Capitolo 25 – Il
coraggio di andare avanti
-
ti ripeto di spostarti! - aveva
nuovamente esclamato Joseph tenendo premuta la pistola alla sua
mano
-
non posso farlo! -
-
non scherzare! Li dentro non c’è nulla che ti interessi!! -
-
…invece sono sicuro che qui ci sia qualcuno… - disse il ragazzo toccando la
porta
Joseph parve scosso da
quelle parole
- non...non dire
stupidaggini! -
- …io sono qui solo per
poter salvare un mio amico! – esclamò Edward sospirando
- …eh?! -
- era un Ebreo…che non ha
mai fatto nulla di male…io sono venuto quaggiù…solo per salvarlo!
-
Il militare, sempre con la
pistola impugnata, indietreggiò di qualche passo, incerto sul da
farsi
- non…non sei col
colonnello Elric? Non vuoi impossessarti dei documenti di Hitler?
-
- no! L’unica cosa che
voglio è salvare Lucas! -
- … - Joseph abbassò un po’
la pistola - ..e perché vuoi aprire quella porta?! -
Edward appoggiò la mano sul
ferro freddo e sospirò
- perché…quando sono venuto
in questo posto…mi è parso di sentire la sua voce provenire da qui…
-
- … - Jospeh abbassò lo
sguardo, e per qualche minuto nessuno dei due parlò, poi, puntò gli occhi
nuovamente su Edward - …vattene da qui finchè sei in tempo!
-
- eh?! -
- ora chiamerò la
sicurezza…devi scappare altrimenti ti cattureranno! -
- che stai dicendo?! Io non
posso scappare! Io…io devo..-
- OLTRE QUELLA PORTA
TROVERESTI SOLO L’INFERNO! - urlò
Joseph all’improvviso
- l’inferno? – chiese
Edward scosso e inorridito
- …proprio così…tu…non hai
idea di quali atrocità si compiono li dentro… - esclamò l’uomo con un velo di
tristezza sul volto
- … -
- se entri li dentro…forse
potresti pentirtene… -
- URGH….!! -
Ed, era stato spinto giù
per le scale di uno dei corridoi principali, con una violenza quasi
sovrumana.
A spingerlo, era stato
Bürk: il Generale, aveva il volto privo di ogni emozione, e avanzava
pericolosamente verso le scale, dove aveva appena scaraventato
Ed.
Portava, nella mano destra,
un guanto, molto simile a quello che aveva il vecchio Maggiore Armstrong, un
Alchimista di Stato che aveva aiutato più di una volta i due fratelli, durante
lo loro ricerca della pietra Filosofale.
Il colonnello si alzò a
fatica da terra, ansimando ancora per la botta appena
ricevuta.
- un colpo a
sorpresa...maledetto, non pensavo che sapessi usare l’alchimia! - esclamò turbato
- ti sorprende
ragazzino?! - sorrise il
Generale
- …no… - sospirò Ed
alzandosi e posizionandosi per il combattimento - …solo che…mi dovrò impegnare
più del previsto allora… -
- ti puoi sempre arrendere!
- sogghignò il
Generale
- tsk!...per chi mi ha
preso…io non sono così debole come posso sembrare… -
- sarai anche stato fatto
colonnello a diciannove anni…ma sei ancora un nanerottolo!
-
- …odio le persone che mi
giudicano dall’apparenza…lo sa?! – disse Ed con l’amarezza ben espressa sul suo
volto
- …allora…vedremo quanto
resisterai a me… - sospirò Bürk mettendo in posizione il braccio
- tsk! -
Ed, prima che il nemico
riuscisse a preparare l’attacco, si voltò dall’altra parte e cominciò a correre
lungo il corridoio buio, lasciandolo indietro di qualche
metro.
- cosa fai scappi?! –
esclamò Bürk inseguendolo
- … - Ed non rispose. Si
limitò solo a correre più veloce che poteva, incurante del leggero dolore alla
spalla che la caduta gli aveva provocato.
Non sapeva di preciso cosa
fare, ma sentiva dentro di se qualcosa che lo spingeva a uscire dal quel posto
così buio…inoltre, se avesse cominciato una lotta li dentro, l’edificio sarebbe
sicuramente stato ridotto a brandelli, e non poteva rischiare di ferire
inconsciamente Al e Edward, “dispersi” chissà dove all’interno del
campo.
Ecco, uno dei motivi per
cui questa volta stava
fuggendo.
Il Generale era sempre
dietro di lui, e gli stava dietro come un dannato, mentre Ed continuava senza
fermarsi ,nella speranza di arrivare, una volta per tutte all’uscita dell’
edificio.
Una volta fuori, nella
grande piazza, senza nessuno che li disturbasse e senza il pericolo di
distruggere tutto, avrebbe potuto finalmente fermarsi e farla finita una volta
per tutte.
Intanto Al dall’altra
parte, nell’ala Nord del campo, camminava velocemente e col fiato in gola: aveva
appena sentito urlare il fratello. Ciò significava che Ed non poteva essere
molto lontano da dove si trovava lui.
Il suo compito, era quello
di trovare i prigionieri e tenerli al sicuro, ma ora, l’unica cosa che gli
importava, era accertarsi che il fratello maggiore stesse
bene.
Il bruciore alle mani
tuttavia non era passato ,anzi era addirittura peggiorato, e più passava il
tempo, più sentiva le mani farsi sempre più fredde, quasi gelide, segno che il
sangue non circolava più come prima.
Aveva lasciato i
prigionieri la sotto, nelle cantine, dicendo loro di aspettare gli aiuti esterni
al sicuro.
Gli aveva promesso che
sarebbe tornato a prenderli, qualunque fosse stato l’esito della
missione.
- fratello….non morire! –
sospirò mentre correva
- come fai a sapere che
potrei pentirmene?! – aveva appena esclamato Edward stupito dalle parole di
Joseph
- fidati…è meglio se non
entri! - esclamò quest’ultimo avvicinandosi alla porta
- …mi dici come potrei
fidarmi di uno che mi punta la pisola addosso? -
Joseph abbassò leggermente
la pistola, poi sospirò.
Il suo volto si fece
triste, molto triste, lo sguardo era diventato quasi invisibile, freddo,
gelido…era diventato disumanamente serio.
Osservò con strano modo di
fare, il giovane Edward, constatando, come molti altri prima di lui, che quel
ragazzo era davvero simile al proprio padre…anzi...a volte li si poteva
addirittura scambiare…
- …io so cosa fanno li
dentro… - esclamò infine
- eh?! Davvero?! – chiese
Edward all’improvviso
- … - L’uomo lo guardò
sorpreso, poi abbassò il volto e sospirò
- si… -
- e allora cosa…cosa
succede all’interno di quella stanza? - cominciò Edward
L’uomo non rispose
subito. Forse gli costava troppo, o
forse aveva paura di rivivere quei momenti che continuavano ad accoltellargli il
petto senza esitazione
- ero io colui che
conduceva gli Ebrei nelle camere a gas… nelle miniere… - sospirò infine
- ?! -
- ero io…colui che
strappava i bambini alle loro madri…colui che faceva le selezioni insieme agli
alti ufficiali…ero io…che ho aperto quella porta per la prima volta…
-
- …ma tu…tu lo sapevi?!
Sapevi quello che stava succedendo e non hai avvertito nessuno?! – chiede il
ragazzo indignato e scosso da quelle parole
- ERO SOTTO
COPERTURA!...proprio…proprio come tuo padre…non potevo parlarne con nessuno… -
esclamò Joseph
- … -
- non puoi immaginare il
mio rimorso...per aver mandato quelle persona a morire…non puoi immaginare
l’odio che ho provato verso me stesso…io, un medico! -
Edward, osservò l’uomo,
contorcersi dal ripianto, mentre lentamente, dal suo volto scendevano delle
lacrime silenziose…lacrime appartenute, in parte, a quelle madri, quei bambini,
la cui vita era stata spezzata in modo orribile.
Joseph, ad un certo punto,
sembrò cedere…forse, il vedere la determinazione di Edward, l’aveva spinto a
sfogarsi, a tirare fuori tutto quello che, molto probabilmente, aveva visto in
quei mesi…
L’uomo si accasciò a terra,
la pistola gli cadde dalle mani.
Edward avrebbe potuto
attaccarlo in quel momento, per entrare nella stanza, ma poi, guardandolo e
sentendo di provare pietà per lui, decise di lasciar perdere, decise di
lasciarlo urlare, piangere, singhiozzare finche non si sarebbe tolto di dosso
tutto quel rimorso che lo opprimeva.
- le guerre si possono
risolvere in altri modi… - esclamo all’improvviso Joseph asciugandosi le
lacrime
- cosa? – chiese Edward
- …così ha detto il
colonnello...mi chiedo…se non sia io quello che ha torto…
-
- … -
I due rimasero immobili
dove si trovavano.
Edward non sapeva più cosa
fare. Aprire o non aprire quella porta?
Vedere Joseph così distrutto, gli aveva fatto passare
la voglia di scoprire se Lucas era li dentro…se lo fosse stato…possibile che
fosse ancora vivo?
Dopo le parole del
militare, non ne era più molto sicuro.
Abbassò anch’esso lo
sguardo verso il pavimento di pietra grigia lucente e sospirò
pesantemente.
Poi, forse per qualche
strano impulso, che in quel momento gli aveva perforato la mente annebbiata da
quei pensieri, alzò lo sguardo verso l’enorme porta. Il suo sguardo si era fatto
incandescente, quasi di fuoco, come se la preoccupazione fosse, in qualche modo,
svanita in quei pochi minuti trascorsi a guardare il
pavimento.
Si mise in posizione
davanti alla porta, con le mani ben tese verso di essa.
Joseph, ancora a terra, se
e accorse e si rialzò immediatamente
- ma che stai facendo?! –
esclamò stupito
- la apro… - sospirò Edward
- come hai detto?! -
- ho detto che la apro! –
disse il ragazzo, stavolta con più decisione
- ma sei pazzo?! Ti ho
detto che non puoi! -
- e dove sta scritto?
-
- troveresti solo dolore!
-
- LO PROVEREI COMUNQUE
VADANO LE COSE! -
Joseph si bloccò
all’improvviso
- lo proverei lo
stesso…sapendo…di non aver fatto abbastanza per salvare Lucas… -
Il militare e il ragazzo si
guardarono intensamente, uno sguardo carico di semplicità e, sebbene in diversi
contesti, di compassione l’uno per l’altro.
Joseph raccolse la pistola
da terra, in un primo momento sembrò che dovesse puntarla verso Edward, ma poi,
come se ci avesse ripensato, la rimise alla vita e, anche se tristemente, gli
sorrise.
- sei così desideroso di
salvare il tuo amico vero? -
- si! – esclamò il
ragazzo
- …anche a costo…di morire
per lui? –
- si lo sono! – disse
nuovamente ma con più vigore
A quelle parole, l’uomo
ripercorse il lungo filo del suo passato…lo ripercorse fino ad arrivare a quel
giorno, il giorno di quella disastrosa battaglia in Portogallo…dove quell’uomo,
quasi ancora ragazzo, teneva stretto a se il corpo senza vita dell’amico…in quel
momento, mentre sentiva i singhiozzi di quella persona che chiamava invano il
nome del defunto...gli era parso di udire delle frasi…frasi insensate, uscire
dalla bocca di una persona disperata…ed in mezzo ad esse, parole dolci e promesse da mantenere ma
soprattutto…rimorsi…
- Ivan… - aveva
singhiozzato quella persona - …se solo potessi tornare indietro…i..io…sarei
voluto morire al posto tuo… -
Detto questo, quella
persona cadde, forse travolta dall’angoscia, o ancora, dalla stanchezza che quel
giorno infernale aveva provocato
In quel momento, ricordando
quella scena, a cui mesi prima aveva assistito impotente, Joseph sospirò
pesantemente, e si voltò verso Edward
- sarai stanco di
sentirtelo dire ma…sei davvero simile a tuo padre…Edward… -
sorrise
Il giovane lo guardò
stranamente, quasi sorpreso da quelle parole alle quali, in altre circostante,
in passato, avrebbe risposto malamente con l’odio nel
cuore.
Contraccambiò il sorriso
dell’uomo anche se non con la stessa intensità.
Poi, si rigirò verso la
porta. Si sentiva pronto, pronto a fare il grande passo.
Sotto gli occhi ancora un
po’ contrari di Joseph, con un
abile gesto, Edward battè forte le mani, l’una sull’altra, per poi posarle con
altrettanta forza sulla porta, ricoperta da un piccolo strato di
acciaio.
Non fu difficile per
Edward, rompere i lucchetti che la tenevano chiusa.
Ci fu una luce viola, molto
intensa e poi, una piccola esplosione, segno che la trasmutazione era avvenuta
con l’esito sperato.
In quegli istanti, in cui
si sentiva l’odore del fumo penetrare all’interno del proprio corpo, Edward si
era ritrovato a sperare enormemente che li dentro, ci fosse davvero qualcuno,
che non se lo fosse immaginato.
Questa gioia però, era
contrastata da un’ irrefrenabile paura che gli faceva battere il cuore
all’impazzata.
Cosa poteva essere? Si
chiedeva mentre il fumo si dileguava.
Stando a quanto aveva detto
il militare, li dentro avrebbe visto qualcosa…qualcosa di terribile che forse,
il suo corpo non avrebbe retto.
Il fumo, tutto d’un tratto
sparì, lasciando solo una porta semi aperta dalla quale, ignorandone il motivo,
vi usciva un intenso odore, un odore ancora sconosciuto al
ragazzo.
Deglutendo, il giovane
avvicinò lentamente la mano verso la maniglia della porta, ma poi la ritrasse,
non ancora convinto.
- …che cosa c’è?...ci hai
ripensato? – chiese Joseph sorpreso
- …no…però… - esclamò
Edward un po’ confuso
- …se non ne sei convinto
lascia perdere…in fondo… - sospirò il militare - …è una cosa troppo grande per te…
-
- certo che ne sono
convinto... – sospirò Edward chiudendo gli occhi. Si ricordò di tutto. Tutti
quei momenti trascorsi con Lucas, tutte le sue parole, ogni suo
gesto…
- cavolo! sei pieno di
risorse Edward!
- l’esercito! Ci porteranno al treno! Al treno della
morte! -
- volevo…volevo solo
salutarti Edward!
- questo è il nostro
destino! -
- tu sei stato il mio unico
vero amico!
- …salva più vite che puoi!
Usa l’alchimia per aiutare tutte quelle persone che hanno ancora un futuro
davanti a sé! –
- ah! – riaprì gli occhi
violentemente. Non aveva più tempo di esitare. Lucas non si sarebbe mai tirato
indietro, aveva affrontato con coraggio persino la cosa che l’uomo temeva di
più….la morte.
Anche lui non doveva essere
da meno. Anche lui doveva avere quel coraggio. Quel coraggio di andare avanti e
di non mollare mai.
Edward prese con vigore la
maniglia, sospirando e voltandosi verso Joseph
- non mi tiro indietro! –
esclamò
- lo sospettavo… - sorrise
il soldato
Detto questo, ora che il
coraggi era nuovamente penetrato dentro di lui, si sentiva diverso. Si sentiva
più forte.
Tese la mano verso il
basso. Sentì un leggero cigolio mentre, piano piano, cominciò ad aprire la
porta.
La aprì molto lentamente,
mentre l’odore si era fatto più intenso, quasi nauseante, tanto da costringerlo
a mettersi la mano davanti alla bocca.
Il cigolio si fece sempre
più intenso finche, con un’azione decisa, si convinse a spingere del tutto la
porta.
Ciò che Edward vide, una
volta aperta quella porta, fu il nulla.
- …ma cosa…? – avanzò
lentamente all’interno della stanza, l’odore era insopportabilmente forte, e ad
ogni respiro, sembrava perdere energia vitale.
Era buio, decisamente
buio.
non aveva idea di dove si
trovasse o di cosa ci fosse li dentro, ad ogni passo era come se calpestasse
qualcosa.
Qualcosa di terribilmente
liquido e appiccicoso.
Ad un certo punto,
avanzando in quella sala, Edward si sentì mancare il
fiato.
Cadde a terra sbattendo
violentemente contro qualcosa che aveva l’aria di essere un tavolo, dalla quale,
cadde un piccolo candelabro con due candele quasi del tutto
consumate.
- …Edward! - Joseph dopo
qualche attimo di esitazione, si decise ad entrare, soccorrendo il
ragazzo
- sto bene… - esclamò
Edward cercando di rialzarsi. La visuale non era per nulla
migliorata.
- …avresti dovuto riposarti
come ti avevo consigliato giorni or sono… -
- …sto bene ti dico… -
sospirò il ragazzo
- …dai…andiamo via da qui…
- disse Joseph aiutando il ragazzo
- no…de..devo sapere! –
esclamò Edward tenendo a distanza Joseph
- non essere sciocco!
Questo odore nauseante non ti farà altro che male! -
Edward guardò il compagno
dritto negli occhi
- …tu..tu sai cos’è questo
odore? – chiese
- …eh? -
Il ragazzo si rialzò in
piedi, non vedeva quasi nulla, ma poteva percepire benissimo che Joseph aveva
accennato uno sguardo triste. Lo riusciva a capire dal fatto che i suoi occhi
azzurri come l’oceano, brillavano anche nel buio.
- tu ci sei già
entrato…quindi saprai… - continuò Edward con tono un po’
accusatorio
L’uomo non disse nulla.
Aiutò il giovane ad alzarsi. Poi, camminando alla cieca, si accorse di aver
urtato il candelabro di poco
prima.
Lo prese in mano. Tirò
fuori dalla tasca dei pantaloni, un piccolo rudimentale accendino e, dal nulla,
sbucò una fiamma delicata che andò ad illuminare il volto pallido di Edward e
quello contratto di Joseph.
Il ragazzo non capiva il
perché di quel gesto. Ora poteva vedere meglio, ma non abbastanza, la fiamma
infatti era molto piccola.
- ah!
-
Edward, sentì la sua mano
sporca. Sporca di qualcosa. Qualcosa di appiccicoso e dall’odore
fortissimo.
Evidentemente si era
sporcato cadendo a terra.
Spaventato e deciso allo
stesso tempo, il giovane alzò la mano verso la fiammella che Joseph continuava a
tenere accesa senza dire una parola.
Non appena la mano venne
illuminata, i colori ritornarono vividi e intensi.
Un solo colore, gli aveva
sporcato la mano e parte dei vestiti. Un solo colore avrebbe potuto spaventarlo
a tal punto. Un solo colore...poteva voler dire… morte…
Il rosso
scarlatto
Edward, a quella vista, a
stento riuscì a trattenere un leggero sobbalzo.
Indietreggiò
pericolosamente, allontanandosi dalla luce emanata dalla
candela.
- m..ma questo…questo è… -
esclamò confuso cercando di pulirsi la mano sporca
Joseph
sospirò
- era per questo che ti
avevo consigliato di non mettervi piede…
-esclamò avanzando verso la parte opposta da dove si trovava
Edward.
- a..ah… -
Il ragazzo intanto prendeva
sempre più coscienza di ciò che in quel momento, giaceva sul pavimento,
modificandone il colore spento e cupo, di ciò che in quel momento, stava
calpestando, di ciò che in quel momento, si preannunciava devastante per
lui.
- …cosa mi sarei dovuto
aspettare in fondo? – continuò Joseph avanzando sempre di più e cominciando a
tastare le pareti aiutato dalla leggera luce del
candelabro
- ...nessuno ha quel coraggio…se non le persone che hanno vissuto tutto
questo… - sospirò fermandosi e voltandosi verso Edward, ancora scosso e
traumatizzato.
- nemmeno tu…hai quel coraggio? – chiese
- … - Edward non rispose,
si limitò a fissare Joseph con la paura che non lo faceva stare
calmo
- …mmmh… - sospirò l’uomo -
…lo sospettavo… - esclamò appoggiando la mano a quello che, nel buio, sembrava
un interruttore
- benvenuto all’inferno
Edward! -
Premette il bottone
dell’interruttore.
Una scia di luci fioche,
cominciò ad illuminare leggermente la stanza, finche, agli occhi di Edward, non
si prostrò quello che Joseph definiva “l’inferno”.
Decisamente
azzeccato.
- …m..ma…non..non è
possibile… - esclamò traumatizzato. Si sentiva soffocare e le gambe cominciarono
a tremargli dalla paura.
Con il cuore pieno di
angoscia, il giovane Alchimista, si accasciò al suolo, accompagnato dallo guardo
turbato del suo accompagnatore.
- diamine! Ma quanto è
lungo questo corridoio?! – aveva appena esclamato Ed, correndo a più non posso,
seguito dal Generale Bürk.
In effetti, era da diversi
minuti che il colonnello, continuava a correre senza sosta lungo il corridoio
che, era certo, l’avrebbe portato direttamente alla piazza
principale.
Dietro di lui, il Generale,
continuava a urlargli, intimandogli di fermarsi ma Ed non lo ascoltava. Anzi, nemmeno lo
sentiva.
Era preoccupato per ben
altre cose: per Al, per Edward, per la buona riuscita della missione…e per un
dolore alla schiena che gli rallentava i movimenti mentre
correva.
Era un dolore sopportabile,
ma non era un buon segno, non in un momento del genere.
Vedeva il nemico
avvicinarsi pericolosamente verso di lui.
- accidenti…questa
maledetta ferita….pensavo fosse guarita! – pensò Ed
correndo.
Ad un tratto, finalmente,
gli parve di scorgere l’enorme portone dalla quale era entrato poco tempo prima.
Il portone che l’avrebbe condotto nella piazza centrale.
Con abile gesto, per far
prima, usò l’alchimia per distruggere il portone e, senza aspettare un secondo,
balzò fuori dall’edificio fermandosi all’improvviso, letteralmente
stupito.
Era buio, il paesaggio era
coperto da fitta neve caduta poche ore prima e un vento forte scompigliava i
capelli di Ed
- non è possibile… -
esclamò
Davanti a lui, a una
cinquantina di metri, erano posizionati una trentina di soldati, con tanto di
pistole e fucili, pronti a sparare se solo Ed si fosse
mosso.
Colui a capo dello
squadrone, non era altri che il Colonnello Shindler, colui che poco prima, era
stato convocato dal Generale.
Ed parve stupito dalla
situazione, ma poi, abbassò lo sguardo è rise ironico.
- che c’è colonnello? Non
mi dirà che non se lo aspettava? – esclamò Bürk comparendo dal nulla, dietro
Ed.
Il giovane si voltò verso
di lui
- …sinceramente no… -
sorrise - ..pensavo che un po’ di coraggio cel’avesse…invece ha portato i suoi
scagnozzi…bravo Generale! -
- non fai più lo spavaldo
eh?! Ragazzino?! – esclamò il Generale – la riabilitazione è più lunga del
previsto eh?! -
- …!! –
Bürk aveva colto nel segno.
Il motivo per cui Ed continuava a parlare era per guadagnare il tempo necessario
perché Al riuscisse a portare in salvo i
prigionieri e perché Edward riuscisse a soccorrere il suo
amico.
In quel momento, con
cinquanta uomini alle spalle e Bürk davanti a lui era incerto nei propri
mezzi.
Come avrebbe potuto, il suo
Automail affrontare una battaglia come quella che si preannunciava la più ardua
che avesse mai combattuto?.
Senza menzionare il dolore
alla schiena dovuto alla cicatrice che si portava dietro da mesi. Il famoso
attacco in Portogallo dove la ragione per cui era venuto fino a li, era
tragicamente morta.
Ma non si sarebbe mai
tirato indietro. Non quella volta. Avrebbe dimostrato di non essere un uomo
debole. Di essere diventato forte, di aver trovato il coraggio di andare avanti
e di non arrendersi mai, qualunque cosa fosse successa.
Ancora con la mente piena
di pensieri, trasmutò nuovamente il suo braccio in una lama e si riposizionò.
Questa volta non sarebbe scappato.
- vedo che il coraggio non
ti manca…meglio così… - ridacchiò Bürk mettendosi anch’esso in posizione, sotto
lo sguardo meravigliato di Shindler e dei suoi soldati.
- sarà un piacere giocare
con te! -
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