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Autore: winnie343    21/06/2012    4 recensioni
E se il cavaliere di Gemini avesse conosciuto il suo destino? Se gli fosse stata offerta la possibilità di cambiare il corso del Fato? Questa storia narra le vicende del grasso e buffo Edgar, di come diventò il Cavaliere di Pegasus grazie all'addestramento di ben due cavalieri d'oro (Milo e Aioria) e di come, pur non possedendo un cosmo, fece di tutto per proteggere i suoi amici. Perchè non sempre gli eroi del Mito hanno i muscoli.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III

La scalata di Edgar - parte I



Quando Edgar si svegliò, si ritrovò sdraiato ai piedi di un tempio bianco. La costruzione, veramente imponente, assomigliava in modo impressionante al Partenone di Atene. Non era mai riuscito a vederlo dal vivo, anche perché in vita sua l’unico viaggio che aveva affrontato era stato quello da casa sua al paese vicino, però grazie ai libri di arte che aveva acquistato da uno di quei venditori porta a porta, poteva dire senza ombra di dubbio che quel Tempio assomigliava a quello presente ad Atene. A proposito di venditori di libri ed enciclopedie, gli sovvennero i due tizi strani dai capelli lunghi, che lo avevano “molestato”: che fine avevano fatto? E come era arrivato ai piedi di quel Tempio? Si mise seduto, guardandosi intorno. Non riuscì a comprendere dove fosse finito, ma riuscì a ritrovare i suoi venditori enciclopedici. Essendo indeciso sul da farsi, cosa tipica del suo carattere, rimase ad aspettare che i due si voltassero nella sua direzione. Non riusciva a comprendere quello che si stavano dicendo, ma notava che il tizio biondo, l’assassino, gesticolava e parlava in maniera concitata, mentre quello glaciale rimaneva immobile con gli occhi chiusi. Edgar ad un certo puntò cominciò a domandarsi se stesse veramente ad ascoltare il suo compagno e se addirittura fosse sveglio. Il suo pensiero fu spazzato via alla velocità della luce dallo sguardo che l’uomo dai capelli rossi gli lanciò. Edgar si sentì come un bambino scoperto con le mani nella marmellata. Possibile che quel tizio riuscisse a leggere i suoi pensieri? I due si avvicinarono con calma verso di lui e dopo averlo invitato ad alzarsi, lo esortarono a salire le scale di fronte al Tempio.

  • Dove siamo?

Fu la domanda che rivolse loro Edgar, ma che non ricevette risposta

  • Cosa è questo posto?

Ancora nessuna risposta. Vista la sua difficoltà a salire quegli enormi gradini, venne sollevato di peso dall’assassino e trascinato fino alla porta del Tempio. Indubbiamente il ragazzo aveva dovuto fare un certo sforzo per alzare un peso morto come lui, o forse era solo una sua impressione?

  • Ma questo è veramente un tempio greco?

Ancora nessuna risposta. Edgar sospirò

  • Ragazzi, vi prego …. Fermatevi!

Edgar quasi piagnucolò. I due si bloccarono simultaneamente e si voltarono a guardarlo. Fu il rosso a parlare

  • Hai paura?

  • No … è solo che … - Edgar abbassò lo sguardo imbarazzato - … è solo che devo andare in bagno

Camus tutto si sarebbe aspettato da quell’uomo, tranne quell’affermazione. Milo sorrise divertito.

  • E’ la paura che ti fa venire voglia di andare in bagno?

Edgar arrossì violentemente, anche in virtù del fatto che il tizio biondo gli aveva fatto l’occhiolino. Gli tornò fugacemente in testa il pensiero che lo avessero potuto rapire per abusare di lui. Altrettanto fugacemente lo ricacciò. Era troppo brutto per quei due.

  • Non è la paura – quasi sussurrò

  • Ah no? – l’uomo dai capelli biondi si avvicinò a lui. Troppo vicino per non aver paura

  • Milo lascialo in pace – l’uomo dai capelli rossi redarguì il suo amico – sono solo affari suoi se ha paura o meno. Quando arriveremo al Grande Tempio, potrai andare al bagno.

  • Quanto ci vorrà?

Se avesse dovuto fare quella domanda al tizio che si chiamava Milo, probabilmente avrebbe desistito, ma visto che era il rosso che gli parlava, si sentì abbastanza tranquillo

  • Se hai un passo veloce e se siamo fortunati, poco.

  • Altrimenti potresti anche non arrivare mai

Il sorriso sghembo di Milo lo fece rabbrividire. Avrebbe voluto chiedere ai due cosa significasse la frase “altrimenti potresti non arrivare mai”, ma considerato che non avevano risposto a nessuna delle sue domande, vi rinunciò. Entrarono nel Tempio ed Edgar considerò, osservandosi intorno, che da quelle parti nessuno metteva piede da almeno un paio di anni. I due uomini che lo accompagnavano procedettero con passo veloce, mentre lui arrancò dietro di loro. Probabilmente il suo passo veloce non poteva essere paragonato al loro, anche perhè la lunghezza delle loro gambe era quasi il doppio rispetto alla sua. Ad un certo punto sentì il biondo dire una cosa per lui incomprensibile al rosso

  • Pensi che il cavaliere di Ariete tornerà mai al Grande Tempio?

  • Dovrà farlo – rispose l’uomo dai capelli rossi – perché se non lo farà verrà considerato un traditore

Edgar si domandò chi diavolo fosse o cosa fosse il cavaliere di Ariete, ma ovviamente si tenne la domanda per lui. Attraversato velocemente quel Tempio, i tre uscirono da una porta esterna e a quel punto all’uomo basso e grasso prese quasi un colpo. Di fronte a lui, oltre una serie infinita di scale si ergeva un altro Tempio. Speranzoso chiese ai due se quello fosse il Grande Tempio

  • Quella è la casa del Toro – rispose, nella sua solita atona voce il rosso

  • La casa del Toro? – Edgar lo guardò stupito – vuoi dire che in quel posto dorme un toro?

  • Toro non è un animale – il sorriso del biondo si fece ancora più insolente – è una persona e se fossi in te comincerei a preoccuparmi. E’ grande come un armadio e con una mano può schiacciarti

  • Smettila Milo! – l’uomo di ghiaccio redarguì ancora una volta il suo amico – non devi terrorizzarlo. Inoltre sai anche tu che Toro è uomo di giustizia. Certo non si può dire la stessa cosa degli altri, ma ce ne preoccuperemo quando li incontreremo.

  • Uomo di giustizia? Altri? Quanti altri? – Edgar cominciò a vedere la terra intorno a lui girare

  • Ehi, amico. Vedi di tenerti sulle tue gambe che mica voglio portati su in spalla per le dodici case dello zodiaco

Alla parola dodici, Edgar svenne nuovamente. Quando riaprì gli occhi, gli sembrò di vivere un dejavù, ritrovandosi nuovamente ai piedi di un Tempio. Non era lo stesso luogo dove si era svegliato poco prima, però. Spostando lo sguardo si trovò ad incontrare gli occhi di un energumeno con delle ciglia molto folte di un colore nero come la pece. Indossava un’armatura (un’armatura dico!) fatta interamente d’oro (Oro vero, non bigiotteria!). Avrebbe voluto urlare e fuggire, ma la paura lo inchiodò al pavimento

  • Ehi Camus, il tuo amico ha ripreso i sensi

  • Non è un nostro amico

Edgar si ritrovò davanti agli occhi la faccia del biondo e gli venne quasi da piangere. Aveva sperato che fosse tutto un sogno, un incubo da cui prima o poi si sarebbe svegliato, ma possibile che quell’incubo fosse così persistente? Intanto il biondo continuava a parlagli, mentre lo alzava in piedi come fosse un fuscello

  • E comunque, Edgar caro, ti prego di non svenire più. Non è che posso portarti in spalla e oltretutto di questo passo non arriveremo neanche per questa notte al Grande Tempio.

  • Devo andare in bagno – Edgar avvampò a quella richiesta, ma non riusciva più a trattenersi

  • Uffa! Camus ti prego – Milo voltò lo sguardo verso il rosso e così Edgar ebbe la conferma che il rosso era francese – digli che non possiamo baloccarci ancora

  • Ma io … - Edgar avrebbe voluto rispondergli che per lui non si trattava di un balocco, ma di una necessità, ma l’imbarazzo per essersela fatta addosso lo sopraffò

  • Per Athena che orrore!

Milo fece un salto indietro, raccapricciato e anche il mastodontico uomo dalle folte sopracciglia emise un suono disgustato. Edgar sarebbe voluto sprofondare o essere cancellato con una gomma tanto era pieno di vergogna. Ma le parole di Camus gli diedero un conforto insperato:

  • Perdonami Edgar per non aver compreso quanto fosse urgente il tuo bisogno. Aldebaran potresti fornire al nostro amico un cambio pulito e un luogo dove sistemarsi

Il gigante, assecondando i desideri del rosso, accompagnò Edgar in una stanza nascosta all’interno del Tempio e lì l’ometto si diede una sistemata alla bene e meglio. I vestiti fornitigli dall’omone erano larghi, ma almeno erano puliti e anche se sembrava un bambino con gli abiti del padre indosso, si sentì più sereno. Guardandosi intorno, valutò per un momento la possibilità di darsela a gambe, ma poi accantonò l’idea; un tipo goffo come lui non sarebbe mai riuscito a fuggire da quei due spilungoni. Decise di tornare dai suoi guardiani. Affiancandosi a loro, sentì Milo chiedere all’omone, il permesso di passare per la sua dimora e il tizio gli rispose affermativamente, chiamandolo cavaliere di Scorpio. Edgar non ebbe neanche il tempo di comprendere quelle parole, perché venne trascinato di peso fuori da quel Tempio.

Fu costretto ad arrancare dietro i sue due “ciceroni” per un’infinità di scale che li portarono ad un altro Tempio. Vedendo le effigi riportare su di esso, nella sua mente, onestamente non troppo sveglia, cominciò a formarsi un pensiero, un’intuizione, ma era ancora troppo presto per dargli corpo. In quell’edificio non incontrarono nessuno, ne i due ragazzi si comportarono come se si dovessero aspettare di incrociare qualcuno. Arrivati alle soglie del quarto tempio, ormai Edgar si era fatto l’idea che ne avrebbe dovuti attraversare almeno 12, anche perchè i due tizi avevano già affermato che ne avrebbe dovuti attraversare dodici. Era questo il motivo per cui era svenuto la seconda volta. Giusto? Edgar ormai aveva quasi perso il filo dei suoi pensieri. Lo stress, il terrore, l'affanno erano tutti sentimenti che nuocevano gravemente alla sua salute. L’ometto si accasciò al suolo e scongiurò i suoi guardiani di farlo riposare un po’. Camus e Milo si scambiarono una fugace occhiate, poi il rosso lo tirò su di peso sussurrandogli all’orecchio “Non ora e non certo qui”. Edgar fu percorso da una sensazione persistente di puro terrore. Il terrore sfociò in un grido acuto nel momento in cui realizzò, dopo essere entrato in quella casa, che quello su cui stavano camminando non erano sassi mal posati su un pavimento poco levigato, ma volti umani sofferenti e doloranti. Venne istintivo all’ometto il tentativo di levare i piedi da quei volti, ma la mossa repentina gli fece perdere l’equilibrio costringendolo ad appoggiarsi alla parete. Si allontanò istantaneamente da essa una volta che realizzò che anche essa era tappezzata da volti deformi. Senza pensare, si aggrappò alla vita di Milo e affondò il suo volto sul suo addome.

  • Ma dove siamo finiti? E’ questo l’inferno?

  • Ci sei quasi vicino grassone!

Una voce possente, sconosciuta, lo impaurì, costringendolo a stringersi ancora più forte al guardiano antipatico. Se avesse potuto esaudire un desiderio avrebbe chiesto di essere trasportato dall’altra parte del mondo. Nel frattempo sentì dei passi avvicinarsi a lui ed ai suoi compagni ed il sangue si fermò nelle sue vene. Qualcosa nel rumore di quei passi lo terrorizzava. Quando si voltò, si trovò di fronte un uomo alto più o meno come i suoi due custodi, con indosso un’armatura d’oro (anche lui!), ma con uno sguardo crudele ed un sorriso arrogante. Neanche il suo capo ed il capo del suo capo avevano mostrato mai tanta crudeltà nei loro occhi, eppure venivano riconosciuti da tutti quelli con cui erano entrati a contatto come due squali. Si rese improvvisamente conto che quella era realtà, non finzione o sogno, ma realtà pure, semplice e terribile e che, in un batter di ciglia avrebbe potuto perdere la cosa più preziosa che possedeva: la sua vita. Fu certo che i tre uomini che in quel momento erano intorno a lui portavano la morte con loro e neanche il pensiero che due di loro erano lì per proteggerlo, lo rincuorò.

L’uomo crudele si avvicinò a lui, ma volse lo sguardo verso il biondo.

  • Avanti Milo, dammi l’orsetto in modo che anche io possa giocarci un po’

  • Ha voglia di scherzare Death Mask?

I due uomini sorridevano come se tra di loro si stesse svolgendo un’amabile conversazione, ma Edgar sentì l’aria farsi più pesante. Il nome Death Mask, pensò, risultava appropriato per quell’uomo. Non si poteva dire che fosse brutto (tutti erano belli al suo confronto), ma quello sguardo, quell’espressione tesa lo rendevano orrendo ai suoi occhi. Milo lo spostò di peso, spingendolo verso Camus ed Edgar si sentì calmato e al sicuro, accanto al rosso. Per quanto fosse conscio che il biondo era dalla sua parte, almeno in quel momento, Edgar non si fidava di lui al 100% e mai lo avrebbe fatto. Intanto i due uomini, quello con l’armatura e quello con i capelli biondi si trovarono sempre più vicini.

  • Hai bisogno di una lezione anche tu, Milo?

  • Io credo che sia tu ad avere bisogno di una lezione.

  • Su, da bravo, lasciami l’ometto. E’ tanto che non mi diverto un po’ e con lui penso che lo farei molto. Già lo vedo scongiurare perdono e promettere tutto ciò che voglio in cambio della sua misera vita

Edgar a quelle parole si intristì, era così evidente che la sua vita non valesse nulla?

  • Il nano deve essere portato al Grande Tempio. E’ quello che ci è stato chiesto ed è quello che farò. Poi potrai farci quello che vuoi

  • Dovete chiedermi il permesso di passare – sul volto dell’uomo crudele comparve un sorriso ancora più crudele – e non penso che oggi ve lo concederò

Milo fese un passò veloce verso il tizio con l’armatura, che si mese in una posizione di difesa. I due però furono fermati dalle parole di Camus

  • Milo ricomponiti e tu Death Mask .. non penso che vuoi disobbedire ad un ordine del Grande Sacerdote

Anche il rosso sorrise e sulla schiena di Edgar passò un altro brivido di terrore. Anche Camus infondo era un uomo che portava morte e per quanto gli potesse essere simpatico, i suoi gestiti, come il suo modo di sorridere, definivano quello che era. Si sentì un pupazzo nelle mani di esseri pericolosi e desiderò fuggire lontano o almeno morire velocemente. Il tizio crudele rimase immobile per un po’ a fissare sia Milo che Edgar. Il suo sguardo non presagiva nulla di buono, ma infine, con un gesto teatrale si fece da parte e li fece passare. Nessuno dei tre lo salutò ne parlò finchè non furono fuori da quella casa degli Orrori (altro che Luna Park!). Una volta alla luce del sole, Edgar sospirò

  • Voglio tornare a casa

  • Spiacente Edgar – Camus gli rispose con calma – non possiamo permettertelo

  • Ho paura

  • Fai bene – Milo lo guardò divertito – questo è un posto pericoloso per tipi come te, soprattutto quando incontri gente come Death Mask

  • Ho paura anche … di voi – Edgar sussurrò quelle parole, ma Milo riuscì comunque a sentirle e ne rimase colpito

  • Non devi aver paura di noi, Edgar – Camus puntò i suoi occhi blu su di lui – se tu non ci farai nulla di male, noi non lo faremo a te

Edgar alzò lo sguardo e osservando attentamente il blu dei suoi occhi comprese che quelle parole erano vere.


E come ogni classico che si rispetti, anche il “nostro” eroe grassoccio e bassotto ha dovuto cominciare la sua scalata verso il Grande Tempio. Certo che incontrare Death Mask non deve essere un piacere ;-). La seconda parte prossimamente … chissà che gli succederà con gli altri.

  
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