Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: marig28_libra    10/11/2012    3 recensioni
Lutti, incertezze, paure, lotte. La vita dell'apprendista cavaliere si rivela assai burrascosa per Mu che ,sotto la guida del Maestro Sion, deve imparare a comprendere e ad affrontare il proprio destino. Un destino che lo condurrà alla sofferenza e alla maturazione. Un destino che lo porterà ad incontrare il passato degli altri cavalieri d’oro per condividere con essi un durissimo percorso in salita.
Tra la notte e il giorno, tra l’amore e l’odio, Mu camminerà sempre in bilico. La gioia è breve. La rinuncia lacera l’anima. Il pericolo è in agguato. L’occhio dell'Ariete continuerà però a fiammeggiare poiché è il custode della volontà di Atena ed è la chiave per giungere al cielo infinito.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Mu, Aries Shion, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'De servis astrorum' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

“ Il nero rispunta, con una fitta più acuta.
Rinasce e si stronca e m’invesca.
E io grido. “

( G. D’Annunzio )

 

 

 

L’odore agre e farinoso dell'aria.
La scorza cagliata e scabra della pietra.

Un paio di ciglia nere che schiusero uno sguardo azzurro e sprofondato…

Milo, inchiodato al suolo,  mosse intorpidito le proprie membra…si sollevò con lentezza sui palmi delle mani…s’aiutò anche con le ginocchia… riuscì, infine,  a rialzarsi.

Si guardò attorno  oscillando  simile ad un pugile uscito sconfitto da un incontro. 
Gli vorticava ancora la testa.

- A-Aiolia…Ca…mus…dove s-siete?  - farfugliò in preda ad un fastidioso languore.

Non gli pervenne alcuna risposta.

Tentò di sforzare gli occhi: non era  più al Grande Santuario…
Di fronte a lui un territorio agreste ma per nulla idillico. Colline verde scuro che si perdevano sotto un cielo grigiastro e gramo. Alberi d’ulivo impietriti al suolo come uomini appassiti in involucri di lava solidificata.
Un sentiero ghiaioso,  d’anoressica vecchiaia,  gli indicava una direzione…
Col capo che iniziava  a svuotarsi dall’intontimento, prese a calpestarlo per trovare un brandello di via. ..
Mentre proseguiva, la stradina affondava sempre di più verso una vallata…nel mezzo di quel basso piano riuscì a scorgere qualcosa…una specie di costruzione…sembrava un anfiteatro.

Giunse finalmente sull’orlo degli spalti più alti.

Fissò confuso quella conchiglia dentellata di selce: nessuno spettatore…
Solo grigio, ocra, terra… Il residuo d’un guscio vacante, aperto, incartapecorito…
Quell’arena altro non sembrava che una collana sciattamente abbandonata e ossidata.
Milo scese lentamente le gradinate della cavea.
Si spinse verso i primi posti, vicino all’orchestra, lo spazio circolare destinato alle danze del coro.
Non piroettava nemmeno un suono eppure… sentiva i brividi pizzicargli le vertebre con pinze d’acciaio.
Nell’aria inerte, veleggiava una strana attesa.
Fu tentato d’andarsene.
Perché  rimanere ? Che senso aveva?
Come mai s’era ritrovato catapultato lì? Che spettacolo  stava per aver luogo?

Increspando la fronte, fece per risalire i gradini , quando udì dei sibili…
Piccole voci…

Si voltò.
Ai due lati dell'orchestra, da delle botole comparse dal suolo, emersero file d’individui avvolti in lunghi pepli neri…

Cantavano a bassa voce in modo incomprensibile…

A mano, a mano che si disposero con grazia sinistra, sull’ area adibita ai balli, il ragazzo s’accorse che portavano maschere verdognole  da tragedia.

Essi  cominciarono a dondolare, fluttuare simili a fantasmi esausti.
Intonarono con accenti alti, foschi , asessuati delle strane rime.
 

Che tu sia benvenuto
in questo mondo di veleno imbevuto.
Oh fanciullo, dall’iride di terror acuto,
sei egual ad un umido fil d’erba sparuto.

Guardi tuo padre, senza pallido rifugio trovar.
Guardi tuo padre e in una savana di rovi ti trovi a vagar.

Solo un pungiglione nero ti colpisce,
e nel cuor tuo un pianto di fango ti sfinisce.

Che tu sia benvenuto,
in questo nido dagli aracnidi tenuto.

 


I coreuti mutarono in vapore cinereo.
L’anfiteatro fu travolto da un turbine oscuro.

Milo si coprì il viso con un avambraccio…

Dopo che fu passata quell’impetuosa ventata,  vide che al posto dell’orchestra era apparsa una pavimentata  di marmo bordò… Al centro stava un altare di gesso bianco…

“ Questi sono frammenti d’una sala…una sala che si trova…nel Tempio delle Lame Divine! Sull’isola di Milo! “ rifletté  col cuore che gli balzò in gola “ sì…era il santuario in cui fui iniziato…”

Cominciò a tremare.

“ Io…fui iniziato nella…Cappella dello Scorpione Celeste…”

Sul palcoscenico emerse una coppia di  figure.
Una era imponente e robusta, l’altra  minuta e fragile…

Milo avvertì le proprie arterie vibrare.

Riconobbe un guerriero dalla carnagione scura e un bambino di sette anni. Il primo aveva una folta e ondulata chioma grigio piombo che gli toccava le spalle muscolose. Il suo viso era scandito da dei tratti spigolosi e volitivi. La mascella,  un po’ lunga,  era dura. Il naso, leggermente arcuato, trasudava un’aria sprezzante e grave.
Il secondo possedeva un visetto  paffuto, terrorizzato e impallidito. Aveva i capelli color oltremare.

Il cavaliere dello Scorpione sgranò lo sguardo.
Quei due soggetti erano padre e figlio.
L’unica cosa che li accomunava: gli occhi cerulei. Occhi cerulei identici nella forma e diversi nelle onde che scuotevano.

“ Non è possibile…mio Dio…”

L’adulto  si fermò dinanzi all’altare.
Il bimbo gli rimase dietro  esitante e sudante.

Silenzio.

Il combattente lo fissò  con cupezza ed espressione d’accusa.

Il piccolo si lasciò sfuggire: 

- N-no…n-non voglio…

- Smettila di lamentarti – gli venne  intimato minacciosamente.

- Ti…ti prego…

- Bisogna farlo. Lo sai benissimo.

- No! No!

- Evita queste scenate o sarà peggio per te.

Il bambino scoppiò a piangere.

- Non voglio! Non voglio! – replicò singhiozzando – Ti prego, papà! Ti prego!

- Non chiamarmi “ papà “ ! – esclamò l’uomo –  sono il tuo Maestro adesso!

- No!

 Ricevette un ceffone in pieno viso.

Milo assistette alla scena con rabbiosa tristezza…le lacrime gli  spuntarono dalle palpebre…

- Tu sarai cavaliere! Porterai l’armatura d’oro dello Scorpione! – vociò l’insegnante.

Il figlio scosse convulsamente il capo cercando di scappare ma venne agguantato bruscamente.

- Lasciami! Lasciami! – strepitò dimenandosi affine ad un agnello sacrificale.

- Finiscila! – gli ordinò il padre stringendolo con forza tra le braccia –  devi imparare a vivere in questo mondo! Hai capito, Milo?!


Dagli spalti, Scorpio s’addentò  le labbra.


“ La Prova dell' Aracnide nero…”

Guardò il  gracile sé  stesso che venne costretto a sdraiarsi sull’altare immacolato. Lo guardò  tentare  d’opporre un’inutile resistenza.

Sideratio aranea! -  pronunciò il Maestro.

Il piccolo Milo  si ritrovò i muscoli  totalmente paralizzati. Soltanto gli occhi stillanti di pianto squassavano preghiere singhiozzanti e terrificate.
Il genitore gli torreggiava affianco  con volto di roccia.
Sollevò la mano destra  lasciando che dall’indice spuntasse un lungo artiglio nero.

- Io, Kletias di Eophrynus *, padre ancestrale degli aracnidi, t’ apro le soglie del potere dello Scorpione Celeste. Che questo siero che ti inietterò nel sangue  possa rendere il tuo corpo, la tua anima e la tua mente immuni da qualsiasi veleno letale. Che il tuo cosmo cresca illuminandosi del rosso di Antares! Che tu riesca a cogliere le fiamme della tua nuova nascita! Aculeus noctìferi!

Trafisse il petto dell' apprendista.

I due guerrieri dello Scorpione lanciarono un grido  che trapassò le nubi  del cielo grinzoso.

L’infante  subiva la tortura immobilizzato, mentre l’adolescente si contorceva quasi avesse un demone in corpo che gli stesse strappando a morsi l’anima. 
Erano in preda ad un male forsennato.
Il veleno pareva corrodere le pareti  di qualsiasi arteria,  organo vitale…
L’aculeo del vespero , scalfendo l’organismo in tutte le sue componenti, specialmente i centri nervosi, causava la  perdita  del senno alla vittima.

Il dolore aveva un colore: il rosso sangue,  il rosso pianto, il rosso martirio.
Il rosso d’un cuore in delirio.

Il Milo ragazzo, con  occhi abbacinati e deformati, si artigliò il torace dal quale sgorgava un’emorragia copiosa.
Arrotando i  denti, come un animale agonizzante, cercò d’arrestare il flusso scarlatto delle proprie vene ma non riuscì…
Nella  mente iniziarono a scorrergli ricordi: magre  sceneggiature che vedevano protagonisti sempre lui e Kletias, uniti negli addestramenti di terreno e mare e  distanti  nei momenti di  illibata e morta quotidianità.

Le voci dei  coreuti  ripresero a intonare  dolenti  motivi…motivi che si congiungevano con l’ intelletto dilaniato…
 

Oh, ragazzino, com’è che di furor barcolli?
Ad un mausoleo di pietra vuoi parlar?
Non vedi,  guerrier senz’elmo, che tu crolli?
Quale ramo brami se incapace ancora sei di volar?


“ Padre, non mi hai mai voluto guardare in faccia veramente… non ti sprecavi a porti domande…io ci provavo, da perfetto deficiente, a lanciarti qualche segnale… ma niente! Niente! Me la facevo sotto prima d’ogni ostacolo ma m’uccidevo lo stesso d’allenamenti. Andavo avanti rischiando di spaccarmi la testa, la schiena, le gambe…”
 

Il protervo padre è assiso su un trono di tuono.
Dal terrazzo d’un tempio petroso ti fa scivolar;
Le sue orecchie non odono, del tuo vermiglio ansito, il suono.

 


“ Sai, maledetto,  perché ho continuato sempre a distruggermi?! No per quella cavolo d’armatura dello Scorpione! No per la dea Atena! Solo per te! Per te, stronzo! Speravo d’ottenere uno sputo della tua approvazione! Uno straccio di sorriso! Che scemo che sono…dovevo rassegnarmi al fatto che non riuscivi a  darmi un mano…già…eri  soltanto mio Maestro, no? T’eri scordato del nostro sangue, della mamma, di tutto quello che avremmo potuto fare per davvero!”

La sofferenza del veleno si raggelò di colpo.
Il sangue cessò di erompere dal cuore.

Milo, con  gli arti dolenti, cercò faticosamente di rimettersi a sedere sulla gradinata della cavea…
Tenendo ancora la mano sul petto bruciato, fissò il centro dell'arena…

La scenografia era mutata.
Mostrava l’interno d’una camera d’infermeria: un letto, un comodino con sopra un bicchiere d’acqua ,  un  pavimento asettico azzurro scialbo ed  una parete di fondo bianca che incorniciava l’insieme in modo claustrofobico.
Vi era un ‘illuminazione neutra ma rimbombante di tensione vacante.

Gli attori erano gli stessi.
Kletias stava in piedi davanti al giaciglio del figlio dodicenne. 

I coristi levarono, invisibili, altre quartine di note….
 

Ragazzo privo d’armatura lucente,
hai lanciato il tuo rancor con un fendente.
I dialoghi son state fantomatiche pergamene
che mai hanno confortato l’arsenico nelle vene.

 

Milo intese amaramente: la proiezione remota , che gli si manifestava,  rappresentava il giorno  del commiato definitivo  dal padre…
 

Astro di speme dissanguato,
le fiere  sempre saranno in agguato,
e anche se all’alba a correr inizierai,
al cospetto d’una croce di tenebra, perduto, t’inginocchierai.

 

- Ti pareva quello il modo di combattere?! – eruppe il Maestro- guarda come  sei ridotto! Perché,  nella Grotta della Cuspide Rossa,  non sei stato capace di domare gli scorpioni?!  Rappresentano la tua costellazione! Devi essere il loro sovrano! Ti sei lasciato annientare e per poco non finivi all’altro mondo!

L’apprendista, seduto sul letto coperto di morsicature nere e violacee, taceva.
Il capo era chinato assieme allo sguardo. I capelli scarmigliati , un po’ lunghi, nascondevano in parte quell’espressione da convalescente stremato e stravolto.

- Hai barcollato, razza d’imbecille…- seguitò irato l’uomo – il panico ti ha vinto e non hai visto  nulla! Alla fine, per non farti morire massacrato di punture, ti ho salvato… Avrei dovuto abbandonarti là, sepolto a Milo,  piuttosto che ricondurti qui ad Atene dove non meriti di vedere l’Ottava  Casa!

Il figlio, accecato da un’ esasperata collera, gli scagliò contro il bicchiere d’acqua che finì in frantumi.

- Potevi  lasciarmi crepare, allora! – urlò in lacrime – visto che  faccio schifo ti saresti sentito meglio senza più uno  scemo da addestrare!

- Ascoltami, bimbetto smidollato! – esclamò Kletias afferrandolo  per i capelli – o la pianti di dire cretinate e fallire pietosamente o giuro  che sarò io a gonfiarti  di lividi fino a ridurti in poltiglia!

- Dai, fallo! Fallo! Tanto per  te sono una merda, vero?! 

- Non capisci niente….- sibilò  l’armigero lasciandogli con malagrazia il capo.

- Tu non hai capito un cavolo e non capirai mai nulla!

- Non riprendere le  tue stupide accuse, Milo. Ne abbiamo già parlato.

- Parlato?! Parlato?! Ma quando io e te parliamo?! Allenarsi significa parlare?! A casa te ne sbatti altamente di me…

- E’ inutile che piagnucoli.

- La mamma non avrebbe fatto  così! Lei non era come te!

Kletias rimase zitto.
S’allontanò dal letto.
Fissò il pavimento.

- Deidamia…- mormorò ad un certo punto – Deidamia mi ha saputo sedurre e coinvolgere…coinvolgere in un’impresa che m’auguravo di non intraprendere.

Guardò l’ allievo :  lo stava  ascoltando torvamente.

- Hai soltanto  i miei occhi – proseguì – i capelli, il viso e il  dannato vizio di contraddire ti provengono   da tua madre…bel risultato  sei.

Il dodicenne non comprese se in quell’affermazione vi  fosse sarcasmo o afflizione o velata fierezza. 
Tutto rimase avvolto in uno sgradevole interrogativo.

- Ero indeciso se metterti al mondo oppure no –  rivelò l’uomo dopo una breve pausa – ormai non posso più tornare indietro…quel che è fatto è fatto.

Il ragazzino strinse rabbiosamente i pugni fino a ferirsi  , con le unghie,  le palme delle mani.

- A proposito – gli venne annunciato freddamente - Domani mattina partirò per quella missione d’addestramento speciale sull’Isola d’Andromeda. M’intratterrò fuori dalla Grecia  per un paio di mesi, come già t’avevo detto qualche settimana fa.

- Bene… se lo desideri puoi startene là , nell’oceano,  per tutta la vita... non me ne frega proprio niente.

Kletias  , fulminando  con lo sguardo ,  ribatté con congelata irritazione.

- Mi auguro, al ritorno, di vederti con un po’ più di forza e  intelligenza visto che scarseggi spaventosamente su entrambi i fronti.

- Parti il prima possibile. Anche ora.

- Hai ragione. Sono stufo d’ascoltare i tuoi vaneggiamenti.

- Perfetto! Sparisci! Vai via!!

La Guida   voltò le spalle accingendosi ad abbandonare   la stanza.

- Vattene! Affoga nel mare! – gridò piangendo Milo – Ti odio! Ti odio!Ti odio!

 
Scorpio contemplò la scenografia sbriciolarsi simile all’intonaco deteriorato d’un palazzo impossibile da restaurare.

Ti odio…ti odio…ti odio…” 

L’ultima battuta di quell’atto definitivo.
Il sigillo d’una frattura insanabile.


Il padre morì veramente.
Rimase intrappolato sulla nave per Andromeda durante una feroce tempesta nell’Atlantico.
Rimase intrappolato per salvare  l’equipaggio degli apprendisti.

Il ragazzo ricordava  quel  pomeriggio autunnale in cui si erano svolti i funerali…
 

Il sole settembrino non riusciva a scaldare il gelo  che imperversava silente sulla necropoli del Santuario…
Le lapidi dei cavalieri deceduti avevano accolto un’altra pietra. Un masso che non vegliava su  alcuna salma sotterrata. Un masso che commemorava solo:

Kletias Ethymides d’Eophrynus
Cavaliere d’Argento

I guerrieri  partecipavano con solenne mestizia alla cerimonia intonando preghiere e posando fiori.

 Milo,  cereo, restava zitto.
 Il giorno prima  aveva appreso la notizia della morte del Maestro restando con la gola stretta e le interiora vessate.
Non era riuscito ancora a piangere.
Era incredulo. Recava   lo sfregio umido dello shock...
Camus, al suo fianco,  lo fissava con un misto d’ansia e abbattimento.

Giunse il momento di porre,  attorno alla lastra funebre,  la ghirlanda d’onore.
Venne affidata a lui  in quanto figlio e allievo del defunto.

Si avvicinò lentamente.
Guardò le scritte incise  sulla stele…

Fece trascorrere alcuni taciti minuti.

- Sei stato un idiota – stridé alla fine.

I cavalieri lo squadrarono perplessi.

- Sei stato un idiota! – urlò.

Davanti ad una miriade di occhi allibiti, ridusse a pezzi la ghirlanda e corse via.

Mentre volava fuori il cimitero, lacrime acide gli iniettarono lo sguardo d’azzurra e fracassata ira.

- Milo!Milo! – lo chiamò l’apprendista dell'Acquario.

Si fermò voltandosi verso l’amico che l’aveva seguito.

- Ha-hai visto,  Camus? Lui e il suo fottuto eroismo…

Stritolò i pugni.

- Non mi ha fatto mai capire nulla…fanculo… fanculo…

 Violenti singulti  gli impedirono di continuare a imprecare .

Camus lo abbracciò in un silenzio intriso di iscrizioni d’intesa.
 


 “ Papà…perché? Perché ? “

Milo stava immobile, pari ad un monumento frusto e macchiato . Osservava l’anfiteatro svanire in scaglie  trascinate da un vento zigrinato di polvere nera.

“ Perché non ti sei saputo spiegare? Perché non amavi raccontare? “

I pezzi della cavea volarono via, tasselli d’un puzzle fatuo senza cromature.

“ Ma a che serve farmi queste domande? Ora tra noi tutto è morto…”

Sparirono anche le colline circostanti inghiottite come acqua torbida in scolatoi scuri…

“ Sì…devo piantarla…non vale la pena spaccarmi la testa tentando di afferrare qualcosa di sicuro che tu mi hai trasmesso…”

Calò l’oscurità che denudò il proprio corpo privo di forme e di arti.

“ Ti sei comportato da eroe però  per me rimani solo  un bastardo… Non mi hai mai rivelato tutta la verità…in quei tuoi occhi ho visto solo ragni. Ragni che ti nascondevano in schifose tele.”  

- Milo…

Una voce di uomo rimbombò nel ventre della tenebra che sapeva di sepolcro sconsacrato…

Il ragazzo tese le orecchie e i nervi.

- Milo…

Il suono serpeggiò nell’aria di vernice cieca.
Quante volte quel richiamo, quel tono di comando inflessibile che preannunciava sfinimenti fisici e sguardi di artiglieria…

- Milo…

Il guerriero chiuse gli occhi: rifugio nel buio dal buio circostante.
Serrò le ossa delle mandibole.
Il cuore gli fremeva nevrotico. Emanava ancora quell’essenza di sangue rappreso di veleno.

Per un po’ non udì più nulla…
Solo l’ombra intoccabile, sconfinata e piatta…

Un tagliente ronzio.

La scottatura d’un foro.

Milo emise un lamento di dolore. Si toccò il fianco: sanguinava.

Una seconda lamina di fruscio. Sta volta alle spalle.

Si aprì una ferita tra le scapole.

Il giovane, ciondolando leggermente, tentò di individuare il nemico che lo stava pungendo con movimenti repentini e sfuggenti.


Un’altra puntura. Un’altra. Un’altra ancora.
Uno sciame infernale s’abbatté su di lui.
 Innervosito e soffocato non  fu in grado di bloccare le mosse dell'avversario.
 
Crollò in ginocchio.

Il sangue delle lesioni gli colò caldo per terra, illuminandosi…

Guardò quel fenomeno allucinante…le macchie cremisi luccicavano, spettrali, simili a lava incandescente o a rubini liquefatti…
Dilagarono  deformandosi mostruosamente, ingrossandosi, sfilandosi, allungandosi…erano  cellule tumorali che si  moltiplicavano in una  danza demente e indemoniata.
Giunsero, strisciando pesantemente, a comporre un disegno sul suolo…
Una lettera enorme…una M dotata di una coda a pungiglione.

Era il simbolo zodiacale dello Scorpione.
Sfolgorò, macabro e abbagliante , come un sigillo posto su una lettera di condanna a morte.

Milo venne avvolto da quella luce che richiamava l’aurea di messe nere. ..
Si rimise in piedi  raccapricciato.

- Allora, moccioso? Ti decidi a combattere seriamente?

Dal tenebrore emerse una possente figura d’uomo.
Due occhi  lampeggiavano di tuoni celesti.
Una corazza grigio scuro si svelò in tutta la sua magnificenza di reliquia: era dotata d’enormi spalliere, d’un busto decorato da spesse venature rosse, di gambali d’artigli seghettanti.

- Padre! – fece Scorpio con  una smorfia di sdegno  contrito.

- Figlio mio. Sei cresciuto…

Gli sferrò un pugno in petto che lo buttò a terra.

- Sì…sei cresciuto nel fisico ma hai ancora i riflessi d’un rammollito.

Espirando ondate di fiamma, Milo scattò sulle gambe.

- Rammollito?! – ruggì – Rammollito?! Ti conviene turarti quella fogna di bocca!


Urlando da ossesso, lo aggredì con una raffica di colpi.
Il furore gli aveva triplicato inaspettatamente le forze nel corpo ferito.

- Stronzo! Stronzo! Stronzo! – ripeteva indiavolato tirando calci e pugni.

L’uomo  parava i suoi  assalti ma dovette constatare che resisteva con molta fatica.
Quella potenza  non era assolutamente da sottovalutare.

- Guarda! Questo me l’hai insegnato tu, Maestro! - gridò il ragazzo con sarcasmo.

Riuscì a travolgere qualunque difesa, mulinando violentemente le gambe.
Kletias si ritrovò l’armatura ammaccata in molti punti.

- I miei complimenti, Milo. Vediamo se riesci a cadere senza spaccarti il cranio e le ossa.

Si avventò contro di lui investendolo con tremende ginocchiate, gomitate e manrovesci. 
Infine lanciò un cazzotto che proiettò il rivale in aria facendolo schiantare a terra…

La M dello Scorpione illuminava  il teatro di quel duello…

Milo si eresse lentamente ansimando con caparbio rancore…
Il suo viso, trasfigurato dalla rabbia, era irrorato dai riflessi purpurei di quello spazio surreale.

- Io…- emise in tono rauco che ribolliva- io…non sono il tuo bimbetto smidollato!

Partì di  nuovo all’attacco avviando col padre  giravolte brutali d’arti marziali.
Erano ormai  lottatori esuli da qualunque campo di consanguineità…erano uno contro l’altro…erano uno la bestia dell'altro…

Il rosso e il nero signoreggiavano la scena in un gioco di pittura infernale.

Dopo lunghi istanti  i due nemici cessarono  di percuotersi.
Si fermarono. Si fissarono.

I cieli dei loro sguardi s’ artigliarono.

Kletias aveva la corazza cosparsa di numerose crepe…in alcuni punti era persino rotta.
L’allievo  non possedeva più il pettorale di cuoio d’addestramento: era rimasto a torso nudo con i pantaloni laceri.

Il Maestro protese la mano destra in avanti allungando l’unghia dell'indice.
Divenne un artiglio nero.
L’apprendista , corrugando la fronte, fece lo stesso lasciando apparire biecamente un aculeo rosso. 


- Siamo alla fine, Milo. Eophrynus contro Scorpio. Il tuo veleno contro il mio.

Silenzio.
Padre e figlio si misero in posizione.

Il rosso e il nero balenavano serpentiformi e fangosi.

- Aculeus noctiferi!!

- Scarlette needle!!


Due fulmini.

Silenzio.

Le gambe e le braccia che traballavano.

Silenzio.

La vista che pencolava…

Il rosso e il nero filtravano i  cosmi.

Milo , nonostante sanguinasse, era rimasto in piedi.
Kletias aveva il corpo seminato da quattordici spiragli. I punti della costellazione dello Scorpione.
Gli erano stati inflitti alla velocità della luce.
Rivolse la faccia all’allievo…piombò per terra.

Il suo tonfo rimbalzò nella sorda tenebra.

L’adolescente gli si avvicinò.
Negli occhi aveva ancora carboni ardenti…restò immobile…rigido in una frustrante esitazione…

Il busto del suo dominatore  s’alzava e s’abbassava faticosamente…
Era la visione d’un recondito desiderio di vendetta. Una vendetta dalle radici piantate nel vaso della paura.

Milo non aveva più sette anni.
Non voleva avere più sette anni.
Basta.
Non poteva essere  sopraffatto dai tremolii.

Colpire. Colpire.
Colpire con l’ultimo taglio.
Il quindicesimo. La stella di Antares.

L’epilogo…doveva tessere l’epilogo…

Un calore, tutto ad’un tratto, lo avvolse da dietro.

Gli cinse dolcemente i fianchi. Posò il capo contro la sua schiena…

Lo  lasciò confuso.
Quella presenza possedeva un profumo divinamente confortante, fresco…

Assunse a poco, a poco una consistenza materiale…
Milo vide due mani,  levigate, aggraziate che gli circondavano il ventre.
Sentì la tenerezza d’un volto che gli  bagnava di lacrime il dorso da atleta.

Il nero  della dimensione onirica svanì   eguale a graffite di carboncino soffiata via da un foglio…
La funesta  si disseccò…

Tutto si cosparse d’un blu di melanconica quiete…

Il ragazzo si voltò delicatamente alle spalle: una donna bella e affranta l’aveva abbracciato.
Possedeva una lunga e  indomita chioma blu – viola che le contrastava finemente con l’adorabile viso. Un viso su cui sfavillavano due occhi marrone ramato e una bocca tinta d’indaco.
Il  corpo , affusolato, vivace e ben modellato,  le era avvolto da una veste glicine lunga fino alle caviglie.

- Mamma!

Ella gli sorrise senza parlare.
Scosse il capo con fare implorante.
Il cavaliere la prese tra le braccia avvertendo con dolce straniamento quanto le pareva così piccola…era rimasto ancora all’immagine di lei che gli prendeva la mano  dall’alto del suo splendore protettivo…come molti bambini, aveva sognato di sposarla in una visione di candida inconsapevolezza…

Kletias osservava con rimpianto la moglie e il discepolo.
Il dolore fisico rendeva ancora più asprigni i pensieri d’una felicità intangibile. Una felicità che gli era svanita troppo presto…
Deidamia si allontanò tenuemente dal figlio per avvicinarsi a lui.
Si chinò accarezzandogli i capelli.
Lo fissò severa, triste, amorevole.
Gli diede un amaro bacio sulle labbra.

Milo assistette a quel gesto spaesato…non aveva mai visto il padre in una circostanza simile, abbandonato alla semplicità dell' amore.
I suoi genitori avevano due caratteri forti che spesso s’erano trovati a discutere al pari di spadaccini. Dietro quelle scene , tuttavia, non aveva mai colto la loro particolare complicità…
Ciò che non gli si era mostrato chiaro  da piccolo gli si svelava ,in quell’istante , in pochi minuti.

- Com’è che ti sei intromessa? – domandò Kletias con dolce rimprovero.

- Perché hai rovinato te e nostro figlio – rispose lapidaria Deidamia rialzandosi.

Rivolse a Scorpio uno sguardo d’intensa austerità, di affetto inestinguibile.
Diede le spalle e s’allontanò…
La splendida capigliatura le ondulava soffice e musicale…il vestito le s’incrinava in lievi pieghe…
Tornò nel suo mondo  svanendo uguale ad un arcobaleno  placatore di temporali…

I due guerrieri rimasero zitti.

Il figlio si accostò al genitore sdraiato.
Con la cuspide rossa toccò tutte e quattordici le ferite che gli aveva procurato.
Nel giro di qualche minuto svanirono…

Il cavaliere d’argento esaminò l’allievo con espressione di muta e dura gratitudine.

L’astio pareva sfrigolato ma restavano ancora molti cunicoli di cenere.

- Se tua madre non t’avesse abbracciato mi avresti ucciso? – chiese dopo diversi attimi di silenzio Kletias.

Nessuna risposta.
Venne scrutato  sospettoso. 

- Dimmi…mi avresti eliminato? Ti mancava il colpo di grazia…

L’interlocutore  si rinchiudeva  con  dispetto.

- Avevi barcollato di nuovo…mi sono accorto che stavi esitando prima che comparisse Deidamia…non sei stato fermo fino in fondo…

Il ragazzo rise con ironico cordoglio:

- Vedi? Non hai compreso nulla...ho avuto sempre ragione sulla tua ottusità… ho seguito la mia costellazione, papà…ho seguito la stella più lucente che è lei, la mamma che ora brucia in cielo…Antares ti ama, stupido. E io…io…

Il Maestro attese  posandosi sugli avambracci.

- Io..io…- incespicò il giovane con molesta soggezione – io…non so che pensare…

Addossò il capo sul torace del padre come non aveva mai fatto da bimbo…
Sentì la mano dell’uomo toccargli con inedita morbidezza i capelli.
Restò col volto proiettato contro il suo petto in una paradossale timidezza.
Aveva voluto tante volte quelle carezze, eppure ora non riusciva a sostenere gli occhi di Kletias velati da una mesta soavità.

- Sciocco, ragazzetto – lo rimbrottò  tentando vanamente di riacquisire il proprio cipiglio.

Il discepolo sollevò con circospezione la fronte.
Aprì la bocca titubante:
 
- Per quale motivo non ti sei salvato pure tu dal naufragio? Eri perfettamente in grado di farlo dopo aver soccorso quelle persone…

- No, Milo…non sarebbe servito.

L’adolescente si stupì:

- C-come?!

- Ero destinato a finire così…- l’uomo si concesse un breve intervallo per poi continuare – vedi, io ,allo stesso modo del tuo antenato Cardia,  ho dimezzato la durata della mia esistenza. Con l’ Aculeus noctiferi ho voluto superare ogni limite, perfezionandomi e dimenticando l’essenza del mio effimero spirito che mai sono riuscito ad accettare. Avevo paura. Paura di vedermi distrutto…

Chiuse gli occhi per riprendere:

- Hai visto il cielo di notte? Ti sei domandato la ragione per cui non vedi più le mie stelle accanto  alle tue?

Il figlio lo osservò con dolente curiosità.
Il Maestro gli sorrise afflitto:

- Semplice: si sono estinte per sempre.

Milo si sconcertò:

- Cosa?! C- credevo si fossero offuscate...si fossero allontanate da me…

- Mi dispiace…. povero, ragazzo mio! Non hai le mie ossa da calpestare e neppure la mia costellazione da detestare! Pensavi davvero che Eophrynus potesse brillare per l’eternità? No…essa è nata con me ed è stata passeggera per adempiere alla sua sorte…è la luce d’un insetto antichissimo, scomparso milioni d’anni fa, per perpetuare le razze  degli  aracnidi futuri. Lo Scorpione continua a pulsare nel firmamento. Non ho potuto che allevarne il  successore e sbiadire sotto i suoi riflessi.

- Papà…

- Su quella nave ho deciso di non salvarmi poiché sarei morto nell’arco di sei mesi…ho desiderato donare le mie energie per far andare avanti altra gente…così come ho fatto con te. Il tuo predecessore morì prematuramente ma il segno dell'Ottava Casa fiammeggia. Io…son stato breve fiato.

Il giovane cavaliere fu pressato dalle lacrime.

- S-sei…sei…un d-deficiente…

- Almeno nella mia  piccola vita ho amato Deidamia e ti ho messo al mondo con terrore. Sì…con terrore perché ho sempre dubitato di me stesso , in realtà …

- Vai al diavolo!

- Insultami quanto ti pare,  figlio. Chiederti perdono …è inutile…non abbiamo mai risolto nulla. Dalla polvere non si possono erigere castelli. La fine non diventa inizio.

- Papà!

Il corpo di Kletias si dissolse … evocava  la nebbia che svanisce nel velo dell'autunno o il fumo che si disperde dai comignoli delle dimore nel riverbero invernale…

Milo  piangeva.
Chi poteva picchiare? Il vuoto?
Chi poteva strangolare? L’ineluttabilità del tempo? Il tempo che andava in senso orario?

“ Ti sbagli, papà…ti sbagli… non ti sei dileguato per sempre… ci sei ancora…il veleno che mi iniettasti nel sangue è indelebile…”

 
Le pareti blu della dimensione  si spaccarono, all’improvviso,  in schegge di opachi zaffiri.
Il guerriero  fu ingoiato in una  spirale ghiacciata di tormenta.
Spine di fiocchi di neve gli ararono l’epidermide ammaccato.

Si ritrovò scagliato su una bianca duna di solida e slavata morbidezza…una morbidezza granula e fine…
Il  gelo  procurò un sofferente refrigerio alle ferite riarse…quel contrasto  rattrappì le lacrime e il respiro nei polmoni congestionati…
Il giovane sollevò il viso dal guanciale nevoso: intorno un immenso e desolante deserto freddo…gli pareva di risvegliarsi in un  letto di lenzuola sfatte  abbandonate e obliate  da mani calde…

Si rialzò con la fiacchezza d’un soldato superstite o d’un naufrago arenato…

Colline e creste di ghiaccio.
Nuvole di ghiaccio senza cielo. Ecco com’era quel nuovo antro.

Il cavaliere,  rabbrividendo in modo  lancinante e sbattendo i denti, mise a fuoco quell’agglomerato immacolato e smorto…

Scorse,  nel lontano orizzonte grigio chiarissimo,  una scia di fumo nero svolazzante…

Insospettito d’una  speranza, seppure magra, prese a correre…
Cercò di vincere la pesantezza dei muscoli, la traiettoria dei fiocchi di neve…
Cercò di muoversi il più veloce possibile con l’anelo e il sangue che minacciavano d’ assiderarsi…

Nell’avanzare, vide la linea di fumo farsi più grande e densa…
Cominciò a scorgere una sagoma appuntita e un altro insieme indistinto di cose…

Si avvicinò maggiormente…s’accorse che una specie di croce sospirava,  dalla sua estremità, rantoli di nembi  che venivano spazzati via dalla bufera…
Si spinse  ancora oltre…quella croce era la metà d’un busto d’aeroplano.
Aveva il muso  scarnificato con le ali mangiucchiate da fiamme borbottanti…
Strinse lo sguardo…
Quel carcame di ferraglia era coronato angosciosamente da un recinto marrone che pareva costituito da pezzi di legname putrefatto.
Non appena entrò nel perimetro, Scorpio realizzò , disgustato, che il lungo steccato si rivelava un’  accozzaglia di braccia, gambe e  spine dorsali mummificate.
 La sua attenzione venne, tuttavia,  immediatamente distolta da un monolite di ghiaccio disposto dinanzi al  cadavere dell'aereo.

Era un feretro a forma di parallelepipedo.
Al suo interno…si trovava sepolta una persona.

L’adolescente , con l’angoscia che ringhiava di stracciargli i nervi, si precipitò lì davanti.

Sì…in quella bara era imprigionato un ragazzo.
Un ragazzo dai lunghi e fluenti capelli verde acqua.
La sua bellezza aveva assunto una connotazione d’atroce tristezza. Pareva uno spirito, un genio funerario dalla carnagione azzurra  rinchiuso in un regno di muto patimento.
Il suo   viso , cosparso di addolorata stanchezza,  si mostrava irreale, soave, tramontato.

Milo sbarrò gli occhi inceneriti dal gelo.

- Camus!

 

 

* Eophrynus:  specie di aracnide, simile al ragno, appartenente al macrogruppo dei trigonotarbidi.    Visse  420-280 milioni d’anni fa in Europa e in Nordamerica. 

 

 


Note personali: ciao a tutti!! ^^ sono stata di parola! u.u sono riuscita ad aggiornare a distanza d’otto giorni!
Sono stata contenta d’aver dedicato questa seconda ed ultima parte del cap 10 a Milo! Lui è  vivace, estroverso e  piacevolmente “ spaccone”  ma si mostra anche un ragazzo con  tormenti che non desidera esternare. Per questo motivo adora stare con gli amici. La solitudine lo affligge profondamente e lo conduce con la mente al suo buio passato. Un passato che lo vede in contrasto con il padre. Un padre amato e odiato in maniera intensa e , ahimè , irrisolta. Spero di aver reso efficacemente Scorpio come personaggio drammatico e sofferente, un’altra faccia del suo carattere solitamente solare.
Sti’ capitoli sono un po’ tragici -.- infatti, nei prossimi , tenterò di stemperare questa cupezza XD
Vi dico che non sono sicura di iniziare a mettere il cap 11 alla fine di novembre….è molto più probabile a dicembre ( non oltre! XD ) …
Vedrete di nuovo Mu, Sion, Al, Saga e quel rompiscatole bastardo di Icelo che non molla!! Non faccio altre anticipazioni! ^^
Alla prossima!!
Ringrazio tutti i lettori che seguono questa mia fan fic che si sta rivelando una bella sfida…mi auguro di continuare sempre a produrre capitoli di gradimento e…qualità ;) 

 

 


 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: marig28_libra