Harry ammutolì di colpo, senza nemmeno una parola da aggiungere; non aveva calcolato l’altra ipotesi, cioè quella che Minus potesse essere veramente un traditore.
Aveva visto una persona ferita a causa dei Mangiamorte e aveva subito tirato le conclusioni.

Il ragazzo si lasciò quindi cadere sconfitto sulla sedia accanto a lui.
Remus, Tonks, i Weasley, Hermione e Malfoy che avevano fatto da pubblico all’avvincente incontro, osservarono prima Harry e poi Malocchio.
E fu finalmente Remus a prendere in mano le redini della situazione…

*

I Grifondoro sapevano trovare modi veramente molto fantasiosi per complicarsi la vita.
Draco lo stava scoprendo a sue spese.
Lui, da buon Serpeverde quale era, non si sarebbe mai e poi mai sognato di accogliere in casa sua un individuo che aveva cercato di ammazzarlo più e più volte.
Tanto per cominciare, quindi, c’era da precisare che il Grifondoro in questione era Potter; madre natura era già stata molto crudele con lui, gli aveva donato una stupidità leggermente superiore alla media e uno spiccato senso per l’autodistruzione.
Di fatti, qualunque scelta potesse nuocergli, Potter la prendeva.
Non era poi da trascurare il fatto che fosse cresciuto circondato da Grifondoro che, a loro volta, chi più chi meno, portavano con sé più che evidenti segni di squilibrio mentale.
Primo fa tutti quello di aver anche lontanamente potuto pensare di mantenere un luogo come l’Ordine della Fenice nascosto. Il risultato era stato un massiccio attacco da parte delle forze dell’Oscuro Signore e la perdita di Arthur Weasley.
Veramente qualcosa di cui andare poco fieri.

Draco afferrò una ciliegia dal recipiente riposto sul tavolo e la masticò lentamente, passando lo sguardo su tutti i suoi compagni ed elencando, ovviamente, i principali squilibri mentali di ognuno.
Arrivato a Ginny, fu costretto ad immobilizzare i suoi occhi: lei lo stava guardando.
E anche profondamente.
Gli occhi blu spiccavano come due diamanti sul suo viso pallido, mentre le lentiggini le conferivano un aria terribilmente sbarazzina.
Controllo.
Doveva mantenere il controllo, sennò avrebbe scaraventato il tavolo di lato a forza e non avrebbe più risposto delle sue azioni: sarebbe stato in grado di baciarla lì, davanti a tutti?
Meglio non metterlo alla prova.
Ginny gli sorrise, provocatoria e lui le rivolse un’occhiataccia ammonitrice.
-Harry, sarebbe bene che tu…- iniziò Lupin, con un’aria incredibilmente apprensiva.
Draco afferrò un’altra ciliegia. Ascoltava a stento quello di cui si stava discutendo, circa la sicurezza di Potter.
A che fine, poi, proteggerlo quando quell’idiota, appena gli si fosse presentata l’occasione, avrebbe spedito nel gabinetto ogni sforzo?
Ginny lo guardava ancora, e anche lei prese a masticare le ciliegie con aria incredibilmente sensuale; decisamente, Draco doveva controllarsi.

-Guardati le spalle-

Tutti si voltarono nella sua direzione, leggermente stupiti di sentirlo partecipare alla conversazione; la signora Weasley gli sorrise con uno sguardo di approvazione, Lupin annuì e Moody grugnì.
Malfoy non cercò nemmeno di spiegare che non era stato un suo spontaneo intervento alla conversazione, ma un avvertimento per la piccola di casa Weasley.
 -Scusa, ma non accetto consigli da te-
Potter, come sempre. Una risposta idiota echeggiava nell’aria, chi poteva essere? Ma lui, nemmeno a domandarselo.
-Consigli?- ripetè Draco, con un ringhio.
Malocchio sbuffò. Malfoy lo ignorò.
-Mi devo guardare le spalle. E da cosa?-

Malfoy alzò gli occhi al cielo: quello era veramente idiota, allora.
-A dire il vero, credo che Draco abbia semplicemente completato la mia frase. Harry, nessuno di noi ti impedirà di portare a casa Minus, ma guardati le spalle!- spiegò Remus, appoggiando una mano sulla spalla di Potter.
Ovviamente questo non gli badò manco un po’, parve non aver nemmeno ascoltato quello che Lupin gli aveva appena detto. Rivolse un altro sguardo truce a Malfoy.
-Allora?- incalzò.
Draco era veramente scocciato –Allora cosa, Potter?-
-Rispondi alla mia domanda-
Una risatina bassa distrasse un attimo Draco, che si voltò a lanciare un’occhiata poco benevola nella direzione di Ginny: era tutta colpa sua, se ora si trovava al centro di un dibattito con Potter-mi-scuso-se-sono-sopravvissuto.
La ragazza stava ancora mangiando con calma le ciliegie e sembrava incredibilmente rilassata, anzi no…

Divertita, si stava godendo un mondo quella scenetta.
Malfoy sbuffò ancora –L’unica cosa da cui ti devi guardare le spalle, Potter, è la tua proverbiale idiozia…-
Potter spalancò la bocca –Ma come ti permetti?-
Senza dire una parola, Malfoy junior si alzò dalla sedia, uscì da quella stramaledetta cucina che gli rievocava ricordi fin troppo piacevoli e si lasciò quella manica di idioti patentati alle spalle.

Sapeva, quando aveva deciso di collaborare con l’Ordine della Fenice, che non sarebbe stato semplice convivere con un gruppo di Grifondoro starnazzanti.
Ma persone come quello strambo di Moody, o come quell’idiota di Potter, non gli rendevano decisamente il lavoro più semplice.
-Sarà già un miracolo se non lancerò un Avada Kedavra contro tutti entro la settimana- disse il ragazzo ad alta voce.
Senza volerlo, con quella frase aveva svegliato la Signora Black che, prima lo squadrò dalla testa ai piedi e poi, forse riflettendo sul perché lui era lì, iniziò ad urlargli dietro una bella sfilza di epiteti.
-Traditore del sangue…!-

Decisamente l’ideale per iniziare al meglio una nuova giornata.

***

Azkaban era uno di quei luoghi che, dopo una breve visitina, uno sperava di non dover mai più rivedere. Era infatti comune opinione che chi entrava vivo in quel carcere, aveva ben poche speranze di rimanerlo, in principio perché le razioni di cibo e acqua erano veramente una cosa esigua, e poi perché i Dissennatori ad ogni entrata non lo rendevano certamente un luogo piacevole.
Azkaban era un enorme edificio di cemento armato situato su un’isola sperduta, a Nord dell’Inghilterra. Al suo interno vi erano, come minino, un migliaio di celle, ognuna delle quali aveva una minuscola finestrella. Se non ci fossero state delle forti sbarre, sarebbe riuscita a passarci  tranquillamente una mano.
Ogni cella si affacciava su un lunghissimo corridoio attraverso una porta blindata, su cui vi era una finestrella che si poteva fare scorrere, per aprirla o chiuderla.
A differenza delle altre costruzioni magiche, Azkaban era dotata di un impianto elettrico, anche perché non sarebbero mai state sufficienti le candele per illuminarla. Di conseguenza, tutti i corridoi erano illuminati da delle luci al neon, che conferivano alla prigione qualcosa di ancora più tetro.
C’erano tre entrate, la principale e quella sul retro, più quella che usavano i dipendenti.
Per dipendenti si intendeva un gruppo di Auror che non avevano veramente nulla da perdere e che erano stati mandati lì a sorvegliare i Dissennatori.
Tutti avevano trovato ridicolo che i Dissennatori, che avrebbero dovuto sorvegliare i prigionieri, avessero bisogno di qualcuno che li controllasse, ma la fedeltà (se così la si poteva chiamare) di quelle creature era già stata sperimentata una volta, con risultati tutt’altro che soddisfacenti.
I Dissennatori avevano lasciato senza troppi ripensamenti il loro lavoro ed erano andati a trovare conforto sotto la calda ala di Lord Voldemort. Solo in seguito alla sua (temporanea) caduta erano tornati a fare il loro dovere.
Hermione Granger si avvicinò con incertezza all’ingresso di quella grande prigione: non vi aveva mai messo piede, ma l’infrangersi rumoroso delle onde contro le scogliere dell’isola la intimoriva a morte. Il mare era in burrasca e il cielo era di un grigio livido, come se qualcuno gli avesse fatto un torto e l’avesse fatto infuriare. Prometteva vendetta, avrebbe infatti piovuto di lì a poco.
Bussò.
-Chi è?-
L’accoglienza in quel luogo era fredda almeno quanto il clima.

-Sono Hermione Granger, un Auror del Ministero… Sono venuta qui per il rapporto riguardante Bellatrix Lestrange-

La porta si aprì, rivelando l’immagine di un giovane ragazzo dall’aria sciupata: aveva due profonde occhiaie sotto gli occhi ed era pure tremendamente pallido.
-Entri… Scusi se sono stato brusco, ma di questi tempi non si sa mai…- si scusò il tizio, mentre le stringeva la mano –Sono Michael Watson… La prego, mi eviti la battutina-
Quella frase riuscì a strappare un sorriso ad Hermione, che iniziò a darsi un’occhiata incuriosita in giro: era tutto squallido, triste e privo di vitalità. Il pavimento bianco e sporco, quelle porte che viste da fuori apparivano come la più sicura delle barriere, ma dal cui interno provenivano grida e lamenti.
La ragazza si sentì correre un brivido lungo la schiena e cominciò subito girarle la testa. Ne seguì subito una gran nausea.
-Si sente bene?- le domandò apprensivo l’Auror –E’ un luogo troppo brutto per una ragazza come lei… Avrebbero dovuto mandare un uomo, sarebbe stato più adatto alla situazione-
Hermione si sentiva talmente male, che non riuscì nemmeno a rivolgergli una frase aspra in risposta, più che altro per dargli del maschilista maleducato.
-No, va tutto bene- rispose poi, dopo un po’.
Watson annuì –Oggi la Legge si è data appuntamento qui- disse semplicemente il ragazzo, mentre conduceva Hermione verso la prigione che una volta era appartenuta a Bellatrix Lestrange.
-Che intende dire?- domandò Hermione; quel ragazzo le ispirava poca fiducia, ma forse era solamente per tutto il tempo che aveva trascorso in quel luogo.
- C’è anche Katie Green-
Hermione spalancò la bocca: non sapeva che il Ministro della Magia sarebbe stata ad Azkaban, quel giorno.
Arrivati davanti alla cella di Bellatrix, trovarono proprio la Green che passeggiava avanti e indietro, apparentemente in tensione.
-Ministro- salutò Hermione.
Katie Green non le era mai piaciuta un granché; troppo giovane per poter sostenere un ruolo importante come il Ministro, e non aveva nemmeno fatto degli studi adeguati alla sua professione. Aveva preso il diploma da Guaritrice e, come aveva giustamente fatto notare Ginny, una abituata ad aprire le persone per controllare che tutto andasse bene, non poteva poi sedersi dietro una scrivania a governare un Paese.
Quando Hermione la salutò, l’altra parve un po’ disorientata, come se non si ricordasse chi fosse.
Forse era effettivamente così, perché si limitò a ricambiare il saluto con un discreto –Buongiorno-
Colta poi da un lampo di genio, aggiunse –Signorina Granger, immaginavo che sarebbe venuta qui oggi… Credevo di poter essere utile-
Aveva pronunciato il nome “Granger” con un tono che faceva venire i brividi, come se contesse disprezzo o le volesse dimostrare di essere superiore.
Hermione parve sorpresa –E in che modo?- domandò.
-Io sono venuta qui proprio il giorno in cui Bellatrix è fuggita di prigione…-
La sorpresa di Hermione aumentò visibilmente –E come le è sembrata?-
La donna si mise a ridere, senza pensare di poter apparire maleducata –Cosa si dice di Bellatrix? Che è pazza, no? Come crede che mi sia sembrata?  Ma non mi sembrava che stesse organizzando qualche folle piano per evadere… Era normale, quel giorno…-
Hermione annuì, registrando quei dati nella sua mente; tuttavia aveva addosso una sensazione molto strana, come se le sfuggisse qualcosa di fondamentale.
Si costrinse a riportare la sua attenzione sulla Green, che ora si guardava attorno con un disprezzo tale da poter pensare che avesse passato i suoi anni migliori tra quelle mura –Forse andrebbero rivisti gli addetti alla sicurezza- aggiunse la donna, posando il suo sguardo gelido su Watson, che ricambiò con un’occhiata carica di astio.
-Ministro- rispose il ragazzo, con una calma solo apparente –Le posso assicurare che Bellatrix Lestrange era sorvegliata con cura estrema-
La Green rise ancora, con una dolcezza letale questa volta –Evidentemente non è stato sufficiente. O mi sbaglio, signorina Granger?-
Hermione sobbalzò: nessuno la chiamava più Signorina dai tempi di Hogwarts, come poteva quella donna prendersi tanta confidenza? Infondo si erano incontrate si e no tre volte in tutta la vita e si erano scambiate frasi molto brevi.
Hermione annuì, anche se contro la sua volontà. Le parve di notare quasi una luce sinistra negli occhi di Katie Green, ma quando si voltò verso la donna per scrutarle il volto, non vide nulla, se non lo stesso sguardo freddo di poco prima, e un’espressione veramente patita.
-Mi tratterrei a discutere con voi, ma il lavoro mi chiama- esclamò la donna, lanciando uno sguardo al suo elegante orologio da polso –E’ stato un piacere- aggiunse poi, stringendo la mano a Watson e ad Hermione.
Alla ragazza, nel momento in cui la sua mano entrò in contatto con quella della Green, corse un gelido brivido lungo la schiena, quasi come se ne fosse terrorizzata.
-Arrivederci-
E detto questo il Ministro si allontanò, con flemma, lanciando sguardi carichi d’odio alle celle che nascondevano i prigionieri. Ancheggiò sulle sue scarpe dai tacchi vertiginosi, fino a che non scomparve dietro all’angolo che portava all’uscita.
Era un’altra cosa che non veniva certo apprezzata in Katie Green: il suo abbigliamento, tutt’altro che sobrio, poteva essere facilmente scambiato con quello di una poco di buono, camicette perennemente scollate, minigonne cortissime… Vestiti che addosso ad una giovane ragazza sarebbero stati perfetti, ma che su di lei, visto l’enorme incarico che aveva sulle spalle, stonavano.
-Che donna orribile!- esclamò Watson, mentre si lanciava in una fedele imitazione del Ministro che si dimenava per mostrare tutte le sue forme –Alle prossime elezioni, vincerà sicuramente l’altro candidato. Non piace a nessuno! E le nuove leggi che ha introdotto… Beh, sembra quasi che voglia favorire i Mangiamorte!- aggiunse, furente.
Hermione fu molto felice di notare di non essere l’unica ad avere una certa antipatia per quella donna –C’era lei di turno, il giorno in cui la Green è venuta a trovare Lestrange?- domandò a Michael, che borbottava ancora tra sé e sé.
Lui parve risvegliarsi –Si, perché?-
Hermione sospirò, stancamente. Non sapeva nemmeno lei cosa in quel momento le passava per la testa, ma era certa che dovesse seguire il suo istinto.
-Dovrò farle qualche domanda- spiegò Hermione, mentre Watson appariva un po’ stupito.
-A me?- domandò ancora. Evidentemente era un tipo senza spina dorsale, il solo pensiero di poter essere accusato di qualcosa lo terrorizzava ed Hermione si chiese come uno così potesse essere finito a lavorare ad Azkaban.
La ragazza sorrise, annuendo –Elementare, Watson-

*

-Qui staremo più comodi- le disse il ragazzo, mentre apriva la porta di una piccola saletta –La usano per fare gli interrogatori-
Hermione sorrise –Allora è perfetta!-
La stanza era tetra come tutto il resto dell’edificio; quattro pareti, una finestra che si affacciava sulle cupe scogliere dell’isola e un tavolo al centro della stanza.
Il vetro della finestra era socchiuso, così che si potesse sentire l’ululare del vento e lo scrosciare della pioggia, mentre il cielo livido andava mano a mano schiarendosi.
Hermione tirò fuori dalla sua borsa un blocco di fogli, moduli che andavano compilati. Le solite stupide ed inutili formalità che il Ministero li obbligava a svolgere, come se non avessero già abbastanza tempo da perdere. Servivano solo quelle inutili ed aggiuntive perdite di tempo.
-Ha notato qualcosa di strano quel giorno?- domandò Hermione, in tono professionale, mentre si rigirava una matita tra le dita; dubitava fortemente che avrebbe cavato qualcosa di interessante da quell’interrogatorio.
Watson scosse la testa –No. La Green è arrivata qui molto tardi. Saranno state le due del mattino. Io avevo appena finito di fare la ronda notturna. Mi ricordo che mi ha chiesto di parlare con Bellatrix Lestrange, le voleva chiedere se era coinvolta nell’omicidio di Arthur Weasley…-
Hermione trattenne il fiato.
Non avevano mai trovato il colpevole dell’assassinio del padre di Ron, avevano fatto enormi sforzi per trovare qualche pista che li potesse portare nella direzione giusta, ma invano.
E ora si veniva a scoprire che Katie Green era andata a discutere di certe questioni con Bellatrix Lestrange…
-…e mi ricordo che insistette parecchio perché voleva parlarci da sola!-
…in privato, per giunta.
-E a lei non è sembrato strano?- domandò ancora Hermione, cercando di ritrovare un po’ di controllo nella sua voce, che ora era diventata stridula.
Michael Watson cadde in un pesante silenzio.
Hermione poté sentire ancora i lamenti dei carcerati, che gridavano e strepitavano come se qualcuno gli stesse strappando via la pelle.
La luce al neon le bruciava gli occhi e la ragazza si costrinse a richiuderli solo quando si accorse che le stavano lacrimando.
Iniziò a percepire nella sua pelle il freddo di quella prigione, che le congelò le mani e il cervello, impedendole quasi di pensare razionalmente.
-Signor Watson?-  
Quello parve riprendersi, come se fino ad un attimo prima fosse stato rapito da uno stato di semi-incoscienza –Ecco…- iniziò, un po’ titubante.
Hermione gli rivolse un grande sorriso di incoraggiamento.
-Ecco… A dire il vero, quel giorno ci sono state un po’ di cose strane… A partire proprio dalla richiesta della Green di parlare con la Lestrange. Ho pensato che fosse assurdo che potesse pensare che Bellatrix fosse l’autrice dell’omicidio di Arthur Weasley!- esclamò, strabuzzando gli occhi, come se davanti a sé avesse ancora il Ministro che gli faceva quella richiesta assurda.
-Anche perché, se non erro- continuò il ragazzo, pensosamente –a quell’epoca Bellatrix era già in prigione, quindi a meno che non riuscisse a sdoppiarsi…-
Hermione lo interruppe un attimo –E se qualcuno fosse venuto a trovarla e le avesse portato una Girotempo?- azzardò, ma subito l’altro scosse la testa.
-Avrebbe potuto utilizzarla solo come soprammobile: non funzionano qui dentro- spiegò brevemente Watson, mentre faceva apparire un bicchiere d’acqua –Ha sete?-
Hermione scosse il capo.
-E comunque nessuno è mai venuto a trovare Bellatrix Lestrange, prima della Green- precisò, buttando giù un lungo sorso d’acqua, che parve rinfrescargli veramente la gola.
Hermione era un po’ demoralizzata: se si fosse venuto a scoprire che la Green aveva taciuto qualche informazione fondamentale agli Auror, sarebbe stata arrestata e sarebbe scoppiato uno scandalo.
Ma qualcosa le suggeriva che l’assassino del Signor Weasley non era quella donna pallida e dall’aspetto perennemente moribondo.
Qualcun’altro era stato e la Green aveva usato una stupida scusa qualunque per poter parlare a Bellatrix, anche se rimaneva un mistero di cosa avessero discusso veramente.
-Comunque, quando la Green se ne è andata, dopo aver fatto visita alla Lestrange, sembrava veramente molto strana- aggiunse infine Watson, scrutando pensosamente il volto di Hermione.
-Strana in che senso?- domandò la ragazza.
-Non so dirle in che modo era strana…- rispose un po’ bruscamente il ragazzo, scrollando le spalle; evidentemente per lui l’aggettivo “strana” era più che sufficiente per spiegare il comportamento della Green, quel giorno.
-Parlava in modo strano? O camminava in modo diverso? O sembrava spaventata?- provò Hermione, che stava cercando di carpire a quell’uomo più informazioni possibile.
-No-
-E allora…-
Qualcuno aprì la porta di scatto. Una donna a cui sembrava che non le interessasse niente del mondo intorno a lei, come se l’unica certezza concreta fossero state quelle solide mura che custodivano il cuore di Azkaban.
-Michael… Scusa se vi interrompo, ma Matt mi ha detto di venirti a chiamare per la ronda…- disse la donna, un po’ bruscamente, come se non volesse realmente scusarsi per averli disturbati.
-Arrivo subito Sarah- le rispose Watson, con un vago cenno della mano.
La tipa uscì dalla stanza. Watson si girò verso Hermione e le sorrise –E’ la mia fidanzata- spiegò –Appena mi vede con un’altra ragazza, diventa gelosa-
Hermione annuì comprensiva, cercando di ignorare quel lieve dolore che sentiva nel petto, un misto tra nostalgia ed invidia.
Nessuno più era geloso per quello che faceva lei…

Si alzò dalla sedia e tese una mano verso Watson –Il dovere la chiama. Grazie della conversazione- lo salutò, prima di indossare la giacca.
-Quando vuole, sa dove trovarmi. L’accompagno?- le domandò cortesemente.
Hermione scosse il capo, con un sorriso gentile –No, conosco la strada. Arrivederci.-
Quando la ragazza uscì da quella prigione claustrofobica, non poté fare a meno di apprezzare la folata di vento fresco che le invase i polmoni, liberandoli da quella sensazione opprimente che li aveva invasi fino ad un attimo prima.allora in che senso era strana? aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa inaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

***

Essere scocciati era diventata ormai una cosa ricorrente in quegli ultimi giorni.

Come precedentemente detto, infatti, Draco Malfoy sembrava gradire molto poco le mirabolanti trovate dell’Ordine della Fenice, specialmente quando, come in quel caso, prevedevano di interrompere la sua attività preferita: poltrire.
Malocchio Moody, infatti, aveva pensato bene di rendere il suo soggiorno a Grimmauld Place uno strazio superiore a quello che Malfoy era solitamente in grado di sopportare.
E non era solo una coincidenza.
Draco Malfoy era completamente certo che quello strambo uomo (come si ostinava a chiamarlo da qualche giorno) stesse escogitandosi ogni piano possibile ed immaginabile, pur di levarselo dai piedi. Ma il ragazzo non era intenzionato a mollare, comunque.
Tanto per dire, in quel momento aveva avuto la brillante idea di tenere una seduta sull’autocontrollo, e quando Moody era entrato in camera di Draco per comunicarglielo, il rampollo di casa Malfoy non aveva potuto fare a meno di scoppiare in una grassa risata.
Parlare, infatti, di autocontrollo con persone della levatura di Weasley o, peggio ancora, di Potter, era veramente pretendere troppo.
Cosa potersi aspettare, in fin dei conti, da un tizio che per puro e animalesco istinto, aveva portato a casa sua colui che aveva tradito i suoi genitori? Era dunque possibile parlare di autocontrollo con un caso disperato come Potter?
Draco ne dubitava fortemente.
Ora si trovavano in una stanza circolare che stava a piano terra, proprio accanto al salotto, e che avevano destinato ad una specie di palestra dove allenarsi.

-Non capisco a cosa serva, questa pagliacciata- commentò acidamente Potter, portandosi le mani sui fianchi.
Draco ghignò: lì non si trattava di afferrare Boccini volanti, ma di avere i nervi saldi; cosa di cui, Malfoy ne era praticamente certo, Potter era sprovvisto.

Remus Lupin pensò bene di mettere Potter al corrente delle sue idee –Se un Mangiamorte ti dicesse di scegliere, o fai quello che ti dice o uccide Hermione, tu cosa fai?-
Draco Malfoy roteò gli occhi al cielo, posandoli alla fine su Potter, che aveva spalancato poco elegantemente la bocca: era sicuro, per qualche strana ragione, che la risposta che avrebbe sentito sarebbe stata molto, ma molto idiota.
-Ma ovvio! Gli tiro un pugno sul naso e gli spacco la faccia-
Appunto.
Lupin fece un sorriso storto –Certo, così il Mangiamorte uccide Hermione-
Draco Malfoy ghignò all’espressione di puro dolore che si era dipinta sulla faccia di Potter; non aveva mai apprezzato molto il suo vecchio professore di Difesa Contro le Arti Oscure, ma adesso non poteva fare a meno di complimentarsi con lui, per come aveva messo a tacere quell’idiota colossale.

Potter parve accorgersi dell’espressione di Draco, perché gli lanciò uno sguardo minaccioso –E tu cosa diavolo hai da ridere?-
Malfoy scoppio in una grassa risata, che nulla aveva del divertimento, e che tutto aveva del disprezzo –Come ho già detto, - proruppe, con voce strascicata –rido della tua idiozia, Potter-
Quello parve mandare giù l’insulto, senza badarci più di tanto. Remus sorrise, comprensivo.
Ci sarebbe stato da lavorare sodo, ma prima o poi quei due sarebbero andati d’accordo.
Prima o poi.

*

-Allora, la prima cosa da fare è sgombrare la mente. So che probabilmente è una cosa più facile a dirsi che a farsi, ma è realmente fondamentale. Se il vostro avversario riuscisse, per una disgraziata ragione, a prendere il controllo della vostra mente, voi sareste perduti-
Remus Lupin cercò di spiegare il concetto con parole semplici, ben sapendo che persone come Draco Malfoy non avevano bisogno di quei consigli e che, invece, persone come Harry e Ron avrebbero dovuto fare anche gli straordinari. Per comprendere il solo concetto, s’intende.
-E in che modo l’avversario può prendere il controllo della nostra mente?-
I ragazzi erano seduti su dei materassini, tutti e tre ben attenti a non avvicinarsi all’altro.
Hermione era in servizio, e comunque aveva più sangue freddo lei di tutti e tre messi insieme.
Draco Malfoy scosse il capo.
-Moody te lo mostrerà…- rispose sinteticamente Lupin, facendo cenno a Ron di alzarsi e di raggiungere Malocchio, appoggiato ad una parete con l’espressione mortalmente annoiata.
Fumava, tanto per cambiare.
Ron si alzò in piedi, un po’ incerto, posizionandosi di fronte all’uomo, che lo guardò con un’espressione di sfida; solo il suo sguardo arrogante era sufficiente per fargli desiderare di colpirlo.
L’uomo ghignò –Molto bene, Weasley, ma che piacere averti qui… Ho saputo che hai litigato col tuo amichetto Potter, sono veramente addolorato. C’entrerà per caso il fatto che ti sei fottuto la sua ragazza?-
Ron era impallidito, mentre stringeva a pugno le mani. Le nocche delle sue dita stavano sbiancando paurosamente, mentre il ragazzo sembrava realmente sul punto di colpire Moody.
Malfoy sogghignava, del tutto indifferente alle provocazioni, sembrava molto più attratto dall’espressione di rabbia sul volto di Ron.
Harry era semplicemente furente.
-Immagino di si- aggiunse Moody, sempre sfidando il ragazzo con lo sguardo –Ma d’altronde cosa vuole: le donne sono fatte così, prima fanno le preziose e poi vanno a letto con il primo che ci sta…-

-NO!-
Se Malocchio aveva intenzione di continuare quella tortura, non ci riuscì, perchè un urlo inumano echeggiò nella stanza; l’uomo fu assalito da un Harry Potter furibondo, che si scagliò addosso a lui con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Ma la rabbia di un giovane ragazzo non poteva niente contro anni di addestramento, e soprattutto contro un Auror come Moody.
L’uomo infatti bloccò Potter per le braccia prima che lo potesse colpire e, sempre tenendogliele immobili con un braccio, puntò la bacchetta magica contro lo stomaco di Harry.
Cadde il silenzio, interrotto solo da un lieve sbuffo divertito di Malfoy.
-Se fossi un Mangiamorte, a quest’ora saresti morto, Potter- disse Moody, lasciando andare il ragazzo, che in quel momento se ne stava immobile, sconfitto.
Ron aveva assistito alla scena come paralizzato.
Scoprire che il dolore poteva essere utilizzato per infierire un dolore ancora maggiore, era come rimanere senza fiato, come se qualcuno fosse stato in grado di togliere l’aria dai polmoni.
E lui aveva bisogno dell’aria, per poter vivere.

Remus interruppe quel silenzio irreale, anche se sembrava un po’ incerto –Ecco come possono impossessarsi della tua mente, Ron. Adesso lo sai-
Ron trovò solo la forza di annuire, prima di cadere a terra con gli occhi sbarrati.
Harry tremava ancora di rabbia, e guardava Moody con occhi carichi di odio -Lui ha usato argomenti molto personali per poterci far perdere il controllo! Non è leale!- ribattè il ragazzo.
Remus sorrise, amaramente, mentre Moody scoppiava in una grassa risata, molto simile a quella precedente di Malfoy –Potter, credi che ai Mangiamorte freghi qualcosa di essere leali? Se non volete andare a fare una visitina al Creatore prima del tempo, vi conviene tenere sotto controllo le vostre emozioni o, come avete visto, qualcuno potrebbe utilizzarle per nuocervi-
Harry non ci aveva mai pensato; aveva sempre creduto che conoscere alla perfezione ogni singolo incantesimo di Difesa contro le Arti Oscure lo avrebbe preservato da qualunque male, rendendolo immune. E ora si rendeva conto che c’era una cosa più importante da imparare, una cosa che lo obbligava a cambiare radicalmente un lato della sua personalità: l’impulsività.
-Harry, ti senti bene? Sembri pallido…- domandò Lupin, apprensivo, mentre si affiancava al ragazzo.
Harry effettivamente sentiva che la testa gli scoppiava e che le tempie avevano preso a pulsare freneticamente, come se qualcuno dall’interno stesse bussando perché voleva uscire.
Aveva il viso accaldato e improvvisamente un velo sottile gli si piazzo davanti agli occhi, sfuocandogli la visuale.
Il ragazzo sentì la mano di Lupin che gli scorreva sulla fronte –Hai la febbre, forse è meglio che ti accompagni in camera tua-
Prima che potesse rispondergli qualunque cosa, Harry sentì le gambe e le braccia perdere forza, mentre la testa prendeva a girargli vorticosamente, senza sosta. Cercò di dire qualcosa, spiegando che si sentiva male come poche altre volte in vita sua, ma alla bocca non arrivarono i fiochi ordini del cervello e quindi rimase serrata.
-HARRY!-
Malfoy sfilò dalla tasca dei jeans una sigaretta, che accese e fumò con una calma che rasentava il più totale disinteresse per quello che gli stava succedendo davanti agli occhi.
Malocchio disse che per quel giorno poteva bastare, mentre Lupin portava via Harry, svenuto.
Certo che i Grifondoro erano veramente le creature meno dotate di spina dorsale che lui avesse mai visto. E loro sarebbero dovuti essere quelli coraggiosi?
Weasley era inginocchiato ancora sul pavimento, sotto i suoi occhi, e sembrava stesse sforzandosi di non mettersi ad urlare o peggio, piangere.

Potter era addirittura svenuto e sicuramente avrebbe poi additato la colpa alla febbre.

Certo, la febbre…
Draco posò uno sguardo divertito su Weasley, che adesso aveva preso a tremare convulsamente.
Con enorme sforzo, il ragazzo si alzò in piedi e si voltò verso Malfoy, che stava ancora fumando in tutta tranquillità, come se fosse stato da solo nella stanza.
-Malfoy…- lo chiamò con una voce spaventosa.

L’altro alzò un sopracciglio, interrogativo –Si?-
Al diavolo l’orgoglio, al diavolo chi per anni gli aveva detto che Malfoy era un traditore; ora quel ragazzo pallido, odioso e freddo come il ghiaccio poteva rivelarsi l’unica soluzione al suo problema.
Se fosse stato così semplice fare del male alle persone che amava, il suo lavoro di Auror non aveva più alcun significato. Almeno per lui.
-Mi devi aiutare…-

***

Era incredibile pensare che fino a due giorni prima lui aveva assistito alla stessa scena.
Solo che ora, al posto suo c’era lei.
Harry stava riposando disteso sul suo letto, le coperte tirate fino al collo; un ciuffo di capelli neri gli ricadeva sulla fronte, pizzicandogli le labbra, ma lui continuava a dormire tranquillamente.
Hermione cedette alla tentazione di riportargli quella ciocca di capelli dietro le orecchie.
Il suo tocco fresco, come l’aria nelle prime luci del mattino, era inconfondibile e lo riusciva sempre a risvegliare, anche dal sonno più profondo.
Harry aprì gli occhi, mentre Hermione ritraeva all’istante la mano, turbata.
-Ciao- La salutò flebilmente Harry, mentre con un piccolo sforzo si metteva a sedere.
Hermione lo guardò torva, ma ricambiò il saluto, anche se riluttante –Ciao-
Tanto per fare qualcosa, Harry afferrò il bicchiere sul suo comodino e buttò giù un lungo sorso d’acqua, sempre tenendo gli occhi inchiodati al viso di Hermione.
La ragazza parve indifferente e si alzò di scatto dalla sedia accanto al letto; iniziò a percorrere la stanza a grandi passi, e si curò bene di non guardare Harry.
Fuori dalla stanza si sentì una porta che sbatteva, e subito dopo una sonora imprecazione di Tonks, seguita dalle grida inarticolate della Signora Black.
-Come stai?-
Una semplice frase, sussurrata, fu sufficiente per spezzare il grande silenzio che era accaduto tra loro; l’orgoglio che impediva loro di buttarsi le braccia al collo, e la rabbia che non permetteva nessun tipo di rapporto.
-Bene- le rispose Harry, dolcemente.
-Remus ha detto che avevi la febbre-
-Si, ma ora mi sento meglio…-
Hermione si voltò a guardarlo: quella frase aveva un doppio senso e Hermione parve cogliere il vero significato che conteneva.
Con gli occhi scrutò quelli di Harry, cercando risposte alle domande che le affollavano la testa da quando, due giorni prima, l’aveva lasciata.

 

Do you miss me?
I hear you say you do
but not the way I'm missing you
What's new?
                   Kiss The Rain - Billie Myers

 

-Vieni qui- le disse Harry, tendendo un braccio verso di lei.

Hermione voleva porre resistenza, voleva non dargliela vinta così facilmente, ma qualcosa dentro di lei fece in modo che obbedisse a quell’ordine.
Si andò a sedere sulla sponda del letto, accanto a lui –Cosa c’è?-
Harry deglutì a fatica –Posso abbracciarti?-
Qualcosa tremò dentro la sua voce, ma cercò di non farci caso. Hermione nel frattempo annuì, senza però dire una sola parola.
Harry le passò le braccia intorno al collo, attirandola dolcemente a sé e posandole un casto bacio sul collo. Restarono così per parecchi minuti, durante i quali Harry respirò il profumo di Hermione e cerco di conservarne il più possibile.
Per non dimenticarlo.

Hermione si districò da quell’abbraccio –Che succede?- gli domandò, sembrava che stesse per scoppiare in lacrime.
-Niente- fu la laconica risposta del ragazzo, che posò una mano sulla sua guancia per accarezzargliela –E tu come stai?-
-Come vuoi che stia?- gli rispose freddamente lei, mentre scacciava la mano di Harry dal suo viso e si alzava di nuovo in piedi, voltandogli le spalle.
In realtà, Hermione stava solo cercando di nascondere i suoi occhi, ormai stracolmi di lacrime.
Harry, l’espressione addolorata sul viso, non azzardò dire una sola parole, ma si limitò a rimirare la schiena della ragazza che amava e che ora lo odiava.
–E al lavoro? Cosa c’è di nuovo?- le disse, tanto per dire qualcosa.
Ma lei era ancora voltata; così facendo il ragazzo non poté vedere l’espressione ironica sul viso di Hermione, “Pessima tattica, Harry” pensò la ragazza.
-Niente-
-Ah-
La ragazza si voltò bruscamente e tornò a sedersi sul letto, accanto a Harry, che ora non sapeva veramente come comportarsi: c’erano attimi, tra loro, in cui sembrava tutto come prima, come se non si fossero mai lasciati, come se si appartenessero ancora. Altri attimi, invece, rimanevano sopraffatti per l’odio che provavano reciprocamente, quello stesso odio che li aveva portati a dividersi.

Quell’odio dettato dalla paura di perdere un amore così grande.

-Io non voglio litigare, Harry. Non più- gli disse Hermione, mentre allungava la mano per sistemargli un’altra ciocca di capelli dietro all’orecchio, la stessa di prima, che ora era scivolata di nuovo.
Lui le afferrò quella mano e se la portò alle labbra –Nemmeno io- le sussurrò, per poi sfiorarle la mano con le labbra; Hermione chiuse gli occhi.
Cercò di auto-convincersi che quella situazione non andava bene, che avrebbe dovuto respingerlo, perché lui l’aveva fatta stare male, non l’aveva capita e l’aveva lasciata in un momento troppo doloroso.

Cercò veramente di farlo, ci provò con tutte le forze, ma non ci riuscì; quando lui le lasciò andare la mano, lei chinò il viso verso quello di Harry, pronta ad unire le labbra alle sue, pronta a baciarlo, per poter rendersi finalmente conto di essere ancora viva.
Era vicina, terribilmente vicina, talmente tanto che poteva sentire il respirò di Harry solleticarle le labbra; lei chiuse gli occhi, e lui fece altrettanto, mentre le poggiava una mano dietro la nuca.
-Harry…- sussurrò Hermione, ma lui le fece cenno di non parlare; sapeva che se si fossero fermati a discutere, quel magico momento sarebbe finito, e lui aveva troppa voglia di cedere a quel desiderio.
-Harry, Molly voleva sapere se…-
Harry e Hermione si scostarono bruscamente, voltandosi verso Lupin che li aveva interrotti.
-Scusate- mormorò Remus, mentre desiderava poter diventare piccolo piccolo per potersi nascondere –Non volevo disturbare-
-Non preoccuparti, Remus- gli disse Harry con un gran sorriso, cercando però di nascondere la sua seccatura –Volevi dirmi qualcosa?-
L’uomo annuì, lanciando un altro breve sguardo di scuse ad Hermione, ancora mezza intontita –Si,- disse –Molly mi ha mandato a chiederti se ti va un brodo di pollo?-
Harry sorrise –Certo!-
Remus, ancora un po’ imbarazzato piegò il capo verso la sua spalla destra, un po’ intristito –Allora vado. Ciao Hermione-
-Salve- lo salutò la ragazza, prima che lui si chiudesse la porta alle spalle.
Hermione si alzò di scatto dal letto, mentre Harry cercava di ricacciare indietro il desiderio di spingere di lato le coperte e abbracciarla, baciarla e poterla tenere con sé per sempre.

*

-Ora devo andare- disse semplicemente la ragazza, mentre si chinava sulla sedia per prendere la sua giacca; erano gli ultimi giorni di Agosto, e già dovevano trovare dei rimedi per il freddo che aveva invaso la città.
-Dove devi andare? Non rimani qui a Grimmauld Place a dormire?- le domandò Harry, mentre indossava gli occhiali.
Hermione si voltò a guardarlo, un po’ indecisa –Harry, io…-
Ma il ragazzo la interruppe –Hermione! Non riesco a vedere niente con gli occhiali!-
L’espressione addolorata sul volto della ragazza si tramutò in sorpresa –Come?-
Harry fece un sorriso larghissimo, mentre si toglieva gli occhiali e batteva le palpebre; accostò nuovamente gli occhiali al suo viso, e poi li allontanò ancora –Si! Con gli occhiali vedo tutto sfuocato, mentre senza… Ci vedo!- disse, con la voce di un tono più alta, felicissimo per quella piccola novità: Harry aveva sempre detestato portare gli occhiali.
Hermione sorrise, comprensiva, ma il suo sorriso conteneva allo stesso tempo qualcosa di terribilmente cupo –Sono contenta, Harry-
Il ragazzo parve accorgersi dell’espressione di lei, perché improvvisamente si spense tutto il suo entusiasmo e la guardò profondamente –A me non sembra, Hermione. Cosa mi stavi dicendo prima?- le domandò.
Hermione parve esitare un momento, ma poi sospirò –Devo andare a sbrigare le ultime pratiche per l’acquisto del mio appartamento…-
Non lo aveva guardato negli occhi, semplicemente non voleva scorgere qualcosa di molto simile al dolore al loro interno; non l’avrebbe sopportato.
-Appartamento?- ripeté Harry, con voce strozzata. Probabilmente aveva sentito male, prsemplicemente non voleva scorgere qualcosa di molto simile al dolore al loro interno; non l'obabilmente aveva le orecchie piene di cotone e lui aveva frainteso quello che voleva dirgli Hermione. Non poteva volersene andare veramente.
-Harry, - la ragazza parve prendere un po’ di coraggio – io andrò a vivere nel mio appartamento. Alla Tana mi sembra di essere un po’ d’impiccio, mentre qui…-
-NO! Sono tutte scuse, Hermione! Sapevi benissimo che saresti potuta rimanere qui, non c’era bisogno di comprare un appartamento, lontano da tutti! E poi posso capire che tu non voglia dare disturbo a Molly, anche se lo sai che lei ti adora, ma qui a Grimmauld Place c’è così tanto posto… Io non capisco, perché?- urlò Harry, furibondo, mentre guardava Hermione con occhi carichi di rabbia, tristezza e odio. Si, riusciva a provare anche odio in quel momento.
Hermione perse finalmente il controllo e gli scoppiò a piangere in faccia –Perché io non riesco a vivere in un posto dove so per certo che ti incontrerò tutte le dannate mattine, quando non posso più baciarti, abbracciarti e toccarti, solo perché tu hai preso la tua decisione e non ammetti repliche. Perché mi sono stancata di tutti gli sguardi compassionevoli degli altri, quando l’unica cosa che vorrei è che tornassero a trattarmi come hanno sempre fatto. Perché non riesco a capire, Harry, tu vuoi tenermi lontana dal pericolo, ma non accetti che io me ne possa andare e mi vuoi obbligare a rimanere con te, senza contare il fatto che sei stato tu a lasciarmi-
Hermione si calmò un attimo, passandosi una mano sul viso per cancellare le lacrime, ma aveva ancora gli occhi arrossati. Fece un respiro profondo.

-Perché io ti amo, Harry, e non riuscirò mai a dimenticarti finché vivo costantemente al tuo fianco-
Un gelo invernale cadde improvvisamente nella stanza, paralizzando Harry e per prima Hermione, che aveva riversato quelle parole amare contro chi le aveva fatte nascere.
-Quindi mi vuoi dimenticare- constatò Harry, con un filo di voce –Vuoi fare finta che tra noi non ci sia mai stato niente-
Hermione non gli rispose nemmeno, si limitò a ricambiare il suo sguardo, permettendogli di trovare all’interno dei suoi occhi, la risposta alle sue domande.
Si.
Prima che lui potesse aggiungere altro, la ragazza disse –Ora devo proprio andare-
Un timido sguardo, come a voler ottenere il permesso di pronunciare un ultimo saluto.
Hai ragione tu, permesso accordato.
-Ciao!-
Senza veramente più niente da dire, Hermione se ne andò, lasciando Harry immerso in una delusione e una tristezza, che come unico colpevole avevano se stesso.

***

-Dai, me lo dici?-
-No-
-Ti prego-
-Ho detto di no-
-Se ti do’ un bacio?-
-No-
-Draco, dimmelo!-
-Weasley, chiudi quella boccaccia, prima che decida di farlo io, con i miei metodi però-
-E quali sono?-
L’inizio della relazione tra Draco Lucius Malfoy e Ginevra Molly Weasley, poteva tranquillamente essere definito “scoppiettante”.
Lei era una di quelle persone che al posto della testa hanno una corazza, mentre per convincere lui a fare qualunque cosa, esisteva un unico modo: la Maledizione Imperius.
Quando due caratteri simili s’incontravano, era veramente molto difficile stabilire quali sarebbero state le sorti del match, se non a giochi conclusi.

Per ora la bilancia pendeva dalla parte del rampollo Malfoy (così affettuosamente soprannominato dalla sua novella fidanzata, Ginny) che non si era lasciato piegare dall’effusioni della giovane e stridente ragazzina.
Tuttavia, la piccola Ginevrina, come il rampollo Malfoy amava tanto chiamarla, aveva già guadagnato molto punti sul tabellone che segnava le vittorie, e non era poi così lontana dall’eguagliare il novello fidanzato.
Il rampollo, in quel dato momento, le stava mostrando cosa intendeva lui per “metterla a tacere”, ed era un metodo che piaceva molto ad entrambi.

*

Le sue labbra la baciavano con una tenerezza e una foga che servivano solo a lenire quel terribile vuoto che sentiva dentro.
Vuoto che lei comprendeva benissimo, perché sapeva cosa significava sentirsi svuotare l’anima, fino a non avere più un appiglio, fino a non sapere nemmeno più chi sei.
Si, Ginny lo capiva, per quello adesso non poteva fare a meno di tenerla tra le braccia, perché era la sua parte complementare, e non riusciva davvero ad immaginarsi come potesse essere vivere senza di lei.
-Draco, aspetta…- disse la ragazza, interrompendo il bacio.
Lui non le diede nemmeno la soddisfazione di ascoltarla e continuò a baciarla, fino a che Ginny gli posò le braccia sulle spalle e lo allontanò da sé –Ti ho detto aspetta-
Lui sbuffo, contrariato –Cosa diavolo c’è?-
La ragazza guardò l’orologio che aveva al polso –Devo andare al lavoro- disse, anche se era visibilmente seccata.
-Vai a curare i tuoi pazienti e mi lasci qui, con questa bestiaccia?- si lamentò Draco, stringendola fortissimo, tanto che lei emise un piccolo urletto.
Il ragazzo fece un breve cenno del capo nella direzione di Fierobecco, che li stava guardando come se fosse geloso di Ginny: si erano appartati nella sua stanza, per rimanere lontani dagli occhi indiscreti dell’Ordine. Loro non avrebbero mai potuto capire.
-Fierobecco non è pericoloso, e io vado a fare il mio lavoro- rispose Ginny, mentre si dava una veloce sistemata ai capelli e indossava la felpa.
-Io mi sento male…- disse ancora Draco, che sembrava intenzionato a non lasciarla andare; le circondò ancora la vita con le braccia e la guardò negli occhi.
-E dove?-
Il ragazzo prese una mano di Ginny e se la portò all’altezza del cuore –Qui-
Ginny dovette fare un’enorme violenza su se stessa per non scoppiargli a piangere in faccia dalla commozione; si limitò quindi a sorridergli.
-Ha qualcosa per me, signorina?- le domandò, mentre si chinava a baciarla. Quando si fu staccato da lei, posò la fronte sulla sua.
Lei tentennò un momento, prima di rispondere –Certamente, ma ora non ho il tempo di mostrarglielo…-
Gli diede un altro piccolo e casto bacio a fior di labbra, prima di allontanarsi definitivamente –Ci vediamo, Draco- lo salutò.
Lui non ricambiò, semplicemente sbuffò, come quando era contrariato.
Ginny rise e si chiuse la porta alle spalle.
Draco fece un breve giro intorno a se stesso, per scaricare un po’ quella dolce tensione che lo aveva attanagliato; poi rivolse uno sguardo di sottecchi a Fierobecco –E tu cos’hai da guardare, peloso ficcanaso?- gli domandò.
L’animale cercò di avvicinarsi a lui, per poterlo attaccare; fortunatamente, però, era legato, il che gli impedì ripetere la performance del terzo anno.

-Sei proprio una bestiaccia sfacciata- l’accusò Draco, puntando un dito contro il muso dell’animale, che per tutta risposta emise un guaito.
Il ragazzo, rendendosi conto del fatto che stava parlando con un animale, distolse lo sguardo, turbato; i suoi occhi, in compenso, caddero sul Pensatoio di Harry, a pochi metri da lui.
Harry lo lasciava sempre lì, perché la stanza di Fierobecco era l’unico luogo in cui potesse veramente fermarsi a pensare.
-Guarda un po’ cos’ha dimenticato Potterino…- mormorò Draco, tra sé e sé, mentre prendeva in mano l’elegante scodella argentea.
Parve per un attimo indeciso sul da farsi, non avrebbe mai voluto rivivere un momento intimo tra Potter e la Granger, ma qualcosa gli diceva che erano ben altri i pensieri contenuti all’interno di quel Pensatoio.
Forse, dando una sbirciatina, avrebbe potuto scoprire qualcosa che a Potter, quell’idiota, era sfuggito. Perché, ne era sicuro, a Potter era sfuggito per forza qualcosa.
Immerse quindi la testa nel pensatoio.

*

Era in una stanza d’ospedale.
Potter era seduto accanto a Minus, che gli stava parlando con voce sommessa. Aveva l’aria malandata e pure vagamente stanca.
Draco non impiegò molto a capire che si trattava di qualche giorno prima, quando Potter era corso al San Mungo per poter parlare con Minus.
E per avere informazioni al riguardo del suo matrimonio mandato in fumo.

-Non ho potuto sposare Hermione- urlò Potter, andando a confermare i suoi sospetti.

-Perchè?-

Anche in quel momento così “intimo” Draco non poté fare a meno di pensare che Potter era un idiota: per quale strana ragione, qualcuno poteva non volerlo vedere felice? Era anche una cosa da domandare? Maledizione a quell’idiota, che prima o poi li avrebbe fatti morire tutti ammazzati.

Minus stava rispondendo alle sue domande, e aveva appena donato a Potter un consiglio che non poteva che infierire sul vacillante stato mentale del ragazzo.

-…se sei davvero innamorato di questa ragazza, la devi proteggere: sarà la prima sulla Sua lista quando deciderà di attaccarti-
Lasciare la Granger: ecco da chi era uscita quell’idea geniale!
Certamente, se uno va con lo zoppo impara a zoppicare: se Minus era idiota, le probabilità che avesse trasmesso la stessa idiozia a Potter erano piuttosto altine.
Solo una cosa impedì a Draco di continuare con le sue elucubrazioni mentali: le strane spiegazioni di Minus.

-Prima che lasciassi il castello dei Malfoy, ho sentito Lui che discuteva con Bellatrix...-
Il castello dei Malfoy, impensabile nascondiglio dove il Signore Oscuro riposava, in attesa di poter mettere in atto la sua vendetta.
Vendetta che, Draco ne era certo, non era rivolta solo contro Potter.

C’era anche lui, tra le vittime sorteggiate.

-… dare il via ai giochi, come l'ha definito Lui…-

Anche lui avrebbe partecipato come concorrente a quei giochi diabolici che Voldemort stava organizzando con cura minuziosa.
E c’era un solo modo per impedirlo.

*

Draco alzò di scatto il capo dal pensatoio di Potter.
Come previsto, a quell’idiota era sfuggito qualcosa di fondamentale; si era sempre chiesto, in effetti, perché mandassero lui a discutere con le persone, quando, in ogni caso, metà delle cose che gli venivano confessate, Potter le dimenticava.
-Devo dirlo a Malocchio…- disse soprapensiero, con il viso rivolto verso Fierobecco –Se Voldemort sta al castello dei Malfoy, devo farlo sapere agli altri…-
Era una sua impressione, o l’Ippogrifo aveva appena annuito?
Titubante si avvicinò all’animale, facendogli uno dei suoi migliori inchini: non era decisamente nella natura del rampollo di casa Malfoy, inchinarsi davanti agli altri.
Fierobecco, chinò il capo a sua volta e si lasciò accarezzare.
Mentre allungava una mano per poter sfiorare la morbida criniera dell’animale, Draco sorrise inconsapevolmente: forse, infondo, un passo alla volta, stava riuscendo a guadagnarsi la fiducia di qualcuno, in quella tetra Grimmauld Place numero dodici.

****************************************************

 

Eccomi qui, con un mese abbondante di ritardo, ma eccomi qui! Chiedo innanzi tutto scusa a tutti per l’atroce ritardo, ma sono stata veramente presa: l’inizio della scuola si è annunciato come stressante, verifiche a tutto spiano e pochissimo tempo da dedicare alla scrittura. E anche quando trovavo il tempo ero talmente stanca che quello che scrivevo mi risultava atroce. Perdonata? Comunico che i prossimi due capitoli sono quasi già scritti (devo ultimarli, perché sapete che se una cosa non mi soddisfa non la posto proprio) però mi sento ispirata in questo periodo e dovrei aggiornare più velocemente del solito. Ma mi tappo la bocca, prima di fare la fine dell’ultima volta!

 

Passiamo a ringraziare chi mi ha lasciato un commento, che dite?

 

Emma: tu non sai quanto le tue parole mi facciano piacere. Sapere di scrivere qualcosa, di arricchirla di particolari che vengono notati è veramente una grande soddisfazione! La storia del puzzle si risolverà tra un paio di chap, ma non credo che ti farà molto piacere scoprire come… O.o Un bacio tesoro mio e grazie per esserci sempre ^____^
Marco:
tantissimi, altro che storie. Comunque non credo che le cose tra questi due potranno risolversi entro il millennio, sai? Scherzo ovviamente ^^’ Andremo per le lunghe, ma ogni capitolo sarà ricco di momenti magici H/H (altrimenti so che mi uccidete!) Bacione e grazie mille, come sempre ^____^

Hermione_granger-es: ebbene si, torneranno insieme piccola, non piangere e non rattristarti! Guarda un po’ Fred & George o Moody & Draco e rallegrati, che a quei due testoni ci penso io ^____^ Un bacio grande


 

 

Appuntamento alla prossima puntata “La scelta di Minus” che si preannuncia un po’ pieno di azione (aiuto!! O___O) ma anche con un tenero momento Harry/Hermione *___*

Un bacione grande grande

 

Ale69o; fortunatamente, però, era legato, il che gli impedì chi ltò un vuse la porta alle spalle.licemente sbuffò, come quando era contrariato.amente.e se fosse geloso di Ginny:

  
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