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Autore: eos75    18/06/2007    3 recensioni
Ricordi di scuola tornano prepotenti nella vita dell' SGGK, portando un con loro malinconia e una dolce sensazione, come se niente sia ancora perduto per quel cuore chiuso a doppia mandata che si ritrova nel petto. Troverà la donna in possesso della chiave giusta per aprirlo? Forse lo aiuterà un vecchio libro...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva freddo, tanto freddo ma faceva di tutto per non darlo a vedere. Cercava disperatamente di non tremare, anche se il gelo, più che provenire dalla pista candida, l’attanagliava da dentro. Sentiva il sangue pulsarle nelle tempie, gli occhi bruciare.
Era arrivata al palazzetto già truccata, più pesantemente del solito. Non voleva che l’istruttrice  si accorgesse che aveva la febbre.
Reb era al suo fianco, lo smeraldo degli occhi offuscato da una profonda preoccupazione. Lei sapeva ma non era riuscita ad impedirle di presentarsi comunque a quella gara.
La sua ultima speranza di continuare a pattinare.
Se avesse vinto, la borsa di studio sarebbe stata sua e avrebbe potuto continuare a praticare quello sport che era la sua passione senza pesare su sua madre.
Istintivamente la cercò tra il pubblico, pur sapendo che non l’avrebbe vista al suo solito posto in prima fila, non quella volta…
Sospirò, stringendo i denti.
Mai gara era stata tanto importante per lei, che aveva sempre calcato il ghiaccio solo per passione e divertimento.
Deglutì, ricacciando le lacrime e stringendo i pugni.
La voce dell’insegnante la riportò alla realtà.
“Sei minuti di riscaldamento!”  decretò lo speaker  “In pista: Kristine Lehemann, Julia Schwarz, Maria Strauss, Erika Moss, Lena Miller, Angela Weiss.”
Incrociò lo sguardo con quello della sua diretta rivale. Gli occhi azzurri lampeggiarono mentre un’espressione sicura si dipingeva sul bel viso della ragazza di Monaco. Non si fece intimidire, c’era davvero troppo in gioco.
S’immerse nel candore del ghiaccio, eseguendo qualche semplice figura ma…
Si sentiva stanca, le gambe non rispondevano a dovere, il fiato era corto, l’equilibrio instabile. Il viso e gli occhi scottavano terribilmente, ogni respiro era un sacrificio.
Una trottola velocissima ed uno stop improvviso con una mano al fianco e l’altra puntata verso il pubblico, come la parte finale del suo esercizio. E lui era là, esattamente di fronte a lei. Rimase incatenata per un istante a quello sguardo nero e profondo che pareva avvolgerla e sostenerla. Si era accorto che qualcosa non andava e quegli occhi non la lasciavano un istante, come a volerle dare la forza di andare avanti.
Tirò un sospiro e si sentì più leggera.
Quattro atlete prima di lei. Quattro buone prestazioni che però non potevano aspirare al podio.
 Di nuovo freddo, di nuovo quella maledetta spossatezza negli arti, la gola secca e dolorante, gli occhi che non sopportavano più lenti.
“Reb,vieni un secondo…”  si trovò la bionda amica al fianco in un baleno  “ Gettale, per favore…”  e così dicendo tolse rapidamente le lenti a contatto dagli occhi arrossati.
“Ma, Lena! Come?...”
“Non preoccuparti”  le sorrise  “è meglio così, mi danno fastidio. Poi lo sai che non ne ho  bisogno in pista!” e le fece l’occhiolino.
“Sei incredibile!” disse l’altra, scuotendo il caschetto biondo “Dovrei essere io a sostenerti, invece è il contrario!”
Vennero interrotte dalla chiamata in pista.
Un sospiro.
Un sorriso.
Le dita che s’intrecciavano in un silenzioso augurio di buona fortuna.
Di nuovo il ghiaccio l’accolse.
Il gelo della pista si andò a sommare a quello provocatole dalla febbre, ma cercò di non farci caso.
Si mise in posizione, di profilo alla giuria, le mani intrecciate dietro la schiena, il viso rivolto al pubblico di fronte a lei. Senza lenti non riusciva a vederlo, ma sentiva quello sguardo nero e profondo seguirla ad ogni passo, e vi si aggrappò come ad un’ancora di salvezza.
Le prime note della melodia che accompagnava il suo programma, la mente che si svuotava, il puro piacere di danzare sul ghiaccio.
Passi, trottole, la prima parte dell’esercizio eseguita perfettamente.
La fatica che cominciava a farsi sentire, il fiato che iniziava a mancare.
Due salti in sequenza.
Il primo quasi perfetto, il secondo…
Si rialzò subito, rabbia e dolore che sfiorarono appena il suo viso.
Attraversò leggera la lastra gelata con un angelo perfetto, poi di nuovo un salto…e di nuovo lo sgomento del pubblico.
Una trottola bassa, il cambio di filo per poi sollevarsi roteando sempre più veloce e poi immobilizzarsi esattamente sull’ultima nota, una mano al fianco, l’altra puntata innanzi a se, aggrappata a quegli occhi scuri che non l’avevano abbandonata mai.
Non potè che applaudire l’esecuzione perfetta della rivale ed andare sportivamente a stingerle la mano poco prima di ricevere il premio per il secondo posto.
Strinse con dolore quella coppa di cristallo trasparente, ma  le lacrime non rigarono il viso smunto.
Doveva andare avanti, ora più che mai…
Rebecca l’accolse fuori dalla pista, le rimise in spalla una felpa, abbracciandola stretta. Si lasciò coccolare e girò intorno lo sguardo. Lo vide. Le dava le spalle, chiacchierando con Hermann.
Sospirò, lasciandosi trascinare negli spogliatoi. Non si avvide di quegli occhi scuri che di nuovo l’avevano cercata.
“Lena? Tutto bene?...”
L’ultima cosa che ricordò di quel giorno fu il rumore della coppa che cadeva, infrangendosi al suolo mentre le braccia dell’amica l’afferravano premurose, appena prima che il buio l’avvolgesse. 

 

 

 

 

Fotografie, biglietti aerei, prenotazioni d’albergo, una grande busta marrone senza mittente, stracciata e gettata negligentemente in terra.
Gli occhi erano serrati, il capo stretto tra le braccia, le mani intrecciate dietro la nuca, il respiro corto ed un dolore  attanagliava il petto mentre lo stomaco era chiuso dagli spasmi.
Non ci credeva.
Non voleva crederci!
Quando poche ore prima aveva aperto quella busta, in principio aveva pensato ad uno scherzo di cattivo gusto.
Ma sfogliando le fotografie che accompagnavano le lettere, le registrazioni delle conversazioni, le copie delle prenotazioni di camere d’albergo e ristoranti, si era dovuto ricredere.
Ed il dolore, la rabbia, la delusione l’avevano travolto.
Lui che non aveva mai concesso il suo cuore a nessuna prima d’allora, che non si era mai sbilanciato, nascondendosi dietro una sprezzante maschera di ghiaccio e ironia, era stato beffato dalla  sorte. O forse che la Dea dell’amore, scocciata dal suo atteggiamento, l’avesse voluto punire a quel modo per i continui dinieghi alle molte opportunità che gli erano state offerte?
L’unica cosa che sapeva, era che lì, su quel tavolo, c’erano le prove che Angela l’aveva tradito, e non una volta…
Era deluso, amareggiato, ferito nel più profondo dell’animo.
Riaprì gli occhi e fissò nuovamente i fogli sparsi sul tavolo. Freddezza e lucida determinazione in quello sguardo che più volte aveva incrinato le certezze degli avversari in campo. Si levò in piedi con risolutezza, afferrando alcune fotografie e si diresse verso la porta a grandi passi. Nel prendere le chiavi dell’auto da un tavolino, sfiorò un’elegante scatola rossa posata lì accanto. Un lampo d’ira negli occhi scuri ed un gesto violento che scagliò l’oggetto sul pavimento, facendolo aprire e svelandone il contenuto: un filo delicato di perle ed un paio di orecchini di perla ed oro bianco.
In redazione era una giornata come un’altra, seppure un’atmosfera quasi di festa aleggiasse tra le scrivanie. Mancava pochissimo al fatidico giorno ed un’allegra frenesia aveva contagiato un po’ tutti.
Tutti, tranne lei.
Fredda, impassibile, controllatissima come sempre, la professionalità in carne ed ossa.
Non fece una piega quando lo vide entrare. Rispose meccanicamente con tono assolutamente piatto quando le chiese se Angela fosse in ufficio, mentre lo sguardo d’alabastro nero, gelido, la trapassava da parte a parte.
Se l’aspettava…
Quando lui scomparve dietro la pesante porta di legno massiccio che la separava dall’ufficio del suo capo, facendola sbattere con violenza, fulminò ad uno ad uno gli occupanti di quell’angolo di redazione, invitandoli a trovarsi qualcos’altro da fare lontano da lì. Lei stessa si allontanò, dando un’ultima occhiata a quella porta, le labbra strette ed il cuore che batteva veloce.
Rientrò un’ora dopo. Le due ragazze che erano dovute tornare al loro posto per forza maggiore accennarono domande ma vennero subito zittite.
La porta si aprì e si richiuse alle sue spalle. Il viso atteggiato in una maschera  gelida ed impenetrabile nella quale brillavano come tizzoni ardenti quegli occhi colmi di furore.
Le si fermò davanti, di nuovo trapassandola con quello sguardo che lei sostenne impassibile, senza batter ciglio. Dopo alcuni secondi le parole uscirono come un sibilo dalle sue labbra  “Tu… sapevi, non è vero?”
“Si.” il cuore si era fermato. Aveva visto il pugno serrarsi, per l’ira, per il dolore, perché si sentiva tradito anche da lei.
Se ne andò, voltandole le spalle, senza proferire altra parola.
Sentì su di se gli sguardi delle persone intorno, ma non vi fece caso.
Lui, ora, la detestava. No, forse addirittura la odiava, e lei si sentiva morire per questo.
“Eleonor!”  la voce di Angela  tuonava dall’ufficio.
Un sospiro, una mano che correva a sistemare meglio gli occhiali sul viso. Un sorriso leggero, freddo e determinato le piegò appena le labbra. Fissò per un istante quella porta dalla quale era appena uscito l’uomo che era stato il suo sogno di ragazzina, e ripensò alle parole di sua madre, qualche settimana prima…
Era mezzanotte e lei era ancora in piedi. Matisse  girellava curioso sul mucchio di carte sparse sul tavolo.
“Non dormi?”  la voce della madre l’aveva fatta sobbalzare  “Ma tesoro! Piangi!”
L’aveva abbracciata  ed aveva consolato quella figlia che pur di starle accanto e non farle mancare nulla, aveva rinunciato ai suoi sogni ed alla sua adolescenza, diventando prima del tempo una donna responsabile ma sola…
“Genzo Wakabayashi…”  sorrise pronunciando quel nome  “Mi ricordo di lui! Me ne parlavi tanto spesso quand’eri ragazzina! Tanto che ho sempre creduto che ne fossi innamorata, non era così?”  un sorriso complice ed una carezza sulle gote bagnate di pianto. Non aveva risposto, era solo arrossita, distogliendo gli occhi.
“Qualcosa mi dice che tu lo sia ancora, che tu lo sia sempre stata…”
“Mamma!”
“Digli la verità su Angela, tutta la verità! O non ti perdonerai mai di avergli mentito.”  mentre diceva così, carezzava piano i morbidi capelli castani della sua bambina.
“Sai cosa succederà, vero? Perderò il lavoro e…”
“E sarai finalmente in pace con te stessa!”  le strinse le mani tra le sue, piccole e delicate  “Ce la caveremo… ma tu DEVI dirgli la verità! Non puoi continuare a questo modo…”
Le parole della madre le risuonavano ancora nelle orecchie mentre varcava la soglia dell’ufficio di Angela.
“Tu!”  un sibilo furioso era fuoriuscito dalle labbra rosso fuoco, mentre l’azzurro degli occhi era d’acciaio e brillava di lampi d’ira.
Sostenne tutto ciò con calma ed impassibilità.
“Si, io.”  le rispose semplicemente, spiazzandola. L’altra non si sarebbe mai aspettata una tale ammissione di colpa.
“Come hai POTUTO!”  era furibonda, aveva perso totalmente il controllo davanti alla freddezza glaciale di quella piccola strega che le aveva fatto sfuggire l’occasione della vita.
“Io, come ho potuto? Tu l’hai tradito.”  il tono era severo, piatto, non consentiva repliche. La direttrice rimase senza parole, attonita, lo sguardo fisso su quella donna che per anni era stata al suo totale e completo servizio. Perché aveva bisogno di lei, perché aveva bisogno quel dannato stipendio… Una smorfia cattiva si disegnò sulla sua bocca, mentre un lampo maligno passava negli occhi socchiusi  “E così  la piccola Lena  è innamorata… E pensi che uno come lui ti calcolerà mai?!”
Era andata a segno. Avvertì una stretta al cuore. Ma tanto, ormai, dopo tutti quegli anni passati a sognare,  aveva fatto l’abitudine a quel sottile dolore. Non rispose, restando impassibilmente immobile di fronte all’altra, gli occhi negli occhi.
“Vattene, e non farti più vedere. Sei licenziata!”
Un’espressione compiaciuta apparve sul viso della segretaria  “Mi spiace, Angela, troppo tardi…”
I grandi occhi azzurri erano sgranati dalla sorpresa mentre osservavano la lettera che veniva posata sulla scrivania, già firmata…
“Ho rassegnato le dimissioni tre settimane fa e tu, come sempre, hai firmato tutto quello che ti ho passato senza degnarlo di uno sguardo.”  soddisfazione e rivincita si leggevano sul viso della ragazza  “Oggi è ufficialmente il mio ultimo giorno di lavoro, Freuilain Weiss!”
Così dicendo si voltò, lasciando la sua ormai ex principale stordita, senza fiato  per quella sonora sconfitta.
Uscì dall’enorme palazzo a vetri, si guardò intorno e poi volse lo sguardo verso l’alto, alla finestra di quello che per sei lunghi anni era stato il suo ufficio, la sua prigione. Sorrise, liberando i lunghi capelli dallo spillone ed aspirando la gelida aria di fine gennaio. Era libera.

La porta del brauhaus si spalancò con violenza e si richiuse con altrettanto rumore. I lunghi orecchini  sbatterono contro il viso della ragazza che si era voltata di scatto, sorpresa da quell’ingresso. Tirò un sospiro e le decine di braccialetti d’argento tintinnarono quando incrociò le braccia al petto con fare risoluto, prontissima ad affrontare il panzer che le si stava facendo incontro.
Hermann Kalz non proferì parola. Si sedette con movimenti lenti e misurati di fronte alla bionda, senza staccare gli occhi azzurri da quelli smeraldo di lei. Dopo alcuni minuti si decise a parlare.
“Tu… voi… sapevate! E non avete detto nulla! Avete lasciato che venisse trattato a quel modo, che lo rendesse ridicolo, che lo utilizzasse come un burattino! L’ha preso in giro, dal primo all’ultimo giorno, e voi lo sapevate! Non siete meno colpevoli di quell’arpia!”  aveva urlato le ultime parole, facendo sì che gli astanti si zittissero, voltandosi verso di lui. Si alzò, facendo cadere l’alto sgabello su cui era seduto e le diede le spalle per andarsene ma le parole di lei lo raggiunsero, immobilizzandolo  “E secondo te, brutto idiota, chi gli ha mandato tutta quella roba su Angela?”
Si  girò piano a guardala. Un sopracciglio biondo scattò verso l’alto con fare spazientito mentre la donna lo raggiungeva aggirando il bancone e piazzandoglisi di fronte “Klaus Reiner, ex fidanzato di Angela, secondo te, da chi ha avuto tutte quelle informazioni che poi ha dato a Wakabayashi, eh?”
Il centrocampista deglutì, spiazzato. Sovrastava Rebecca di tutta la testa, eppure in quel momento si sentiva piccolo piccolo.
“Tu… Voi…”
“No”  il biondo caschetto scosso in segno di diniego  “Non io. Lena.”
“Lena? Lei sapeva tutto! Ha continuato ad uscirci facendo l’amica innocente e non gli ha mai detto nulla! Lei…”  non riuscì a terminare la frase, fulminato dallo sguardo della ragazza.
“Io e te dobbiamo fare un discorsetto…”  così dicendo afferrò il giovane e lo trascinò al bancone, obbligandolo a sedersi. Spillò due birre, gliene porse una e gli si mise davanti, le braccia appoggiate al banco e lo sguardo dritto nel suo.
Sospirò, cominciando a parlare piano  “Se Lena viene a sapere quello che stò per dirti mi ammazza…”  zittì l’altro prima che potesse interromperla  “ Quando eravamo alle medie lei era innamorata persa di Wakabayashi. Credo che in quattro anni in cui sono stati in classe assieme gli abbia rivolto si e no tre volte la parola… E’ sempre stata timida ed introversa e la sua situazione famigliare non l’ha certo aiutata ad aprirsi… Quel porco di suo padre prima ha cornificato la madre e poi l’ha piantata in asso con una figlia a carico, senza farsi vedere neppure quando alla madre di Lena diagnosticarono una malattia che la rese inabile al lavoro e che necessita di cure costose. La finale del Campionato era la sua ultima speranza di poter continuare a pattinare. Se ricordi era in palio una borsa di studio…”  un cenno del capo in risposta  “Ma cosa c’entra…” di nuovo venne fulminato e si zittì.
“Il giorno prima della finale erano arrivate diverse ragazze della squadra di Monaco. Erano nel parco fuori dalla scuola, vicino al laghetto. Non era gelato, ma faceva freddo. Lena stava andando a prendere l’autobus. Non mi disse mai di chi si trattava, ma quattro ragazze di Monaco iniziarono a prenderla in giro per il suo abbigliamento, la strattonarono ed alla fine tanto fecero che arrivarono a farla cadere nel laghetto. Come ti ricorderai non era profondo e lei ne venne fuori da sola. Purtroppo l’autobus era in ritardo a causa della neve. Il giorno della gara aveva quasi quaranta di febbre.”
“Oddio… ricordo che sbagliò quei salti… Mel ci rimase malissimo! Lena per lei era un idolo da imitare…”
“Hermann, Lena mi disse che ero maligna, ma sono sicura che Angela sapesse quello che era successo…”
Il centrocampista dell’Amburgo era esterrefatto  “Ma…”  un dito dall’unghia laccata di viola si posò sulle sue labbra.
“Lei non ci ha mai voluto credere… Di quel giorno mi ha raccontato però una cosa: ricorda che Wakabayashi  non ha mai smesso di guardarla, che il suo sguardo l’ha sostenuta dall’inizio alla fine di quel dannato esercizio…Tu non lo sai, ma Lena è svenuta negli spogliatoi.”  sorrise triste.
“Perché si è messa a lavorare per lei?”  chiese il ragazzo, sconcertato da quello che aveva appena ascoltato.
Reb si levò in piedi, sospirando  “Te l’ho detto… Le cure di sua madre sono piuttosto costose… Sei anni fa Angela era alla ricerca di una supersegretaria che le gestisse sia gli affari privati che il lavoro. Puntava già alla direzione di Sport & Sport ma doveva anche amministrare il patrimonio di famiglia e… gestire  una vita privata piuttosto complessa, diciamo così. Non mi chiedere perché, ma Angela ha rifiutato ben sei proposte di matrimonio, prima di quella del tuo amico. E tutti i sui fidanzati sono stati puntualmente traditi... con Lukas Bauer, il suo primo fidanzato, l’unico che non le abbia mai chiesto di sposarla ma che l’ha sempre tenuta in pugno.”
“Accidenti…”  Hermann si lasciò andare sul bancone, scuotendo il capo. Sollevò lo sguardo e fissò la ragazza che aveva di fronte. Improvvisamente la mente venne travolta dai ricordi di quand’erano ragazzini ad Amburgo, secoli prima. Rebecca gli era sempre piaciuta, ma quella ragazza aveva un carattere dannatamente aggressivo, difficile, scostante. Faceva la dura, il maschiaccio e spesso e volentieri si cacciava  nei guai. Lui poi non ci sapeva fare con le ragazze come il suo amico… E così si erano semplicemente persi di vista, e a lui era rimasto il rimpianto di non averci mai provato.
“Ehi, Kalz, ci sei?”  la voce della bionda lo riportò alla realtà e si sorprese ad arrossire mentre si perdeva per un attimo negli occhi verdi di lei.
“E… e così è stata Lena…”   disse, ancora frastornato. Rebecca storse le labbra, spazientita e lo osservò socchiudendo gli occhi  “Già… ovvio che è stata lei! Lei aveva in mano l’agenda di Angela, lei le faceva le prenotazioni, lei  raccontava le balle al posto suo, lei comprava i regali ed organizzava le serate con il “fidanzato ufficiale”, parando il sedere a quella strega!”  pronunciò tutto quanto d’un fiato, in un sibilo d’ira. Il giovane ci mise un attimo a mettere a fuoco il significato di quelle parole.
“Regali? Aspetta un attimo! Vuoi dire che era Lena ad occuparsi di tutto? Regali, appuntamenti, le serate al Wagner?”  lo sguardo di Reb fu una risposta sufficiente ed il ragazzo si sentì travolgere dall’ira  “Quella… !”  e battè un pugno su bancone, facendo oscillare il boccale semivuoto di fronte a lui.
Rebecca riprese a parlare, appoggiando la schiena al retrobanco  “ Quando Angela accettò la proposta di matrimonio di Wakabayashi, Lena credette che, alla fine, si fosse innamorata di lui. Ma circa due mesi fa le capitò, per puro caso e fortuna, di ascoltare una conversazione tra lei e Lukas. Angela ha accettato solo perché in questi anni è riuscita a dilapidare i soldi dei genitori. Peggio! Lena crede che la stupida se li sia fatti fregare sotto al naso da quel bell’imbusto che se la rigira come vuole! Wakabayashi è un ottimo partito: oltre ad essere un calciatore di fama internazionale è pure ricco di famiglia, e ad Angela i suoi soldi facevano comodo! Negli ultimi tempi aveva fatto la fidanzatina fedele per non destare sospetti, ma appena sposati il tuo amico sarebbe stato fregato del tutto! Quando Lena si rese conto della gravità della situazione, recuperò tutto il materiale che aveva a disposizione e contattò Reiner, il quale, tra l’altro, aveva già sguinzagliato un fotografo alle calcagna della ex perchè sospettava qualcosa.”
Ad Hermann parve come se un peso gli si fosse levato dallo stomaco… Lena aveva salvato il suo migliore amico da una brutta storia.
Un dubbio  assalì all’improvviso il giovane ad udire quelle parole  “Reb… Lena è ancora innamorata di Wakabayashi?”
Si guardarono.
Non gli rispose, semplicemente gli tolse il boccale da davanti e glielo riempì nuovamente, posandolo con un sospiro ed un sorriso mesto  “Tu cosa ne dici?”

   
 
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