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Autore: AriTorres9    12/10/2012    3 recensioni
“Ti piacerà, ne sono certa al cento per cento!”
Mi affrettai a scartare il pacchetto, troppo presa dalla curiosità per fermarmi a leggere il bigliettino di auguri, e giuro che mi vennero le lacrime agli occhi vedendo che si trattava di Get Your Heart On, l’ultimo CD dei Simple Plan che non ero ancora riuscita a acquistare. Corsi ad abbracciare Zy e la riempii di “grazie” e di baci.
« Oh cazzo Sky, girati! » la sentii sussurrarmi all'orecchio.
Mi girai di scatto e mi paralizzai alla vista di colui che ammiravo da anni solo attraverso lo schermo di un computer.
Non avevo parole.
Non era possibile.
Lui.
Lì.
Oddio.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SCHUYLER.
 
Mi trovavo su una panchina del parco nel quale di solito portavo a spasso Nando, il mio labrador. Al mio fianco era seduto Pierre. Eravamo soli: io e lui.
Ridevamo a crepapelle, sembrando davvero felici.
Improvvisamente però Pierre si fece serio e, spostandomi dal viso una ciocca blu di capelli che mi era caduta, cominciò lentamente ad avvicinare il suo viso al mio, tenendo i profondi occhi castani incollati alle mie iridi verdi.
Eravamo così vicini che riuscivo sentire il suo respiro farsi sempre più irregolare. Istintivamente chiusi gli occhi, aspettandomi un bacio.
Stava per appoggiare dolcemente le sue labbra sulle mie quando “We started of incredible, connection ..
OH, CAZZO!
Mi alzai in fretta, correndo a spegnere la sveglia del telefono che, come tutte le mattine, mi obbligava a tirarmi su dal letto.
I swear I thought you were the one forever..”
«Oh, adesso basta, Pierre! Sono sveglia!» brontolai parlando con il telefono.
Non avevo per niente voglia di ascoltare You Suck At Love.
Ok, a dir la verità non avevo voglia di ascoltare nessun pezzo in dei Simple Plan; non volevo pensare alla serata appena trascorsa.
Bouvier-lo-sclerotico aveva deciso di andarsene all’improvviso, rovinandomi il compleanno e distruggendomi il buonumore.
E sognavo anche di baciarlo? Eh, no! Così non andava bene per niente!
Va bè, dovevo ammettere che non era stato niente male come sogno, ma dovevo smetterla di illudermi, non l’avrei più visto e non avrei mai avuto spiegazioni per quella reazione così esagerata e inaspettata.
“Ora basta pensare a lui, Sky!” Mi diedi uno scossone.
Dovevo vestirmi velocemente se non volevo arrivare tardi alla partita: il mister Travis aveva detto chiaramente che se avessi fatto un altro ritardo mi avrebbe lasciato in panchina.
Dopo essermi vestita e aver finito di preparare il borsone corsi giù per le scale urlando un “ciaaao” a mio fratello che probabilmente (anzi, sicuramente) dormiva ancora, e mi avviai di corsa verso il campo.
 
Ero ansiosa ed eccitata: ci aspettava la partita più importante del campionato e dovevamo giocarci l’andata in casa.
Arrivai al campo e corsi subito in spogliatoio per l’appello. Salutai le mie compagne e mi misi a scherzare con loro per allentare la tensione pre-derby quando Travis si avvicinò al nostro gruppo e mi chiese se avevo un attimo per poter scambiare due parole con lui. Annuii un po’ turbata e mi allontanai dalle ragazze.
«Sono in orario mister, che c’è che non va? Non mi dica che mi vuole lasciare fuori perché ci rimarrei proprio male…»
Travis rise «Non lascerei mai fuori la migliore punta che abbiamo! Oggi giochiamo con un 4-2-3-1, come ti ho già spiegato. Volevo solo dirti che faccio affidamento su di te, Schuyler. Teniamo molto entrambi a questa partita, non farti spaventare dalla stazza di quelle ragazze. Sei magrina, lo so, ma sei molto agile e la potenza nelle gambe non ti manca. Mi raccomando, non mi deludere.»
Non avevo idea di come rispondere.
Non pensavo che il mister avesse così tanta fiducia in me.
Stavo per dirgli che ce l’avrei messa tutta quando Megan, la nostra trequartista e capitano, c’interruppe.
«Dovremmo entrare in campo, Sky! Datti una mossa e facciamo il culo alle stronze!»
«Così mi piacete, ragazze: combattive e spietate!»
Non potei fare a meno di ridere, lasciandomi trascinare in quella conversazione che mi fece tornare il buonumore, e dimenticandomi per un po’ dell’ansia e della preoccupazione.
Entrammo in campo sorridenti ma concentrate, con un obiettivo in mente: vincere.
Stringemmo le mani alle avversarie e ci andammo a posizionare secondo la formazione.
Osservai i difensori: erano schierate secondo una difesa a tre ed erano tutte tremendamente alte e muscolose.
Cercai di farmi forza ricordando le parole del mister e, quando l’arbitro fischiò l’inizio del gioco, pensai soltanto a non deludere Trevis, le mie compagne e le mie aspettative.
Durante tutto il primo tempo dominarono loro ma riuscimmo a non farle segnare, restando su un sufficiente ma banale 0 a 0.
Ricevetti palla solo un paio di volte: una volta mi trovai tre avversarie davanti e non riuscii a smarcarle, un’altra volta invece – poco prima che finisse il primo tempo – mi ritrovai addosso il terzino sinistro, una mora molto alta e muscolosa, che con una spallata mi buttò per terra.
Durante la caduta mi storsi la caviglia, che mi provocò un dolore atroce.
«Porca troia» piagnucolai scocciata.
Sentivo la caviglia pulsare dal male che mi faceva.
Mi rialzai subito, cercando di ignorare il dolore. L’arbitro alzò il cartellino e fischiò la fine del primo tempo.
Uscii dal campo fingendo di stare bene, non volevo essere sostituita.
Dovevo mettercela tutta per riuscire a segnare, avrebbe significato davvero tanto per me.
Mi fermai sotto la tribuna per prendere qualche borraccia da portare alle mie compagne in spogliatoio; nonostante la brutta botta appena presa volevo essere generosa e positiva.
Ok, non è vero. In realtà cercavo di perdere tempo per non pensare alle fitte che continuavo a sentire.
Mi chinai per prenderne un paio, quando vidi due mani scattare in avanti e afferrarle prima di me con decisione.
«Lascia stare, te le prendo io. Dove le devo mettere?»
Quella voce mi era familiare, alzai la testa e rimasi paralizzata per un momento. Che diavolo ci faceva lui qui?
 
PIERRE.
 
«Che diavolo ci fai qui?» mi chiese quasi sconvolta.
Non riuscii a non sorriderle.
“Bè, mi sembrava avessi bisogno d’aiuto e, nonostante ieri sera non sia stato molto carino a scappare così, sono ancora un gentiluomo.»
Cercai di allentare la tensione che si era creata tra di noi ma, a giudicare dalla sua fredda espressione, non ebbi successo.
«Oh bè, grazie tante gentiluomo, ma io intendevo che ci fai qui in questo campo, sotto questa tribuna, a vedere questa partita.» Ribatté con tono acido.
Bè, se non voleva essere gentile con me, perché avrei dovuto esserlo io con lei?
«Non avevo idea che giocassi a calcio e no, non ti sto stalkerando, se è questo che vuoi sapere.» Le risposi col tono più scontroso che riuscii ad avere.
«Ah.» Sembrava imbarazzata e delusa.
Non la capivo proprio. Aveva fatto lei la stronza per prima! No, non era del tutto vero. In realtà ero stato io la sera prima ad essermi comportato da pazzo senza motivo.
Cercai di sistemare la situazione. Mi dispiaceva vederla triste.
«Sono qua con i ragazzi perché Christin, la sorella di Dave, gioca e ci ha chiesto di venire a vedere la sua partita».
Provai a rilanciare la conversazione, questa volta però con un tono sereno, e notai che cominciò a incuriosirsi.
«Ah, sul serio? Allora dev’essere una mia rivale.. » mi sorrise e mi sembrava che si stesse sciogliendo, mostrandomi finalmente la vera Schuyler.
«Direi proprio di sì, è la numero 3.» Dissi cercando di sembrare disinvolto, quando in realtà ero davvero preoccupato della sua reazione.
«Cosa? Quella che mi ha tirato quella spallata che tra un po’ mi catapultava dall’altra parte del campo?» domandò sorpresa.
«Eh sì, mi dispiace. Penso che David le sia andato a parlare per calmarla. Quando gioca è sempre molto fallosa.» Cercai di giustificarla, anche se in realtà speravo proprio che Dave le avesse fatto un cazziatone pesante. Insomma, non può lanciare per terra la gente che fisicamente è la metà di lei!
Vedere Schuyler a terra mi aveva provocato una piccola fitta al cuore.
So che sembra strano, ma ero convinto di essermi già affezionato.
Mi aveva colpito subito e mi ero detto che se il destino c’avesse fatto rincontrare non mi sarei lasciato sfuggire l’occasione di conoscerla.
Ed ora eccoci qua, a parlare della sua partita e di come la sorella del mio migliore amico le avesse fatto fallo.
«Già, me ne sono accorta.» Disse facendo una smorfia.
«Sicura di non esserti fatta male?» le domandai, cercai di non far trapelare quanto quell’informazione fosse indispensabile per la mia salute mentale.
Non penso che sarei riuscito a trattenermi dall’andare a sgridare io stesso Christin se Sky m’avesse detto le si era fatta male davvero.
«Sì, certo. Non preoccuparti. Ora puoi anche lasciarmi le borracce, grazie per avermi accompagnato.»
Gli angoli della sua bocca si incurvarono all’insù, mostrandomi un sorriso timido e dolce.
Non mi ero accorto di essere già arrivato sulla soglia della porta del suo spogliatoio. Quella ragazza aveva uno strano effetto su di me, mi stavo completamente rincoglionendo.
«Magari ci vediamo a fine partita, se ti va..» proposi un po’ imbarazzato.
Io? Imbarazzato? Questa sì che era una novità!
Annuì un po’ titubante e ,mentre mi prendeva dalle mani le borracce, mi disse sorridendomi «Allora a dopo.»
Le afferrai il braccio prima che entrasse nello spogliatoio, costringendola a girarsi, e abbassando il tono di voce le sussurrai «In bocca al lupo Schuyler, tiferò per te.» E, con un sorriso soddisfatto, le voltai le spalle e me ne andai.
 
SCHUYLER.
 
Wow, ero ancora in agitatissima: avevo appena parlato con Pierre!
Ed eravamo riusciti ad avere una conversazione quasi normale, incredibile!
Inizialmente avevo provato a risultate il più scontrosa possibile per vendicarmi del suo comportamento di merda della sera precedente.
Zy non ci crederebbe mai! Io e la scontrosità viviamo in due universi differenti!
Di solito sono solare, spigliata, estroversa e anche molto sensibile, ma di certo non acida e scontrosa.
Mi ero però imposta di mostrare a Pierre che potevo trattarlo male anch’io ma parlandoci mi ero completamente dimenticata di avercela con lui (è un brutta abitudine che dovrei togliermi, in effetti! Mi dimentico sempre di essere arrabbiata con le persone, facendoci la pace senza neanche accorgermene).
Parlandoci mi era sembrato quasi che potessimo essere coetanei; come se lui non facesse parte di una delle mie band preferite e come se io non fossi solo una fan dai capelli blu e con un’enorme passione per il calcio.
Pensando al calcio mi tornò in mente la caviglia, e subito la controllai. Era un po’ gonfia e arrossata e sperai vivamente che il tutto dipendesse solo dalla botta, che mi sarebbe venuto un livido e che con un po’ di pomata sarei tornata come nuova.
Facendo la strada fino allo spogliatoio con Pierre non mi ero neanche accorta che mi facesse ancora male.
«Forse dovrei semplicemente non pensarci, distrarmi.» Mi dissi, cercando di convincermi che così facendo mi sarebbe passato.
«Sky ci sei? Dobbiamo rientrare, forza!» mi intimò Megan, sorridendomi.
Vedendo il mio viso contratto e la mia espressione tesa si preoccupò e si catapultò a sedere sulla panca di fianco a me, poggiandomi un mano sulla spalla.
«Ehi, che c’è?» chiese con un leggero tono preoccupato.
«Niente Meg, figurati. Dai rientriamo.» Cercai di sorridere.
Pensavo di aver finto in modo pessimo e che da un momento all’altro lei mi avrebbe costretto a dirle ciò che non andava, ma invece mi sorrise a sua volta, confortandomi da vero capitano «Crediamo tutti in te Sky, il gol arriverà.»
Oh, pensava che fosse per il mio problema con i gol.
Era da tanto che non segnavo e in squadra avevano tutti paura che io mi deprimessi o che ci pensassi troppo, rendendomi la vita impossibile.
Ci stavo male, è vero. Ma in quel momento non ci avevo nemmeno pensato, ero così presa dalla caviglia…
Decisi che per niente al mondo avrei chiesto la sostituzione. Avrei combattuto fino alla fine, avrei segnato e avrei reso tutti fieri e orgogliosi di me, o almeno lo speravo.
Mi alzai dalla panchina e rientrai in campo in compagnia di Meg.
Alzai lo sguardo verso la tribuna cercando Pierre con gli occhi.
C’era così tanta gente rispetto al solito! Va bè che siamo la squadra femminile del Montreal Impact, ma non mi aspettavo di avere così tanti tif..
Notai un punto in basso della tribuna dove si era creata una gran ressa e ci misi pochissimo a fare due più due.
I fans non erano nostri, la gente non era lì per vedere le nostre squadre battersi in una delle partite che per noi significavano di più in assoluto, no. Erano qui solo per loro, ovviamente.
Oh, adesso sì che ero incazzata! Volevo solo giocare e, magari, vincere.
Invece Pierre si è presentato qui, facendomi credere di tenere davvero all’esito della partita e augurandomi un in bocca al lupo che è contato più di quello di chiunque altro, e il risultato era questo: Io a cercarlo con occhi come un’ingenua tredicenne innamorata persa del cantante della sua band preferita e lui circondato da chissà quante ragazze.
Già, a suoi occhi dovevo proprio sembrare una stupida adolescente che gli sbavava dietro come quelle ochette che aveva intorno in quel momento.
Ma poi, come diavolo avevano fatto a sapere che si trovavano lì in quel momento?
Eh, no! Non mi sarei fatta rovinare la partita da un branco di bambinette con gli ormoni smossi.
Dovevo smettere di pensare a lui!
“Concentrati Sky, puoi farcela” tentai di rincuorarmi da sola.
Lanciai un urlo alle mie compagne di squadra «Ragazze, vogliamo vincerla o no questa partita?!»
Percepii che si stavano caricando. «Aspettiamo da troppo questo scontro, dobbiamo dare il massimo, forza!» le incitai, mentre loro mi venivano in contro e urlavano.
Ci abbracciammo, promettendoci a vicenda di non mollare, e ci andammo a disporre sul campo per iniziare il secondo tempo.
Lanciai un ultimo sguardo alla tribuna, per controllare la relazione oche-simple plan.
Ma guarda.. le galline si erano calmate, probabilmente avevano avuto il loro autografo e i bodyguard le avevano allontanate.
Sospirai.
Spostai lo sguardo sui seggiolini dove stavano seduti i Simple Plan e li osservai uno ad uno: Jeff era intento a scrivere qualcosa al cellulare, David cercava di comunicare con sua sorella ma da così lontano le sue parole risultavano dei versi, Chuck ridacchiava sottovoce con Seb e Pierre… Bè, Pierre mi stava fissando sorridendo.
Non feci in tempo a ricambiare il sorriso che l’arbitro fischiò.
La sorella di Dave mi stava squadrando e mi sembrò di percepire un lampo di rabbia nei suoi occhi.
“A noi due, Christin."



HEY!

Volevo solo ringraziare le poche ragazze che recensiscono, siete davvero dei tesori!
E' bello sapere che qualcuno apprezza ciò che scrivi.. Siete fantastiche!
Riguardo al capitolo.. bè, spero che il calcio non vi faccia schifo e che la storia continui a piacervi.
Lasciatemi pure i vostri consigli o le vostre critiche nelle recensioni ;)

A presto!

                                                                                                                                                                                                                                Ari.
PS: gustatevi il bel Bouvier ;) 
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