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Autore: Leo    10/11/2012    2 recensioni
Silent Hill - 1997
Dio è morto. Sembra un trattato di filosofia, ma qui è successo per davvero. Dio è morto, l'ha ucciso lei. Lei, che ora non dovrà più nascondersi. Lei, che ora dovrà tornare a casa. Lei, che ora non ha più nessuno. Sembrava solo uno stupido gioco, fin'ora; ma tutto cambia quando torni a casa e ti accorgi che non era un sogno, che è davvero finita, la tua vita è finita. Già, Cheryl, come potrai vivere ora senza tuo padre che ti protegge?
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cybil Bennet, Douglas Cartland, Harry Mason, Heather Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’aria era quasi più respirabile, con quell’odore di uova fritte. Strano…la frittura spesso rientrava tra gli odori sgradevoli, eppure in quel momento riusciva a mascherare l’odore di sangue ormai secco e quasi putrefatto, ed era un sollievo da sentire. Il piatto era vuoto davanti alla ragazza, che aveva accettato quello strano compromesso, in cui effettivamente tutto andava a suo vantaggio. Non lo avrebbe mai ammesso, ma le aveva fatto bene il pasto, anzi avrebbe volentieri leccato il piatto dalla fame, ma l’orgoglio e l’educazione prevalsero. Si limitava a passarci il dito tutt’attorno, e a leccarselo quando la sua ospite sembrava puntare lo sguardo altrove.

D’altronde gli effetti si vedevano bene anche senza conferme: aveva ripreso un certo colorito, che dopo la brusca perdita di sensi era divenuto bianco cencio, e il suo sguardo sembrava più attento, meno sonnacchioso. Persino le occhiaie erano meno marcate. Certo, non poteva avvenire un miracolo, e solo una buona dormita le avrebbero fatte sparire del tutto, ma era già un inizio.

Cybil guardava soddisfatta, e si accorgeva di ogni piccolo particolare. Era una piccola pausa da quel lungo racconto, che non sembrava fosse fatto per finire in un paio di capitoli, e ne approfittò per studiare meglio la sua interlocutrice. Guardò meglio la sua mano, che teneva la testa come fosse troppo pesante. Notò che erano comparse delle bolle sul pollice e sull’indice. Era quasi sicura che fosse dovuto all’utilizzo di quell’arma, quella che ora giaceva in un cassetto nella sua camera da letto. Già! Anche a lei erano venute le stesse piaghe quando cominciò l’addestramento con le armi. Tuttavia non poté fare a meno di notare che le sue mani erano belle, anche se non ben curate, con le unghie tagliate corte, prive di smalto, e qualche pellicina al contorno. Aveva le dita lunghe e sottili, e alcune vene violacee si potevano intravedere sotto la pelle liscia e bianca. Pensò che erano delle mani adatte per suonare uno strumento musicale. Chissà che musica le piaceva…chissà se le piaceva la musica…

“Ehi?! Vuoi restare qua a fissarmi o vuoi dirmi cos’è successo poi?!”

Cheryl era nervosa. A poco a poco aveva capito che quella donna era legata strettamente a suo padre. E da quel legame ne partiva un secondo, che invece la riguardava personalmente. Per questo cominciava ad essere infastidita da tutte le attenzioni, dal suo sguardo curioso, dai suoi sorrisi, e forse anche dal suo racconto. Eppure non voleva perderne una sillaba…

Cybil sorrise.

“Certamente…

 

 Disobbedii a tuo padre: dopo tre o quattro giorni mi accorsi di essere seguita da qualcuno, così non tornai a casa. Volevo vedere se mi avrebbero seguito fin lì…no, forse era solo una scusa…comunque presi la moto e mi avviai verso Silent Hill…

 

Mentre viaggiava guardava ogni tanto nello specchietto retrovisore. L’auto era sempre lì, dal colore blu scuro, e ricompariva dopo ogni curva. Certo non doveva essere un esperto pedinatore, e forse anche liberarsi di lui sarebbe stato semplice. Ma questi pensieri svanirono alla vista di quel cartello.

 

Welcome

to Silent Hill

 

La strada proseguiva sempre dritta da un po’, senza deviazioni o incroci, solo curve di montagna. Ma questa era l’occasione giusta. Un centinaio di metri dopo aver passato il cartello rallentò, fino a fermarsi al ciglio della strada. Mise il cavalletto, e scese dalla moto, con molta calma. Poi si avvicinò al guardrail incrociando le braccia e aspettando. Come previsto, vide l’auto rallentare a sua volta, ma senza fermarsi. Continuò a percorrere la strada quasi con incertezza. Quando fu abbastanza lontana la ragazza si lasciò sfuggire un sorriso. Rimontò in sella e continuò il suo viaggio.

L’Alchemilla non era molto lontano dall’uscita della superstrada. Al primo incrocio girò a destra e, superato il teatro, percorse tutta la strada fino a raggiungerlo. Spense la motocicletta, e tolse il casco. Si guardò attorno. Un brivido le percorse la spina dorsale, dal basso verso l’alto, fino a costringerla a chiudere gli occhi e inclinare con forza la testa da un lato. Guardò l’ospedale.

Sembrava fosse rimasto incastrato in quella dimensione, le grate del cancello erano leggermente arrugginite. Nel cortile interno c’erano un’ambulanza e anche una volante della polizia. Il ché sembrò innervosire Cybil. Sarebbe stato meglio non avere contatti con la polizia. Tuttavia entrò spedita all’interno, superando il portone a vetri.

Dentro c’erano poche persone, nessuna in divisa. L’infermiera dietro al bancone salutò cortesemente, attirando la sua attenzione. Era molto giovane, poteva avere al massimo una ventina d’anni, ed era anche abbastanza carina. “Posso aiutarla?” le chiese con voce chiara, ma che tradiva una leggera emozione dovuta all’inesperienza. Cybil alzò un sopracciglio. Nonostante la differenza di età non era altissima, le stava dando del lei, e sembrava quasi a disagio.

“Sei nuova?”

La ragazzina sussultò, smuovendo i suoi capelli castani che le scendevano morbidi sulle spalle.

“S-si…” rispose, evidentemente presa alla sprovvista dalla domanda. “Cioè, sono qui già da un po’, però adesso mi hanno messo alla reception. L’infermiera che c’era prima se n’è andata…”

Cybil colse al volo l’occasione. Si tolse gli occhiali da sole, avvicinandosi al bancone.

“Ah si?! E come mai?”

“Beh…”

Anche questa domanda sembrò turbare la ragazza, che stava cercando delle parole adatte. “Da quando…Lisa…ecco…ci ha lasciati…Loro due erano molto amiche, anche se ultimamente era difficile per loro trascorrere del tempo insieme…”

“Lisa? Lisa Garland?”

“La conoscevi?”

“Più o meno…” Cybil restò pensosa per qualche istante. Poi rialzò lo sguardo preoccupato. “Quando è successo?”

La ragazzina abbassò lo sguardo sconsolato. “Hanno trovato il corpo nove giorni fa, nei magazzini del sotterraneo”

“E come…”

Ma non poté continuare. Sentì una porta chiudersi poco distante, e il rumore dei passi avvicinarsi sempre di più. Discutevano ad alta voce, e a un certo punto sentì distintamente chiamare qualcuno “agente”. Così, prese a sorridere, e si rivolse di nuovo alla ragazzina.

“Lascia perdere. Puoi dirmi dove trovo un’edicola qui vicino?”

La ragazza rispose stupita da quel cambio repentino. “…è…qui fuori, superata la posta ce n’è uno…”

“Beh, grazie…Sophie!” disse leggendo il nome sul cartellino. “Sei stata molto gentile.”

E voltate le spalle si avviò all’esterno, mentre gli agenti di polizia e il dottore raggiungevano la reception in quel momento, continuando a parlare tranquillamente.

Fuori, in strada sentiva caldo. Era una bella giornata di sole, forse un po’ afosa, e molte persone erano in strada con pantaloni e gonne corte. Mentre camminava, diretta verso l’edicola, sulla strada che costeggiava il fiume vide i tavolini affollati di un bar, e udiva gli schiamazzi, le risate, e i rumori delle poche auto che passavano. Pensò che vista così, la città sembrava molto distante dall’inferno da cui era riuscita a fuggire. Eppure lo sapeva, poco lontano da lì, dall’altro lato del fiume aveva intravisto nella nebbia la figura di una bambina che stava camminando nel nulla, sul vuoto più assoluto di una strada crollata. Aveva ancora davanti a sé le immagini nitide di quell’ombra che lentamente scompariva nella nebbia.

Entrò nell’edicola. Dentro c’era meno luce, e il contrasto con l’esterno le aveva annebbiato leggermente la vista. Si trovò dinanzi un uomo anziano con dei simpatici baffi bianchi, che giocava con un piccolo ventilatore a batteria. Questi si voltò nella sua direzione, guardandola a lungo con i suoi occhi azzurri.

“Buongiorno” salutò cortesemente anche se velocemente Cybil.

Il saluto venne ricambiato con la stessa rapidità. Il tono di voce del vecchio era roco e spento, e sembrava meno cordiale del previsto. Aveva una brutta cicatrice sul volto, che Cybil non aveva notato entrando, un po’ per il cambio repentino di luce, un po’ perché celato alla vista da quell’angolazione. Sembrava una bruciatura, o qualcosa di simile.

“Posso aiutarla?” chiese il vecchio con indifferenza, intento a posare il ventilatore e a prendere un pacchetto di sigarette dalla tasca.

Cybil sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori, e con voce gentile chiese: “Potrei avere un quotidiano locale?”

L’uomo mise una sigaretta tra le labbra, senza accenderla. Poi si chinò sotto il bancone, dove teneva i quotidiani e le scorte di riviste. Si rialzò con un piccolo lamento, portandosi la mano libera alla schiena, e posò il giornale sul bancone, sedendosi nuovamente sullo sgabello.

“Ci sono le notizie di cronaca, vero?”

L’uomo alzò un sopracciglio, continuando a muovere la sigaretta tra le labbra. Annuì, stando attento a non farsela cadere.

Cybil sorrise di nuovo, e posò alcune monete sul bancone, recuperando il giornale. Senza troppi complimenti lo sfogliò velocemente fino ad arrivare alla notizia desiderata:

 

Ancora nessuna svolta sull’omicidio di Lisa Garland, 23 anni, incensurata, infermiera dell’Alchemilla Hospital. Ad ucciderla non sono state le percosse, ma un infarto dovuto probabilmente all’overdose della ormai nota PVT, la droga derivata dalla White Claudia. Questo il responso della scientifica, che ha analizzato il sangue della ragazza, evidenziando un alto contenuto della sostanza e un’alta concentrazione dei recettori che la droga va ad intaccare, il che fa ipotizzare una lunga dipendenza. Tuttavia i lividi rinvenuti sul corpo sono segno di una violenza precedente alla morte, e potrebbero essere il motivo per cui il cuore, indebolito dai lunghi anni di tossicodipendenza, abbia ceduto.

Alcune indiscrezioni vedono un collegamento tra questo omicidio e la sparizione del direttore dello stesso ospedale, Michael Kaufmann, di cui non si hanno notizie da 28 giorni ormai.”

 

Cybil non era soddisfatta. D’altronde erano passati troppi giorni dal giorno del delitto, e la storia cominciava a riempirsi di sabbia, e a perdere interesse notiziario. Doveva andare più indietro.

“Chiedo scusa, per caso ha anche le copie dei giorni scorsi?”

L’uomo emise uno strano suono, simile a un grugnito. La bocca si increspò in un sorriso. Riprese la sigaretta fra le mani.

“Cos’è, interessata ai casi d’omicidio?”

“Più o meno” rispose Cybil, cercando di evitare inflessioni con la voce.

Il giornalaio non perse il sorriso.

“Non sei una poliziotta, vero? Stai cercando informazioni, ma se le cerchi nei giornali significa che non hai accesso alle informazioni ufficiali, quelle dei rapporti e quant’altro. Però stai cercando queste informazioni con insistenza, come un vero sbirro.”

“…le ho solo chiesto se ha le copie dei giorni precedenti…”

Il silenzio calò per un momento. Si cominciavano a sentire di nuovo le voci delle persone che all’esterno, poco lontano, bevevano, mangiavano e si divertivano, chi più chi meno, sedute ai tavolini del bar. L’uomo alzò un sopracciglio. Gesticolando con la sigaretta ancora in mano, e indicando il giornale che Cybil aveva poggiato sul bancone, parlò ancora, rompendo il silenzio che si era venuto a creare.

“Perché ti interessa tanto quel caso di omicidio?”

Cybil non parlò subito. Si passò una mano tra i capelli, prendendo tempo. Sembrava che in fondo anche quell’uomo fosse interessato a quella storia, e poteva anche avere delle informazioni importanti. Ma dire la verità era fuori discussione, quella storia non poteva più essere raccontata. Sarebbe stata sepolta insieme ai loro corpi, quello di Cybil e quello di Harry.

Però quel vecchio, nonostante i modi burberi aveva un che di rassicurante. Forse nel tono della voce, forse nel suo essere schietto, Cybil non avrebbe potuto spiegare il perché.

Quando si scoprì a pensare queste cose, sorrise. “Devo riuscire a capire delle cose. E questo caso potrebbe aiutarmi tantissimo. Potrebbe darmi delle informazioni di fondamentale importanza, in grado di proteggere me e una persona per me importantissima. Una persona che mi ha salvato la vita, e che ora merita di stare in pace, ma ho bisogno di sapere tutto.”

Il vecchio sorrise. Poggiò nuovamente tra le labbra la sigaretta, e con le mani cominciò a tastare le tasche, alla ricerca di un accendino. Trovatolo, ne accese la fiamma, avvicinandola con gesto calmo ma deciso al volto, illuminando il suo viso e bruciando la sommità della sigaretta. Chiuse il coperchio dell’accendino, con un rumore metallico caratteristico, spegnendo così la fiamma e facendo coprire nuovamente dalle ombre il suo volto. Il braciere della sigaretta ardeva e si tingeva di un rosso vivo, acceso, e infine il fumo uscì dalle sue narici, un fumo denso che risaliva disperdendosi davanti al viso dell’uomo, rendendo più sfocata la sua figura. Sembrava nebbia…

“Va bene” disse il vecchio prendendo la sigaretta fra due dita. “Cosa vuoi sapere?”

Il volto di Cybil si contrasse in una smorfia di stupore. “Come?”

“Avrai delle domande, no?! Non posso assicurarti di avere tutte le risposte, ma ho un amico che lavora al caso, e potrei aiutarti.”

Il viso si rilassò in un sorriso.

“Grazie”

…ma l’uomo non rispose, si limitò a prendere un’altra boccata dalla sigaretta accesa, che si illuminava nella penombra del locale. Poi, ruppe il silenzio iniziando il racconto.

“La ragazza è stata trovata nove giorni fa nel seminterrato di quell’ospedale. Il suo corpo era pieno di lividi, e il sangue le aveva sporcato il viso quasi per intero. La polizia segue la pista dell’omicidio volontario, ma il problema è che le analisi hanno rivelato la presenza di sostanze estranee nel sangue, e pare che la morte sia avvenuta per overdose, e non per il pestaggio.”

“Hanno trovato qualcosa in quel seminterrato?”

“Si, uno strano sotterraneo. Ma era tutto ammuffito e marcito, e a parte alcuni vecchi macchinari, e un lettino, non c’era nulla.”

“E prima di questo, della ragazza cosa si sapeva?”

L’uomo sorrise. “Nulla…”

“Nulla?!”

“No. Pare che per anni sia rimasta a lavorare sotto diretta supervisione di quel direttore, Kaufmann, e che non svolgesse le normali mansioni da infermiera, ma avesse un compito…particolare, per così dire. Qualcuno supponeva che i due avessero una relazione, e che per questo motivo era completamente libera di sparire dalla circolazione. Molte sue colleghe si allontanarono da lei per questo motivo. Ma io credo ci sia dell’altro…”

“Huh?”

“Immagino tu sia stata in quel posto, vero? È da la che vieni o sbaglio?!”

Cybil rimase stupita da quanto quell’uomo avesse capito solo osservandola.

“Si, sono stata lì”

“E non hai notato nulla nelle infermiere?”

“In che senso…”

L’uomo sorrise, spargendo nuovamente la sua voce roca nell’aria.

“Immagino sia perché sei una donna, o forse sei un po’ ingenua. Tutte le infermiere in quel posto sono giovani e attraenti, e la loro divisa è molto…come dire…appariscente! Non è un caso, le assume Kaufmann in persona, e non credo richieda delle referenze particolari. Tutte quelle infermiere hanno accesso al letto di quel maiale, e in cambio c’è il lavoro pagato.”

“Quindi crede che il direttore c’entri qualcosa?”

“C’è dentro fino al collo! E il fatto che anche stavolta c’entri la droga non è certo un buon segno. Anche il fatto che vivesse in quell’hotel, il Norman Young, desta sospetti. Quando mai il direttore di un ospedale vive in affitto in un hotel?!”

“Viveva nell’hotel?!” chiese Cybil oltremodo stupita.

“Già…ma quando sono entrati la settimana scorsa non hanno trovato nulla…”

“La settimana scorsa?! Ma non è sparito da un mese?!”

Il vecchio sorrise beffardo. “In effetti era più di un mese che non andava a lavorare. Ma la polizia lo ha sempre tenuto sotto controllo! Sapevano che era invischiato nel traffico di droga, e sapevano anche che agiva per conto di una setta. Ma quando erano vicini alle prove che avrebbero incastrato quelle persone, lui è sparito per davvero. Sotto il naso di tutti.” Sbuffò sonoramente. “…è già la terza volta che succede, ormai non ci si spera più…”

“Che significa che è la terza volta che succede?”

L’uomo prese a guardare un punto indefinito, aggrottando le sopracciglia.

“Significa che vent’anni fa, il maggiore Gucci morì di crepacuore durante le sue indagini, qualche giorno prima della consegna di un rapporto che avrebbe potuto cambiare le cose. Poi sette anni fa l’incendio a casa Gillespie cancellò molte possibili tracce, espandendosi per quasi tutta la periferia, e distruggendo sei edifici della zona. Inoltre la morte di quella bambina rese più difficile ottenere risposte. L’opinione pubblica non vedeva di buon occhio le domande fatte ad una madre disperata…”

“Ma stai parlando di…Alessa…Alessa Gillespie?”

“Già…quella povera bambina è morta in quell’incendio. Fu proprio Kaufmann a dichiararne il decesso!”

“Alessa è morta sette anni fa?!”

L’uomo a quel punto alzò un sopracciglio, mentre fissava il volto incredulo della sua interlocutrice.

“Mi sembri sorpresa…”

Ma Cybil non rispose. Abbassò lo sguardo attonita. L’uomo continuava a osservarla, con uno sguardo curioso, e per un po’ il silenzio si impossessò della stanza, perciò ne approfittò per fare un altro tiro dalla sigaretta.

“Ha parlato di una setta…cosa sa di loro?”

La domanda di Cybil tuonò improvvisa, prendendo alla sprovvista anche quell’uomo.

“Nulla…so che lo chiamano “L’Ordine” e che c’entra qualcosa Dio e il paradiso terrestre, ma in tutte le sette è così, perciò…”

Cybil fece silenzio per qualche istante, come se stesse memorizzando la notizia, finché non sorrise nuovamente. “Lei è stato molto gentile, signore! Qual è il suo nome?”

L’uomo sbuffò un’ultima nuvoletta di fumo, e spense quel che rimaneva della sigaretta in un posacenere già pieno di cicche. “David Hunter”

“Molto bene, signor Hunter. Spero di rivederla presto!”

David sorrise. “Ne sono sicuro”

 

All’esterno, Cybil dovette socchiudere gli occhi, a causa della differenza di luce. Si diresse senza fretta verso l’ospedale, dove aveva lasciato la moto. Harry non avrebbe dovuto sapere, perciò era meglio tornare, prima che si insospettisse per la sua assenza; e comunque per il momento aveva reperito una buona quantità di informazioni. Soprattutto aveva dato un nome a questa setta, il che sarebbe stato sicuramente molto utile.

Salì in sella, e sfrecciò verso Brahms.

 

Spense il motore e mise il cavalletto, poi senza scendere dalla sella si tolse il casco, smuovendosi i capelli appiccicati alla fronte per il sudore. Ma quando riaprì gli occhi si trovò davanti a una brutta sorpresa. L’auto blu era parcheggiata ad una cinquantina di metri dalla sua abitazione. Da lì non riusciva a vedere se c’era qualcuno dentro o meno, ma non se ne curò. Piuttosto cominciò a correre per le scale del palazzo, salendo a perdifiato fino al suo appartamento. Aprì con le chiavi, e, spalancata la porta, chiamò a gran voce il nome di Harry.

“Che c’è?”

Harry comparve dalla cucina, con un bicchiere d’acqua in una mano e la bambina in braccio. Sembrava sorpreso da tutta quella foga. Cybil lo guardò, seria in volto.

“Dobbiamo andarcene da qui…”

 

Spiegai a tuo padre la situazione e lui fu d’accordo con me. Purtroppo non avevamo molti soldi: io avevo perso il mio lavoro, e tuo padre non scriveva da un po’! Così non potemmo andare lontani. Trovammo per caso l’annuncio di affitto di quell’appartamento a Portland, che sembrava abbastanza economico, e per noi un posto valeva l’altro…”

Cheryl stava con le braccia incrociate e con la schiena appoggiata. Non interrompeva mai, non faceva domande, ascoltava e basta. Sentiva che se avesse fatto molta attenzione avrebbe potuto collegare dei pezzi mancanti, avrebbe potuto capire cose che ancora restavano inspiegate.

Quelle persone…erano tutte importanti! E la più importante di tutte rimaneva proprio lei: Cybil Bennet, la donna misteriosa apparsa durante il funerale di suo padre…

Così continuò ad ascoltare…

 

 

Avviso: c’è stato un piccolo malinteso, e ho capito solo pochi giorni fa che Heather non viveva a Portland, ma c’è stata solo fino a cinque anni. Quindi chi fra le due vive in quella cittadina è proprio Cybil, mentre la città in cui si trovano in questo momento non è specificata.

Modificherò anche i capitoli precedenti, per adattarli al seguito.

Approfitto per ringraziarvi tutti, lettori e recensori! Al quinto capitolo! E buon fine settimana a tutti!

 

  
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