Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: editio    24/09/2012    1 recensioni
FF a quattro mani scritta in collaborazione con GiallodiMarte.
Abbiamo immaginato Maya e Masumi in un periodo e in una situazione diametralmente opposte a quelle della storia ufficiale... ma alcune cose non cambiano mai. O sì?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maya Kitajima
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 24

 

 

Luna fredda:

Nel rumore del ponte

Io vado solo.

(Tan Taigi)

 

Cammino adagio lungo il marciapiede umido e scivoloso, evitando distrattamente qualche pozzanghera formatasi in seguito alle incessanti piogge dei giorni scorsi, la testa china, gli occhi bassi, le mani abbandonate a sfiorare di tanto in tanto i lembi pesanti del mantello avvolto a coprirmi le spalle. Non vedo l'ora di arrivare a casa, e mai come questa sera la strada mi è sembrata tanto lunga, buia e sconosciuta. Alzo lo sguardo verso la luce fioca di un lampione e noto tra la bruma rarefatta che l'avvolge goccioline d'acqua attraversarla leggere e perdersi nel buio della strada. È ripreso a piovere, eppure io non me ne ero nemmeno accorto. All'ultimo istante schivo con un balzo istintivo l'acqua sollevata dal passaggio troppo spedito di una carrozza. Un particolare insignificante, il suo predellino, riporta la mia mente a pochi giorni prima, in un'altra strada, in un'altra carrozza. Lady Kitajima, Maya. Da allora non l'ho più vista, ed è dura trattenersi, dover aspettare. Cosa darei per averla accanto in questo momento, per poterla stringere fra le braccia, accarezzarle le labbra morbide e piene, baciarla. Cosa darei per posarle di nuovo la testa in grembo e lasciarmi cullare da lei un istante ancora, ascoltando la sua voce calda e melodiosa allontanare dalla mia testa i pensieri angosciosi che mi si accavallano senza tregua e gettano ombre scure e minacciose sulla cortina appena sollevata sul mio futuro. Maya... Chi l'avrebbe mai detto che un giorno il mio amore potesse essere corrisposto? Chi avrebbe mai pensato che quella donna unica e irraggiungibile si sarebbe davvero innamorata di me? Il ricordo della sua dichiarazione nello studio di Mr Hughes mi provoca nuovi brividi lungo la spina dorsale e una strana eccitazione al centro del petto. D'altronde è sempre così, ogni volta che ci ripenso. L'emozione mi aveva colto alla sprovvista, insieme alle gambe molli e al disperato tentativo di impedire alla mia voce di tremare. In seguito, spingerla da parte nel corridoio e baciarla era stato un impulso impossibile da reprimere. Il desiderio di lei era troppo intenso, troppo a lungo soffocato, troppo allontanato. Sentirla rispondere così appassionatamente al mio bacio, sentire le sue labbra dischiudersi e il suo corpo abbandonarsi totalmente mi ha annebbiato la mente. Per un istante ho temuto che avrei perso il controllo e il pensiero mi ha spaventato e sorpreso al tempo stesso. Mai avrei creduto di provare un emozione simile, e lei deve essersene accorta. Se solo fosse qui in questo momento, se solo fosse qui questa sera io...

Mi accorgo con sorpresa di essere giunto sotto casa. La finestra della camera è illuminata e mi trovo a pensare di essere felice che Randall abbia deciso di non uscire questa sera. Prendo un grosso respiro, a pieni polmoni, faccio forza su me stesso e decido di buttarmi la malinconia alle spalle. Non voglio scaricare il mio malumore su Andrew, né tantomeno commiserarmi.

«Oh, bentornato Masumi. Stavo giusto per andare a cena, ti va di farmi compagnia?

Mi chiudo la porta alle spalle e appoggiato il mantello su una sedia mi lascio cadere pesantemente sul letto. Chiudo gli occhi e abbozzo un cenno di saluto al mio coinquilino.

«Grazie Andrew, ma ho sbocconcellato qualcosa con la compagnia finite le prove. Tu piuttosto, come mai devi ancora cenare?

«Ho avuto alcuni contrattempi. Decisamente seccanti, a dirla tutta.»

Mi lancia uno sguardo eloquente e non fatico a comprendere. La polizia è disposta a chiudere un occhio riguardo al duello fra Ash ed Edmund, ma per quanto concerne Randall e il suo ruolo nella faccenda sembra essere di tutt'altro avviso. Pensare che sarei dovuto esserci io al suo posto quella mattina, se solo non avessi girovagato tutta la notte per Londra in preda alla rabbia e alla frustrazione, nel doloroso tentativo di schiarirmi le idee e valutare il da farsi, prima di crollare del tutto e cedere completamente alla ragione e allo sconforto. D’altronde allora ero ancora convinto che Lady Kitajima fosse innamorata di Ash. Temevo che My Lord si sarebbe accorto dei miei pensieri, nonché della mia invidia, una volta che si fosse risvegliato dal suo sonno alcolico, e non ero sicuro di poterlo affrontare. Nonostante ora sappia che la verità è un’altra, ho ancora un certo timore ad affrontarlo, un imbarazzo affatto usuale nel mio carattere.

«È a causa mia se ti trovi in questa situazione, non riesco a darmene pace.»

Mi alzo a sedere sul letto con un sospiro. Non avrei mai voluto coinvolgere Randall in tutto questo, avrei davvero voluto esserci io al suo posto quella mattina. Ash non avrebbe sbagliato il bersaglio.

«È stata una mia scelta Masumi, non assumerti colpe che non hai. E comunque My Lord si sta prodigando oltremisura per appianare la questione, anche oggi ha quasi litigato con l’ufficiale incaricato.»

Ha pronunciato quelle parole come se nulla fosse, senza alzare lo sguardo o fermare la mano intenta ad accomodare la camicia, ma ho avuto l’impressione di vedere le sue labbra arricciarsi leggermente in un sorriso appena accennato. Poi mi fissa, scrutandomi serio in volto.

«Tu piuttosto, che hai? Sembri alquanto pensieroso.»

Mi alzo definitivamente dal letto e lascio cadere una manata amichevole sulla spalla di Randall.

«Ti accompagno. Ho giusto bisogno di trascorrere qualche ora in compagnia di un amico questa sera.»

Ci chiudiamola porta della stanza alle spalle, scendiamo le scale e accennato un breve saluto a un'accigliata Mrs Griffiths ci avviamo spediti alla nostra locanda preferita.

 

«Talbot mi ha licenziato.»

Randall alza gli occhi dalla zuppa che stava portando alla bocca e posa il cucchiaio nel piatto.

«Stai scherzando?»

«No, affatto.» Avvicino il boccale di birra alle labbra e mi schiarisco la gola così secca da farmi quasi male. «Ha detto che per me è tempo di cambiare aria. Di fare nuove esperienze. Di abbandonare il teatro shakespeariano.»

Randall si lascia sfuggire un grugnito di disappunto prima di riprendere in mano la sua cena.

«Lo scopo? Mi sembrava di aver capito che per lui fossi una sorta di attore di punta sul quale avesse rivestito grandi aspettative. Cos'è cambiato?»

«Non lo so. Ma qualcosa è sicuramente cambiato, ed è qualcosa che ha a che fare con Talbot, Brodribb e forse anche con le misteriose assenze del mio mentore nell'ultimo periodo.»

Lascio andare un sospiro, un modo come un altro per cercare di allentare la tensione che mi opprime la mente e cercare di analizzare gli ultimi avvenimenti con tutta la lucidità di cui sono capace.

 

Talbot mi è sembrato strano fin dal suo primo ingresso al teatro per le prove della mattina. Meno curato del solito, con la mente spesso assente, lo sguardo fisso e un'irascibilità a stento contenuta. Certo, la messa in scena di Romeo e Giulietta sta creando qualche problema in più del previsto e non solo perché sono stato scelto io come protagonista, cosa che non manca mai di suscitare qualche forma di invidia e disappunto tra i miei colleghi, ma i suoi pensieri erano costantemente rivolti altrove. A dirla tutta, non sembrava nemmeno che gli importasse un granché delle prove, a parte il calendario. Lo ha fissato a lungo, soffermandosi pensieroso sulla data della prima. E poi il licenziamento. Mi ha chiesto di fermarmi dopo che gli altri se ne erano andati e una volta rimasti soli mi si è avvicinato, scrutandomi a lungo prima di parlare.

«Il tuo tempo con me è finito Masumi. Devi cercare nuove strade. Devi evolvere.»

Non sono riuscito a proferire parola, non ho potuto fare altro che fissarlo sorpreso e incredulo. Quando infine ho aperto bocca, non ne è uscito altro che un perché appena sussurrato.

«Perché il tempo corre e io non voglio sprecare né il tuo talento né l'unica cosa realmente buona che ho creato nella mia vita.»

Poi si è scostato velocemente, con un balzo è salito sul palcoscenico e con gesto teatrale ha indicato il proscenio e la platea, abbracciando con lo sguardo la sua unica, vera ragione di vita.

«Lo vedi tutto questo? Chiudi gli occhi, senti il frusciare dei vestiti, il mormorio sommesso, il silenzio improvviso e lo scroscio degli applausi? Li senti?»

«Sì.» Sentivo veramente tutto, come se il teatro fosse gremito e tutti pendessero letteralmente dalle mie labbra, stregati dalla mia recitazione, con gli occhi incollati sul mio personaggio, incapaci di distogliere lo sguardo.

«È questo il tuo scopo, il tuo destino. Se rimarrai incatenato qui, se continuerai a camminare nella mia ombra non li sentirai più. Morirai come uomo e come attore, perché non avrai più nulla di nuovo da proporre.»

Poi mi si è inginocchiato di fronte , in modo che i nostri volti fossero alla stessa altezza, e io mi sono avvicinato, ritrovando in lui quello sguardo febbrile e ferino che rappresenta l'essenza indiscutibile del suo fascino. Mi si è avvicinato talmente tanto che ho sentito l'odore della sua pelle, un sentore selvaggio, e lungo la schiena una scarica di brividi che poco assomigliava all'eccitazione e molto alla paura.

«Non sprecare il tuo talento più di quanto io non ti abbia già permesso. Me lo devi. Ho sfruttato abbastanza le tue capacità, ora è tempo che mi dimostri di essere degno di portare in scena la mia opera. Se mi deluderai, o se capirò di avere sopravvalutato il tuo talento, non avrò alcuna pietà, né alcuna remora a porre la mia vita nelle mani del tuo rivale.»

Ricordo di aver socchiuso appena gli occhi, colpito nell'orgoglio.

«Non lo farò.»

Siamo rimasti a fissarci a lungo finché Talbot non mi ha voltato le spalle, per uscire dalle quinte di scena come l’attore consumato che è.

«Questa è l'ultima opera che rappresenterai con la mia compagnia. Sei licenziato. Con il prossimo spettacolo darai l'addio ai tuoi colleghi.»

 

«Mi stai dicendo che ti ha licenziato per farti un favore?»

Randall mi interroga dubbioso, alzando appena un sopracciglio mentre allontana con una mano il piatto vuoto sul tavolo.

«Per quanto possa sembrare assurdo, sì.»

Effettivamente non avevo pensato alla cosa sotto questa prospettiva. Certo però che più che un favore sembra uno scherzo, e nemmeno troppo divertente.

«Ma quest'opera misteriosa per la quale saresti in lizza con quell'attore dal nome impronunciabile, di cosa tratta? E di che genere di teatro stiamo parlando?»

Sospirando mi passo distrattamente una mano tra i capelli sciolti sulle spalle.

«È un opera innovativa da quel che ho capito, ha a che fare con il sociale, con il teatro contemporaneo e con lo spirito della natura in quest'epoca di modernità. Non so ancora nulla della trama, né ho mai visto il copione.»

Randall si è allungato sulla sedia, sento le sue gambe sfiorare le mie sotto il tavolo. Incrocia le braccia e mi osserva.

«Beh, se le cose stanno in questo modo direi che è anche ora che tu metta per un poco da parte Shakespeare e abbracci nuove esperienze. Anche se la parte di Romeo in questo periodo ti sta proprio a pennello» conclude con un sorrisetto canzonatorio.

Mi rendo conto di essere arrossito, imbarazzato, e non riesco a fare a meno di fulminarlo con lo sguardo. Per tutta risposta il mio amico scoppia a ridere di gusto e ordina un secondo boccale di birra per entrambi.

«L'unico problema è l'affitto. Come pensi di fare? Lady Kitajima potrebbe darti una mano.»

«Nel modo più assoluto non intendo coinvolgerla in questa faccenda. È già sufficientemente complicato così, non riesco ancora a rendermi pienamente conto di ciò che è successo. Ad ogni modo, troverò una soluzione. O un lavoro.»

Alziamo entrambi i nostri boccali, brindando non so bene a cosa, forse semplicemente alla nostra amicizia. Mi ritengo fortunato ad aver incontrato un uomo come Randall.

«Sai, alla fine lo sentivo. Sapevo di non esserle indifferente. Pensavo fossero solo mie illusioni, il fatto di desiderarla così tanto, credevo che...»

Randall sorride e si sporge sul tavolo per posarmi amichevolmente una mano sulla spalla.

«È difficile essere obiettivi quando si è innamorati. Sei fortunato a essere corrisposto, amico mio.»

Sospiro, ho un brutto presentimento che non riesco ad allontanare dalla mente.

«Ho paura Randall. Per lei sarei disposto a fare qualunque cosa. E per qualunque, intendo davvero tutto. Ma cos' ho da offrirle? Quale futuro può avere con me?» Bevo un sorso di birra, ma lo sento bruciare in gola. Mi sforzo di berne un secondo. «Non posso accettare che sposi quel bastardo di Hendrick, e allo stesso tempo non posso fare nulla alla luce del sole per risolvere questa situazione. Non senza provocare uno scandalo, almeno. Nemmeno Ash è riuscito a sottrarla alle sue luride mani. Ed io non sono niente.»

Randall mi toglie il boccale dalla mano e lo posa sul tavolo, accanto al suo.

«Tu non sei Ash.»

Alzo il viso e lui non distoglie lo sguardo.

«Tu sei libero.»

Cerco di capire mentre Randall scuote il capo e torna ad appoggiare le spalle allo schienale della sedia.

«Se con questo intendi dire che posso rapirla e fuggire con lei sì, potrei farlo. Ma non sono sicuro di volerlo. Non potrei mai farle questo. Non potrei condannarla a una vita di stenti e miseria. L'amo talmente tanto che sarei anche disposto a rinunciare a lei, se fosse per il suo bene. Se mai dovessi arrivare a questo, spero che Ash non faccia lo stesso. Spero che le stia sempre accanto e che non l'abbandoni mai. Non riesco nemmeno più ad esserne geloso.»

Rimaniamo entrambi in silenzio, ognuno chiuso nei propri pensieri, finché la voce di Randall mi arriva all'orecchio in un sussurro isolato dalla confusione della sala.

«Non lo farà.»

Socchiudo gli occhi, dubbioso.

«Come fai a esserne certo?»

Ci pensa un istante, e mi risponde prima di ingoiare un lungo sorso di birra dal boccale ormai vuoto.

«Perché io non lo farei. E lui è come me, te l’assicuro.»

  
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