L’aria era
quasi più respirabile, con quell’odore di uova fritte. Strano…la frittura spesso
rientrava tra gli odori sgradevoli, eppure in quel momento riusciva a mascherare
l’odore di sangue ormai secco e quasi putrefatto, ed era un sollievo da sentire.
Il piatto era vuoto davanti alla ragazza, che aveva accettato quello strano
compromesso, in cui effettivamente tutto andava a suo vantaggio. Non lo avrebbe
mai ammesso, ma le aveva fatto bene il pasto, anzi avrebbe volentieri leccato il
piatto dalla fame, ma l’orgoglio e l’educazione prevalsero. Si limitava a
passarci il dito tutt’attorno, e a leccarselo quando la sua ospite sembrava
puntare lo sguardo altrove.
D’altronde
gli effetti si vedevano bene anche senza conferme: aveva ripreso un certo
colorito, che dopo la brusca perdita di sensi era divenuto bianco cencio, e il
suo sguardo sembrava più attento, meno sonnacchioso. Persino le occhiaie erano
meno marcate. Certo, non poteva avvenire un miracolo, e solo una buona dormita
le avrebbero fatte sparire del tutto, ma era già un
inizio.
Cybil
guardava soddisfatta, e si accorgeva di ogni piccolo particolare. Era una
piccola pausa da quel lungo racconto, che non sembrava fosse fatto per finire in
un paio di capitoli, e ne approfittò per studiare meglio la sua interlocutrice.
Guardò meglio la sua mano, che teneva la testa come fosse troppo pesante. Notò
che erano comparse delle bolle sul pollice e sull’indice. Era quasi sicura che
fosse dovuto all’utilizzo di quell’arma, quella che ora giaceva in un cassetto
nella sua camera da letto. Già! Anche a lei erano venute le stesse piaghe quando
cominciò l’addestramento con le armi. Tuttavia non poté fare a meno di notare
che le sue mani erano belle, anche se non ben curate, con le unghie tagliate
corte, prive di smalto, e qualche pellicina al contorno. Aveva le dita lunghe e
sottili, e alcune vene violacee si potevano intravedere sotto la pelle liscia e
bianca. Pensò che erano delle mani adatte per suonare uno strumento musicale.
Chissà che musica le piaceva…chissà se le piaceva la
musica…
“Ehi?! Vuoi
restare qua a fissarmi o vuoi dirmi cos’è successo poi?!”
Cheryl era
nervosa. A poco a poco aveva capito che quella donna era legata strettamente a
suo padre. E da quel legame ne partiva un secondo, che invece la riguardava
personalmente. Per questo cominciava ad essere infastidita da tutte le
attenzioni, dal suo sguardo curioso, dai suoi sorrisi, e forse anche dal suo
racconto. Eppure non voleva perderne una sillaba…
Cybil
sorrise.
“Certamente…
Disobbedii a tuo padre: dopo tre o
quattro giorni mi accorsi di essere seguita da qualcuno, così non tornai a casa.
Volevo vedere se mi avrebbero seguito fin lì…no, forse era solo una
scusa…comunque presi la moto e mi avviai verso Silent
Hill…
Mentre
viaggiava guardava ogni tanto nello specchietto retrovisore. L’auto era sempre
lì, dal colore blu scuro, e ricompariva dopo ogni curva. Certo non doveva essere
un esperto pedinatore, e forse anche liberarsi di lui sarebbe stato semplice. Ma
questi pensieri svanirono alla vista di quel cartello.
Welcome
to Silent
Hill
La
strada proseguiva sempre dritta da un po’, senza deviazioni o incroci, solo
curve di montagna. Ma questa era l’occasione giusta. Un centinaio di metri dopo
aver passato il cartello rallentò, fino a fermarsi al ciglio della strada. Mise
il cavalletto, e scese dalla moto, con molta calma. Poi si avvicinò al guardrail
incrociando le braccia e aspettando. Come previsto, vide l’auto rallentare a sua
volta, ma senza fermarsi. Continuò a percorrere la strada quasi con incertezza.
Quando fu abbastanza lontana la ragazza si lasciò sfuggire un sorriso. Rimontò
in sella e continuò il suo viaggio.
L’Alchemilla
non era molto lontano dall’uscita della superstrada. Al primo incrocio girò a
destra e, superato il teatro, percorse tutta la strada fino a raggiungerlo.
Spense la motocicletta, e tolse il casco. Si guardò attorno. Un brivido le
percorse la spina dorsale, dal basso verso l’alto, fino a costringerla a
chiudere gli occhi e inclinare con forza la testa da un lato. Guardò
l’ospedale.
Sembrava
fosse rimasto incastrato in quella dimensione, le grate del cancello erano
leggermente arrugginite. Nel cortile interno c’erano un’ambulanza e anche una
volante della polizia. Il ché sembrò innervosire Cybil. Sarebbe stato meglio non
avere contatti con la polizia. Tuttavia entrò spedita all’interno, superando il
portone a vetri.
Dentro
c’erano poche persone, nessuna in divisa. L’infermiera dietro al bancone salutò
cortesemente, attirando la sua attenzione. Era molto giovane, poteva avere al
massimo una ventina d’anni, ed era anche abbastanza carina. “Posso aiutarla?” le
chiese con voce chiara, ma che tradiva una leggera emozione dovuta
all’inesperienza. Cybil alzò un sopracciglio. Nonostante la differenza di età
non era altissima, le stava dando del lei, e sembrava quasi a
disagio.
“Sei
nuova?”
La
ragazzina sussultò, smuovendo i suoi capelli castani che le scendevano morbidi
sulle spalle.
“S-si…”
rispose, evidentemente presa alla sprovvista dalla domanda. “Cioè, sono qui già
da un po’, però adesso mi hanno messo alla reception. L’infermiera che c’era
prima se n’è andata…”
Cybil
colse al volo l’occasione. Si tolse gli occhiali da sole, avvicinandosi al
bancone.
“Ah
si?! E come mai?”
“Beh…”
Anche
questa domanda sembrò turbare la ragazza, che stava cercando delle parole
adatte. “Da quando…Lisa…ecco…ci ha lasciati…Loro due erano molto amiche, anche
se ultimamente era difficile per loro trascorrere del tempo
insieme…”
“Lisa?
Lisa Garland?”
“La
conoscevi?”
“Più
o meno…” Cybil restò pensosa per qualche istante. Poi rialzò lo sguardo
preoccupato. “Quando è successo?”
La
ragazzina abbassò lo sguardo sconsolato. “Hanno trovato il corpo nove giorni fa,
nei magazzini del sotterraneo”
“E
come…”
Ma
non poté continuare. Sentì una porta chiudersi poco distante, e il rumore dei
passi avvicinarsi sempre di più. Discutevano ad alta voce, e a un certo punto
sentì distintamente chiamare qualcuno “agente”. Così, prese a sorridere, e si
rivolse di nuovo alla ragazzina.
“Lascia
perdere. Puoi dirmi dove trovo un’edicola qui vicino?”
La
ragazza rispose stupita da quel cambio repentino. “…è…qui fuori, superata la
posta ce n’è uno…”
“Beh,
grazie…Sophie!” disse leggendo il nome sul cartellino. “Sei stata molto
gentile.”
E
voltate le spalle si avviò all’esterno, mentre gli agenti di polizia e il
dottore raggiungevano la reception in quel momento, continuando a parlare
tranquillamente.
Fuori,
in strada sentiva caldo. Era una bella giornata di sole, forse un po’ afosa, e
molte persone erano in strada con pantaloni e gonne corte. Mentre camminava,
diretta verso l’edicola, sulla strada che costeggiava il fiume vide i tavolini
affollati di un bar, e udiva gli schiamazzi, le risate, e i rumori delle poche
auto che passavano. Pensò che vista così, la città sembrava molto distante
dall’inferno da cui era riuscita a fuggire. Eppure lo sapeva, poco lontano da
lì, dall’altro lato del fiume aveva intravisto nella nebbia la figura di una
bambina che stava camminando nel nulla, sul vuoto più assoluto di una strada
crollata. Aveva ancora davanti a sé le immagini nitide di quell’ombra che
lentamente scompariva nella nebbia.
Entrò
nell’edicola. Dentro c’era meno luce, e il contrasto con l’esterno le aveva
annebbiato leggermente la vista. Si trovò dinanzi un uomo anziano con dei
simpatici baffi bianchi, che giocava con un piccolo ventilatore a batteria.
Questi si voltò nella sua direzione, guardandola a lungo con i suoi occhi
azzurri.
“Buongiorno”
salutò cortesemente anche se velocemente Cybil.
Il
saluto venne ricambiato con la stessa rapidità. Il tono di voce del vecchio era
roco e spento, e sembrava meno cordiale del previsto. Aveva una brutta cicatrice
sul volto, che Cybil non aveva notato entrando, un po’ per il cambio repentino
di luce, un po’ perché celato alla vista da quell’angolazione. Sembrava una
bruciatura, o qualcosa di simile.
“Posso
aiutarla?” chiese il vecchio con indifferenza, intento a posare il ventilatore e
a prendere un pacchetto di sigarette dalla tasca.
Cybil
sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori, e con voce gentile chiese: “Potrei avere
un quotidiano locale?”
L’uomo
mise una sigaretta tra le labbra, senza accenderla. Poi si chinò sotto il
bancone, dove teneva i quotidiani e le scorte di riviste. Si rialzò con un
piccolo lamento, portandosi la mano libera alla schiena, e posò il giornale sul
bancone, sedendosi nuovamente sullo sgabello.
“Ci
sono le notizie di cronaca, vero?”
L’uomo
alzò un sopracciglio, continuando a muovere la sigaretta tra le labbra. Annuì,
stando attento a non farsela cadere.
Cybil
sorrise di nuovo, e posò alcune monete sul bancone, recuperando il giornale.
Senza troppi complimenti lo sfogliò velocemente fino ad arrivare alla notizia
desiderata:
“Ancora nessuna svolta
sull’omicidio di Lisa Garland, 23 anni, incensurata, infermiera dell’Alchemilla
Hospital. Ad ucciderla non sono state le percosse, ma un infarto dovuto
probabilmente all’overdose della ormai nota PVT, la droga derivata dalla White
Claudia. Questo il responso della scientifica, che ha analizzato il sangue della
ragazza, evidenziando un alto contenuto della sostanza e un’alta concentrazione
dei recettori che la droga va ad intaccare, il che fa ipotizzare una lunga
dipendenza. Tuttavia i lividi rinvenuti sul corpo sono segno di una violenza
precedente alla morte, e potrebbero essere il motivo per cui il cuore,
indebolito dai lunghi anni di tossicodipendenza, abbia
ceduto.
Alcune indiscrezioni vedono un
collegamento tra questo omicidio e la sparizione del direttore dello stesso
ospedale, Michael Kaufmann, di cui non si hanno notizie da 28 giorni
ormai.”
Cybil
non era soddisfatta. D’altronde erano passati troppi giorni dal giorno del
delitto, e la storia cominciava a riempirsi di sabbia, e a perdere interesse
notiziario. Doveva andare più indietro.
“Chiedo
scusa, per caso ha anche le copie dei giorni scorsi?”
L’uomo
emise uno strano suono, simile a un grugnito. La bocca si increspò in un
sorriso. Riprese la sigaretta fra le mani.
“Cos’è,
interessata ai casi d’omicidio?”
“Più
o meno” rispose Cybil, cercando di evitare inflessioni con la
voce.
Il
giornalaio non perse il sorriso.
“Non
sei una poliziotta, vero? Stai cercando informazioni, ma se le cerchi nei
giornali significa che non hai accesso alle informazioni ufficiali, quelle dei
rapporti e quant’altro. Però stai cercando queste informazioni con insistenza,
come un vero sbirro.”
“…le
ho solo chiesto se ha le copie dei giorni precedenti…”
Il
silenzio calò per un momento. Si cominciavano a sentire di nuovo le voci delle
persone che all’esterno, poco lontano, bevevano, mangiavano e si divertivano,
chi più chi meno, sedute ai tavolini del bar. L’uomo alzò un sopracciglio.
Gesticolando con la sigaretta ancora in mano, e indicando il giornale che Cybil
aveva poggiato sul bancone, parlò ancora, rompendo il silenzio che si era venuto
a creare.
“Perché
ti interessa tanto quel caso di omicidio?”
Cybil
non parlò subito. Si passò una mano tra i capelli, prendendo tempo. Sembrava che
in fondo anche quell’uomo fosse interessato a quella storia, e poteva anche
avere delle informazioni importanti. Ma dire la verità era fuori discussione,
quella storia non poteva più essere raccontata. Sarebbe stata sepolta insieme ai
loro corpi, quello di Cybil e quello di Harry.
Però
quel vecchio, nonostante i modi burberi aveva un che di rassicurante. Forse nel
tono della voce, forse nel suo essere schietto, Cybil non avrebbe potuto
spiegare il perché.
Quando
si scoprì a pensare queste cose, sorrise. “Devo riuscire a capire delle cose. E
questo caso potrebbe aiutarmi tantissimo. Potrebbe darmi delle informazioni di
fondamentale importanza, in grado di proteggere me e una persona per me
importantissima. Una persona che mi ha salvato la vita, e che ora merita di
stare in pace, ma ho bisogno di sapere tutto.”
Il
vecchio sorrise. Poggiò nuovamente tra le labbra la sigaretta, e con le mani
cominciò a tastare le tasche, alla ricerca di un accendino. Trovatolo, ne accese
la fiamma, avvicinandola con gesto calmo ma deciso al volto, illuminando il suo
viso e bruciando la sommità della sigaretta. Chiuse il coperchio dell’accendino,
con un rumore metallico caratteristico, spegnendo così la fiamma e facendo
coprire nuovamente dalle ombre il suo volto. Il braciere della sigaretta ardeva
e si tingeva di un rosso vivo, acceso, e infine il fumo uscì dalle sue narici,
un fumo denso che risaliva disperdendosi davanti al viso dell’uomo, rendendo più
sfocata la sua figura. Sembrava nebbia…
“Va
bene” disse il vecchio prendendo la sigaretta fra due dita. “Cosa vuoi
sapere?”
Il
volto di Cybil si contrasse in una smorfia di stupore.
“Come?”
“Avrai
delle domande, no?! Non posso assicurarti di avere tutte le risposte, ma ho un
amico che lavora al caso, e potrei aiutarti.”
Il
viso si rilassò in un sorriso.
“Grazie”
…ma
l’uomo non rispose, si limitò a prendere un’altra boccata dalla sigaretta
accesa, che si illuminava nella penombra del locale. Poi, ruppe il silenzio
iniziando il racconto.
“La
ragazza è stata trovata nove giorni fa nel seminterrato di quell’ospedale. Il
suo corpo era pieno di lividi, e il sangue le aveva sporcato il viso quasi per
intero. La polizia segue la pista dell’omicidio volontario, ma il problema è che
le analisi hanno rivelato la presenza di sostanze estranee nel sangue, e pare
che la morte sia avvenuta per overdose, e non per il
pestaggio.”
“Hanno
trovato qualcosa in quel seminterrato?”
“Si,
uno strano sotterraneo. Ma era tutto ammuffito e marcito, e a parte alcuni
vecchi macchinari, e un lettino, non c’era nulla.”
“E
prima di questo, della ragazza cosa si sapeva?”
L’uomo
sorrise. “Nulla…”
“Nulla?!”
“No.
Pare che per anni sia rimasta a lavorare sotto diretta supervisione di quel
direttore, Kaufmann, e che non svolgesse le normali mansioni da infermiera, ma
avesse un compito…particolare, per così dire. Qualcuno supponeva che i due
avessero una relazione, e che per questo motivo era completamente libera di
sparire dalla circolazione. Molte sue colleghe si allontanarono da lei per
questo motivo. Ma io credo ci sia dell’altro…”
“Huh?”
“Immagino
tu sia stata in quel posto, vero? È da la che vieni o
sbaglio?!”
Cybil
rimase stupita da quanto quell’uomo avesse capito solo
osservandola.
“Si,
sono stata lì”
“E
non hai notato nulla nelle infermiere?”
“In
che senso…”
L’uomo
sorrise, spargendo nuovamente la sua voce roca nell’aria.
“Immagino
sia perché sei una donna, o forse sei un po’ ingenua. Tutte le infermiere in
quel posto sono giovani e attraenti, e la loro divisa è molto…come
dire…appariscente! Non è un caso, le assume Kaufmann in persona, e non credo
richieda delle referenze particolari. Tutte quelle infermiere hanno accesso al
letto di quel maiale, e in cambio c’è il lavoro pagato.”
“Quindi
crede che il direttore c’entri qualcosa?”
“C’è
dentro fino al collo! E il fatto che anche stavolta c’entri la droga non è certo
un buon segno. Anche il fatto che vivesse in quell’hotel, il Norman Young, desta
sospetti. Quando mai il direttore di un ospedale vive in affitto in un
hotel?!”
“Viveva
nell’hotel?!” chiese Cybil oltremodo stupita.
“Già…ma
quando sono entrati la settimana scorsa non hanno trovato
nulla…”
“La
settimana scorsa?! Ma non è sparito da un mese?!”
Il
vecchio sorrise beffardo. “In effetti era più di un mese che non andava a
lavorare. Ma la polizia lo ha sempre tenuto sotto controllo! Sapevano che era
invischiato nel traffico di droga, e sapevano anche che agiva per conto di una
setta. Ma quando erano vicini alle prove che avrebbero incastrato quelle
persone, lui è sparito per davvero. Sotto il naso di tutti.” Sbuffò sonoramente.
“…è già la terza volta che succede, ormai non ci si spera
più…”
“Che
significa che è la terza volta che succede?”
L’uomo
prese a guardare un punto indefinito, aggrottando le
sopracciglia.
“Significa
che vent’anni fa, il maggiore Gucci morì di crepacuore durante le sue indagini,
qualche giorno prima della consegna di un rapporto che avrebbe potuto cambiare
le cose. Poi sette anni fa l’incendio a casa Gillespie cancellò molte possibili
tracce, espandendosi per quasi tutta la periferia, e distruggendo sei edifici
della zona. Inoltre la morte di quella bambina rese più difficile ottenere
risposte. L’opinione pubblica non vedeva di buon occhio le domande fatte ad una
madre disperata…”
“Ma
stai parlando di…Alessa…Alessa Gillespie?”
“Già…quella
povera bambina è morta in quell’incendio. Fu proprio Kaufmann a dichiararne il
decesso!”
“Alessa
è morta sette anni fa?!”
L’uomo
a quel punto alzò un sopracciglio, mentre fissava il volto incredulo della sua
interlocutrice.
“Mi
sembri sorpresa…”
Ma
Cybil non rispose. Abbassò lo sguardo attonita. L’uomo continuava a osservarla,
con uno sguardo curioso, e per un po’ il silenzio si impossessò della stanza,
perciò ne approfittò per fare un altro tiro dalla
sigaretta.
“Ha
parlato di una setta…cosa sa di loro?”
La
domanda di Cybil tuonò improvvisa, prendendo alla sprovvista anche
quell’uomo.
“Nulla…so
che lo chiamano “L’Ordine” e che c’entra qualcosa Dio e il paradiso terrestre,
ma in tutte le sette è così, perciò…”
Cybil
fece silenzio per qualche istante, come se stesse memorizzando la notizia,
finché non sorrise nuovamente. “Lei è stato molto gentile, signore! Qual è il
suo nome?”
L’uomo
sbuffò un’ultima nuvoletta di fumo, e spense quel che rimaneva della sigaretta
in un posacenere già pieno di cicche. “David Hunter”
“Molto
bene, signor Hunter. Spero di rivederla presto!”
David
sorrise. “Ne sono sicuro”
All’esterno,
Cybil dovette socchiudere gli occhi, a causa della differenza di luce. Si
diresse senza fretta verso l’ospedale, dove aveva lasciato la moto. Harry non
avrebbe dovuto sapere, perciò era meglio tornare, prima che si insospettisse per
la sua assenza; e comunque per il momento aveva reperito una buona quantità di
informazioni. Soprattutto aveva dato un nome a questa setta, il che sarebbe
stato sicuramente molto utile.
Salì
in sella, e sfrecciò verso Brahms.
Spense
il motore e mise il cavalletto, poi senza scendere dalla sella si tolse il
casco, smuovendosi i capelli appiccicati alla fronte per il sudore. Ma quando
riaprì gli occhi si trovò davanti a una brutta sorpresa. L’auto blu era
parcheggiata ad una cinquantina di metri dalla sua abitazione. Da lì non
riusciva a vedere se c’era qualcuno dentro o meno, ma non se ne curò. Piuttosto
cominciò a correre per le scale del palazzo, salendo a perdifiato fino al suo
appartamento. Aprì con le chiavi, e, spalancata la porta, chiamò a gran voce il
nome di Harry.
“Che
c’è?”
Harry
comparve dalla cucina, con un bicchiere d’acqua in una mano e la bambina in
braccio. Sembrava sorpreso da tutta quella foga. Cybil lo guardò, seria in
volto.
“Dobbiamo
andarcene da qui…”
Spiegai a
tuo padre la situazione e lui fu d’accordo con me. Purtroppo non avevamo molti
soldi: io avevo perso il mio lavoro, e tuo padre non scriveva da un po’! Così
non potemmo andare lontani. Trovammo per caso l’annuncio di affitto di
quell’appartamento a Portland, che sembrava abbastanza economico, e per noi un
posto valeva l’altro…”
Cheryl
stava con le braccia incrociate e con la schiena appoggiata. Non interrompeva
mai, non faceva domande, ascoltava e basta. Sentiva che se avesse fatto molta
attenzione avrebbe potuto collegare dei pezzi mancanti, avrebbe potuto capire
cose che ancora restavano inspiegate.
Quelle
persone…erano tutte importanti! E la più importante di tutte rimaneva proprio
lei: Cybil Bennet, la donna misteriosa apparsa durante il funerale di suo
padre…
Così
continuò ad ascoltare…
Avviso: c’è stato un piccolo malinteso, e ho capito solo pochi
giorni fa che Heather non viveva a Portland, ma c’è stata solo fino a cinque
anni. Quindi chi fra le due vive in quella cittadina è proprio Cybil, mentre la
città in cui si trovano in questo momento non è
specificata.
Modificherò anche i capitoli precedenti, per adattarli al
seguito.
Approfitto per ringraziarvi tutti, lettori e recensori! Al quinto
capitolo! E buon fine settimana a tutti!