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Autore: Frytty    28/09/2012    4 recensioni
Perdita. Dolore. Paura.
Ricominciare.
Sono tutte parole che accomunano Edward e Audry, studentessa modello, amante della matematica senza nessuna intenzione di intraprendere una relazione stabile.
E' davvero così, o c'è dell'altro?
Riusciranno, entrambi, a ritornare alla vita?
Tratto dalla Ff:
“Lo attrae quel suo volersi nascondere da tutti, lo attraggono quei capelli rosso fuoco ribelli e quegli occhi verde-azzurro, lo attrae la sua pelle calda e la sua voglia di sentirlo più vicino, l'inconsapevolezza con cui ha deciso di scoprire un po' di più sul suo conto e il suo rossore sulle guance quando le ha detto che era meravigliosa. Ma cos'è l'attrazione, se non qualcosa di fugace? Non poteva correre il rischio di innamorarsene e farla soffrire.”
“ Non dovrebbe innamorarsi di lei. Non dovrebbe succedere di nuovo”
“ < Non sapevo di tua… moglie. Mi dispiace. > Il suo tono si addolcisce e, per la prima volta, Edward capisce che quel mi dispiace appena sussurrato è quanto di più vero e sentito abbia mai ascoltato tra tutti coloro che hanno provato a consolarlo. Lei sa cosa prova.”
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Salve!

Come promesso, eccomi qui con l'Epilogo di questa Ff :)

Tutti i ringraziamenti sono stati fatti, tutte le spiegazioni date e vorrei solo ringraziare le meravigliose persone che hanno commentato l'ultimo capitolo *.* Grazie infinite, ancora una volta devo dirvi che senza di voi non sarei mai andati avanti con questo piccolo progetto.

Mi rendo conto che l'Epilogo si chiude in maniera piuttosto criptica, nel senso che sembra dare l'avvio ad un'altra storia, piuttosto che chiuderla, ma, per il momento, non è nelle mie intenzioni scrivere una sorta di sequel di Dreams are Wishes; un giorno potrei anche ripensarci e riprendere da dove l'ho lasciata, chissà...

Ovviamente, come avevo avvertito già diversi capitoli or sono, l'Epilogo era nelle mie intenzioni renderlo qualcosa di completamente inaspettato, per cui, [*ALLERTA SPOILER EPILOGO, chi non vuole rovinarsi nulla, legga solo dopo aver letto l'Epilogo stesso*, spero si capisca che la storia raccontata fino al capitolo 33° sia stata solo frutto di un sogno della stessa Audry e che lei abbia questa sensazione di dejà-vu quando incontra l'Edward "reale" proprio per via del suo sogno. Da ciò, anche il titolo della Ff Dreams are Wishes, perché è come se Audry, sognando di questo Edward (condizionato dalla lettura di Twilight), avesse in qualche modo fatto sì che si avverasse un suo desiderio, ovvero incontrare il famoso principe azzurro che poi, guarda caso, si rivela un ragazzo-padre di nome, casualmente, Edward Cullen.] Spero di essere stata sufficientemente chiara :) in caso contrario, basta un commento e chiarirò ogni dubbio.

Vi auguro un Buon fine settimana e vi ringrazio ancora per questo Viaggio attraverso la mia immaginazione, trasportata in questa Ff <3 *.*

 

 

 

 

 

Buona Lettura e a rileggerci presto, spero ;)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

< Audry! Audry, per l'amor del cielo, svegliati! > Mi sento strattonare con forza e, nonostante non abbia nessuna voglia di aprire gli occhi, mi costringo a farlo, avvertendo, l'istante successivo, un tonfo, qualcosa che, evidentemente, reggevo sulle ginocchia e che, nel tentativo di muovermi ad una posizione più comoda, devo aver fatto cadere.

Mi ritrovo davanti il volto esasperato della mia migliore amica, Sarah, le mani ai fianchi, come una mamma pronta a rimproverare il figlio per l'ennesima marachella.

< Ti sei di nuovo addormentata leggendo! > Sbuffa ancora ed io, intontita dal brusco risveglio, getto un'occhiata ai miei piedi, il libro che lei stessa mi aveva prestato qualche settimana prima, sul parquet.

< Non sono riuscita a dormire molto le notti scorse... > Mi giustifico, maledicendo la mia insonnia.

< Me ne sono accorta... > Raccoglie il libro, poggiandolo accanto a me sul divano ed io noto la copertina nera, come se non ci avessi prestato abbastanza attenzione in precedenza; due mani che reggono una mela rossa e il titolo, "Twilight" che svetta in basso.

Ho come l'impressione di aver fatto un sogno piuttosto strano e piuttosto lungo in merito ai personaggi del suddetto libro, ma non ricordo molto.

< Quanto ho dormito? > Domando, arruffandomi i capelli rossi e sbadigliando.

< Tre ore circa. Non sono riuscita a svegliarti neanche i rumori della ditta di traslochi! > Risponde lei, allontanandosi in direzione della cucina.

< La ditta di traslochi?!? > Chiedo, scettica, mettendomi in piedi e seguendola.

< Oggi si trasferisce il nuovo vicino. > Spiega con semplicità, sbirciando fuori dalla finestra in direzione della villetta di fronte alla nostra, dove un via vai concitato di persone che trasportano pacchi e mobili, sembra non finire mai.

< Credevo fosse una famiglia. > Aggrotto le sopracciglia, perplessa.

< A quanto pare il nostro vicino è single. > Fa spallucce, ovvia.

< Dovremmo dare una mano? > Chiedo, continuando ad osservare il via vai di pacchi.

< Vai se vuoi, io devo finire quel lavoro per mia madre. > Sbuffa, lasciando andare la tenda e recuperando gli schizzi per un nuovo quadro dal tavolo.

Raggiungo la casa del "nuovo vicino" con circospezione, come se mi aspettassi di incontrarci un mostro, e busso, nonostante la porta aperta, con discrezione.

< Avanti! > Mi raggiunge una voce maschile calda e leggermente roca da una parte imprecisata del salone.

Cerco di farmi strada tra i cartoni e gli operai che stanno sistemando i vari oggetti, fino ad arrivare al salone, ancora vuoto, ad eccezione di un meraviglioso pianoforte nero e lucido.

Il suo proprietario, piegato in avanti, intento a sistemare alcune corde, non sembra accorgersi della mia presenza.

Mi schiarisco la voce, palesandomi e lui, come se si fosse reso conto solo in quell'istante di aver appena permesso ad una sconosciuta di entrare in casa sua, si volta, osservandomi dapprima meravigliato, poi esibendosi in un sorriso che ho come l'impressione di aver già visto.

< Ehm... salve! Scusi l'intrusione, sono la sua nuova vicina e mi chiedevo se non avesse bisogno di aiuto con tutti questi scatoloni... > Arrossisco, ignorandone il motivo, osservando i suoi occhi verde prato e la sfumatura bronzea dei suoi capelli ai raggi di sole che riescono a penetrare dalla porta-finestra alla sua sinistra.

< Se proprio insiste, ma certo! Comunque, piacere, io sono Edward, Edward Cullen e lei è...? > Mi si avvicina, tendendomi la mano che io impiego qualche secondo a stringere, ancora confusa.

< Edward Cullen? Come il personaggio di "Twilight"? > Ignoro la sua domanda, pentendomi troppo tardi della mia assoluta mancanza di tatto.

Abbasso gli occhi, arrossendo di vergogna, ma lui non sembra essersi offeso, perché, cogliendomi del tutto alla sprovvista, ride, lasciando andare la mia mano.

< Sì, beh... una questione di omonimia, suppongo. A mia difesa, però, posso assicurarle che non sono un vampiro. > Sorride, sollevando le mani in segno di resa.

Sorrido anch'io.

< Io sono Audry Leroi, piacere mio. > Mi presento.

< Francese? > Aggrotta le sopracciglia, divertito dalla situazione.

< I miei genitori lo erano, sì. > Confermo non senza una certa nostalgia.

< Ho visitato Parigi, una città splendida, senza ombra di dubbio. > La sua espressione si fa pensierosa e mi ritrovo a chiedermi a cosa stia pensando così intensamente.

< Allora... posso darle una mano? > Indico il pianoforte con fare impacciato.

Segue il mio dito con lo sguardo prima di rispondermi.

< Sì, perché no; stavo giusto sistemando qualche vecchia corda. In realtà, non sono un musicista, ho ereditato questo pianoforte dai miei nonni e non sono riuscito a separarmene. > Spiega, mentre ci avviciniamo allo strumento.

Ho come l'impressione di averlo già visto, sia lui, sia questo stesso pianoforte, ma in un ambiente differente, non in un salotto vuoto, al contrario, in una stanza calda e accogliente.

Ho come l'impressione di conoscerlo già.

Qualche ora più tardi, quando gli operai hanno ormai finito di montare i mobili scaricati, mentre noi siamo ancora intenti a svuotare qualche scatolone, veniamo distratti da una voce allegra e sottile.

< Papà! Papà! Guarda cosa ho trovato? > Una bambina deliziosa, dai riccioli rossi come i miei e dagli occhi vispi, corre incontro ad Edward, reggendo tra le braccia un minuscolo gatto color sabbia.

< Posso tenerlo? > Lo supplica con lo sguardo da cucciolo abbandonato che mi ricorda moltissimo me da piccola quando chiedevo qualcosa ai miei genitori.

< Beh, non saprei... un animale comporta responsabilità. > Le fa presente Edward, riflettendo.

< Ma io sono responsabile! > Esordisce la bambina, stringendo a sé il gatto che, nel frattempo, ha preso a miagolare.

Rido appena e la bambina, accorgendosi finalmente di me, mi osserva curiosa, indicandomi.

< Chi è lei, papà? La mia nuova mamma? >

Arrossiamo entrambi ed io piego la testa, rivolgendo la mia totale attenzione al contenuto dello scatolone che sto svuotando.

< No, tesoro, lei è la nostra nuova vicina di casa e si chiama Audry. Perché non vai da lei e le dici come ti chiami? > Edward le sorride e le accarezza i capelli con dolcezza.

Neanche qualche istante dopo, la bambina, con il suo vestitino celeste che si intona perfettamente ai suoi occhioni blu mare, mi compare davanti con un saltello e mi tende la mano, quasi come un adulto.

< Io mi chiamo Amanda, ma tu puoi chiamarmi Ady se prometti che giocherai con me qualche volta. > Si presenta, mettendomi in palese imbarazzo.

< D'accordo, Ady, mi sembra una bellissima idea. > Le rispondo con un sorriso, stringendola la manina calda, osservandola poi correre in giardino con il gatto alle calcagna.

< Scusala, è una bambina piuttosto vivace ed intraprendente, come avrai potuto notare tu stessa. > Commenta Edward, raggiungendomi e inginocchiandosi per recuperare altri libri da sistemare nella libreria in fondo alla stanza.

< Lei... è tua figlia? > Ovvio che lo sia, considerato che l'ha chiamato papà, ma mi sembra ancora incredibile, considerato che sembra solo qualche anno più grande di me.

< Sì, lei è... beh, il risultato di una relazione finita in tragedia. La madre è rimasta incinta e ha deciso di terminare la gravidanza, ma non ha voluto sapere della bambina, così l'ha affidata completamente a me, richiedendomi di non nominarla mai e di non andarla più a trovare e così ho fatto. I miei genitori mi hanno aiutato a crescerla, ma sono stanco di dipendere da loro, ecco perché ho cercato una casa per conto nostro. > Mi spiega con semplicità, lasciando perdere i libri, sedendosi a terra sul parquet e torturandosi le mani con fare impacciato.

< Mi spiace. Dev'essere stato difficile per te... > Commento, realmente dispiaciuta. Io non so cosa darei per riavere i miei genitori accanto.

< Sono preoccupato per lei, piuttosto. Non sono sicuro di darle tutto ciò di cui ha bisogno... > I suoi occhi si spengono ed io avverto una fitta al cuore dolorosa che mi fa agire d'impulso, obbligandomi a sedermi accanto a lui e a posargli una mano sul braccio, cercando di fargli rialzare lo sguardo.

< E' una bellissima bambina e anche se non la conosco, né conosco te, sono sicura che è felice e che ti vuole bene e sono oltremodo convinta che tu sia un ottimo padre per lei. > Ho ancora quell'impressione di dejà-vu che ho avvertito entrando in casa e conoscendolo, ma non sono certa a cosa sia effettivamente dovuta; forse mi sto solo lasciando condizionare dal sogno che sono sicura aver fatto durante il mio pisolino di tre ore sul divano del salotto.

< Grazie, lo apprezzo molto. > Risponde, cercando di sorridere.

< Allora? Terminiamo di sistemare la libreria? > Lo incoraggio, alzandomi in piedi e recuperando i libri sparsi a terra, prima di dirigermi verso il mobile al lato opposto della stanza.

   
 
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