III: Spiegazioni e
gratitudine
- Eh.. e
quindi? – Jack Frost alzò un sopracciglio in attesa di delucidazioni.
Sandman
si lasciò cadere le braccia e sospirò, esasperato. Aveva appena passato
l’ultima mezz’ora a spiegare la ragione per cui sembrava così preoccupato negli
ultimi tre giorni. E siccome a chiederglielo era stato proprio Jack, il Custode
dei Sogni si era aspettato un minimo di partecipazione alla conversazione che
aveva cercato di iniziare. Lo Spirito del Gelo, tuttavia, si era rivelato uno
scarso interprete e un consigliere ancor meno capace.
L’intenzione
di Sandman era di informare i Guardiani uno alla volta dell’anomalia in cui si
era imbattuto e che si era rassegnato a considerare ‘problema che non posso
risolvere da solo’. Tuttavia sapeva bene quanto erano
tutti –eccezion fatta per Jack, il cui lavoro principale sembrava essere il far
nulla- impegnati nei loro doveri di Guardiani, perciò aveva scelto di esporre
il problema a tutti senza causare più agitazione del necessario. In fondo,
nemmeno lui stesso era sicuro di ciò che stava succedendo: poteva essere uno
scherzo di cattivo gusto di qualche Spirito minore, e non sarebbe la prima
volta.
Aveva
solo avuto la pessima idea di
informare Jack per primo, solo perché è stato il primo disposto ad ascoltare che
Sandman aveva incontrato.
…E quindi credo che la cosa non
riguardi solo me. Formulò
con la sua sabbia, in conclusione.
Frost
impiegò diversi minuti per interpretare l’ultima stringa di figure, ma alla
fine comprese anche l’ultima frase: - Avvertiamo gli altri, allora! – esclamò
fra l’agitato e l’entusiasta, richiamò il gelido vento invernale sotto i suoi
piedi e partì.
Il
Custode dei Sogni non fece in tempo ad alzare la mano a mo’ di ‘Ma…’ che il
giovane era già schizzato via gridando – Sbrigati! – ed ora non era altro che
un puntino all’orizzonte.
…Veramente volevo avvertire gli
altri di persona
concluse fra sé Sandman, e si rassegnò a seguire il ragazzo.
*
Nell’istante
in cui arrivò al palazzo di Babbo Natale, al Polo Nord, Sandman si accorse
subito che Jack, nel giro del solo quarto d’ora che aveva di vantaggio, aveva
scatenato un putiferio.
E capì
che Frost doveva aver ingigantito la faccenda di parecchio quando vide un
Nicholas North dall’espressione ansiosa correre trafelato verso di lui,
afferrarlo con le sue manone, scuoterlo energicamente ed esclamare: - Pitch è tornato?! –
Sandman,
stordito sia dalla domanda che dall’energica accoglienza, per un istante fissò
North con un’espressione stranita, chiedendosi cosa c’entrasse l’Uomo Nero. Poi
capì.
No. Disse formando una grossa ‘X’
con la sua sabbia. O almeno, non credo.
Ringraziò
il fatto che Babbo Natale lo conoscesse da molto più tempo di Jack, e quindi
comprendesse meglio il linguaggio della sabbia, anche se raccontare la storia
daccapo si rivelò non meno impegnativo di quanto lo era stato con Frost.
North
seguì tutte le figure con la fronte corrugata dalla concentrazione, ma alla
fine comprese senza dover far ripetere troppe parole.
-
Trenta… trentadue sogni in tre giorni? – disse infine North. Sandman annuì, e
formò un globo terrestre con la sabbia
In tutto il mondo.
- Beh,
se riguarda tutto il mondo la cosa non dovrebbe essere così terrificante. –
disse una voce dall’ombra. I tre si voltarono, allarmati.
Dalla
penombra uscì un grosso coniglio dal pelo tatuato e un’espressione seria
dipinta sul muso – Anche se in effetti dovremmo
preoccuparci. –
-
Calmoniglio! – esclamò North con espressione affabile. – Ah, hai risposto alla
mia chiamata! -
- Sono
felice di vederti, come sempre, North. – Sorrise Calmoniglio. Si voltò verso
Jack. – E tu, peste. –
- Sono
felice di vedere anche te, Coda di Cotone. – ghignò Jack con espressione
divertita, appoggiandosi al suo bastone.
- Non
dovresti. – concluse l’altro. Si voltò verso Sandman, tornado serio – Ho sentito
che sei nei guai, Sanderson. -
Non so neanche se definirli
‘guai’. Rispose
Sandman con un’alzata di spalle, Scusa se
ti disturbiamo, eh.
- Non si
nega una mano ad un amico. Piuttosto, ci fai vedere la sabbia di cui parlavi? –
Il
Custode dei Sogni tirò fuori un sacchettino fatto di sabbia, che si dissolse
rivelando il suo contenuto: altra sabbia.
Era
molto più chiara di quando l’aveva raccolta: aveva assunto un colorito
biancastro e vorticava molto meno.
Eccola.
Anche il
sogno che rappresentava era molto più sbiadito. Si alzava in volute, si
contorceva formando figure incomprensibili e ricadeva quasi inerme.
I tre
Guardiani la osservarono con interesse, ma nessuno sembrava intenzionato ad
avanzare ipotesi. Alla fine, i tre si guardarono con aria interrogativa:
evidentemente nessuno ne aveva capito più di prima.
- Forse
Dentolina…? – azzardò Jack. – Dentolina è la Custode dei Ricordi, non dei
Sogni. – disse Calmoniglio – Senza offesa, ma il massimo che potrebbe fare
sarebbe vederci un dente. E non credo questa sia la risposta. –
- Potrei
vederci solo un dente, ma ti assicuro
che un dentino può offrire molte più risposte di quanto tu creda. – disse
un’irritata voce femminile alle spalle del coniglio, che sussultò.
- Da… da
quando… - cominciò Calmoniglio, ma la Fatina dei Denti lo interruppe: - Da quando ho avuto un minuto libero per rispondere
alla chiamata di North. Mi hai chiamata dicendo
che Sandy era nei guai e che Pitch era tornato… - disse, rivolta a North. Jack
arrossi lievemente, e distolse lo sguardo, imbarazzato – Ma sembra la
situazione sia un po’ diversa.
Sareste così gentili da spiegare? –
Anche Babbo
Natale distolse lo sguardo fischiettando, imbarazzato per la gaffe fatta, e né
il Coniglio di Pasqua né Jack sembravano intenzionati a fornire alcuna
spiegazione.
Sandman
si portò una mano al volto, esasperato: gli toccava ripetere tutto daccapo, per
la terza volta.
*
In tutti questi secoli la tua
unica preoccupazione è stata seminare paura e terrore nei cuori più innocenti.
Non ti ho mai visto fermarti a
pensare, a considerare e cercare un'altra strada.
Per questa ragione, lascia che
sia io a farti una domanda.
Qual è il tuo Centro?
A quella
domanda dell’Uomo sulla Luna, Pitch non aveva risposto.
La
domanda gli era sembrata così stupida, e la risposta così evidente, così ovvia…
che non era riuscito a rispondere.
Paura ed Oscurità.
Ecco cos’è il mio Centro. Io sono
la Paura, di Paura mi nutro, e gli anfratti più tetri ed oscuri sono la mia
casa.
Paura è l’unico sentimento che
evoco… l’unico che provo.
Quelle
parole le aveva pensate decine e decine di volte quella notte, ma non era
riuscito a pronunciarle. Qualcosa lo bloccava.
Un’incertezza,
un ostacolo che non riusciva a definire.
Paura forse? Vergogna? E per cosa?
Perché anch’io sono capace di
provare paura? O perché lo ammetto apertamente?
La luna,
per quella notte, era calata. Il suo Abitante non riuscì ad ottenere una
risposta, ma sembrò aver ottenuto qualcosa: Pitch era agitato, scosso da un
dubbio che nemmeno lui comprendeva.
il cielo
ora era completamente coperto da candide e spesse nubi , che oscuravano le
stelle come una spessa coperta che prometteva neve.
Ed
infatti la neve arrivò.
Piccoli,
leggeri fiocchi scesero lentamente dalle nubi dello stesso colore per andare ad
ingentilire il paesaggio nero e selvaggio che si stagliava di fronte
all’entrata della caverna di Pitch.
Black
amava quella foresta. Di notte tutto diventava nero, e nemmeno di giorno i più
potenti raggi riuscivano a penetrare fin nelle profondità, e arrivare a terra.
Ora, il
nero si stava vestendo di bianco.
Pitch alzò
lo sguardo al cielo. Quel bianco gli ricordava Jack Frost, quando aveva cercato
di convincerlo a passare dalla sua parte. A dominare il mondo, insieme.
Nulla si sposa meglio col gelo
dell’oscurità. Quanto
era vero.
Tese una
mano, e alcuni fiocchi caddero sul palmo.
Si
accorse che non erano freddi. Li guardò: nemmeno si scioglievano. Alzò
nuovamente lo sguardo al cielo: non era più bianco candido, ma un grigio
chiaro, e i fiocchi scendevano sempre più radi, sempre più scuri.
Abbassò
nuovamente lo sguardo alla foresta: il bianco candido ora era tinto di grigio.
Grigio come la cenere.
- Sei dunque tu, il Re caduto? – rise una
voce femminile, che si disperse, echeggiando,
nell’oscurità.
Pitch
Black alzò nuovamente lo sguardo al cielo.
Dalle
nubi grigie si generò una massa scura simile a fumo, che volteggiò
elegantemente nell’aria gelida e si avvicinò, fino a posarsi di fronte all’Uomo
Nero.
Ondeggiò
e si contorse come un drappo di seta nera, fino ad assumere le sembianze di una
bellissima donna, alta e pallida, dagli occhi impenetrabili come due pozze
nere, e i capelli color cenere che fluttuavano nell’aria, come se fossero
immersi nell’acqua. Era avvolta in un largo mantello blu notte ed aveva un
espressione altezzosa sul bel viso candido, decorato da una piccola coroncina
d’oro.
Attorno
a lei il drappo d’ombra si divise e assunse la forma di due cavalli di fumo, i
cui occhi d’oro rilucevano nell’oscurità.
Pitch li
fissò. Li riconosceva. Come poteva non riconoscere coloro che fino a poco tempo
fa l’avevano servito fedelmente?
Con quale
coraggio i suoi Incubi si ripresentavano
al suo cospetto?
La donna
sorrise nel notare lo sguardo dell’Uomo Nero. Sotto lo sguardo sempre più
astioso di Pitch, accarezzò leggermente il collo di uno degli Incubi, che chinò
la bella testa verso la giovane.
- Sono
bellissimi, non trovi? – sorrise. Pitch spostò gli occhi dall’Incubo per
puntarli sulla donna, che sorrideva beffarda.
- Mi
chiedo perché li hai abbandonati. Ti erano così fedeli. Così felici di portarti
ogni paura, ogni dolore. E tu? Li hai abbandonati. –
- Sono loro che hanno abbandonato me. – sibilò
Pitch a mezza voce.
- Se un
re è abbandonato dai suoi sudditi, significa che non è un degno re. – Sorrise
la donna.
- Chi
sei? –
- La
nuova Regina. – calò il silenzio. Pitch sfoderò un sorriso di scherno.
- Regina
degli Incubi? Tu? Hah, non farmi ridere. – fu un
istante. La donna si dissolse sotto gli occhi dell’Uomo Nero, trasformandosi in
fumo chiaro.
Pitch
non fece in tempo a voltarsi, o anche solo guardarsi intorno, che sentì una
mano rovente afferrargli la gola, e lunghe, affilate unghie piantarsi nella
giugulare.
Si sentì
mancare il respiro, mentre il dolore e un terrore profondo, irrazionale, si impossessò
di lui. Non riuscì a muoversi, mentre la donna sussurrava piano al suo
orecchio.
- Il mio
nome è Crysis, e non ho intenzione di farti ridere,
proprio no. Ti ringrazio per essere stato un re così indegno da meritare di
essere abbandonato, perché ora mi hai donato dei seguaci. Me ne ricorderò. –
Pitch si
sentì mancare le forze. Non respirava, ma sapeva che non era la mancanza
d’aria. Era il terrore che provava.
Chiuse
gli occhi.
Che vergogna. Si disse.
- Ed è proprio
a causa di questa riconoscenza che ti lascio vivere. Striscia nelle ombre,
Pitch Black. È quello il tuo posto. –
Come
fiamme nere, l’oscurità avvolse Pitch Black, riportandolo al suo elemento.
-+-
Oh, guardate, c’è Jacky!
*punta il dito verso lo schermo*
Ehm… altro capitolo? Va bene che ho detto che non ho
intenzione di impegnarmi in questa fiction, ma spero di non star peggiorando.
Ah ah.
Si, qua
si parla tanto e si fa poco o nulla. E Pitch si ritrova a fare qualcosa che ha
le sembianze di un esame di coscienza.
Oh, e
incontra il suo ‘successore’ se così vogliamo definire Crysis.
Spero di
non essere noiosa. Un grazie dal più profondo del cuore a chi mi ha recensito: Sweet Witch, Calamitas
e Birbabirba. Non avete idea di quanto i vostri
commenti mi facciano felice. Spero di essere all’altezza XD/*scappa via*