UN ANNO DA HARRY POTTER
ONE YEAR LIKE HARRY POTTER

CAPITOLO 8
LA CICATRICE

Elisabeth si sdraiò sul letto senza nemmeno cambiarsi. Un po' per la stanchezza accumulata durante quella giornata e un po' perché in questo modo avrebbe evitato di soffermarsi nuovamente a riflettere sul suo "mutato" aspetto fisico.

La circostanza all'interno della quale si era trovata costituiva già da sola un motivo di stress sufficientemente elevato. Il fatto che fosse stata catapultata all'interno del corpo di un ragazzo non faceva che appesantire il suo stato emotivo.

Ancora ripensava a quando, qualche ora prima e dopo aver "rimandato" per tutto il giorno, si era finalmente decisa ad andare in bagno per soddisfare i propri bisogni.

Sebbene fosse ovviamente sola, si era sentita tremendamente in imbarazzo. Aveva fatto tutto nel minor tempo possibile per non dar modo alla sua mente di riflettere su ciò che stava accadendo.

Elisabeth affondò il viso nel cuscino per allontanare quei pensieri.

Ora si trovava nel dormitorio (dei ragazzi) in un comodo e accogliente letto. Fortunatamente aveva avuto modo di riconoscere quello corretto grazie al maglione in lana con la scritta "Harry" che giaceva ai piedi, sulla sponda.

Era stata una delle giornate più incredibili e allo stesso tempo difficili di tutta la sua vita.

Ripensò ai suoi genitori. Probabilmente si stavano disperando per il suo mancato rientro a casa. Un epilogo completamente differente da quello che lei e sua madre avevano immaginato per il quarantesimo compleanno di suo papà.

Si girò di lato.

E se fosse tutto un sogno?

Un terribile e realistico sogno?

Elisabeth sentì le palpebre diventare sempre più pesanti.

Forse al suo risveglio si sarebbe ritrovata nella sua stanza con Romeo ai piedi del letto. Avrebbe sentito i suoi baffi solleticarle le caviglie e subito dopo la voce di sua mamma che la chiamava per la colazione.

Prima che potesse concentrarsi sul dolce profumo del caffè e delle brioches appena sfornate tutto diventò buio.

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Elisabeth aprì gli occhi.

Sedeva su un letto. Ma non lo stesso letto sul quale ricordava di essersi addormentata.

Attorno a lei una piccola stanza grigia, cupa e dall'arredamento essenziale. Oltre al letto sul quale sedeva vi era solo un armadietto.

All'improvviso l'unica porta della stanza si aprì.

Una signora annunciò l'arrivo di una visita, e un giovanissimo Silente entrò nella stanza.

«Ciao Tom» disse sorridendo.

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Elisabeth si sentiva tremendamente confusa.

In seguito agli avvenimenti delle ultime ore, si era promessa che non si sarebbe più stupita per nulla, ma ciò che stava vedendo, l'aveva lasciata per l'ennesima volta a bocca spalancata.

«Sei il nuovo dottore?». Le parole uscirono dalle labbra della ragazza senza che lei se ne rendesse conto.

«No, non sono un dottore. Sono un professore di una scuola molto speciale» rispose il mago.

«Loro credono che io sia malato» continuò Elisabeth.

«E perché lo credono,Tom?»

«Perché posso fare accadere cose brutte alle persone che mi sono vicine e che sono cattive con me» rispose.

Lo sguardo del professore assunse un tono leggermente allarmato. Ma durò giusto qualche secondo perché subito si ricompose.

«Hogwarts è una scuola per persone speciali. Persone come te, Tom» assicurò Silente. «Ti aiuteremo a controllare i tuoi poteri».

«Anche tu puoi fare accadere cose strane?» chiese Elisabeth.

La ragazza, sebbene fosse padrona dei propri pensieri, non riusciva a controllare parole e azioni.

Era come se stesse assistendo a un dialogo tra due persone a lei estranee, ma attraverso il punto di vista di una delle due.

«Certamente» rispose il vecchio.

«Provalo»

A quel punto l'armadio prese fuoco.

«Qualcosa nel tuo armadio cerca di uscire, Tom» disse Silente.

Elisabeth si alzò e si avvicinò al fuoco magico. Infine aprì l'anta dell'armadietto.

Si voltò quindi verso l'anziana figura.

«I furti a Hogwarts non sono tollerati. Se deciderai di venire imparerai anche questo» rimproverò il vecchio.

«Se verrò in questa scuola troverò altri come me?» chiese Elisabeth.

«Sì. La scuola è aperta a tutti i giovani maghi»

«A volte mi capita di parlare con i serpenti. È normale?»

L'espressione di Silente assunse nuovamente un tono preoccupato.

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Elisabeth si svegliò in un bagno di sudore.

Attorno a lei il buio più assoluto.

Si mise seduta e si guardò attorno.

Strizzò quindi gli occhi con l'obiettivo di mettere a fuoco i contorni della stanza.

Con tutto il suo cuore sperò di riuscire a scorgere la sagoma del gatto sulle coperte e i sottili lineamenti della sua scrivania.

Attorno a lei, tuttavia, non riuscì a vedere altro che i contorni dei letti dei suoi compagni di camera.

Che strano sogno.

La testa le scoppiava.

Non aveva mai sofferto di emicrania e quel giorno aveva decisamente superato ogni limite.

Ciò che le pareva strano era che il mal di testa sembrava sfociare in un forte bruciore che avvertiva sulla fronte.

Si sdraiò nuovamente voltandosi di lato.

Raggomitolata su stessa iniziò a massaggiare la zona dalla quale proveniva il dolore fino a quando, esausta, non cadde nuovamente in un sonno profondo.

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«Harry?»

...

«Miseriaccia, Harry! Svegliati!» esclamò Ron, alzando il tono della voce.

«mmffzh.. Mamma, mfZzz lasciami dormire ancora un po'..mhfzz»

«Mamma? .. Harry.. Andiamo, ma che ti succede?!» continuò il rosso.

Elisabeth si svegliò alzandosi di scatto e catapultando le coperte addosso all'amico che si era appostato a lato del letto.

«caz..! Ron! Mi hai fatto prendere un colpo» esclamò la ragazza!

«Ma quale colpo! Ti conviene sbrigarti! Tra 5 minuti abbiamo lezione con la McGranitt e.. Ma.. Harry? ..» Ron si bloccò d'improvviso.

«Che c'è?» chiese Elisabeth allarmata.

«La tua cicatrice.. Sta sanguinando..»

«La mia cos..» Elisabeth non fece a tempo a terminare la frase che se ne accorse.

Le sue mani, così come il cuscino e la parte alta delle lenzuola, erano coperte di sangue.