Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Yuki Kiryukan    05/10/2012    10 recensioni
Seconda serie di Awakening.
Rebecca e Zach sono stati separati per due lunghi mesi. Ognuno preso ad affrontare i problemi della propria realtà.
Ma Rebecca è ottimista, poiché è viva nel suo cuore, la promessa di Zach, sul suo ritorno, di cui lei non ha mai dubiato.
Ma quando arriverà il momento di rincontrarsi, Rebecca, non ha idea quante cose siano cambiate, e si ritroverà ad affrontare da sola, i suoi incubi peggiori.
Dal capitolo 6:
"Non ci pensai nemmeno un secondo in più, che gli buttai le braccia al collo. Gli circondai le spalle, stringendolo forte contro il mio petto.
Inspirai a fondo il suo profumo virile che mi era tanto mancato. Mi venne da piangere quando sentii il suo corpo aderire perfettamente al mio. Come se fossimo stati creati appositamente per incastrarci.
Zach aveva mantenuto la sua promessa, ed era tornato da me. Io l’avevo aspettato, e adesso, non vi era cosa più giusta di me tra le sue braccia.
L’unica cosa che stonava, o meglio, che mancava, era il fatto che non fossi...ricambiata.
Quando finalmente, sentii le sue mani poggiarsi sulle mie spalle, non mi sarei mai aspettata...un rifiuto".
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cursed Blood - Sangue Maledetto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciaooooo gente!! ^----^
Eccomi  qui! :D Ultimamente non ho molti impegni, e quindi riesco a postare regolarmente! *-* Speriamo possa continuare così, anche se la scuola ha già cominciato a stressarmi! >.<''
Allora...Rebecca ha ripreso le redini dei capitoli, e racconta in prima persona! xD Mi chiedo se la vostra opinione su Kyle cambierà dopo questo capitolo...in meglio o in peggio, chissà? xP
Questo capitolo ha un finale con davvero molta suspance...o almeno io ho cercato di crearla! è un po lungo...spero che la lettura non risulti pesante! ^^''
Bene, detto questo, vi lascio al capitolo! :)
Spero di poter aggiornare regolarmente! 
Un bacio a tutti, e grazie a quelli\e che mi sostengono sempre! <3
AH! Ultima, ma non per importanza, come sempre, devo dire che senza FABIOLA, che ormai avrete imparato a conoscere xD, la mia editor per eccellenza, questo capitolo non sarebbe mai nato! Almeno non come potrete leggere! 
Mi aiuta con le idee e a riorganizzare la stesura, quindi grazie milleeeeeeeeee!! <3
Bene, stavolta ho finito sul serio! xD
A prestooo!! :D
Yuki!

 

                                                               Archivio Nascosto



Un flebile raggio di sole, che trapassava le tendine bianche, mi riscaldò le palpebre socchiuse. Aprii gli occhi di malavoglia, e mi stiracchiai, affossando ancor di più nelle coperte.

Come mi succedeva ogni mattina, ricordavo a stento che giorno fosse, e da quanto tempo fossi ormai in quel pietoso stato vegetativo.

E come accadeva puntualmente ogni volta che mi ridestavo, i ricordi, fin troppo dolorosi, mi invasero la mente, togliendomi lucidità.

Mi portai le mani alle tempie, e me le massaggiai con l'inutile speranza che il volto di Zach e il cadavere Amy sparissero dalla mia testa.

Con tutto quello che stava succedendo, o che sarebbe successo, non potevo proprio permettermi...distrazioni.

Avremmo fatto ritorno a Dallas. Mio padre era venuto ad avvertirmi, anche se avevo già ascoltato un pò della conversazione che David aveva avuto con Richard e Kyle e qualcun'altro che non ero riuscita ad identificare, fuori dalla mia porta.

Ma questo, l'avevo tenuto per me.

Per quanto sembrasse strano dirlo, David aveva ragione. e con lui, anche e sopratutto Misa.

Dovevo rialzarmi. Non importa quanto facesse male. 

Mi mossi, con tutta l'intenzione di alzarmi dal letto, e da sotto le coperte le mie gambe urtarono qualcosa.  Aprii del tutto gli occhi, e mettendomi seduta, mi stupii non poco di vedere Kyle.

Seduto su una scomoda sedia, era addormentato, con la testa poggiata sulle braccia che aveva disteso sul mio letto. Aveva un'aria davvero stanca, e respirava pesantemente. 

Da quando ero caduta in quello stato catatonico, non c'era stata una volta in cui Kyle non fosse venuto a trovarmi.

Nonostante sapesse più che bene che non lo avrei ascoltato, che lo avrei mandao via quando mi parlava di Amy e del fatto che dovessi reagire, lui era sempre venuto da me.

Sempre. E la cosa mi stupiva non poco.

Cercando di essere il più silenziosa possibile, cercai di alzarmi dal letto senza svegliarlo, ma fu inutile.

Il mio urto l'aveva già fatto ridestare, e dopo aver sbattuto le palpebre qualche volta, si alzò col busto, e il suoi occhi incrociarono i miei.

  << Ti sei svegliata >> constatò, facendo un flebile sorriso. 

Ora che aveva gli occhi aperti, erano ben visibili le violacee occhiaie sotto i suoi occhi ambrati.

Una fitta di senso di colpa mi attanagliò lo stomaco, ma il mio malumore, ormai diventato perenne, prese il sopravvento: << Che ci fai ancora qui? Lo sai che voglio stare sola >>

Lui, come suo solito, non demorse: << Lo sai che sono preoccupato per te. Sono giorni che non mangi. E tutto per colpa di quel coglione di... >>

  << Non pronunciare il suo nome! >> urlai come un'isterica, senza potermi trattenere. 

Quando me ne resi conto, lui mi guardava malamente. 

  << Perchè? >> sibilò, visibilmente alterato  << Lui ti ha tradito! Ha calpestato i tuoi sentimenti senza alcuna pietà! E tu ti commiseri senza reagire! >> riprese fiato, e continuò la sua sfuriata  << Io non posso vederti così. Non lo sopporto >>

  << Beh, se non vuoi vedermi così, allora esci da questa stanza. Non posso farci niente >> risposi acida.

  << Si che puoi! >> ribettè lui, alzando il tono di voce  << Ammettilo! Per quanto tu dica di odiarlo, non sopporti l'idea di attribuirgli l'immagine del mostro, qual'è! Lui non ti ha mai amato! Fin dall'inizio! >>

  << Ma cosa ne sai tu?! >>  sbottai, irata  << Sei bravo solo a giudicarmi, è sempre stato così! Eppure sei egoista tanto quanto lui! >>

Mi stavo solamente rendendo ridicola. lo sapevo, eppure non riuscivo a fermarmi.

  << Io al suo posto non ti avrei mai lasciata sola! >> urlò lui sopra di me  << Avrei sacrificato tutto per te! >>

Si alzò di scatto dalla sedia, e mi prese per le spalle, strattonandomi con forza:  << Sei talmente accecata dall'amore per quell'abominio da non riuscire a capire quanto Io ti ami! >>

Prima ancora che me ne rendessi conto, mi aveva imprigionato il viso tra  le mani, in modo tale che non potessi muovermi ed avvicinò i nostri volti.

I suoi occhi ambrati si assottigliarono, ma il suo sguardo mi penetrava ugualmente. Era lo sguardo di un predatore pronto a colpire.

Cercai di divincolarmi, ma la sua stretta era così salda da impedirmi qualunque  movimento. 

Ero in trappola, ma non mi sarei arresa così facilmente. 

Quando le sue labbra si posarono dolcemente su di me, l'unico modo che avevo per difendermi era la passività.  Lasciar fare tutto a lui, con la speranza che si calmasse, mentre io rimanevo perfettamente immobile, con gli occhi serrati. 

Ma se pensavo, anzi speravo, che si sarebbe accontentato di quello, mi sbagliavo di grosso.

Divenne più famelico, determinato a farmi reagire.

Mi afferrò i capelli, tirandomeli indietro, e cominciò a mordermi le labbra per costringermi ad aprire la bocca, e permettere così alla sua lingua di esplorarmi. 

E per quanto cercai di resistergli, dopo un pò mi lasciai andare, arrendendomi in un sospiro, e lui di rimando, gemette senza interrompere il bacio.

La sua lingua cercò la mia, e quando la trovò, la coinvolse nella sua danza passionale. 

Continuammo fin quando non ci mancò il fiato, poi lui allontanò le labbra per darmi dei leggeri baci sul viso e sui capelli, delicato come una farfalla, bollente come lava.

  << Questo è il bacio che desideravo da tempo... >> disse poi, sulle mie labbra, mentre mi guardava intensamente. 

Io boccheggiavo, semplicemente sconvolta. Dalla situazione. Da lui, da me.

E la cosa che mi faceva sentire ancora peggio, era il fatto che quel bacio... mi era piaciuto. 

Non era stato come la prima volta che le nostre labbra si erano unite, quando avevo provato solo disgusto per lui.  Quella volta c'era stato qualcosa di diverso, una scintilla di passione che mi aveva del tutto mandata fuori rotta.

Sentii il tocco gentile della sua mano accarezzarmi la guancia, e le sue braccia circondarmi in un abbraccio dolce e protettivo, o meglio, possessivo.

  << Kyle... >> farfugliai, preda di un'improvvisa claustrofobia  << Adesso credo sia meglio che tu vada... >>

Mi allontanò un poco dal suo petto, per guardarmi negli occhi. Lessi pura e semplice soddisfazione sul suo volto   << Vuoi sul serio che me ne vada? >> mi chiese, sorridendomi dolcemente.

  << Si, per favore >> dissi seria e decisa, e dall'espressione delusa che assunse il suo viso, capii che non era la risposta che si aspettava, o meglio sperava. 

Sospirò, ma stranamente non insistette oltre  << Come vuoi, allora >>  Si alzò con un'esasperante lentezza, quasi sperasse che cambiassi idea.

Ma non lo feci. Anzi, lo accompagnai alla porta, e la aprii, invitandolo ad uscire alla svelta   << Ci vediamo dopo >> lo liquidai. 

Lui, prima di levare le tende, mi prese il mento, e portandomelo in sù, mi rubò un'altro bacio, sebbene veloce e frettoloso.  << A dopo >> mi bisbigliò maliziosamente in un orecchio, prima di uscire. 

Io chiusi rumorosamente la porta, e mi lasciai cadere per terra. Non volevo avere complicazioni anche con lui, adesso. Dovevo ancora cominciare a prepararmi per il ritorno a Dallas, ma non ne avevo la forza. 

Chissà per quale motivo, mi sentivo esausta. Sia fisicamente, che, e sopratutto, mentalmente. 

Mi raggomitolai su me stessa, portando le ginocchia al petto e affondando la testa su di esse.  << Zach... >> piagnucolai il suo nome senza poterlo impedire, mentre gli occhi tornavano lucidi.

Perchè, nonostante tutto quello che avesse fatto, provavo un così grande senso di colpa nei suoi confronti?  

Mi alzai imponendomi di non pensarci, ed ignorando le gambe che tremavano, dopo aver indossato i primi indumenti decenti che mi capitarono a tiro, uscii dalla mia stanza.

Dovevo schiarirmi le idee.

Mi sembrava fosse passata un'eternità dall'ultima volta che avevo percorso quei corridoi. Mi apparivano addirittura diversi. 

Strano che ci fossero così pochi agenti in giro. Sarei andata a cercare mio padre. Già era sospetto il fatto che non fosse passato nella mia stanza per salutarmi ed accertarsi delle mie condizioni, come invece faceva abitualmente.

Forse anche lui era impegnato ad organizzare il rientro a Dallas. Avrei dato una mano anch'io. Così che tutti potessero constatare che mi stavo, seppur lentamente, riprendendo.

Sarei anche andata a trovare Misa. Erano un paio di giorni che non la vedevo.

Nonostante i miei buoni propositi, il mio mancato senso dell'orientamento vinse su di me, e mi persi. 

Stranamente, mi venne da ridere, e le mie labbra si piegarono in un sorriso, seppur lieve. Era diverso tempo che non mi capitava più di perdermi, mentre un tempo mi succedeva spesso. 

Il mio sorriso si spense quando ripensai che era sempre stato il mio mancato senso d'orientamento ad avermi fatto incontrare Zach nel cortile scolastico.

Già... Se avessi saputo orientarmi nella scuola, o magari leggere le indicazioni, non avrei mai avuto quel buffo incontro accidentale con quello, che ancora non sapevo, fosse il mio acerrimo nemico.

Se lo avessi incontrato direttamente sul campo di battaglia, come mi aveva detto una volta lui stesso, non mi sarei fatta scrupoli ad ucciderlo, e magari ci sarei anche riuscita.

E magari, non saremmo mai arrivati fino a quel punto.

Quando sentii gli occhi farsi lucidi, mi imposi di non pensarci, e mi concentrai su dove fossi finita. Davanti a me c'era un lungo corridoi grigio e spento, completamente vuoto, con tante porte ad entrambi i lati.

Capii solo successivamente che doveva trattarsi dei dormitori. A darmi ragione, furono i nomi che lessi man a mano che mi avvicinavo alle porte chiuse.

Sorpassai la camera di Derek, quella di altri agenti che non conoscevo, di Susan, Gwen, e mi bloccai quando lessi quel nome.

56- Amelia Sound.

Mi avvicinai alla sua porta, e non resistetti all'impulso di aprirla. Girai la maniglia, e constatai che non era chiusa a chiave. 

Entrai, ma non c'era rimasto nulla della camera della mia amica, se non un letto perfettamente rifatto, con dei vestiti, i suoi vestiti, ordinatamente ripiegati sopra, una scrivania vuota, e qualche suo oggetto personale sopra, come un Ipod, il suo telefonino, e qualche quaderno.

Mi asciugai una lacrima solitaria che mi era scivolata via dalle palpebre, e prima che scoppiassi in un pianto infinito, uscii dalla stanza.

Ripresi fiato, cercando di calmarmi, e continuai il mio percorso. 

Sorpassai la camera di Evan, di un certo Garreb, e anche quella di Kim, e mi passarono davanti i nomi di molti altri agenti ai quali non feci nemmeno caso.

Più distanziata dalle altre, c'era un'altra porta, che sembrava più grande. Mi avvicinai e ne lessi il nome sopra.

70-David Correald.

Mi stupii. Ero più che sicura che David avesse una stanza nel  mio stesso piano. Che ne possedesse due? 

Beh, lui era il capo li, quindi non avrei dovuto stupirmi più di tanto. 

Senza però perdere curiosità, mi avvicinai e provai a bussare alla porta. Non era mai venuto a trovarmi in quel periodo, e la cosa mi aveva un pò rattristata. Era mio zio, anche se mi aveva "ripudiata" come nipote. 

Volevo fargli vedere che ero in piedi, e che mi sarei data da fare. 

Non ricevetti risposta. Riprovai. Ancora silenzio. Quando feci per andarmene, notai che la porta era socchiusa. 

Inarcai un sopracciglio. Strano. Molto strano, soprattutto da parte di un tipo come David.

Forse avrei dovuto farmi i fatti miei, ma spinta da una curiosità che non riuscii a frenare, entrai.   << David? >> chiamai, guardandomi intorno  << Sei qui? >>

Restai senza parole vedendo il disordine che albergava in quella stanza. 

Dell'uomo non c'era traccia.

Solo un letto sfatto, vestiti ammucchiati quà e là, una spaziosa scrivania coperta di documenti e bollette. C'era un forte odore di chiuso, e la prima cosa che feci, fu far areare, spalancando la finestra.

Solo la grande libreria sulla sinistra era di un ordine e di una precisione quasi maniacale.

Mi avvicinai confusa, chiedendomi il perchè un uomo minuzioso e preciso come lui, avrebbe lasciato la sua camera in un tale disordine, preoccupandosi di curare solo quell'assortita libreria. 

Lessi il titolo di qualche spesso libro con distrazione, poi notai che l'intonaco dietro il mobile era diverso dal resto della stanza. 

Perplessa, vi concentrai la mia attenzione, e spostando gli volumi, scoprii che non era un intonaco diverso, bensì un vero e proprio buco nel muro.

Sbattei le palpebre basita. Che ci faceva un buco nel muro nella stanza di David?!

Restai a guardalo immobile per qualche secondo, indecisa sul da farsi, poi, cominciai a spostare di lato la libraria, che si rivelò essere più leggera di quanto non sembrasse, abbastanza da permettermi di accedere a quel passaggio che sembrava David volesse nascondere.

Feci qualche passo nel buio, poi notai con sorpresa la presenza di un'interruttore della luce, e pigiandolo, mi ritrovai immersa in un vasto archivio.

Mi guardai intorno senza parole. Quella stanza non finiva di stupirmi. Allo stesso tempo, le mie domanda aumentavano: Perchè David nascondeva un'archivio dietro la sua libreria?

Mi avvicinai ad uno dei grandi schedari, e tirai verso di me un cassetto, che si rivelò pieno di cartelline giallo sbiadito. 

Ne sfogliai alcune, e la carta mi punzecchiò le dita. Poi cominciai a studiare le grandi e massicce scaffalature, piene zeppe di documenti. 

In seguito, mi concentrai su ciò che tappezzava i muri bianchi. 

Alcuni erano articoli di giornale. Lessi incuriosita le testate. Parlavano di un laboratorio di ricerca sulla genetica, e degli studi che esso stava conducendo. 

Dei premi per la scienza che avevano collezionato in soli quattro anni di operato, degli attestati di merito e titoli di riconoscimento.

Poi, incorniciate, vi erano delle lauree. Tutte dello stesso tipo: Medicina e Genetica Clinica.

Sobbalzai quando ne lessi i nomi: David Correald, George Callaway, Julia Endry.

Poi, anche quel nome. Rosalie Correald. 

Il mio cuore accelerò i battiti. Era di mia madre. Mia madre era una scienziata di genetica? E non solo lei. Persino mio padre? David e tutti gli altri? 

Qualcosa non tornava...

Poi, c'era un'ultima laurea, distanziata dalle altre, alla quale però era stato rotto il vetro. Seppur a fatica, riuscii a leggerne il nome: Jean Stain. 

Non l'avevo mai sentito nominare, eppure qualcosa mi sussurrava ad un orecchio che era famigliare...

Poi, la mia attenzione fu attirata da delle foto appese vicino alle lauree.

La prima che vidi ritraeva David, Julia e mio padre appena laureati, con i cappelli ancora in testa. Erano giovani e sorridenti. Persino David. 

In un'altra, erano presenti invece David e mia madre. Questa volta, era lei la neolaureata.  Visti l'uno affianco all'altro, la loro somiglianza risultava ancora più netta.

Avevo visto mia madre in foto molte volte, ma ogni volta mi trasmetteva un'emozione diversa, che faceva accelerare il ritmo del mio cuore.

Era così allegra e vivace...Mi trasmise il suo sorriso, e continuai a guardare le foto.

Un'altra ritraeva mia madre in compagnia di Julia. Sembravano essere molto amiche.

Le ultime che vidi, furono decisive.

La prima ritraeva mia madre insieme ad un uomo che non conoscevo. 

Lei sorrideva come non l'avevo mai vista sorridere in nessuna foto, sebbene fosse sempre allegra e solare.  Lui invece, l'abbracciava da dietro, e congiungeva le sue mani sul suo ventre. Solo dopo mi accorsi che le stava accarezzando la pancia, che presentava un gonfiore notevole.

Mia madre era incinta...di me.

Poi, studiai i dettagli dell'uomo, e il mio cuore andò in tilt: capelli brizzolati castani, del mio stesso identico colore. Occhi color nocciola. Un ampio sorriso, che metteva in risalto la fossetta che aveva sulla guancia sinistra.

Anche se era parecchio più giovane, non ebbi dubbi nel riconoscerlo  immediatamente.

Era lui. Il pazzo.

Colui che aveva inventato le Chimere con la sua mente sadica e malata.

Il mondo cominciò a girare vertiginosamente. Che ci faceva quell'uomo in compagnia di mia madre?! Perchè la conosceva?!

L'ultima foto mi sconvolse ancora di più.

C'erano tutti. Mio padre, David, Julia, mia madre e persino il pazzo. Gli uni vicini agli altri. Tutti che indossavano in camice bianco. 

Le parole che il pazzo mi aveva rivolto il giorno del nostro sgradevole incontro, mi tornarono in mente, ed impallidii: "Io lavoravo in un laboratorio di ricerca sulla genetica. Ero il leader del gruppo"

Laboratorio di Ricerca...

Oddio...

" Rebecca...è un nome bellissimo"

Riguardai l'immagine che ritraeva il pazzo con mia madre, e mi sentii solo peggio.

Non poteva essere vero...

No. No. NO!

Quell'uomo  non poteva essere...

Le gambe mi cedettero, e crollai a terra, andando a sbattere contro una scrivania di cui non mi ero nemmeno accorta.

Insieme a me, caddero anche una pila di documenti, ed uno spesso quaderno dalla copertina di pelle nera, mi atterrò sulle gambe che non volevano smettere di tremare.

Lo guardai allucinata, e il mio cuore accelerò ancora quando lessi il nome inciso su di esso.

Rosalie Correald.

Quello, era il diario di mia madre. Senza pensarci due volte, lo afferrai con uno scatto, e cominciai a sfogliarlo. 
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Yuki Kiryukan