Era uno spirito angariato.
Il suo animo era indomabile,
come quello di tutti
i Borgia.
Roma, 1501 A.D.
Il rampollo di Castel Sant’Angelo
è nella Capitale Santa.
<< Cesare! >> la
voce che lacerò il silenzio non lo infastidì. Il solo avvertire quel tono
allegro ed esaltato nella voce delle persone che lo circondavano lo metteva di
buon umore. Non aveva mai più indugiato in pensieri immorali o blasfemi da
quando era tornato a Roma, un anno addietro.
<< Cesare! >> la
voce appariva man mano più vicina, e il tono di gioia non si perdeva più per
nel vento, ma restava compatto e penetrava nelle sue orecchie come musica.
<< Cesare! >> al
terzo richiamo di quella melodia non poté evitarsi di fermare il suo cammino
per voltarsi con veemenza nei gesti. Di lontano, appariva contro la luce del
sole la sagoma di un uomo in corsa, che gli veniva in contro, seguendo, come
aveva fatto lui, il corso dello scintillante Tevere. Il sole indorava la
superficie cristallina dell’acqua e tingeva d’oro tutta Roma, facendola
risplendere preziosa come un diamante, romantica, come appariva sempre.
Mentre attendeva che l’uomo
fosse più vicino a sé, si soffermò nell’osservare il cielo rosseggiante, e
l’empireo più in alto, azzurro e vacuo. Aveva abbandonato la strada del Cristo,
e la sua vita era caduta nella distruzione dell’animo, erosa dalla rabbia,
dalla lussuria, dall’invidia, dalla bramosia. Eppure, Dio aveva sempre vegliato
su di lui, dandogli un ultima speranza, un ultima possibilità di redenzione, quando
nessun altro l’avrebbe mai perdonato Dio lo aveva fatto. Era rinato, quella
domenica di un anno prima, e da allora, la sua vita era nettamente migliorata.
Fece scivolare il suo
sguardo per il cielo, sulla superficie dell’acqua, ed infine, fissò la sagoma
ormai più prossima a raggiungerlo.
In un attimo, un giovane
uomo gli fu davanti, con gli occhi infiammati dall’ardore e dall’emozione, ed
un sorriso infantile sul volto.
<< Cesare! >>
esordì l’uomo, con il fiato corto per via della corsa, ed il viso imperlato da
un poco di sudore.
<< Gian Galeazzo,
amico mio! >> disse il Borgia, cingendogli le spalle con un braccio,
riprendendo a camminare lentamente al suo fianco.
<< E’… è arrivata una…
è… >> le parole gli mancarono per via del fiatone e dell’emozione.
<< Calmati, amico mio!
>> sbottò il Borgia, intensificando la forza della stretta sulle spalle
dell’amico, incoraggiandolo a ricomporsi:<< hai buone nuove da Faenza?
>> chiese poi, fissando con intensità il foglio che il Manfredi stringeva
in pugno.
L’uomo alzò il capo e fissò
il Borgia con furore, aprendosi in un sorriso sollevato e canzonatorio:<<
lo hai fatto di proposito?! >> sbottò tra una domanda e un’affermazione
euforica. Da quando era giunto a Roma, mille cose erano cambiate. Cesare era
cambiato, innalzando ancor più il suo animo a Dio, era veramente l’emissario di
Nostro Signore in terra. Pregava ogni giorno, almeno cinque volte ogni dì,
parlava come fosse un angelo, e la sua bellezza, pareva crescere ora dopo ora.
Gian Galeazzo aveva trovato un ottimo amico nel Borgia, anche se spesso, stare
accanto all’uomo, gli provocava gravi dilemmi.
Cesare era il suo migliore
amico, ma non si spiegava la prematura apprensione e la gelosia che provava,
era qualcosa di profondo che lo legava al Borgia… Dapprima, era un sentimento
vacuo ed effimero, poi, s’era intensificato, e non passava giorno in cui non
crescesse. Non era un semplice amicizia a legarli, e Gian Galeazzo ne era
spaventato, ma allo stesso tempo felice. Quella dolce e leggera eccitazione che
lo coglieva quando vedeva Cesare era per lui un calore innegabile, qualcosa che
non poteva, e non doveva mancare. Era la forza che faceva susseguire un respiro
ad un altro, la gioia che gli faceva battere forte il cuore quando era accanto
a lui.
<< Gian Galeazzo,
amico mio… >> disse con tono sarcastico il Borgia, picchiettando
gentilmente la spalla dell’uomo:<< lo ammetto! >> disse poi,
aprendosi in un sorriso:<< ho organizzato tutto io! Non potevo più
sopportare la tua orribile faccia martoriata dalla nostalgia! >> spiegò
ridendo, contagiando d’euforia crescente anche l’amico sotto il suo tocco
benevolo e gentile.
<< Non potendo portare
Faenza a Roma, e non potendoti lasciare andare, ho deciso di invitare Astorre
anch’esso a Roma! >> disse sorridendo.
<< Sei un folle,
Cesare! >> sbottò Gian Galeazzo, sorridendo, ma senza poter evitare di
manifestare imbarazzo e disappunto:<< chi resterà a Faenza, mentre
Astorre si reca a Roma? Lasceremo la città senza un comando? >> disse
increspando allora la voce in una genuina preoccupazione.
<< Oh, Gian Galeazzo!
>> sbottò il Borgia:<< quanti problemi riesci a porti? Astorre non
è un folle, lascerà certamente qualcuno al comando della città, e poi, il suo
soggiorno sarà breve! >> disse.
A quelle ultime parole, il
Manfredi parve incupirsi un poco, aveva molte cose di cui parlare con il
fratello, e avrebbe desiderato che il suo soggiorno a Roma fosse eterno.
<< Cosa ti angustia,
ora, amico mio? >> disse d’impulso il Borgia, notando la sua crescente
preoccupazione.
Gian Galeazzo scosse la
testa, quella voce era tanto perpetua da impedirgli di replicare, ma
soprattutto, era capace di infiammare il suo animo. Erano giorni, mesi, che non
riusciva a stare senza sentire la virtuosa ed angelica voce del Borgia.
<< Non ti devi
angustiare, amico mio… >> disse il Borgia, battendo più forte sulla
spalla del Manfredi:<< Astorre resterà a Roma il tempo necessario,
capisco come ti possa sentire, non lo rivedi da un anno… >> rassicurò con
voce delicata.
Gian Galeazzo lo fissò e
sorrise, contagiato dall’ennesimo sorriso dell’amico. Amava il volto del
Borgia, aveva la capacità di farlo sentire bene e felice. Non era una sua
fantasia, v’era un legame forte tra di lui e Cesare Borgia, e nel profondo,
avvertiva che anche l’altro la pensava allo stesso modo. V’era qualcosa di
mistico nel silenzio di mille parole che avrebbe desiderato dirgli.
<< Rallegrati, amico
mio! >> esordì il Borgia:<< presto i Manfredi saranno nuovamente
insieme! >>
<< Sei giovane, Gian
Galeazzo… >> disse, con calma sorprendente. Gian Galeazzo non avrebbe mai
pensato di poter percepire una tale calma nella voce del fratello. Astorre era
cambiato molto durante quell’anno, e la sua reazione l’aveva confermato. Pareva
essersi, finalmente, capacitato di sé stesso, ed avere preso il controllo delle
proprie emozioni viscerali.
<< Dimmi Astorre, cosa
devo fare? >> chiese seriamente il più giovane tra i fratelli, prendendo
a fissarsi la punta degli stivali.
Astorre restò il silenzio
per qualche attimo. Non si sarebbe mai
aspettato quella rivelazione, ma non poteva dimostrarsi ingenuo, Gian Galeazzo
era suo fratello, tutto ciò che gli restava della sua famiglia, non poteva
abbandonarlo. Per quanto la sua capacità di autocontrollo fosse stata messa a
repentaglio e la sua repulsione crescesse, avrebbe fatto tutto ciò ch’era in
suo potere per dissuadere Gian Galeazzo, per farlo tornare in sé.
<< Devi confessarti,
fratello mio… >> disse seriamente, ricordando le divine inclinazioni del
fratello, posandogli contemporaneamente una mano di conforto sulla spalla,
stringendo con le dita sulla sua casacca blu.
Gian Galeazzo, suo fratello era
giovane, inesperto, non avrebbe mai dovuto lasciare che il Borgia lo portasse
via con sé; che lo allontanasse dal suo sguardo e dalla sua protezione. Si
rimproverò repentinamente. Per saziare la sua rabbia e per via del suo scarso
autocontrollo ora suo fratello era pervaso dalla malattia più grave e orrenda
che si potesse mai contrarre, la piaga dei Borgia.
Chissà quali stravaganti
idee il Valentino aveva inculcato nell’ancora giovane e malleabile mentre di
suo fratello. Chissà come Roma e tutti i suoi vizi, i suoi giochi, i suoi
tranelli e le sue oscenità avevano modificato e distrutto le difese spirituali
e morali di Gian Galeazzo.
Il Valentino aveva preso
ancora una volta il sopravvento. Li aveva ingannati con sapienza ed eleganza, ed
alla fine, il suo gioco li aveva sopraffatti. Cesare Borgia era arrivato là, dove
il cuore di Faenza batteva forte, ove gli impulsi non potevano più essere
controllati. Li aveva separati. Li aveva messi contro l’un l’altro. Li aveva
divisi, frapponendo tra loro la sua lama ed il suo fascino, le sue lusinghevoli
parole. Li aveva distrutti; e con loro anche l’onore di Faenza era caduto. Cosa
avrebbero raccontato i posteri in altre epoche? I due fratelli Manfredi
disonore della famiglia, caduti nell’inganno orrendo di un uomo ancora più
ignobile e raccapricciante delle sue stesse parole. Gli Angeli di Dio caduti
sotto i colpi del Figlio di Satana.
Dio solo, poteva salvarlo,
ma Astorre, sapeva sin troppo bene che l’Onnipotente aveva smesso di
presenziare presso il Vaticano da quando Rodrigo Borgia e tutta la sua schiera
di bastardi avevano flagellato le linee celesti degli angeli buoni per
sprofondare nel decadente.
Trattenne a stento la sua
ira. In fin dei conti era colpa sua. Avrebbe dovuto combattere, non lasciarsi
convincere a negoziare. Avrebbe dovuto proteggere suo fratello, e Faenza, ma
non l’aveva fatto. Era colpa sua, il Borgia non era stato altro che più astuto
di lui.
Cadde un pesante silenzio tra i due, ma in un
attimo, Gian Galeazzo alzò il capo e sgranò gli occhi, fissando il fratello
contraddetto:<< sei uscito di senno, Astorre? >> sbottò
divincolandosi dalla presa del consanguineo.
<< No, fratello!
>> sbottò l’altro, fissandolo intensamente, con volto che non tradiva
alcuna emozione.
<< Dimmi, Astorre!
>> sbottò famelico Gian Galeazzo, incupendosi di colpo:<< riveleresti
mai a Cesare che giaci con sua moglie?! >> sbottò, puntandogli contro un
dito:<< nel suo stesso letto, per giunta?! >> disse infuriato, come
non era mai stato, ed in quell’urlo riconobbe quell’animo incontrollabile che
aveva caratterizzato tanto allungo suo fratello. Il suo animo era spezzato in
due metà che parevano non poter coincidere.
<< No! >> sbottò
Astorre, alzando un poco la voce, scaldatosi a sua volta:<< no… >>
ripeté con più calma, stringendo i pugni lungo i fianchi, perdere le staffe non
era la cosa giusta da fare.
<< Non capiterà mai
più! >> disse poi, con voce più bassa, fissandosi nervosamente attorno,
nessuno doveva ascoltare quella conversazione, mai. Il Borgia, per quanto magnanimo lo ritenesse
Gian Galeazzo, e per quanto si fosse ammansito in quell’anno, possedeva sempre
quel suo animo di vendicatore che lo aveva reso indissolubilmente ed
orribilmente noto.
<< Devi credermi, Gian
Galeazzo! >> disse poi, prendendolo saldamente per la spalle,
costringendolo a fissarlo:<< è stato un errore, non capiterà mai più!
>> disse serio.
Gian Galeazzo parve meditare
per qualche attimo su quelle parole, eppure, nella sua mente, tutto era chiaro.
<< Lo dicesti anche due settimane orsono, fratello! Quando vi trovai io
stesso a giacere insieme! >> sbottò irritato, senza trovare la forza di
divincolarsi, o di biasimare seriamente il fratello. Anche lui, in quei giorni
di smarrimento aveva pensato cose indicibili, procurandosi piaceri illegittimi
e blasfemi, che avrebbe fatto fatica a confidare, perfino a Dio stesso.
<< Sei qui a Roma da
due mesi, Astorre, e già ti scavi un buco nel letto delle donna di un altro?
Nel letto della moglie del tuo protettore? >> disse in un sussurro,
mentre le lacrime gli arrossavano gli occhi.
Astorre abbassò il capo e lo
scosse, facendo oscillare nell’aria la capigliatura bruna. Aveva sbagliato, lo
sapeva, ma Gian Galeazzo non era certamente meno responsabile di lui.
<< Non mi puoi biasimare,
fratello! >> sbottò infine, digrignando i denti. Quello che gli aveva
confessato Gian Galeazzo era molto più grave di un tradimento carnale con la
donna di un altro.
<< Io amo Carlotta
d’Albret! >> sbottò infine Astorre, in preda all’ira crescente, come
poteva sua fratello giudicare? Come?
<< Come fai a dire una
cosa del genere? >> sbottò al culmine della rabbia e del dolore Gian
Galeazzo, l’incomprensione di suo fratello era ciò che più lo feriva.
<< Come fai tu a
giudicarmi, fratello? >> urlò, spintonandolo iracondo Astorre: <<
Come? >> urlò ancora, con calde lacrime di rabbia che gli bruciavano
attorno agli occhi: << Con quale criterio osi dire a me che non posso
amare una donna, quando per lo meno, io amo una donna! >> sbottò tra i denti, in un ringhio furioso che aveva
tutto l’aspetto d’essere una rinfacciarsi di eventi frustrati.
<< Una donna, hai
capito! >> saettò un attimo di silenzio << Non un uomo… pederasta! >> sibilò, in prossimità
dell’orecchio del fratello, mentre gli occhi di Gian Galeazzo si infiammavano
di pianto.
Il silenzio calò sui due, e
per l’ennesima volta, Astorre, ribollì per la rabbia. Cesare Borgia gli aveva
rubato tutto. Faenza era sua di diritto, eppure il Borgia gliela aveva
strappata dalle mani ed ora, era riuscito anche a portargli via l’affetto del
fratello, facendolo sprofondare nel peccato, portandolo con sé sulla via di
Satana.
Digrignò i denti, infine,
suo fratello si divincolò dalla presa delle sue mani, e in un attimo, sentì la
sua voce ronzargli nelle orecchie, mentre si allontanava:<< Non saprà
nessuno del tuo segreto, fratello! >> disse Gian Galeazzo:<< ma non
puoi evitare che nessuno sappia del mio! Dirò tutto a Cesare, adesso! Mi
confesserò, e seguirò quindi il tuo consiglio… >> gli disse, come se volesse
rinfacciargli qualcosa.
Prima d’uscire, tuttavia, si
fermò e fissò ancora il fratello, con fermezza mai vista prima.
<< Lui capirà, lui mi
ama… >>
Il Borgia trattenne a stento
un conato di vomito mentre fissava il volto dell’uomo che gli era davanti.
Per la prima volta dopo un
anno, sentì il bisogno di impugnare un arma e trafiggere una persona. Non aveva
più indugiato in certi dannati desideri, eppure, in quel momento, gli pareva di
essere ripiombato nell’ira più grave e cieca che avesse mai provato in vita
sua.
Mentre sentiva il suo respiro farsi sempre più
affannato ed il suo cuore battere sempre più forte, fu colto da un improvviso
tremore. Non si sentiva così frustrato da mesi, ormai. Il suo cuore aveva
sempre battuto colpi regolari e spensierati in quell’anno, eppure, ora, quella
calma era stata spezzata. Aveva creduto di poter morire come una persona
migliore, una persona pura, eppure, non gli era possibile. Sarebbe morto come
un peccatore, un uomo che desidera il sangue d’altri uomini. Un assassino.
Trattenne il famigerato
bisogno di sangue che provava, e cercò di non fissare troppo a lungo l’uomo che
gli stava davanti. Infine, l’insistenza di quell’istinto animalesco non poté
più essere trattenuta.
<< Guardie! >>
esplose in un urlo osceno. La sua voce era cupa, tonante e pareva risalire a
lui dagli inferi. Pareva fosse la voce stessa di Lucifero. << Guardie!
>> urlò ancora, mentre già si poteva avvertire il fragore degli stivali
sul marmo del palazzo.
Il Borgia avvertì quel
serpente di male strisciare sempre più inesorabilmente verso di sé,
pervadendolo ancora con la sua fiamma d’odio. << Guardie! >>
esplose ancora una volta, nello stesso istante nel quale un gruppo ben nutrito
di soldati facevano irruzione della sala. << Arrestatelo! >>
ringhiò sommessamente, puntando un dito contro all’uomo che gli stava dinnanzi,
con le lacrime che scorrevano copiose lungo le guance arrossate dall’imbarazzo
e dall’impotenza.
L’uomo non oppose alcuna
resistenza a quell’arresto, si fece legare le mani e condurre oltre la soglia
della porta, senza smettere di fissare l’uomo che amava, non poteva credere a
quello che stava succedendo. Conosceva Cesare, era impulsivo, presto sarebbe
tornato per scusarsi. Lo amava, come non aveva mai amato nessuno, e non poteva pensare che Cesare non l’amasse a sua volta. Era troppo doloroso
pensarlo.
Per un attimo, la calma
riprese a pervadere l’animo del Borgia, ma i tremori e la rabbia squassavano
ancora la sua carne, non poteva evitare di essere furioso, non poteva evitare
di assecondare i suoi istinti maligni. Li aveva già seguiti una volta, quando
aveva lasciato la strada di Cristo per intraprendere quella bellica, e a cosa
l’aveva portato quella scelta? Al successo!
Aveva riunificato il Lazio,
conquistato la Romagna tutta e messo in fuga i più grandi monarchi del suo
tempo.
No, Dio non serviva. A cosa
l’avrebbe condotto Dio, se l’avesse seguito quando ne aveva avuto la
possibilità? A cosa l’aveva condotto Dio, ora che era ritornato in seno alla
chiesa? A nulla! L’aveva condotto ad un esistenza casta e misera, circondato da
sodomiti, vili! No, quello era il suo
ultimo errore.
Lasciava la via di Dio ed
intraprendeva quella di Satana.
Non sarebbe tornato
indietro. Né adesso, né mai più.
Mentre la sua rabbia
cresceva ormai incontrollata, sentiva il sempre più bruciante desiderio di
apporsi la spada al fianco, che da tempo, giaceva inutilizzata nella sua
stanza. D’ora in avanti, non se ne sarebbe mai più separato.
Attraversò la stanza con
veemenza, mentre i suoi passi rimbombavano sempre più cupi e opprimenti per le
sale. Si avvicinò con maggiore rabbia e determinazione alla sua stanza da
letto, mentre i suoi occhi azzurri erano ridotti a delle linee sottili. Con
impeto spalancò la porta della stanza da letto, e con un ringhio, si costrinse
a bloccarsi sull’uscio, con il volto più cupo che mai.
Le donna con la quale
condivideva il letto fedelmente da ormai due anni, giaceva completamente ignuda,
sovrastata dalla grossa sagoma di un uomo conosciuto e odiato.
Ci volle poco perché il suo
volto s’imporporasse d’ira, fomentata dalle urla di piacere della donna e dal
respiro affannato e affaticato dell’uomo.
I suoi pugni si strinsero
fino a far sbiancare le nocche, mentre i muscoli della mascella si tendevano
nello sforzo di digrignare i denti. Dalla sua gola scaturì un grugnito di
rabbia, che per qualche attimo echeggiò per la sala, mentre le sue membra erano
colta da profondi brividi e i suoi occhi si infiammavano del fuoco di Satana.
Il bisogno istintivo e incontenibile di sentire il calore del sangue sulle sue
mani lo colse in un attimo, crollandogli addosso come un macigno. Quel
desiderio s’era sopito per quasi un anno, ma ora, era tornato più forte di
prima, come se reclamasse giustizia. Non avrebbe mai più dato spazio alla
ragione, d’ora in avanti, ci sarebbero stati solo odio, rabbia, frustrazione e
fuoco eterno.
Un ennesimo urlo di rabbia
scaturì dalla sua gola, mentre faceva un passo in avanti, senza riuscire a
staccare il suo sguardo dalla spada che giaceva immobile su di una panca. Con
un veloce balzo in avanti il Borgia estrasse l’arma, ed in un attimo fu pronto
a puntare l’arma alla gola dell’uomo, che s’era rapidamente alzato dal letto.
Gli occhi azzurri del figlio
del Papa si colmarono di tale rabbia che pareva riassumere l’eterno tormento
degli inferi. Aveva il volto purpureo ed imperlato dal sudore. Gli pareva di
bruciare, consumato dalla sua brama di sangue e morte. La fiamma che gli
invadeva il petto divampava sempre più forte. Digrignò i denti e spinse un poco
di più la lama della spada sulla gola dell’uomo.
<< Uccidimi! >>
sbottò l’altro, in un ringhio, inarcando la schiena e alzando il mento, dando
la possibilità al Borgia di prendere bene la mira sul suo collo. <<
Uccidimi, codardo, che aspetti?! >> urlò ancora fissandolo con odio. Non
gli importava nulla. Sua fratello era stato rapito dai Borgia, Faenza era
perduta, e anche se per poco aveva potuto avere la sua vendetta.
Il Borgia restò immobile per
qualche attimo, e la lama della spada si premette ancor più sulla carne
dell’uomo, lacerandola leggermente, mentre un rivolo di sangue scorreva sulla
pelle nuda. Il Borgia sorrise oscenamente alla vista del liquido vischioso che
tanto aveva agognato. Si umettò le labbra e strinse ben in pugno la
spada:<< tu dai del codardo a me, Astorre? >> sbottò:<< l’eunuco
che deve giacere di nascosto con una donna perché troppo impotente per avere
una donna da soddisfare veramente? >> sbottò, mentre infiltrava con più
veemenza la punta della spada nella carne lacerata dell’uomo. La sensazione
della pelle viva, il sangue che colava e la sensazione di onnipotenza che
provava in quel momento non potevano più essere controllate. Si sarebbe
abbandonato a quelle percezioni per il resto della sua vita. Auspicava
quell’attimo da insormontabile tempo. La rabbia che gli stringeva il cuore e gli
dava la forza di respirare esplose e divampò, illuminando i suoi occhi di
vendetta. Un sentimento così poco nobile, ma bramato per tantissimo tempo.
Si mosse rapidamente, e con
un colpo alla testa infertogli con l’elsa della spada lo fece crollare a terra
frastornato, mentre, con passo deciso e furibondo si avvicinava pericolosamente
alla donna ignuda.
<< Sporca puttanella
che non sei altro! >> sbottò con tanta ira nella voce che la moglie si
ritrasse velocemente verso un angolo della stanza. I passi del Borgia si
allungavano cupi sul pavimento, e il suo volto era completamente livido di
rabbia, tramutatosi in una maschera informe ed oscena d’odio e rancore. Voleva
solo la vendetta, null’altro.
<< No! No, Cesare, ti
prego! >> disse la donna con voce acuta, mentre le lacrime le colavano
rapidamente rigando le guance.
I passi del Borgia non si
placarono, continuarono inesorabili a tracciare il loro cammino lungo il
pavimento, rimbombando sonoramente. Nella sua mente non v’era altro che
vendetta, nel suo cuore solo cupidigia, nulla più. << Dimmi, puttana!
>> sbottò: << ti sei divertita? >> urlò, mentre l’afferrava
per un polso, conficcando profondamente le sue unghie nelle carne della
donna:<< spero di sì, perché questa sarà l’ultima volta! Farò in modo che
non possa capitare più! >> sbottò, infine, tra le urla della donna la
buttò a terra, facendole sbattere pesantemente il volto contro il marmo del
pavimento.
<< Cesare, ti prego…
no! Perdonami, perdonami! >>urlò, rialzando il volto, sfigurato dal
sangue che le fluiva dal naso rotto.
Il Borgia non disse nulla,
la fissò con odio in volto, mentre, senza preavviso faceva piovere una serie di
calci nelle costole della donna, facendole vomitare sangue tra le urla.
<< Petronio! >> l’urlo
del Borgia parve provenire dalle viscere della terra, e scosse profondamente le
membra della donna che ancora subiva le violenze dell’uomo. << Petronio!
>>.
I passi dell’uomo
echeggiarono lontani per il corridoio, infine, la sua figura apparve sulla
soglia, seguito da un manipolo di soldati:<< Mio signore? >> disse,
facendo irruzione nella stanza, restando sconcertato davanti alla pozza di
sangue nella quale giaceva la donna rantolante.
<< Prendetelo!
>> sbottò in un ringhio il Borgia, indicando con gesti risoluti Astorre,
che ancora era carponi sul pavimento, disorientato.
Il Borgia pareva essersi
calmato, i suoi occhi bruciavano di rabbia, ma il suo viso era tornato pallido
ed il suo atteggiamento era nuovamente risoluto e calmo. << prendetelo…!
>> ripeté con fermezza nella voce:<< subito! >> aggiunse più
irritato.
Petronio si affrettò a fare
cenno ad alcune delle guardie alle sue spalle, mentre a malin cuore vedeva che
il suo vecchio padrone ed amico veniva trascinato fuori dalla stanza. Il suo
cuore si spezzò in due parti, Astorre e Gian Galeazzo erano per lui come dei
figli, eppure, in suo nuovo padrone e signore, Cesare Borgia gli comandava di
rinnegare coloro che tanto fedelmente aveva servito per quasi trent’anni di
vita.
<< In quanto a te,
puttana! >> la voce del Borgia suonò tetra nella stanza. Con un gesto
irritato lanciò la spada a terra, mentre la lama tintinnava al contatto con il
marmo. Con un sol passo fu sopra la donna, ed assestandole un altro calcio
nelle costole si chinò su di lei e le prese la testa con una mano, tirandole i
capelli, mentre la cute pulsava dolorosamente. La donna lanciò un urlò d’orrore
e paura mentre si sentiva trascinare via, seguita dalla striscia di sangue che
abbandonava dietro di sé sul pavimento. Si sentì sollevare e la terra le mancò
sotto i piedi, infine, si ritrovò a fissare gli incandescenti occhi azzurri
dell’uomo ch’era suo marito.
<< Ti prego, Cesare…
no… >> rantolò, mentre il Borgia fissava sprezzante il volto insanguinato
e rotto da profondi tagli della donna. Un tempo l’aveva affascinato per via
della sua bellezza, e in quell’ultimo anno s’era illuso di poterla persino
amare, nonostante il loro fosso un matrimonio d’interesse. Ma non più. Ora, in
quel volto sfregiato e distrutto non vedeva altro che tradimento, menzogna,
nulla più che il volgare viso d’una prostituta qualsiasi. Avvampò di rabbia, e
un idea perversa e agghiacciante gli passò per la mente.
<< Tu…! >> disse
a breve distanza dal suo volto, con occhi ridotti a sottili linee
fiammeggianti:<< ti è piaciuto giacere con un orso figlio d’una cagna?
>> sbottò.
La donna non disse nulla, rantolò e pianse forte, mentre cercava
di aggrapparsi alle braccia dell’uomo con tutte le sue forze, graffiando la
pelle candida del Borgia, che la respingeva con tutto sé stesso. Il solo
pensiero di aver giaciuto con quella donna ignobile lo feriva profondamente.
<< Petronio! >>
sbottò in un impeto di rabbia, scagliando la donna verso il pavimento,
facendola sbattere pesantemente a terra.
L’uomo fece un passo avanti,
ma il Borgia gli impedì di soccorrere la donna, assestandole l’ennesimo calcio
al basso ventre, che la fecepiegare in due sputando sangue, mentre anche dalla
sua intimità iniziava a colare il liquido vermiglio.
<< Prendila! >>
sbottò il Borgia, indicandola con un dito teso, dalla sua posizione
statuaria:<< Vesti l’ignuda! >> ordinò seriamente, fissando l’uomo
con occhi tanto tenaci da non ammettere repliche:<< fa in modo che le
venga pitturato il volto, e che appaia bella, per quanto possa risultare difficile
tingere di puro coloro che sono impuri. Prendila, portala nei bassi fondi e
vendila come prostituta papale! I Borgia dalla loro altezza hanno deciso di far
divertire anche il popolo! >> disse, facendo comparire sul suo volto
angelico un sorriso perverso.
Petronio rimase immobile, ma
dai suoi occhi traspariva la paura ed il disprezzo.<< Ma mio signore…
>> cercò di dire.
<< Fa silenzio,
Petronio, se non vuoi che ordini di fare altrettanto su di te! >>
minacciò con voce ferma, voltandosi a fissarlo con sguardo talmente truce
d’apparire come quello di Satana stesso.
La follia del Borgia era
esplosa in tutta la sua brutalità e sete di vendetta.
<< Voglio che questa
sgualdrina sia portata in città, e venduta al minor prezzo ad un uomo a notte
per sette notti da questo giorno! >> ordinò fissando di sottecchi
Petronio.
<< No, ti prego!
>> urlò la donna, mentre si teneva il ventre con una mano:<< ti
prego, no! Non volevo, perdonami, no! Non succederà mai più, più, ti prego, non
farmi questo, tutto, ma non questo! >> le sue lacrime s’aggiunsero al
sangue del suo viso:<< prendimi! >> urlò:<< prendimi subito,
adesso! Come vuoi, non opporrò la minima resistenza, tagliami, uccidimi,
rendimi sterile, tutto! Ma non questo, tutto! Cesare, tutto! >> le
disperate parole della donna risuonarono per la stanza, ma il Borgia parve non
sentirle, infuocato dalla sua rabbia, perso nel suo buio.
<< Se mi è permesso…
>> cercò di dire Petronio, mentre il disgusto attanagliava il suo
stomaco. Aveva creduto che il Valentino fosse buono, era stato persuaso da Gian
Galeazzo a crederlo caritatevole e generoso, e lo aveva servito come tale. Ma
in lui, non vi era nulla di bello e cristiano; nulla di fragile e semplice.
Nella sua mentalità folle e corrotta, nei suoi occhi velenosi e capaci di
incutere terrore non vi era altro che ostentazione, l’orrore e la perversione.
Rabbia, forse, o forse era la voglia di vendicare tutto ciò che gli era stato
inflitto. Era l’ambizione repressa di un ragazzino privato della scelta,
intrappolato nel presente e gravoso del peso del passato. Proprio come la luce
che infiamma gli occhi di un toro infuriato prima della corrida, nulla di più
umano era quello che il Borgia esprimeva.
<< No! >> sbottò il Valentino, tornando a fissarlo ancora più furiosamente di prima:<< non ti è permesso dire nulla, questi sono i miei ordini, e questi eseguirai! >> sbottò, mentre Petronio era costretto a chinare il capo in segno di rispetto:<< inoltre! >> aggiunse il Borgia:<< osserverai quanto accadrà ogni singola notte, per essere certo che mia moglie… sia nella mani migliori! >> disse con un tocco tale d’ironia nella voce che lo fece apparire come ancor più bruto agli occhi dei presenti. Pareva si giovasse dei dolori e dei pentimenti altrui. Riusciva a vedere la paura nei cuori di chi gl’era davanti, e usava questo timore contro di loro.
-Angolo Autrice-
Buon pomeriggio a tutti,
Premetto facendovi i miei complimenti, se siete riusciti ad arrivare sino a qui in fondo, per ascoltare le mie chiacchiere, allora godete di ottimi sistemi nervosi per non esservi già stancati. Tuttavia, mi sembra corretto precisare alcuni punti che, come parecchi di voi avranno notato, non sono esattamente in sintonia con ciò che la Storia ci racconta, ma per il bene della narrazione ho dovuto rendere il tutto un poco più movimentato rimescolando un po' le carte in tavola, altrimenti vi sareste veramente addormentiati sulle sedie... posso immaginare che capitoli e capitoli sui rimugini frustrati di un uomo arrabbiato e borioso non siano prorpio allegri...
Ecco quindi a voi la lista dei fatti, "eretici" per quanto riguarda la Storia:
-Cesare passò diversi momenti a Roma durante il suo periodo di conquista, ma mai lunghi come quelli da me descritti, ma tutti i suoi cambiamenti spirituali e mentali non potevano certo avvenire in pochi giorni.
-Nel 1501 le campagne in Romagna non erano certo finite, e anzi, si può dire che partissero proprio adesso, ma io ho segnato questo anno come calmo per le stesse motivazioni di sopra.
-Carlotta d'Albret, realmente moglie del Valentino, non mise mai piede a Roma, né sul suolo italiano, visto che fu sempre in Francia come garanzia per il buon comportamento di Cesare. In oltre, in quel periodo aveva già avuto la figlia, mai conosciuta da Cesare; Luisa nata tra Aprile e Maggio 1500.
-Cesare non fu mai il marito fedele di Carlotta, né l'uso di sua moglie come ostaggio gli impedì atti bruti. Tre le amanti vi furono Caterina Sforza, Dorotea Malatesta Caracciolo etc... donne più o meno accondiscendenti nei confronti dell'interesse del Duca.
-Astorre non fu mai amante di Carlotta d'Albret.
-Cesare non potè mai vendicarsi così crudelmente sulla moglie.
Per il resto la Storia racconta, (come in tutte le cose dei Borgia con modi vaghi) una sorta di amicizia tra Gian Galeazzo e Cesare, che secondo alcune malelingue avrebbe fatto innamorare perdutamente il Manfredi del Valentino (e chi non lo farebbe), io mi sono semplicemente avvalsa di questo pettegolezzo per introdurre un po' lo spirito che vedo in Cesare.
Spero di non essermi dimenticata nulla, ma voi fatemi pure presente erroracci o assurdità ed "eresie storiche", ve ne prego...!Ci rivedremo al prossimo capitolo se ne avrete voglia,
Saluti,
Hivy