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Autore: Darik    15/10/2012    2 recensioni
A volte, un desiderio non corrisposto può attirare le attenzioni di qualcun'altro, che può essere molto, molto pericoloso.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2° Capitolo

Takamichi, Akashi e altri tre maghi del personale magico del Mahora erano vicini al grande albero isolato dal resto del bosco.

“Mi chiedo perché il preside ci abbia detto di venire qua. Insomma, non sappiamo neppure cosa dobbiamo cercare”, si lamentò Akashi.

“In effetti, l’atteggiamento del preside è strano. Ha solo avuto un brutto presentimento, ma considerando la natura del Mahora, non possiamo non controllare. Forse non è niente, ma dobbiamo impedire che gli studenti possano correre eventuali pericoli”, rispose Takamichi.

“Mi chiedo se allora non sarebbe stato meglio chiudere completamente l’accesso al bosco e buonanotte”.

“Più proibisci una cosa, più fai venire voglia di farla. Il preside ha pensato allora che sarebbe stato meglio disciplinare la questione, piuttosto che avere dappertutto gruppi d’incauti esploratori”.

“Capisco. Allora, secondo la mappa dataci dal preside, siamo in una delle zone ancora inesplorate del bosco. Ma tranne quell’albero non sembra esserci nulla di particolare. Ragazzi, date un’occhiata in giro”.

I tre maghi perlustrarono attentamente i dintorni e il tronco dell’albero, compresa la sua base, mentre Akashi e Takamichi saltarono sui suoi numerosi rami per controllarli.

“Niente”, dichiarò uno di quelli a terra.

“Niente anche qui”, gli fece eco Takamichi scendendo insieme all’amico. “Passiamo allora a un'altra zona”.

S’incamminarono, e uno di loro guardò distrattamente a terra. “Ehi, un momento!”, esclamò.

“Cosa c’è?”

“Takahata, guarda qui, sul terreno, dove finisce il bosco e inizia lo spazio di quell’albero. Ci sono delle impronte”.

Takamichi si chinò e le esaminò. “Sì, sono impronte piuttosto fresche, direi che risalgono massimo a uno o due giorni fa, e sono proprio impronte di scarpe”.

Perlustrarono il terreno circostante.

“Purtroppo questo suolo è talmente pieno di rocce e radici sporgenti che è difficile trovare tracce. Non riesco a capire se si tratta di una o più persone, e la direzione è confusa, le impronte vanno in entrambi i sensi”.

“Forse qualcuno è arrivato fin qui, ha pensato di avvicinarsi all’albero e poi è tornato indietro”, ipotizzo Akashi.

“Può essere”, ammise Takamichi, “però, ripensandoci, il terreno intorno all’albero è pieno di foglie secche, formano quasi un tappeto, quindi basterebbero poche folate di vento per cancellare le impronte di qualcuno che è giunto fino a quella vecchia pianta”.

“Questa non è comunque una prova certa di pericolo”, obbiettò uno dei suoi colleghi.

“Vero, comunque dimostra che qualcuno è stato qui, in una delle zone inesplorate del bosco, forse innocue o forse no. Andiamo a riferire al preside, provvederà lui a informare gli studenti che devono stare lontani da qui. Inoltre, dovremo fare delle indagini per scoprire chi è il misterioso esploratore”.

 

Nella classe della III A, durante l’intervallo, la vita trascorreva come al solito, tra le discussioni animate di Asuna con Ayaka, Chisame impegnata col suo computer, e poi le chiacchiere spensierate, gli scherzi e i programmi per la fine della giornata.

Setsuna era seduta al suo posto, teneva la spada affianco alla sedia, le braccia sul banco e, cosa assai insolita, mostrava un’espressione di grande felicità trattenuta a stento.

Per fortuna della spadaccina, Paru, pettegola numero uno dell’istituto, era troppo impegnata a realizzare dei fumetti da presentare ad un concorso di doujinshi per accorgersi della novità, altrimenti quella sua espressione sarebbe stata interpretata in mille modi diversi, che si sarebbero tutti diffusi nella scuola alla velocità della luce.

Però Kazumi Asakura, anche se più sobria rispetto alla compagna disegnatrice, non le era certo da meno in quanto a capacità di osservazione.

Quindi, con fare interessato, si avvicinò a Sakurazaki.

“Ho saputo che ieri non è andata proprio benissimo. Konoka è venuta a chiedermi cosa avessi da mostrarle dopo che tu le avevi fatto vedere un tempietto vicino all’albero. Mi dispiace, pensavo che quell’atmosfera di solitudine ti avrebbe aiutato”.

“Non fa niente…”

“Ammetti che è stata una sconfitta? E allora perché sembri così felice?”

“Accidenti, ho promesso a Konoka che non avrei detto nulla su quanto avvenuto ieri nella mia stanza. Devo inventarmi qualcosa”.

“Ecco… diciamo che ho trovato un po’ di coraggio, ho intenzione di riprovarci, magari sarò più fortunata…”

Asakura la guardò in faccia, con occhi maliziosamente scrutatori. “Sicuro?”

“Certo. Potrei mentirti?”

“Non lo so. Dimmelo tu”.

“N-no, certo che no!”

“Ma sì, non preoccuparti, non sei obbligata a dirmi qualcosa”, concluse Asakura dandole una pacca sulla spalla. “Come attrice sei pessima, non si può non notare che la spadaccina tutta di un pezzo e sempre musona ora appare nervosa e felice come una che è stata invitata al suo primo appuntamento. Fai davvero tenerezza, e sono contenta per te”.

“Gr-Grazie…”, bofonchiò Setsuna diventata rossa come una Ferrari Testarossa.

“Di che state parlando?”

Konoka si avvicinò alle due compagne, molto incuriosita.

Setsuna si ricordò che doveva comportarsi come se l’incontro di ieri pomeriggio non ci fosse stato.

“Nulla di particolare, Konoka, io e Asakura parlavamo a casaccio”.

“Che bello, Setsy, finalmente hai smesso di chiamarmi con quel Lady. In questi giorni stavo proprio pensando di dirtelo”.

“Eh? Ah già, anche lei deve comportarsi come se non fosse mai accaduto nulla”.

Finito l’intervallo, le lezioni proseguirono con calma, ogni tanto Setsuna lanciava delle occhiate verso Konoka, che in parte ascoltava i professori, per il resto scriveva, o disegnava, sul suo quaderno.

Quando anche le lezioni terminarono, le alunne cominciarono a lasciare l’aula.

“Setsuna, io e le ragazze andiamo a farci un bel bagno. Vuoi venire con noi?”, le propose Asuna.

“Sì, il tempo di andare in camera mia a riporre la cartella”.

Si separò dal gruppo andando verso il dormitorio e quando uscì dall’edificio scolastico, si alzò un vento abbastanza forte, che alzò una piccola nuvola di foglie secche.

 

Oltre a Sakurazaki, anche Asakura non era andata ai bagni con le sue compagne, perché doveva scaricare sul computer che aveva in camera alcune foto scattate con la sua macchina digitale.

“Nonostante quelle bugie, sono contenta per Setsuna. Spero che finisca tutto bene. Anche se devo ammettere che, ricordando cosa mi ha detto Konoka, c’è un dettaglio che sembra sfuggirmi, ma non riesco a ricordarlo”.

Dalla direzione opposta arrivò Takamichi.

“Asakura, le tue compagne sono già uscite?”

“Sì, sono andate ai bagni. Ci andrò anch’io, ma dopo aver messo al sicuro alcune foto”.

“Come temevo, dal preside ho fatto tardi, ma per fortuna ho trovato te. Allora, c’è una comunicazione molto importante che riguarda tutti gli studenti, e vorrei che tu la comunicassi alle tue amiche”.

“Prego, dica pure”.

 

Una volta riposte le sue cose, Setsuna lasciò il dormitorio e si avviò verso i bagni.

“Setsy”, la chiamò Konoka, arrivando dal bosco.

“Konoka. Non eri al bagno con Asuna e le altre?”

“Ci ho pensato a lungo, e dopo la discussione che abbiamo avuto ieri, voglio dirti che cosa provo io nei tuoi confronti, adesso”.

Sakurazaki pensò di essere sul punto di svenire.

Possibile che si sarebbe sentita dire dalla sua principessa quella frase che per tanti anni aveva desiderato e allo stesso tempo temuto di ascoltare?

“Comunque, non voglio farlo qui. Preferisco un’atmosfera più tranquilla. Andiamo al vecchio albero”, continuò Konoka, e presa Setsuna per mano, quasi la trascinò dentro il bosco.

L’altra, ormai nel pallone, non oppose resistenza.

 

“Capisco. In effetti non sembra molto preoccupante, ma ha fatto bene a dirmelo”.

Asakura aveva appena ascoltato la spiegazione di Takamichi, riguardante il divieto, solo a scopo precauzionale, di avvicinarsi a quel vecchio albero nelle profondità del bosco.

“Molto bene, Asakura, contò sulla tua abilità nel diffondere notizie per farlo sapere al resto della classe”.

Il docente se ne andò, la ragazza riprese a dirigersi verso la sua stanza.

“Accidenti, mi sa tanto che si riferiva all’albero che ho trovato io mentre scattavo le foto per la rivista del club universitario di ecologia. Avrei dovuto dirglielo? Voglio dire, non ho visto segnali di pericolo, neanche sul web c’erano notizie di pericoli in quella zona, e lo stesso professore ha detto che forse sono timori infondati. Sarò solo paranoica, comunque spero di non aver messo nei guai Setsuna e Konoka. Però c’è quel dettaglio che mi sfugge… cos’era?”

Passando affianco a una delle finestre del corridoio, vide Setsuna che era quasi trascinata da Konoka nel bosco.

“Accidenti, Konoka ha preso l’iniziativa? Vuoi vedere che l’incontro di ieri è andato persino meglio di quanto pensassi? Dovrei andare in un tempio a ringraziare per questo progresso…”

L’incipiente sorriso fu sostituito da un’espressione di stupore.

“Un momento… tempio… tempietto ai piedi dell’albero… ma quando io ho trovato il posto non c’era nulla! Anche il professor Takahata non ne ha fatto cenno”.

Molti timori iniziarono a sorgere nella sua mente, tentò di tranquillizzarsi, cercando spiegazioni plausibili che escludessero la magia ed eventuali pericoli, e forse ne avrebbe pure trovate, se non avesse sentito i passi di qualcuno che, dietro di lei, correva dentro la sua classe.

Girandosi, di quella persona intravide solo i capelli mentre scomparivano dietro la porta.

Col cuore in gola, Asakura si diresse verso l’aula, aumentando la velocità ad ogni passo.

Quando poté finalmente vedere la persona che era dentro, sbiancò.

“Uh? Asakura, ti serve qualcosa? Mentre ero ai bagni, mi sono accorta di aver dimenticato un quaderno sotto il banco”.

L’altra non rispose, restando a fissarla intensamente.

“Stai bene? Che ti prende?”

La giornalista della III A corse via, e Konoka la sentì chiamare a gran voce il professor Takahata.

 

“Konoka, scusa, ma è proprio necessario andare così lontano?”

Chi teneva per mano Setsuna, si fermò e la guardò in modo interrogativo. “Che problema c’è? Non vuoi stare con me?”

Nella sua voce c’era una certa ansia.

“No, non volevo dire questo, solo che tu hai detto di andare in un posto tranquillo, immagino per evitare sguardi indiscreti. Ma qui non basta? Bisogna per forza andare fino a quel vecchio albero?”

Konoka lasciò la presa, s’inginocchiò coprendosi il volto con le mani e prese a singhiozzare.

“Setsy, sei cattiva. Non ti fidi di me”.

“Non è così, pensavo che un luogo più vicino fosse semplicemente più agevole da raggiungere”, si affrettò a dire l’altra. “Se c’è una persona di cui non diffiderei mai e poi mai, sei proprio tu, Konoka”.

La sua accompagnatrice si asciugò qualche lacrima e la abbracciò con forza.

“Grazie! Grazie! Sapevo di non essermi sbagliata! Voglio che resti con me per sempre!”

Setsuna, preda di sentimenti contrastanti, imbarazzo, gioia, non seppe dire altro e si lasciò nuovamente condurre tra gli alberi.

 

Dall’edificio del Mahora uscirono Takamichi, Negi, Kotaro e Mana Tatsumiya, con indosso un lungo cappotto bianco, che a grande velocità s’inoltrarono nella vegetazione del bosco.

“Asuna e Kaede ci raggiungeranno tra breve”, comunicò Negi al suo collega più grande.

“Sperando che non sia troppo tardi. Diverse volte ho girato nel bosco, per lavoro o allenamento, penso di essere passata anche vicino a quello strano albero, e non ho mai sentito nulla. Per aver celato la sua presenza ai miei sensi, quella misteriosa entità deve essere davvero potente”, dichiarò Mana.

“Sento l’odore di Sakurazaki”, avvertì Kotaro. “Da quella parte!”

  
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