Capitolo 3
Tornarono dopo circa mezz’ora
e Jack andò subito alla scrivania di Lucy che lo guardò speranzosa. «Sta
tranquilla, non è lui, si tratta di una donna.»
La ragazza chiuse gli occhi e
strinse la mano di Sue. «Sia ringraziato il cielo.»
Jack annuì poi si avvicinò a
De. «C’è un pensiero che mi gira in testa da stamattina e dopo il ritrovamento
di questo cadavere mi sto convincendo di aver
ragione.»
«A cosa ti
riferisci?»
«Fuentes è arrivato il 13
all’aeroporto e la società di import-export che tratta con il sud America si è
incendiata quella stessa notte mentre il corriere veniva accoltellato in
carcere. Andrew si occupa di questo caso, dice a Lucy di ritenere l’incendio
doloso e di dover incontrare un informatore però poi scompare e miracolosamente ai suoi superiori arriva
una relazione che dice esattamente il contrario. inoltre, sempre per
combinazione la sua ultima telefonata arriva dalla zona dell’aeroporto e adesso
troviamo questa donna uccisa lì vicino e, secondo quanto dice il medico legale,
l’ora del decesso è tra le due e le tre di questa mattina. Comincio a credere
che i due casi siano collegati.»
«E la telefonata che Andrew ha
fatto per chiedere un permesso?»
«Dai, sappiamo entrambi che
possono averlo costretto in mille modi a farla. Non abbiamo nulla di nuovo su
Fuentes?»
«Forse un piccolo spiraglio.
Le chiavi che stava usando per aprire la porta di servizio sono di un tipo
particolare in dotazione solo agli addetti ai bagagli e all’impresa di pulizie
dell’aeroporto. È probabile che avesse un complice tra
questi.»
«Bene, passa l’informazione a
Tara e dille di controllare tutti gli impiegati.»
Lavorando con quei ritmi
frenetici l’ora di pranzo arrivò presto e, anche per distrarre Lucy, Bobby
propose di andare a mangiare tutti insieme.
«Io non posso, andate voi»
disse Sue «devo finire questo rapporto per Randy, lo vuole nel primo
pomeriggio»
«Quell’antipatico, deve
mettere sempre i bastoni tra le ruote.»
«Non essere cattivo Myles, in
fondo non è poi così male.»
«Sei tu Sue che sei troppo
buona.»
Levi grattò la gamba della sua
padrona per attirarne l’attenzione. «Anche tu hai fame vero? Tara potreste
portarlo con voi?»
«Certamente».
Uscirono tutti e Jack rimase
da solo con Sue. «Tu non vai?»
«Pensavo di restare a farti
compagnia, visto che non c’è neanche Levi.»
«Non preoccuparti per me»,
indicò i documenti sulla scrivania, «sarò molto
impegnata.»
«Allora
vado?»
«Vai.»
Lui iniziò a camminare
all’indietro continuando a parlarle. «Sei sicura perché io
potrei..»
«Vai!»
«Non vorrei che ti sentissi
sola»
«Jack, non farmelo ripetere
ancora, vai!» e sorrise divertita indicandogli la
porta.
In quel preciso momento lui si
bloccò di colpo, tornò indietro, si chinò, le prese il viso tra le mani e la
baciò.
«Jack, cosa fai qualcuno
potrebbe vederci.» Il suo tono tradiva la preoccupazione.
Lui si rimise dritto. «Come
potevo resistere a quel sorriso…e poi, lavoro per l’FBI, il pericolo è il mio
mestiere piccola.» Fece uno sguardo compiaciuto.
Lei scoppiò a ridere. «Ma
quanto sei stupido! Adesso lasciami lavorare e non tornare senza portarmi
qualcosa.»
I due uomini che, parlando tra
loro, si dirigevano verso l’ufficio non avrebbero potuto essere più diversi. Uno
era alto e magro, con un elegante vestito blu e i capelli perfettamente in
ordine, l’altro era più basso e robusto, vestito con jeans, maglietta e
giubbotto di pelle e aveva dei capelli ricci che doveva essere un’impresa
rendere anche solo presentabili. Arrivati nell’ufficio videro che era vuoto
all’infuori di una donna bionda che dava loro le spalle e stava cercando
qualcosa in un archivio.
L’uomo più alto si schiarì la
voce. «Mi scusi, stiamo cercando l’agente Hudson.»
Sue chiaramente non poteva
sentirlo e non avendo risposta l’uomo ripeté la domanda. Vedendo che la donna
non rispondeva ancora quello più basso le si avvicinò e la prese per una spalla
facendola voltare. Senza accorgersi dello spavento che le aveva procurato le
urlò in faccia. «Stiamo cercando l’agente Hudson. Quante volta dobbiamo
ripeterlo! Cos’ha, è sorda per caso?»
Sue era stupita di tanta
aggressività ma si riprese subito e rispose con tono gentile: «l’agente Hudson è
fuori per pranzo, tornerà tra poco. E comunque per sua informazione si, sono
sorda.» Si gustò l’espressione di vergogna sul viso di entrambi poi riprese «io
sono Sue Thomas, volete dire a me?»
Fu quello più alto a parlare.
«Le chiedo scusa, non potevamo sapere che lei…se è possibile vorremmo
aspettare.»
Neanche cinque minuti dopo gli
altri rientrarono lanciando degli sguardi curiosi a quella strana coppia. Sue
disse a Jack che lo stavano cercando e lui si avvicinò. «Sono Jack Hudson, in
cosa posso aiutarvi?»
«Io sono Marvin Kendall
dell’ufficio delle entrate» si presentò l’uomo elegante «e lui è Frank Martin della narcotici. Siamo qui perché
ci è giunta voce che state facendo delle domande sull’incendio di quella società
di import-export del centro e vorremmo sapere perché visto che non è un vostro
caso.»
Jack li guardò scettico.
«Posso sapere a che titolo lo domandate?»
Questa volta fu Martin a
rispondere. «Senta agente, non giriamoci intorno, di questa storia ce ne stiamo
occupando noi da quasi un anno e non mi va giù che voi arriviate con i vostri
bei distintivi luccicanti e i vestiti freschi di tintoria a rischiare di farmi
saltare tutto.»
Jack sorvolò sulla risposta a
tono che avrebbe voluto dargli, ora gli interessava di più capire a cosa si
riferissero senza però scoprirsi troppo. «Non so di quale caso
parliate.»
«Quella società,
I pezzi del puzzle stavano
iniziando ad andare a posto pensò Jack, ma il suo istinto gli suggeriva che era
meglio non dire immediatamente a quei due tutto quello che sapevano. Per il
momento gli avrebbe detto di Fuentes ma si sarebbe tenuto cauto riguardo a
Andrew, soprattutto non gli avrebbe detto del codice c16-64. «Sarà meglio
parlarne con calma di là nella sala riunioni. Bobby puoi accompagnare i signori,
io arrivo subito.»
Uscendo Kendall si avvicinò a
Sue. «Mi scuso ancora per l’increscioso incidente di prima, spero non si sia
offesa.» Le prese la mano e la strinse, troppo affettuosamente secondo Jack.
Anche Sue si sentì a disagio e ritirò la mano.
Quando i due furono usciti
Myles chiese a Jack: «allora, chi sono Stanlio e
Ollio?»
Jack raccontò quello che aveva
saputo e alla fine fece a tutti una raccomandazione: non dovevano assolutamente
parlare del codice.
«Ma Jack» protestò Lucy
«potrebbero aiutarci a rintracciare Andrew e tu vuoi tenergli nascosto un
particolare così importante?»
«Lucy ti fidi di me?» lei
annuì «allora fa come ti dico per favore, non so perché ma in quei due c’è
qualcosa che non mi convince. Ora vado a
parlargli.»
Il colloquio fu molto lungo,
Kendall e Martin vollero parlare anche con Lucy e Sue prima di andar via dicendo
però che sarebbero tornati il giorno dopo.
Appena raggiunsero di nuovo
gli altri De si rivolse a Jack. «Ha chiamato la polizia, la donna morta si
chiama Doris Williams, aveva trenta anni. Il medico legale conferma che è morta
tra le due e le tre.»
Tara richiamò la loro
attenzione. «Scusate ma si trattava di questa Doris Williams?» fece comparire un
tesserino di riconoscimento sullo schermo a parete.
«Si, è proprio lei» confermò
Bobby.
«Beh, Doris lavorava come
addetta ai bagagli all’aeroporto…»
«…e quindi era in possesso di
un mazzo di chiavi come quelle che aveva Fuentes.»
«Esatto, in più aveva
precedenti per droga e l’estate scorsa era stata in vacanza in
Colombia.»
Myles si appoggiò alla
scrivania e incrociò le braccia sul petto «signori miei, se tre indizi fanno una
prova direi che abbiamo trovato la complice di
Fuentes.»
Jack e Sue si scambiarono uno
sguardo preoccupato: la situazione era sempre più intricata e Andrew si trovava
proprio nel mezzo. Dovevano sbrigarsi, le probabilità di ritrovarlo vivo
diminuivano ogni minuto che passava.
«Lucy, devi mangiare qualcosa,
non puoi lasciarti andare così.» Sue era molto preoccupata, erano a casa per la
cena e con loro c’era anche Jack, ma Lucy era completamente apatica. Dopo gli
ultimi sviluppi delle indagini cominciava a dubitare che Andrew fosse ancora
vivo e capiva dagli sguardi che Jack e Sue si scambiavano che era anche il loro
pensiero. Ripensò alla decisione di Jack di non rivelare a Kendall e Martin del
codice: e se avessero bruciato l’unica possibilità di riportare Andrew a casa,
di riportarlo da lei?
Vide le mani di Jack e Sue
intrecciate sul tavolo, un gesto semplice ma intimo e consolatorio, e la
sofferenza aumentò. Non era giusto che loro potessero stare lì insieme mentre
lei doveva affrontare quella situazione. Si alzò e senza dire una parola andò in
camera sua. Sue la raggiunse e la trovò raggomitolata sul letto a piangere. Si
sedette e iniziò ad accarezzarle i capelli per calmarla. Dopo un po’ Lucy si
voltò per permettere all’amica di leggerle le labbra. «Mi dispiace Sue, ti
chiedo scusa.»
Sue era sorpresa, non riusciva
a capire. «Di cosa devi chiedermi scusa, non hai fatto
nulla.»
«E invece si, poco fa quando
ho visto te e Jack insieme che vi tenevate per mano sono stata gelosa e cattiva.
Ho pensato “perché è successo a me e non a loro” dimenticandomi di tutto quello
che anche voi avete e state ancora passando.
Scusami.»
«Scusami tu piuttosto, avrei
dovuto pensarci ed evitare certi comportamenti. Anche io, a parti invertite,
avrei pensato le stesse cose, la sofferenza rende sempre un po’ egoisti» le
sorrise «ora cerca di dormire per qualche ora o domani
crollerai.»
Tornata di là trovò Jack
intento a lavare i piatti. Si fermò qualche istante ad osservarlo dalla porta:
quale immensa fortuna aveva avuto! Gli si avvicinò alle spalle e lo abbracciò da
dietro posandogli la guancia sulla schiena. Allora lui le prese la mani e
lentamente si girò prendendola tra le braccia. «Ehi, cosa c’è? Lucy sta
bene?»
«E’ molto giù, dovremo starle
vicini.»
Le spostò i capelli dietro
l’orecchio. «Certo, lo faremo. Vuoi che resti qui stanotte…sul divano si
intende.»
Lo guardò, aveva il viso
segnato dalla stanchezza. «No, hai bisogno di dormire comodamente nel tuo letto.
Noi ce la caveremo.»
Andarono alla porta tenendosi per mano e quando stava per andarsene gli disse con i segni: “quando tutto questo sarà finito potremmo riparlare di cosa preferisci per colazione”. Lui sorrise e le rispose sempre con i segni: “non c’è fretta, io non vado da nessuna parte.”