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Autore: Strega_Mogana    09/01/2007    9 recensioni
Cinque ragazze, cinque ragazzi, cinque amori.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inner Senshi, Sorpresa
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ritratto d’amore (seconda parte)



Ho il morale a terra, entro in casa strisciando i piedi come i bambini pigri, mi tolgo la giacca e la lascio cadere sul pavimento.
Sapevo che prima o poi l’avrei rivista e sapevo che non sarebbe rimasta a piangere per me per sempre... sapevo tutto questo eppure non ero pronto a quello scontro.
La sua rabbia, quel gelo nei suoi occhi e poi Motoki... già quel ragazzo biondo con cui si é fidanzata.
Ed ecco la familiare, quanto agghiacciante, gelosia che mi rode lo stomaco. Ma non dovrei esser geloso, l’ho lasciata io, io le ho detto che avevo bisogno di una donna più matura, io le ho detto che volevo ricominciare da capo senza di lei.
Non la biasimo se mi odia con tutte le sue forze.
Mi siedo pesantemente sul divano in salotto, sono stanco di tutto questo schifo che mi circonda, stanco della persona orribile che sono diventato, stanco di queste persone che mi acclamano come un giovane talento quando io mi sento solo un mendicante che vive ai margini delle strade facendo qualche ritratto in cambio di pochi yen.
Sono molto stanco.
I miei occhi si chiudono per qualche istante sul mondo, qui, nel mio sogno, posso tornare indietro nel tempo, quando io e Makoto stavamo assieme, quando eravamo felici, quando lei mi osservava mentre dipingevo facendo un gran fracasso. Solitamente per gli artisti il rumore non é altro che fonte di distrazione, per me i rumori che faceva Makoto quando stava in casa erano una dolce musica. Mi aiutavano a concentrarmi, forse erano proprio loro la mia fonte di ispirazione... una fonte che non avrò mai più. Sento che sto per assopirmi quando il telefono suona facendomi fare un salto. Mi alzo riluttante, non voglio sentire nessuno, voglio sono tornare a dormire e sognare la mia Makoto.
- Pronto?
- Nephrite Nakazumi?
- Sì, sono io.
- Sono Kitano Horoschi.
- Il direttore della galleria d'arte?
- Esatto... ho visto qualche suo quadro e vorrei esporli nella mostra che si terrà il prossimo week end. E' incentrata sui pittori emergenti, i giovani talenti del giorno d'oggi.
La mia presa sulla cornetta aumenta.
- Chi le ha dato i miei lavori?
- Il rettore della facoltà. - spiega l'altro - Li ha visti tramite il suo professore ed entrambi dicono che ha un enorme talento e dopo aver visto di persona i suoi lavori non posso che dargli ragione.
Sento il cuore balzarmi nel petto. Mi mordo un labbro... é un piccolo passo verso il mio grande sogno: lavorare come pittore acclamato.
Allora perché non sono felice?
- Sig. Nakazumi é ancora in linea?
- Sì. - rispondo fissando il mio riflesso allo specchio posto sopra il telefono - Accetto molto volentieri la sua proposta. E' un'opportunità unica.
- Perfetto. Allora vorrei vederla domani mattina nel mio studio per discutere di alcuni particolari e per decidere quali tele mettere in mostra.
- Benissimo. A domani allora.
Riaggancio con un sospiro, dovrei esultare, dovrei gridare dalla gioia. Invece resto qui davanti al telefono a fissare la mia immagine.
Un’immagine che mi fa schifo.
Se Makoto fosse qui avrebbe saltato per tutta la casa, mi avrebbe abbracciato, baciato e preparato un gustoso pranzetto per festeggiare.
Mi manca tutto questo.
Mi manca lei.
Afferro la cornetta e compongo il numero di una persona che so potrà aiutarmi in questo caso.
- Pronto?
- Jaedite...- dico con un filo di voce - ho bisogno di un favore.

***
La mostra é un gran successo, negli ultimi due giorni sono entrate centinaia di persone. Curiosi, critici d'arte, appassionati e molti collezionisti.
Ho avuto molte proposte anche se le tele appese non sono c'erto le migliori. A dire il vero io le vedo sotto quest'ottica, per gli altri sono favolosi. Ma se vedessero i quadri che dipingevo quando c'era la mia Makoto si renderebbero conto dell'enorme differenza.
Mi aggiro tra le persone presenti nelle varie sale, ho cercato di non farmi notare, non ho voglia di discutere con l'ennesimo riccone che stila il valore delle mie opere quando sarò morto o un vecchio che finge di conoscere la pittura quando é palese che non sa riconoscere un Picasso che un Monet.
Osservo i volti delle persone quando fissano le tele, sono meravigliati, le pupille si allargano, le labbra si incurvano in un lieve sorriso compiaciuto, il viso si illumina. E' questo che mi spinge a continuare, è questo quello che voglio trasmettere alle persone: la mia passione, la mia gioia. Ma i quadri che sono appesi ora rispecchiano solo il mio dolore la mia solitudine.
Peccato che nessuno lo capisca.
Le porte automatiche si aprono ed ecco che entra l'ennesima coppietta.
Il mio stomaco fa una capriola: sono loro. Makoto e quel Motoki.
Si tengono a braccetto, l'espressione sul volto del ragazzo é di chiaro disinteresse, non capisce quello che vede, non vuole neppure capirlo. Invece Makoto guarda curiosa, attenta, annuisce o scuote il capo se il dipinto non le piace.
Si fermano davanti al primo dei miei quadri... é un panorama al tramonto.
Mi avvicino di qualche metro, quel tanto che serve per sentire i loro discorsi. Non voglio disturbarli, non voglio neppure che lei mi veda, vorrei solo che fosse un po' orgogliosa di me.
- Questo quadro é molto bello. - dice Mokoti usando il tipico tono che usano le persone che si fingono di saperne sull'argomento quando invece non ne sanno un fico secco - Tutti questi colori caldi.... passione, amore, sentimenti. Il pittore deve esser proprio innamorato.
Makoto socchiude appena le palpebre, la vedo deglutire silenziosamente mentre una mano stringe la borsetta: ha riconosciuto il mio lavoro.
- Nephrite...- mormora mentre il suo viso si illumina - questo quadro l'ha fatto lui.
Motoki si avvicina un po’ di più al dipinto.
- Non vedo la firma. Come fai a dire che é suo?
- Riconosco il suo lavoro e non firma nell'angolo. - afferma sicura indicando il centro del dipinto - Lui firma qui... un piccolo trifoglio.
- E' vero...- fa quell'odioso uomo - perché il trifoglio? Non é il quadrifoglio che porta fortuna?
- Lui odia i luoghi comuni. - spiega con una nota divertita nella sua dolce voce - Mi ricordo che veniva a scuola con i calzini viola di Venerdì 17 e che passava sotto le scale solo per dimostrare che non accadeva nulla. Una volta aveva perfino un gatto nero per casa... ma poi ha dovuto darlo via perché non poteva prendersi cura di lui. E' un anticonformista... o, almeno, lo era.
Sospiro dandole ragione, un tempo non mi interessava cosa pensava la gente di me, ero solo Nephrite: il ragazzo che amava dipingere. Ora sono solo Nephrite: il pittore fasullo.
- Assurdo. - borbotta con un tono quasi indignato Motoki - I pittori sono sempre strani...
- Io lo trovavo divertente. - il suo sguardo si perde nel dipinto, i suoi occhi diventano improvvisamente tristi - Nephrite non usa mai i colori caldi... lui li trova tristi, cupi. Questo quadro non esprime passione o amore... ma solo sofferenza e dolore.
Mi allontano, vederli assieme fa troppo male, posso quasi sentire il mio cuore sanguinare.
Vado verso l'ultimo dipinto che ho fatto, quello della dama in mezzo al bosco. Come ho detto a quella scocciatrice all'università é la Regina del bosco che ho dipinto, la mia Regina: é così ho intitolato il quadro.
Di certo non uno dei migliori.
Ma, secondo il direttore della galleria, ogni artista non trova belli i propri quadri.
Guardo attentamente i lineamenti della donna, forse avrei preferito vedere Makoto triste, sofferente, mi avrebbe dato un po' di speranza.
- Quella donna é molto triste. - fa una voce alle mie spalle.
- Già. - rispondo senza voltarmi.
- Perché?
- Perché qualcuno le ha spezzato il cuore.
- Allora posso capire il suo dolore.
Accetto l'ennesima pugnalata, so di meritarla, e non ribatto. Mi volto per fissarla negli occhi, quegli occhi verdi che mi ricordano il bosco del mio quadro.
- Mi chiamavi Regina del bosco quando mi dedicavo alle piante. - sussurra lei, ha lo sguardo perso oltre la mia spalla, sta fissando la tela.
- Pensavo a te quando l'ho dipinto.
Sorride arrossendo come un'adolescente spostando lo sguardo su di me.
E' così dannatamente desiderabile che provo l'impulso irrefrenabile di baciarla. Ma riesco a trattenermi se rammendo a me stesso che é qui con quel suo insulso fidanzato.
- Sono contento che tu sia venuta.
- Jaedite mi ha detto che eri stato scelto per questa mostra... é il tuo sogno che si avvera. Mi ero ripromessa che ci sarei stata anch'io... nel bene o nel male.
Devo ricordarmi di fare un grande regalo a Jaedite.
- Dov'é il tuo fidanzato? - con uno sforzo disumano l'ultima parola mi esce con un tono quasi normale senza trapelare il disprezzo che provo per quel ragazzo.
Makoto si mordicchia un labbro e ancora una volta lotto contro me stesso per non afferrarla e baciarla con trasporto.
- Sta pendendo da bere.
- Allora é meglio se mi allontano, - le dico anche se vorrei solo restare qui - non ho voglia di litigare in questo posto.
Con uno sforzo incredibile riesco a passarle accanto senza neppure sfiorarla, mi allontano sempre più veloce o rischierei d'impazzire.
- Devo saperlo Nephrite...- mi urla alle spalle e, dall'urgenza che sento nel suo tono di voce, capisco che è importante - te ne sei mai pentito?
Mi blocco colto alla sprovvista da questa domanda, credo che si stia tormentando da quando l'ho lasciata. Volto solo il capo, so di avere un'espressione triste sul volto.
- Me ne pento ogni giorno Makoto.
Torno sui miei passi, non ho detto quella cosa per farmi perdonare, o per farle provare pietà, ho solo detto la verità. Mi sono pentito di quello che avevo fatto già la mattina seguente ma, ormai, era troppo tardi.
Esco dalla galleria d'arte il mio dovere l'ho già fatto e me ne torno a casa, mi sono tolto un peso, volevo che Makoto capisse quando mi dispiace per il mio comportamento, volevo che sapesse che non l’ho dimenticata, che l’amo ancora e che mi sono pentito amaramente di quello che ho fatto. Ora l’ho fatto e mi sento meglio, mi sento quasi pronto ad affrontare il mondo con la mia vera personalità. Un lieve sorriso mi incurva le labbra. Il primo dopo varie settimane.

***

Ho ricevuto molte proposte, molti inviti a feste rinomate, gente che mi commissiona dipinti per abbellire i loro ricchi salotti. Tutte offerte generose, tutte occasioni che un artista come me non può certo farsi sfuggire. Ma la mia tela in casa continua a restare vuota, i miei dipinti sono solo macchie di colore che esprimono la mia angoscia, la mia solitudine, il mio dolore e nessuno riesce a capirlo.
Finisco di sistemare qualche tela che il direttore della galleria vuole portare vicino ad Osaka e mi siedo pesantemente sul divano. Sono distrutto, ora mi faccio una doccia calda e vado a letto. Quando decido di alzarmi il campanello della porta suona. Sbuffo passandomi una mano tra i folti ricci che ricoprono la mia testa, qualcuno mi finisce davanti agli occhi. Apro la porta spazientito e il respiro mi si ferma in gola.
- Ciao. – dice lei timidamente guardando i piedi che stanno tormentato il pavimento del pianerottolo – Posso entrare?
Annuisco senza dire parola, sono troppo sorpreso di vederla qui.
Entra piano, imbarazzata, come se non conoscesse questa casa a memoria, si toglie le scarpe dal basso tacco nere e le sistema in un angolo accanto alle mie.
Viste così sembrano le scarpe di una coppia sposata.
- E’ successo qualcosa?- le chiedo confuso.
- No. – risponde guardandosi attorno – Che confusione c’è qua dentro.
- Sì… beh stavo sistemando alcune tele che andranno in una galleria d’arte a Osaka, per una mostra.
- Andrai anche tu?
- No… ho degli esami e non se non li passo ora dovrò aspettare troppo per il prossimo appello. Voglio darli subito mi sento preparato.
Annuisce come se non si aspettasse altro da me.
- Makoto…- dico improvvisamente timido di fronte a lei – perché sei qui?
- Volevo parlarti.
- Di cosa?
- Di noi.
Deglutisco anche se ho la gola arida come il deserto. Non credevo che potesse esserci ancora un noi.
- E… e Motoki?
- Lui non è il mio ragazzo. – confessa con un sorriso sforzato – Quando siamo venuti alla galleria era la nostra seconda uscita. Sono uscita con lui perché ero stufa di piangere nella mia stanza come una stupida… ti ho detto che era il mio fidanzato solo per non farmi vedere debole e per ferirti. O almeno speravo che ti ferisse un po’.
Sento il mio cuore che si alleggerisce, è il sollievo che ha preso il posto del dolore che albergava nel mio cuore. Makoto non ha un altro fidanzato, lei ama ancora me ne sono certo e, magari, possiamo ricominciare.
- Ascolta Nephrite, - dice seriamente voltandosi a guardarmi – ci ho pensato tutta la notte… quello che mi hai detto alla galleria è vero? Ti sei pentito di avermi lasciato?
- Sì, - confermo avvicinandosi a lei – ho capito subito che avevo fatto un enorme sbaglio ma il dolore che ti avevo causato era così forte che ero certo che non mi avresti mai perdonato. Così sono andato avanti ma non è stato facile. Ho sofferto molto anch’io Makoto.
- Quindi tu… tu mi ami ancora?
- Con tutta l’anima. – mi avvicino ancora di un passo, vorrei tanto stringerla forte tra le mie braccia ma forse non accetterebbe il mio gesto – E tu?- le chiedo con voce tremante – Tu mi ami ancora Makoto?
Resta in silenzio per lunghissimi attimi, l’unico rumore che sento è il sordo battito accelerato del mio cuore.
- Sì, Nephrite ti amo ancora ma non è così facile. Non è l’amore che manca ma la fiducia e questa non si può riacquistare da un giorno all’altro.
- Lo so Makoto… ma sono pronto a fare qualsiasi cosa per riconquistare la tua fiducia. Basta solo che tu mi dia ancora una speranza.
Mi fissa quasi incredula, non credo che mi abbia mai visto così determinato in qualcosa, ma voglio farle capire che non farò lo stesso essere due volte. L’ho persa già una volta e non accadrà più. Makoto è la mia anima gemella e non posso farla scappare.
- Forse possiamo riprovare…- dice con un sorriso dolcissimo avvicinandosi a me – piano piano… un passo alla volta… se è destino che dobbiamo stare insieme tutto si aggiusterà.
Il suo sorriso è più luminoso ora, sorride a me, quello splendido sorriso è diretto a me. Non credevo che l’avrei rivisto.
- Sono d’accordo. – le rispondo e posso capire dalla sua espressione che ho un sorriso simile al suo.
Ora siamo vicinissimi, le nostre a mani si sfiorano. Siamo come due ragazzi che si toccano la prima volta. Poggio la mia mano sulla sua guancia e un dolce tepore riscalda il mio cuore che era rimasto freddo fino ad adesso.
- Sono stato uno stupido. – mormoro osservando ogni linea del suo viso perfetto.
Poggia due dita sulle mie labbra e si stringe a me.
- Ti prego basta… non parliamone più.
- Come vuoi tu. – le dico stringendola al mio petto come facevo un tempo.
Le sollevo delicatamente il viso, i suoi occhi sono lucidi, una lacrima solitaria scende sulle sue guance, l’asciugo con il pollice e mi chino per baciarla. Le nostre labbra si incontrano lentamente, un bacio delicato anche se traspare la passione repressa in questi mesi di separazione ma non voglio rovinare questo momento magico, non voglio metterle fretta, non voglio rovinare tutto di nuovo. Non so quanto dura questo bacio, forse troppo, forse troppo poco, ho assaporato la sua bocca come non facevo da una vita, il suo sapore dolce è come il nettare pregiato, il suo profumo la più inebriante essenza. Ci stacchiamo riluttanti e senza fiato, lei sorride compiaciuta.
- Devo andare ora.
Annuisco e la libero dal mio abbraccio, vorrei tenerla qui con me ma so che non è ancora il momento.
- Ti chiamo stasera. - le dico.
- Va bene… le altre mi aspettano alla sala giochi.
La vedo entrare nell’ascensore e resto a fissare le porte anche quando si sono chiuse. Rientro nel mio appartamento e mi guardo attorno, ora sempre tutto più luminoso. Sorrido e mi siedo davanti alla tela, prendo il tubetto del blu e ne metto una goccia sulla tavolozza, immergo il pennello e nella mia mente appare nitida l’immagine di un mare di notte, un cielo stellato, la spiaggia bianca e la tonda luna che rispende sull’acqua e sulla sabbia. Inizio a lavorare con trasporto, con una passione che non avevo più da mesi. Voglio che il quadro sia finito quando Makoto tornerà.

FINE
   
 
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