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Autore: Notthyrr    11/12/2012    2 recensioni
[Váli; Narfi; Moði; Magni]
I figli di Thor e i figli di Loki in missione a Midgard. Sono all’altezza della fama dei padri?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fables of Asgard'
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Váli urlò ancora e lanciò in aria il pugnale, terrorizzato. Cercò di divincolarsi nella presa, ma le gambe gli cedettero per la paura e finì a terra, annaspando all’indietro per allontanarsi dalla figura che intravedeva a stento all’ombra del cipresso. Infine, si trovò la schiena contro una lapide e dovette restare appiattito lì, immobile, i denti che gli battevano incontrollabili per il terrore.
La misteriosa figura mosse un passo nel cono di luce che la Luna proiettava nel cimitero e scoppiò in una risata maliziosamente divertita.
Il ragazzino, che portava il nome di Váli, restò impietrito, cominciando a intuire chi potesse celarsi nell’oscurità, e strinse gli occhi per vederci meglio.
Gli si mostrò un giovane alto e particolarmente magro. Aveva i capelli legati in una corta coda corvina, fatta eccezione per qualche ciocca che gli scendeva sulla fronte e lungo le tempie. Come Váli aveva avuto modo di constatare poc’anzi, i suoi occhi erano chiarissimi, come la sua pelle, tanto da spaventarlo. Nel complesso, a meno che non fosse sbucato a tradimento nel mezzo di un cimitero, poteva essere considerato di bell’aspetto.
Riconosciuto il fratello maggiore, Váli gli lanciò un’occhiata colma d’odio: «Sei un cretino.» capitolò senza troppi preamboli.
Il giovane continuò a ridere divertito, poi gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi: «Non potevo non prendermi questa soddisfazione.»
«Resti un cretino.»
«Se fossi arrivato con la luce del Sole, il cimitero ti sarebbe quasi sembrato carino.»
Váli lo guardò torvo, ma non replicò: «Dove sono gli altri?»
«Nascosti.» rispose il giovane guardandosi attorno come per localizzarli. «All’ingresso del palazzo.»
Il ragazzino recuperò il pugnale e lo seguì tra le tombe, cercando di tanto in tanto di leggere i nomi riportati su di esse, anche se, per la polvere, la sporcizia, la corrosione o, semplicemente, per le edere avvolte attorno al marmo, risultava quasi impossibile.
«Ehi, Váli, tu dici che qua ci sono veramente gli elfi?» gli domandò inaspettatamente il fratello facendo correre istintivamente la mano al pomolo della spada che gli pendeva al fianco.
Váli alzò le spalle: «L’ha detto papà.»
Il giovane gli lanciò un’occhiata canzonatoria: «Papà dice tante cose. E tu non hai ancora imparato a non fidarti di lui.»
«L’unico di cui ho imparato a non fidarmi sei tu.» replicò imbronciato guadagnandosi nient’altro che una scompigliata di capelli che lo portò a imbestialirsi ancor di più.
«Psst!» li richiamò un ragazzo accovacciato dietro un cespuglio. «Narfi!»
I due ragazzi si volsero verso l’origine del rumore, individuando due giovani accosciati tra gli arbusti.
Narfi s’affrettò a raggiungerli e si nascose anch’egli tra il fogliame.
«È arrivato tuo fratello?» chiese il primo, spazientito. Era un ragazzo biondissimo, che avrà avuto l’età di Narfi. I suoi occhi erano color dell’oceano ed esprimevano costantemente serenità e gioia, anche se, in quel momento, erano cupi e  lugubri come quelli del fratello di Váli.
Narfi abbozzò un sorriso e indicò dietro di sé il punto in cui anche il fratellino si era inginocchiato per farsi spazio tra gli arbusti. Si accoccolò di fianco al secondo ragazzo, anch’esso biondo, ma di corporatura più massiccia e dagli occhi di una particolare sfumatura di viola.
«Scusa il ritardo, Moði…» mormorò Váli cercando il suo sguardo con un paio di occhioni verdi ai quali, sperava, non sarebbe stato facile resistere.
Moði alzò lo sguardo al cielo: «L’… L’importante è che tu sia venuto… e non te la sia svignata.»
«Come tu pensavi che facesse, non è vero?» gli domandò l’altro ragazzo biondo.
«Taci, Magni!» sbottò il primo. Erano fratellastri, Moði e Magni. Mentre il primo era figlio di Thor e Sif, il secondo era il risultato di uno dei tanti adulteri asgardiani, nato dal dio del tuono e dalla gigantessa Járnsaxa. Era stata dura convincere gli Asi ad annoverare tra loro un altro figlio di giganti, ma alla fine anche Sif, la quale aveva un figlio illegittimo chiamato Ullr, aveva accettato la sua presenza per discolparsi del suo tradimento.
«Sono usciti?» chiese Narfi creandosi un varco tra i cespugli per poter spiare la villa.
«Mai.» rispose Moði facendo altrettanto. «Non hanno nemmeno dato segno di essere lì.»
«Ma siete sicuri che ci siano veramente e non sia uno dei tanti falsi allarmi?» fece Magni appoggiando la schiena al fusto dell’albero alle sue spalle. Sfilò la spada dal fodero per controllare che fosse ancora lucida; la lama gli rimandò il riflesso del suo volto tirato dalla stanchezza.
«Chi ha fatto rapporto su questo posto?» chiese poi Moði.
«Loki.» mormorò Narfi.
«Appunto.» sospirò Magni.
«Sei un mezzosangue come noi…» lo rimproverò Váli. Era divertente vedere un ragazzino che dimostrava poco più di dieci anni prendersela con un giovane alto quasi due spanne più di lui e dai lineamenti già adulti.
«Lo so, lo so!» cercò di scusarsi lui. «Ma, andiamo, tutti diffidano di Loki e, nonostante siate suoi figli, dovreste stare attenti anche voi. È strano, ultimamente. Alcuni dicono che sia un po’ uscito di testa…»
«Balle: è lo stesso di sempre.» fece Narfi con una scrollata di spalle. «Non è mai stato molto… dentro
«Almeno su questo ci troviamo d’accordo.» ridacchiò Moði.
Váli li guardò imbronciato, ma decise di non mettersi in mezzo: ragionare con loro sarebbe stato come insegnare a un troll a giocare a scacchi.
«Ci sono due entrate.» disse poi Moði indicando la villa, ora poco illuminata per via della Luna oscurata da una nube. «Dannazione, abbiamo fatto male a non portare Thrúðr con noi…»
Thrúðr era la sorella di sangue di Moði, di riflesso la sorellastra di Magni. Era una fanciulla bionda dai capelli sempre raccolti in una treccia. I suoi occhi erano acquamarina e la sua pelle color delle pesche. Era particolarmente affezionata a Freyja, la dea dell’amore, pertanto era diventata come lei un’ottima telepate, capace d’individuare la presenza di amici e nemici in raggi di distanza molto ampi.
«Lei avrebbe potuto dirci se gl’ingressi erano presidiati da guardie…» sentenziò Magni, passando il dito sul piatto della spada.
«Váli, non è che…?» cominciò Narfi, interrompendosi subito quando, voltosi verso il fratello, non lo trovò al suo fianco.







Note: Ci risiamo. Che dire? Spero di non aver stravolto nulla in questo secondo capitolo... L'unica precisazione che ci terrei a fare è riguardo Freyja e Thrudr: insomma, la tendenza per le arti telepatiche l'ho immaginata sapendo che era pratica comune per le donne la magia, molto più che per gli uomini. Per il resto, spero sia risultato tutto chiaro e spero sia apprezzato.
Una recensione è sempre, sempre gradita.
Grazie.

  
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