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Autore: Eridani    10/10/2012    4 recensioni
[INCOMPLETA] L'Enterprise accoglie a bordo un noto scienziato vulcaniano. Lui e Spock si erano già incontrati.
NB: Primi 4 capitoli leggermente modificati e corretti.
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'aria era densa, la luce del sole intensa; guardando l'orizzonte si vedevano le onde di calore diffrangere la luce sopra la sabbia.
Seduto, sentiva i minuscoli granelli di sabbia insinuarsi tra le dita dei piedi, il vento muovergli con delicatezza i capelli. Teneva le gambe incrociate, le mani immobili appoggiate sulle ginocchia. Chiuse gli occhi.
Sentì le dita sul suo volto premere i cinque punti katra per la fusione mentale ed il vulcaniano di fronte a lui mormorare «La mia mente nella tua mente, i miei pensieri nei tuoi pensieri.»
Il buio iniziale si dissolse ed una moltitudine di immagini cominciarono a scorrere; immagini di lui stesso, immagini dei suoi genitori. Vide i muri della sua casa che lo circondavano e sua madre inginocchiata che lo abbracciava forte: sul suo viso scorrevano le lacrime che era riuscito a trattenere durante tutto il tragitto che lo aveva riportato tra le mura domestiche, ma che ora, contro tutto il suo controllo e la sua educazione, non aveva più la forza di nascondere. Sentiva il calore di quel tocco leggero e sentiva il profumo dolce dei capelli della donna, e la sua voce triste che si struggeva per lui. Alle orecchie gli giungevano il suono delle parole di conforto ed i leggeri singhiozzi che uscivano da quella bocca appoggiata sulla sua spalla. Cominciava a percepire nuovamente quella sgradevole sensazione di solitudine, di incomprensione; e allo stesso tempo quel senso di sollievo e sicurezza. Le emozioni cercavano di tornargli alla memoria.
«Basta, ti prego.» provò ad invocare «Basta.» ripeté.
Ma quelle dita non volevano staccarsi dal suo volto, quella mente estranea non aveva intenzione di rompere quel legame.
«Non ti agitare. Ciò che provi è normale.» lo rassicurava il vulcaniano «Lasciati andare.»
«No. Tutto questo non è giusto; ciò che sta succedendo è illogico.» tentava invano di controbattere «Non posso. Io non posso cedere.»
«Lasciati andare.» continuava a ripetere quella voce estranea dentro la sua testa «Fammi sentire ciò che provi in questo momento; lasciami provare quelle sensazioni, quelle emozioni.»
«No.» rispondeva incessantemente, sforzandosi di cacciare quell'intruso.
Ma era troppo forte. Quella presenza era troppo potente.
Provò a riemergere dai ricordi; provò a cacciare il vulcaniano, a trascinarlo fuori; provò ad aprire gli occhi. Nulla funzionava. E quel vulcaniano continuava a premere, a insinuarsi, a invadere le zone più profonde e nascoste del suo Io, frugando nei ricordi, nei pensieri, nelle sensazioni passate. Rompendo le sue barriere.
Lo sforzo era impossibile da sopportare: la vena sulla tempia pulsava a ritmo incessante e l'intero volto cominciava ad assumere una tinta verde scuro. Le forze cominciavano a mancargli, la stretta delle sue mani, prima vigorosa e forte contro le sue ginocchia, cominciava ad allentarsi. Tutto ciò che percepiva intorno a lui era il rumore del vento caldo e l'odore della sabbia. Dentro di lui, ormai, non sentiva più nulla.
Quando quelle dita insistenti si staccarono dal suo viso, si accasciò a terra, sfinito. Tutto era buio. Tutto era disordine.
Svenne.
Spock si svegliò di colpo, accalorato e disteso sul suo letto.

Il laboratorio era per lui il luogo adatto dove rifugiarsi: era una delle sezioni meno frequentate dell'intera nave, e la tranquillità gli permetteva di concentrarsi e tenere occupata la mente. Dopo che il Capitano aveva lasciato il suo alloggio, Spock aveva tentato invano di meditare, riuscendo a raggiungere solo i livelli superiori e fallendo nel cercare quelli più profondi, gli unici che avrebbero potuto donargli quell'ordine che tanto gli serviva; ma quella stessa mancanza di ordine, accompagnata dall'agitazione sopraggiunta dopo il breve incontro con Sakar, era la causa stessa del suo fallimento. Ritenendo illogico proseguire, decise così di distendersi e cercare una minima pace, almeno fisica, nel sonno.
Anche quello fallì.
Mancava ormai poco tempo all'inizio del turno. Svolti tutti i suoi compiti ancora prima dell'inizio della missione, a Spock non rimase altro che dedicare quei pochi minuti ai suoi esperimenti.
Ma quando entrò, un'ombra gli fece capire di non essere solo.
«Spock, sveglio a quest'ora?»
«Dovrebbe saperlo bene quanto me: non abbiamo bisogno dello stesso numero di ore di sonno che richiedono, invece, gli esseri umani.» rispose mentre si dirigeva all'esperimento che aveva abbandonato il giorno prima; abbandonato proprio per andare ad accogliere il suo attuale interlocutore nella sala del teletrasporto.
«Vedo che non sei cambiato: sempre lo stesso carattere serio e distaccato. Non hai imparato nulla dai tuoi colleghi umani.» osservò Sakar avvicinandoglisi da dietro le spalle «Eppure una volta ti sei lasciato andare, non è vero?»
«Ed ho capito l'errore.»
«Errore? Chi ti dice che fosse un errore?»
«Le conseguenze lo hanno dimostrato.» rispose, voltandosi verso il vulcaniano.
«Mi hai costretto a farlo; avevi bisogno di una spinta.»
«Ero solo un ragazzino. Ed ero ingenuo. Ma ho imparato.»
«Per uno che dice di essere uno scienziato, possiedi una mente davvero chiusa: dovresti aprirti a nuove esperienze.» lo incoraggiò. Sul suo viso cominciava a farsi strada un ghigno quasi malefico; era molto diverso, si trovò a pensare Spock, dal ghigno quasi amorevole che era solito mostrargli il suo Capitano.
«La sua bassa conoscenza della mia persona non le permette di esprimere un tale giudizio.»
«Nessuno ti conosce meglio di me, Spock.» disse, facendo un passo in avanti.
«È affascinante notare quanto sia profonda la sua convinzione.» affermò l'Ufficiale stringendo le mani dietro la schiena.
«Vorresti farmi intendere che esiste una persona che riesce a comprenderti meglio di me?» chiese scettico.
«Esattamente.» rispose senza pensarci. Forse era dovuto alla mancanza di meditazione, ma provava una certa soddisfazione nel contraddire il vulcaniano che aveva di fronte.
Solo dopo aver parlato, si rese conto che avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa.
Sakar rimase per qualche secondo a pensare, poi gli si rivolse nuovamente «È il Capitano. Sbaglio, forse?»
Spock non rispose. Aveva parlato già troppo e non voleva assecondare chissà quali pensieri si stessero in quel momento formando nella mente di Sakar.
«Il tuo silenzio mi da ragione.» osservò questi, cominciando a camminare avanti e indietro «Sì, deve essere lui. Ho subito notato, appena salito su questa nave, il suo carisma e la sua forza. Mi chiedo come sarebbe entrare in contatto con lui.»
Sul viso di Spock si fece largo un espressione d'orrore, ma subito fece in modo di nasconderla.
«Verrebbe considerato un attacco e lei verrebbe rinchiuso in cella.» disse l'Ufficiale dirigendosi verso l'uscita del laboratorio.
«Sù, Spock. Non ho intenzione di fare nulla di male al tuo Capitano.» lo tranquillizzò «Ma in cambio...» aggiunse con un filo di malizia nella voce «voglio te.»
Spock, all'udire quelle parole, si fermò sul posto. Poi, accorgendosi di essere rimasto lì già troppo a lungo, uscì e si diresse in plancia.

Kirk se ne stava seduto sulla sua poltrona, con le gambe incrociate e lo sguardo fisso davanti a sé.
Si voltò per dare un'occhiata al suo equipaggio: ogni ufficiale era dedito al suo lavoro e l'atmosfera era, come al solito, confortevole e allegra. La missione affidata all'Enterprise non faceva prevedere pericoli imminenti e tutti i membri dell'equipaggio colsero l'occasione per rilassarsi durante questi tre giorni di viaggio. Non c'era tensione nell'aria, nessun presentimento negativo. Kirk sorrise.
Le porte del turboascensore si aprirono e ne uscì l'ospite vulcaniano, in una lunga tunica nera ricamata con filo d'argento.
«Buongiorno, Capitano.» salutò chinando lievemente la testa «Disturbo se rimango un po' qui? Sono curioso di osservare il funzionamento della sua nave.»
«Buongiorno Sakar. Può rimanere, se lo desidera; le chiedo solo di non intralciare il lavoro dei miei ufficiali.»
«Non si preoccupi, non farò altro che guardare.» rispose, facendo qualche passo in più verso il centro della plancia e posizionandosi alla sinistra del Capitano.
Spock si avvicinò alla poltrona del suo superiore per il consueto rapporto, collocandosi alla sua destra «Non ci sono navi in vista. Nessun malfunzionamento. Mantenendo le attuali rotta e velocità di curvatura giungeremo a destinazione fra due giorni, diciotto ore e cinquantadue minuti.»
«La ringrazio Signor Spock.»
L'Ufficiale Scientifico rimase un secondo in più del solito fermò lì, fissandolo negli occhi.
«C'è qualcos'altro che deve dirmi?» gli chiese Kirk.
Spock indugiò, sentendo su di sé lo sguardo dell'altro vulcaniano. «No, Capitano.» rispose poi, tornando alla sua postazione e chinandosi sul visore.
Kirk lo osservò per qualche secondo, leggermente sorpreso da quel momento di esitazione. In quell'istante aveva letto nei suoi occhi l'indecisione, aveva letto le sue parole non dette. E ciò che aveva letto era un velato bisogno d'aiuto.

Solitamente la fame non era tra i problemi maggiori del Capitano: tra le missioni, gli ordini e i diritti e doveri che il comando gli donava, i suoi pensieri erano sempre rivolti verso la sua nave; i suoi bisogni primari passavano con regolarità in secondo piano. Ma ora che la tranquillità regnava a bordo dell'Enterprise e che l'unico compito da svolgere era quello di condurre il Dottor Sakar alla base stellare cinque, quello di presentarsi in plancia era più un'abitudine che una vera e propria necessità: i suoi ufficiali sapevano perfettamente cosa fare in questi casi, senza il bisogno di ricevere alcun ordine. Quindi, quando all'improvviso sentì un leggero languorino, colse l'occasione per fare un salto alla mensa e godersi un pranzo completo: quei bocconcini rettangolari multicolore che gli venivano serviti sul ponte non erano male, ma, quando c'era la possibilità, il suo stomaco gradiva cibi più sostanziosi.
Come lo erano le partite a scacchi, anche il pranzo, quando possibile, era uno tra quei momenti che Kirk e Spock erano soliti passare in compagnia, godendo ognuno dei discorsi dell'altro.
La mensa era più affollata del solito e molto più rumorosa, ma ciò non ostacolò le loro conversazioni.
«Signor Spock,» disse Kirk mentre con la forchetta infilzava un paio di verdi foglie di insalata «ha dormito bene?»
L'Ufficiale alzò lo sguardo dal suo piatto «Come mai le interessa il mio sonno, Capitano?»
Kirk soppesò la sua risposta: era strano che il vulcaniano rispondesse ad una domanda con un'altra domanda.
«Lo vedo dai tuoi occhi, Spock.» affermò.
«Vede cosa, Capitano?» chiese, non capendo l'improvvisa affermazione dell'amico.
Kirk lasciò le posate ed appoggiò le mani sul tavolo, sporgendosi lievemente in avanti «Che qualcosa non va.»
Spock gelò sul posto: conosceva da molto tempo l'abilità innata del suo Capitano, quella di comprenderlo con un semplice sguardo; eppure ogni volta ne rimaneva affascinato.
«Non voglio costringerti a parlarne, e assolutamente non ho intenzione di ordinartelo. Però gradirei molto se tu ti confidassi con me.» affermò Kirk mantenendo gli occhi fissi in quelli del vulcaniano che gli stava di fronte e mostrando un piccolo sorriso, un sorriso nello stesso tempo speranzoso e rassicurante.
«Non credo che questo sia il luogo adatto per una tale conversazione.» rispose l'Ufficiale, posando anch'egli sul tavolo il cucchiaio con il quale stava assaporando la zuppa.
Entrambi si alzarono, lasciando a metà il pranzo.

   
 
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