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Autore: Fanny Lestrange    22/09/2012    2 recensioni
Aurora Sinistra: un personaggio sul quale J.K. non si è soffermata più di tanto, lasciandoci solo intendere che si tratta dell'insegnante di Astronomia alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Ma se dietro questo nome si celasse un'identità diversa, una donna dal passato misterioso e tormentato a cui è stata offerta l'opportunità di ricostruirsi una vita sotto false sembianze? Se al di là dell'impeccabile reputazione da docente si nascondessero anni trascorsi al servizio del più temuto mago oscuro di tutti i tempi? E se lei, dopo aver abilmente ingannato chi le stava intorno sulla sua definitiva presa di posizione, si rendesse improvvisamente conto che le scelte che farà non avranno più come unico obiettivo il trionfo del suo Signore? Se qualcosa o qualcuno minacciasse di compromettere i sacrifici di una vita, di cambiarla per sempre?...
è la mia prima ff, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Non spaventatevi se nel primo capitolo non sembra succedere nulla di particolare, dal secondo si comincerà a capire meglio!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aurora Sinistra, Narcissa Malfoy, Nuovo personaggio, Rabastan Lestrange, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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- L’orbita di Callisto è inclinata di due gradi, non sette, rispetto a quella di Giove.
 
 
Sospiro rassegnata e sollevo il foglio, zeppo di linee intricate, all’altezza del viso. Lo esamino attentamente alla fioca luce delle torce, corrugando la fronte.
 
 
- E qui hai inserito un satellite in più di tua spontanea volontà, vedo. - aggiungo, indicando col dito un punto minuscolo sulla mappa celeste.
 
- L’astronomia è matematica, Cornelia. E la matematica è precisione. Un concetto che ancora non sembri aver afferrato. - sentenzio, restituendole il foglio.
 
- Mi domando come si possa andare avanti così.
 
 
Lei, Cornelia, alza gli occhi, quei meravigliosi occhi di un’indefinita tonalità tra il blu e il viola, e mi fissa astiosa.
 
 
- Non lo chieda a me, professoressa. - replica, ponendo particolare enfasi su quell’ultima parola, come a voler metterne in dubbio l’autenticità del significato.
 
 
Di sicuro, da quando le è stato rivelato che anch’io, assidua frequentatrice della sua villa, faccio parte delle schiere al servizio del Signore Oscuro, la mia autorità scolastica è stata irrimediabilmente compromessa.
Cornelia ha mantenuto la promessa, certo: nessun altro è al corrente dei miei reali intenti, ma la conoscenza della verità deve averla indotta a guardarmi con occhi diversi. Me ne accorgo continuamente, a lezione, da come mi punta addosso quel suo sguardo indecifrabile, a metà fra l’ammirato e l’inquisitorio.
So che, se volesse, potrebbe tradirmi in qualsiasi momento, e questo m’impedisce, a volte, di trattarla in modo imparziale.
Ma le Arti Oscure la affascinano, e, tutto sommato, credo che la conseguenza principale di questa rivelazione sia stata, da parte sua, una maggiore stima nei miei confronti. Anche se in occasioni come queste la cela dietro un atteggiamento burbero e scostante.
 
 
- Non sono certo stata io ad insistere per prendere ripetizioni. - ci tiene a far presente, con una sfumatura di polemica che fingo di non cogliere.
 
 
- No, certo. - sospiro.
- E’ stata una decisione unanime tra me e tua madre.
 
 
Narcissa, infatti, qualche settimana fa mi aveva esortato ad impartire a Cornelia lezioni di ripetizione nelle mie ore libere, affinché potessi trascorrere più tempo con lei. Mi ero mostrata riluttante, ma in fondo sapevo che sarebbe stata una buona idea e le ero grata, poiché era sempre lei a fare il primo passo, ad adoperarsi perché io potessi ricucire i rapporti con mia figlia.
Il pretesto ufficiale, naturalmente, era che Cornelia aveva urgente bisogno di rimediare al brusco calo che aveva interessato i suoi voti in Astronomia.
 
 
- E cosa vi ha portate a questa conclusione, se mi è dato saperlo? - chiede ancora lei, facendo sfoggio di tutta la sua impertinenza.
 
 
Anche se mi sforzassi, tuttavia, non riuscirei a biasimarla: mi somiglia troppo.
 
 
- Un’altra cosa che devi imparare è il silenzio. - ribatto, in cuor mio maledicendomi per tanta ipocrisia.
- Ma a questa domanda posso risponderti. Abbiamo deciso di farti prendere ripetizioni perché non ci sembrava opportuno, date le tue capacità, che ti lasciassi andare così. I tuoi genitori hanno a cuore la tua istruzione, e io credo molto nel tuo potenziale, come mi pareva di averti già detto. Non so perché tu abbia smesso di dedicarti all’Astronomia con il dovuto impegno, ma di certo sei sempre in tempo per recuperare. Basterebbe solo che lo volessi anche tu…- concludo, fissandola in attesa di un suo cenno d’assenso.
 
 
- Io lo voglio, infatti. - si schermisce lei, punta sul vivo.
 
 
Alzo un sopracciglio, scettica.
 
 
- Non mi crede? Pensa forse che del mio andamento scolastico non m’importi nulla?
 
In effetti, non sarebbe da lei.
 
- Semplicemente, ci sono cose di cui m’importa di più.
 
 
Alza le spalle, come fosse la constatazione più ovvia del mondo. Come darle torto?
 
 
- Per esempio? - la incalzo, improvvisamente curiosa, avida di conoscerla a fondo.
 
 
- La mia famiglia.
 
 
A queste parole avverto, in un punto imprecisato del corpo, o forse dell’anima, qualcosa che si spezza. E fa male.
 
 
- Stiamo attraversando un momento difficile, e lei dovrebbe saperlo. - prosegue, alzando lo sguardo e incontrando il mio.
 
- Vorrei poter star loro più vicina, ma mi è impossibile, qui a Hogwarts. Raramente ho loro notizie, e nonostante questa guerra sembri volgere a nostro favore, non so… Ho paura. - mormora, chinando il capo, privandomi ancora una volta dei suoi occhi, della loro luce.
 
 
- Lei è una di loro, probabilmente non capisce… Nessuno, tra i Mangiamorte, sembra capire, in realtà. Troppo presi dal loro Signore… O forse dal terrore.
 
 
Mi limito a fissarla, incapace di interrompere quell’insolito quanto autentico sfogo di sentimenti, troppo a lungo repressi.
 
 
- Ti sbagli. - esclamo dopo un po’, poiché non accenna a proseguire.
- Io ti capisco, più di quanto tu non immagini.
 
 
- Non credo. - scuote il capo lei.
- Narcissa è l’unica ad aver mai dato segno di preoccuparsi per me, anche se ultimamente ho l’impressione di star perdendo anche lei. La sento distante… Quasi volesse evitarmi.
 
 
- Non dire sciocchezze, Cornelia. Tua madre ti vuole bene e non credo proprio…
 
 
- Lei non è mia madre. - si affretta a precisare.
 
 
Ammutolisco improvvisamente, restando interdetta per un istante.
 
Ma certo. Avrei dovuto capirlo, penso amaramente, mordendomi un labbro. Avrei dovuto capire che l’uso del nome proprio di Cissy non era casuale, ma indicava la recente verità appresa da Cornelia. Avrei dovuto evitare allusioni dirette, se non volevo ritrovarmi in trappola.
Ormai, però, è fatta. Ci sono dentro fino al collo ma, contro ogni aspettativa, mi rendo conto di aver già deciso, di averlo quasi inconsciamente desiderato e di aver agito di conseguenza, parlando a sproposito: non mi tirerò indietro.
 
 
- Come sarebbe a dire non è tua madre? - insisto, simulando stupore.
 
 
Mi riesce piuttosto bene, ma questa, penso con sollievo, sarà l’ultima volta.
 
 
- No, non è mia madre. E’ stata lei stessa a dirmelo, poco tempo fa. Sono stata adottata.
 
 
Alza di nuovo le spalle, ostentando noncuranza.
 
 
- Capisco. Immagino non sia stato semplice accettare una notizia del genere…
 
 
Sondo il terreno, alla ricerca di una via d’accesso ai suoi sentimenti più nascosti.
 
 
- Ne ho preso atto. Che altro potevo fare?
 
 
La scruto attentamente, ma lei continua a tenere lo sguardo basso, sperando così di dissimulare ogni traccia di emozioni dal suo volto.
 
Inspiro a fondo, lottando per mantenermi salda ai miei intenti. E’ forte la tentazione di tornare sui miei passi come se nulla fosse accaduto, ma m’impongo di non cedere, o i rimorsi non mi daranno più pace.
 
 
- Ti ha detto anche chi sono i tuoi veri genitori? - la sollecito, in apparenza animata solo da sincero interesse nei suoi confronti.
 
 
- No. Non ne ho idea, forse nemmeno i Malfoy lo sanno. A quel che ho capito, provengo da un orfanotrofio. - mormora lei, questa volta senza riuscire a nascondere la desolazione.
 
 
- No. - mi scappa detto, prima che possa frenarmi.
 
- Non è vero.
 
 
Distolgo lo sguardo da lei e lo poso su una parete lì a fianco.
 
Silenzio. Un silenzio denso di stupore, carico di tensione.
 
Poi, dopo quella che pare un’eternità, la sua risposta.
 
 
- Che cosa? Lei sa… Lei sa forse da dove vengo? Conosce i miei genitori? - domanda incredula, la voce soffocata dall’emozione.
 
 
Non osa sperare, probabilmente; è disillusa e scettica, come me. Eppure, questa volta potrebbe anche concederselo: non la deluderò.
 
 
Mi volto lentamente, e nello stesso istante lei alza il viso. I nostri sguardi s’incontrano: un guizzo improvviso, un lampo di luce brilla nei suoi occhi, e capisco che ora, finalmente, anche lei sa.
 
Fissandomi come pietrificata, si porta una mano tremante alla bocca.
 
 
- Lei… Lei è mia madre? - farfuglia, esterrefatta.
 
 
Annuisco, incapace di proferire parola.
 
 
- Mio Dio… - sussurra, chinando il capo.
 
 
Tace per qualche istante, mentre aspetto che sia lei a pormi domande, poi finalmente sembra riprendersi.
 
 
- Mi scusi… Ho bisogno di prendere una boccata d’aria… - mormora, alzandosi e dirigendosi verso la terrazza della torre, pallida e sconvolta.
 
 
Chiudo gli occhi, sospirando. Ho atteso questo momento per sedici anni; l’ho temuto, desiderato ed evitato al tempo stesso, troppo vile per compiere il primo passo, troppo concentrata sulla mia presunta missione per dedicarmi a Cornelia, troppo orgogliosa anche solo per ammettere che mi era mancata, durante gli anni in cui la sua vicinanza mi era stata negata, dalle sbarre di una prigione o da un tacito accordo di non poter mai uscire allo scoperto, alla luce.
 
Accecata da false verità e sprovvista del coraggio necessario per metterle in discussione, per sfatarle, ho perso di vista ciò che invece c’era di più importante nella mia vita.
 
Sì, perché ora lo so: avrei dovuto fuggire, sedici anni fa. Avrei dovuto rinnegare i miei ideali per inseguirne uno più autentico, impegnativo, gratificante: il rispetto per la vita. Per la vita di mia figlia, che avrei dovuto anteporre a qualsiasi ambizione, dogma, devozione. A lei avrei dovuto dimostrare la mia lealtà; chi avrebbe avuto la sfacciataggine di biasimarmi?
Io stessa, innanzitutto. Lo avrei giudicato un gesto vile, deplorevole, infedele. Il mio Signore aveva la precedenza su qualsiasi altra futilità.
 
 
Scuoto il capo, sopraffatta dai rimorsi. Ho sbagliato ogni cosa, eppure me ne rendo conto solo adesso, adesso che ormai è troppo tardi.
Forse, però, Cissy ha ragione. Forse non tutto è perduto.
 
 
Seguo con lo sguardo Cornelia mentre rientra e prende nuovamente posto di fronte a me, senza tuttavia alzare gli occhi.
 
 
- Mi dispiace. - dico a bruciapelo, precedendola.
- Di avertelo detto solo ora, intendo.
 
 
- Perché? - domanda soltanto.
 
 
La sua freddezza mi rattrista, ma d’altronde cosa mi aspettavo? Un caloroso abbraccio, forse, come ricompensa per le attenzioni che le ho riservato in tutto questo tempo?
Decido di essere sincera con lei.
 
 
- Perché mi è mancato il coraggio, almeno finora. Ma soprattutto per il tuo bene: non ti sarebbe piaciuto sapere di avere una madre in prigione…
 
 
- Questo lo dice lei! - ribatte inaspettatamente Cornelia, alzando all’improvviso lo sguardo.
 
 
- Puoi darmi del tu. - replico, quasi divertita.
 
 
- D’accordo. - riprende lei, impaziente.
- Credi… Credi di sapere tante cose su di me, ma ti sbagli.
 
 
L’innegabile verità delle sua parole mi trafigge, eppure non c’è traccia di rancore nel suo tono, quanto piuttosto di curiosità, brama di conoscere e di farsi conoscere.
 
 
- Anche prima che Narcissa me lo confessasse, avevo spesso delle fantasie in cui i miei genitori erano dei maghi oscuri molto potenti, costretti ad abbandonarmi per fuggire altrove, ma io sapevo  che un giorno sarebbero tornati per venirmi a prendere e portarmi via con loro… Sarei stata orgogliosa se avessi saputo di te…
 
 
Saresti stata? E invece non lo sei, Cornelia, nemmeno ora? Sono davvero arrivata troppo tardi?
 
 
- Be’, non sono sicura di essere all’altezza delle tue aspettative…- replico, abbozzando un sorriso.
- Mi reputo piuttosto una strega oscura fallita… - mormoro amaramente.
 
 
Lei corruga la fronte, perplessa: non conosce da vicino le barbarie a cui anche noi Mangiamorte siamo sottoposti, e spero per lei che non le conoscerà mai.
 
 
- E mio padre? - si riscuote, come se solo ora se ne fosse ricordata.
- Chi è?
 
 
- Chi era. - la correggo.
 
 
Lei si rabbuia e mi fissa con quei suoi occhi che improvvisamente, nell’oscurità opprimente della torre, mi paiono enormi.
 
 
- E’ morto? - sussurra piano.
 
 
Annuisco.
Non puoi immaginare quanto mi costi un gesto così semplice, Cornelia.
 
 
- Si chiamava Regulus. Regulus Black.
 
 
Sgrana gli occhi, sorpresa.
 
 
- Era il cugino di Narcissa. Sì, alla fine siete davvero parenti… Era un Mangiamorte, come me. Non eravamo sposati; non ho mai creduto nel matrimonio. Credevo in ciò che facevo, nel mio Signore e in lui. Ma non è bastato. L’anno prima che tu nascessi, ha maturato a mia insaputa certe idee che l’hanno portato ad allontanarsi dal Signore Oscuro e a desiderare di sconfiggerlo.
 
 
Ricordo che all’epoca quella notizia, riferitaci dal nostro Signore, mi aveva sconvolta ed angosciata. Un così repentino cambio d’opinione mi era parso inconcepibile, ingiustificabile: ora, invece, non più.
 
 
- E poi? Cos’è successo? - incalza Cornelia.
 
 
- Si è lanciato in una missione suicida ed è rimasto ucciso. Il Signore Oscuro naturalmente ha scoperto il tradimento…
 
 
- Non gli importava di me? - domanda implorante.
 
Sorrido tristemente.
 
- Non sapeva che c’eri. Non lo sapevo neanch’io, non ancora. Sono sicura che si sarebbe comportato diversamente, se fosse vissuto abbastanza a lungo da saperlo.
 
 
In realtà non ne sono affatto sicura, ma avverto il bisogno impellente di allentare la morsa che, a ogni notizia che le rivelo, mi stringe sempre più il cuore.
 
 
- Ma ricordarne solo la fine sarebbe un affronto alla sua memoria. - aggiungo, desiderosa di donare al racconto un po’ più di luce.
- Ha dimostrato di avere coraggio: nell’unirsi ai Mangiamorte come, e soprattutto, nel disertare.
 
 
Le mie stesse parole mi suonano estranee, poiché quella considerazione, prima d’ora, non mi aveva mai neanche sfiorata.
 
 
- Io non credo che mollerei, se fossi Mangiamorte. Voglio dire, si presume che uno debba impegnarsi e rischiare molto, per conquistare la fiducia del Signore Oscuro, no? Mi sembrerebbe di aver fatto tutto invano… - mormora lei, pensierosa.
 
 
E io non credo che tu diventerai mai Mangiamorte, Cornelia. Mi opporrei, se un giorno dovessi volerlo. Perché? E’ ancora presto per spiegartelo, e rischioso. Non confesso le mie incertezze nemmeno a me stessa, e dubito tu sia una buona Occlumante, almeno per ora. Ma devo saperne di più.
 
 
- T’interessi di Arti Oscure? - butto lì, parendo quasi la madre irrisolta che tenta di far seguire alla figlia le proprie orme.
 
 
Lei mi scruta, sospettosa. Mi mordo un labbro, nel disperato tentativo di non cedere al groppo che mi serra la gola. Quanto impiegherai per fidarti di me, Cornelia?
 
 
- Sì, le trovo interessanti. - ammette infine, stringendosi nelle spalle.
- In casa abbiamo diversi libri, è stato naturale. I Malfoy senza dubbio mi hanno influenzato, ma quella di leggerli è stata una mia scelta.
 
 
- Capisco. E come li trovi?
 
Esita.
 
- Un po’ complicati, a dire il vero, ma m’incuriosiscono. Sono affascinanti…
 
 
Mi sfugge un sorriso: mi somiglia più di quanto avessi immaginato.
 
 
- Che c’è? - domanda sorpresa, accortasene.
 
 
- Nulla. E’ che, vedi… E’ stato così anche per me. Avevo circa la tua età quando ho iniziato a dedicarmi alle Arti Oscure, insieme a Lucius, i Lestrange e altri…
 
 
- E quando hai deciso che saresti diventata Mangiamorte? - seguita lei, illuminandosi.
 
 
- Più o meno in quel periodo. Coltivavo l’idea, ma è stato dopo la fine della scuola che ho iniziato a prendere lezioni.
 
- Da chi?
 
- Lucius e altri che già avevano il Marchio.
 
 
- Ah. - mormora lei, impercettibilmente delusa.
- Bellatrix dice sempre che è stato il Signore Oscuro in persona ad istruirla…
 
 
- Sì, be’, lei in questo senso è stata una privilegiata… Era molto dotata. Lo è tuttora, naturalmente. E la faccenda le stava a cuore più che a chiunque altro.
 
 
Tace per un po’, elaborando tutte quelle informazioni. Mi dispiace che debba apprendere la verità in maniera così brusca, repentina, sconvolgente; se tra qualche ora ripenserà alla nostra conversazione, temo le sembrerà di aver sognato.
 
 
- Lei è molto devota. Bellatrix, intendo. - osserva Cornelia.
 
 
Annuisco, chiedendomi dove voglia arrivare.
 
- Senza dubbio.
 
 
- Però anche tu sei stata in prigione molti anni… Com’è successo?
 
 
Deglutisco nervosamente. Non avrei potuto evitarlo ancora per molto, in effetti.
 
 
- Lavoravo al Ministero come impiegata all’Ufficio Auror, e questo mi consentiva di riferire al Signore Oscuro informazioni esclusive.
 
 
- Eri una spia già allora. - commenta ammirata.
 
Sembra che stia abbandonando a poco a poco la sua abituale maschera di freddezza; forse ha solo bisogno di tempo per prendere confidenza con una persona, che tanto più ignorava fosse sua madre.
 
 
- Sì, quel genere di cose mi è sempre riuscito abbastanza bene. - proseguo, rincuorata.
- Ma un altro Mangiamorte, un infiltrato come me che era stato catturato, mi ha tradito e hanno preso anche me. Mi hanno processata e io mi sono dichiarata colpevole, rifiutando di pentirmi. Così mi hanno gettata ad Azkaban.
 
 
- Io ero già nata? - domanda, un lieve imbarazzo nella voce.
 
 
Traggo un respiro.
 
- No. Sei nata mentre ero già dentro. - mormoro, abbassando lo sguardo.
 
 
Presto, però, non resisto e sbircio il suo volto, cercandovi tracce di rabbia, amarezza, delusione. Inaspettatamente, non ne trovo. Se ha mostrato stupore, perplessità o sconvolgimento, è stato solo per un istante.
Ora la sua espressione pare onnisciente, tanto da infondermi soggezione: come se nel profondo avesse saputo ogni cosa fin dall’inizio e non sentisse il bisogno di ulteriori, dolorose spiegazioni.
Negli occhi le brilla una luce nuova, intrisa di comprensione e rispetto, forse persino affetto. Nulla che io meriti davvero.
 
 
Mi avvicino, le siedo accanto e l’abbraccio, stringendola forte. Lei non oppone resistenza, anzi ricambia. Ormai non mi sforzo nemmeno più di trattenere le lacrime.
 
 
- Mi dispiace tanto… - le sussurro, accarezzandole piano i capelli.
 
Come se fosse ancora una bambina. Come se io l’avessi conosciuta, quella bambina, e quegli anni non ci fossero stati rubati.
 
Rimaniamo a lungo così, strette l’una all’altra, senza bisogno di parlare.
 
 
- Forse ora è meglio che vada… - azzarda lei dopo un po’, scostandosi delicatamente.
- Scusa, solo che è un po’ tardi… - aggiunge, rammaricata.
 
 
- No, hai ragione. - mi riscuoto.
- E’ molto tardi, in effetti, e tu hai bisogno di dormire… Domani hai pur sempre lezione.
 
 
- Dubito che riuscirò a prendere sonno, in realtà, dopo tutto questo… Ma va bene così. Era tempo che io lo sapessi, e te ne sono grata.
 
 
Abbozza un sorriso e io faccio altrettanto, incapace di trovare le parole.
 
 
- Allora… Buonanotte.
 
- Buonanotte.
 
 
Resto a guardarla mentre si allontana a grandi passi, imbocca le scale e sparisce lentamente dalla mia vista.
 
 
Buonanotte, Cornelia. Non preoccuparti, ci rivedremo presto. Recupereremo il tempo perduto; non ho intenzione di lasciare che ce ne portino via nemmeno un istante. Ora che ti ho ritrovata, ora che sai, cos’altro può ancora farci paura?
 
 
Il vento mi accarezza il viso, dolcemente, mentre inspiro l’aria pura di quassù e contemplo la luna. E’ piena, stasera.
D’un tratto, mi accorgo che ti somiglia: c’è qualcosa in lei che mi ricorda inspiegabilmente il tuo viso. Non è il candore dai riflessi perlacei; non è nemmeno la sua discreta, costante, anelata presenza. E’ la luce. Quella luce intensa, fredda eppure rassicurante, meravigliosa: la stessa dei tuoi occhi.
 
 
 
 
Note:
Ciao a tutti! Questa volta il ritardo è stato più consistente del solito, ma ormai ci sarete abituati…
Dunque, eccoci senz’altro a uno dei capitoli-chiave della storia, che aspettavo di scrivere da un anno… Spero di non averlo descritto in modo scontato (ciò che forse temo di più) o eccessivamente stucchevole. In ogni caso, le critiche costruttive sono sempre ben accette! ^^
Ne approfitto per dirvi che probabilmente per il pubblicare il prossimo impiegherò un bel po’, dato che mi sono iscritta ad un contest e intendo scrivere una long (anche se ‘short’ rispetto a questa…xD). Lo so, prendo troppi impegni, ma farò il possibile per non lasciar passare un tempo eccessivo, anche perché ormai siamo vicini alla fine…
Un’ultima cosa: questo capitolo è dedicato a Merlina97, per la sua ammirevole costanza, per la sua pazienza nel sopportarmi, e perché sperava tanto in un approfondimento del personaggio di Cornelia… Mi auguro non avessi aspettative troppo alte… Scherzo.
Grazie, come sempre, a tutti quelli che seguono e recensiscono: siete fondamentali, c’è poco da aggiungere!
Un bacio,
Fanny
 
 
  
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