Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: AnnabelleTheGhost    18/12/2012    3 recensioni
Shawn è un ragazzo diciottenne impulsivo e violento.
Quando la sua fidanzata viene brutalmente assassinata, la sua vita viene sconvolta e decide di fare giustizia da solo.
Ma lei non sarà l'unica a morire.
Il killer colpirà di nuovo...
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
4. Dietro le sbarre
 
I sospiri divennero nuvolette, che si persero nell’aria innaturalmente fredda di quel luogo.
«Sei stato fortunato, ragazzo» ribadì l’agente, forse per la terza volta. Non ottenere una risposta non significava che il suo interlocutore non l’avesse ascoltato.
Shawn aveva compreso che era stata una “fortuna” che Sofia non fosse morta e che le auto della polizia fossero arrivate appena in tempo. Sua madre, con l’aiuto del padre di Matt, che era un ottimo avvocato, aveva spiegato ai poliziotti che in quel momento lui non godeva a pieno delle sue capacità mentali, traumatizzato dall’assassinio di Katia.
Era maggiorenne, poteva passare diverso tempo in carcere, ma si optò per un compromesso: qualche giorno di prigione e lavori socialmente utili.
Solo a mente fredda, Shawn si rese conto di essere stato troppo impulsivo. Non aveva prove che Sofia fosse la colpevole e, nonostante una ragazza viziata come lei meritasse qualche sberla, di certo non poteva sostituirsi a Dio e decretare chi meritasse la morte.
Si afferrò i capelli tra le mani, continuando a pensare, e ignorando l’agente, che continuava ad esprimere le sue opinioni al riguardo.
La casa di Sofia gli ricordava uno di quei film horror dove c’è sangue ovunque intorno al cadavere. Sofia vomitava sangue e Shawn non riusciva più a pensare, ma solo a infierire di più su quel corpo massacrato.  La porta era stata sfondata e un poliziotto l’aveva afferrato con forza alle spalle, bloccandogli i movimenti e il petto. La presa era ferrea e la clavicola, dove facevano forza i pugni chiusi dell’agente, gli doleva.
Altri quattro poliziotti controllarono lo stato di Sofia, urlando di “chiamare un’ambulanza!” e prestandole i primi soccorsi. Respirava a malapena ed era sul punto di perdere i sensi.
Shawn smise di opporre resistenza e guardò la scena con occhi diversi, come se lui non fosse stato l’artefice di tutto ciò. Ma una parte di lui continuava a ardere, a desiderare di colpire l’uomo che lo bloccava e sfogare la propria violenza.
I genitori di Sofia l’avevano riconosciuto, così venne chiamata la casa di Shawn per avvertire che il loro folle figlio aveva picchiato a sangue una ragazza. La madre andò in questura, pallida e tremante, sostenuta da Monica, con il telefono piazzato costantemente all’orecchio in attesa della risposta dell’avvocato Morris.
Shawn non aveva detto una sola parola fin tanto che i bollenti spiriti continuavano ad agitarlo. Solo poche ore dopo il senno gli tornò in corpo e provò pena per quella ragazza in ospedale, che probabilmente lottava tra la vita e la morte.
«Tua madre e tua sorella ti vorrebbero parlare» insistette l’agente.
Shawn scosse la testa. «Non ho niente da dire».
«Credo che tu, invece, abbia molto da dire, visto che hai appena aggredito una tua compagna!»
Shawn, scomodamente seduto, tornò a fissare il pavimento e non degnò il poliziotto d’attenzione. Questi sbuffò e camminò avanti e indietro. «Vuoi almeno sapere cosa è riuscito a patteggiare il tuo avvocato?»
«Lo so già». In quegli attimi di silenzio dove era rimasto solo in quella stanza monocolore aveva sentito tutto ciò che c’era da sentire da parte di sua sorella, sua madre, dal padre di Matt e dai poliziotti. Solo mentre sentiva quelle discussioni provò il timore di dover passare il resto della sua vita in carcere – cosa su cui non aveva riflettuto mentre tentava di uccidere Sofia – ma fu una sensazione che durò poco, poiché l’avvocato Morris era davvero molto bravo e non avrebbe di certo potuto far marcire in cella il migliore amico di suo figlio!
L’uomo uscì dalla stanza e non si fece rivedere per un altro quarto d’ora, che Shawn impiegò contando le mattonelle sul pavimento sotto i suoi occhi per tante volte. Sempre le stesse.
«Hai una visita». Un poliziotto si sporse nella stanza e, a giudicare dalla voce, doveva essere diverso dal primo.
«Non voglio vedere nessuno».
«Dice che è importante e di chiamarsi Cassidy».
Shawn sollevò gli occhi e guardò quell’uomo dalla pelle color cappuccino fissarlo, attendendo una sua risposta. «D’accordo. La faccia entrare».
L’uomo si dileguò e, al suo posto, entrò una ragazza dai capelli scompigliati e con un larghissimo pull-over azzurro, che le arrivava sulla coscia. Prese una sedia e la spostò di fronte a Shawn.
«Ciao» si approcciò con un sorriso.
«Che ci fai qui?»
Cassidy mise le mani tra le ginocchia e si guardò intorno, con l’aria di non apprezzare quella stanza. «Sono venuta... a vedere come stai» rispose, ancora non guardandolo negli occhi.
«Come vuoi che stia? Mi hanno arrestato. È questione di pochi minuti e mi metteranno in cella».
«Perché l’hai fatto?» domandò. Sbattè le palpebre, e stavolta lo guardò dritto negli occhi. Di nuovo, Shawn si trovò disorientato, osservando il colore dell’iride, che oscillava dal blu al viola. Doveva essersi abituato dopo tutti quegli anni, ma ogni volta lo stupivano.
«Katia» si limitò a rispondere e chinò la testa un’altra volta.
«Lo so. Mi dispiace» mormorò lei e allungò la mano destra su quella di Shawn. Era più magra del normale e pallida, ma era comunque confortante.
«Io... non ragionavo lucidamente. Volevo ucciderla...» confessò.
Cassidy strinse la mano. «Capisco come ti senti, Shawn, ma... non potevi ucciderla! Non l’avresti mai fatto...»
«Invece sì. Se non fosse intervenuta la polizia, a quest’ora Sofia sarebbe morta».
Cassidy non riuscì a nascondere un sorriso e unì anche l’altra mano alla stretta. «Sono contenta, allora, che sono venuti i poliziotti: non avrei mai sopportato vederti con quelle divise a righe».
«Penso che quelle esistano solo nei fumetti» tentò di sdrammatizzare Shawn.
Cassidy rise. «Hai ragione. Leggo troppi fumetti...»
Ci fu un attimo di silenzio, poi Shawn riprese: «Non mi ero reso conto che i vicini potessero chiamare la polizia...»
«Non sono stati i vicini».
Shawn alzò la testa di scatto. «E chi, allora?» Nessuno poteva sapere le sue intenzioni, nessuno era a conoscenza del suo odio per Sofia tranne...
Cassidy guardò da un’altra parte mentre Shawn le strinse le mani più forte. «Sei stata tu, vero?»
La ragazza tolse le mani dalla stretta e le rimise tra le ginocchia. Continuò a far vagare lo sguardo nella stanza, ignorando la domanda.
«Voglio solo una risposta, Cassidy. Giuro che non me la prenderò con te!»
Cassidy riuscì a guardarlo e rispose, con una voce flebile: «Sì, io ho chiamato la polizia...»
«Come facevi a sapere cosa volevo fare?» insistette.
«Ho saputo della morte di Katia e volevo andare a casa tua per chiederti come stavi e impedirti di fare sciocchezze. Monica mi ha detto che non eri in casa, e allora...»
Shawn si ricordò del pomeriggio del giorno prima, quando aveva incontrato Cassidy per strada, durante la sua vana ricerca di Katia. Mentre lui si guardava intorno con disperazione, lei aveva diverse pietanze tra le mani, chiuse in sottovuoti.
Cassidy aveva compreso che qualcosa non andava e aveva chiesto se poteva dare una mano. «Non trovo Katia» la informò e, sotto insistenza di lei, le aveva raccontato l’episodio nel bagno, condito di epiteti pesanti nei confronti di Sofia.
«Non dovresti arrabbiarti con una stupida come quella: andavamo insieme alle elementari ed è sempre stata senza cervello!»
Ma Shawn non aveva intenzione di tranquilizzarsi, perciò Katia gli aveva offerto il suo aiuto nelle ricerche, ma solo dopo aver portato quei sottovuoti a sua nonna.
Nella stanza nella questura della polizia, Shawn continuava a guardare Cassidy, interrogativo.
«Non volevo farti combinare sciocchezze...» confessò lei.
Shawn sospirò e Cassidy decise di alzarsi di scatto dalla sedia. «Volevo solo dirti questo... Ora è meglio che faccia entrare gli altri: sono tutti preoccupati per te!»
«Non voglio vedere nessuno di loro. Solo essere rinchiuso in quella dannata cella e basta».
«No, che non lo vuoi...»
«Voglio solo uscire da qui il prima possibile. Odio questo posto!» affermò con disprezzo.
«Ma almeno dovresti tranquillizzare tua madre, Monica, Matt...»
Fece passare le dita di una mano tra le fessure dell’altra e le strinse sulle nocche. «C’è anche Matt?»
«Sì, l’ha saputo da suo padre».
Shawn scosse la testa e sospirò. «Fa’ entrare Monica, ma solo per cinque minuti. Non un secondo di più».
Cassidy gli fece ciao con la mano e sgusciò fuori.
Monica entrò con la sua aria da regina, esordendo: «Ti hanno fottuto, caro fratellino, eh?»
«Sta’ zitta».
«Se vuoi che stia zitta, perché mi hai chiamata?» gli domandò con un sorrisetto trionfante. Fece tintinnare i soliti braccialetti sul polso, e si avvicinò alla sedia lasciata da Cassidy.
«Volevo uccidere Sofia, non la mamma» rispose. Decise di mettersi ritto sullo schienale della sedia e osservare sua sorella sedersi davanti a lui e incrociare le gambe coperte solo da un collant a rete.
«Non c’è bisogno che fai il drammatico. Mamma sta bene. Sai com’è, se suo figlio sta per diventare un assassino non fa di certo i salti di gioia». Frugò nella borsetta nera e ne estrasse una lunga stecca bianca. «E ora spiegami perché ti sei voluto cacciare nella merda».
«Non volevo “cacciarmi nella merda”» ribattè.
«Come la spieghi un’aggressione e un quasi-omicidio? Era una candid camera?» Prese l’accendino dalla borsetta e iniziò a fumare.
A Shawn non poteva importar di meno del gigantesco cartello alle spalle della sorella dove c’era scritto “VIETATO FUMARE”. Se anche Monica fosse andata in prigione, tanto meglio.
«Non sono cazzi tuoi».
«Lo sono, invece. Quando si parla di qualcuno della famiglia Bethell, si parla di tutta la famiglia Bethell».
«Ma per favore, smettila di fingerti affezionata a me!»
«Okay, non me ne potrebbe fregare un cazzo di te e se passassi trent’anni in gattabuia. Ora sei soddisfatto?»
Shawn si limitò a osservare il fumo grigio che saliva verso il soffitto e l’odore che si impregnava nei mobili della stanza.
«Vuoi almeno sapere qualcosa di più riguardo all’omicidio della tua amaaaata Katia?» Strascicò le “a”, volendo scimmiottare Shawn, ma lui non venne neanche sfiorato dalla provocazione.  Le tolse la sigaretta dalle dita e la fissò negli occhi. «Cosa sai?»


Nota dell'autrice: non credevo di aggiornare così presto, dato che avevo in programma di pubblicare questo capitolo tra diversi giorni, ma ho scelto di aggiornare oggi le mie storie principali così da poter soddisfare i miei lettori in caso, per impegni vari come il mio compleanno il 20, Natale o feste varie, non riuscissi a continuare a scrivere queste storie.
Accade ben poco in questo capitolo, lo so, ma volevo "tranquillizzarvi" dopo la suspense di dieci giorni su cosa fosse successo a Sofia e Shawn. Non so che spoiler farvi sul prossimo capitolo perché non ho idea di cosa tratterà. Potrebbe anche morire qualcun altro...
Avevo in mente di fare uno speciale natalizio su
Blood and Passion, ma dato che ancora la seguono troppe poche persone, non credo sia il caso. Forse, chissà, il prossimo anno potrete leggere qualcosa...

ATG
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: AnnabelleTheGhost