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Autore: Sari555    13/04/2012    2 recensioni
Sophie Valentine nata nata e cresciuta nel convento di Westbury, nel nord Inghilterra, è una delle tante ragazze diventate suore ai suoi diciott'anni.
Questo convento però, nasconde un segreto ... le suore, sono tutte delle temibili esorciste pronte a scacciare ogni demone dal mondo.
Cosa succederà se Sophie avrà il compito di sterminare un'intero branco di "demoni" assetati di sangue e tra di loro ci fosse il suo antidoto per la solitudine?
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaname Kuran, Nuovo Personaggio, Toga Yagari, Zero Kiryu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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In un angolo di questo mondo ormai consumato,
alziamo gli occhi verso il cielo.
Continuerò a cercare il tuo calore.
Provo a raggiungerti senza alcuna destinazione.
Nascondendo la mia solitudine mentre attraverso l’oscurità.
In una notte in cui non eri qui, per la prima volta, la sofferenza colse il mio cuore.
Il calore delle nostre mani intrecciate riaccenderanno questa fioca luce.
Continuerò a cercare ancora il tuo calore, su questo mondo ancora ignoto.
(Mucc - Nirvana)

 


In quella mattina primaverile, sotto una grande quercia, la giovane Sophie era intenta a leggere un libro.
Non era una letterata, ne tantomeno una donna di cultura, ma le piaceva sognare e i libri le davano la materia prima su cui fantasticare.
La poesia caratterizzata da toni tragici, era la forma di letteratura che andava più in voga, sia tra i ceti altolocati sia tra la plebe, ma lei non vi dava peso, gli trovava pesanti per quell’epoca già di per sé drammatica.
La gente aveva bisogno di sognare.
Comodamente seduta tra le radici sporgenti dell’albero, stava leggendo una fiaba locale, tramandata di generazione in generazione nella contea di Westbury.
La storia aveva tratti magici, che incantavano chiunque la leggesse, Sophie inclusa.
Presto sarebbe dovuta rincasare al convento e questo le dispiaceva.
Voleva continuare a leggere e respirare quell’aria frizzante e calorosa che impregnava i suoi polmoni.
Si sentiva libera fuori da quelle mura, si sentiva una donna libera che aveva il mondo intero tra le mani, ma la verità era decisamente diversa.
 Lei era una ragazza debole, non avrebbe mai avuto il coraggio di fuggire dalla certezza di un tetto sopra la testa e di un buon pasto caldo.
Era debole e sola.
Una solitudine che si era portata sempre appresso, fin da quando ne aveva memoria.
Non aveva mai avuto un amico, non aveva mai avuto una madre, non aveva mai avuto un padre.
Era una persona incredibilmente vuota, non solo materialmente visto che il convento gli dava l’essenziale per vivere, ma anche sentimentalmente.
 Non conosceva, l’amicizia che poteva donargli un amico, l’amore di un genitore e tantomeno l’amore di un’altra persona. In definitiva non conosceva nessun calore, era come una neonata; senza esperienza della vita.
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti da un forte odore di fuliggine, un odore che in pochi minuti avrebbe impregnato quel  semplice vestito borghese, l’unico che aveva.
Appena quell’odore sgradevole aveva sfiorato il suo delicato naso, troppo piccolo per il suo viso, d’impulso aveva serrato gli occhi, timorosa di cosa avrebbe potuto vedere.
Non era vissuta in una campana di vetro, sapeva cos’era la morte e la guerra, solo che non voleva vedere. Mentalmente si diede della fifona e decise di contare fino a dieci per poi aprire gli occhi e guardare, così da prendere una decisione su come agire.
Mentre i secondi passavano la mente di Sophie indagava sui probabili scenari e tutti includevano una catasta di morti e quel puzzo dolciastro di sangue che si diramava nell’aria.
“Dieci” aprì lentamente gli occhi e poi lo vide.
Un fumo nero pece avvolgeva la città sino a raggiungere quel luogo appartato dove si trovava.
L’aria era nera e sapeva di morte.
Aveva una scelta, tornare al convento o andare a vedere cosa stava accadendo, entrando definitivamente in quell’alone scuro che l’avrebbe risucchiata, forse per sempre.
Optò per tornare al convento, non poteva sopportare un altro panorama di distruzione e crudeltà, la sua anima fragile non avrebbe resistito anche questa volta.
Impaurita corse in direzione della foresta che si affacciava direttamente al convento.
Corse con il libro sul petto e i polmoni che bruciavano all’interno.
Corse senza sosta, sentendo i brutti ricordi riaffiorare alla memoria.
Corse finché per la strada fatta di rami spezzati e erba inumidita dalla rugiada, trovò un ostacolo.
Un giovine piegato ricurvo, gli dava alle spalle.
Sembrava impegnato a grattarsi qualcosa dal viso.
- Fanciullo! – il suo buon animo gl’impose di andare ad’aiutarlo, vista la giovane età.
- Ho fame – disse il ragazzo con voce fioca, quasi morta.
Per quanto era vicina, non riusciva a scorgere il suo viso.
Sembrava tormentato e continuava a grattare, sempre più forte e sempre più insistentemente, tanto da trasmettergli un senso opprimente di angoscia.
- Che cosa ti è successo? – il suo corpo era fasciato da abiti sporchi e a tratti stracciati. Pareva reduce da un corpo a corpo con un grizzly, tanto per rendere un’idea.
- Ho fame – ripeté ancora – Ho tanta fame signorina –
Era spaventato e tremante.
Sophie ebbe l’impulso di stringerlo a sé per trasmettergli un contatto, che diceva che non era solo e che non doveva avere paura.
Gli faceva tenerezza, ma si trattenne aspettando qualche risposta più sostanziosa.
- Vorrei darti qualcosa ma non ho nulla – disse dispiaciuta di non essersi portata un po’ di quel cibo che la madre priora gli aveva offerto quella mattina.
- Ho fame – ripeté con più insistenza, senza variare il tono, sempre pacato e impaurito.
- Hai una casa? – se solo gli avesse dato qualche informazione in più lo avrebbe potuto aiutare, ma così non gli rendeva facile la missione.
- Sto per morire di fame – tremava sempre più forte ma non per il freddo, sembrava più che altro per paura.
- Puoi fidarti di me, voglio solo aiutarti – si avvicinò ancora di più, fino a sussurrare quelle parole rassicuranti al suo orecchio.
- Non riesco a controllarmi, ho paura – disse con tono disperato e basso.
Capendo che non avrebbe ottenuto nessuna informazione, la ragazza si posizionò davanti a lui, tastandogli dolcemente quelle mani incrostate dal sangue, ancora all’opera sul viso.
- Cerco solo di aiutarti – disse cercando di non far trasparire quella frustrazione nel vederlo in quello stato.
Non lo conosceva, ma in quel momento, quell’essere così fragile, spaventato e innocente gli ricordava lei.
La vera lei, quella che viveva dentro la sua anima.
- Signorina? – disse scostandosi lentamente le mani dal viso, deturpato da tutti quei tagli profondi che più che graffi ricordavano ferite da coltello.
Aveva il viso grondante di sangue e le pupille rosso scarlatto, rimpicciolite dall’eccitazione, fisse su di lei.
Fisse sul suo collo così appetitoso agl’occhi di quella belva vestita da ragazzo.
Non fece in tempo a fare nulla che si ritrovò due profondi e affilati canini, trapiantati nella sua giugulare.
Il libro che fin’ora stringeva al petto cadde atterra, vicino al suo corpo disteso, fonte di cibo per la bestia.
Si sentiva ingannata ma cosa che odiava di più, si sentiva indifesa.
Le parole che la madre superiora aveva detto, quella prima lezione sui demoni, erano tutte bugie.
Bugie che non sapevano di essere tali, ora svelate dalla sua prossimità alla morte.
Erano demoni vestiti da agnelli e potevano giocare con i corpi mortali quanto e come volevano.
Le parole della madre priora le risuonarono nella mente.
 

<< Occhi rossi come il sangue …
 Pelle nera come la pece …
 Demoni quatti e viscidi tenuti al guinzaglio dai loro temibili padroni, i sette peccati capitali …
Bestie immonde che si nutrono della vostra paura, che s’infiltrano nei vostri cuori …
Sono i cani di Satana, reietti sputati fuori dall’inferno, ripudiati dalle porte del Paradiso.
 Sorelle mie! Non abbiate paura, perché non avete nulla da temere.
Sono mostri che vivono nell’oscurità, ma voi sorelle mie, vivete nella luce, vivete nella luce di Dio, potente padre dei cieli. >>





Sophie non viveva nella luce, lei era la luce ma questo non poteva ancora saperlo.
Prima di perdere definitivamente i sensi sentì uno sparo e un corpo accasciarsi di colpo sopra il suo.
Aveva paura di quella nuova verità.
Non gli era mai capitato di vedere demoni così puri e così dannati allo stesso tempo.
Quando le sorelle più anziane andavano in missione, raccontavano di bestie immonde dall’aspetto inquietante e temibile, che incutevano timore.
Raccontavano di demoni che ogni volta prendevano nomi diversi.
Una volta si chiamavano Thamiel che assumevano le sembianze di cani dallo sguardo pazzo e che ambivano all’anima della vittima, altre volte si chiamavano Gamchicolh demoni metà umani e metà caproni che si nutrivano della carne dei morti, altre volte ancora si chiamavano Tagaririm, che nel folclore assumono il nome di arpie, donne volatili che attirano gli uomini per divorarne il cuore.
Mai, però, la giovane e inesperta Sophie aveva sentito di demoni sottoforma umana, nutrirsi di sangue.
Demoni dall’aspetto angelico.
 
 









Note:
Ho riscritto questo capitolo decine di volta e ancora non ne sono soddisfatta, ma lo pubblico lo stesso sperando che vi possa piacere.
Mi sono impegnata tanto ^^
Ringrazio chiunque l’abbia letta e chi a recensito l’altro capitolo, grazie davvero :D
È un po’ tardi quindi è meglio che vada …
Riuscirò ad aggiornare prima del 2013? Lo scopriremo nella prossima puntata di Voyager XD ( perché ho scritto voyager non lo so, ma va bene… )
Bacioni
Sari
  
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