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Autore: jas_    08/10/2012    10 recensioni
Nonostante non si definisse una fan dei Simple Plan, per Beth sapere che un personaggio famoso la trovava carina era pur sempre un onore e.. no, ha trentatré anni si ripeté mentalmente, scuotendo la testa.
E se l'età fosse davvero soltanto un numero? E se l'amore fosse veramente in grado di superare tutti gli ostacoli a cui si va incontro?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prima che vi immergiate nella lettura voglio soltanto dirvi una cosa, questo è l'ultimo capitolo della fan fiction quindi godetevelo a pieno! :)
(è anche un po' lunghetto, spero non vi annoierete uù)

 


 

Claire guardò ancora una volta la rivista che teneva in mano, sulla cui copertina campeggiava una foto stupenda di Sébastien. Si ritrovò ad ammirarlo come faceva anche quando lo aveva davanti agli occhi in carne ed ossa prima di sfogliare con frenesia le pagine del giornalino e giungere all’articolo riguardante il chitarrista della band più famosa di Montreal.
C’era da aspettarselo, pensò, quel flash che le aveva colpito il viso dopo la cena non era stato soltanto un’allucinazione ma bensì una macchina fotografica. Lasciò perdere l’articolo che affiancava le foto per concentrarsi sulle immagini che occupavano la pagina accanto, erano piuttosto sgranate, per essere state scattate così da vicino, e fortunatamente la sua faccia era quasi sempre in ombra. Tirò un sospiro di sollievo, era piuttosto difficile riconoscerla, non impossibile ma abbastanza complicato.
Comprò il giornale e lo mise nello zaino prima di dirigersi verso casa di Sébastien. Entrò nell’appartamento senza nemmeno bussare e si diresse spedita verso il salotto, dove era certa che avrebbe trovato il suo ragazzo spaparanzato sul divano a guardare uno dei soliti programmi idioti che facevano a quell’ora del pomeriggio.
«Ciao!» gli disse con sforzato entusiasmo dandogli un veloce bacio sulle labbra e sedendosi accanto a lui.
Sébastien abbassò il volume della tv quasi al minimo osservando Claire leggermente preoccupato, «tutto bene?» domandò.
Lei annuì decisa, prendendo dallo zaino la rivista comprata poco tempo prima e porgendogliela. «Guarda» disse.
Seb obbedì sempre più confuso, sfogliando lentamente il giornale fino a quando non arrivò all’articolo su di lui e Claire. Si mise a leggerlo in silenzio, sotto lo sguardo attento della ragazza, e quando concluse lo mise da parte limitandosi ad un “sono solo cazzate”.
Claire annuì, «m’interessa ben poco di ciò che scrivono i tabloid, l’unica cosa per cui mi dispiace è che ero vestita come una straccione» borbottò, «e tutto per colpa tua.»
Sébastien scoppiò a ridere attirandola a sé e abbracciandola con calore, «tu sei sempre e comunque bellissima, poi ti si vede a malapena. Non so chi ti possa riconoscere.»
«Spero non mia mamma» ammise lei, con ancora il volto appoggiato al petto di Seb.
Il ragazzo si lasciò scappare una risata, «tua mamma e tuo papà sarebbero gli ultimi che comprerebbero riviste del genere, l’unico modo perché vedano quelle foto sarebbe che in una qualche strana maniera utilizzassero le pagine del giornale per coprire i mobili di casa mentre ripitturano le pareti e che cadesse loro l’occhio proprio su questo articolo, ma non credo siamo così sfortunati» spiegò.
Claire non riuscì a trattenere una risata, «ma da dove ti escono tutte queste cose insensate?» domandò.
Seb si strinse nelle spalle, «stavo solo ipotizzando» si difese.
La ragazza gli sorrise comprensiva tornando ad accoccolarsi addosso a lui e alzando lievemente il volume della tv.
Sébastien prese ad accarezzarle lentamente i capelli mentre guardava le immagini sullo schermo davanti a lui muoversi, senza in realtà vederle davvero.
Come avrebbe intavolato l’argomento? Come avrebbe reagito Claire? Sarebbe finito tutto? Sarebbe stato in grado di resistere o si sarebbe comportato come aveva sempre fatto?
La mente si Sébastien pullulava di così tanti pensieri e preoccupazioni che lui non sapeva nemmeno a quale dare la precedenza, trovandosi più confuso di quanto non fosse.
«Senti...» mormorò poco convinto.
Claire alzò lo sguardo, il viso rilassato e felice, Seb sapeva che le piaceva quando le toccavano i capelli. Spostò il braccio sinistro portandoselo in grembo e mettendosi composto, la ragazza lo imitò.
«Che c’è?» domandò, improvvisamente allarmata dalla serietà di Sèbastien.
«Ecco...» bofonchiò lui, cercando le parole giuste, «tra quattro giorni io vado in tour, per un mese circa» disse poi tutto d’un fiato.
Claire lo guardò seria, senza lasciar trapelare nessuna nota di sorpresa o dispiacere o qualunque altra cosa, prima di scoppiare a ridergli in faccia.
«Perché ridi?» chiese Seb confuso.
«Mio fratello parte con te, secondo te non lo sapevo?» disse lei, tra una risata e l’altra.
Sébastien si grattò la testa confuso senza saper bene cosa dire, in realtà non ci aveva nemmeno pensato, aveva visto solo la gravità della situazione, lo starle lontano per un mese.
«E quindi?» la spronò lui, aspettandosi qualcos’altro.
«E quindi, cosa?»
«Cosa facciamo?»
Claire alzò gli occhi al cielo prima di prendere le mani si Sébastien tra le sue, «cosa vuoi che facciamo? Ti aspetterò, come ti ho aspettato per dieci anni, cosa vuoi che sia un mese? Si è sempre saputo che prima o poi tu saresti partito e non voglio impedirti di farlo, tu andrai in tour e renderai felici milioni di persone con la tua musica ed io rimarrò qui a Montreal ad aspettarti, pensando a quanto sia fiera di te» disse decisa.
Seb rimase spiazzato dalla decisione e dalla fermezza con le quali Claire aveva parlato, si era dimostrata molto più matura e pronta di lui ad affrontare l’argomento, che fino a cinque minuti prima si stava cagando sotto dalla paura.
«Meno male che ci sei tu» le sussurrò, sorridendo appena, «io stavo già andando in panico» ammise.
Claire lo baciò delicatamente sulle labbra assaporandone a pieno il loro sapore, «passerà prima che ce ne rendiamo conto.»
 
Beth si alzò dal divano, sospendendo la visione di Ugly Betty, per andare in cucina e vedere a che punto fosse la torta.
«Tesoro, stai bene?» le domandò la madre, alzando lo sguardo dal libro che stava leggendo da ore, ormai.
Bethany annuì aprendo il forno e mettendo uno stuzzicadenti nel dolce, così da verificarne la cottura. Era risaputo a tutti che Beth odiasse cucinare nonostante ne avesse le capacità, e che lo faceva per distrarsi da tutto il resto, solitamente quando c’era qualcosa che non andava.
«Sì, tutto bene mamma!» squittì, spegnendo il forno ed estraendo la torta così da farla raffreddare.
La donna storse il naso, piegando un angolo della pagina del libro a cui era arrivata così da non perdere il segno per poi chiuderlo e appoggiarlo sul tavolo.
«Sputa il rospo» sentenziò poi.
Bethany scosse la testa, aprendo la credenza alla ricerca di un piatto, non avrebbe mai e poi mai parlato con sua madre di ragazzi, soprattutto di quel ragazzo.
Come avrebbe reagito sapendo che si era innamorata di un tipo tatuato, che faceva il musicista e, soprattutto, di quindici anni più grande di lei? Pierre era l’esatto contrario di colui che i genitori di Beth avrebbero voluto vedere accanto alla loro unica e cara figliola, sarebbe venuto loro un infarto se lo avessero scoperto. L’unica cosa che giocava a suo favore era che era il fratello maggiore di Claire e che quindi conoscevano bene la sua famiglia e sapevano che erano brave persone, ma ciò non sarebbe bastato comunque.
«Preferiresti che non lo facessi, mamma, fidati.»
La donna rimase in silenzio, Bethany sospirò spostando la torta dalla teglia al piatto e prendendo lo zucchero a velo da spolverarci sopra.
Era certa che si sarebbe divorata quella torta da sola, quella sera. Era già una golosa di suo ma quando c’era qualcosa che andava male, oltre che a cucinare i dolci, se li mangiava pure.
Sovrappensiero, non si accorse che rovesciò una quantità esagerata di zucchero sulla torta, «vaffanculo» borbottò, cercando di rimediare al danno buttando l’ eccesso nel lavandino.
Era possibile che non riuscisse a combinarne una giusta?
Pierre la stava facendo andare fuori di testa, in tutti i sensi.
Erano passati due giorni dal loro incontro con Genevre, da quando lui si era comportato come un bambino immaturo, maleducato e cafone.
Mancavano ancora due giorni prima che lui partisse per il tour e stavano sprecando il tempo a loro disposizione tenendosi il muso come due poppanti piuttosto che sfruttarlo al massimo, sempre che sarebbero tornati insieme, sempre che lo fossero mai stati, insieme.
Era una situazione assurda, quella, nella quale Bethany non si era mai trovata. Forse era una cosa da trentenni non mettere mai bene le cose in chiaro, o forse era una caratteristica prettamente riservata a Pierre.
«Tesoro ti conviene che lasci perdere la torta, hai buttato tutto lo zucchero nel lavandino, non solo quello in eccesso» intervenne la madre, facendo sussultare Beth alla quale scivolò il piatto di mano. La torta cadde nel lavandino.
«Ecco, vedi cosa mi hai fatto combinare?!» disse, infuriata, sedendosi al tavolo.
«Sei con la testa tra le nuvole, ogni tanto fa bene parlare dei propri problemi, sai?»
Bethany alzò gli occhi al cielo mettendosi a braccia conserte, cos’aveva fatto di così male nella sua vita precedente per meritarsi una madre psicologa che scambiava la figlia per un suo paziente?
O forse poteva davvero chiederle un consiglio, magari senza fare nomi o riferimenti all’età della persona in questione.
«Vedi mamma...» cominciò incerta, «c’è un ragazzo che mi piace, davvero tanto, e che non conosco da moltissimo. O meglio, lo conosco da un po’ perché me ne avevano parlato ma l’ho conosciuto di persona tipo due settimane fa. Non è il mio ragazzo, però credo ci piacciamo a vicenda. Il problema è che lui tra due giorni parte... In vacanza» disse, inventandosi qualcosa al momento, «e starà via per un mese. Ma questo non è un problema, o meglio, sì che lo è, ma posso anche aspettare. Il problema è che alcuni giorni fa eravamo in giro insieme ed abbiamo incontrato la sua ex e lui mi ha completamente ignorata mentre parlava con lei, trattandomi anche male. Siamo finiti per litigare, l’ho mandato a quel paese e me ne sono andata. Questo è successo due giorni fa, e lui tra due giorni parte e non si è ancora fatto vivo. Che faccio?»
Beth rimase in silenzio, in attesa di una risposta e sperando di essere stata il più esaustiva ma allo stesso tempo generica possibile. Non aveva fatto nomi né menzionato l’età né fatto altri riferimenti che avrebbero potuto condurre la madre a Pierre, aveva pure buttato lì la storia della vacanza, era impossibile risalire a lui.
«Allora?» la spronò.
La madre sospirò sorridendo con una strana luce negli occhi che a Beth incuteva quasi timore.
«Ti sembrerà strano, ma è un buon segno che ti abbia ignorata davanti alla sua ex. Significa che ci tiene davvero a te e che non vuole che tu abbia niente a che fare con questa ragazza che rappresenta il suo passato. Probabilmente con te non vuole commettere gli errori fatti in precedenza, è abbastanza comprensibile che non vuole che il suo passato entri in collisione col suo presente e, a maggior ragione, il suo futuro. Cioè te. So che ti sembrerà un po’ strano e magari contraddittorio ma fidati che è così. Infondo i maschi lo sono un po’, contraddittori, e anche difficili da capire. Poi conoscendoti non appena la sua ex se n’è andata tu gli sarai sbottata in faccia come una pentola di fagioli senza lasciargli nemmeno il tempo di fiatare e spiegarsi, secondo me dovresti chiarire, soprattutto perché tra poco lui parte.»
Bethany la guardò meravigliata, davvero dietro al comportamento di Pierre c’erano tutte quelle congetture riguardo al suo passato e al suo presente che entrano in collisione, una forma di autodifesa e tutto il resto?
«Allora, ora mi dici chi è il fortunato?» domandò la madre.
Il campanello che suonò in quel momento salvò Bethany, prima che potesse muovere un muscolo però, la madre era già alla porta ad accogliere l’ospite.
«Certo, te la chiamo subito» sentì soltanto, prima di vedere la donna fare capolino alla porta con un sorriso a trentadue denti dipinto sul volto.
«C’è un bel giovanotto che si è presentato come Pierre, fratello maggiore di Claire, che ti aspetta. E sembra anche un po’ nervoso» constatò.
Bethany avvampò, alzandosi dalla sedia con uno scatto, cosa gli era saltato in mente? A casa sua doveva venire a cercarla? Che fine avevano fatto i cellulari, Facebook, Twitter e tutto il resto? Erano nel ventunesimo secolo, l’era dell’informatica, c’erano infiniti modi per poterla contattare senza presentarsi a casa, pure mandare la civetta di Harry Potter sarebbe stato più plausibile.
«E’ lui il ragazzo che ti fa impazzire?» continuò la madre, allegra e curiosa.
Bethany la guardò impassibile alcuni istanti prima di annuire lievemente, in maniera quasi impercettibile.
La madre sussultò, assumendo un’espressione sorpresa e incredula, prima di sospirare e rilassarsi leggermente.
«Non è esattamente il tipo che speravo mi avresti portato a casa ma se ti rende felice...»
Beth si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, quegli attimi le erano sembrati i più lunghi della sua vita. Sorrise grata alla madre prima di sparire in corridoio.
Non appena arrivò all’entrata e vide la figura di Pierre lì, in piedi sul ciglio della porta ad aspettarla, il cuore prese a martellarle fortemente nel petto.
Cercò di darsi un contegno e si avvicinò insicura, «ciao» mormorò, mantenendo lo sguardo basso.
Pierre ricambiò, «sembra simpatica tua madre» aggiunse infine.
«Già.»
Rimasero in silenzio fino a quando Pierre non prese di nuovo la parola.
«Ti va di fare un giro?»
Bethany assentì, a sua stessa sorpresa, seguendo il ragazzo fuori di casa. Forse preferiva stare con lui che subire il terzo grado della madre.
Salì sulla sua auto senza proferire parola né chiedere dove fossero diretti, solo quando l’auto si fermò davanti all’appartamento di Pierre sembrò ritrovare la voce.
«Che ci facciamo qua?» domandò, quasi spaventata dalla risposta.
Il ragazzo scese dall’auto prima di risponderle, «devo farti vedere una cosa.»
«Senti Pierre, so benissimo cosa rappresenta questo posto per te e stanne certo che non mi fa piacere venirci perché...»
«Puoi fare silenzio per una buona volta e fidarti di me?» la interruppe lui, brusco.
Bethany sussultò, era lui dalla parte del torto, era lui che si era comportato male e doveva farsi perdonare. Con che coraggio le si rivolgeva con quei toni? Avrebbe preferito cento volte l’interrogatorio di sua madre a quel punto.
«Come faccio a fidarmi di te quando mi prendi per il culo così?» sbottò.
Pierre sospirò, accorgendosi solo in quel momento degli occhi lucidi della ragazza. Si avvicinò a lei e strinse le sue mani tra le proprie. Quel contatto fece attorcigliare le budella a Bethany, che non ebbe la forza di ritirarsi, tutto l’odio che provava per Pierre fino a quel momento era sparito in un secondo, suo malgrado.
«So che non ti ho ancora dato prova della mia fiducia fino ad ora» sussurrò lui, cauto, «ma questa è l’ultima volta che ti chiedo di lasciarmi fare, poi sarai libera di comportarti come ritieni ma, per piacere, vieni su con me» la scongiurò.
Bethany non rispose, fece un cenno quasi impercettibile con la testa e si lasciò trascinare da Pierre fino all’appartamento. Rimasero in silenzio, un silenzio pesante, pieno di parole non dette, fiumi di frasi che Bethany avrebbe voluto sputargli in faccia per fargli capire come erano stati infernali quei due giorni senza di lui. Come le erano parsi un’eternità quando di fatto erano state soltanto 48 ore. Come odiava non riuscire ad essere poi così arrabbiata con lui perché ogni volta che vedeva le sue iridi color nocciola, i suoi capelli un po’ sbarazzini, le guance paffute e quel sorriso ancora da ragazzino l’unica cosa a cui riusciva a pensare era a quanto lo volesse.
«Allora, sei pronta?»
La voce di Pierre la distrasse dai suoi pensieri, «pronta per che cosa?» domandò, confusa, ma lui non le rispose, si limitò ad aprire la porta e a farle cenno di entrare.
Bethany mosse alcuni passi all’interno dell’appartamento guardandosi intorno meravigliata.
La cucina era stata perfettamente spolverata, lo spazio vuoto che c’era di fronte ad essa era stato occupato da un tavolo di legno chiaro, il divano del salotto era stato cambiato, così come i mobili della sala che occupavano tutta la parete opposta. Un grande televisore era appeso al centro e Bethany notò anche la Play Station 3 appoggiata sotto.
Era stata completamente messa a nuovo, i mobili cambiati, le pareti ritinteggiate, l’odore di pittura fresca era ancora forte all’interno dei locali.
Beth rimase scioccata, in quel momento la sua mente era semplicemente in tilt. Non sapeva cosa pensare, se non che Pierre aveva fatto tutto quello per lei, e in soli due giorni.
«Mia sorella mi ha detto cosa sapevi» spiegò il ragazzo, prendendo parola. «E mi dispiace per non averti detto niente ma non me la sentivo, in realtà non credo sarò mai pronto a parlarne ma è giusto che faccia uno sforzo, così come tu l’hai fatto con me.»
Pierre cominciò a dondolarsi da un piede all’altro, nervoso, mentre Bethany lo guardava in silenzio, in attesa delle risposte a tutte quelle domande che continuava a porsi.
«Questo appartamento l’ho comprato per me e Genevre, sì, e tutti i mobili che c’erano anche. Abbiamo iniziato a completarlo con calma, non c’era fretta di andare a vivere insieme, almeno da parte mia, ma dalla sua sì. E’ sempre stata una persona molto organizzata, che vive sotto pressione, con orari e tempi stabiliti che devono essere rispettati.» Pierre sorrise amaramente, «in realtà anch’io sono così. Insomma, con la band i tempi sono più che ristretti, ma quando sono a casa mi comporto come chiunque altro, preferisco rilassarmi e fare quello che mi piace senza angoscia o fretta. Genevre l’ho conosciuta quando ero ancora un ragazzino e, oltre che per la sua bellezza, mi ha affascinato per tutta quella organizzazione, quell’autocontrollo e quella sicurezza di sé. Mi sembrava quasi impossibile da realizzare, per un tipo caotico e disordinato come me, era una cosa che mi prendeva, fino a quando non mi ci sono ritrovato dentro. Anche quando andavamo in vacanza sembrava che avessimo dei tempi ristretti per far tutto, programmava qualunque cosa nei minimi dettagli, anche quando dovevo andare in bagno a fare la pipì, quasi, mi sentivo come un animale in gabbia, era impossibile da gestire. Questo appartamento è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, insisteva sia con me che con le persone che ci lavoravano di fare il tutto il più velocemente possibile, come se dovessimo morire dall’oggi al domani e alla fine non ho più resistito e l’ho lasciata» concluse.
Bethany rimase in silenzio, senza sapere cosa dire, mai e poi mai avrebbe pensato che una ragazza di successo come Genevre fosse una maniaca del controllo.
«E tu Beth, sei l’esatto opposto» continuò Pierre, «con la tua allegria e spontaneità sei stata come una boccata d’aria fresca. Non programmi mai niente e ti concentri a vivere la vita così come viene, giorno per giorno, e amo questo tuo modo di fare.»
Bethany sentì un brivido attraversarle il corpo e dovette appoggiarsi al muro per non perdere la stabilità.
«E per quanto riguarda il mio comportamento dell’altro giorno al parco...» riprese Pierre.
«Lascia perdere» lo interruppe Beth, «non vuoi che io abbia niente a che fare con Genevre, ecco perché mi hai nascosto tutto. Ora l’ho capito.»
Pierre inarcò le sopracciglia, sorpreso, «c’è lo zampino di tua madre?» chiese poi, divertito.
Bethany annuì, mordendosi il labbro inferiore con l’intento di reprimere un sorriso, «un pensiero troppo complicato per me» ammise poi.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, «non deve essere per forza un difetto, io amo la tua semplicità» fece un passo in avanti.
«Hai finito di lusingarmi?»
«Potrei non smettere mai» altro passo. Beth arretrò.
«Questa era proprio pessima, sei un leccaculo di prima categoria.»
«Sto dicendo la verità, niente leccate di culo.»
Pierre fece un altro passo e Bethany si ritrovò incastrata tra il suo corpo e il muro.
«Stai invadendo il mio spazio» mormorò poi, con un misto tra il divertito e l’offeso.
«E’ proprio quella la mia intenzione» sussurrò Pierre, appoggiando le sue labbra sul collo di Beth.
Lei rabbrividì a quel tocco, «non vale fare così» disse,incerta.
Pierre si staccò dalla sua pelle giusto per parlare, «abbiamo solo due giorni ancora a disposizione, non c’è tempo da perdere.»
«Ora mi sembri Genevre però» lo prese in giro Bethany.
Pierre si rabbuiò guardandola quasi sconvolto, «stavo scherzando!» lo tranquillizzò subito lei. «E poi, dopo questi due giorni, tra un mese avremo tutto il tempo che vorremo.»
«Verrai a prendermi all’aeroporto?» domandò Pierre.
Beth annuì, «guiderò io, quando tornerai avrò la patente» proclamò fiera.
«E con che macchina?»
«Quella di mia mamma, credo. Non mi è sembrata poi così scandalizzata quando ha scoperto chi eri. Ora non c’è più niente che possa ostacolarci.»

 

***


Eccomi qua! Per l'ultima volta.
E' da tipo venti giorni che non aggiorno, e mi sento una merda per questo. Poi me ne esco di punto in bianco che questo è l'ultimo capitolo, sono irrecuperabile, lo so. 
Il fatto è che quando ho iniziato a scrivere il finale non era programmato, poi quando sono arrivata alla parte di Beth ho pensato che alla fine era andato tutto a posto. Seb e Claire stanno insieme, la distanza non farà loro male. La madre di Bethany accetta Pierre, loro due fanno pace e lui dimentica completamente Genevre. Inoltre la parte dopo era piuttosto confusa, non sapevo che cosa sarebbe successo se non che tutti avrebbero vissuto per sempre felici e contenti ma anche questo è un bel happy ending, no? :)
Spero di non avervi deluse, questa è la mia più grande paura, più che altro per avervi lasciate un po' spiazzate!
Vi ringrazio tantissimo per aver letto così in tante la fan fiction, averla fatta diventare la più poplare nel fandom e per tutte le stupende recensioni che mi avete lasciato. Ora sono un po' incasinata con la scuola e non ho idee che mi ispirino ma tornerò sicuramente a scrivere su Pierre, anche solo qualche one shot, non so :)
Se volete sapere quando posto qualcosa potete aggiungermi agli autori preferiti oppure farvi un giro sul mio profilo efp ogni tanto, bo HAHAHA
Non ho altro da aggiungere, quando mi ritrovo qua a scrivere nelle note d'autore sono sempre a corto d'idee! 
Grazie ancora, per tutto il supporto che mi avete dato, per aver dedicato un po' del vostro tempo a questa storia e... grazie anche ai Simple Plan per essere così meravigliosi e stupendi, per farmi emozionare e scrivere canzoni che non mi stanco mai di ascoltare. Grazie particolarmente a Pierre e Seb, ma anche a Chuck, Jeff e David, senza di loro a quest'ora non sarei qua a scrivere uù
Credo di avere finito, vi ringrazierò una per una nelle risposte alle recensioni :)
Jas



 



Pierre "OH SHIT"
(non c'entra un cazzo, lo so, ma amo sta gif HAHA)


 

 



 

   
 
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