Anime & Manga > Capitan Harlock
Ricorda la storia  |       
Autore: Nausicaa Di Stelle    31/12/2012    9 recensioni
"Non so da dove cominciare! Mi sento così in colpa... e non so se esiste un modo per rimediare al guaio che ho combinato. No, non io in verità... Tutto è iniziato a causa di Tadashi e della sua imprudenza, ma chi ci ha rimesso più di tutti è stato il capitano. Non ho ancora avuto il coraggio di andare a trovarlo in infermeria per vedere come sta! Del resto, le ultime notizie non sono confortanti."
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La palude dell'Eden



Dal Diario di Yuki


Non so da dove cominciare! Mi sento così in colpa... e non so se esiste un modo per rimediare al guaio che ho combinato. No, non io in verità... Tutto è iniziato a causa di Tadashi e della sua imprudenza, ma una parte della responsabilità è anche mia e non posso certo far finta di niente.

Non avrei abbandonato la nave se non fosse stato per corrergli dietro e cercare di salvargli la pelle. Ma chi ci ha salvato alla fine è stato il capitano. Ed è lui che ci ha rimesso più di tutti. Non ho ancora avuto il coraggio di andare a trovarlo in infermeria per vedere come sta! Del resto, le ultime notizie non sono confortanti.

Sono uscita con un Lupo Spaziale per raggiungere Tadashi e riportarlo indietro dopo che si era gettato all’inseguimento di una mazoniana che fuggiva dal combattimento. Avevamo sbaragliato senza problemi la pattuglia di cui faceva parte e forse lei cercava soltanto di mettersi in salvo. O forse voleva attirarci in una trappola. In ogni caso, Tadashi c’è caduto in pieno e l’ha inseguita senza farsi pregare due volte fino al pianeta Eden.

A dispetto del nome, si tratta di un luogo molto pericoloso e pieno di insidie naturali... e soprannaturali!Il capitano lo sapeva e ha inutilmente richiamato indietro Tadashi. Ma questi non ha voluto ascoltarlo... o forse non lo ha nemmeno sentito. Sembra che le comunicazioni siano molto disturbate, se non impossibili, una volta che si entra nella zona d’influenza del pianeta.

Ah, ma anch’io non avrei dovuto disubbidire al capitano per raggiungere Tadashi! Se l’avessi fatto, adesso non saremmo in questa situazione...

Con il mio gesto l’ho costretto a venire a salvarci tutti e due: deve essersi preoccupato... e arrabbiato quando dall’hangar gli hanno comunicato che un altro Lupo Spaziale stava abbandonando l’Arcadia e che a bordo c’ero io. Che vergogna... la sua brava Yuki che gli disubbidisce come l’ultimo dei suoi sottoposti!

Il capitano dev’essere uscito subito dopo di me perché mi ha raggiunta quando ero penetrata da poco nell’atmosfera di Eden. Giusto in tempo per vedere il caccia nemico che mi attaccava alla sprovvista, e che si era levato in volo da una radura che mi ero lasciata alle spalle, nascosta dalla selvaggia vegetazione del luogo.

Il capitano non ha fatto in tempo a sparare per primo e così sono stata colpita: il Lupo Spaziale ha virato improvvisamente a destra, perdendo quota quando l’ala è saltata. Ho cercato di tenerlo su il più a lungo possibile e devo dire che sono stata brava (anche se è una magra consolazione in mezzo a tutto questo casino): sono riuscita ad atterrare dignitosamente in uno spiazzo erboso, nonostante le condizioni del velivolo.

Nel cielo sopra di me ho visto tracce di altri colpi sparati e ricevuti e poi la navetta mazoniana che precipitava lontano da noi.

Ero spaventata, ma non per me e nemmeno per il capitano: non avevo visto alcuna traccia di Tadashi nei paraggi e questo mi angosciava. Forse le mazoniane lo avevano già catturato?

Poi il Lupo del capitano ha sorvolato la mia zona, passando oltre. All’inizio credevo non mi avesse vista, ma subito dopo ho immaginato che fosse perché il punto dove mi trovavo non era sufficientemente ampio per tutte e due le navette e lui non sarebbe mai riuscito ad atterrare. Poiché non potevo sapere dove avrebbe trovato posto per planare, decisi di aspettare all’interno dell’abitacolo del mio Lupo. Sapevo che sarebbe stato lui a venirmi incontro e se avessi cercato di raggiungerlo io avremmo rischiato di non trovarci mai, dato che ci era impossibile comunicare, sia con le trasmittenti delle navette che con quelle inserite nei caschi delle tute spaziali.

Sembra che mi stia giustificando, ma non è così: so di aver fatto la cosa giusta. L’unico errore è stato aver preso l’iniziativa senza consultare il capitano, uscendo da sola alla ricerca di Daiba. Ma anche adesso, nonostante tutto quello che è successo, forse rifarei la stessa scelta... oh, non lo so... è che Tadashi rischiava troppo, là fuori da solo, perché lo abbandonassi a se stesso.

Il capitano mi ha raggiunta presto: l’ho visto arrivare con il suo consueto passo cadenzato e tranquillo. La sua sola vista mi trasmette sempre un senso di sicurezza ed era stato così anche in mezzo a quell’inferno verde.

Mi dispiace, capitano!” è stata la prima cosa che gli ho detto,quando ci siamo trovati faccia a faccia.

Lui non ha detto niente. Non mi ha rimproverata,non mi ha scusata...

Ha risposto solo: “Seguimi, Yuki”.

E questo mi ha fatto sentire ancora più in colpa.

Io ho ubbidito e sono andata dietro a lui a testa bassa, come un cucciolo che viene ricondotto alla tana dopo essere sfuggito alla sorveglianza degli adulti.

Non ho però abbassato la guardia: sarebbe stato da stupidi, lì in mezzo. Dentro di me potevo sentirla pulsare la certezza che fra quegli alberi possenti, ricoperti di muschio e liane d’ogni specie, si nascondevano le nostre nemiche. E non sbagliavo.

L’assalto è stato furioso e fulmineo, come è nello stile delle mazoniane. Ben presto ci ritrovammo in una situazione simile a quella che Harlock aveva già dovuto affrontare con Tadashi nella foresta amazzonica. Solo che questi erano soldati ben addestrati, nulla a che vedere con le selvagge driadi della foresta sudamericana.

Ci hanno attaccato da tutti i fronti: con il vantaggio di trovarsi in un ambiente a loro tanto affine credo sia stato molto semplice accerchiarci, cercando di ucciderci come topi in trappola.

Nascosti dietro ripari di fortuna, talvolta schiena contro schiena e sempre in movimento nel tentativo di avvicinarci il più possibile al Lupo Spaziale, io e il capitano abbiamo dato battaglia alle serve di Raflesia,difendendoci l’un l’altra.

In quel momento avrei dato la mia stessa vita per lui: se era lì con me, completamente circondato da mazoniane pronte a tutto pur di ucciderlo, era colpa mia e per nulla al mondo avrei permesso che fosse lui a pagare per la mia scelta avventata.

Avrei dovuto immaginare che un simile pensiero occupava anche la sua mente. Harlock non ha mai permesso che a qualcuno dei suoi uomini accadesse qualcosa quando era in suo potere impedirlo. Avrei dovuto rendermi conto che con la sua pistola e la sua mira infallibile copriva anche parte dei miei bersagli... accorgermi che in più di un’occasione mi faceva scudo con il suo corpo!

E’ una ferita da niente... Solo un graffio, ha detto lui. Sufficiente però per lacerare la spessa tuta sul braccio destro e procurargli un’emorragia di una certa entità. Sufficiente perché le misteriose sostanze contaminanti di Eden penetrassero dentro il suo corpo quando abbiamo attraversato la Palude...

Tutto è accaduto durante il nostro tentativo di allontanarci dalle mazoniane e di raggiungere il caccia. Non potevamo badare molto alla strada da percorrere e inoltre il fatto di non conoscere il campo di battaglia non ci aiutava di certo ad evitare i luoghi più insidiosi. Per questo motivo siamo stati costretti ad addentrarci nella Palude... Un luogo fetido dal quale si levano miasmi verdastri che solo i filtri sofisticati del nostro casco ci permettevano di non respirare.

E’ stato lì che Harlock ha iniziato a sentirsi male.

I misteriosi agenti contaminanti della palude devono essere entrati in contatto con il suo sangue attraverso la ferita aperta,che non era stato possibile fasciare. Spruzzi e schizzi si sono alzati in gran quantità durante la nostra fuga attraverso quel luogo maledetto e la mia tuta integra mi ha protetta perfettamente, ma lui...


C’eravamo lasciati indietro la palude da alcuni minuti quando il capitano è caduto a terra in ginocchio, ansimante. Già da un po’ lo avevo distanziato nella corsa, ma non pensavo che la causa potesse essere diversa dall’emorragia provocata dalla ferita.

La prima volta si è rialzato da solo, allontanando la mano con cui cercavo di aiutarlo a risollevarsi. Credo abbia dovuto fare forza contro se stesso per trovare le energie necessarie a rimettersi in piedi... non l’avevo mai visto così pallido! Aveva fretta che ci rimettessimo in marcia per non perdere il piccolo vantaggio accumulato sui nostri inseguitori.

Ma siamo riusciti a fare solo poche centinaia di metri prima che lui si sentisse male di nuovo. L’ho visto cadere e sono tornata subito sui miei passi, decisa a sorreggerlo con le mie spalle se fosse stato necessario. Non avrei ammesso alcun rifiuto, perché dentro di me già temevo che mi ordinasse di andare avanti da sola. L’avrebbe fatto, ne sono sicura, è tipico del suo cuore generoso. Lo avrebbe fatto, se solo ne fosse stato in grado.

Quando mi sono chinata su di lui, Harlock ansimava in preda a forti dolori: le braccia strette al petto, gli occhi serrati, sembrava quasi insensibile ad ogni mia parola, ad ogni mio richiamo, ad ogni tentativo di farlo rialzare per aiutarlo a fuggire via con me.

Ad un tratto ho sentito che sussurrava il mio nome. Una supplica. Ed ho capito che mi invitava a scappare senza di lui.

No” gli ho risposto “No, non lo farò mai. Io resto qui con voi! Resto qui: la mia pistola basterà per tutti e due!”

Sapevo bene che non poteva essere così, perché le mazoniane erano ancora troppe, nonostante nel primo scontro fossimo riusciti a ucciderne un gran numero. Non avrei mai potuto eliminarle tutte da sola. Ma avrei potuto fargli scudo con il mio corpo fino all’ultimo,se fosse stato necessario, e salvargli la vita. O morire con lui.


Ero praticamente sopra di lui, la pistola spianata, tutti i sensi vigili per captare ogni minimo rumore, ogni più debole movimento, quando ho sentito qualcosa che mi sfiorava una caviglia. Mi sono voltata, in allarme: era il capitano. Mi aveva toccato le gambe con le dita tremanti e ora mi fissava, il suo unico occhio sbarrato... Mi sono chinata su di lui, senza sapere che fare, temendo il peggio.


Fammi rialzare...” mi ha sussurrato.

Ho annuito, le mani febbrili che cercavano di afferrarlo sotto le braccia per tirarlo su.

Ci penso io capitano, vi rialzo, vi porto via... adesso...”

No” ha detto lui, la voce roca che stentavo a riconoscere “Voglio... combattere...”

Avrei dovuto immaginarlo!

Non mi avrebbe mai lasciata da sola a battermi contro le mazoniane, né avrebbe accettato di concludere la sua vita come un coniglio in fuga.

Ho dovuto fare come mi diceva... Anche se avrei preferito disubbidire ai suoi ordini. Ma come potevo contrariarlo dopo che era stato proprio a causa della mia insubordinazione che lui si era ritrovato in questa situazione?

E soprattutto, come potevo dirgli di no quando il suo sguardo mi ordinava e supplicava allo stesso tempo di lasciargli decidere come voleva morire?


Con la sinistra premuta al centro del petto, seduto con una gamba distesa a terra e l’altra raccolta, la destra che reggeva con saldezza la cosmo dragoon come se il resto del corpo non fosse in preda a spasmi dolorosi, il capitano si preparava ad affrontare le mazoniane che ci avevano praticamente raggiunti. Le potevamo avvertire mentre si appostavano dietro agli alberi, in attesa che tutte le unità da combattimento fossero al loro posto prima di attaccare. O forse, vedendoci ancora lì allo scoperto in attesa del loro arrivo, erano convinte che gli avessimo teso una trappola.

Sentivo la schiena del capitano appoggiata alle mie gambe, rigida per controllare i tremori che attraversavano ogni muscolo del suo corpo, e la sua presenza vigile e calda bastava a infondermi una calma innaturale. Avrei combattuto per lui, per riportarlo vivo sull’Arcadia dove il dottor Zero avrebbe potuto curarlo.

Le mazoniane erano tutte in postazione: riuscivo a cogliere i cenni e i comandi che si scambiavano oltre il fogliame rigoglioso. Sapevo che stavano per fare fuoco, ma noi eravamo pronti a riceverle.


La salvezza giunse dal cielo, inaspettata, assieme al ringhio selvaggio del motore del Lupo spaziale e a una raffica di colpi che falciarono la prima linea di soldati, incendiarono gli alberi e sfiorarono le nostre teste con un vento caldo. Non sono mai stata così felice di vedere Tadashi!

Fortunatamente, riuscì ad atterrare poco lontano con la sua navetta, quando ormai le mazoniane non erano altre che torce vive che urlavano di dolore o cumuli di cenere dispersi dal vento.

Assieme, abbiamo portato a spalle il capitano fino al Lupo spaziale di Tadashi e io sono ripartita da sola con quello di Harlock: Daiba lo aveva visto dall’alto mentre sorvolava la foresta e mi ha scortata fino a lì. Nonostante fossimo riusciti a scampare all’attacco delle mazoniane, io non riuscivo a sentirmi sollevata, troppo in ansia per le condizioni del nostro capitano... E avevo ragione, purtroppo!

Quando siamo arrivati sull’Arcadia, Harlock aveva ormai perso conoscenza. Il dottor Zero l’ha fatto portare immediatamente in infermeria... Aveva già la febbre alta e il suo corpo era contratto da spasimi dolorosi.

Adesso non so come stia: il dottore è sempre là con lui e credo che abbia anche ultimato tutte le analisi, ma non ci ha ancora detto che cosa ha scoperto. O forse preferisce non farcelo sapere...

Mio Dio, che angoscia! E se Harlock dovesse morire? Non potrei mai perdonarmelo!

Io vorrei solo che guarisse, qualsiasi siano le conseguenze della contaminazione.


Mi chiamano dall’infermeria: notizie del capitano! Devo correre!


Yuki

   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Capitan Harlock / Vai alla pagina dell'autore: Nausicaa Di Stelle