Premessa essenziale: Oliver Gilbert e Mason
Lockwood sono due miei personaggi che ho prelevato per l’occasione dalla loro
storia, History
Repeating – The Next Generation of
The Vampire Diaries. Anche se lì – almeno momentaneamente
:3 – parrebbero etero.
La
mia primissima slash,
quindi imploro perdono se questa cosa qui possa sembrarvi una roba priva di
senso - probabilmente lo è, anche perché non sono riuscita a rileggerla con
attenzione, perché mi distraevo e quindi potrebbero esserci strafalcioni.
Dedicata a tutte le donne
belle che li shippano <3
Né giusto, né sbagliato.
“Mase e Oliver, dovrete dividervi il letto questa sera .” esclamò spiccio
Tyler, infilando la testa in camera del figlio minore.
Mason si limitò a dare una scrollata di spalle, lo sguardo ancora
concentrato sul suo libro.
“Perché?” domandò invece Oliver,
sollevando lo sguardo dal suo album da disegno; Mason esibì un sorrisetto nella
sua direzione. Tyler gli rispose dal corridoio.
“I miei cognati vengono a vedere la partita con noi domani mattina e per sta sera occupano la stanza degli ospiti. Tuo fratello ha il
sacco a pelo e dorme in camera di Caroline, tu dormi con Mase.”
Mase lasciò perdere il suo libro e si sistemò di
fianco all’amico, rivolgendogli un sorrisetto innocente.
“Qualche problema, Ol?” domandò; Oliver riprese a
disegnare e diede una scrollata di spalle.
“No, nessun problema.” dichiarò tranquillamente, concentrando lo sguardo sul
foglio; Mase inarcò un sopracciglio con aria divertita. Gli diede un colpetto
col piede e tornò a stendersi sul letto.
“So a cosa stai pensando.” commentò
a quel punto, socchiudendo pigramente gli occhi. “Ti sarà difficile resistermi,
stanotte.”
Oliver raccolse la prima cosa a caso che trovò sul letto, un evidenziatore,
e la lanciò all’amico; non aveva nemmeno distolto lo sguardo dall’album, perciò
lo mancò di parecchio.
“Cretino.” ribattè, incrociando le gambe sul copriletto e continuando a
disegnare. Proseguì tranquillo per un’altra manciata di minuti. L’amico sistemò
la schiena contro il muro e attirò le ginocchia a sé, appoggiandosi sopra gli
avambracci. Il suo sguardo analizzò attento l’espressione dell’amico, una punta
di malizia incuneata fra le iridi grigie.
“La smetti di fissarmi?” domandò a
quel punto Oliver, sollevando gli occhi dall’album da disegno. Mase scosse
appena il capo e gli sorrise con fare sornione. Ridacchiò, quando l’amico tornò
al suo disegno, lievemente rosso in viso. Diede una scrollata di spalle e si
sistemò sul letto di fianco a lui, appoggiando il gomito al cuscino: Oliver
continuò ad ignorarlo, focalizzando la sua attenzione
sull’immagine che stava tratteggiando. Il giovane Lockwood rimase in silenzio
per un po’, guardandolo disegnare. La mano dell’amico si muoveva rapida sul
foglio, i lineamenti pacati e distesi, come al solito.
A un certo punto, Mase ghignò; richiamò l’ attenzione di
Oliver, dandogli una leggera gomitata.
“Ti
voglio bene, Ol.” dichiarò a quel punto, appoggiando
la mano sul foglio, in maniera che l’amico fosse costretto a guardarlo. Oliver sbuffò,cercando di ignorare il suo sguardo, ma alla fine si
arrese; per un attimo, i suoi occhi si staccarono dall’album e incrociarono
quelli di Mase. Il ghigno dell’amico si estese, mentre il giovane Gilbert si irrigidiva al suo fianco, arrossendo violentemente. Ti prego, smettila, formulò mentalmente,
maledicendo in silenzio il rossore sulle sue guance.
“Sei
uno stronzo.” sbottò invece poi, schiaffandogli via la mano dal foglio. Mason
rise. Scosse il capo con aria divertita, prima di cingergli le spalle con il
braccio, rilassandosi contro lo schienale del letto.
“Ma dai!” commentò, arruffandogli scherzosamente i capelli. Oliver
non si mosse di un millimetro, seppur scocciato dalle sue provocazioni. Mase
aveva un talento innato in quello. Aveva occhio per i dettagli; sapeva scovare le
piccole cose che erano in grado di infastidire, di mettere in imbarazzo la
gente e le esasperava all’inverosimile, in maniera da far uscire chiunque dai
gangheri. Si divertiva; probabilmente, la faceva anche perché il tempo che non
trascorreva a schernire le persone lo passava a venire a sua volta preso in
giro. Mettere in imbarazzo Oliver lo divertiva il doppio, perché sapeva che
l’amico non si sarebbe mai arrabbiato sul serio, con lui; semplicemente non ne
era in grado.
Mase
gli si fece più vicino, il braccio ancora stretto attorno alle sue spalle. Il
suo respiro lo sfiorava appena, ma il sorriso malizioso era calibrato a suscitare
il suo nervosismo. Avvicinò le labbra di poco al suo orecchio e nonostante la
distanza tra i due fosse ancora marcata, Oliver si sentì avvampare.
“Che
c’è che non va?” aggiunse in quel momento il ragazzo, sorridendo
all’espressione tesa dell’amico: Oliver aveva le guance in fiamme, forse per
rabbia, forse per imbarazzo. “Sei il mio migliore amico, è normale che ti dica
che ti voglio be…”
E
poi la sua voce venne smorzata da un movimento brusco dell’amico,
il braccio scivolò via dalle sue spalle e le sue labbra si sorpresero a
sfiorare quelle del ragazzo seduto di fianco a lui: Oliver lo stava baciando.
Per un attimo, avvertì il violento impulso di scattare all’indietro, ma quando
cercò di ritrarsi, scoprì di non esserne in grado: si lasciò baciare invece.
L’iniziale repulsione che aveva provato venne quasi subito sostituita da un
impellente bisogno di ridere, ridere e esultare al
tempo stesso: lo sapeva, lo sapeva, cazzo.
L’aveva
sempre saputo.
Si
separarono subito; Mason si tirò indietro, analizzando l’amico con espressione
incredula.
“Oh,
cristo.” commentò a quel punto scuotendo il capo, mentre Oliver si allontanava
bruscamente da lui; scagliò a terra il blocco da disegno che ancora teneva
sulle ginocchia, rosso di vergogna. Gli diede le spalle e imprecò a denti
stretti, socchiudendo gli occhi, l’intero corpo in subbuglio. Cercò di normalizzare
il suoi respiro, di forzare il ritmo irregolare che
aveva preso a scandire i suoi battiti. “L’hai fatto sul serio!” commentò
stupidamente Mason, sfiorandosi le labbra con le dita. Poi, si mise a ridere.
Rise
a lungo, lasciandosi ricadere sul letto, le mani appoggiate al torace a cercare
di placare il modo incontenibile in cui rideva. Oliver gli dava le spalle, una
mano appoggiata sul viso, come a voler nascondere il rossore sulle sue guance,
la mente completamente fuori uso. I suoi sensi continuavano a percorrere il sapore
appena accennato delle labbra di Mason sulle sue, il modo in cui il suo petto
si sollevava e si abbassava in fretta a contatto con la sua mano, la sensazione di vertigini provata alla bocca dello stomaco:
ma la sua risata gli fece venire mal di testa.
“Che
cazzo hai da ridere?” sbottò infine con rabbia, non riuscendo a trattenersi.
Mase continuò a ridere, e Oliver sbuffò sonoramente, rannicchiandosi a bordo
del letto, le ginocchia strette al petto. Non riuscì a recuperare un colorito
normale; le sue guance avvamparono ulteriormente, quando avvertì i movimenti di
Mason farsi più vicini.
“Lo
sapevo.” dichiarò asciutto il ragazzo, scendendo dal letto con un balzo, e
stagliandosi di fronte a lui a braccia conserte, un sorrisetto presuntuoso a
increspare le sue labbra. “Lo sapevo che sei pazzo di me.”
“Vaffanculo.” ribattè secco Oliver, sforzandosi di ignorare
il suo sguardo. Gli parve quasi che si fossero invertiti i ruoli. Mason lo
punzecchiava con disinvoltura, per nulla turbato, mentre lui eludeva il suo
sguardo, rosso in viso, avvertendo solo la voglia di chiudersi a riccio, di
rispondere a insulti – di sparire - .
Mason
appoggiò la schiena al muro, continuando a ridere. Poi, all’improvviso, smise. Per
un attimo Oliver si sentì e meglio, ma tornò a innervosirsi nel momento in cui
l’amico prese ad avvicinarsi nuovamente. Mason recuperò l’album da disegno da
terra e ne sistemò le pagine spiegazzate, prima di appoggiarlo sul comodino. Tornò
a fissare Oliver e un sorrisetto malizioso gli arricciò gli angoli delle
labbra.
“Ne
vuoi ancora?” domandò a quel punto, prendendo posto
vicino a Oliver.
“No.”
L’amico scosse il capo, chinando lo sguardo verso il basso. Mason inarcò un
sopracciglio e si avvicinò ulteriormente a lui.
“Sei
sicuro?” chiese, avvicinando di poco le labbra al suo orecchio. Oliver si sentì
scivolare nel panico; lo spinse via con un braccio, ma
Mase placcò il movimento, afferrandolo per il polso.
“Per
favore, lascia stare.” lo implorò a quel punto Oliver, prima di tacere, paralizzato,
per via dell’improvviso scatto in avanti di Mason. Non si oppose, quando si
sentì spingere contro il suo petto, né quando le labbra dell’amico si
appoggiarono alle sue una seconda volta. Ignorò le risate di scherno che gli
aveva riversato contro qualche minuto prima e il brillio divertito, di
curiosità ancora presente tra i suoi occhi. Ignorò il nervosismo, il fiato
corto, e ricambiò con convinzione quel bacio, una mano appoggiata alla sua
maglietta, la fronte premuta contro la sua. Mason si allontanò appena per un
istante, ridendogli contro. Estinse quel
ghigno in fretta, per lasciarsi baciare ancora, le mani di Oliver a fare
pressione sul suo corpo, spingendolo contro il letto.
Si
accorse che averlo su di lui gli piaceva; saperlo un tipo così calmo e pacato, così paziente generalmente, rendeva ancora più
incredibile –assurdo e incredibile - ai suoi occhi quello che stava succedendo in
quel momento. Oliver non se la prese con comoda; continuò a baciarlo con foga,
le mani che scorrevano in fretta lungo il suo torace, le ginocchia a cingergli
le cosce. Le labbra dell’amico passarono in rassegna il suo mento, il collo, e
poi scivolarono in basso, fino a raggiungere il petto; il suo corpo lo marcava
più stretto ad ogni bacio, ad ogni carezza. Mase avvertì
l’eccitazione crescere, man mano che i suoi movimenti si facevano più
disinvolti, ricambiando quelli di Oliver. Il panico si mescolò all’adrenalina
nel momento in cui le labbra dell’amico scesero ad accarezzargli quasi con
tenerezza il torace, scivolando sull’addome e poi, lentamente, più in basso. Gli
sfuggì un sospiro, e la voglia di ridere venne meno, smorzata
da un improvviso momento di esitazione. Si scostò da lui, lo sguardo a
squadrare quasi con stupore le mani dell’amico, ancora appoggiate sul suo corpo.
“Cazzo.”
mormorò infine, e scostandosi appena da Oliver. Si sollevò sui gomiti,
osservandolo tirarsi lentamente indietro. L’amico si allontanò bruscamente da lui, l’imbarazzo
nuovamente a colorare il suo volto. Il cuore continuava a martellargli in petto,
quasi al punto di fargli male. Il silenzio che si arrampicò fra
di loro in quel momento lo turbò più di quanto non avessero fatto le
risate continue dell’amico. Mason appoggiò la schiena contro la testiera del
letto e si passò una mano fra i capelli, riavviandoseli, senza aggiungere nulla.
“Dì
qualcosa.” mormorò infine Oliver, non riuscendo più a sostenere quella situazione.
Sollevò appena lo sguardo, pur evitando di incrociare quello dell’amico, e lo
osservò appoggiarsi gli avambracci sulle ginocchia; aveva il capo appoggiato al
muro e un’espressione assorta, ma per nulla turbata: era bello, dannazione. E
in maniera sfrontata, per lo più. C’erano state volte in cui gli era bastato
guardarlo, per sentirsi montare la rabbia dentro. Provava rabbia, perché non
gli piaceva per niente sentirsi così; perché non avrebbe voluto sentirsi così. Era
sbagliato il modo in cui il suo sguardo indugiava troppo a lungo a fissarlo,
con la scusa di volerlo ritrarre. Era sbagliato il modo in cui arrossiva alle
provocazioni di Mase, il desiderare che non fosse tutto solo un gioco. Il
piacere che traeva dal loro continuo azzuffarsi, quando le mani dell’amico lo
trattenevano disinvolte, e il suo cuore minacciava di cedere.
Era
sbagliato.
O
forse no?
L’interrogativo
rincorse per un istante i suoi pensieri, mentre il silenzio tornava ad
alimentare il suo disagio; Mason sembrò accorgersene, perché tornò a
sorridergli sghembo, allungando pigramente le gambe sul letto.
“Bacio bene, eh?” commentò infine, dandogli un
calcetto sulla coscia. Oliver gli spinse via il piede con un gesto brusco della
mano e si sollevò in piedi, inspirando con forza; infine scosse il capo, non
riuscendo a trattenere un sorriso.
“Idiota...” ribattè in quel momento a bassa voce, affacciandosi
alla finestra. La pioggia di quel pomeriggio rigava ancora i vetri, ma il cielo
aveva incominciato a schiarirsi. Estese il suo sorriso,rasserenandosi
a sua volta, proprio come il cielo; improvvisamente avvertì il bisogno di
disegnare. Era sempre stato difficile, per Oliver, restare turbato troppo a
lungo; non aveva senso non sorridere, quando c’era tanta bellezza nel mondo. *
“Meglio
se per questa sera torno a casa a dormire.” ammise infine, voltandosi nuovamente
verso Mase. Il ragazzo si era girato su un fianco e lo stava osservando in
silenzio, la guancia appoggiata all’avambraccio.
“Sicuro?”
commentò in risposta, accennando all’ennesimo sorriso
sghembo. “Non mi sembrava la pensassi così fino a dieci minuti fa.” aggiunse,
prima di rannicchiarsi, per sfuggire a qualcosa che gli era stata appena
lanciata contro. Oliver recuperò tutte le penne che riuscì a raccattare dalla
scrivania e le lanciò addosso all’amico una alla volta. Mason ne recuperò un
paio e ricambiò il colpo, riparandosi il volto con il braccio libero.
Ridacchiarono entrambi, passando rapidamente dalle penne a qualsiasi altro
oggetto che capitasse loro sotto mano.
“Non
osare toccare la mia libreria!” esclamò a un certo punto Mason, quando l’amico
sfiorò con le dita il dorso di uno dei suoi volumi. Oliver sorrise con fare
innocente, tirando fuori il libro dallo scaffale.
“Brutto
stronzo.” Sbottò a quel punto l’amico, attraversando di fretta il letto, per
raggiungere il comodino. “Adesso ti sistemo io.” Aggiunse deciso, recuperando l’album
da disegno del ragazzo: Oliver mollò subito la presa.
“L’ho
rimesso a posto!” gli fece notare, mentre l’amico raggiungeva la finestra con
il blocco in mano. Ridacchiando, Mase aprì le persiane. Fece oscillare l’album
nel vuoto, mentre con la mano libera tentava di allontanare Oliver, che cercava
di riappropriarsi dell’oggetto. Il proprietario dell’album da disegno recuperò
uno dei libri di scuola di Mase e colpì con forza il
ragazzo sulla schiena. Mase imprecò a denti stretti, prima di allontanarsi
dalla finestra.
“Va
bene.” esclamò infine in tono di voce asciutto, gettando malamente il blocco di
fogli sul letto. “Adesso le prendi.” dichiarò infine, placcando l’amico al muro
e sfilandogli con facilità il libro di mano. Oliver cercò di liberarsi, ma alla
fine ci rinunciò. Una mano del ragazzo gli schiacciava il petto, tenendolo
fermo, e il sorrisetto presuntuoso che Mase serbava a chiunque, in quel momento
increspava le sue labbra apposta per lui. Si ritrovò a ripensare ai baci che si
erano scambiati poco prima. Osservò la mano di Mase sul suo petto e immaginò
che scendesse piano verso il basso, accarezzandolo. Finse che non lo stesse placcando alla parete per prenderlo a calci, meditando
vendetta, ma per baciarlo un’altra volta. E poi di nuovo, al suono di quei
pensieri, sì accorse di sentirsi in trappola.
“Non
è giusto.” mormorò a quel punto, forse a Mason, forse a sé
stesso. L’amico gli rivolse un’occhiata perplessa, prima di premere con più
forza la mano contro il suo petto, mentre quella libera frugava la scrivania,
per recuperare il primo oggetto che gli capitasse sotto mano: agguantò la felpa
che aveva appoggiato sulla sedia.
“Non
è nemmeno sbagliato.” commentò a quel punto con un ghigno, colpendolo in testa
con l’indumento. Oliver ridacchiò, approfittando del movimento per liberarsi dalla
sua presa. Mase riuscì a placcarlo di nuovo e, questa volta,
lo spinse più forte contro il muro, facendo aderire il proprio corpo contro il
suo. Le loro fronti si sfiorarono e il respiro di Oliver si fece irregolare
ancora una volta, mentre le labbra dell’amico si avvicinavano alle sue. Mase
esibì un sorrisetto malandrino e si scostò rapido da lui, per poterlo guardare
negli occhi.
“Mi
vuoi?” sussurrò a quel punto, guardandolo negli occhi. Oliver si sentì avvampare;
per un attimo fu quasi convinto che stesse tremando.
“Forse…” si sorprese ad ammettere infine, pur distogliendo
lo sguardo da lui. Sorrise: aveva creduto a lungo che ciò che
provava non fosse giusto, ma in fondo, Mason aveva ragione: non era nemmeno
sbagliato. “…Forse questa domanda la dovresti
fare a Caroline Forbes, più che a me.”
Il
sorriso passò dalle labbra di Mason a quelle di Oliver; il rossore sulle guance
cambiò proprietario.
E
la guerra di oggetti riprese.
Nota dell’autrice.
*quello che pensa Oliver qui riprende uno dei passaggi più famosi del film ‘American Beauty’. Ho
sempre trovato azzeccatissimo il discorso che viene fatto sulla bellezza per Oliver, il suo essere artista
e il rapporto che ha con il concetto di ‘bellezza’ <3
**Il
titolo della shot è tratto da un libro molto bello
che si chiama appunto “Né giusto, né sbagliato” ed è una biografia sull’autismo.
Ok,
ve l’avevo promessa, ho rotto tanto, e quindi alla fine ho voluto scriverla.
Una Masiver <3
Dovevo dire delle cose e adesso non me le ricordo più! Oliver fa tanto il
sostenuto, ma alla fine abbiamo scoperto che se lo fa, è proprio perché sotto sotto è proprio lui quello che pare innamorato *-* Mase è
il solito stronzone che si diverte a provocarlo,
anche se poi l’epic win
finale di Oliver lo frega v_v Ho tenuto volontariamente
fuori il suo punto di vista, perché volevo lasciare un punto di domanda su
quello che prova lui e lasciare intendere chiaramente, invece, quello che prova
Ol.
Che tra l’altro penso, a breve, intaserò face book di faccine tipo così:
^\\\\\\^ .
Via
con i pomodori la guerra di oggetti! Insomma, ci ho provato ... Spero che la prossima andrà meglio!
Un
abbraccio!
Laura