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Autore: Sophrosouneh    06/10/2012    2 recensioni
[Le tre sorelle erano Erinni. Furie scaturite dalle più turpi azioni dell’essere umano che, per esse, veniva torturato. Vendicatrici dei torti subiti agivano su vari fronti, attaccando la preda come un sol uomo.
Vhes era l’incarnazione del desiderio, della forza e della determinazione.
Thaet era subdola e scaltra, infida come una vipera velenosa.
Ed Inarwe aveva il dolce amaro gusto dell'infanzia spezzata.]
Raccolta partecipante alla Challenge Think Angst di Simph8 e Vogue91
1# Vhes “del Connubio”
2# Thaet “dell’Ego”
3# Inarwe "della Desolazione"
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Autore: Ss904 (Sophrosouneh)
Fandom: Originale/Epico
Personaggio: Inarwe
Set: Tempo
Prompt: Neve
Storia partecipante alla Challenge Think Angst di Simph8 e Vogue91


Inarwe “della Desolazione”



Inarwe era sempre stata la più piccola ed indifesa.

Aveva ideali fin troppo nobili se considerato che il suo lavoro era sterminare peccatori nel mondo più terribile possibile.
Era una sorta di avanguardia dell’Inferno: carpiva i mortali facendoli dannare ancor prima che potessero venir sottoposti al giudizio di Minosse. Solo i più terribili e marci di loro passavano sotto la sua giurisdizione. Solo coloro per cui non c’erano possibilità di redenzione e per cui il Dio Creatore aveva disposto una pena ancor più grave del semplice confinamento nel regno Sotterraneo: dovevano assaporare lentamente e anticipatamente ciò che avrebbero patito fino alla notte dei tempi.
E questo era il ruolo suo e delle sue sorelle.
Trascendeva l’amore.
Malediceva le misere promesse di gloria.
Questa era la terribile natura delle Erinni: le matrone del dolore.

Le era spesso capitato di venir messa in secondo piano e sottovalutata.
E a lei andava bene così: se avesse potuto si sarebbe volentieri nascosta in un angolo buio e non sarebbe più venuta fuori, per paura di fare qualcosa di sbagliato.
Era pressoché da quando era stata creata dal mantello stesso di Madre Morte che Vhes tentava di rafforzarla e renderla più sicura di se stessa.
E in parte il suo allenamento aveva funzionato: adesso riusciva ad esprimersi con disinvoltura in compagnia delle sorelle. I primi tempi aveva paura anche della propria ombra.
Con il tempo aveva acquisito sempre più sicurezza –per quanto il suo introvertissimo carattere le permettesse.
Ma, man mano che il tempo passava,  si accatastavano nella sua mente ricordi agghiaccianti delle morti che procurava.
Era una Erinni e sapeva che uccidere e torturare sarebbe sempre stato suo preciso compito, ma, alle volte, questo le sembrava tremendamente difficile ed ingiusto.
Era stata sempre Vhes –in uno dei momenti in cui amava dare sfoggio della propria intelligenza- che le aveva insegnato a dosare i sentimenti: contrastare la timidezza ed accantonare il rimorso.
Perché nella loro vita avrebbe potuto dimostrarsi nocivo provare determinate emozioni.
Ed Inarwe questo lo aveva capito, ma ogni tanto non poteva evitare di lasciarsi sopraffare.

Come quella mattina, quando si era affacciata all’imboccatura della grotta in cui avevano deciso di fermarsi per la notte.
In pochi secondi gli occhi malva della piccola Furia si spalancarono increduli, e le labbra sottili si stesero in un sorriso raggiante.
Quasi senza riflettere si alzò sulle proprie gambe, ancora un po’ intorpidite per il sonno, e passò quel sottile confine che la divideva dal mondo esterno.
Quel mondo adesso tanto bianco e splendente.
“Sta nevicando!” urlò a squarcia gola prima di gettarsi a capo fitto nel candore che la circondava.
E mentre piroettava sospesa in aria, poteva avvertire una leggera scossa non appena uno di quegli sfuggenti fiocchi la attraversava.
E mai le era parso di essere più viva che in quel momento, provare quelle emozioni tutte assieme la stava sconvolgendo, causandole una sorta di isteria (così l’avrebbe definita –molto pragmaticamente- Vhes).
E le piaceva, le piaceva moltissimo, e, se avesse saputo cosa volesse dire vivere,  era certa di poter asserire che provare quello scombussolio certamente ne avrebbe fatto parte.
Sembrava una contraddizione in termini, ma sentirsi viva, anche solo per un momento, era sempre stato il più intimo desiderio della “Furia della desolazione”.

Rideva, Inarwe.
Rideva perché il mondo tutto bianco le era sempre piaciuto.
Sotto tutta quella neve non c’era spazio per il dolore e l’odio.
Dalla neve nascevano solo le primule.


  
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