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Autore: Frulli    08/05/2007    1 recensioni
Prequel del film "300". Come, secondo la mia fantasia, si sono conosciuti Re Leonida e la Regina Gorgo; come una ragazza, una spartana, deve combattere per la propria libertà, contro suo padre, contro le leggi, contro gli dèi stessi. Tutto per un oracolo...
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 4: cosa c’è da festeggiare

Capitolo 4: cosa c’è da festeggiare?

Un’ora dopo, tutti i cittadini si sedettero al banchetto allestito nell’agorà, per festeggiare la campionessa e le ragazze che avevano conseguito la vittoria in altre gare.

Gorgo, seduta tra il padre e Filorome, osservava senza appetito il suo piatto che, per quell’occasione, era stato riempito di cereali, pane e carne secca.

– Figlia mia, mangia, ti prego. Devi recuperare le tue forze! – la incoraggiò il padre, posandole una mano sulla spalla coperta dalla bianca tunica della vittoria e dal rosso mantello della gloria.

Gorgo scosse appena il capo, facendo oscillare i neri boccoli trattenuti da una corona d’alloro.

– Non ho appetito, padre…- rispose in un lieve sussurro. Ebdacle sospirò appena; si volse per osservare la moglie al suo fianco, ma dovette subito volgere gli occhi altrove, per evitare di vedere negli occhi di Ektha la cruda verità: aveva fallito nel suo dovere di padre. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Gli Efori erano più potenti degli Spartiati stessi, lo avrebbero di certo punito! Non poteva negare loro nulla, erano più forti…Eppure quella situazione abbatteva il suo orgoglio spartano, il suo onore paterno, la sua libertà di uomo.

– Con il vostro permesso, padre, vorrei fare una passeggiata lontana da qui. Sono stanca e le grida dei miei concittadini non mi aiutano a riposare la mente, anche se li apprezzo – disse d’un tratto Gorgo, cominciando a sistemarsi il mantello rosso.

Il padre annuì, osservando gli occhi neri della figlia. Simili ai suoi, ma quelli della ragazza erano velati da una profonda tristezza e da una silenziosa rabbia.

Pochi la notarono allontanarsi dal banchetto, prendendo una via della città. Tra quei pochi vi fu il Re.

Dopo un lungo e silenzioso cammino, immersa nei suoi più tristi pensieri, Gorgo si diresse verso una tettoia, dove riposava un profondo stagno. Scese in silenzio i gradini mentre si toglieva dal capo la corona e la gettava con rabbia in fondo ai gradini. Si sedette, sospirando, sul bordo del pezzo. Osservò la sua profondità abissale, osservò i raggi della luna penetrare le lievi tende rosse e posarsi sulle lievi onde dell’acqua, mossa dal vento notturno.

Socchiuse gli occhi: finalmente intorno a lei c’era pace, silenzio. Voleva rimanere sola in quelle ultime ore di libertà. Tentava di affrontare il suo destino con razionalità, eppure non vedeva nessuna via d’uscita alla disperazione e alla rabbia. Chinò il capo, osservando il terreno sotto i suoi nudi piedi. Rabbia le scorreva nelle vene. Rabbia, solo rabbia. Non le restava che pregare.

Perché, perché proprio io, somma Artemide? Perché non un’altra?Sono stata consacrata a te, oh Agrotera e a te volevo dedicare tutta la mia vita. Avrei voluto rimanere a Sparta, avrei voluto allenarmi, fare tante altre gare, combattere, generare Spartani forti e robusti. Ti prego, Artemide Kourothropos, se mai è giunta a mia voce fin da te, se mai ti ho soddisfatto ed ho agito in tuo nome…salvami! Io sono una tua cerva, io sono del tuo seguito, non puoi lasciare che gli Efori incatenino le ali della mia libertà! Salvami, forte e libera Artemide!

Pose il viso nelle mani, sospirando profondamente, impedendosi di piangere ma sentendo gli occhi bruciare. E’ disonorevole piangere per una spartana. Non mi vedranno mai piangere, quelle bestie! Non sprecherò nemmeno una lacrima per loro, maledette belve!.

Tratteneva la rabbia, tratteneva la sua rabbia, tratteneva le sue grida piene di disperazione, odio, disaccordo, lacrime.

D’improvviso sentì un lieve rumore vicino a lei, sul bordo del pozzo. Sollevò lentamente gli occhi, osservando prima la sua corona, poi, alzando il viso, l’imponente figura severa del Re Leonida.

- La corona è per te e tu la getti a terra, i festeggiamenti sono per tu, e tu vai via – osservò l’uomo sedendosi al suo fianco, raccogliendo nella sua forte mano la corona. Gorgo osservò il terreno, sollevando appena le spalle:

- Cosa c’è da festeggiare? Dimmelo, mio signore, e provvederò a gioire…– rispose mestamente con una nota di furore.

Rimasero un attimo in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, poi Leonida prese parola di nuovo:

- Tuo padre è un uomo saggio, Spartana, eppure anche un uomo così saggio deve chinare davanti la tradizione e gli dèi. Come io stesso sono costretto- . Gorgo pose l’attenzione su di lui, perplessa.

– Non dovresti dire così, mio signore. Gli dèi…– cominciò, non capendo.

- Tu credi che gli dèi vogliano tutta quella corruzione?!? Corruzione nella sacra Sparta! No, io credo di no – intervenne l’uomo scuotendo il capo.

Gorgo fu davvero colpita da quelle parole: per la prima volta, vedeva davvero qualcuno che la capiva e che la pensava come lei.

– Non credo nemmeno che Apollo Lyceios mi voglia come suo oracolo. Non capisco perché non fanno qualcosa…– rispose Gorgo, mesta.

- Questo nessuno può saperlo, nemmeno l’oracolo. Allora tutti dovremmo chiederci perché io sono Re, perché Sparta è fatta così e non in altro modo, perché il mondo stesso esiste. Non penso si possa fare molto per gli Efori, ma quando si ha degli ideali, bisogna seguirli fino alla fine – rispose l’uomo.

Vi fu un altro momento di profondo silenzio, in cui Gorgo pensò alle parole del Re: quando si ha degli ideali, bisogna seguirli fino alla fine. In quel momento pensò che quelle parole erano state pronunciate per lei, per incoraggiarla.

Alla fine entrambi si alzarono. Gorgo sollevò gli occhi al cielo: era ora di andare.

– Devo tornare a casa, devo riposare. Mia madre sarà già sicuramente tornata – annunciò osservando l’uomo. Questi ricambiò lo sguardo ed annuì, poi le pose la corona sulla testa. Osservò i suoi ricci neri, poi i suoi occhi.

– Lieta notte, figlia di Sparta. Ricordati le mie parole- rispose seriamente. Gorgo annuì appena e, sorreggendo il manto rosso con le mani, salì lentamente i gradini che portavano all’agorà, sicura ora che le parole del Re erano state dette per lei.

  
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