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Autore: viktoria    21/12/2012    2 recensioni
[Jonathan Rhys-Meyers]Quanto avevo sognato di incontrarlo, di fare una foto con lui e di parlargli. Come quelle ragazzine idiote che vanno dietro i propri idoli per anni. Potevo dire, con un certo orgoglio, che io i miei pensieri idioti su di lui me li ero tenuti per me benché avessi sempre ammesso di far parte di quel 99% della popolazione che ha un suo idolo famoso con cui sogna quella storia romantica da fiaba.
Jonathan Rhys Meyers era il mio.
[STORIA IN REVISIONE]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Whatever works'
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Quella sera Thomas non tornò, e neanche Paul e Alan o Jamie si fecero vedere benché mi avessero assicurato che il volo sarebbe atterrato di pomeriggio, molto presto.
Entrai in camera di Jonathan che erano ancora le otto. Lui era immobile nella stessa posizione in cui lo avevano lasciato i paramedici quella mattina. Non sembrava stare male, il suo battito, la sua pressione erano normali. Anche le sue guance avevano un colore quasi normale adesso. Prima erano gialle, adesso erano semplicemente pallidissime e prive di sentimento. Chissà cosa sarebbe stato Jhonny se quell’idiota di John non ci avesse abbandonati a noi stessi. Forse sarebbe un normalissimo ragazzo di trentacinque anni con una famiglia, una moglie, dei figli, un lavoro, una macchina utilitaria e meno soldi ma più salute.
Forse non avrebbe sofferto per una donna che amava e che lo ha abbandonato.
Forse non starebbe con Sarah, problematica quasi quanto lui.
Forse apprezzerebbe la vita.
Forse.
Gli cambiai la flebo come mi aveva ordinato il dottore che era passato nel pomeriggio e mi accertai che funzionasse bene come mi aveva spiegato. Rimasi seduta lì a fissarlo per un po’, poi mi alzai e andai in soggiorno.
Ero così stanca.
Non avevo pranzato. Non avevo neanche cenato a dire il vero e adesso stavo seduta sul divano a guardare uno squallido film di terz’ordine.
L’orologio sul caminetto segnava le undici quando mi alzai e andai a controllare che mio fratello stesse bene prima di mettermi a letto e spegnere la televisione.
Ero convinta che sarei arrivata quasi ad addormentarmi in quell’istante se non avessi sentito delle voci in strada. Non riconoscevo quello che dicevano. Sembrava un’altra lingua. Francese? No, era elegante ma non lasciva come il francese. Dei ragazzini, vestiti tutti nello stesso modo, stavano parlando animatamente tra di loro. Mi misi addosso una vestaglia e uscì dalla porta sul retro per raggiungerli e chiedergli di parlare sottovoce. Ci mancava solo una notte insonne per completare l’opera della mia autodistruzione.
-          Scusate, potete abbassare un po’ la voce. – vidi i ragazzi zittirsi e guardarmi. Una di loro arrossì leggermente benché il colorito scuro della sua pelle non mi rendesse sicura di ciò che vedevo.
-          Sì signora, ci scusi, non volevamo disturbare. – feci spallucce come per fargli intendere che capivo, che non era un problema se l’avessero fatta finita.
Uno dei tre ragazzi, il più corpulento mi fermò un attimo e in un inglese un po’ stentato mi chiede se avessi potuto dargli dell’acqua. Aggrottai la fronte senza capire e li invitai a seguirmi facendo segno loro di aspettarmi in giardino. rientrai in casa ancora stupita ma più allegra. Chissà perché ma quei ragazzi mettevano allegria con le loro facce piene di vita e di sole. il contrario di Jonathan in quel momento. Presi una bottiglia di acqua dal frigo e dei bicchieri tornando poi in giardino e porgendoli loro. L’afferrarono al volo continuando a ripetermi ringraziamenti in ogni lingua, penso, che conoscessero.
Bevvero tre litri di acqua in due secondi e poi mi assicurarono che avrebbero pensato loro allo smaltimento della bottiglia e dei bicchieri.
-          Volete altro, avete fame? – li guardai attentamente e un ragazzo con una faccia un po’ strana annuì.
-          Se ha del pane ci farebbe davvero un enorme cortesia. – la ragazza che avevo visto arrossire gli poggiò una mano sul braccio e si sporse verso di me.
-          Possiamo dormire nel suo giardino? Domani potremmo pulirlo o aiutare lei nelle faccende di casa. – tutti la guardarono come se avesse avuto un’idea geniale ed io guardai tutti loro.
-          Entrate in casa, ho due camere molto grandi da darvi e potete dormire su un letto, domani per colazione mi spiegherete chi siete. – la ragazza sorrise insieme a tutti gli altri e mi fecero tutti uno strano gesto che non capì.
Alzarono la mano, piegarono il mignolo tenendolo ben fermo con il pollice e sollevarono le tre dita in mezzo. Aggrottai la fronte e mi morsi il labbro divertita.
-          Siamo scout, siamo Italiani, siamo qui per… - fermai la ragazza chiarissima e piena di lentiggini ma con gli occhi grandi e pieni di gioia prima che cominciasse.
-          Mi interessa molto la vostra storia e sono distrutta, la racconterete domani a colazione, su, in casa adesso. – nella mia voce c’era un briciolo di rabbia che non ero riuscita a contenere.
Ero gelosa delle loro famiglie. Dei loro genitori e fratelli.
Loro non se lo fecero dire due volte. Entrarono in casa tutti contenti. Gli mostrai le stanze col bagno in camera e li invitai a lavarsi perché di certo non avevano un bell’aspetto e gli augurai la buonanotte.
Li sentì canticchiare felici canzoni che non capivo ma che avevano un ritmo più che orecchiabile e scesi le scale dalla mansarda. Sembravano un gruppo di giovani esploratori che avevano sbagliato strada. Non avevano neanche un buon odore e onestamente ero davvero curiosa di conoscere la loro storia.
Se Jonathan fosse stato sveglio sarebbe stato carino vedere le loro facce quando scendeva a petto nudo in cucina per fare colazione, probabilmente tutte e quattro le ragazze si sarebbero strozzate col latte e biscotti che avevo intenzione di preparare. Magari potevo chiedergli di preparare il pranzo il giorno dopo oltre a pulire la casa. avrei dato un offerta più che generosa e li avrei ospitati per tutti il tempo di cui avessero avuto bisogno di stare a Cork.
Sfortunatamente mi sembravano troppo piccoli perché avessi la fortuna di trovare tra loro anche un medico, ma quella sarebbe stata davvero una manna dal cielo.
Ah, se mio fratello nella sua breve vita fosse stato come quei ragazzi, pronti a darsi da fare, a rischiare, senza cercare strade più facili. Anche se non l’avessi mai ammesso a nessuno io sapevo di essere molto delusa da mio fratello e da quello che era successo.
Presi il telefono quando lo sentì vibrare sul comodino e lessi il messaggio di Paul.
 
Io e Alan siamo bloccati a Londra. Tutti i voli di oggi e domani sono stati cancellati. Cercheremo un altro modo per venire. Scusaci. Ti vogliamo bene.
 
Ed io chissà che credevo. Speravo che potessero fare in tempo per la loro prossima tappa onde evitare problemi finanziari più gravi di quelli che già avevamo in famiglia.
Li avrei spediti via io stessa a calci se avessero deciso di tornare a casa in anticipo. Avrebbero deluso migliaia di persone solo per uno stupido ragazzino che aveva deciso che la sua vita non era più importante.
Non avrei mai potuto permetterlo.
 
State tranquilli. Vi voglio bene.
 
Spensi il telefono, mi rigirai nel letto in paio di volte e mi addormentai immediatamente nel totale silenzio della casa.








Ciao a tutti, scusatemi se sono in ritardo ma gli esami mi hanno trattenuta.
allora...nessunissima paura che le cose possano andare come sembrano. non saranno affatto come sembrano anzi.
quindi.
la "scout" non salverà nessuno come nelle classiche storie da "ti salvo io".
abbiate fiducia!
  
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