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Autore: Kikyo91    20/02/2007    6 recensioni
Nei tempi in cui Hitler salì al potere...un uomo fu costretto ad abbandonare la propria famiglia per volere non suo....un ragazzo, anni dopo, avrebbe combattuto contro chi a Dio voleva opporsi....
Genere: Drammatico, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un pò tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 25 – Il coraggio di andare avanti

 

 

- ti ripeto di spostarti! -  aveva nuovamente esclamato Joseph tenendo premuta la pistola alla sua mano

 

- non posso farlo! -

 

- non scherzare! Li dentro non c’è nulla che ti interessi!! -

 

- …invece sono sicuro che qui ci sia qualcuno… - disse il ragazzo toccando la porta

 

Joseph parve scosso da quelle parole

 

- non...non dire stupidaggini!  -

 

- …io sono qui solo per poter salvare un mio amico! – esclamò Edward sospirando

 

- …eh?! -

 

- era un Ebreo…che non ha mai fatto nulla di male…io sono venuto quaggiù…solo per salvarlo! -

 

Il militare, sempre con la pistola impugnata, indietreggiò di qualche passo, incerto sul da farsi

 

- non…non sei col colonnello Elric? Non vuoi impossessarti dei documenti di Hitler? -

 

- no! L’unica cosa che voglio è salvare Lucas! -

 

- … - Joseph abbassò un po’ la pistola - ..e perché vuoi aprire quella porta?! -

 

Edward appoggiò la mano sul ferro freddo e sospirò

 

- perché…quando sono venuto in questo posto…mi è parso di sentire la sua voce provenire da qui… -

 

- … - Jospeh abbassò lo sguardo, e per qualche minuto nessuno dei due parlò, poi, puntò gli occhi nuovamente su Edward - …vattene da qui finchè sei in tempo! -

 

- eh?! -

 

- ora chiamerò la sicurezza…devi scappare altrimenti ti cattureranno! -

 

- che stai dicendo?! Io non posso scappare! Io…io devo..-

 

- OLTRE QUELLA PORTA TROVERESTI SOLO L’INFERNO! -  urlò Joseph all’improvviso

 

- l’inferno? – chiese Edward scosso e inorridito

 

- …proprio così…tu…non hai idea di quali atrocità si compiono li dentro… - esclamò l’uomo con un velo di tristezza sul volto

 

- … -

 

- se entri li dentro…forse potresti pentirtene… -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- URGH….!! -

 

Ed, era stato spinto giù per le scale di uno dei corridoi principali, con una violenza quasi sovrumana.

A spingerlo, era stato Bürk: il Generale, aveva il volto privo di ogni emozione, e avanzava pericolosamente verso le scale, dove aveva appena scaraventato Ed.

Portava, nella mano destra, un guanto, molto simile a quello che aveva il vecchio Maggiore Armstrong, un Alchimista di Stato che aveva aiutato più di una volta i due fratelli, durante lo loro ricerca della pietra Filosofale.

Il colonnello si alzò a fatica da terra, ansimando ancora per la botta appena ricevuta.

 

- un colpo a sorpresa...maledetto, non pensavo che sapessi usare l’alchimia! -  esclamò turbato

 

- ti sorprende ragazzino?!  - sorrise il Generale

 

- …no… - sospirò Ed alzandosi e posizionandosi per il combattimento - …solo che…mi dovrò impegnare più del previsto allora… -

 

- ti puoi sempre arrendere!  - sogghignò il Generale

 

- tsk!...per chi mi ha preso…io non sono così debole come posso sembrare… -

 

- sarai anche stato fatto colonnello a diciannove anni…ma sei ancora un nanerottolo! -

 

- …odio le persone che mi giudicano dall’apparenza…lo sa?! – disse Ed con l’amarezza ben espressa sul suo volto

 

- …allora…vedremo quanto resisterai a me… - sospirò Bürk mettendo in posizione il braccio

 

- tsk! -

 

Ed, prima che il nemico riuscisse a preparare l’attacco, si voltò dall’altra parte e cominciò a correre lungo il corridoio buio, lasciandolo indietro di qualche metro.

 

- cosa fai scappi?! – esclamò Bürk inseguendolo

 

- … - Ed non rispose. Si limitò solo a correre più veloce che poteva, incurante del leggero dolore alla spalla che la caduta gli aveva provocato.

Non sapeva di preciso cosa fare, ma sentiva dentro di se qualcosa che lo spingeva a uscire dal quel posto così buio…inoltre, se avesse cominciato una lotta li dentro, l’edificio sarebbe sicuramente stato ridotto a brandelli, e non poteva rischiare di ferire inconsciamente Al e Edward, “dispersi” chissà dove all’interno del campo.

Ecco, uno dei motivi per cui questa volta  stava fuggendo.

Il Generale era sempre dietro di lui, e gli stava dietro come un dannato, mentre Ed continuava senza fermarsi ,nella speranza di arrivare, una volta per tutte all’uscita dell’ edificio.

Una volta fuori, nella grande piazza, senza nessuno che li disturbasse e senza il pericolo di distruggere tutto, avrebbe potuto finalmente fermarsi e farla finita una volta per tutte.

 

 

 

 

 

Intanto Al dall’altra parte, nell’ala Nord del campo, camminava velocemente e col fiato in gola: aveva appena sentito urlare il fratello. Ciò significava che Ed non poteva essere molto lontano da dove si trovava lui.

Il suo compito, era quello di trovare i prigionieri e tenerli al sicuro, ma ora, l’unica cosa che gli importava, era accertarsi che il fratello maggiore stesse bene.

Il bruciore alle mani tuttavia non era passato ,anzi era addirittura peggiorato, e più passava il tempo, più sentiva le mani farsi sempre più fredde, quasi gelide, segno che il sangue non circolava più come prima.

Aveva lasciato i prigionieri la sotto, nelle cantine, dicendo loro di aspettare gli aiuti esterni al sicuro.

Gli aveva promesso che sarebbe tornato a prenderli, qualunque fosse stato l’esito della missione.

 

- fratello….non morire! – sospirò mentre correva

 

 

 

 

 

 

 

- come fai a sapere che potrei pentirmene?! – aveva appena esclamato Edward stupito dalle parole di Joseph

 

- fidati…è meglio se non entri! - esclamò quest’ultimo avvicinandosi alla porta

 

- …mi dici come potrei fidarmi di uno che mi punta la pisola addosso? -

 

Joseph abbassò leggermente la pistola, poi sospirò.

Il suo volto si fece triste, molto triste, lo sguardo era diventato quasi invisibile, freddo, gelido…era diventato disumanamente serio.

Osservò con strano modo di fare, il giovane Edward, constatando, come molti altri prima di lui, che quel ragazzo era davvero simile al proprio padre…anzi...a volte li si poteva addirittura scambiare…

 

- …io so cosa fanno li dentro… - esclamò infine

 

- eh?! Davvero?! – chiese Edward all’improvviso

 

- … - L’uomo lo guardò sorpreso, poi abbassò il volto e sospirò

 

- si… -

 

- e allora cosa…cosa succede all’interno di quella stanza? - cominciò Edward

 

L’uomo non rispose subito.  Forse gli costava troppo, o forse aveva paura di rivivere quei momenti che continuavano ad accoltellargli il petto senza esitazione

 

- ero io colui che conduceva gli Ebrei nelle camere a gas… nelle miniere…  - sospirò infine

 

- ?! -

 

- ero io…colui che strappava i bambini alle loro madri…colui che faceva le selezioni insieme agli alti ufficiali…ero io…che ho aperto quella porta per la prima volta… -

 

- …ma tu…tu lo sapevi?! Sapevi quello che stava succedendo e non hai avvertito nessuno?! – chiede il ragazzo indignato e scosso da quelle parole

 

- ERO SOTTO COPERTURA!...proprio…proprio come tuo padre…non potevo parlarne con nessuno… - esclamò Joseph

 

- … -

 

- non puoi immaginare il mio rimorso...per aver mandato quelle persona a morire…non puoi immaginare l’odio che ho provato verso me stesso…io, un medico! -

 

Edward, osservò l’uomo, contorcersi dal ripianto, mentre lentamente, dal suo volto scendevano delle lacrime silenziose…lacrime appartenute, in parte, a quelle madri, quei bambini, la cui vita era stata spezzata in modo orribile.

Joseph, ad un certo punto, sembrò cedere…forse, il vedere la determinazione di Edward, l’aveva spinto a sfogarsi, a tirare fuori tutto quello che, molto probabilmente, aveva visto in quei mesi…

L’uomo si accasciò a terra, la pistola gli cadde dalle mani.

Edward avrebbe potuto attaccarlo in quel momento, per entrare nella stanza, ma poi, guardandolo e sentendo di provare pietà per lui, decise di lasciar perdere, decise di lasciarlo urlare, piangere, singhiozzare finche non si sarebbe tolto di dosso tutto quel rimorso che lo opprimeva.

 

- le guerre si possono risolvere in altri modi… - esclamo all’improvviso Joseph asciugandosi le lacrime

 

- cosa? – chiese Edward

 

- …così ha detto il colonnello...mi chiedo…se non sia io quello che ha torto… -

 

- … -

 

I due rimasero immobili dove si trovavano.

Edward non sapeva più cosa fare. Aprire o non aprire quella porta?

Vedere Joseph  così distrutto, gli aveva fatto passare la voglia di scoprire se Lucas era li dentro…se lo fosse stato…possibile che fosse ancora vivo?

Dopo le parole del militare, non ne era più molto sicuro.

Abbassò anch’esso lo sguardo verso il pavimento di pietra grigia lucente e sospirò pesantemente.

Poi, forse per qualche strano impulso, che in quel momento gli aveva perforato la mente annebbiata da quei pensieri, alzò lo sguardo verso l’enorme porta. Il suo sguardo si era fatto incandescente, quasi di fuoco, come se la preoccupazione fosse, in qualche modo, svanita in quei pochi minuti trascorsi a guardare il pavimento.

Si mise in posizione davanti alla porta, con le mani ben tese verso di essa.

Joseph, ancora a terra, se e accorse e si rialzò immediatamente

 

- ma che stai facendo?! – esclamò stupito

 

- la apro… - sospirò Edward

 

- come hai detto?! -

 

- ho detto che la apro! – disse il ragazzo, stavolta con più decisione

 

- ma sei pazzo?! Ti ho detto che non puoi! -

 

- e dove sta scritto? -

 

- troveresti solo dolore! -

 

- LO PROVEREI COMUNQUE VADANO LE COSE! -

 

Joseph si bloccò all’improvviso

 

- lo proverei lo stesso…sapendo…di non aver fatto abbastanza per salvare Lucas… -

 

Il militare e il ragazzo si guardarono intensamente, uno sguardo carico di semplicità e, sebbene in diversi contesti, di compassione l’uno per l’altro.

Joseph raccolse la pistola da terra, in un primo momento sembrò che dovesse puntarla verso Edward, ma poi, come se ci avesse ripensato, la rimise alla vita e, anche se tristemente, gli sorrise.

 

- sei così desideroso di salvare il tuo amico vero? -

 

- si! – esclamò il ragazzo

 

- …anche a costo…di morire per lui? –

 

- si lo sono! – disse nuovamente ma con più vigore

 

A quelle parole, l’uomo ripercorse il lungo filo del suo passato…lo ripercorse fino ad arrivare a quel giorno, il giorno di quella disastrosa battaglia in Portogallo…dove quell’uomo, quasi ancora ragazzo, teneva stretto a se il corpo senza vita dell’amico…in quel momento, mentre sentiva i singhiozzi di quella persona che chiamava invano il nome del defunto...gli era parso di udire delle frasi…frasi insensate, uscire dalla bocca di una persona disperata…ed in mezzo ad esse, parole dolci  e promesse da mantenere ma soprattutto…rimorsi…

 

- Ivan… - aveva singhiozzato quella persona - …se solo potessi tornare indietro…i..io…sarei voluto morire al posto tuo… -

 

Detto questo, quella persona cadde, forse travolta dall’angoscia, o ancora, dalla stanchezza che quel giorno infernale aveva provocato

 

In quel momento, ricordando quella scena, a cui mesi prima aveva assistito impotente, Joseph sospirò pesantemente, e si voltò verso Edward

 

- sarai stanco di sentirtelo dire ma…sei davvero simile a tuo padre…Edward… - sorrise

 

Il giovane lo guardò stranamente, quasi sorpreso da quelle parole alle quali, in altre circostante, in passato, avrebbe risposto malamente con l’odio nel cuore.

Contraccambiò il sorriso dell’uomo anche se non con la stessa intensità.

Poi, si rigirò verso la porta. Si sentiva pronto, pronto a fare il grande passo.

Sotto gli occhi ancora un po’ contrari di Joseph,  con un abile gesto, Edward battè forte le mani, l’una sull’altra, per poi posarle con altrettanta forza sulla porta, ricoperta da un piccolo strato di acciaio.

Non fu difficile per Edward, rompere i lucchetti che la tenevano chiusa.

Ci fu una luce viola, molto intensa e poi, una piccola esplosione, segno che la trasmutazione era avvenuta con l’esito sperato.

In quegli istanti, in cui si sentiva l’odore del fumo penetrare all’interno del proprio corpo, Edward si era ritrovato a sperare enormemente che li dentro, ci fosse davvero qualcuno, che non se lo fosse immaginato.

Questa gioia però, era contrastata da un’ irrefrenabile paura che gli faceva battere il cuore all’impazzata.

Cosa poteva essere? Si chiedeva mentre il fumo si dileguava.

Stando a quanto aveva detto il militare, li dentro avrebbe visto qualcosa…qualcosa di terribile che forse, il suo corpo non avrebbe retto.

Il fumo, tutto d’un tratto sparì, lasciando solo una porta semi aperta dalla quale, ignorandone il motivo, vi usciva un intenso odore, un odore ancora sconosciuto al ragazzo.

Deglutendo, il giovane avvicinò lentamente la mano verso la maniglia della porta, ma poi la ritrasse, non ancora convinto.

 

- …che cosa c’è?...ci hai ripensato? – chiese Joseph sorpreso

 

- …no…però… - esclamò Edward un po’ confuso

 

- …se non ne sei convinto lascia perdere…in fondo… - sospirò il militare  - …è una cosa troppo grande per te… -

 

- certo che ne sono convinto... – sospirò Edward chiudendo gli occhi. Si ricordò di tutto. Tutti quei momenti trascorsi con Lucas, tutte le sue parole, ogni suo gesto…

 

 

- cavolo! sei pieno di risorse Edward!

 

- l’esercito! Ci  porteranno al treno! Al treno della morte! -

 

- volevo…volevo solo salutarti Edward!

 

- questo è il nostro destino! -

 

- tu sei stato il mio unico vero amico!

 

- …salva più vite che puoi! Usa l’alchimia per aiutare tutte quelle persone che hanno ancora un futuro davanti a sé! –

 

 

- ah! – riaprì gli occhi violentemente. Non aveva più tempo di esitare. Lucas non si sarebbe mai tirato indietro, aveva affrontato con coraggio persino la cosa che l’uomo temeva di più….la morte.

Anche lui non doveva essere da meno. Anche lui doveva avere quel coraggio. Quel coraggio di andare avanti e di non mollare mai.

 

Edward prese con vigore la maniglia, sospirando e voltandosi verso Joseph

 

- non mi tiro indietro! – esclamò

 

- lo sospettavo… - sorrise il soldato

 

 

Detto questo, ora che il coraggi era nuovamente penetrato dentro di lui, si sentiva diverso. Si sentiva più forte.

Tese la mano verso il basso. Sentì un leggero cigolio mentre, piano piano, cominciò ad aprire la porta.

La aprì molto lentamente, mentre l’odore si era fatto più intenso, quasi nauseante, tanto da costringerlo a mettersi la mano davanti alla bocca.

Il cigolio si fece sempre più intenso finche, con un’azione decisa, si convinse a spingere del tutto la porta.

 

 

 

Ciò che Edward vide, una volta aperta quella porta, fu il nulla.

 

- …ma cosa…? – avanzò lentamente all’interno della stanza, l’odore era insopportabilmente forte, e ad ogni respiro, sembrava perdere energia vitale.

Era buio, decisamente buio.

non aveva idea di dove si trovasse o di cosa ci fosse li dentro, ad ogni passo era come se calpestasse qualcosa.

Qualcosa di terribilmente liquido e appiccicoso.

Ad un certo punto, avanzando in quella sala, Edward si sentì mancare il fiato.

Cadde a terra sbattendo violentemente contro qualcosa che aveva l’aria di essere un tavolo, dalla quale, cadde un piccolo candelabro con due candele quasi del tutto consumate.

 

- …Edward! - Joseph dopo qualche attimo di esitazione, si decise ad entrare, soccorrendo il ragazzo

 

- sto bene… - esclamò Edward cercando di rialzarsi. La visuale non era per nulla migliorata.

 

- …avresti dovuto riposarti come ti avevo consigliato giorni or sono… -

 

- …sto bene ti dico… - sospirò il ragazzo

 

- …dai…andiamo via da qui… - disse Joseph aiutando il ragazzo

 

- no…de..devo sapere! – esclamò Edward tenendo a distanza Joseph

 

- non essere sciocco! Questo odore nauseante non ti farà altro che male! -

 

Edward guardò il compagno dritto negli occhi

 

- …tu..tu sai cos’è questo odore? – chiese

 

- …eh? -

 

Il ragazzo si rialzò in piedi, non vedeva quasi nulla, ma poteva percepire benissimo che Joseph aveva accennato uno sguardo triste. Lo riusciva a capire dal fatto che i suoi occhi azzurri come l’oceano, brillavano anche nel buio.

 

- tu ci sei già entrato…quindi saprai… - continuò Edward con tono un po’ accusatorio

 

L’uomo non disse nulla. Aiutò il giovane ad alzarsi. Poi, camminando alla cieca, si accorse di aver urtato il  candelabro di poco prima.

Lo prese in mano. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni, un piccolo rudimentale accendino e, dal nulla, sbucò una fiamma delicata che andò ad illuminare il volto pallido di Edward e quello contratto di Joseph.

Il ragazzo non capiva il perché di quel gesto. Ora poteva vedere meglio, ma non abbastanza, la fiamma infatti era molto piccola.

 

- ah! -

 

Edward, sentì la sua mano sporca. Sporca di qualcosa. Qualcosa di appiccicoso e dall’odore fortissimo.

Evidentemente si era sporcato cadendo a terra.

Spaventato e deciso allo stesso tempo, il giovane alzò la mano verso la fiammella che Joseph continuava a tenere accesa senza dire una parola.

Non appena la mano venne illuminata, i colori ritornarono vividi e intensi.

Un solo colore, gli aveva sporcato la mano e parte dei vestiti. Un solo colore avrebbe potuto spaventarlo a tal punto. Un solo colore...poteva voler dire… morte…

 

Il rosso scarlatto

 

 

Edward, a quella vista, a stento riuscì a trattenere un leggero sobbalzo.

Indietreggiò pericolosamente, allontanandosi dalla luce emanata dalla candela.

 

- m..ma questo…questo è… - esclamò confuso cercando di pulirsi la mano sporca

 

Joseph sospirò

 

- era per questo che ti avevo consigliato di non mettervi piede…  -esclamò avanzando verso la parte opposta da dove si trovava Edward.

 

- a..ah… -

 

Il ragazzo intanto prendeva sempre più coscienza di ciò che in quel momento, giaceva sul pavimento, modificandone il colore spento e cupo, di ciò che in quel momento, stava calpestando, di ciò che in quel momento, si preannunciava devastante per lui.

 

- …cosa mi sarei dovuto aspettare in fondo? – continuò Joseph avanzando sempre di più e cominciando a tastare le pareti aiutato dalla leggera luce del candelabro

 

- ...nessuno ha quel coraggio…se non le persone che hanno vissuto tutto questo… - sospirò fermandosi e voltandosi verso Edward, ancora scosso e traumatizzato.

 

- nemmeno tu…hai quel coraggio? – chiese

 

- … - Edward non rispose, si limitò a fissare Joseph con la paura che non lo faceva stare calmo

 

- …mmmh… - sospirò l’uomo - …lo sospettavo… - esclamò appoggiando la mano a quello che, nel buio, sembrava un interruttore

 

- benvenuto all’inferno Edward!  -

 

 

Premette il bottone dell’interruttore.

Una scia di luci fioche, cominciò ad illuminare leggermente la stanza, finche, agli occhi di Edward, non si prostrò quello che Joseph definiva “l’inferno”.

 

Decisamente azzeccato.

 

- …m..ma…non..non è possibile… - esclamò traumatizzato. Si sentiva soffocare e le gambe cominciarono a tremargli dalla paura.

Con il cuore pieno di angoscia, il giovane Alchimista, si accasciò al suolo, accompagnato dallo guardo turbato del suo accompagnatore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- diamine! Ma quanto è lungo questo corridoio?! – aveva appena esclamato Ed, correndo a più non posso, seguito dal Generale Bürk.

In effetti, era da diversi minuti che il colonnello, continuava a correre senza sosta lungo il corridoio che, era certo, l’avrebbe portato direttamente alla piazza principale.

Dietro di lui, il Generale, continuava a urlargli, intimandogli di fermarsi  ma Ed non lo ascoltava. Anzi, nemmeno lo sentiva.

Era preoccupato per ben altre cose: per Al, per Edward, per la buona riuscita della missione…e per un dolore alla schiena che gli rallentava i movimenti mentre correva.

Era un dolore sopportabile, ma non era un buon segno, non in un momento del genere.

Vedeva il nemico avvicinarsi pericolosamente verso di lui.

 

- accidenti…questa maledetta ferita….pensavo fosse guarita! – pensò Ed correndo.

 

Ad un tratto, finalmente, gli parve di scorgere l’enorme portone dalla quale era entrato poco tempo prima. Il portone che l’avrebbe condotto nella piazza centrale.

Con abile gesto, per far prima, usò l’alchimia per distruggere il portone e, senza aspettare un secondo, balzò fuori dall’edificio fermandosi all’improvviso, letteralmente stupito.

Era buio, il paesaggio era coperto da fitta neve caduta poche ore prima e un vento forte scompigliava i capelli di Ed

 

- non è possibile… - esclamò

 

 

Davanti a lui, a una cinquantina di metri, erano posizionati una trentina di soldati, con tanto di pistole e fucili, pronti a sparare se solo Ed si fosse mosso.

Colui a capo dello squadrone, non era altri che il Colonnello Shindler, colui che poco prima, era stato convocato dal Generale.

Ed parve stupito dalla situazione, ma poi, abbassò lo sguardo è rise ironico.

 

- che c’è colonnello? Non mi dirà che non se lo aspettava? – esclamò Bürk comparendo dal nulla, dietro Ed.

 

Il giovane si voltò verso di lui

 

- …sinceramente no… - sorrise - ..pensavo che un po’ di coraggio cel’avesse…invece ha portato i suoi scagnozzi…bravo Generale! -

 

- non fai più lo spavaldo eh?! Ragazzino?! – esclamò il Generale – la riabilitazione è più lunga del previsto eh?! -

 

- …!! –

 

Bürk aveva colto nel segno. Il motivo per cui Ed continuava a parlare era per guadagnare il tempo necessario perché Al riuscisse a portare in salvo i  prigionieri e perché Edward riuscisse a soccorrere il suo amico.

In quel momento, con cinquanta uomini alle spalle e Bürk davanti a lui era incerto nei propri mezzi.

Come avrebbe potuto, il suo Automail affrontare una battaglia come quella che si preannunciava la più ardua che avesse mai combattuto?.

Senza menzionare il dolore alla schiena dovuto alla cicatrice che si portava dietro da mesi. Il famoso attacco in Portogallo dove la ragione per cui era venuto fino a li, era tragicamente morta.

Ma non si sarebbe mai tirato indietro. Non quella volta. Avrebbe dimostrato di non essere un uomo debole. Di essere diventato forte, di aver trovato il coraggio di andare avanti e di non arrendersi mai, qualunque cosa fosse successa.

Ancora con la mente piena di pensieri, trasmutò nuovamente il suo braccio in una lama e si riposizionò. Questa volta non sarebbe scappato.

 

- vedo che il coraggio non ti manca…meglio così… - ridacchiò Bürk mettendosi anch’esso in posizione, sotto lo sguardo meravigliato di Shindler e dei suoi soldati.

 

- sarà un piacere giocare con te! -

  
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