> Prima di
cominciare vi chiedo scusa per tutto il tempo che ho fatto passare prima di
aggiornare di nuovo, ma il tempo libero è assai scarso!! Perdonatemi!! Inoltre
vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto questa modesta (e a dir poco
orribile!) storia, in particolare Chan, Kessachan ed Elfa, che hanno recensito
con mooolta pazienza. Grazie 1000 di cuore! Siete fantastici! ;-) GiuEGia
Capitolo
dodicesimo
Uno
strano senso di stordimento prese lentamente posto al leggero sonno che l’aveva
tenuta occupata per chissà quanto tempo. Poco dopo si aggiunse anche un
costante, ma tenue, dolore alle ossa, come se un branco di elefanti le fosse
passata sopra mentre era svenuta. Per di più il sapore ferreo del sangue e la
sofferenza del compiere ogni respiro faceva sembra ogni minuto lungo più di un
anno. Tentò più volte di aprire le deboli palpebre, inutilmente, riuscendo
soltanto ad aumentare il ritmo del faticoso respiro e l’intensità del dolore.
Dopo mille tentativi, esaurite le ultime forse che le erano rimaste, cadde in un
leggero assopimento, in cui sentiva e percepiva tutto. La sua mente, oramai
sveglia e riposata, iniziò a vagare, rivivendo sensazioni dell’infanzia e
rielaborando il percorso migliore da intraprendere per il viaggio. Solo a quel
punto si rese conto di spostarsi, ma senza aver il controllo del suo cavallo.
All'istante i suoi sensi, sviluppati come quelli di un elfo, si affinarono,
allargando la sua percezione di ciò che la circondava. Senti l’odore di un
cavallo che non era il suo (aveva imparato con gli anni a riconoscere il suo
Zodiach dagl’altri cavalli), rumori di zoccoli su una strada ciottolosa, ma ben
assestata. Analizzò a lungo i rumori e arrivò alla conclusione che venissero
prodotti da almeno due cavalli. Per qualche secondo il suo animo si rasserenò
alla speranza che lo stallone grigio fosse vicino a lei. Inaspettatamente anche
il suo senso del tatto, lasciato in disparte, si risvegliò dal torpore. Due
braccia robuste, ma allo stesso tempo delicate, la sostenevano, impedendole di
cadere dal cavallo. Il panico la invase. Il terrore di essere fra le braccia di
uno di quegli sporchi briganti gl’invase la testa. La sicurezza svanì, lasciando
il posto alla nostalgia e alla voglia di piangere. Come era già successo durante
il suo viaggio, si pentì di esser scappata dal Bosco Atro e di non aver
ascoltato i suoi genitori adottivi. Non li avrebbe rivisti mai più, e mai
avrebbe incontrato i suoi veri genitori. Sentiva le lacrime pungerle gli occhi
chiusi, ma non riusciva a lasciarle andare. Era come se il suo corpo fosse stato
paralizzato da chissà quale veleno e la mente fosse l’unica cosa libera di
muoversi. La paura di morire, acquietata per qualche minuto dai pensieri
malinconici e afflitti, la invase di nuovo come un’onda durante una brutta
tempesta, e tentò ancora senza successo di liberarsi da quelle braccia suo
parere nemiche. Rivide improvvisante le ultime immagini della sua giovane vita.
Il gruppo di malintenzionati che l’inseguivano, la caduta da cavallo, le
percosse…e poi la luce. Ricordò con gioia il ragazzo che, rischiando la vita,
l’aveva salvata da una brutta fine. Questa pallida speranza di salvezza le
diffuse nel piccolo corpo la forza necessaria per riprendersi dal sonno e
riaprire gli occhi. Con un peso sullo stomaco riaprì lentamente le palpebre,
sperando con tutta se stessa in un finale felice. Passarono alcuni secondi prima
che gli occhi stanchi si riabituassero alla luce forte del giorno; ciò che vide
fu prima una sagoma che andava definendosi man mano che la sua vista tornava
normale. Un corpo snello e muscoloso, che stava ben eretto sulla sella. Poi
finalmente il viso. Quello di un giovane, sicuramente elfo, che la fissava con i
suoi occhi verdi e apprensivi. Un sorriso dolce e gentile, che lentamente si
dipinse sul suo volto affascinante. Poi gioia. Rutie capì con felicità di essere
in buone mani e, appoggiandosi alla spalla del ragazzo, tranquilla e
gratificata, si lasciò andare in un pianto che aveva contenuto per fin troppo
tempo…