(Lo
stava torturando come aveva fatto
con suo padre, forse anche peggio.)
Da
quanto stavano andando avanti? Mezz’ora, due ore?
Non ne aveva la più pallida idea, sapeva solo che voleva che
quell’agonia
finisse e al più presto anche. Sentiva che non avrebbe
più sopportato un’altra
Cruciatus, né una fattura tagliente o anche un semplice
Schiantesimo.
Probabilmente sarebbe crepato per il troppo dolore o il troppo sangue
perso e vaffanculo
alla sua morte indolore e veloce nella quale aveva sperato.
Era
ancora buio pesto, probabilmente mancava ancora
un po’ al sorgere del sole ma ad Harry pareva di riuscire a
vedere, in
lontananza, oltre l’orizzonte con le montagne frastagliate,
l’alba che cercava
di farsi spazio tra la notte e le stelle.
Se ne stava disteso nell’erba e nelle foglie umide,
sanguinante e col respiro
corto, quasi rantolante. Sentiva rimbombare nelle orecchie il battito
del
proprio cuore, si mise addirittura a contarli, quei palpiti, forse per
riuscire
ad estraniarsi da quello che stava succedendo, come quando conti le
pecore per
riuscire ad addormentarti, o forse, semplicemente, per riuscire a
trattenere
ancora quel minimo di lucidità che gli era rimasto.
35…
36… 37… 39… no, aveva saltato un
numero.
Maledizione! Ma perché sembrava che proprio ora il suo cuore
sembrasse ancora
più vivo che mai e non volesse smettere di compiere quel
fastidioso movimento?
Non voleva cedere, come invece volevano fare la sua mente e tutto il
resto del
suo fisico.
Sentì
un’altra ferita aprirsi sul suo braccio, in
aggiunta alle altre centinaia che avrebbe potuto sfoggiare sul suo
corpo se
fosse sopravvissuto, cosa molto improbabile. Anzi, impossibile.
Non emise, però, alcun gemito o lamento, ormai il suo corpo
era diventato
insensibile per poter sentire il dolore.
Gli parve pure di udire in lontananza anche il suo nome urlato da una
profonda
voce maschile, probabilmente Hagrid che era legato ad un albero
lì vicino.
Poveretto, dover assistere inerme alla tragica fine di uno dei suoi
migliori
amici. Per lui doveva essere persino peggio.
Cazzo!
Non voleva che andasse così, non doveva
andare così.
Ma in fondo, doveva immaginarselo, che Voldemort non gli avrebbe
concesso una
morte facile. Un semplice Avada Kedavra come quando aveva un anno
questa volta
non l’aveva avuto. Lo stava torturando come aveva fatto con
suo padre, forse
anche peggio.
Certo, lui all’inizio aveva cercato di difendersi, quando
aveva capito che
Voldemort voleva una battaglia epica e non semplicemente uccidere
qualcuno che
era disarmato. Questo era stato corretto da parte sua, glielo doveva
concedere.
Ma ben presto si era trovato a rotolare a terra in preda ad un dolore
lancinante e non si era più rialzato se non per riprendere
il respiro e
sputacchiare sangue.
Voldemort era maledettamente più forte di lui e, oltretutto,
aveva quella
dannata bacchetta a renderlo ancora più invincibile.
“Signore,
mio signore”.
Voldemort
si voltò verso la schiera di Mangiamorte
alle sue spalle che fino a quel momento era rimasta in silenzio a
guardare la
scena, quando sentì una vocetta incerta e quasi dolce, per
quanto dolce si
possa definire la voce di Bellatrix Lestrange, chiamarlo. Era
l’unica che aveva
il coraggio di interromperlo, ma era anche l’unica a
guardarlo con occhi
adoranti, come i bambini che guardano ammirati i loro eroi preferiti
dei
fumetti. Ma forse per lei lo era, un eroe.
“Non
sarebbe ora… che ponga fine alla vita del
ragazzo?” continuò lei, abbassando il capo di
fronte alla maestosità del suo
padrone, ma non gli occhi. “Lo ha tenuto in vita fin troppo e
mi domando
persino come lui sia riuscito a resistere così a
lungo”.
Voldemort
inclinò il capo e la osservò con i suoi
occhi color vinaccia, mostrando un sorriso a trentadue denti piuttosto
inquietante.
“Hai
ragione, Bellatrix”. Le rispose lui senza
guardarla, con la sua voce strascicata e serpentesca, sillabando bene
ogni
parola. “Devo riconoscere la tenacia di Potter. Gli
darò il colpo di grazia,
ma…”. Fece una piccola pausa, come se volesse
preparare il suo pubblico alla
bomba che avrebbe sparato in quel momento, una specie di notizia
dell’ultima
ora. “Non qui. Voglio che tutti lo vedano, voglio che vadano
come il loro eroe,
l’eroe del Mondo Magico, si sia ridotto, voglio che vedano
come l’ho ridotto
io, il mago più potente di tutti i tempi. E voglio che
assistano alla sua
misera fine. Torniamo ad Hogwarts. E sarai tu”.
puntò la bacchetta contro
Hagrid che stava singhiozzando senza sosta. “A portarlo in
braccio. Ti farà piacere,
visto che è il tuo amichetto del cuore”.
(Lei
li aspettava, stava aspettando il ritorno
della sua mamma, del suo papà e di suo
fratello.)
Lily
se ne stava tra le braccia di James che la
cullava e le accarezzava i capelli, dopo averla lasciata sfogare,
prenderlo a
pugni e piangere sulla sua camicia tutte le lacrime che aveva potuto.
Anche
lui se ne stava seduto lì, in quell’angolo,
con uno sguardo apatico fisso davanti a sé in una macchia di
sangue nel
pavimento che sicuramente non vedeva. Aveva voluto andare a cercarlo, a
recuperarlo, a dirgli che era una testa di cazzo e ad impedirgli di
fare
l’eroe.
Era suo figlio, cazzo! Aveva solo sedici anni, non poteva andare
incontro alla
morte così. Lo avrebbe dovuto fare lui, lui era il padre,
lui aveva vent’anni
di più.
Harry, invece, aveva tutta una vita davanti.
Una
lacrima solitaria gli scivolò dall’angolo
dell’occhio, facendosi strada sulla sua guancia e lasciando
una scia di pulito
in mezzo alla polvere e al sangue incrostato che gli decoravano il
viso.
Se
non fosse stato per Remus e Kingsley, ora sarebbe
stato alla ricerca del figlio e molto probabilmente lo avrebbe anche
trovato e
portato al sicuro, lontano dalle braccia di Voldemort, della morte.
E invece… e invece quei due gliel’hanno impedito.
Perché a loro sembrava
inutile andare a girovagare in giro, rischiando la vita, per trovare
qualcuno
che poteva già essere… morto. Si sarebbe fatto
uccidere per nulla se per Harry
fosse stato ormai troppo tardi.
Avrebbe
voluto spaccarli la faccia, dopo che
l’avevano detto.
Loro non avevano figli che rischiavano la vita.
Ma lui sentiva che Harry era ancora vivo, doveva esserlo. Anche
perché, se così
non fosse stato, Voldemort sarebbe già venuto per annunciare
la notizia, no?
Era la sua unica speranza.
L’immagine
della piccola Sally, a casa con sua
madre, gli lampeggiò di fronte agli occhi come un faro in
lontananza. Lei li
aspettava, stava aspettando il ritorno della sua mamma, del suo
papà e di suo
fratello.
Non potevano deluderla.
All’improvviso,
si sentì una specie di rumore sordo
e molto forte, come una specie di esplosione, proveniente
dall’esterno e una
voce allegramente isterica che diceva a tutti di uscire. Una voce di
donna molto
conosciuta.
(Caddero
come due valorosi combattenti,
nella polvere e nel proprio sangue.)
Ora
tutti sapevano di che cosa fosse capace la
malvagità di Lord Voldemort, perché, trovandosi
davanti quella scena, il
Signore Oscuro in prima fila che mostrava un sorrisetto trionfante e
malvagio,
tutti i suoi più fedeli Mangiamorte dietro di lui che
mostravano la stessa sua
aria contenta, Hagrid tenuto legato da delle corde che sembrava lo
avrebbero
stritolato e Harry inginocchiato ai piedi dell’Oscuro,
completamente
sanguinante e più morto che vivo, c’era poco da
immaginarsi e da negare.
E a quella vista ci fu chi lanciò un urlo di dolore, chi si
accasciò a terra
per piangere e chi rimase semplicemente con gli occhi sbarrati a
fissare la
scena, completamente scioccato e sconvolto.
Lord
Voldemort avrebbe trionfato. Possibile?
“Il
vostro eroe presto sarà sconfitto!”
gridò il
malvagio, facendo vagare lo sguardo su tutti i presenti.
“Assisterete alla sua
disfatta. In fondo, è stato facile sconfiggerlo e sentire le
sue urla di
dolore, la sua voce che mi implorava di smetterla è stato
così… appagante”.
Harry
gemette, crollando in avanti sulle braccia.
Aveva urlato, certo, ma non lo aveva di sicuro implorato.
Voldemort
lo afferrò per i capelli e lo guardò
dritto negli occhi, come se volesse ucciderlo soltanto con quello
sguardo. Il
ragazzo, però, raccolse un po’ di saliva e gliela
sputò in faccia mischiata a
un po’ di sangue. Il Lord spalancò gli occhi e lo
guardò schifato, prima di
mollarlo e buttarlo con la faccia nel terreno.
“Schifoso
figlio di puttana!” si sentì qualcuno
esclamare, per poi vedere un James Potter furente uscire dalla folla di
gente
con la bacchetta spianata per avventarsi su Voldemort.
Quest’ultimo, però, senza lasciarsi cogliere alla
sprovvista, creò una barriera
invisibile che bloccò l’uomo lì
dov’era,
facendolo
ringhiare dalla
frustrazione e dalla rabbia.
“Non
così in fretta”. Sussurrò, per poi
avvicinarsi
a James e osservarlo attentamente. “Voi Potter siete
veramente difficili da
battere. Vi ammiro. E ammiro la tenacia e il coraggio di tuo
figlio”.
“Non
me ne faccio niente della tua ammirazione”.
Sputò James con tutto il disgusto che possedeva. Se avesse
potuto, gli sarebbe
saltato al collo per ucciderlo a mani nude.
Voldemort,
allora, scoppiò nella sua risata sguaiata
e volteggiò di fronte ai presenti facendo ondeggiare il suo
lungo mantello
nero.
“Adesso
vi propongo un patto”. Tornò di nuovo a
rivolgersi al pubblico di fronte a lui, parlando con voce chiara e ben
udibile.
“Una volta che avrò ucciso il ragazzo, io, Lord
Voldemort, diventerò il Signore
del Mondo Magico e tutti voi mi dovrete obbedire. Potrete unirvi a me e
avere
una vita gloriosa in questo mondo che sarà ripulito da ogni
feccia mezzosangue,
oppure, potete opporvi e morirete tutti, insieme alle vostre famiglie e
alle
persone che… più amate”.
A
quel punto, sbucò anche Neville Paciock che si
affiancò a James guardando Voldemort con odio e disprezzo.
“Mi
unirò a te soltanto quando l’inferno
gelerà”.
“Oh,
ma chi abbiamo qui?” biascicò il Lord,
squadrando Neville. “Il giovane Neville Paciock. Anche i tuoi
genitori devono
essere tanto orgogliosi di te. Sai, il povero Frank e la povera
Alice…”.
Neville
ormai non badava più alle parole dell’uomo
davanti a lui, parole che gli sembravano tanto di scherno, quanto
più al
serpente, Nagini, che strisciava ai piedi del mago oscuro.
Senza
più pensare a niente, strinse l’impugnatura
della spada di Grifondoro che teneva dietro la schiena e, con un balzo,
sferrò
un colpo deciso al serpente, mozzandole completamente la testa.
A
quel punto, successero due cose
contemporaneamente, che lasciarono gli altri completamente attoniti:
dal
serpente uscì una specie di fuliggine nera, come il fumo che
si emana quando
qualcosa viene bruciato e si sentì una specie di urlo
stridulo provenire da non
si sapeva dove che, però, venne coperto dalla voce
arrabbiata e disperata di
Voldemort, piegato in due a reggersi lo stomaco, come in preda a un
dolore
allucinante.
Nessuno
si mosse, nemmeno i Mangiamorte.
“Neville!”
Tutti
si voltarono verso Harry che, chissà con quali
forze era riuscito ad alzarsi in piedi e a protendersi verso
l’amico.
“La
spada!”
A
Neville non ci volle molto per capire e immediatamente
lanciò la spada all’amico che riuscì ad
afferrarla al volo, rischiando di
cadere di nuovo a terra.
Ma non fece quello che alcuni si erano aspettati che facesse.
“Hai
cantato vittoria troppo presto, Tom!” gli urlò,
voltando la lama dell’arma verso di sé e
infilzandola nel proprio stomaco, dal
quale sgorgò del sangue come un fiume in piena.
E
anche a lui successe come a Nagini: del fumo nero
gli uscì dal corpo già profondamente ferito.
Harry,
non cedere, non cedere ancora.
“Nooooo!”
urlò Voldemort che si piegò ancora di
più
su se stesso, voltandosi verso il ragazzo per saltargli addosso.
Ma
Harry era già riuscito ad afferrare la spada e,
non appena il Lord Oscuro gli fu davanti, gliela conficcò
nel petto con un
colpo deciso.
“Brucia
all’inferno”.
Nel
silenzio che li
circondava, nell’alba che ormai stava sorgendo, entrambi i
maghi caddero a
terra, nello stesso momento.
Caddero come due valorosi combattenti, nella polvere e nel proprio
sangue.
ANGOLO
AUTRICE
Be’
dai, non è stato molto difficile scrivere questo
capitolo… pensavo che avrei avuto più
difficoltà e invece… voi che dite? Siete
soddisfatti? L’unica cosa difficile è stato far
parlare Voldemort. Scrivere un
suo discorso è un po’ come scrivere quello di
Silente o del Papa.
Sì, ho cambiato la parte della battaglia. Ho deciso che
Harry e Voldemort
dovevano combattere perché… be’, mi
piaceva di più ^^ fa un po’ più scena,
non
credete? E Harry che compie un suicidio-omicidio… non
chiedetemi come mi sia
venuto in mente, ma credo sia molto meglio piuttosto che fargli
lanciare un
Expelliarmus contro Voldemort -.-‘’
quell’interpretazione della Rowling non mi
piace proprio. Insomma, con tutti gli incantesimi che ci sono lei
decide di
fargli usare il disarmo. Può avere un significato simbolico,
certo, ma a me
comunque non piace ^^.
Si sa che preferisco le cose in grande stile : D
Bene,
ho finito di rompervi… mi piacerebbe che mi
lasciaste qualche recensione in più, in fondo non ci mettete
molto a scrivermi
due paroline, anche per dirmi che cosa non vi è piaciuto.
Non mi arrabbio io.
E andate a mettere mi piace alla
mia
pagina FB
http://www.facebook.com/MillysSpace
Ah
sì, ultima cosa… per due settimane
sarò via quindi non
potrò aggiornare… lo farò non appena
torno, però… proverò ad aggiornare
anche
Little Marauders questo finesettimana ma non prometto niente.
Baci
baci a tutti
^^
Milly.
STEFANMN:
sei ancora convinto che Harry si salverà? ^^ sì,
io so essere molto
sadica… xD
che cosa ne pensi di questo
capitoletto? Pieno di avvenimenti, non credi? Un saluto dalla tua Milly.
PUFFOLA_LILY:
sono contenta che ti piacciono le cose che modifico, sai, non tutti
apprezzano
i cambiamenti, specialmente per un’opera così
bella come quella di zia Row.
Comunque, è andata come ti aspettavi? Spero di risentirti
presto, un bacione,
M.