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Autore: Querthe    23/04/2007    7 recensioni
Una sorta di poliziesco a metà strada tra un noir e X-file, o così spero di riuscire a farlo. Scusate se ogni tanto nella storia uso qualche imprecazione, ma non conosco poliziotti da film non scurrili. Mamoru e Rei compagni di squadra, un rapimento e un mistero attorno alla figura di un angelo biondo a cui mancano solo le ali e l'aureola, ma con dei bei codini...
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Rei/Rea, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie, Contesto generale/vago
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- Spiegamelo un'altra volta.
La voce del comandante Tomoe era salda e tagliente come un rasoio. Tra le mani aveva una lunga e sottile sigaretta, spenta, con cui giocherellava mentre camminava avanti e indietro dietro la sua scrivania. La pistola di ordinanza era sul tavolo assieme al computer, ad alcuni fascicoli e alla foto del marito, un professore universitario dagli occhiali tondi e spessi sempre vestito con un camice bianco. Dall'altra parte del tavolo Rei e Mamoru la osservavano in silenzio, seduti su due sedie in alluminio e pelle nera finta. L'uomo era vestito con dei jeans slavati e una maglietta nera, in mano l'ennesima tazza di caffè forte ad aiutare gli eccitanti che il medico gli aveva prescritto contro il sonnifero che ancora circolava nel suo corpo. Sospirò bevendo un sorso del liquido nero e posò la tazza sulla scrivania.
- Sono tornato a casa dopo la fine del mio turno... cioè, dopo che me ne sono andato da qua...
- E poi?
- Poi mi sono fatto una birra...
Rei gli diede un pugno nemmeno troppo leggero sul braccio.
- Mamo...
- Va bene. Di birre me ne sono fatte tre, ma giuro che ero sobrio quando ho sentito la macchina stridere e la ragazza attraversare. L'ho trovata sotto il lampione vestita solo da un camice da ospedale. Era bionda, venticinque, ventisette anni al massimo. Usagi, mi ha detto di chiamarsi. Non mi ha detto nulla di interessante e poi l'ho messa a letto.
- Hai avuto rapporti con lei?
- Cazzo, Tomoe...
- Comandante Tomoe... - lo corresse gelida.
- Comandante Tomoe. No. Non ho avuto rapporti con lei. Dio, ero così stanco che non mi sarei fatto nemmeno Pamela Anderson!
- Bei gusti...
- Hino. - la gelò con lo sguardo la donna. - Nessuno ha chiesto il tuo parere sui gusti del tuo compagno. - Guardò di nuovo Mamoru. - Insomma tu non hai dormito con lei.
- No. Ho dormito sul divano. - bevve altro caffè. - Poi l'unica cosa che mi ricordo è Rei che bussa alla mia porta.
- Notizie dalla scientifica, Hino?
- Nulla di importante. Da una prima ricostruzione hanno inondato la stanza di gas, poi hanno rotto il vetro per entrare, hanno prelevato la fantomatica Usagi e tutto quello che la riguardava e se ne sono andati. Professionisti. Molto. Ma sto aspettando altre notizie dalla Mizuno.
La donna si portò la sigaretta alla bocca meccanicamente, per poi toglierla e passarsi la mano nei capelli neri, lisci e a caschetto. Tamburellò con le dita vicino al telefono, quindi lo afferrò con rabbia pigiando i numeri di un interno. Squillò a vuoto alcune volte, il suono metallico nel silenzio della stanza.
- Pronto?
- Dottoressa Mizuno. Tomoe. Cosa mi sa dire della casa di Chiba?
- Che Mamoru avrebbe bisogno di una brava donna delle pulizie. - rispose atona la voce femminile. - Solo sul divano...
- Tagli corto. Qualcosa di utile. Mi fa girare le palle sapere che un mio uomo si sia fatto prendere per il culo così facilmente.
- Nessuna cosa interessante, ma siamo solo all'inizio. - le rispose lei. - Ci stiamo lavorando.
- Mi tenga informata.
- Non ne dubiti. - concluse la telefonata la donna, una sorta di esperta tuttofare nota come medico legale. Era da alcuni anni al commissariato Zeichi di Tokio, e ancora trovava modo di stupire colleghi e superiori. - Comandante...
Hotaru rimise la sigaretta in bocca e si sedette. Guardò Rei e Mamoru dura.
- Allora? Aspettate un invito scritto o tornate al lavoro per conto vostro? Persone scomparse e omicidi ce ne sono in abbondanza. O preferite il traffico e gattini sugli alberi?
- Nossignore. - risposero assieme alzandosi e uscendo dal suo ufficio.
I due ispettori camminarono fino alle loro rispettive scrivanie e si sedettero, osservando lo schermo del computer come se fosse un'opera d'arte. Passò del tempo, in silenzio. Un silenzio pesante.
- Come era a letto? A me puoi dirlo... - borbottò Rei.
- E che ne so? - sbottò lui. - Io dormivo. Ma perché siete tutti convinti che io me la sia fatta?
La donna lo guardò.
- Non ti rispondo. Se sei capace di dormire con una donna senza toccarla eri posseduto...
Il telefono dell'uomo squillò impedendogli di insultare la compagna.
- Chiba. - rispose bruscamente. - Ah, sei tu. - ci fu una pausa. - Arrivo subito. Grazie, Ami.
- Dove vai?
- Al laboratorio. Con me.
Arrivarono all'ascensore. Scesero tre piani. Le porte si aprirono in una grande stanza dai muri bianchi affollati di scaffali, schermi piatti e scrivanie con microscopi e altre diavolerie più o meno elettroniche. Tre figure con un lungo camice da laboratorio erano impegnate nel loro lavoro, dando le spalle alla porta di ingresso, ma i due si diressero decisi alla figura più lontana. Era una donna minuta, apparentemente persa nel grosso camice, i capelli azzurri tenuti a posto da una fascia elastica bianca con alcune striature verde scuro.
- Dottoressa Mizuno! - le disse in modo falsamente autoritario.
- Mamoru, grazie per essere venuto subito. - Si voltò tranquillamente Ami, sulla quarantina. Guardò la donna vestita di rosso un po' freddamente. - Rei, ciao.
- Ciao. - rispose secca lei guardandola negli occhi, nascosti da piccoli occhialini dalla montatura in titanio.
- Hai trovato qualche cosa?
- Forse... - sorrise debolmente, afferrando un piccolo telecomando e puntandolo sullo schermo gigante che riposava alla sua destra.
Si illuminò mostrando le foto fatte nella casa di Mamoru.
- Davvero è così casa mia?
- Diciamo che ho scelto le angolazioni migliori. - scherzò la donna. - Comunque come vedi sembrerebbe che l'unico punto in cui i tuoi... visitatori... abbiano lasciato delle tracce sia la finestra, e che la tua ospite non ne abbia lasciate. Come se fosse stato un fantasma...
- O un'allucinazione da sbornia... - lo derise Rei, anche se sapeva benissimo che il suo compagno era stato drogato. Le analisi parlavano chiaro. - Te la sei sognata. Ecco perché non te la sei...
- Perché hai detto "sembrerebbe"? - la bloccò lui, osservando le foto da vicino, come se volesse vederci qualche cosa di particolare, qualcosa che gli avrebbe permesso di venire a capo di un piccolo mistero che gli dava molto fastidio.
Ami sorrise, schiacciando un'altra volta uno dei tasti del telecomando. Sullo schermo le immagini divennero degli schemi a linee verde fosforescente tridimensionali, un'estrapolazione vettoriale dei singoli pixel delle fotografie per poter trasformare una struttura bidimensionale in una struttura completamente modificabile e visitabile virtualmente. I modelli wireframe si fusero tra loro e vennero ricoperti da textures a simulare i materiali reali della casa di Mamoru, finchè sullo schermo non ci fu solo un'immagine simile a quelle dei videogiochi di ultima generazione.
- Bel trucchetto. Cosa ci serve? - chiese l'ispettore Hino
- A stupirvi. Il programma di conversione l'ho creato io nei ritagli di tempo durante le pause pranzo....
- Mangiare no, eh, Ami?
- Mangiare ingrassa. Far funzionare il cervello fa dimagrire. Rei, sbaglio o sembri un po' gonfia?
- Vaffanculo!
- Calme, calme ragazze. Come mai hai voluto usare questo programma sulla mia casa?
Ami sorrise di nuovo, come un lampo negli occhi, di soddisfazione. La rotellina del mouse grattò impercettibilmente, e l'immagine si rimpicciolì, mostrando tutto l'appartamento e i contorni dei locali accanto al suo.
- Questa è una mappa tridimensionale dell'appartamento, e come vedi c'è segnato il punto in cui ti hanno rotto la finestra nella camera da letto, la tua porta e tutto il resto. Ora, da quello che mi hai detto, e dai dati che abbiamo recuperato guardando il tuo divano, stavi dormendo ieri notte con la testa rivolta verso questa parete... - indicò con un piccolo laser rosso inserito nel mouse la parete dove c'era la porta di ingresso.
- Va bene. Quindi?
- Ora, considerando che abbiamo trovato la finestrella della cucina aperta, o almeno socchiusa, e simulando una diffusione ottimale del gas soporifero che ti avrebbe addormentato... - mentre parlava una sorta di nuvoletta verdastra iniziava a diffondersi dalla finestra rotta verso la camera da letto e gli altri locali, con un numero percentuale in caratteri rosso acceso che aumentava ad ogni secondo. Altri numeri analoghi comparivano in ogni stanza in cui il gas penetrava. - chiaramente stiamo vedendo una ricostruzione accelerata della diffusione.
- Chiaro...
Rei si stava osservando le unghie delle mani.
- Quindi? Cosa vuole dimostrare questo?
- Un attimo di pazienza, Rei, e sarai soddisfatta. Ecco, il gas nel salotto ha raggiunto la concentrazione minima necessaria per dare nel tuo sangue l'anestetico nelle quantità che abbiamo rilevato. Noti qualcosa?
- Che ho bevuto troppo caffè e mi scappa. - borbottò lui. - No Ami, non noto nulla di strano, considerando che non so cosa dovrei notare.
- Guarda i numeri in rosso, e considera che sono la percentuale del gas nella stanza rispetto all'atmosfera.
Mamoru e la sua collega guardarono i numeri come se si aspettassero che i dati avrebbero detto loro qualcosa, quindi Rei sgranò gli occhi.
- Cazzo! Ma nella stanza da letto e in parte del salotto il numero è oltre il cento.
- Esatto! - gridò entusiasta la donna. - Esatto! Non lo hanno drogato con il gas, ma con qualcosa di altro. Non è possibile che il gas superi il valore cento, cosa comunque impossibile, visto che si diluisce con l'aria, per cui il sonnifero è entrato in circolo in altro modo, già concentrato. Ho una possibile teoria, ma per averne conferma devo controllarti i capelli, Mamoru.
- I capelli?
Ami annuì. Lui si abbassò e chinò il capo per mostrarle il cuoio capelluto. La scienziata si era già infilata un paio di guanti monouso in vinile, e con perizia e delicatezza spostava le ciocche di capelli, finché non trovò quello che cercava.
- Bingo! Umi, vieni qui con la macchina digitale. Subito!
Una delle due assistenti, una ragazza alta e dai lunghissimi capelli blu si avvicinò dinoccolata, tra le mani un apparecchio per scattare foto digitali ad alta risoluzione. Il flash indicò che aveva scattato due o tre foto del punto indicato, una piccola porzione di cuoio capelluto.
- Le metto sullo schermo?
- Sì, grazie.
Dopo nemmeno un minuto i capelli di Mamoru riempirono il televisore ultrapiatto.
- Grazie al cielo non ho la forfora...
- No, direi di no. Vedi questo punto rosso?
- Sì. Una puntura, Un ago?
- No. Non potevano arrivare a te con un ago senza entrare nella stanza. Ho una teoria, ma dobbiamo verificarla da te. Credo che troveremo una traccia sulla tua porta di casa...
- Hai già detto queste cose alla Tomoe? A parte il discorso dei capelli...
- Niente. Secondo te glielo dovremmo dire?
- No! - rispose deciso lui. - Se è successo qualcosa del genere, dovremo aprire un caso, e io non sarò messo in mezzo. Sarei coinvolto personalmente. Voglio arrivare io a capire chi mi spacca i vetri e mi frega le ospiti. - lo sguardo era duro, arrabbiato.
- Immaginavo. Io avrei un'idea, ma credo che anche se questo ti lascerà spazio libero per le tue indagini personali, dall'altro ti farà scendere di un gradino nella scala delle preferenze della Tomoe.
- Sono già in cantina, non posso andare oltre... Dimmi.
- Ecco. Io posso redigere un falso rapporto, secondo il quale tutto quello successo è una serie di coincidenze, e il tuo stato era dovuto ad una sbornia legata ad alcune medicine che avevi in casa...
- Passo per pirla, quindi...
- Non esattamente.
- Solo per uno scemo un po' sfortunato...
- Grazie Rei. - mormorò lui ironico. - Se non ci fossi tu... - Sospirò. - Va bene, facciamo questa ennesima figuraccia. E della mia ospite, di Usagi, che mi dici?
- Ancora nulla, ma le mie assistenti sono al lavoro. Hikari è ancora al tuo appartamento per gli ultimi accertamenti. Dovrei incontrarla da te. Umi e Fu stanno controllando altre cose. Dammi un po' di tempo, e troveremo chi ha combinato questo scherzetto e troveremo anche il tuo angelo biondo.
Lui sorrise mesto, per poi dirigersi all'ascensore, e da lì ai parcheggi, dove, con Rei come autista e seguiti dalla macchina della loro amica, si diresse al suo appartamento.
- Usagi, piccola pazza che parla agli ombrelli, dove sei finita? - pensò mentre guardava fuori dal finestrino, al città di Tokio sveglia e attiva, frenetica sotto la luce del sole o nei negozi illuminati artificialmente. - Dove sei?
Nello stesso momento, da qualche parte, una porta si aprì su un corridoio illuminato da potenti luci al neon azzurrine. Tre figure protette da una sorta di fantascientifica armatura rigida, un fucile automatico sulle spalle, buttarono come se fosse un sacco di patate il corpo di Usagi nella piccola e buia cella senza finestre che era collegata al corridoio solo dalla porta blindata in quel momento spalancata.
- Ah! - urlò di dolore la ragazza, vestita solo da un camice da ospedale in più punti macchiato di sangue.
- Non lamentarti, stronza! - le disse uno dei tre, la voce alterata dall'elmetto in kevlar rinforzato con fibre di vetro e di carbonio. - Te la sei cercata, puttanella... E almeno sei viva, non come i nostri due compagni! Cazzo, a mani nude... - borbottò mentre chiudeva la porta, l'ultimo spiraglio di luce ad illuminare le calde lacrime della ragazza.
Ci furono singhiozzi e lacrime per alcuni minuti, quindi Usagi si calmò improvvisamente. Una sorta di sorriso malvagio si formò sul suo volto, mentre due piccoli soli rosso fuoco risplendettero nei suoi occhi per alcuni secondi.
- Tanto me la pagherete, piccole sciocche scimmie senza peli... - mormorò, per poi chiudere gli occhi, rannicchiarsi sul freddo pavimento e addormentarsi in posizione fetale.
   
 
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