Piccole
note.
Giuro
che sarò breve e che vi lascerò a questa cosa.
Devo
dire che mi piace il risultato, proprio come mi piace la mia OC. Adoro
i film della Marvel e “The Avengers” mi ha
letteralmente
stregata, al punto da farmi scrivere questa storia.
Spero
che possa piacervi leggere e magari recensire tanto quanto a me
è
piaciuto scriverla.
Ultima
cosa, due notizie sul titolo.
Ha
una valenza simbolica; diciamo che è un'allegoria, ecco.
Fiore, come
il nome della mia OC (non si chiamerà fiore, ma vedrete
poi), ma
soprattutto fiore simbolo dell'amore che sboccia sul precipizio, la
guerra.
Ok,
ora penserete che sia impazzita e vi concedo che abbiate le vostre
ragioni, ma è il parto di due lunghe ore di letteratura
greca.
Ora
mi capite un po' di più?
In ogni caso, questo è solo l'inizio e -lo ammetto- sono partita un po' da lontano, ma dal prossimo capitolo si entrerà nel vivo dell'azione, I promise.
Bene,
vi lascio. Me lo lasciate un commentino?
A
breve -forse- il banner della storia, appena Light avrà un
minuto
per farlo.
Come un fiore su un precipizio
"Noi
crediamo che un fiore nato su di un pendio sia bellissimo,
perché
dobbiamo fermare il nostro commino al culmine del precipizio,
incapaci
di continuare a fare passi verso il cielo
come
quel fiore impavido".
Bleach
Capitolo I
Mentre
tornava al suo alloggio, Lila Cassandra Charmichael aveva la
sensazione che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di
importante.
Non
sapeva bene perché provasse quel fastidioso formicolio sulla
pelle,
ma aveva da tempo imparato a fidarsi del suo istinto.
Tuttavia,
camminando per il viale alberato del campus di Harvard, non aveva
paura: a pelle, era sicura che qualunque cosa fosse accaduta di
lì a
poco avrebbe cambiato la sua vita.
La
notte era calata da un pezzo su Cambridge, ma Lila non sentiva
freddo, complice anche l'alcool che aveva ingerito. Era
uscita con i suoi coinquilini per festeggiare il buon esito di un
esame e si era ritrovata, senza ben sapere come, nel pieno di una
festa dall'altra parte della città.
Ridacchiò
un po' pensando a goffi tentativi di Kurt di abbordare una ragazza al
bar, ma non ebbe modo di ricordare altro perché in quel
momento
suonò il suo cellulare.
“Pronto?”
“Lils,
sono Dave” al di là del telefono la voce dell'uomo
suonava
preoccupata, nervosa.
“E'
successo qualcosa?” domandò subito.
“Promettimi
che non impazzirai” le disse subito e Lila ebbe la definitiva
conferma che fosse qualcosa di grave.
Ecco
la svolta, ecco il momento che aveva presagito.
“Se
vuoi che io resti calma hai iniziato male la conversazione”
gli
fece notare.
“Ok,
senti, tuo fratello non si sente bene. Ha la febbre, ma non
è
alta”
“Lascia che sia io a giudicare. Quanto?”
“37.5”
Lila
sospirò di sollievo: in effetti non lo era.
“Ok,
gli hai dato qualcosa?”
“No, non ricordavo se era allergico
alla Tachipirina”
“No,
ma dagliela domani, a stomaco pieno. E non farlo andare a scuola, mi
raccomando”
“Wow,
tu che mi dici di tenerlo a casa. Domani il mondo collasserà
su sé
stesso” ridacchiò Dave per smorzare la tensione
eLila gli fu grata
per quello.
Accennò
ad un sorriso mentre Dave riprendeva a parlare “Sai, non
pensavo
che ti avrei trovata sveglia a quest'ora”
“Sono
andata a festeggiare con i miei compagni di stanza” gli
spiegò e,
anche senza vederlo, sapeva che stava sorridendo contro la cornetta.
Lila
aveva avuto una vita difficile: i suoi genitori erano morti in un
incendio quando aveva dieci anni e Dave si era preso curo di lei e
del suo fratellino appena più che neonato. Li
aveva portati in America e lì aveva fatto in modo che non le
mancasse niente, neanche un'istruzione degna del suo quoziente
intellettivo parecchio superiore alla media.
Dave
non avrebbe voluto che il fatto di essere un genio influenzasse la
vita di Lila, ma era stata lei a decidere di sfruttare quella sua
caratteristica.
Aveva
preso la prima laurea a sedici anni e stava lavorando alla seconda.
Ogni
volta che pensava a Dave, inevitabilmente le tornavano in mente le
lunghe conversazioni su quanto fosse importante che facesse anche
cose da adolescente qualunque. Oh,
quanto avrebbe dato per vederla andare al cinema con un ragazzo
piuttosto che osservarla armeggiare tra libri e congegni vari nella
sua stanza!
Lila
tuttavia non era sicura che avrebbe accontentato presto il suo
desiderio. Non era alla ricerca del principe azzurro -era fermamente
convinta che fosse gay, per altro- e francamente non ne sentiva
neanche il bisogno.
C'era
stato un tempo in cui aveva sperato ardentemente di poter incontrare
il suo cavaliere in armatura che la portasse con sé, ma alla
fine era dovuta scendere a patti con la crudele realtà:
nessuno sarebbe
venuto per elevarla allo status di principessa. E aveva accettato
anche quello, tanto che adesso non le importava più.
Intanto
era arrivata alla porta del suo appartamento. Non sembrava esserci
nulla di insolito, ma quando posò la mano sul pomello la
porta si
spalancò sul buio del salotto.
“Dave,
ti devo lasciare. Ci sentiamo domani, ok?”
“Ma aspetta,
non...”
“Ciao Dave” e chiuse la conversazione senza dargli
altro modo di replicare.
Fece
un passo avanti e si immerse nel bagno di tenebre e raggi di luna del
salotto con circospezione. Si mosse vicino al muro per cercare
l'interruttore.
Sentiva
il cuore battere forte nella cassa toracica e il rombo del sangue le
riempiva le orecchie, impedendole di sentire altro. Era
dolorosamente consapevole di ogni parte del proprio corpo e tutti i
suoi sensi erano tesi fino alla spasimo.
Ma
non aveva paura: come poteva averne quando aveva affrontato
abbastanza orrori per una vita intera? No, c'erano poche cose in
grado di spaventarlo e di certo un ladro non era tra quelle.
Accese
la luce e il fascio di luce inondò la figura imponente e
anche un
po' inquietante di Nick Fury.
“Che
ci fa lei qui?” gli domandò cercando di trattenere
l'irritazione
per il batticuore che le aveva fatto venire.
“Cercavo
lei e sapevo che questo era l'unico momento in cui avrei potuto
trovarla da sola. Stava per caso cercando di evitarmi?”
“Non
potevo sapere che sarebbe venuto” finse Lila. In
realtà lo sapeva
benissimo. Due giorni prima aveva sentito di ciò che era
successo in
New Mexico e non ci era voluto molto per fare due più due.
Che
Fury sarebbe andato a cercarla era scontato e così aveva
fatto in
modo di non essere mai sola, cercando di restare nell'ombra il
più
possibile.
Sperava
che Fury non sapesse dove trovarla, ma a quanto pareva aveva
sottovalutato lo S.H.I.E.L.D.
“Non
faccia l'ingenua con me, signorina. Lei sapeva perfettamente che la
avrei cercata e nonostante ciò non si è impegnata
molto per
nascondersi, il che mi fa pensare che voleva essere trovata”
Lila
si mordicchiò il labbro inferiore, ma preferì
mantenere un silenzio
diplomatico.
“Cosa
vuole?” domandò solo.
“I
Vendicatori” le disse semplicemente l'uomo guardandola
“Voglio
che lei ne faccia parte come consulente. Se vorrà essere
anche
qualcos'altro, lo deciderà solo lei”
Lila
mantenne il suo silenzio, ma stavolta era il piena meditazione. La
sua mente lavorava a pieno regime.
Non
era mai stata un'eroina. Una volta Dave le aveva detto che era molto
coraggiosa, ma lei non era d'accordo. Coraggioso era colui che, pur
avendo paura, la accettava e la vinceva.
Lei
non provava paura, mai. A volte si chiedeva come mai non avesse quel
naturale istinto di autoconservazione di cui ogni umano era dotato.
“Perché
dovrei farlo?” gli domandò alla fine.
“Posso
darle in cambio quello di cui ha bisogno”
“E
cioè?”
“Posso
mandare suo fratello dal miglior medico cardio-toracico del paese per
farlo visitare e operare. So che non può permetterti
l'operazione,
perciò mi aiuti a trovare il Tesseract e non
dovrà pensare a nulla”
A
quel punto Lila non ebbe indugi “Accetto”
Fury
sorrise -come lui poteva sorridere, ovviamente- e le strinse la mano.
“Mi
dia un minuto e faccio le valigie”
“Non è necessario. Abbiamo
una divisa che puoi indossare”
“Una
divisa? Una sorta di tuta, intende? Non ci penso nemmeno!”
Lila
si catapultò in camera e afferrò la valigia
dietro l'uscio. La
riempì senza neanche guardare cosa aveva infilato e dopo
soli cinque
minuti era di nuovo in salotto l'uomo la attendeva ancora.
Scarabocchiò
poche righe di spiegazione a Sam e Jackson. Non poteva certo dirgli
cosa andava a fare, anche se erano la cosa più vicina a due
migliori
amici. Disse
loro che sarebbe tornata a casa per stare accanto a suo fratello
convalescente e che sarebbe tornata il prima possibile.
Mentre
chiudeva a chiave la porta dietro di sé capì che
era quella
la svolta che aveva presagito poche ore prima.
Non
la febbre di suo fratello, ma quella: una notizia di portata
mondiale.
Adesso
aveva la sensazione che la sua vita sarebbe stata stravolta sotto
molto aspetti da quel momento. E non era più così
sicura che fosse
una cosa positiva.
To be continued...