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Autore: Avah    25/11/2012    1 recensioni
-Non mi sembravi così scettico quando ti ho salvato!- disse Marjeka con tono duro.
-E io non ti ricordavo così vanitosa e saccente!- replicò lui sul suo stesso tono.
-Sono cambiate parecchie cose, sai? Ma tu non te ne sei accorto, eri troppo preso dal collo della bottiglia- la sua voce divenne dura e severa -Ti sei mai chiesto a cosa hanno portato le tue azioni?-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Don Flack, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II - Due mondi diversi


-Posso chiederti una cosa?- chiese Jessica, salendo le scale del palazzo; senza attendere una risposta, continuò
-Perché tu riesci a percepire i suoi pensieri e io solo il dolore fisico?-.
-E’ una questione di esperienza- rispose l’altra, senza voltarsi.
-Cosa intendi dire?-.
-Vedi, anche io riesco a sentire il dolore fisico, ma con il passare dei secoli ho imparato ad assorbirlo e ho iniziato a leggere nel pensiero. Lo stesso vale per la percezione del luogo in cui si trova-.
-Quindi anche io diventerò così? Riuscirò a trattenere il dolore fisico e leggere nel pensiero?-.
Marjeka sospirò -Questi “poteri”, diciamo, cambiano da spirito a spirito. So solo che tu non potrai mai ad appiattire completamente il dolore, lo percepirai sempre. I vostri corpi si sono fusi più di una volta in una cosa sola, e ogni volta ognuno ha portato via un po’ dell’altro-.
-Quindi… Lui ha sentito il dolore della mia morte, giusto?-.
-No. Il dolore fisico lo possono provare solo gli spiriti legati a persone vive-.
Jessica rimase in silenzio, ingoiando quelle parole. Dunque lei poteva percepire solo il suo dolore fisico, non quello emotivo, mentre lui non poteva sentire niente di lei, se non una vaga presenza.
-E’ qui dentro- disse la più anziana delle due, fermandosi sul pianerottolo davanti a una porta; inspirò profondamente e attraversò il muro, subito seguita dall’altra donna; ora entrambe erano dentro l’appartamento.
Marjeka si fermò di colpo, vedendo attraverso la porta aperta sulla destra una donna con i capelli scuri, legati in una folta treccia, che le dava la schiena; il suo respiro accelerò, mentre guardava quel corpo che conosceva perfettamente.
-Marjeka, che ti prende?- la donna si riprese quando l’altra la prese per un braccio.
-Non è niente- disse, senza togliere lo sguardo dall’altra, che rimaneva immobile, in ascolto.
In quel momento un telefono suonò. La donna nella cucina si riprese e rispose; seguì una breve conversazione, poi riattaccò e lasciò un biglietto. Mentre stava uscendo, non si rese conto di attraversare il corpo aeriforme dell’angelo, lasciando in entrambe un senso di appartenenza e lontananza.
-Jess, seguila- disse Marjeka con un cenno del capo.
-Ma…- iniziò l’altra donna, ma lei la interruppe.
-Cosa ti ho detto prima?-.
-Devo fare quello che mi dici tu- disse lei, scuotendo la testa.
-Esatto. Quindi seguila e poi dimmi cosa scopri su di lei-.
-D’accordo- sbottò l’altra, sparendo attraverso il muro.
In quel momento sentì l’acqua della doccia scorrere. Non si era sbagliata, era veramente lì. Si trattenne dal raggiungerlo e aspettò lì nell’ingresso, senza far nulla, ascoltando il rumore dell’acqua.
Poco dopo lo vide uscire dal bagno, con indosso i vestiti che gli aveva dato l’altra donna; la ferita alla testa era ancora fresca e qualche goccia di sangue scivolava ancora giù. Si sedette sul divano, provando un improvviso spasmo doloroso su tutto il corpo; si prese il volto fra le mani, massaggiandosi le tempie. L’angelo si rese conto che avrebbe  avvertito la sua presenza, ma che non poteva vederla finché avesse mantenuto la sua forma invisibile, perciò decise di mostrarsi.
Poco dopo Flack alzò lo sguardo e lo puntò sulla donna che gli stava davanti, con i capelli raccolti in una treccia; notò anche quello che pareva essere un velo trasparente che partiva dalle spalle.
-Io ti conosco- mormorò, ancora piuttosto confuso -Io… Io ti ho già incontrato-.
 
Jessica seguiva la donna a breve distanza, volando quasi sopra il tettuccio dell’auto che si dirigeva verso il centro. Sbatteva le ali pigramente, scollegando il corpo dalla mente. Perché Marjeka le faceva sempre fare di tutto che fosse lontano da Flack? Non si rendeva conto che aveva bisogno di vederlo, di stargli accanto anche solo per un singolo, breve istante?
Sapeva che lo stava facendo per il suo bene, era solo per lei che agiva in quel modo. D’altro canto, non avrebbe mai potuto agire in un modo che non fosse nell’interesse di qualcun altro. Era la sua natura che le impediva di fare gesti avventati o che avessero delle ripercussioni negative.
Si riprese appena in tempo dai suoi pensieri, il giusto per vedere che la donna si era fermata davanti a un palazzo in pessime condizioni; pensava si stesse dirigendo verso il centro, invece si erano fermate in quartiere malfamato del Jersey.
Si affrettò a raggiungerla, continuando a rimanere invisibile dietro di lei, mentre saliva le scale di quel palazzo e si fermava davanti a una porta.
-Chris! Chris apri, maledizione!- urlò la donna, bussando con forza sulla porta.
Poco dopo si sentì il catenaccio scorrere e la porta si aprì, facendone uscire un uomo piuttosto attraente, con i capelli chiari e gli occhi scuri; fingeva di essere ubriaco.
Jessica guardò i due, non sapendo cosa pensare. Chi era quello? Cosa aveva a che fare con quella donna che si era presa l’incarico di salvare Flack?
-Johanna! Finalmente sei qui!- disse l’uomo, con un sorriso falso e fingendo vistosamente di barcollare.
-Che diavolo vuoi ancora da me? Perché mi hai chiamato?-
-Ho bisogno del tuo aiuto! Sto cadendo sempre più in basso!-
-Smettila di fingere, Chris. Si vede lontano un chilometro che sei perfettamente lucido e non hai nemmeno toccato una bottiglia.-
-No! Non puoi immaginare quanto ho bevuto negli ultimi giorni!- ribatté lui, cercando di mostrarsi convincente, ma la donna non cadeva in quel tranello.
-Fattene una ragione, è finita. Hai sprecato le possibilità che ti avevo dato, te le sei giocate tutte, una dopo l’altra. L’unica cosa che mi fa impazzire è che ho lasciato la mia vita per te.-
-Ma io ti amo, Jo!- l’uomo la prese per un braccio, ma lei immediatamente si ritirò.
-Non mi chiamare mai più così! Non ne hai più diritto!- detto questo, si voltò e corse giù per le scale, raggiungendo la sua auto.
Jessica era rimasta a guardare quel battibecco fra quei due in silenzio, cercando di dare un senso a quelle parole rabbiose. Si lanciò di sotto, seguendo quella donna che aveva scoperto chiamarsi Johanna.
 
-Sì… Ti ho già incontrato- disse Flack, fissando la donna davanti a sé.
-Almeno ti ricordi di me- fece lei con un sorriso bellissimo -L’alcool non ti ha ancora reso completamente pazzo.-
-Io non sono pazzo!- controbatté lui, contrariato.
-Continua di questo passo e ti ritroverai a vivere sotto al ponte di Brooklyn in compagnia di una bottiglia di whisky.-
-Non ho bisogno di una madre!- sbottò, passandosi le mani sul viso.
-Vieni qui- la donna gli si avvicinò e gli prese il volto fra le mani, tamponando con cura la ferita alla testa che aveva riniziato a sanguinare leggermente -E comunque, io ti stavo solo mettendo in guardia. Non vorrei venire a ripescarti da qualche posto malfamato.-
-Nessuno ti sta chiedendo di farlo.-
-Mi sono fatta una promessa, e intendo mantenerla. Non voglio commettere un errore da umano.-
-Aspetta aspetta… Un errore da umano?!- fece lui, confuso e stupito.
-Esatto, da umano. Dì la verità, tu non ricordi chi sono- la voce dell’angelo divenne più seria.
All’improvviso qualcosa tornò a galla in quella miscela di ricordi dolorosi e terribili degli ultimi tempi -Sì che mi ricordo! Tu sei quella che si è messa in mezzo quando mi hanno sparato! Quella mezza vivente…-
-Ehi, sono un angelo ora, ficcatelo bene in testa- protestò lei, mentre cercava di mantenere la calma e di non spiegare le ali davanti a lui.
-Grandioso, ho le allucinazioni!- sbottò, sempre più intontito -Sto parlando con qualcuno che non esiste! Con una morta 350 anni fa!-
-Non mi sembravi così scettico quando ti ho salvato!- disse Marjeka con tono duro.
-E io non ti ricordavo così vanitosa e saccente!- replicò lui sul suo stesso tono.
-Sono cambiate parecchie cose, sai? Ma tu on te ne sei accorto, eri troppo preso dal collo della bottiglia- la sua voce divenne dura e severa -Ti sei mai chiesto a cosa hanno portato le tue azioni?-
-A dire il vero no…- disse lui, abbassando la testa, sconsolato e in preda allo sconforto.
L’angelo riuscì a percepire le sue emozioni, quel senso di abbandono da tutto il mondo che lo pervadeva, una profonda disperazione che non aveva ancora abbattuto, quel muro di malinconia che non mostrava nessuna crepa o incrinatura, che sembrava voler rimanere in piedi per sempre. Si sedette di fianco a lui e gli alzò il volto, in modo da poterlo guardare negli occhi.
-Ehi- disse, con voce dolce e un gran sorriso -Non ti abbattere. Lo sai che io lo faccio solo per il tuo bene, no?-
Flack non rispose; si liberò dalla mano della donna e tornò a fissare il pavimento con sguardo vuoto.
Marjeka sospirò, pensando che a volte doveva andarci piano in certe situazioni, mostrando più tatto del solito, anche se non sempre era così facile -Don, sai che se sono così dura è per un motivo preciso. È la mia stessa natura che mi impedisce di agire in modo scorretto verso gli altri. Riesci a capire?-
Lui non la degnò di uno sguardo, men che meno di una risposta; l’angelo sospirò di nuovo, prima di posargli amichevolmente un braccio sulle spalle.
-So che in questo periodo ti sembra tutto difficile, che il mondo ti stia crollando addosso, ma devi farti forza, rialzarti sulle tue gambe e andare avanti a testa alta. Jessica non vorrebbe mai vederti ridotto così per causa sua.-
Pronunciare quel nome innescò una strana reazione in Flack: alzò la testa di scatto e si voltò a guardarla, con gli occhi fuori dalle orbite.
-Jess?- mormorò, stupito e sconvolto -Lei…-
-Lei è con me, sempre. Non è mai da sola.-
-Anche lei è…- lasciò la frase in sospeso, ancora intontito da quelle parole.
-Sì, anche lei è un angelo. Ti siamo sempre state vicine, ti abbiamo sempre protetto. Non sei mai stato solo.-
In quel momento la porta si aprì di scatto, con un movimento improvviso; in quel preciso istante, la stanza fu piena di strane sensazioni misteriose.
 
Johanna era tornata a casa, guidando come una pazza lungo le strade; come era potuta caderci un’altra volta? Come aveva fatto a ingannarla di nuovo? Doveva immaginarlo che sarebbe stata solo un’ennesima scusa per farla andare da lui… E lei, stupida, ci aveva creduto, a quelle stupide bugie che le aveva e continuava a raccontare.
Fermò l’auto sotto casa e corse su, spalancando la porta, incurante del fatto che Flack si trovasse ancora lì; quando mise piede nell’appartamento, vide la donna che era con lui, una perfetta estranea che non aveva mai visto, ma che in fondo le pareva di conoscere.
Dietro di lei apparve Jessica, per una volta finalmente visibile al mondo, che aveva cercato invano di fermarla e farla ragionare. Flack si alzò in piedi di botto, vedendo la donna che amava a meno di due metri da lui. Jessica gli si avvicinò, sperando di riuscire a sfiorarlo e provare una sensazione di calore sulla pelle; quasi si spaventò, sentendo sotto i polpastrelli il calore bruciante dell’uomo, che la strinse tra le sue braccia, in un cerchio di fuoco.
Marjeka si avvicinò a Johanna, fermandosi proprio di fronte a lei, guardandosi entrambe nel profondo degli occhi dell’altra: tutte e due avevano colto quel senso di appartenenza all’altra, a due mondi diversi, a due tempi diversi, ma allo stesso corpo terreno.
  
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